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Compilazioni : Luci di guida (trad provvisoria)

Lumi di Guida Raccolta di riferimenti bahá’í Compilato da Helen Bassett Hornby Casa editrice Bahá'í 2006 © 2006 Casa Editrice Bahá'í - Ariccia Titolo originale: Lights of Guidance 1° edizione italiana 2006 (dall’edizione inglese del 1994) CASA EDITRICE BAHÁ’Í Sede legale: 00197 Roma, Via A. Stoppani, 10 Tel. 06-8079647 Deposito e amm.ne 00040 Ariccia (Roma) - Via Filippo Turati, 9 Tel. 06-9334334 ISBN 88 - 7214 - 109 - 5 INTRODUZIONE La Fede Bahá’í è una religione mondiale indipendente. “Proclama la necessità e l’inevitabilità dell’unificazione del genere umano…Impone inoltre, ai suoi aderenti, il compito principale di ricercare con determinazione la verità, condanna tutti i pregiudizi e le superstizioni, dichiara che lo scopo della religione è la promozione di concordia e amicizia, proclama la sua essenziale armonia con la scienza e la ritiene il fattore preminente della pacificazione e della crescita ordinata dell’umanità. Propugna il principio della parità dei diritti, delle opportunità e dei privilegi fra uomini e donne, sostiene fermamente l’educazione obbligatoria, elimina gli estremi di ricchezza e povertà, abolisce le istituzioni clericali, proibisce la schiavitù, l’ascetismo, il mendicare e il monachesimo, prescrive la monogamia, scoraggia il divorzio, proclama la necessità di una netta obbedienza al proprio governo, esalta qualsiasi tipo di lavoro compiuto in spirito di servizio innalzandolo al rango di culto, sollecita la creazione o la scelta di una lingua internazionale ausiliaria e configura le istituzioni da fondare per mantenere per sempre, la pace dell’umanità.”1 Questo volume contiene lettere delle Personalità centrali della Fede Bahá’í e delle sue istituzioni guida, applicando i principi spirituali della Fede, come espressi nella parola rivelata di Bahá’u’lláh, ai problemi pratici a e ai temi che i singoli credenti e le loro comunità locali devono affrontare. Come Gesù Cristo consigliò ai suoi seguaci di seguire gli insegnamenti di Mosè e Mu?ammad, a Sua volta, quelli di Cristo, la Rivelazione di Bahá’u’lláh ammette di essere la più recente di un’antica serie di religioni. Ognuna delle grandi religioni del mondo ha fatto nascere un sacro corpo di scritti che esprime principi spirituali validi in eterno applicandoli all’epoca e al luogo in cui vive il Messaggero di Dio le cui parole formano la base di quelle sacre scritture. Il Báb (la Porta), anch’Egli Messaggero di Dio, fondò la religione Bábí in Persia nel 1844. L’esemplarità della Sua vita e i Suoi insegnamenti rinvigorirono il popolo con la forza della rivoluzione spirituale. Prima del martirio avvenuto nel 1850, il Báb ordinò ai Suoi seguaci di cercare il Promesso, la cui rivelazione era stata preannunciata dalla religione Bábí. Seguì un periodo di persecuzioni durante il quale più di ventimila Bábí furono torturati ed uccisi per la loro fede incrollabile. Nel 1863, in un giardino vicino a Baghdad, Bahá’u’lláh, (la Gloria di Dio) rivelò a un gruppo di Bábí di essere il Messaggero lungamente atteso. La Fede Bahá’í è la religione fondata sulla rivelazione della parola di Dio da parte di Bahá’u’lláh per questa epoca. Bahá’u’lláh, prima della morte avvenuta nel 1892, nominò il figlio maggiore ‘Abdu’l-Bahá (il Servo della Gloria) affinché con l’esempio e le parole guidasse la comunità bahá’í, autorizzandoLo ad interpretare il testo sacro. ‘Abdu’l-Bahá così fece fino alla morte, avvenuta nel 1921, viaggiando in Africa, in America e in Europa. Le Ultime Volontà e il Testamento di ‘Abdu’l-Bahá designarono Suo nipote, Shoghi Effendi Rabbani, Custode della Causa e interprete autorizzato della Rivelazione di Bahá’u’lláh. Durante la sua vita, la Fede crebbe rapidamente e furono fondate comunità in tutto il mondo. Shoghi Effendi Rabbani guidò lo sviluppo delle istituzioni locali, nazionali e internazionali previste da Bahá’u’lláh nei Suoi insegnamenti; ciò consentì alle comunità bahá’í di essere alimentate nella loro diversità e nelle strutture adatte a promuovere l’unità. Pochi anni dopo la sua morte, la struttura amministrativa promossa con tanto amore da Shoghi Effendi Rabbani, sbocciò con l’elezione della prima Casa Universale di Giustizia, un’ istituzione ordinata dalla Rivelazione di Bahá’u’lláh. “La Casa Universale di Giustizia è la suprema istituzione governativa della Fede Bahá’í. Viene eletta ogni cinque anni durante una convenzione internazionale ed è la guida spirituale della comunità mondiale bahá’í, che conta nel 1993 più di 5 milioni di aderenti, dirigendone le attività amministrative.”2 Dawn K. Smith PREFAZIONE ALL’EDIZIONE DEL 1983 Questa compilazione vuole essere una guida rapida per le istituzioni, i pionieri, gli insegnanti, ecc. La maggior parte del materiale citato è tratta da originali o fotocopie di lettere del diletto Custode Shoghi Effendi e della Casa Universale di Giustizia e, in minor misura, da discorsi e Tavole delle tre Figure Centrali della Fede. Tutte le lettere o le citazioni tratte da “Bahá’í News” e da giornali e bollettini sono state autenticate o controllate con trascrizioni del Centro Mondiale o di vari Archivi Nazionali. Nei pochi casi in cui non si è trovato altro riferimento che nelle pubblicazioni, è stato concesso il permesso d’usarle fino al momento in cui si troverà l’originale della lettera o della citazione e, se necessario, non si apportino le dovute correzioni. Discordanze apparenti nelle annotazioni delle fonti sono dovute al fatto d’avere ricevuto dal Centro Mondiale diverse trascrizioni controllate. Le trascrizioni contenevano spesso correzioni del materiale già pubblicato e, qualche volta, una parte più lunga dello stesso libro, con il suggerimento per il compilatore di citare a suo piacere - per amore di chiarezza - l’intera lettera o un solo paragrafo. Poiché un certo numero di compilazioni della Casa Universale di Giustizia o del suo Dipartimento delle Ricerche sono state pubblicate dalle varie Case Editrici successivamente alla prima bozza di questa Compilazione, non sempre si sarebbe potuto citare la fonte. In ogni modo, tenuto conto che molti amici non avrebbero avuto accesso agli originali delle compilazioni o delle lettere, ho fatto un passo indietro, ho trovato le diverse citazioni ed ho inserito i riferimenti dalle fonti disponibili già pubblicate. Il lettore inesperto può anche trovare discordanze nell’ortografia e nei segni diacritici contenuti nella compilazione. In armonia con i modelli stabiliti dalla Casa Universale di Giustizia, non mi sembra di essermi presa alcuna libertà con le lettere scritte del Custode o a suo nome, né con i discorsi e le Tavole delle Tre Figure Centrali della Fede. Non mi sono scostata minimamente da quei modelli e solo in due o tre casi di evidenti errori ho inserito in parentesi la corretta ortografia. Desidero umilmente esprimere i miei sinceri ringraziamenti e i sensi della mia gratitudine alla Casa Universale di Giustizia e al Dipartimento di Segreteria per la guida, l’aiuto, lo stimolo e l’incoraggiamento che mi hanno fornito, la speranza ed il necessario coraggio per osare di pensare di portare a termine questa compilazione nel periodo più critico della mia vita, e per la gentilezza e la sollecitudine nello spedirmi innumerevoli trascrizioni, per verificare e autenticare materiale che non poteva essere reperito in altro luogo; ai Consiglieri dell’America meridionale (prima della formazione del Corpo Continentale dei Consiglieri per le Americhe) per il loro stimolante favore e assistenza nel corso degli anni, per l’amorevole e infinita pazienza e per aver condiviso con me tutto il materiale relativo a questo progetto. Speciali ringraziamenti vanno all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador per il suo incessante aiuto, illimitato amore, comprensione ed assistenza senza i quali questo lavoro non avrebbe potuto essere realizzato. Sarebbe necessario un libro per citare i nomi di tutti gli amici che così gentilmente mi hanno aiutato o hanno contribuito in qualche modo al compimento di quest’opera. Un grato riconoscimento ad ognuno di voi, ovunque siate! Particolare gratitudine va agli amici di Ann Arbor e Ypsilanti (Michigan) per aver sacrificato tanto del loro tempo e delle loro energie, spesso dopo lunghe ore di studio e di lavoro, per aiutarmi a portare a termine questo progetto. Senza il loro aiuto sarebbero occorsi diversi mesi in più per completarlo. Talvolta si desidera avere il linguaggio spirituale di un altro piano per esprimere le proprie profonde emozioni. Io lo vorrei ora perché nutro un forte desiderio di esprimere il mio amore ed il mio ringraziamento al Dr. Rahmatu’lláh Muhájir, Mano della Causa di Dio, per la sua stimolante fiducia e il suo aiuto, nonché per la revisione di questa compilazione proprio la notte precedente al suo trapasso. Molti mi hanno chiesto com’è nata ed è iniziata la compilazione: l’amore per le lettere del Custode mi ha spinto a raccoglierle da vecchi Bahá’í News, riviste e bollettini, quando ero una bahá’í appena dichiarata. Poi, durante il Piano Novennale, chiesi di fare alcuni viaggi internazionali d’insegnamento e mi resi conto che gli amici si aspettano che questi insegnanti sappiano un po’ di tutto. Questo è stato l’incentivo che mi ha spinto a riunire quelle preziose “lettere soccorritrici”, che allora pensavo perdute e accatastate in polverose riviste e bollettini, per usarle proprio in quei viaggi. Successivamente un amico persiano, Consigliere?, venne a farmi visita e vide quella che era allora una piccola compilazione. Sarebbe interessante poter riferire le sue esatte parole, ma in sostanza affermò che “i Bahá’í non devono essere egoisti, e quando qualcuno fa una cosa come questa deve condividerla con gli altri, ché non è più sua.” Ora, amici, è vostra! Prefazione all’edizione rivista del 1988 Nell’aggiornare questa opera di consultazione si è cercato di fornire un numero considerevole di Tavole e lettere rivedute e tradotte nuovamente, che risulterà di grande valore per coloro che non hanno molto tempo per compiere delle ricerche e per coloro che, quando necessario, non hanno a disposizione materiale sufficiente. Considerando che i Testi Sacri comprendono più di cento volumi e Tavole di Bahá’u’lláh, il Profeta Fondatore della Fede e che a questa Rivelazione si deve aggiungere l’imponente mole degli scritti e delle interpretazioni di ‘Abdu’l-Bahá e Shoghi Effendi così come particolari messaggi e lettere della Casa Universale di Giustizia, si può facilmente comprendere come sia praticamente impossibile contenere in un libro una tale messe di istruzioni e di guida. Si è compiuto quindi un tentativo di raccogliere da quelle fonti principali, citazioni sui temi di più frequente consultazione nelle Istituzioni, fra i pionieri, insegnanti viaggianti e singoli bahá’í. Questa è un opera di consultazione e non un tentativo di fornire una disamina completa di ogni soggetto menzionato. Indicherà al lettore che il tema è stato trattato e che potrà ottenere maggiori delucidazioni rivolgendosi alle istituzioni. Ancora una volta, amici, la compilazione è vostra! Helen Bassett Hornby, compilatrice RINGRAZIAMENTI Desidero esprimere la mia sincera riconoscenza ai tanti meravigliosi amici bahá’í e non bahá’í di ogni parte del mondo per il loro incoraggiamento e le belle espressioni di gratitudine per Lumi di Guida. Un ringraziamento molto particolare a coloro che hanno fatto un’analisi critica e favorevole del lavoro, risultata molto vantaggiosa a me, ed io spero che tale beneficio si rifletterà in questa edizione riveduta. Altri ringraziamenti alle varie istituzioni della Fede per la cooperazione fornitami; alla validissima e stimata Sig.ra Mercedes Buckingham P. che ha provveduto agli indici analitici di entrambe le edizioni; al Sig. Frederick McClusky che ha dato il suo contributo a questa edizione assumendosi il compito dell’indice generale; a quelle stelle serve di Bahá’u’lláh, Sig.ra Helen McClusky, Sig.ra Mary Wolters e Sig.ra Emma Hayden, che mi hanno incoraggiato ed assistito in tanti modi che sarebbe troppo lungo riferirlo in queste righe; e infine alla comunità bahá’í di Ann Arbor e alla Scuola bahá’í Louhelen. Per me, inoltre, rappresenta una ricompensa e un privilegio ringraziare gli studenti della prima classe del Louhelen Residential College di Davison (Michigan) che, nei loro momenti liberi, hanno messo insieme alcuni capitoli di Lumi di Guida come parte della loro attività extrascolastica di fine settimana, nonché ai partecipanti di una classe di studio del libro durante la Settimana del Raduno nel settembre 1987, che hanno raccolto vari argomenti riguardanti il capitolo delle Leggi. Sono certa che i coniugi Albert e Patti Fink, già residenti a Ann Arbor (Michigan), sono consapevoli che non potrò mai dimenticare l’inestimabile servizio da loro reso nel corso degli anni aiutandomi in tutti i modi a terminare questo lavoro e darlo alle stampe. Per ultimo, ma sicuramente non meno importante, la mia gratitudine e il mio ringraziamento vanno a mio marito Charles Hornby per l’assistenza datami con una grande mole di ricerche e montaggi di testi, per avermi riempita di vitamine per mantenermi in buona salute e infine per la responsabilità assunta in relazione agli innumerevoli compiti da eseguire quotidianamente. A tutti voi ancora un grazie per avermi aiutata a servire la Sua Causa. HBH 1988 IN MEMORIA Helen Bassett Hornby, compilatrice/autrice di quest’opera monumentale, morì il 17 ottobre 1993. Ci auguriamo che questa edizione di Lumi di Guida del 1994 rifletta ancora di più il suo anelito all’eccellenza e alla perfezione, testimoniate per lei dalle pubblicazioni e dalla guida della Casa Universale di Giustizia. Gli Editori Lettera della Casa Universale di Giustizia, trasmessa via fax, e datata 20 ottobre 1993 Assemblea Spirituale Nazionale Dei Bahá’í degli Stati Uniti I nostri cuori sono rattristati dalla notizia del trapasso di Helen Hornby, risoluta e valorosa sostenitrice della Fede di Bahá’u’lláh. Le sue attività di insegnamento e pionierismo durate quasi trent’anni, hanno lasciato nelle Americhe tracce indelebili; la buona riuscita della preparazione di un’ampia compilazione su tematiche bahá’í è stata un’impresa suprema. Preghiamo alle Sacre Tombe che la sua nobile anima possa essere riccamente ricompensata nel Regno di Abhá. Estendete gentilmente, i segni del nostro affetto alla sua cara famiglia, Casa Universale di Giustizia c.c. Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador “….È chiaro che la vita in questo evanescente mondo è fugace e incostante come il vento del mattino ed essendo così, quanto sono fortunati i grandi che dietro di sé lasciano un buon nome e il ricordo di un’esistenza spesa sul sentiero del compiacimento divino. È la stessa cosa, sia trono O nuda terra sotto l’aperto cielo, Ove l’anima pura lo deponga Per morire.” (‘Abdu’l-Bahá, Il Segreto della Civiltà Divina, p. 48) INDICE I. ORDINE AMMINISTRATIVO A. Ordine amministrativo 1. Stabilito per la prima volta in America - Non è un prodotto americano 2. Non può essere identificato con i principi delle odierne democrazie B. Amministrazione Bahá’í 3. Strumento ideale per far funzionare correttamente le leggi spirituali 4. Scopo dell’Amministrazione 5. L’Ordine sociale di Bahá’u’lláh 6. Relazione della Causa con l’Amministrazione C. Assemblee Spirituali Locali Bahá’í 7. Le Assemblee sono state ordinate da Bahá’u’lláh 8. Istituita in ogni città - Nove (numero di Bahá) membri 9. Scopo delle Assemblee Spirituali 10. Il loro Difensore è ‘Abdu’l-Bahá 11. Assemblee chiamate in modo diverso in futuro 12. L’Assemblea opera ai primi livelli della società umana 13. Consolidamento delle Assemblee Spirituali Locali - Centri d’energia delle comunità 14. Scopo principale è promuovere il lavoro d’insegnamento 15. Aree sotto la giurisdizione delle Assemblee Spirituali Locali - L’Assem-blea Spirituale Nazionale deve studiare (l’argomento) 16. Assemblee Spirituali Locali - create da Bahá’u’lláh nel Kitáb-i-Aqdas D. Formazione delle Assemblee Spirituali Locali 17. Formazione delle Assemblee Spirituali Locali - Obbligo di formarle 18. Una Comunità di nove credenti adulti deve formare l’assemblea per dichiarazione congiunta 19. Il dovere di ogni Bahá’í di prender parte alla dichiarazione congiunta. 20. Il credente deve essere “residente” per partecipare alla formazione di un’Assemblea Spirituale - Casi eccezionali 21. Riformazione per elezione o dichiarazione congiunta - Il rifiuto di un credente a partecipare non impedisce la riformazione dell’Assemblea 22. Casi in cui un’Assemblea non deve essere considerata immediatamente caduta 23. Membri di Assemblee disciolte - Da notificarsi alla segreteria nazionale 24. Modifiche nella giurisdizione dell’Assemblea Spirituale - Secondo le modificazioni delle unità civili 25. In prigione non si possono formare Assemblee 26. Qualifiche dei membri dell’Assemblea soggetti alle umane limitazioni 27. Le qualifiche descritte sono applicabili a chiunque venga eletto 28. Membri del Consigli Ausiliario - Eleggibilità 29. I Membri del Consiglio Ausiliario possono servire temporaneamente in Assemblea 30. Le elezioni annuali danno l’opportunità di porre rimedio ai difetti dell’Assemblea 31. Assenza di candidatura nelle elezioni bahá’í - Una caratteristica distintiva 32. Le procedure elettorali bahá’í sviluppano il senso di responsabilità 33. Libertà di scelta dei credenti - Dovrebbero essere i migliori e più svariati elementi 34. I credenti devono diventare elettori intelligenti, bene informati e responsabili 35. La propaganda elettorale è deprecata 36. Riferimento a persone prima delle elezioni 37. Evitare intrighi 38. Giorno delle elezioni 39. Preghiere e riflessioni prima di votare 40. Procedura per votare per posta 41. Nessun quorum è richiesto per l’elezione di un’Assemblea 42. Elezioni bahá’í di Assemblee Locali - Non più né meno di nove voti 43. Il credente può votare per se stesso 44. Il voto è segreto 45. Scrutinio segreto 46. I risultati delle elezioni devono essere accettati 47. Parità di voti 48. Se un credente si ritira - e dopo è eletto nell’Assemblea Spirituale 49. Migrazioni di massa 50. Casi particolari che impediscono l’elezione della Assemblea al Ri?ván 51. Nel corso dell’anno si devono guidare i credenti verso le corrette procedure amministrative E. Convenzioni Annuali 52. Le funzioni della Convenzione Nazionale 53. Elezione dei delegati alle Convenzioni Nazionali 54. L’area di giurisdizione dell’Assemblea non dev’essere suddivisa in distretti elettorali 55. Delegati assegnati in proporzione alla forza numerica 56. L’inattività non giustifica la cancellazione del nome dalla lista dei votanti 57. Sostituzione di delegati 58. L’Assemblea Spirituale Nazionale stabilisce il momento opportuno in cui tenere le Convenzioni di area 59. Consultazione fra i delegati e l’Assemblea Spirituale Nazionale 60. Posizione dei membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale alla Convenzione Nazionale 61. È preferibile che i delegati siano presenti alla Convenzione 62. Se un delegato non può pagarsi le spese 63. Nuova linfa accresce l’energia del gruppo 64. Elezioni di nuovi membri d’Assemblea Spirituale Nazionale - Dovere degli amici di familiarizzare con gli altri credenti 65. Consultazione fra i delegati di una regione prima della Convenzione - Nessuna obiezione, se i Bahá’í sono abbastanza maturi 66. L’Assemblea Spirituale Nazionale presenzia alla Convenzione Nazionale quale Istituzione 67. Alla Convenzione Nazionale possono votare solo i delegati 68. Ogni elettore deve votare per le nove persone più adatte - Non tradire la sacra fiducia 69. La Convenzione Nazionale dev’essere convocata durante il Ri?ván 70. L’elezione dell’Assemblea Spirituale Nazionale deve essere tenuta a metà della Convenzione 71. La Conferenza Nazionale d’Insegnamento e la Convenzione Nazionale non devono svolgersi nello stesso momento 72. Il verbale delle presenze dei membri dell’Assemblea Nazionale può essere messo a disposizione dei delegati alla Convenzione Nazionale 73. Durante la Convenzione Nazionale i seminari non sono adatti 74. I delegati hanno specifici doveri amministrativi 75. Ai non delegati può essere permesso di parlare in Convenzione - Ma di questo permesso non si deve abusare 76. Membri del Consiglio Ausiliario presenti alla Convenzione Nazionale 77. È desiderabile che i Membri del Consiglio Ausiliario siano lasciati liberi da doveri amministrativi 78. Partecipazione di Mani della Causa e di Consiglieri alla Convenzione 79. I Consiglieri non sono eleggibili come membri di Istituzioni Amministrative F. Istruzioni agli scrutatori, priorità delle minoranze, approvazione dell’Assemblea uscente 80. Occorre dare le opportune istruzioni agli scrutatori - Registrazione di nomi identici 81. Procedura della Convenzione a proposito del rapporto degli scrutatori 82. In determinate condizioni si possono annullare uno o più nomi 83. Senza dubbio bisogna accordare la priorità alla minoranza. 84. La definizione di minoranza e di maggioranza rientra nel potere discrezionale dell’Assemblea Spirituale Nazionale 85. Accettazione dei risultati da parte dell’Assemblea Nazionale ed istruzioni sulla nuova votazione 86. Nelle successive votazioni prendere in considerazione solo i nomi degli ex equo 87. Come comunicare la parità di voti 88. In primo luogo, la nuova Assemblea deve prendere in considerazione se accettare dimissioni 89. Un’elezione suppletiva può essere tenuta durante la Convenzione solo se tutti i delegati sono presenti 90. Parità di voti per il nono membro dell’Assemblea Nazionale 91. Un membro del Corpo Ausiliario ha il dovere d’informare l’Assemblea, e non i delegati, della sua intenzione di dimettersi 92. I membri del Corpo Ausiliario non devono rassegnare le dimissioni prima di un ballottaggio 93. Conservazione delle schede 94. L’Assemblea ha il diritto d’esaminare le schede 95. Ai delegati deve essere data l’opportunità di fare un rapporto alla comunità G. Cariche delle Assemblee Locali e Nazionali 96. Se sono presenti tutti i membri, si devono eleggere subito le cariche definitive 97. Membri di Assemblea o di Comitato possono tentare di evitare d’essere eletti per le cariche 98. È preferibile che una persona non ricopra più di una carica 99. I risultati completi di ogni votazione devono essere resi noti a tutti i membri presenti dell’Assemblea 100. Occorre contare sull’integrità dell’elettore 101. Per ogni carica si devono ottenere almeno cinque voti 102. Il Presidente dell’Assemblea 103. Il Vice-Presidente 104. Compiti del Segretario Nazionale 105. Il segretario dell’Assemblea Spirituale Nazionale è il suo capo esecutivo 106. Il servizio a tempo pieno del segretario può richiedere una remunerazione, che deve essere accordata e debitamente verbalizzata 107. L’assistente del segretario può non essere membro dell’Assemblea 108. Il Segretario deve essere nella capitale 109. Il Segretario Nazionale deve tenersi in stretto contatto con le Assemblee Locali 110. Contenuto dei verbali 111. Il segretario deve stare attento a trasmettere le decisioni della maggioranza 112. In tesoriere dell’Assemblea Spirituale riceve tutte le donazioni e le contribuzioni 113. Sui Fondi 114. Obblighi di un bahá’í eletto ad una carica che richieda il servizio a tempo pieno 115. Coloro che sono eletti in un’Assemblea devono considerarlo un privilegio e considerare il servizio una responsabilità 116. Procedura per le Assemblee in caso di malcontento verso membri in carica H. Amministratori Locali e Nazionali 117. Funzioni e doveri dei rappresentanti eletti 118. Devono tenere alto lo stendardo della giustizia 119. Gli amministratori della Fede sono simili a pastori 120. Coloro che hanno reale autorità si riconoscono dall’umiltà e dallo spirito di sacrificio. 121. La nota fondamentale della Causa di Dio non è l’autorità dittatoriale 122. Le Assemblee devono incoraggiare i credenti a presentare con fiducia i loro problemi 123. Abusare della fiducia dei credenti nei membri dell’Assemblea significa perderla 124. L’efficienza amministrativa deve essere accompagnata da un’egual misura d’amore 125. Gli amministratori devono considerare se stessi come semplici canali tramite i quali Dio protegge e guida la Sua Fede 126. L’Assemblea Spirituale Nazionale è l’Autorità suprema, la molla delle attività e l’unico legame con la Casa Universale di Giustizia 127. L’obbedienza all’Assemblea Spirituale Nazionale è la base dell’unità 128. L’Assemblea Nazionale è la testa e le Assemblee Locali sono i vari organi 129. Funzione vitale dell’Assemblea Spirituale Nazionale 130. L’Autorità e l’influenza delle Assemblee devono essere rafforzate 131. La “migliore” Assemblea 132. L’accentramento di autorità è espresso nel Testamento del Maestro 133. Bisogna attenersi alle regole fondamentali dell’Amministrazione bahá’í 134. Tendenza di tutte le Assemblee Nazionali a super amministrare 135. Non è necessario anticipare situazioni 136. La superamministrazione è peggiore dell’amministrazione insufficiente 137. Le Assemblee Spirituali Nazionali devono essere intransigenti nei principi, ma flessibili nelle procedure 138. Le Assemblee Nazionali sono custodi del benessere della Fede 139. Tendenza degli ultimi arrivati a sminuire il lavoro fatto 140. Ciascun credente deve poter accedere alle comunicazioni del Centro Mondiale della Fede 141. Stato giuridico delle Assemblee Spirituali 142. Le Assemblee Locali devono incoraggiare gli insegnanti 143. La coscienza di classe è contraria ai veri insegnamenti della Fede 144. Le Assemblee Spirituali Locali devono assumersi il compito di fissare le mete estensive d’insegnamento 145. I Consiglieri e i Membri del Consiglio Ausiliario devono conoscere i piani delle Assemblee 146. Rapporti delle Assemblee Spirituali Locali con i Membri del Consiglio Ausiliario 147. Tutte le Assemblee Spirituali Locali devono collaborare con i membri del Corpo Ausiliario ed i loro assistenti 148. Quando le Assemblee Spirituali Locali sono veramente efficienti 149. Un’Assemblea Spirituale Locale funzionante - I più importanti obiettivi da raggiungere 150. Promuovere cordiali rapporti con personalità eminenti 151. Personalità pubbliche 152. I membri dell’Assemblea Spirituale Locale devono approfondirsi 153. I membri delle Assemblee Spirituali devono assumersi le responsabilità I. Riunioni d’Assemblea, Presenza, Dimissioni 154. Obbligo dei membri d’Assemblea di riunirsi ed assolvere i sacri doveri 155. Essere membro di un’Assemblea o di un Comitato è un sacro impegno - Ci si deve sforzare d’essere presenti ad ogni riunione 156. Nelle sedute deve essere data precedenza all’insegnamento 157. Tutte le riunioni devono essere imperniate attorno ad un unico centro focale: Insegnare 158. Principio su cui basare il lavoro di un’Assemblea 159. Perché alcune Assemblee Locali non si riuniscono 160. Quante volte riunirsi - Deve decidere l’Assemblea 161. La promessa di Bahá’u’lláh 162. Non è possibile che ad una riunione di Assemblea Spirituale Nazionale partecipi un estraneo 163. Distribuzione dei verbali delle sedute 164. Accesso agli archivi dell’Assemblea Nazionale 165. I lavori possono essere svolti dal quorum 166. Quorum d’Assemblea 167. Doveri dei membri d’Assemblea 168. Nelle votazioni bahá’í non esiste l’astensione 169. Ai bahá’í non è richiesto di votare contro coscienza 170. Le dimissioni dall’Assemblea sono permesse solo in particolari circostanze 171. Le differenze d’opinione non devono dissuadere dal fare attività bahá’í 172. Ci deve essere un valida ragione per dimettersi 173. I membri delle Assemblee Spirituali Nazionali devono essere sollevati dal servizio nelle Assemblee Spirituali Locali? 174. Non è appropriato eleggere un membro provvisorio d’Assemblea 175. Assenza dei membri d’Assemblea - Non fissare limiti di tempo 176. Ripetute ed ingiustificate assenze causano la sospensione del diritto di voto 177. Critica, opposizione, confusione non sono motivi per dimettersi - Possono essere necessarie sanzioni J. Diritti amministrativi, sanzioni, dissimulazione 178. Condizioni per la privazione del diritto di voto 179. L’Assemblea non deve privare il credente del diritto di voto se non per questioni gravissime 180. Nessun bahá’í può giurare d’educare i figli secondo i principi di un’altra religione, né sposarsi in chiesa secondo il rito cristiano 181. Bevande alcoliche - Coloro che continuano a bere 182. Divorzio 183. Associazioni ecclesiastiche e politiche 184. Partecipazione alla politica 185. Gli atti omosessuali sono condannati da Bahá’u’lláh 186. Atti di flagrante immoralità 187. Credenti accusati di reati 188. Dev’essere data la possibilità di migliorare - Comminare una sanzione più mite 189. Non basta una sola trasgressione alla morale per incorrere in una pena grave 190. Matrimonio celebrato solo civilmente 191. Il diritto di voto dei genitori può essere sospeso se il consenso non è conforme alla legge bahá’í 192. Bahá’í appartenenti alla Massoneria, alla Società Teosofica, ai Cavalieri Rosa Croce e simili organizzazioni 193. Malattie mentali 194. Incapacità mentale 195. Privare dei diritti amministrativi un malato di mente non costituisce una sanzione 196. L’Assemblea Nazionale può proibire a una persona di servire in un’Assemblea Locale senza privarla del diritto di voto 197. Solo l’Assemblea Nazionale può privare i credenti del diritto di voto 198. Status di coloro che hanno perduto il diritto di voto 199. Non si può celebrare il matrimonio bahá’í se una delle parti è stata privata del diritto di voto - Un bahá’í in regola non può sposarne uno privato 200. La più grave sanzione che abbiamo - la privazione del diritto di voto 201. Prima di privare qualcuno del diritto di voto, occorre avvertirlo ripetutamente 202. Non è corretto sospendere il diritto di voto nel corso delle indagini 203. Il credente non può evitare l’espulsione dimettendosi al fine di violare impunemente la Legge 204. Dissimulare non significa ritirarsi 205. Ignoranza della Legge 206. Figli illegittimi 207. Perdita del diritto di voto - Equivale all’espulsione amministrativa 208. Casi in cui è stata celebrata la sola cerimonia civile 209. Privazione corretta o erronea del diritto di voto 210. Azioni disciplinari nei confronti di giovani 211. Se atti d’immoralità non sono conosciuti - Pettegolezzo 212. Comportamento della comunità verso coloro che sono privati del diritto di voto 213. Le Assemblee devono essere come il Maestro ed il “Buon Pastore” 214. I Credenti privati del diritto di voto che si sforzano di emendare i loro comportamenti devono essere aiutati 215. I bahá’í non devono mai dissimulare la loro Fede 216. Sommario delle limitazioni che la privazione del diritto di voto comporta 217. Sommario dei diritti e dei privilegi non negati a chi ha perduto il diritto di voto K. Appelli 218. Diritto di appello e sua procedura 219. Appello all’Assemblea Nazionale contro la decisione dell’Assemblea Locale 220. Violazione dei diritti bahá’í 221. Ogni bahá’í può scrivere direttamente alla Casa Universale di Giustizia, ma gli appelli devono essere proposti tramite l’Assemblea Spirituale Nazionale 222. La richiesta dell’appellante di inoltrare l’appello alla Casa Universale di Giustizia non può essere respinta 223. I Comitati devono discutere i loro problemi con l’Assemblea Spirituale Nazionale L. Regolamenti 224. Scopo dei regolamenti 225. Un bambino può essere considerato bahá’í 226. La versione di New York dei regolamenti è più corretta 227. Questione di fede in Bahá’u’lláh e non disponibilità di partecipazione 228. L’Assemblea Spirituale Nazionale deve difendere e sostenere i provvedimenti degli Ordinamenti e dello Statuto Costituzionale 229. Mantenere un’uniformità internazionale sui punti essenziali 230. Le decisioni delle Assemblee Locali e Nazionali sono passibili di revisione da parte della Suprema Istituzione - Nessuna contraddizione degli Statuti 231. Il temporaneo scioglimento dell’Assemblea Spirituale Locale non comporta l’automatica perdita del riconoscimento giuridico M. Nuovi credenti 232. Nella Causa di Dio c’è posto per tutti 233. L’esempio di ‘Abdu’l-Bahá - Incoraggiare con pazienza i nuovi credenti 234. I due estremi per portare persone nella Causa 235. Non devono essere posti ostacoli davanti a nessun’anima 236. Nuove registrazioni 237. Diventare bahá’í è un processo evolutivo 238. Ammissione nella Fede - Requisiti essenziali 239. Diventare bahá’í 240. Ammonimenti ai neofiti nella Fede 241. Non basta accettare alcuni aspetti degli Insegnamenti e rifiutarne altri 242. Nell’arruolare nuovi credenti dobbiamo essere saggi e gentili 243. Se i requisiti per l’arruolamento sono troppo rigorosi, raffredderemo l’iniziale entusiasmo 244. Un bahá’í dev’essere totalmente bahá’í; non deve essere gretto 245. Un vero bahá’í deve dar prova di esserlo veramente 246. La prima ragione per cui si diventa bahá’í 247. Arare il terreno del cuore 248. I nuovi credenti non devono essere abbandonati a se stessi 249. Approfondire la vita spirituale dei singoli credenti 250. Le Assemblea e i Comitati devono mettere i credenti in grado di diffondere il Messaggio di Dio 251. Il passato di una persona non deve costituire ostacolo alla sua accettazione nella Fede 252. Raccomandare ai convertiti di non alienarsi i genitori 253. L’Assemblea non deve ostacolare la dichiarazione di persone con una morale discutibile - Dal momento che accettano la Fede i nuovi dichiarati devono comportarsi da bahá’í 254. Possono esservi occasioni in cui la dichiarazione deve essere rimandata 255. Requisiti di un credente 256. Il processo di accettazione varia - Importante il grado di convinzione 257. Non occorre che i nuovi dichiarati conoscano tutte le prove - Scintilla di Fede 258. L’accettazione di nuovi credenti è lasciata alla discrezionalità dell’Assemblea 259. L’instabilità mentale non deve pregiudicare l’accettazione di un nuovo dichiarato 260. Taluni casi particolari impongono un approfondimento della comprensione 261. Accettare normalmente la dichiarazione di coloro che vivono in situazioni immorali o sono membri di organizzazioni vietate - Occorre dare il tempo di emendarsi 262. I fanciulli sono considerati Bahá’í a prescindere dalla loro età 263. Dichiarazione di detenuti 264. La firma delle schede serve per esigenze amministrative - Vi è differenza fra carattere e fede 265. Scheda di registrazione - Non richiesta dappertutto 266. Doveri dell’Assemblea verso i nuovi credenti N. Relazioni dei credenti con le Assemblee 267. Essere bahá’í è essenzialmente una cosa interiore 268. Dobbiamo rispettare le Assemblee Nazionali e Locali 269. Questo grande premio, questo dono di Dio - l’Assemblea Spirituale Locale 270. L’Assemblea è una nascente Casa di Giustizia - Gli individui, gli uni verso gli altri sono guidati dall’amore, dall’unità, ecc. 271. Due tipi di bahá’í 272. I figli spirituali non devono far propri i concetti errati dei loro insegnanti 273. Le Assemblee devono ispirare fiducia nei credenti 274. Un cumulo di informazioni amministrative soffoca le prime scintille 275. Cercare la guida negli Insegnamenti 276. Due principi da seguire, unità nella dottrina e nell’amministrazione 277. Amministrazione bahá’í - Strumento dello spirito della Fede 278. La comunità mondiale produce nuove cellule, nuovi organi 279. I credenti devono rivolgersi alle Assemblee per consiglio e aiuto 280. Gli amici sono i Fiduciari della Missione di Bahá’u’lláh 281. I credenti devono avere fiducia nell’Assemblea 282. Se l’Assemblea prende una decisione incauta, questa deve essere sostenuta 283. Se l’Assemblea commette un errore 284. Obbedienza, pazienza e moderazione 285. Critiche nei confronti delle Assemblee - I bahá’í possono esprimere i loro punti di vista 286. La Fede non ha protezione se gli amici non si sottomettono ai Corpi Amministrativi 287. Se i bahá’í minano l’autorità di chi li guida 288. I credenti hanno il diritto di esprimere la loro critica ad una azione dell’Assemblea, ma non in modo da sminuirne l’autorità 289. L’obbedienza alle decisioni dell’Assemblea Locale deve essere incondizionata e sincera 290. L’Assemblea Locale non deve criticare la politica dell’Assemblea Nazionale 291. Un solo rimedio - Studiare l’amministrazione 292. Il destino della comunità dipende da ogni singolo credente O. Credenti inattivi 293. Non deve essere tolto il nome dalla lista dei votanti 294. Cancellazione dei nomi dalla lista dei votanti 295. I credenti inattivi ed apatici spesso hanno bisogno d’incoraggiamento 296. Credenti inattivi - i nomi devono essere cancellati solo se affermano chiaramente di non credere più in Bahá’u’lláh 297. I motivi dell’inattività devono essere accertati 298. Le riunioni devono essere così interessanti da attrarre i vecchi credenti 299. Bisogna aiutare coloro che hanno una condotta sconveniente a modificare il loro modo di vivere 300. Se una persona non vuole essere considerata membro della Comunità 301. La situazione personale di un bahá’í può impedirne l’attività 302. Coloro che non credono più in Bahá’u’lláh... 303. Credenti di cui non si conosce l’indirizzo II. MALDICENZA, CRITICA, CRITICA PEDANTE, PETTEGOLEZZO, BUGIE, CALUNNIA, ECC. 304. Le Parole Celate di Bahá’u’lláh 305. Definizione di maldicenza 306. Astenersi dalla pedanteria e dalla maldicenza 307. Gelosia ed atteggiamento meschini si possono vincere solo con tatto e amore 308. Come comportarsi con bahá’í che agiscono in maniera nociva per la Causa 309. Imparare a non occuparsi dei difetti altrui 310. I credenti hanno bisogno, fra loro, di più costruttori di pace - Un compito per quelli più vecchi e più maturi 311. Essere tolleranti, pazienti e pietosi, piuttosto che cedere alla maldicenza e alla critica 312. La maldicenza: il più grande peccato 313. La maldicenza “spegne la luce del cuore” 314. La critica: una calamità 315. Sopprimere ogni pensiero di critica ed ogni parola dura 316. Azioni o affermazioni incaute 317. Differenze personali e piccole preoccupazioni 318. Come aratori, ciascuno ha da controllare gli animali aggiogati 319. Essere amici di tutto il genere umano 320. I bahá’í si devono distinguere 321. I credenti devono servirsi dell’amore reciproco 322. I peggiori nemici della Causa sono nella Causa 323. La maldicenza crea divisioni 324. Quando nascono la critica e le parole dure 325. Se ascoltiamo siamo colpevoli di complicità III. BAHÁ’Í A. Archivi Bahá’í 326. Bahá’u’lláh raccomanda di conservare accuratamente le Tavole 327. Tavole e Versetti da conservare negli Archivi 328. Istituzione degli Archivi Bahá’í 329. Le generazioni future apprezzeranno gli Archivi 330. Le Assemblee devono nominare un Comitato per la revisione del materiale degli archivi 331. Ogni credente ha la responsabilità di collaborare per la preservazione delle Sacre Reliquie 332. Si devono istituire Archivi Bahá’í in ogni centro amministrativo 333. I documenti di valore storico non devono essere distrutti B. Arti Bahá’í e Teatro 334. Le tre Figure Centrali non possono essere rappresentate 335. Lavori teatrali 336. I ballerini devono essere vestiti decentemente 337. La presentazione artistica della Fede attrarrà una certa categoria di persone 338. L’arte può risvegliare meglio sentimenti nobili 339. Prendere parte a lavori teatrali - Ballo 340. Case cinematografiche 341. Film 342. Adattamento scenografico di episodi storici della Fede 343. Non usare la luce come personificazione della Manifestazione 344. Proibizione di rappresentare in dipinti o disegni tutte le Manifestazioni di Dio 345. Occorre capacità per produrre un valido film sulla storia della Fede C. Autori/Scrittori Bahá’í 346. Gli autori bahá’í dovrebbero scrivere in modo da attrarre le anime 347. Gli scrittori bahá’í, prima di pubblicare le loro opere, devono ottenere l’approvazione dell’Assemblea Nazionale del paese nel quale saranno pubblicate 348. Autori e scrittori bahá’í dovrebbero accettare di buon grado la revisione delle loro opere 349. Revisione di articoli scritti da credenti per riviste 350. Comitato Revisioni 351. Dovere dei bahá’í di presentare la Fede in modo dignitoso 352. Funzione e scopo della revisione 353. Scopo della revisione 354. Nessun divieto per i bahá’í di scrivere romanzi storici 355. Giornalisti 356. Scienze che cominciano e finiscono con parole - Bahá’u’lláh non ha mai inteso includere i romanzi in questa categoria 357. La Fede ha bisogno di autori bahá’í 358. Tesi di laurea e simili 359. Nessun editore da il diritto di modificare un manoscritto D. Pubblicazioni bahá’í, traduzioni, revisioni e diritti d’autore 360. Notiziari e bollettini bahá’í - Perché la diffusione è limitata ai soli bahá’í 361. Uso degli accenti delle parole arabe e persiane nei testi spagnoli 362. Pubblicazioni del Centro Mondiale - Nessun divieto di citazione 363. Autorizzazione di copyright per le Sacre Scritture non necessaria per credenti ed Assemblee Bahá’í 364. In inglese scrivere i pronomi in maiuscolo 365. Uso, nelle altre lingue, della maiuscola per i pronomi 366. Virgolette - Dev’essere mantenuto il rigoroso modello inculcato dalla Causa 367. L’Assemblea Spirituale Nazionale autorizza le traduzioni tramite un Comitato Traduzioni - Uso del metodo di traslitterazione del Custode 368. Istruzioni per la traduzione degli Scritti sacri bahá’í 369. Incarico di traduzione affidato a singoli - Traduzioni di proprietà dell’Assemblea 370. Traduzione di letteratura bahá’í in un linguaggio semplice - Semplificazioni e parafrasi non devono essere pubblicati come Scritti 371. I traduttori devono utilizzare le edizioni più recenti dei libri E. Argomenti Vari 372. Venerdì - Giorno di riposo nel calendario bahá’í 373. Uso delle date bahá’í 374. Designazione di Fede Bahá’í 375. Simbolo della Fede Bahá’í - La stella a cinque punte IV. VITA BAHÁ’Í, EGO, SACRIFICIO, IO E SERVIZIO A. Vita Bahá’í 376. La cosa importante è “vivere la vita” 377. Distinzione 378. Necessario vivere secondo gli insegnamenti per attrarre i cuori degli altri 379. I bahá’í devono restare aggrappati alla loro Fede e gli uni agli altri 380. La Fede si proclama con amore, ospitalità, comprensione e volontà di aiutare 381. Come acquisire pace interiore 382. Non dare l’impressione di essere fanatici - Cercare d’essere versatili, normali ed equilibrati 383. Quello che conta è la vita intima dello spirito 384. Approfondendosi e vivendo la vita si diventa saldi come rocce 385. Evoluzione dell’anima B. Ego - Io 386. Il significato di io 387. L’ego è l’animale dentro di noi 388. La vita è una lotta continua contro le forze che ci circondano e il nostro ego 389. I profeti sono gli unici ad essere liberi dalla “patina dell’ego” 390. Chiave per il controllo dell’ego 391. Cercando Dio, conosciamo noi stessi 392. Acquisire consapevolezza di sé è un processo graduale 393. L’evoluzione dell’uomo è di natura individuale e collettiva 394. La Causa ha il potere spirituale di ricrearci 395. Bisogna volgere i pensieri a Dio con determinazione, intelligenza e tranquillità 396. Dovremmo concentrarsi sulla Gloria della Causa e non sulle nostre manchevolezze 397. Non bisogna soffermarsi sui pensieri e sui comportamenti altrui C. Autodifesa 398. In caso di emergenza i bahá’í hanno il diritto di difendere la propria vita 399. Autodifesa 400. Pioniere residente in una zona remota senza protezione: casi in cui un bahá’í ha tutto il diritto di difendere la propria vita D. Auto-sacrificio e Servizio 401. Il mistero del sacrificio 402. Il significato di auto sacrificio 403. Fino a che punto dobbiamo sacrificare la nostra vita per l’interesse della Causa? 404. Accettare di soffrire nell’interesse reciproco 405. Il servizio: magnete per le confermazioni divine 406. Assistenza delle schiere delle Coorti divine 407. Un irresistibile impulso di servire - Non guardare alle proprie imperfezioni 408. Non esiste alcuna regola che imponga al credente di servire in un campo piuttosto che in un altro V. ACCATTONAGGIO, BENEFICIENZA E POVERTÀ A. Accattonaggio 409. L’Accattonaggio è proibito - La Casa di Giustizia provvede agli inabili 410. Accattoni - Agli occhi di Dio gli uomini più spregevoli B. Carità 411. La carità è la vera essenza degli Insegnamenti 412. Contribuzioni per beneficenza fatte da Assemblee e singoli individui 413. Il mezzo più sicuro per sollevare una volta per tutte il peso della fame e della miseria 414. Ci sono molti modi per aiutare coloro che soffrono 415. I bahá’í posseggono il rimedio divino per i mali dell’umanità 416. Eventualità per un bahá’í di chiedere aiuto agli altri 417. Le Assemblee Spirituali Locali devono dare una mano d’aiuto ai poveri 418. Come i bahá’í possono aiutare i compagni di fede tramite le Istituzioni C. I Poveri 419. I ricchi devono avere la massima considerazione per i poveri 420. Il dono più grande che possiamo fare ai poveri 421. Non addolorarsi d’essere poveri - Alcune grandi anime furono fra i più poveri della terra VI. CALAMITÀ E CRISI 422. Il mondo è in agitazione 423. Forze potenti stanno portando al parossismo questo portentoso secolo 424. Alle genti di Bahá è assicurata la guida divina 425. Se i bahá’í falliscono sono in parte responsabili dell’agonia dell’umanità 426. Il mondo proverà dolori ed affronterà prove come mai in passato 427. Le calamità continueranno finché l’umanità non sarà purificata a sufficienza... 428. I bahá’í non devono perdere tempo congetturando sulle prossime calamità 429. È importante che i bahá’í abbiano un corretto atteggiamento in attesa di catastrofi 430. In caso di interruzione delle comunicazioni dal Centro Mondiale o gli uni dagli altri, i bahá’í saranno guidati dalle Assemblee Spirituali Nazionali dirette dai Consiglieri 431. I bahá’í possono contribuire a mitigare le sofferenze dell’umanità 432. La gente di oggi soffre per i suoi peccati di omissione e di azioni errate 433. Dobbiamo mettere la Fede innanzi a tutto per avere eterna sicurezza e felicità 434. Non sappiamo quanto durerà la catastrofe 435. L’unificazione dell’umanità 436. La crisi serve un grande scopo 437. Il Custode non ritiene che Dio permetterà all’uomo di auto distruggersi... 438. Privazioni e sfortune, disillusioni e disperazioni assaliranno i popoli... 439. Sconvolgimenti apocalittici 440. Le condizioni del mondo stanno portando molte questioni alla massima tensione 441. Calamità e crisi 442. Distruzione interiore e caos esteriore stanno accelerando 443. Situazione mondiale sempre più grave - Molti si tengono in disparte e si torcono le mani 444. Un abisso senza fondo minaccia 445. La furia di una catastrofe mondiale: il fuoco dell’ordalia 446. I bahá’í non devono perdere la speranza nel futuro per la crisi che travolgerà il mondo 447. Un periodo di purificazione è indispensabile - I bahá’í non dovrebbero desiderare di non essere toccati 448. I pericoli che minacciano l’America 449. L’uomo vede la vita in modo troppo rozzo e materialistico 450. Prove psicologiche che i credenti occidentali patiranno 451. Una civiltà lacerata da conflitti 452. Violenti e molteplici saranno gli assalti che la Fede sosterrà 453. È nostro dovere redimere i nostri compagni 454. I bahá’í sono il lievito di Dio, il Popolo eletto di Dio 455. Gli occhi del mondo sono puntati su di noi 456. I bahá’í hanno il compito di purificare l’umanità con le regole e l’esempio. 457. Gli eletti di Dio non devono contentarsi di una distinzione ed eccellenza relativa 458. Ostacoli che s’incontrano sul sentiero 459. La civiltà sopporta prove dure e senza pari VII. CERIMONIE 460. Non è esatto affermare che la Fede Bahá’í non ha cerimonie 461. Cerimonie per l’imposizione del nome 462. Battesimo spirituale dei figli 463. Battesimo dei figli 464. I bahá’í possono e dovrebbero partecipare ad innocue celebrazioni culturali e tradizionali 465. Cerimonie religiose alle quali i bahá’í non dovrebbero partecipare 466. I genitori bahá’í possono partecipare a cerimonie di battesimo, ma non possono prendere alcun impegno o fare promesse VIII. FANCIULLI A. Bambini adottati e orfani 467. “Colui che educa il proprio figlio o il figlio di un altro...» 468. Bahá’u’lláh e ‘Abdu’l-Bahá lodano coloro che adottano bambini 469. Figli adottati e genitori naturali * 470. I bahá’í non possono promettere d’educare i figli adottati in un’altra religione 471. Un bahá’í che giura d’allevare i figli in un’altra Fede è soggetto a sanzione amministrativa 472. Doveri verso gli orfani B. Padrini o comparatico 473. Padrini bahá’í 474. Le coppie bahá’í non devono battezzare i figli 475. Se le condizioni sono chiare un bahá’í può fare da padrino ad un bambino non bahá’í 476. Essere padrini prima di diventare bahá’í 477. Padrini non bahá’í di bambini bahá’í 478. Comparatico fra due bahá’í C. Educazione e addestramento dei bambini 479. In primo luogo si devono addestrare i bambini sui principi della religione 480. Incoraggiare i bambini fin dalla prima infanzia 481. Incombe ai bambini bahá’í di superare gli altri 482. I genitori sono responsabili verso Dio dell’educazione dei figli 483. Gli insegnanti dei bambini servono Bahá’u’lláh 484. Non educare i figli è un peccato imperdonabile 485. I bambini abbandonati a se stessi crescono nell’ignoranza 486. Piuttosto che crescere ignorante, è meglio che un bimbo non viva. 487. Il bambino non dev’essere oppresso o biasimato 488. Lo scolaro deve essere incoraggiato 489. Rango di coloro che servono ed educano i bambini 490. Metodi per insegnare ai fanciulli 491. Un saggio insegnante 492. Il corso di studi deve essere uguale per figlie e figli 493. L’inizio dell’educazione formale 494. Cose da insegnare ai bambini nelle scuole 495. L’educazione formale deve iniziare all’età di cinque anni 496. Negli insegnamenti non vi sono prescrizioni che vietino la separazione dei figli dai genitori per i primi cinque anni 497. La madre ha il dovere principale di educare i bambini 498. La madri sono le prime educatrici dei bambini e degli infanti 499. Educazione dei bambini nel caso che uno dei genitori non sia bahá’í 500. Il massimo servizio reso dall’uomo a Dio Onnipotente: insegnare ai bambini a fare discorsi di alta qualità 501. È preferibile che i figli ricevano la prima educazione in casa dalla madre, piuttosto che in un asilo infantile 502. Le Assemblee Spirituali devono fornire alle madri un programma ben concepito 503. È difficile insegnare e raffinare il carattere quando la pubertà è passata 504. Educare i bambini ad imparare a memoria preghiere e tavole * 505. Sacri doveri dei figli verso i genitori 506. Educare i bambini a capire il significato spirituale delle riunioni bahá’í 507. Pochi bambini sono realmente cattivi 508. Zuffe tra bambini 509. Punizioni fisiche 510. Bambino con problemi: una disciplina è indispensabile 511. Non è permesso percuotere un bambino. E. Registrazione dei bambini 512. I bambini bahá’í non ereditano automaticamente la Fede dei genitori 513. Bambini i cui genitori diventano bahá’í 514. Status dei fanciulli al di sotto dei 15 anni 515. L’età di 15 anni si riferisce alle funzioni ed agli obblighi di carattere spirituale 516. Fanciulli sotto i 15 anni che dichiarano la loro Fede 517. Da 15 anni in poi i fanciulli devono osservare le leggi dell’Aqdas 518. I figli di genitori bahá’í sono considerati bahá’í 519. Registrazione dei fanciulli al compimento del 15° anno di età 520. Al compimento dei 15 anni il fanciullo deve riaffermare la sua Fede 521. Registrazione di figli di bahá’í 522. Possono esservi circostanze in cui i fanciulli non devono essere registrati. F. Argomenti vari riguardanti i fanciulli (vedi anche: Fanciulli Pionieri) 523. Libertà per i fanciulli di scegliere la loro religione 524. Insegnare ai bambini a pronunciare il Più Grande Nome nei momenti di crisi 525. Criticare la Fede davanti ai figli 526. Il reale scopo della vita - Il Custode prega per i bambini 527. Insegnate ai figli a trattare bene gli animali 528. I fanciulli bahá’í possono contribuire al Fondo. Nessuna regola è stabilita per i fanciulli non bahá’í; l’insegnante deve risolvere le situazioni 529. Risposte della Casa Universale di Giustizia a domande dei fanciulli sulle catastrofi IX. CHIESE 530. I bahá’í non devono affiliarsi a Chiese 531. Il coraggio delle convinzioni 532. Diventando bahá’í dobbiamo ritirarci dalla Chiesa 533. I bahá’í credono ardentemente in Cristo 534. I ministri di culto che si considerano bahá’í devono ritirarsi dalla Chiesa 535. Appartenenza alla Sinagoga 536. Ritiro dalla Chiesa di giovani bahá’í 537. Per amore dell’unità familiare si può fare una concessione ai giovani 538. Atteggiamento bahá’í nei confronti della Chiesa 539. Circa l’espulsione dalla Chiesa 540. Pagamento di tributi alla Chiesa 541. Contribuzioni alle Chiese 542. Storia della Chiesa primitiva X. COMITATI A. Nomina Comitati 543. Libertà di nominare qualsiasi bahá’í qualificato per il lavoro 544. Continuità della permanenza in un Comitato 545. È preferibile che serva nei Comitati qualche qualificato credente 546. È desiderabile che il Comitato Nazionale Insegnamento possa riunirsi facilmente - Se possibile non dovrebbe essere oberato di altri compiti 547. Costituzione dei Comitati con prospettive di miglioramento e cambiamento 548. L’Assemblea deve usare discrezione nella nomina dei membri di Comitato - Personalità incompatibili nei Comitati 549. I Comitati Nazionali sono nominati dall’Assemblea Spirituale Nazionale e responsabili verso di essa 550. Deve essere data a coloro che non sono membri di Assemblea l’opportunità di acquisire esperienze amministrative 551. Non è necessario che i Comitati si sciolgano al Ri?ván B. Elezione delle cariche del comitato 552. Bisogna dare ai membri di comitato la possibilità di votare - Elezione delle cariche a maggioranza assoluta e non relativa 553. Se un membro ha validi motivi, può suggerire di non essere eletto ad una carica C. Struttura e funzioni dei Comitati Nazionali 554. L’assemblea Spirituale Nazionale deve adottare un’efficiente struttura per l’insegnamento 555. Funzione del Comitato Nazionale d’Insegnamento 556. I Comitati Nazionali vengono costituiti per servire ai bisogni delle Assemblee Locali. 557. L’Assemblea Nazionale deve impartire istruzioni al Comitato allo scopo di evitare confusione. 558. Alcuni comitati hanno bisogno di molti membri D. Comitati Speciali (Amministrativi, Ad Hoc, Emergenza, Insegnamento Nazionale e Regionali) 559. Limitazioni dell’autorità dei Comitati Amministrativi a quella loro conferita dall’Assemblea Spirituale Nazionale 560. Nomina di comitati ad hoc per problemi personali 561. Nomina di un Comitato Amministrativo fra i credenti adulti di una comunità se l’Assemblea cade 562. Scopo e funzioni di un comitato d’emergenza 563. Libertà d’azione di un comitato d’emergenza 564. L’Assemblea Spirituale Nazionale definisce i limiti delle competenze di un comitato d’emergenza 565. Quorum dei membri di un comitato d’emergenza 566. Nomina di un comitato speciale consolidamento 567. Non è necessario che i Comitati Nazionali abbiano sede presso i Centri Nazionali* 568. Comitati Regionali - Sottocomitati del Comitato Nazionale Insegnamento 569. Troppi comitati confondono piuttosto che rendere chiaro il lavoro. 570. Rapporto fra comitato nazionale e comitati regionali d’insegnamento 571. I membri del Corpo Ausiliario possono servire in taluni comitati speciali 572. Collaborazione fra membri del Corpo Ausiliario e comitati insegnamento nazionali e regionali 573. Comitato nazionale giovani 574. I giovani bahá’í al di sotto dei 21 anni possono servire nei comitati 575. Comitati locali 576. Struttura dei comitati nazionali e regionali d’insegnamento XI. CONSULTAZIONE 577. Nessuna prosperità o benessere può essere conseguita se non con la consultazione 578. Consultazione e compassione 579. Consultazione libera e franca 580. Lo scopo della consultazione 581. Ogni petto deve essere una stazione telegrafica 582. Chiunque può rimettere una questione all’Assemblea 583. Ogni membro deve esprimere liberamente ed apertamente le proprie idee 584. Nella votazione bahá’í non v’è astensione 585. Decisioni a maggioranza di voti - Casi in cui l’Assemblea può decidere che tutti i nove membri devono essere presenti 586. Inesistenza nella Causa di voti dissenzienti 587. Sospendere la consultazione quando insorgono inimicizia e minacce 588. Non prendere decisioni importanti negli affari personali senza essersi consultati 589. Se un credente ha un problema gli sono aperte diverse possibilità 590. L’Assemblea non può chiedere ad un suo membro di non partecipare alla consultazione 591. Un membro può allontanarsi durante la discussione di una questione che lo riguarda 592. Una franca, ampia e imparziale consultazione deve guidare il lavoro XII. IL PATTO A. Il Patto Bahá’í 593. Il Patto bahá’í 594. Fermezza nel Patto: Fosse pure un’insignificante formica... 595. Il Libro Cremisi 596. Il Patto stipulato sul monte Párán 597. Per fronteggiare le prove è necessario che i credenti si approfondiscano nel Patto 598. Ultime Volontà e Testamento di ‘Abdu’l-Bahá - Occorre un secolo per comprenderli 599. Le Ultime Volontà e Testamento salvaguardano l’unità della Causa 600. Parlare contro il Patto B. Espulsione dei violatori del Patto 601. Definizione di violatori del Patto 602. La violazione del Patto è una malattia spirituale 603. I violatori del Patto sono contagiosi come la tisi ed il cancro 604. Affetti da malattia spirituale contagiosa 605. Frequentare non bahá’í che hanno rapporti con violatori del Patto 606. Nemici della Fede C. Divieto per i credenti di frequentare i violatori del Patto 607. Scomunica 608. Nessuno ha il diritto di incontrare i violatori del Patto 609. I bahá’í non possono frequentare coloro che hanno abbandonato la Causa e sono in contatto con violatori del Patto 610. I bahá’í possono rimanere in una riunione non bahá’í, anche se vi interviene un violatore del Patto 611. Rapporti personali coi violatori del Patto 612. Identico trattamento per tutti i violatori del Patto, a prescindere dalla natura della trasgressione 613. L’opposizione dovuta ad ignoranza o mancanza di adeguata preparazione non è violazione al Patto 614. Ruolo del Membro del Consiglio Ausiliario per la Protezione* 615. La misericordia di Dio è maggiore della Sua Giustizia 616. Essere nemico dei nemici di Dio è buona caratteristica 617. È meglio essere molto vigili che troppo negligenti 618. Probabilmente nessun gruppo ha un linguaggio tanto suadente come i violatori del Patto 619. L’Assemblea Nazionale deve considerare se stessa come un Comitato di vigilanza 620. Più di qualunque altra cosa al mondo, i bahá’í hanno bisogno di una più profonda comprensione dei Patti di Bahá’u’lláh e del Maestro D. Espulsione e reintegrazione; Responsabilità della protezione; Libri scritti da nemici della Fede 621. Espulsione dei violatori del Patto 622. La protezione è funzione specifica della Mani della Causa 623. Espulsione e reintegrazione 624. Risultati da conseguire con il Patto dell’Eterno Padre 625. Includere corsi sulla violazione del Patto nei programmi delle Scuole Estive 626. Divieto di accettare contribuzioni da coloro che hanno perduto il diritto di voto, ma possono essere sepolti in cimiteri bahá’í e ricevere la carità 627. Pubblicazioni scritte da nemici della Fede 628. Libri scritti da ignoranti avversari della Causa 629. Le Assemblee hanno una grande responsabilità spirituale. XIII. MORTE A. Ultime Volontà 630. Ogni bahá’í è incoraggiato a fare testamento 631. Nel Testamento il credente può disporre entro i limiti di legge dei suoi beni come crede 632. Evitare di nominare esecutrice testamentaria l’Assemblea Nazionale o Locale, ove le Istituzioni così dispongano 633. I bahá’í devono specificare nel testamento il loro desiderio di avere un funerale bahá’í – Dovrebbero informarne l’Assemblea ed i parenti non bahá’í 634. Attenta considerazione da parte dell’Assemblea Spirituale verso lasciti del testatore – Eventuale rifiuto di irragionevoli richieste 635. Dichiarazione di nullità da parte dell’Assemblea di una disposizione contraria alle leggi bahá’í 636. I bahá’í sono liberi di formulare qualsiasi disposizione nel loro testamento - Non è permesso mettere in discussione le disposizioni del testamento di un altro B. Leggi per la sepoltura 637. Divieto di trasportare il corpo ad oltre un’ora di distanza 638. Leggi sul funerale obbligatorio per i credenti occidentali 639. Preparazione per la sepoltura - Non è permesso l’imbalsamazione 640. Legge bahá’í per la sepoltura: la bara dev’essere di cristallo, pietra o legno 641. Per quanto immaturo possa essere un feto, bisogna averne rispetto 642. La cremazione è contraria alle leggi bahá’í - I parenti bahá’í e l’Assemblea Spirituale sono responsabili 643. In caso di morte in mare è applicabile la legge marittima - È preferibile la sepoltura in terra 644. Il credente dovrebbe assicurarsi che la propria sepoltura verrà effettuata secondo le leggi bahá’í 645. Preparazione per il funerale bahá’í 646. Rivolgere il volto del defunto verso la Qiblih 647. L’ora di viaggio può essere calcolata dai confini della città 648. Cimitero distante oltre un’ora a piedi dal villaggio 649. La pietra tombale 650. La seta funeraria 651. Occorre raccomandare ai bahá’í sotto le armi le leggi sul funerale C. Cimiteri Bahá’í 652. È permesso accettare da organi governativi un pezzo di terreno da destinare a cimitero 653. Riesumazione 654. Attualmente non esistono norme precise per i cimiteri bahá’í 655. Non si rifiuta la sepoltura di bahá’í che hanno perduto il diritto di voto - L’Assemblea può autorizzare la sepoltura di non bahá’í 656. È inopportuno mettere il Più Grande Nome o il simbolo delle pietre per anelli sulle tombe D. Servizi funebri 657. Il servizio funebre bahá’í è riservato solo ai credenti 658. Si devono osservare la massima semplicità e flessibilità 659. Non è vietato ai bahá’í di intervenire ad un funerale non bahá’í di un credente 660. È permesso cambiare il genere nella preghiera obbligatoria per i defunti 661. La preghiera per i defunti deve essere recitata da un solo credente 662. Durante la lettura della lunga preghiera per i defunti possono essere presenti anche non bahá’í 663. Preghiera per i Defunti - Condizioni particolari 664. Qualsiasi preghiera si può recitare per le donne - Il testo non deve essere cambiato 665. Riunioni di commemorazione E. Cremazione 666. Cremazione 667. È permesso lasciare il proprio corpo per ricerche mediche, a condizione che non venga cremato 668. L’intimo tempio vede la propria forma materiale 669. Il corpo, formato gradualmente, deve decomporsi gradualmente 670. L’Assemblea Spirituale non può organizzare la cremazione dei resti di un bahá’í 671. Si può usare la parola ‘bahá’í’ al centro della stella a nove punte 672. Sulle pietre tombali si possono usare citazioni dagli Insegnamenti 673. È consentito che parenti non bahá’í siano seppelliti in cimiteri bahá’í. F. Suicidio 674. Il suicidio è decisamente condannato negli insegnamenti 675. La luce manifestata da Bahá’u’lláh può alleviare la disperazione dei giovani 676. I bahá’í sono liberi di pregare per i morti 677. Sforzarsi d’allontanare dalla mente ogni pensiero di suicidio e morte 678. Consolazione per i genitori del defunto G. La vita dopo la morte; l’anima 679. Beneficenza e buone azioni in memoria dei trapassati 680. L’uomo è destinato da Dio a svilupparsi spiritualmente per l’eternità 681. Tradizioni non bahá’í 682. L’anima continuerà a progredire attraverso molti mondi 683. Possiamo aiutare tutte le anime a raggiungere ranghi elevati 684. Intercessione nell’altro mondo 685. Lascito ai poveri 686. La condizione dell’anima dopo la morte non potrà mai essere descritta 687. Non esistono anime confinate alla terra 688. Nessun potere è esercitato sugli uomini da anime cattive dopo la morte 689. Anime gemelle 690. Influenza di anime sante e spirituali 691. L’anima agisce 692. L’altro mondo è in questo mondo 693. L’anima di un assassino 694. Unione nell’altro mondo 695. La morte può perdere il suo pungiglione 696. Con la visione delle grazie dell’altro mondo nessuno vorrebbe restare in questo 697. Le anime buone pervengono ad una condizione di gran lunga più nobile e bella 698. Dopo la morte, l’anima mantiene la sua individualità e la sua consapevolezza 699. Tutte le anime progrediscono spiritualmente nell’altro mondo - I parenti dei credenti otterranno almeno in parte il Regno 700. Certe cose restano un mistero nel nostro attuale stadio di sviluppo 701. I Profeti non hanno mai rivelato cosa ci accade dopo la morte - Credere in Dio e nei Suoi Profeti genera crescita spirituale 702. Le speculazioni sulla natura della vita dopo la morte hanno scarsa fondatezza 703. Dio può essere conosciuto solo attraverso i Suoi Profeti - Inferno e Paradiso sono condizioni dell’anima 704. Il progresso spirituale è infinito 705. Come “Guadagnare il Paradiso” - Dipende da due cose XIV. EDUCAZIONE A. Accademica e spirituale 706. Educazione dell’uomo 707. Educazione fisica, intellettuale, spirituale ed etica dell’uomo 708. L’uomo: il maggiore rappresentante di Dio 709. L’educazione moderna non produce menti mature 710. Ognuno deve essere educato secondo le sue necessità ed i suoi meriti 711. Educare i detenuti 712. Gli uomini sono come scolari, e i Profeti come i loro insegnanti 713. L’apprendimento è il massimo dono di Dio B. Università e Collegi 714. La vita universitaria 715. Non esiste ancora un programma di studi bahá’í 716. Tre principi cardinali 717. Caratteristiche degli studenti dei collegi bahá’í 718. ‘Abdu’l-Bahá ingiunge agli studenti bahá’í di eccellere su tutti gli altri - Enfasi sulla sincerità 719. Sfida agli studenti persiani 720. L’insegnamento nelle università e nei collegi 721. Studiando a scuola o all’università XV. DOTAZIONI LOCALI E NAZIONALI 722. Un terreno di dotazione utilizzato quale sito di ?a?íratu’l-Quds cessa di essere una dotazione in senso bahá’í 723. Dotazioni nazionali 724. Dotazioni Locali 725. Terreno di dotazione: vi si può edificare una struttura temporanea 726. Un terreno di dotazione dev’essere considerato un investimento per le Assemblee Locali 727. Possibilità di utilizzare le proprietà di dotazione per servizi sportivi o per ottenere proventi per il lavoro della Fede 728. Sommario dei principi che devono guidare l’accettazione di un terreno gratuito per uso bahá’í XVI. LA FAMIGLIA A. Rapporti familiari 729. Vincoli familiari 730. La famiglia: un tipo speciale di comunità - Ogni membro ha diritti e doveri 731. La famiglia progredisce quando vi è unità 732. Bahá’u’lláh ha predisposto la strada per rimuovere ostilità e dissensi dal mondo 733. È importante per l’uomo farsi una famiglia 734. Chiavi per il rafforzamento della famiglia 735. Problema “suocera” 736. Una casa veramente bahá’í - Una fortezza su cui la Causa può contare 737. La famiglia è un’istituzione che Bahá’u’lláh è venuto a consolidare e non a indebolire 738. Preservare la famiglia bahá’í: armonia, unità e amore, supremi ideali nei rapporti umani 739. Diritti e prerogative di ciascun membro della famiglia 740. Violenza in famiglia 741. L’amore può trasformare la persona meschina e gretta in anima celestiale 742. Essere pazienti con il coniuge non bahá’í ed attrarlo con amorevole gentilezza, saggezza e tatto 743. Insegnare ai parenti 744. Guadagnarsi il diritto di intercedere per la famiglia 745. Non ingannare i genitori o il coniuge, ma essere discreti 746. Dovere del credente è di cercare di portare la famiglia alla Fede 747. In presenza di ostilità di membri della famiglia, evitare antagonismi e lasciarli a se stessi B. Rapporti fra marito e moglie 748. Chiavi per il rafforzamento della famiglia 749. Onore e privilegio decretati per le donne: Obbedienza al marito 750. Il dominio del marito e della moglie non è giusto 751. Talvolta la moglie deve rimettersi al marito e viceversa 752. Nella Tavola del Mondo è previsto che donne e uomini si guadagnino la vita 753. Amore fra marito e moglie 754. L’Istituzione del matrimonio 755. Marito e moglie come un’anima sola 756. La moglie tratti il marito con gentilezza 757. Sopportare crudeltà, maltrattamenti e mostrare gentilezza 758. Invocare l’aiuto di Bahá’u’lláh e pensare a ‘Abdu’l-Bahá come esempio perfetto 759. Incombe ai bahá’í di fare sforzi sovrumani per evitare il divorzio C. Antenati e discendenti 760. La fede del credente attrae la misericordia di Dio verso le anime dei genitori 761. Il credente sincero può intercedere per i suoi avi* Rapporti fra genitori e figli 762. Il più importante di tutti i doveri dopo il riconoscimento di Dio: Tenere in debita considerazione i diritti dei genitori 763. Se i figli non obbediscono ai genitori... non obbediranno a Dio 764. Il figlio deve servire il padre 765. Consultazione tra padre e figlio 766. Il padre deve consigliare il figlio - il figlio deve obbedire al padre 767. Rispetto per i genitori - Nessuna preclusione per il figlio di servire la Causa 768. Scegliere tra servire Bahá’u’lláh o servire i genitori 769. È un privilegio prendersi cura dei genitori 770. Pregare per i genitori 771. Il padre che non educa i figli perde i diritti di patria potestà 772. La madre non deve essere necessariamente relegata in casa 773. Per il pionierismo dei figli minorenni occorre il consenso dei genitori 774. Genitori e figli nel campo del pionierismo XVII. IL DIGIUNO 775. Significato spirituale del digiuno. 776. L’osservanza del digiuno è un obbligo universale 777. Il digiuno ha effetti salutari sia fisicamente che spiritualmente 778. Seguire i consigli del medico in presenza di problemi di salute 779. La saggezza divina nel digiuno 780. I viaggiatori sono dispensati dal digiuno: Il digiuno non è interrotto se si mangia inconsciamente. 781. Digiuno alle alte latitudini. 782. Il fumo è una forma di bevanda 783. Osservanza del digiuno durante la scuola militare 784. Preghiera per il digiuno XVIII. TIMORE 785. Il timor di Dio ed il senso del pudore proteggono l’uomo da comportamenti sconvenienti 786. Insegnare ai bambini il timor di Dio tramite il concetto dell’unicità e delle leggi 787. La conoscenza eliminerà in gran parte la paura 788. La mancanza di fede nell’immortalità è causa di paura, di indebolimento della forza di volontà e di degrado dell’uomo 789. Significato del termine “Timor di Dio” 790. Spiegare il timor di Dio ai bambini 791. La paura non risolve i problemi 792. Vincere la paura. 793. Dimenticare le paure, insegnare e servire la Fede 794. Timor di Dio - Necessità dell’elemento paura XIX. LA FESTA DEL DICIANNOVESIMO GIORNO A. Natura e funzione 795. Scopo della Festa del Diciannovesimo Giorno 796. La Festa del Diciannovesimo Giorno - Cena eucaristica 797. ‘Abdu’l-Bahá è presente col cuore e con l’anima 798. Non è obbligatorio partecipare alla Festa del Diciannovesimo Giorno 799. Se le feste vengono celebrate in modo giusto 800. Profezie circa le Feste 801. Gli ospiti possono prendere parte alla consultazione, ma non votare 802. Omettere la parte consultativa della Festa, se sono presenti non bahá’í 803. Il diritto di voto non può essere tolto a chi non partecipa alla Festa 804. Partecipazione dei non bahá’í alla Festa del Diciannovesimo Giorno 805. La Festa del Diciannovesimo Giorno è esclusivamente per bahá’í; non è permessa alcuna deroga a questo principio 806. I gruppi, i credenti isolati e gli amici tutti devono osservare la Festa del Diciannovesimo Giorno 807. Dove tenere la Festa del Diciannovesimo Giorno 808. Il padrone di casa deve servire personalmente 809. I Fanciulli con meno di quindici anni possono partecipare alle Feste 810. Feste del Diciannovesimo Giorno rionali B. Quando tenere la Festa del diciannovesimo giorno 811. Quando tenere la Festa del Diciannovesimo Giorno 812. Coincidenza della Festa con il giorno dedicato ad incontro pubblico 813. La Festa deve essere tenuta il giorno prescritto prima del tramonto 814. La Festa può essere celebrata durante i Giorni Intercalari ed anche durante il mese del digiuno 815. Alle alte latitudini è permesso regolarsi con l’orologio 816. Giorno “più adatto” per la celebrazione della Festa C. Programma della Festa del Diciannovesimo Giorno 817. Parte devozionale della Festa 818. Traccia del programma devozionale 819. Scritti che possono essere letti nella parte spirituale della Festa 820. Lettura dagli Scritti del Custode nelle Feste tenute in Persia 821. È consigliabile leggere passi tratti dalle proprie Sacre Scritture 822. Musica nelle Feste bahá’í 823. È consigliabile che i credenti facciano uso di inni, poemi e canti 824. Musica strumentale durante le Feste 825. Ogni membro leale ed intelligente ha la responsabilità di fornire suggerimenti, fare raccomandazioni o critiche 826. La consultazione nella Festa del Diciannovesimo Giorno 827. Vendita di oggetti alla Festa del Diciannovesimo Giorno XX. FIRESIDES 828. I firesides sono più efficaci della pubblicità 829. Si deve tenere un fireside in casa ogni 19 giorni 830. Il servizio prestato una volta dai preti è il servizio che ciascun bahá’í è tenuto a rendere personalmente alla propria religione 831. Quella casa è un giardino di Dio 832. Il fireside in casa è un esempio di meta individuale 833. Bisogna aiutare i nuovi credenti a diventare “veri bahá’í” - Poi introdurli nella comunità 834. Lo Spirito Santo vivifica gli amici - Devono diventare canali per la sua diffusione XXI. IL FONDO BAHÁ’Í A. Contribuzioni - Responsabilità dei Bahá’í 835. Il donare e l’essere generosi 836. Dio chiede a ciascun’anima in proporzione alle sue capacità 837. Responsabilità di ogni bahá’í 838. Non si possono fissare limiti alle contribuzioni delle persone 839. Un servizio che ogni credente può rendere 840. Commercio, agricoltura ed industria benedetti più volte 841. Solo i credenti hanno il privilegio di contribuire 842. Non si deve indebitare per contribuire al Fondo B. Chi può contribuire 843. Caratteristiche che distinguono la Causa di Dio 844. Donare al Fondo è un privilegio spirituale 845. Un’anima che accetta Bahá’u’lláh diventa compagna di lavoro nella Causa di Dio 846. È permesso contribuire solamente a chi palesemente afferma di riconoscere Bahá’u’lláh 847. Essi devono creare un senso di appartenenza 848. Contribuzioni di figli di genitori non bahá’í o di uno solo bahá’í 849. Vendita di oggetti a beneficio dei Fondi bahá’í 850. Inopportunità per un’Istituzione bahá’í di sponsorizzare una vendita aperta al pubblico a beneficio dei fondi 851. Vendita all’asta fra bahá’í - Contribuire al Fondo è una responsabilità spirituale 852. Lotterie 853. Direttive per la costituzione di un’impresa d’affari di proprietà di bahá’í 854. Motivi per non accettare donazioni da non bahá’í per l’amministrazione della Fede 855. Istruzioni sull’accettazione di fondi da parte del Governo ed altre fonti non bahá’í 856. Una persona che trae il suo sostentamento dalla carità pubblica deve contribuire ai Fondi bahá’í? C. Il tesoriere e l’Assemblea Spirituale 857. Fidatezza - Requisito essenziale per i responsabili della custodia dei Fondi 858. Grande responsabilità dei membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale - Necessità di due firme per il prelievo di fondi 859. L’Assemblea Locale di una grossa comunità può nominare un comitato per aiutare il tesoriere 860. Funzioni dei comitati di tesoreria 861. Comitato Nazionale di Tesoreria 862. Comitato Nazionale di Tesoreria 863. Il Tesoriere è l’amministratore eletto per la tesoreria, ma tutti i membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale ne sono responsabili 864. Insegnare la fidatezza per mezzo degli Scritti - Spiegare alle persone che saranno responsabili del denaro che maneggiano 865. L’Assemblea Spirituale Nazionale deve richiedere un controllo annuale della contabilità del tesoriere 866. Alcune istruzioni per i tesorieri 867. È consigliabile che l’Assemblea abbia una riserva finanziaria 868. È dovere dell’Assemblea Nazionale non permettere che gli interessi nazionali siano messi in pericolo da considerazioni di carattere personale 869. L’Assemblea non deve sentire imbarazzo o vergogna nel rivolgersi agli amici 870. Gli interessi generali e nazionali della Causa hanno la precedenza su quelli locali ma può essere opportuno sviluppare prima i fondi locali 871. L’Assemblea ha l’obbligo di raccomandare ai credenti tutti i Fondi*, Internazionale, Continentale, Nazionale e Locale 872. Le contribuzioni possono essere inviate direttamente ad Haifa 873. Fondo Continentale 874. Le promesse possono essere un mezzo utile per incoraggiare le contribuzioni 875. Nelle aree d’insegnamento alle masse gli amici devono essere coscienti delle benedizioni e delle responsabilità a loro riservate 876. Riunioni “porta e compra”. 877. L’Assemblea può vendere le contribuzioni in natura a mezzo di un banditore professionista 878. Divieto di imporre tasse e tributi a carico delle Assemblee Spirituali Locali 879. L’Assemblea Spirituale Locale decide autonomamente come utilizzare i fondi – L’Assemblea Spirituale Nazionale può dare solo suggerimenti 881. Sollecitare fondi da altri Paesi 882. I bahá’í sono liberi di contribuire per progetti in qualunque paese D. Fondi vincolati 883. Non disattendere la destinazione dei fondi vincolati 884. Fondi vincolati per particolari spese o specifici progetti 886. Casi di poca praticità o mancanza di saggezza di contribuzioni vincolate... 885. I proventi della vendita di proprietà acquistate con fondi vincolati conservano lo stesso vincolo 886. È molto importante che la contabilità dei fondi vincolati sia corretta 887. Il donatore non ha diritto di modificare la destinazione dei Fondi, a meno che l’Assemblea non ne accetti la richiesta 888. L’Assemblea deve cercare di preservare il valore reale dei fondi affidateli - In particolare se trattasi di fondi vincolati 890. Usare particolare attenzione a non violare il diritto di vincolo - Le contribuzioni vincolate devono essere assegnate dall’Assemblea a fondi separati 891. Rispettare la riservatezza delle contribuzioni dei credenti, siano esse vincolate o meno XXII. IL PIÙ GRANDE NOME DI DIO A. Il più Grande Nome 892. Il più Grande Nome è il Nome del conforto, della protezione, ecc. 893. I bahá’í possono salutarsi dicendo Alláh-u-Abhá 894. Il Più Grande Nome è il Nome di Bahá’u’lláh 895. Il Più Grande Nome è un’invocazione e un simbolo della nostra Fede 896. Uso del simbolo del Più Grande Nome - Non è appropriato applicarlo su oggetti di uso comune 897. Istruzioni sull’uso dei simboli del Più Grande Nome sulla cancelleria e nei quadri 898. L’uso degli adesivi non è incoraggiato 899. Pietre tombali 900. Simboli 901. Fabbricazione e vendita di oggetti con il Più Grande Nome 902. Non è vietato usare nelle canzoni il Più Grande Nome, i nomi delle Manifestazioni o quelli delle Figure Centrali della Fede 903. Riproduzione del Più Grande Nome su gioielli per motivi commerciali 904. Distruzione di un quadro raffigurante il Più Grande Nome 905. Recitare il Più Grande Nome 95 volte al giorno 906. Il Più Grande Nome o i quadri raffiguranti ‘Abdu’l-Bahá devono essere collocati in posizione dignitosa B. Simbolo raffigurato su anelli e gioielli 907. Il simbolo inciso sugli anelli è una forma del Più Grande Nome - Suo uso nei gioielli 908. Ai bahá’í non è richiesto portare l’anello con il simbolo 909. Spiegazione dell’iscrizione sugli anelli 910. Il significato delle stelle 911. Il Più Grande Nome - Un’invocazione XXIII. ?A?ÍRATU’L-QUDS 912. ?a?íratu’l-Quds - Sua principale funzione 913. Non è corretto ballare nell’?a?íratu’l-Quds 914. ?a?íratu’l-Quds locali e nazionali 915. Principi che regolano l’accettazione di doni 916. Accantonamento annuale di una somma da parte delle Assemblee Spirituali Nazionali per la manutenzione delle proprietà 917. Responsabilità dell’Assemblea Spirituale Nazionale di conservare e valorizzare le proprietà - Ogni bahá’í può dare il suo aiuto in molti modi 918. Acquisto e vendita di ?a?íratu’l-Quds 919. Il Centro Nazionale non deve essere usato per i bisogni dell’Assemblea Spirituale Locale - È preferibile che il segretario nazionale viva nell’ ?a?íratu’l-Quds 920. L’Assemblea Spirituale Nazionale deve operare dall’ ?a?íratu’l-Quds Nazionale - In seguito, il segretario nazionale presterà servizio a tempo pieno 921. Sistemazione preferibile e norma bahá’í è che il Segretario Nazionale viva nell’?a?íratu’l-Quds - Non deve considerarsi un diritto di carica 922. Un ?a?íratu’l-Quds regionale serve per la comunità locale e come luogo di riunione per i bahá’í di un’area più vasta XXIV. SALUTE, GUARIGIONE E ALIMENTAZIONE A. Guarigione spirituale e fisica 923. In caso di malattia, consultare medici competenti 924. Preghiere per la guarigione spirituale e fisica 925. Influenza del Più Grande Nome sulle cose sia spirituali che materiali 926. Due modi per guarire le malattie 927. Due processi di guarigione - Non è sufficiente la sola preghiera 928. Le guarigioni fisica e spirituale sono essenziali e complementari 929. La guarigione materiale deve essere rafforzata da quella spirituale 930. Cura delle malattie - Non esistono “guaritori bahá’í” 931. Associare direttamente alla Causa tali cose finirebbe col nuocerle 932. Fenomeno non unico 933. Essere capaci di aiutare un’anima sofferente 934. Dobbiamo fare in modo che la Fede non sia identificata con queste cose. 935. Non deve diventare un guaritore 936. Guarigione dello Spirito Santo 937. Visitare gli ammalati 938. Per quanto critica e senza speranza sia una situazione, si deve consultare e seguire la terapia di un medico competente 939. Per una veloce guarigione occorrono forze sia spirituali che materiali 940. Le malattie fisiche non intaccano l’anima 941. I bahá’í devono evitare di debilitarsi fisicamente e di subire crolli 942. La guarigione spirituale del mondo di oggi è la sua primaria necessità - I bahá’í sono il lievito che deve far fermentare le masse 943. Alcune malattie sono legate allo sviluppo spirituale del malato o di quello dei suoi cari 944. La sofferenza fisica è necessaria all’esistenza ed è inevitabile 945. Il Kitáb-i-Aqdas esorta i credenti a rivolgersi al medico per qualsiasi male fisico 946. È responsabilità dei credenti prendersi cura degli ammalati B. Malattie Mentali 947. Poco si conosce della mente e del suo operare 948. Le malattie mentali non influenzano il nostro spirito o il nostro intimo rapporto con Dio 949. Due tipi di malattie - La follia può essere curata con la preghiera 950. Alcune serie deficienze fisiche o mentali, possono rendere incapaci a contrarre matrimonio 951. È permesso consultare psichiatri 952. Pregare, ma allo stesso tempo consultare medici capaci 953. La mente può essere aiutata dai medici, ma l’anima non trae alcun giovamento dalla psicoterapia 954. Gli studi sulla mente sono all’inizio - Le cure dei disturbi mentali stanno progredendo 955. La malattia mentale non è spirituale 956. I bahá’í devono evitare atteggiamenti pessimisti verso malattie mentali 957. Psichiatria C. Medici 958. Benedetto è il medico che cura nel Nome di Dio 959. Sottoporsi a terapie ed obbedire ai medici è una ordinanza divina 960. Si deve obbedire al comando di Dio ed accettare il parere dei medici 961. La medicina è estremamente utile 962. Il malato deve rivolgersi a medici esperti 963. Il medico ha due poteri 964. Quando curi un paziente rivolgiti alla Bellezza Benedetta 965. È imperativo consultare un medico anche quando lo è lo stesso paziente 966. Solo Dio ha il potere di dare la vera guarigione - Molti medici sono morti della malattia in cui erano specialisti 967. Servire è pregare 968. I medici particolarmente dotati possono curare meglio di una madre amorevole 969. Le forze liberate da Bahá’u’lláh sono destinate a rivelarsi attraverso i Suoi seguaci 970. I medici non devono lavorare nei 9 Giorni Sacri 971. Costumi corrotti D. Malattie e Pratiche Mediche 972. La scienza medica progredirà notevolmente con il risveglio spirituale dell’uomo 973. Madri delegate e inseminazione artificiale 974. Creazione artificiale della vita 975. Concepimento senza sperma 976. Ipnotismo 977. Autosuggestione e ipnotismo 978. Cancro 979. Cancro – non è definito una malattia spirituale 980. Chiropratica 981. Circoncisione 982. Riferimenti a certi aspetti della professione medica non esistono negli Scritti sacri 983. Trapianti di cuore e reni 984. Donatori di organi, inclusi gli occhi 985. Eutanasia (Soppressione pietosa) 986. In caso di autopsia il corpo umano deve essere trattato con rispetto 987. Mezzi artificiali di mantenimento in vita 988. Telepatia 989. Prima di sottoporsi a operazioni serie, consultare più di un medico 990. Proteggere la salute dormendo a sufficienza 991. È necessario salvaguardare la salute per servire la Causa 992. Vaccinazione 993. Vivisezione 994. Torturare gli animali - Quando il cuore degli uomini cambierà le ricerche mediche elimineranno il più possibile le sofferenze degli animali 995. Durante la vivisezione gli animali devono essere bene anestetizzati 996. I peccati sono una possente causa di malattie fisiche E. Educazione materiale 997. Educazione materiale 998. È essenziale prendersi cura dei bambini fin dai primi giorni di vita 999. Dare ai bambini il vantaggio di ogni utile genere di sapere 1000. L’educazione e lo sviluppo del corpo assicurano forza e crescita 1001. Vi dovrebbe essere nel mondo un programma di sviluppo della gioventù 1002. Giochi F. Dieta e alimentazione 1003. Curare le malattie con la dieta, ma non dimenticare le cure mediche 1004. Il pasto di una sola portata è più gradito agli occhi di Dio 1005. Il latte della madre di norma è il migliore per il bambino 1006. Astinenza dal mangiare carne animale 1007. I quattro canini dell’uomo 1008. ‘Abdu’l-Bahá ha detto che i bahá’í devono sviluppare la medicina così da curare le malattie con i cibi 1009. La scienza della medicina è ancora nella sua infanzia 1010. Si devono uccidere gli animali per cibarsene? 1011. Molte malattie che colpiscono l’uomo, colpiscono anche gli animali - Gli animali si curano con il cibo e gli alimenti 1012. Mangiare carne di maiale non è proibito 1013. Il corpo è simile ad un cavallo e trasporta la personalità e lo spirito 1014. I profeti di Dio non sono immuni dalle sofferenze umane 1015. Nessuna specifica scuola di alimentazione o di medicina si richiama agli Insegnamenti bahá’í 1016. Disponiamo di guida, indicazioni e principi che gli esperti studieranno attentamente in futuro 1017. I credenti devono cercare aiuto e consiglio dagli esperti - Gli Insegnamenti non dicono nulla su carne o pesce XXV. GIORNI SACRI 1018. Due giorni sacri in cui non è proibito lavorare – Spiegazione del significato del Giorno del Patto 1019. Sospensione delle attività amministrative bahá’í nei Giorni Sacri 1020. Sospensione del lavoro delle Radio bahá’í nei nove Giorni Sacri - Speciali programmi possono essere presentati da volontari 1021. I negozi di proprietà di bahá’í devono rimanere chiusi durante i Nove Giorni Sacri - Nel Tempio Madre possono essere garantiti i servizi minimi essenziali 1022. Eccezioni in caso di servizi richiesti da un contratto 1023. Fare regali non è parte integrante di nessuno dei Giorni Sacri bahá’í - Non esiste comunque un divieto 1024. Momento opportuno per riunioni di commemorazione 1025. Naw-Rúz 1026. Naw-Rúz non ha niente a che vedere con la Festa del Diciannovesimo Giorno 1027. Naw-Rúz deve essere celebrato secondo l’equinozio di primavera 1028. Cartoline per Naw-Rúz 1029. Cessazione della celebrazione delle festività cristiane fra i bahá’í 1030. I Giorni Sacri sono occasioni adatte per la fondazione di istituzioni e progetti di sviluppo economico e sociale XXVI. L’ISTITUZIONE DELL’?UQÚQU’LLÁH 1031. Il pagamento dell’?uqúqu’lláh purifica le proprietà, attrae prosperità e benedizioni 1032. Dono che seguirà l’anima in ogni mondo di Dio 1033. Moderazione nella prodigalità 1034. Divieto di sollecitare l’?uqúqu’lláh 1035. Fidatezza nell’?uqúqu’lláh 1036. L’?uqúqu’lláh designato come Istituzione della Causa - Calcolo dell’equivalente di un mithqál d’oro 1037. La promulgazione dell’?uqúqu’lláh è responsabilità delle Assemblee Spirituali - La Casa Universale di Giustizia determina l’uso dell’?uqúqu’lláh 1038. La contabilità personale deve tenere distinto l’?uqúqu’lláh dalle contribuzioni - L’?uqúqu’lláh ha la precedenza 1039. Quale segno di misericordia, le spese di funerale e i debiti hanno la precedenza sull’?uqúqu’lláh 1040. Amministrazione fiduciaria dell’?uqúqu’lláh 1041. L’?uqúqu’lláh non si paga ogni anno sui beni complessivi 1042. L’?uqúq non si paga sugli attrezzi e arnesi agricoli 1043. Valore dell’abitazione, dell’arredamento e degli strumenti di lavoro esentati dall’?uqúqu’lláh degli eredi 1044. Il pagamento dell’?uqúqu’lláh è un dovere spirituale vincolante - Conferisce prosperità e onore, assicura vera felicità XXVII. ISTITUZIONI SPECIALI A. Definizione 1045. Definizione di Istituzione 1046. Istituzioni relative al Custodiato B. Il Custodiato 1047. Il Custodiato – Accettazione del – Un Giorno cui non seguirà la notte 1048. La parola «Custodiato» usata con significati diversi 1049. Le prerogative e i compiti del Custode sono di tre tipi 1050. Non spetta ai credenti limitare o giudicare l’infallibilità del Custode 1051. L’interpretazione autorevole degli Insegnamenti, dopo ‘Abdu’l-Bahá, diritto esclusivo del Custode 1052. Differenza fra interpretazione autorevole e comprensione individuale 1053. In questo Giorno Dio ha ordinato che la guida venga accordata all’uomo tramite istituzioni 1054. Futuri Custodi 1055. Al Custode è assicurata la guida di Bahá’u’lláh e del Báb 1056. Il Custode è l’interprete della Parola: la Verità Divina è relativa 1057. Il Custodiato non perde di significato o rango perché non c’è un Custode vivente 1058. Il rango di Custode non potrà essere preteso prima del passare di mille anni C. La Casa Universale di Giustizia 1059. La Casa Universale di Giustizia è stata istituita dal Fondatore della Fede 1060. Vertici dell’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh 1061. Funzioni Legislative 1062. Il processo legislativo 1063. Riveste funzioni generali di protezione e di amministrazione della Causa 1064. L’infallibilità della Casa Universale di Giustizia non è condizionata alla presenza del Custode 1065. Alla Casa di Giustizia è conferita l’infallibilità 1066. Diritto della Casa di Giustizia di dedurre leggi sussidiarie dal Testo Originale 1067. Nell’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh certe funzioni sono riservate a determinate istituzioni 1068. Le decisioni e le leggi della Casa Universale di Giustizia sono ispirate e confermate dallo Spirito Santo - Questa esclusiva Autorità impedirà gli errori delle passate Dispensazioni 1069. Il Patto è la forte corda cui tutti devono aggrapparsi 1070. La Casa Universale di Giustizia è “l’estremo rifugio di una civiltà vacillante” 1071. I Successori prescelti di Bahá’u’lláh e di ‘Abdu’l-Bahá 1072. La Casa Universale di Giustizia ha compiti esecutivi, giudiziari e legislativi 1073. Impossibilità di nominare il successore di Shoghi Effendi o altre Mani della Causa D. Tribunale Supremo 1074. Elemento della Pace Minore 1075. Il Tribunale supremo adempirà al compito di instaurare la pace universale 1076. La missione del Tribunale Supremo è prevenire le guerre 1077. Esecutivo Internazionale – Un passo verso il Governo Mondiale Bahá’í E. Mani della Causa di Dio 1078. L’Istituzione dei «dotti» 1079. Le Mani della Causa di Dio non ereditano rango o titolo 1080. Tavola rivelata per le Mani della Causa 1081. Istituzione ausiliare del Custodiato 1082. Funzioni delle Mani della Causa 1083. L’autorità di espellere e riammettere è esercitata dalle Mani della Causa 1084. Prerogative e obblighi delle Mani della Causa quando si consultano con i Corpi dei Consiglieri e le Assemblee Nazionali 1085. Non è consono che servano nelle istituzioni amministrative 1086. Il rango e lo status delle Mani della Causa di Dio F. Centro Internazionale d’Insegnamento 1087. Fondazione e compiti del Centro Internazionale d’Insegnamento G. Corpi Continentali dei Consiglieri 1088. Compiti dei Corpi Continentali dei Consiglieri 1089. Durata della funzione dei Consiglieri Continentali 1090. Rapporto fra i Consiglieri e le Assemblee Spirituali Nazionali 1091. Rapporto fra i Corpi dei Consiglieri e le Assemblee Spirituali Nazionali 1092. I Consiglieri ed i Membri dei Corpi Ausiliari sono esenti da responsabilità di carattere amministrativo 1093. Unico comune obiettivo dei Consiglieri e delle Assemblee Spirituali Nazionali 1094. I Consiglieri seguono le orme delle Mani della Causa 1095. Complementarietà delle funzioni dei Consiglieri e delle Assemblee Spirituali 1096. Il buon funzionamento della società richiede la conservazione di ranghi e classi 1097. Orgoglio e boriosa presunzione sono fra i peggiori peccati 1098. Differenze di rango sono intese ad incanalare, non ad ostacolare il lavoro della Causa 1099. I Consiglieri devono lasciare ai Membri del Corpo Ausiliario ampia libertà d’azione 1100. L’Assemblea pianifica e dirige i lavori - I piani devono essere noti ai Consiglieri ed ai Membri del Corpo Ausiliario 1101. I Consiglieri possono riferire all’Assemblea Spirituale Nazionale, tramite i membri del Corpo Ausiliario, comportamenti riprovevoli di singoli credenti 1102. Ogni Istituzione di questo Ordine Divino è un rifugio in più per una società vacillante H. Consigli Ausiliari per la Protezione e la Propagazione 1103. Due Consigli Ausiliari istituiti dal Custode con funzioni distinte ma complementari 1104. Non è necessario che le aree di competenza dei Consigli per la Protezione e per la Propagazione siano le stesse 1105. In casi eccezionali un solo membro di un Corpo può coprire un’area 1106. È consigliabile che il membro del Corpo Ausiliario risieda nell’area in cui presta il suo servizio 1107. Diverse funzioni dei membri dei due Consigli Ausiliari e delle Assemblee sono comuni 1108. I membri dei Consigli Ausiliari devono incoraggiare all’unità gli amici e le Assemblee 1109. I Consigli Ausiliari stimolano ed aiutano il lavoro d’insegnamento 1110. Diretti contatti dei membri del Consiglio Ausiliario con singoli credenti ed Assemblee Locali 1111. Gli amici sono liberi di rivolgersi ai membri di entrambi i Consigli Ausiliari 1112. Doveri dei membri del Consiglio per la Protezione 1113. Trattare i problemi morali nel momento in cui sorgono 1114. Compiti dei membri del Consiglio per la Propagazione 1115. I membri dei Consigli Ausiliari sono esentati da responsabilità amministrative 1116. Il membro del Consiglio Ausiliario decide cosa riferire all’Assemblea Spirituale Locale: in genere, più libero è lo scambio d’informazioni fra le due istituzioni, meglio è 1117. I membri del consiglio si devono sentire responsabili verso Dio nell’esecuzione delle loro responsabilità I. Assistenti dei Membri del Consiglio Ausiliario 1118. Nomina degli assistenti dei membri del Consiglio Ausiliario 1119. Scopo primario degli assistenti è stimolare ed assistere i credenti 1120. Un assistente può prestare la sua opera per due membri del Consiglio Ausiliario 1121. La Casa di Giustizia preferisce che gli Assistenti non si ritirino dal lavoro amministrativo 1122. L’assistente opera individualmente e non in connessione con l’Assemblea Nazionale e deve favorire calorosi rapporti fra l’Assemblea Locale ed il membro del Consiglio 1123. Applicabilità del principio della riservatezza all’assistente che è anche membro di Assemblea - La maggior parte degli argomenti non sono riservati J. Rapporti fra Consiglieri, Membri del Consiglio Ausiliario e Assistenti ed Assemblee Locali, Nazionali e Comitati 1124. L’autorità e la guida provengono dalle Assemblee: Consiglieri, Membri del Consiglio Ausiliario ed Assistenti consigliano, stimolano ed assistono 1125. Riunioni occasionali fra membro del Consiglio Ausiliario e Assemblea Spirituale Locale 1126. Evitare che i rapporti fra membri del Consiglio Ausiliario e Assemblee Spirituali Locali siano intralciati da norme 1127. Dei problemi che insorgono con i membri del Consiglio Ausiliario bisogna informare i Consiglieri 1128. Per la nomina dei membri del Consiglio Ausiliario i Consiglieri non hanno la necessità di consultarsi con l’Assemblea Spirituale Nazionale 1129. Incoraggiare le riunioni fra Consiglieri, membri del Consiglio Ausiliario, membri di Assemblea Nazionale e membri di Comitati 1130. Scambio di informazioni fra membri del Consiglio Ausiliario e Comitati 1131. Rapporti e raccomandazioni dei membri del Consiglio Ausiliario sono da trasmettere ai Consiglieri e non alle Assemblee Nazionali o ai Comitati 1132. Su questioni relative alla protezione della Fede le Assemblee Spirituali Nazionali devono rivolgersi al membro del Consiglio Ausiliario per la protezione 1133. Le istituzioni amministrative possono richiedere ai membri del Consiglio Ausiliario di svolgere certi compiti 1134. I membri del Consiglio Ausiliario non solo insegnano, ma danno anche consigli e fanno rapporti sull’amministrazione 1135. Non è necessario informare l’Assemblea Spirituale Nazionale quando i membri dei Consigli Ausiliari collaborano con un’Assemblea Spirituale Locale 1136. Le Assemblee Spirituali Nazionali si dovrebbero avvalere dei servizi dei membri dei Consigli Ausiliari e dei loro assistenti XXVIII. LINGUE 1137. Concesso il permesso di imparare le diverse lingue 1138. L’estrema importanza di una lingua ausiliaria 1139. I discorsi di un uomo ne rivelano il cuore 1140. Esperanto 1141. L’attuale necessità di una lingua ausiliaria 1142. L’esperanto si diffonderà 1143. La lingua persiana XXIX. LEGGI E ORDINANZE A. Introduzione 1144. L’obbedienza alle Leggi di Bahá’u’lláh imporrà talvolta sofferenze e prove 1145. Determinate Leggi sono oggi universalmente e attivamente applicabili 1146. Leggi governanti l’esistenza fisica e materiale 1147. È difficile seguire le leggi di Bahá’u’lláh 1148. Punizioni decise dalla Casa di Giustizia 1149. Bisogna obbedire alle leggi, ma non per paura della punizione 1150. Obbedienza alle ordinanze, anche se all’inizio non se ne vede la necessità 1151. Da bahá’í non si può continuare a bere - Occorre farlo comprendere gradualmente 1152. È ingiusto richiedere agli aspiranti l’accettazione preventiva di tutte le leggi della Fede 1153. Differenza fra consiglio (esortazione, suggerimento) e ingiunzione vincolante B. Aborto 1154. L’aborto al solo scopo di evitare la nascita di un figlio non voluto è rigorosamente proibito nella Causa 1155. Aborto e operazioni chirurgiche C. Adulterio 1156. La Fede riconosce l’impulso sessuale ma condanna le sue espressioni illegittime 1157. Le relazioni sessuali fuori dal matrimonio non sono permesse 1158. La relazione sessuale è consentita solo fra il marito e la moglie 1159. L’adulterio ritarda il progresso dell’anima D. Controllo delle nascite 1160. Il problema del controllo delle nascite non è specificatamente affrontato negli Scritti 1161. Esplosione demografica, non ci sono riferimenti negli Scritti: momento nel quale l’anima appare nel corpo e altro… 1162. Quando esercitato per prevenire la procreazione di figli 1163. I coniugi devono decidere quanti figli avere 1164. La vasectomia non è permessa se comporta permanente sterilità 1165. Legatura delle Tube 1166. Si considerino disponibilità, affidabilità e reversibilità dell’operazione. 1167. Negli Scritti non esistono riferimenti circa la contraccezione al fine di evitare la trasmissione di caratteri indesiderabili 1168. Fecondazione in vitro e madri surrogate 1169. Valutare gli attuali rischi dei contraccettivi: sterilità permanente 1170. Lettera ad un medico specializzato in ostetricia e ginecologia E. Alcol, Droghe e Tabacco 1. Alcol 1171. Le bevande alcoliche, sia leggere che forti, sono proibite se non prescritte da un medico 1172. Il Kitáb-i-Aqdas proibisce di assumere qualsiasi cosa che confonda la mente 1173. Bere è proibito. Non ci sono scuse, neppure per i dolci 1174. Aromi per dolci ed estratti 1175. Proibiti i cibi aromatizzati con liquori 1176. Alcol per rimedi casalinghi, nessuna istruzione che consenta il loro uso 1177. L’offerta di bevande alcoliche da parte dei bahá’í e delle Istituzioni bahá’í 1178. Società d’affari fra bahá’í e non bahá’í 1179. Ruolo dell’assemblea nei confronti di chi continua a bere 1180. Alcolismo e Alcolisti Anonimi 1181. L’agente pubblicitario bahá’í deve far uso di saggezza per evitare la promozione di bevande inebrianti 1182. Salvaguardare i diritti del genitore non bahá’í – Servire champagne 2. Droghe 1183. Allucinogeni – una forma di intossicazione 1184. Uso di marijuana, LSD e altri prodotti psichedelici 1185. Peyote 1186. L’oppio distrugge la mente, la coscienza e le percezioni 1187. È proibito commerciare eroina o altri narcotici 1188. Abbandonare il tabacco, l’alcool e l’oppio - Purezza e santità devono distinguere la gente di Bahá 3. Tabacco 1189. Il fumo è scoraggiato, ma non proibito 1190. Il fumo non ha alcuna attinenza con la fermezza nel Patto 1191. Evitare di far pressione sui nuovi bahá’í perché smettano di fumare 1192. Il fumo è dannoso per gradi 1193. Istruzioni sul fumo per singoli individui ed Assemblee F. Crimine, criminali e detenuti 1194. Credenti accusati di crimini 1195. Le istituzioni bahá’í non possono allo stato applicare le leggi relative ai crimini - Tali casi sono trattati dalla magistratura civile 1196. Il problema della riabilitazione dei criminali viene lasciata agli esperti nel campo 1197. Provvedimenti amministrativi per disobbedienza alla legge civile 1198. Pena per l’incendio doloso - Leggi per una società più evoluta 1199. Pena capitale e pazzia criminale 1200. Proibizione del suicidio G. Gioco d’azzardo 1201. Vendita o acquisto di biglietti di lotteria 1202. Corse ippiche, scommesse e lotterie 1203. Scommesse sui giochi di calcio, bingo e simili 1204. Bingo ed altri giochi d’azzardo per i Fondi H. Castità ed educazione sessuale 1205. L’educazione sessuale richiede saggezza e buon senso da parte dei genitori 1206. La gioventù bahá’í deve tener duro contro il lassismo e la degenerazione di una società permissiva 1207. Ogni credente deve decidere la sua linea di condotta secondo quanto ha devotamente capito dagli Scritti 1208. I bahá’í non devono avere esitazione a chiedere i consigli delle Assemblee quando ne sentano la necessità ed imparare, per mezzo dello studio e della preghiera, ad acquisire una più chiara visione della loro missione 1209. Imparare a controllare gli impulsi animali e non ad esserne schiavi 1210. Il bacio nella società moderna è moralmente dannoso 1211. I bahá’í devono dare l’esempio e indicare la via al vero modello di vita 1212. La castità prima del matrimonio deve essere assoluta, dopo il matrimonio implica l’assoluta fedeltà al coniuge prescelto 1213. I giovani bahá’í devono studiare gli insegnamenti sulla castità per essere in grado di stabilire quali intimità sono permesse e quali no 1214. Insegnare ai giovani l’autocontrollo 1215. Entrambi i sessi devono praticare la castità 1216. La castità è uno dei concetti più difficili da capire in questa epoca permissiva 1217. Figli nati fuori dal matrimonio 1218. Nel campo della moralità sessuale la gente spesso sbaglia e manca di ideali – L’Assemblea Spirituale deve agire come un padre amorevole, piuttosto che come giudice 1219. Le istituzioni devono varare programmi atti ad approfondire i credenti nella loro comprensione ed a raggiungere gli alti standard di immacolata castità instillati da Bahá’u’lláh 1220. La masturbazione I. Omosessualità 1221. Atti immorali 1222. Omosessualità e transessualità 1223. Può superare questa menomazione con consigli, aiuto medico e la preghiera 1224. La legge bahá’í protegge e rafforza il matrimonio 1225. La questione non sta nel fatto se un omosessuale praticante può essere un bahá’í, ma se può risolvere il suo problema attraverso gli insegnamenti 1226. Pur riconoscendo l’origine divina dell’impulso sessuale nell’uomo, la religione insegna che esso deve essere controllato 1227. Dio ci assicura la Sua guida quando ci sforziamo di obbedirGli 1228 Occorre fare uno sforzo per resistere agli impulsi ostinati, rivolgendosi agli Scritti sacri per distogliere i propri pensieri 1229. Le relazioni omosessuali sovvertono lo scopo della vita umana 1230. Omosessualità, immoralità e adulterio sono proibiti nella Fede J. LEGGI SUL MATRIMONIO 1. Consenso dei genitori 1231. Conoscere il carattere è una responsabilità dei fidanzati e dei genitori 1232. Si deve diventare profondamente familiari con il carattere l’uno dell’altra 1233. La legge che richiede il consenso dei genitori deve spronare i giovani a considerare il matrimonio una cosa seria 1234. Il consenso dei genitori è richiesto per gli adulti, per un secondo matrimonio, nonché per bahá’í e non bahá’í 1235. La legge del consenso dei genitori rafforza i rapporti familiari 1236. La legge del consenso dei genitori influenza le basi della società umana 1237. Il consenso di tutti i genitori viventi pone loro una grave responsabilità 1238. I genitori possono chiedere consiglio all’Assemblea Spirituale, ma la decisione finale spetta a loro 1239. L’opposizione di membri della famiglia diversi dai genitori non inficia la validità del matrimonio 1240. Matrimonio con un non bahá’í: si richiede il consenso di tutti i genitori 1241. Il figlio/a può richiedere ai genitori di riconsiderare la loro decisione - Assistenza dell’Assemblea 1242. Il consenso dei genitori è spesso negato per motivi bigotti 1243. Se i genitori sono viventi, se ne deve ottenere il consenso 1244. Circostanze per cui non è richiesto il consenso dei genitori al matrimonio 1245. Non è possibile per un vero credente ritirarsi dalla Fede per non rispettare una legge di Bahá’u’lláh 1246. Consenso dei genitori al matrimonio, non alla cerimonia religiosa bahá’í 1247. Occorre effettuare ogni ragionevole ricerca per rintracciare i genitori: l’Assemblea responsabile deve avere la certezza che ciò sia stato fatto 1248. Si può chiedere ad altre persone di avvicinare i genitori a nome dell’interessato/a 1249. I matrimoni sono concepiti per favorire unità e armonia - Genitori e figli allontanatisi gli uni dagli altri potrebbero riconciliarsi 1250. Istruzioni per il consenso in relazione a figli adottati 1251. Figli adottati e particolare importanza del loro rapporto con i genitori natu-rali 1252. Legge unica sull’adozione 1253. Il compito dell’Assemblea è verificare che il consenso sia dato liberamente. È preferibile che sia scritto anche se non è richiesto dalla legge 1254. Se i genitori non nominano il futuro coniuge nella lettera di consenso 2. Fidanzamento bahá’í 1255. Prima dovete scegliere 1256. Periodo del fidanzamento e suo annuncio 1257. Se le due parti sono persiane, il fidanzamento non dovrà superare novantacinque giorni 1258. Il periodo di novantacinque giorni inizia quando le parti hanno fatto promessa di matrimonio 1259. La rottura del fidanzamento non viola la Legge Bahá’í 1260. È proibito annunciare il matrimonio prima che inizi il periodo dei novantacinque giorni 1261. Non è lecito fidanzarsi con una fanciulla prima della sua maturità 3. Matrimonio bahá’í 1262. Gli insegnamenti bahá’í innalzano il matrimonio al rango di divina istituzione; pur tuttavia vi è una piccola fetta di genere umano che non dovrebbe sposarsi 1263. L’istituzione del matrimonio così come concepita e stabilita da Bahá’u’lláh costituisce la base della vita sociale 1264. L’aspetto fisico dell’unione coniugale è subordinato agli scopi ed alle funzioni spirituali e morali 1265. Il matrimonio fra due bahá’í può costituire una potente energia nella vita degli altri 1266. L’unione bahá’í deve essere una vera e durevole relazione 1267. Dovere morale di sposarsi, che non è però un obbligo 1268. Bahá’u’lláh consiglia il matrimonio perché è un modo di vivere giusto e naturale 1269. La Fede Bahá’í non prevede alcuna forma di “prova matrimoniale” 1270. Convivenza extramatrimoniale 1271. La differenza fondamentale fra le due categorie relazionali 1272. La Fede accetta, in alcuni casi, unioni che sono “immorali ma accettate” dalla società in cui vive la gente 1273. La legalizzazione di una situazione esistente non richiede il matrimonio bahá’í 1274. Differenza fra il matrimonio secondo la legge comune e la convivenza 1275. Convivenza e relazione palesemente immorale 1276. Violazione della legge sul matrimonio, verificare che i bahá’í ne siano informati. 1277. Informazione errata fornita dall’Assemblea 1278. I bahá’í che non conoscono la legge rientrano in un’altra categoria 1279. Siate pazienti e tolleranti nell’applicazione delle leggi agli indigeni: non impicciatevi della vita personale degli individui. 1280. La bigamia non è permessa 1281. Requisiti bahá’í relativi ai matrimoni con seguaci di altre religioni 1282. Matrimoni misti 1283. Esigenze del matrimonio cattolico romano con i non cattolici 1284. Il matrimonio, non essendo in realtà celebrato da alcuno, non può aver luogo nel caso che il non bahá’í rifiuti di recitare il versetto stabilito e il bahá’í non può sposare quella persona 1285. Matrimonio fra un bahá’í e un ateo 1286. Matrimonio per procura 1287. La cerimonia indù è possibile per un bahá’í a condizione che… 1288. Matrimoni interrazziali 1289. Matrimonio fra parenti 1290. La cerimonia matrimoniale per due non bahá’í 1291. La cosiddetta Tavola del Matrimonio 1292. L’organizzazione del matrimonio è demandata totalmente ai due sposi‚ 1293. I credenti non dovrebbero partecipare ai matrimoni dei bahá’í che si sposano contrariamente alla legge bahá’í 1294. La promessa di matrimonio in presenza di due testimoni dell’Assemblea costituisce la parte obbligatoria di una cerimonia bahá’í 1295. Chiarimenti sul luogo della cerimonia matrimoniale 1296. I testimoni possono essere due persone degne di fiducia e accettabili dall’Assemblea: si rende possibile il matrimonio bahá’í per pionieri solitari e in luoghi remoti. 1297. Due obblighi fondamentali sull’educazione dei bambini 1298. La cerimonia bahá’í deve essere più semplice possibile 1299. Significato di consumazione del matrimonio 1300. La consumazione del matrimonio deve avvenire entro ventiquattro ora dal momento della cerimonia bahá’í 1301. Trascrizione del matrimonio bahá’í, l’individuo agisce unicamente per conto dell’Assemblea K. Divorzio 1302. Atteggiamento della società contemporanea nei confronti del divorzio 1303. Non esistono motivi di divorzio nella Fede: esso deve essere preso in considerazione solo se vi è una forte “avversione” verso il proprio partner 1304. I giovani devono essere così approfonditi negli Insegnamenti da aborrire il solo pensiero di divorziare 1305. La parte che ha causato il divorzio sarà vittima di terribili calamità 1306. Gli amici si devono astenere rigorosamente dal divorziare 1307. Il divorzio è condizionato dall’approvazione e dal permesso dell’Assemblea Spirituale 1308. Si deve tener conto del futuro dei figli 1309. Il divorzio riguarda l’avvenire dei bambini ed il loro futuro atteggiamento verso il divorzio 1310. Talvolta scopriamo che non abbiamo acquistato né libertà né felicità 1311. La Causa e il servizio non possono essere motivi di divorzio 1312. Si deve fare qualsiasi sforzo per salvare il matrimonio – Nel caso dei pionieri è ancora più importante 1313. Si deve conservare la famiglia bahá’í 1314. Un anno di pazienza se al momento del matrimonio si fosse o meno bahá’í 1315. Se la legge locale non prevede il divorzio, i bahá’í ne sono vincolati 1316. Se una delle parti non è sana di mente 1317. I bahá’í che si propongono di divorziare devono consultarsi con l’Assemblea Locale o con quella Nazionale 1318. I credenti devono essere a conoscenza che la Legge bahá’í, pur permettendo il divorzio, lo disapprova 1319. L’Assemblea deve convincersi dell’esistenza di un’inconciliabile avversione prima di fissare la data di inizio dell’anno di pazienza 1320. Procedura da seguire da parte dell’Assemblea al ricevimento di una domanda di divorzio 1321. La fissazione della data d’inizio dell’anno di pazienza non è automatica 1322. L’inizio dell’anno di pazienza coincide normalmente con la notifica all’Assemblea della separazione dei coniugi con l’intenzione di divorziare 1323. Doveri dell’Assemblea o del Comitato circa le procedure di divorzio 1324. Corteggiamento durante l’anno di pazienza 1325. Compendio sulla fissazione della data di separazione 1326. Impossibilità di ridurre il periodo d’attesa 1327. Obbligo dell’Assemblea a prendere in considerazione la domanda per l’anno d’attesa 1328. Durante il periodo di separazione legale è sconveniente dare appuntamenti con l’intento di corteggiare 1329. I coniugi, durante l’anno d’attesa, possono ritirare la domanda di divorzio in qualsiasi momento 1330. Non interferimento dell’Assemblea negli affari coniugali, tranne che su richiesta dei credenti 1331. Nessuna Legge bahá’í prevede la perdita del diritto di voto in caso di divorzio civile ottenuto prima della fine dell’anno d’attesa 1332. Annullamento del divorzio 1333. Rimborso delle spese matrimoniali 1134. Non è saggio annunciare un nuovo matrimonio finché il divorzio non sia ottenuto 1335. Istruzioni sul mantenimento economico nei casi di divorzio 1136. È preferibile che la coppia trovi un accordo amichevole riguardo la custodia dei figli‚ – Il marito ha l’obbligo di mantenere moglie e figli fino alla dichiarazione di divorzio; successivamente tale obbligo permane solo per i figli 1337. Mantenimento della moglie durante l’anno di pazienza e dopo il divorzio 1338. Divieto di picchiare la moglie XXX. AMORE E UNITÀ 1339. L’amore: rimedio migliore per l’odio 1340. L’amore: principio guida del comportamento dei credenti verso gli altri 1341. Amando Dio diventa possibile amare tutti gli uomini 1342. Il tipo di amore da coltivare 1343. Spiegazione di ‘Abdu’l-Bahá sul significato delle parole di Bahá’u’lláh riguardo l’amore per l’umanità 1344. Maggiore importanza dei rapporti spirituali rispetto alle regole e alle norme 1345. Necessità dei popoli del mondo di vedere l’amore generato dalla Fede nei cuori dei credenti 1346. La malefica e tumultuosa influenza delle forze oscure del mondo colpisce tutti 1347. Pregare per proteggersi dalla contaminazione della società 1348. Ai credenti necessita eroismo 1349. Il piano di Dio non coincide sempre con i progetti e le politiche dell’uomo 1350. Divisi si è nell’errore; uniti si è nel giusto XXXI. SERVIZIO MILITARE 1351. Divieto di arruolamento volontario in corpi dove esiste il rischio di uccidere 1352. I bahá’í non sono obiettori di coscienza 1353. Vari modi di prestare aiuto in tempo di guerra 1354. I bahá’í riconoscono il diritto e il dovere degli Stati di proteggere i loro popoli 1355. È dovere di leale e devoto cittadino offrire servizi al proprio paese 1356. Evitare attività “aggressive o prettamente militari” 1357. Arruolamento nelle forze armate purché non in servizi combattenti 1358. Professioni utili all’umanità durante il servizio nazionale: dovere dell’Assemblea Spirituale Nazionale di consigliare i giovani 1359. I bahá’í non pretendono impieghi sicuri nei momenti di crisi nazionale XXXII. MUSICA 1360. La musica è una scala sulla quale le anime salgono 1361. La musica è un mezzo importante per l’educazione e lo sviluppo dell’umanità 1362. Insegnare la musica a scuola 1363. La musica è una scienza encomiabile 1364. La musica è arte 1365. Mettere preghiere in musica 1366. Cantare preghiere all’unisono 1367. Non è opportuno mettere in musica le preghiere obbligatorie 1368. Impossibilità di prevedere, trovandoci agli albori della cultura bahá’í, forme e caratteristiche future delle arti 1369. Utilizzare con rispetto il Più Grande Nome e i Nomi delle Manifestazioni di Dio e delle Figure Centrali 1370. Utilità della musica prima di un discorso 1371. La musica aiuta a comunicare con l’anima XXXIII. IL NUMERO NOVE 1372. Importanza che riveste il numero nove per i bahá’í 1373. Il numero nove è considerato sacro dai bahá’í 1374. Il numero nove simboleggia la perfezione e le Nove Grandi Religioni Mondiali e rappresenta il valore numerico della parola Bahá 1375. Il nove, come cifra più alta, è simbolo di comprensività e culmine 1376. Il Báb utilizzava il valore numerico delle parole per simboleggiare concetti spirituali 1377. Superstizione connessa al numero tredici XXXIV. OPPOSIZIONE 1378. Non temere le opposizioni se la vita interiore è sana e vigorosa 1379. L’Assemblea Spirituale Nazionale decide se confutare gli attacchi e le critiche 1380. La piena affermazione della Causa deriverà dalla vittoria sulle forze dell’opposizione 1381. Grande amore e gentilezza da parte della moglie bahá’í verso il marito nonostante la sua opposizione alla Fede 1382. Come rieducare la nostra sconvolta società ed eliminare la guerra 1383. I più accaniti oppositori della Causa sono spesso Chiesa e clero XXXV. ORGANIZZAZIONI NON BAHÁ’Í 1384. La semplice adesione alla Fede non è sufficiente 1385. Adesione a organizzazioni non bahá’í 1386. Differenza fra associazione e adesione 1387. bahá’í aderenti a chiese, sinagoghe, massoneria e simili 1388. Obbligo per i bahá’í di ritirarsi dalla Massoneria e da altre Società segrete‚ 1389. Motivo per cui si richiede di ritirarsi dalla Chiesa, dalla Sinagoga, etc. 1390. Dimissioni dalla Massoneria 1391. Obbligo dei credenti di dissociarsi da organizzazioni segrete 1392. Incompatibilità fra essere bahá’í ed essere teosofo 1393. Organizzazione per un Governo Mondiale 1394. Società Nuova Storia 1395. Organizzazioni sociali, lavori di assistenza 1396. Appartenenza a organizzazioni religiose non bahá’í 1397. Insegnamento in scuole missionarie 1398. Astensione da attacchi contro la Chiesa 1399. Un bahá’í non può essere spiritista 1400. Rapporti della Comunità bahá’í con le Nazioni Unite 1401. Tutti i movimenti sociali contengono una scintilla di verità 1402. Divieto di cercare di ottenere aiuti finanziari da organizzazioni religiose 1403. Iscrizione in sindacati 1404. Partecipazione agli scioperi XXXVI. ORIENTALI 1405. Avvertimento relativo ai mussulmani orientali 1406. Il semplice nome di bahá’í non fa un bahá’í 1407. Non tentare di convertire alla Fede gli orientali, cioè mussulmani del Medio Oriente, Pakistan e India 1408. Contatti fra bahá’í iraniani e musulmani iraniani 1409. Casi in cui mussulmani iraniani possono essere presi in considerazione per l’entrata nella Fede 1410. Disponibilità verso gli iraniani mussulmani da parte di professionisti bahá’í XXXVII. P A C E 1411. Promozione della pace da parte dei ministri della Casa di Giustizia 1412. Quando e come saranno instaurate la Piccola e la Grande Pace 1413. Non vi può essere pace, a meno che il Messaggio di Bahá’u’lláh non penetri nei cuori degli uomini e non li trasformi 1414. Predizioni sulla pace: profezia di Daniele 1415. Prerequisiti della pace 1416. Fluidi psichici non portano la pace 1417. Non esiste gioia più grande che divenire causa di pace 1418. Volontà e azione sono necessarie per l’instaurazione della pace internazionale 1419. Controllo di ogni mezzo che produca guerra 1420. Ciascun secolo ha la soluzione di un problema fondamentale 1421. Non fermarsi finché la pace predetta dai Profeti di Dio non sia permanentemente stabilita 1422. Ignorare la soluzione bahá’í per la pace significa costruire fondamenta di sabbia 1423. L’unità del genere umano è assicurata da Bahá’u’lláh e nessuna forza potrà impedirla 1424. Gli insegnamenti di Bahá’u’lláh daranno origine a una coscienza e a un modo di vivere universali 1425. La pace verrà 1426. Lo scopo della Fede è di eliminare la guerra e stabilire la pace e l’unità 1427. Disarmo nucleare 1428. Transizione dall’attuale sistema di sovranità nazionali a un sistema di governo mondiale 1429. I bahá’í non sono pacifisti 1430. La Pace Minore sarà inizialmente un’unità politica XXXVIII. APPUNTI DEI PELLEGRINI 1431. Non si deve dare credito ad alcun racconto non avvalorato dai Testi 1432. Condividere gli effetti spirituali delle visite dei pellegrini 1433. Gli appunti dei pellegrini rappresentano delle voci e non hanno l’autorevolezza dei Testi Sacri 1434. Uso personale degli appunti dei pellegrini 1436. Storie su ‘Abdu’l-Bahá 1437. Considerare autentiche solo le Tavole firmate e sigillate 1438. Appunti di pellegrini che riportano le parole del Maestro su abbracci e baci 1439. Appunti di Haifa raccolti da Mrs. Maxwell XXXIX. POLITICA E GOVERNI A. Politica 1440. Personaggi politici 1441. Uomini politici e lavori di carattere non politico in istituzioni governative‚ 1442. Nessun bahá’í può essere considerato repubblicano o democratico 1443. Votare nelle elezioni politiche 1444. Evitare l’adesione a partiti politici 1445. Istruzioni per i bahá’í residenti in paesi la cui struttura politica è basata sul sistema a partito unico 1446. Non impegnarsi in programmi politici 1447. Astenersi dal voto se ciò implichi l’adesione a un partito politico‚ 1448. Adesione alla Fede di persone iscritte a partiti politici o coinvolte in attività politiche 1449. Appartenere a un partito politico comporta il ripudio dei principi di pace e di unità 1450. Produzione di pubblicità televisiva per una campagna politica 1451. Divieto di battersi per una carica politica e di intraprendere attività politiche partitiche 1452. Elezione di un bahá’í a capo quartiere o membro di consiglio di quartiere B. Governi e Autorità Civili 1453. Evitare la politica come la peste e obbedire al governo in carica 1454. La Causa bahá’í è al di sopra dei partiti politici; obbligo di obbedire lealmente al regime politico in carica 1455. Obbedienza al Governo anche a rischio di sacrificare i propri affari amministrativi 1456. L’obbedienza al Governo non implica identificazione fra insegnamenti bahá’í e programmi politici 1457. Lavorare nel Servizio Esteri 1458. Lealtà verso l’Assemblea Spirituale e verso il Governo Civile, sia esso un Consiglio di Tribù, un Cacicco o un’Autorità Municipale 1459. Divieto di accettare posti di lavoro governativi, sia elettivi che per nomina, se si contravviene ai già noti principi 1460. La Fede non è in contrasto con i veri interessi delle nazioni 1461. Non è nostro intento violare la costituzione di un qualsiasi paese 1462. Obbedienza alle leggi, sia federali che dello stato 1463. Cosa significa obbedire a un governo giusto 1464. Obbligo di giuramento 1465. Implicita obbedienza alle regole amministrative 1466. Ricorso al Tribunale nell’impossibilità dell’Assemblea o dei singoli bahá’í di risolvere una controversia 1467. Portare a conoscenza del mondo il vero scopo di Bahá’u’lláh 1468. Non interferenza negli affari politici 1469. Come criticare l’attuale ordine sociale e politico 1470. La monarchia nel futuro 1471. Presidente Wilson e Dr. Jordan C. Impiegati governativi 1472. Fedeltà e fidatezza degli impiegati governativi 1473. Massima rettitudine e onestà degli impiegati governativi 1474. Le persone aventi contatto col pubblico devono dimostrare spirito di vero servizio 1475. Chi entra alle dipendenze del Governo deve evitare ogni forma di venalità e corruzione 1476. Non abusare della propria posizione con comportamenti corrotti e venali 1477. Comportarsi slealmente verso un governo giusto significa comportarsi slealmente verso Dio 1478. Essere paghi degli stipendi, non macchiare il proprio carattere con atti di corruzione e frode e non appropriarsi neppure di un centesimo XL. PREGHIERA E MEDITAZIONE A. Preghiera e meditazione 1479. Stare in preghiera è la migliore condizione, sopratutto in solitudine e a mezzanotte 1480. Star soli quando si comunica con Dio 1481. Più la preghiera è distaccata e pura, più è gradita a Dio 1482. Ispirazione attraverso la meditazione 1483. Preghiera e meditazione vanno seguite da azione ed esempio 1484. L’importanza e la forza della meditazione 1485. Fare giornalmente un confronto con il giorno precedente e pregare... 1486. Come pregare:‚ partire da un giusto concetto di Dio 1487. Più saggio utilizzare le meditazioni rivelate da Bahá’u’lláh 1488. Rivolgersi alla Manifestazione 1489. Pregare Bahá’u’lláh 1490. Pregare Bahá’u’lláh, quale Tramite 1491. Pregando ci si può rivolgere al Custode, senza confondere però il Suo rango con quello del Profeta 1492. Volgersi in preghiera verso la Tomba di Bahá’u’lláh 1493. Attraverso ‘Abdu’l-Bahá possiamo rivolgerci a Bahá’u’lláh 1494. Persone desiderose di incontrarsi per pregare 1495. Leggere le preghiere come sono stampate 1496. Attenersi strettamente al testo degli Scritti sacri 1497. Citazione di preghiere 1498. Momento specifico per pensare a Dio 1499. Preghiera all’alba 1500. Preghiere del mattino 1501. Non dire preghiere a tavola e non insegnarlo ai bambini 1502. La preghiera collettiva è solo per i defunti 1503. Recitazione delle preghiere all’unisono 1504. La preghiera per il funerale deve essere letta da una sola persona 1505. Recitare o cantare le preghiere 1506. Preghiere per la guarigione e per il digiuno 1507. Efficacia della preghiera per la guarigione 1508. Preghiere esaudite attraverso l’azione 1509. Pregare per proteggersi dalla contaminazione della società 1510. Cinque passi da compiersi durante la preghiera 1511. Non è obbligatorio recitare nove volte le preghiere 1512. L’uomo spirituale prega solo per amore di Dio 1513. Rosari per preghiere 1514. Lettura di preghiere alla radio 1515. Bambini bahá’í: orazioni e preghiere 1516. Far memorizzare ai bambini passi tratti dagli Scritti sacri 1517. Nessuna speciale istruzione circa la ripetizione delle preghiere del Báb 1518. Riunioni comunitarie di preghiera 1519. Insegnare ai bahá’í a meditare, mettendoli in guardia contro pratiche superstiziose 1520. “O Soggiogatore dei Venti”: un’invocazione per i momenti di pericolo B. Preghiere obbligatorie 1521. Misteri e saggezza in ogni parola e gesto delle preghiere obbligatorie 1522. Preghiere obbligatorie 1523. Volgersi verso Akká in preghiera rappresenta un simbolo fisico di una realtà interiore‚ se non si comprendono i gesti che accompagnano la preghiera lunga, si può dire quella breve 1524. Impossibilità di eseguire le genuflessioni 1525. La Preghiera media - Ripetizione del Più Grande Nome 95 volte 1526. La gestualità e il lavaggio delle mani e del viso connesse alle preghiere obbligatorie sono leggi di Bahá’u’lláh 1527. Recitare personalmente la preghiera obbligatoria 1528. Leggere la preghiera del Báb 500 volte 1529. Recitazione della preghiera media tre volte nella giornata, al mattino, a mezzogiorno e alla sera 1530. Definizione di “mattina”, “mezzogiorno” e “sera” 1531. Utilizzo dell’orologio per stabilire alle alte latitudini i momenti della preghiera e le ore di digiuno 1532. Il permesso della Casa Universale di Giustizia di usare l’orologio si basa sul Kitáb-i-Aqdas e “Domande e Risposte” 1533. “Alláh-u-Abhá” è la forma del Più Grande Nome da usare nella Preghiera Obbligatoria lunga 1534. Istruzioni per la Preghiera Obbligatoria lunga 1535. Istruzioni per la Preghiera Obbligatoria media 1536. La corretta posizione per sedersi durante le Preghiere Obbligatorie 1537. Abluzioni e altri movimenti connessi alla recitazione della Preghiera Obbligatoria lunga 1538. Mancanza d’acqua per le abluzioni 1539. Versetto da recitare in mancanza d’acqua XLI. PROFETI - MANIFESTAZIONI DI DIO A. Il Báb 1540. Durata della Dispensazione del Báb 1541. Dichiarazione del Báb 1542. Dichiarazione del Báb e giorno di nascita di ‘Abdu’l-Bahá 1543. Il Bayán 1544. L’Iqán e il Bayán 1545. Motivi della severità delle leggi rivelate dal Báb 1546. Ritratto del Báb 1547. L’ora della nascita del Báb 1548. Il termine “Afnán” si riferisce ai parenti del Báb 1549. Il sacrificio dei 19 agnelli B. Bahá’u’lláh 1550. Nessun Profeta della stessa categoria di Bahá’u’lláh 1551. Bahá’u’lláh è apparso nel Più Grande Nome di Dio 1552. Bahá’u’lláh è Colui che conversò con Mosè nel Roveto Ardente 1553. Bahá’u’lláh non è Dio 1554. Perché [Bahá’u’lláh] usa il pronome “Noi” 1555. Nessun Profeta con rango simile a quello di Bahá’u’lláh 1556. Ora di nascita di Bahá’u’lláh 1557. Chiarimenti su certi passi della “Dispensazione di Bahá’u’lláh” 1558. Computo dei giorni menzionati nella “Dispensazione” 1559. Bahá’u’lláh discendeva da Abramo sia tramite Chetura che Sara 1560. Bahá’u’lláh come ritorno di Cristo 1561. Apparizione di successivi Profeti 1562. Timore per la prossima Manifestazione 1563. [Bahá’u’lláh] non ci chiede di seguirLo ciecamente 1564. Cristo e Bahá’u’lláh 1565. Durata del ciclo e della dispensazione bahá’í 1566. Nessuna spiegazione sul periodo di 500.000 anni del ciclo bahá’í‚ 1567. Identificazione di Bahá’u’lláh con altri Profeti 1568. Bahá’u’lláh non ha nominato “Lettere del Vivente” 1569. I “Custodi” della Sapienza 1570. La Fede Bahá’í è un modo di vivere e non una mera dottrina sociale e filosofica 1571. Concepire gl’Insegnamenti come un’unica realtà con molte sfaccettature 1572. La Rivelazione Divina si basa sull’infallibilità dei Profeti 1573. Nella Fede Bahá’í vi sono pochissimi riti e non esistono dogmi stabiliti dagli uomini C. Spiegazione di alcuni Insegnamenti bahá’í 1574. Significato di Dio personale 1575. L’uomo vive in un piano di coscienza tridimensionale 1576. Influenza dei Profeti asiatici sugli indiani d’America 1577. Mustagháth 1578. Riferimento alla Rivelazione di Bahá’u’lláh nel Vangelo di Giovanni 1579. Negli Scritti bahá’í “Signore” e “Dio” si riferiscono al Creatore 1580. Tramutamento del rame in oro 1581. Possibilità di vita su ogni pianeta 1582. Significato di “Dayspring” 1583. L’esistenza assoluta si può attribuire solo a Dio - La Sua creazione ha un’esistenza 1584. Significato di “Scienze che iniziano e finiscono con parole” 1585. Energia atomica - “Uno strano e meraviglioso strumento” 1586. Esortazione di Bahá’u’lláh a sviluppare le qualità latenti 1587. I “veli” erano molto tenui al tempo della Manifestazione 1588. Oggi ci si assume una grande responsabilità rifiutando la Manifestazione 1589. Pietra angolare di tutti gli Insegnamenti: L’unità dell’umanità 1590. “Amare il proprio simile” 1591. “Da essa vi abbiamo creati” 1592. “Seconda volta” significa la resurrezione spirituale dell’uomo 1593. Il Giorno della Resurrezione, del Giudizio, e la Tomba 1594. La Rivelazione di Bahá’u’lláh riguarda principalmente questo pianeta 1595. Regno di Abhá 1596. “Eletti” 1597. Evoluzione dell’anima 1598. “Perire” 1599. “Nessuno potrà ottenere vita eterna” 1600. Differenze di stadio e classi nella società 1601. Parole Celate 1602. “Kitáb-i-Iqán” 1603. “Che dal nulla” 1604. “Legioni del Suo Testamento” e “corda” 1605. Spiegazione della “Sura del Sole” 1606. Intercessione 1607. “La conoscenza consta di ventisette lettere...» 1608. “Tavola di Ahmad” - La parola “empi” 1609. La Tavola del Santo Marinaio 1610. Tavola ai Presidenti delle Repubbliche americane 1611. Tavola di Giuseppe 1612. Significato di “Verità della Fede” 1613. Significato della parola “patrono” nelle Quattro Valli [e non “Sette Valli”, N.d.T.] D. ‘Abdu’l-Bahá 1614. ‘Abdu’l-Bahá 1615. “Tutte le tue azioni registrate” 1616. Primari obiettivi del Ministero di ‘Abdu’l-Bahá 1617. Esperienze con ‘Abdu’l-Bahá 1618. Aneddoti su ‘Abdu’l-Bahá 1619. Giorno del Patto e Giorno dell’Ascensione 1620. Si è liberi di accettare o confutare un argomento non trattato dall’Interprete degli Scritti 1621. Pregare ‘Abdu’l-Bahá 1622. Attraverso [‘Abdu’l-Bahá] ci si può rivolgere a Bahá’u’lláh 1623. Fotografie di ‘Abdu’l-Bahá 1624. Porre le fotografie in luogo dignitoso 1625. Conservazione di reliquie 1626. Le età della Fede e le epoche delle età 1627. Il Piano Divino 1628. Le Tavole del Piano Divino costituiscono la Carta Suprema per l’insegnamento 1629. Età Apostolica ed Eroica della Fede 1630. Uso del termine “Età di ferro” E. Parole Celate 1631. Il titolo “Parole Celate” fu dato da Bahá’u’lláh 1632. Significato del nome “Parole Celate” 1633. Le Parole Celate non hanno alcun ordine 1634. Passi in cui Bahá’u’lláh si riferisce all’uomo come “Figlio dello Spirito” 1635. Spiegazione del passo n. 13 delle “Parole Celate” dall’arabo F. Cristo 1636. Data di nascita di Gesù Cristo 1637. Nascita verginale di Cristo 1638. Possibilità dei miracoli 1639. Accordo fra Insegnamenti bahá’í e Dottrine della Chiesa Cattolica circa la nascita verginale di Gesù 1640. Nascita naturale dei fratelli e delle sorelle di Cristo 1641. Alto rango di Maria 1642. La “colomba” è solo una metafora 1643. La Fede Bahá’í riconosce l’origine divina del Cristianesimo e l’immacolatezza della Vergine Maria 1644. Rango di Gesù 1645. Istituzione di sole due cerimonie da parte di Gesù 1646. La crocifissione raccontata nel Nuovo Testamento 1647. Il Padre Stesso è venuto ed ha adempiuto la missione del Figlio Gesù Cristo 1648. I bahá’í non credono alla resurrezione corporea dopo la crocifissione 1649. Cercare di trovare un significato spirituale nei miracoli raccontati nel Vangelo 1650. Gesù Cristo ha stabilito il primato di Pietro al di là di ogni dubbio 1651. Segni annunciatori della nuova Manifestazione 1652. Cristo nel Corano 1653. La successione dopo Cristo; la Riforma; l’Islam 1654. Periodo di subbuglio che accompagna una nuova Manifestazione 1655. Ecclesiaste 12:6 1656. Traccia di divinità nell’uomo 1657. Riferimento a Bahá’u’lláh nel Vangelo di Giovanni 1658. I bahá’í non credono letteralmente alla Genesi 1659. Difformità nel computo degli anni di Noè e impossibilità di comprovare racconti del Vecchio Testamento‚ 1660. Crediamo nella Bibbia non alla lettera, ma nella sostanza G. Islam 1661. Si sconosce la data di nascita di Mu?ammad 1662. Riferimenti biblici a Mu?ammad e ‘Alí 1663. Islam 1664. Gl’Insegnamenti di Mu?ammad rafforzano e proteggono la causa dello sviluppo umano 1665. Chiarimenti su certi argomenti riguardanti l’Islam, l’Imam ?usayn, l’Imamato, etc. 1666. Come studiare il Corano 1667. Significato di “Jin” o “Geni” 1668. Califfato e Imamato 1669. Mu?ammad afferma che i Giudei non crocifissero Cristo 1670. La religione musulmana è una Rivelazione più completa rispetto a qualunque altra precedente 1671. Gl’insegnamenti di Mu?ammad incoraggiano lo stato nazionale 1672. La poligamia nelle nazioni musulmane non è conforme agl’insegnamenti di Mu?ammad 1673. Imam ?usayn H. Israele 1674. Israele 1675. Posizione di Gerusalemme 1676. Tutta la Palestina diverrà dimora degli Ebrei 1677. Riunione di Israele 1678. Viaggio degli ebrei 1679. Credenza errata su Giuda 1680. Dieci tribù d’Israele 1681. Grande destino spirituale degli Ebrei: entreranno in gran numero nella Fede 1682. Contatti di filosofi greci con dotti e leader religiosi ebrei I. Profeti e profezie di varie Religioni 1683. Bahá’u’lláh: Culmine del ciclo adamitico e Iniziatore del ciclo bahá’í 1684. Buddha fu una Manifestazione come Cristo 1685. Confucio non fu un Profeta, ma un grande Riformatore 1686. Profezie di Daniele 1687. Re Davide 1688. Genesi 22.9:‚ Sacrificio di Ismaele 1689. Lot 1690. Zoroastro 1691. Inizio dell’era zoroastriana 1692. Religione Indù 1693. Sabeanismo 1694. Lao-Tse e i Sabei 1695. Assenza in estremo oriente di seguaci del Báb e di Bahá’u’lláh durante il Loro ministero 1696. Induismo, Buddismo e Zoroastrismo 1697. I due tipi di esistenza 1698. Le Manifestazioni hanno coscienza del Loro rango 1699. Preesistenza delle anime dei Profeti 1700. Ha?rát: Sua Santità 1701. Scopo fondamentale di tutte le religioni 1702. Principi fondamentali delle religioni 1703. Religione cosmica 1704. Essenza della fede religiosa 1705. Unità dell’umanità: pietra angolare degli Insegnamenti 1706. Primaria importanza della Causa fra le religioni esistenti 1707. Significato di “Misteriosa Forza che crea nuovi mondi spirituali” 1708. Significato di Dio personale; valore della religione 1709. La religione deve cambiare le nostre azioni ed i nostri pensieri 1710. Scopo della Giornata della Religione Mondiale 1711. Significato dei resti dei Profeti 1712. Gli atomi che compongono i Profeti sono proprio atomi 1713. I ventiquattro anziani 1714. Nei Profeti si trova la perfezione di Dio 1715. Riferimenti a Bahá’u’lláh 1716. L’arca e il diluvio 1717. Differenti significati della parola Generazione 1718. La croce 1719. Gli insegnamenti di Swedenborg e Emerson sono da considerare movimenti anticipatori dei tempi 1720. Emanuele Swedenborg 1721. ‘Abdu’l-Bahá lodò Emanuele Swedenborg per i suoi sforzi tesi ad una ricostruzione religiosa e sociale 1722. Swedenborg: araldo di questo Giorno per la progressività dei suoi insegnamenti 1723. Persone come Emerson sono indubbiamente ispirate da Dio 1724. Differenza fra gnostici e credenti 1725. Cristo si riferisce al mondo dei Profeti come al “Verbo”; ‘Abdu’l-Bahá lo chiama “Volontà” 1726. Dio continuerà a mandare i Suoi Profeti affinché l’uomo possa raggiungere la sua più alta meta 1727. Joseph Smith e il Libro di Mormon 1728. Rango di Joseph Smith 1729. Nobili principi e ideali dei Mormoni XLII. FENOMENI MEDIANICI 1730. Origine dei cattivi pensieri 1731. Spiriti maligni 1732. Influenza degli spiriti maligni 1733. Gli spiriti maligni riguardano la natura inferiore dell’uomo 1734. Il male esiste 1735. Fanciulli con poteri medianici 1736. La Quarta Dimensione 1737. Evitare i fenomeni medianici 1738. Possessione 1739. Sforzarsi di avere pensieri puri 1740. Difficile distinguere la verità dall’immaginazione 1741. Differenza fra rivelazione divina ed esperienza personale 1742. Rarità delle vere esperienze mistiche 1743. Non v’è bisogno di rivelazioni personali 1744. Lasciare che il futuro si foggi da se stesso 1745. Sviluppare facoltà medianiche indebolisce le capacità spirituali 1746. L’astronomia è una scienza, l’astrologia no 1747. Astrologia: assurda pseudo-scienza 1748. Oroscopi 1749. Scienze inutili 1750. Influenza delle stelle e dei pianeti 1751. Numerologia 1752. Nessun bisogno della numerologia e dell’astrologia per i credenti 1753. Scrittura automatica 1754. Ininfluenza delle forze medianiche sui più eminenti scrittori e pittori 1755. Scrittura automatica 1756. Spiritismo e fenomeni medianici 1757. Numerologia e fisionomanzia 1758. Telepatia 1759. Non aver timore di essere influenzati mentalmente 1760. Spiritisti 1761. Mesmerismo e comunicazioni a mezzo di trombe 1762. Materializzazione di spiriti per mezzo di medium 1763. Maestri dietro le quinte 1764. Piramidi 1765. Piramide di Cheope 1766. Protezione dello Spirito Santo 1767. Paradiso e Inferno sono condizioni interiori 1768. Arti medianiche:‚ la loro influenza dipende dalla convinzione della persona ad esse incline 1769. Il male è negazione e può controllare la nostra vita, ma possiamo liberarcene 1770. Le anime cattive trapassate non hanno alcun potere sulle persone 1771. Approfondirsi negli Insegnamenti per risolvere i problemi legati alle credenze sul male 1772. I cosiddetti spiriti maligni sono normalmente frutto dell’immaginazione, tuttavia il male esiste in questo e nell’altro mondo 1773. Le pratiche occulte introdotte da certi indù negli Stati Uniti sono totalmente contrarie agli Insegnamenti e devono essere evitate dagli amici 1774. Le esperienze spirituali possono avere grande influenza su di noi, ma oggi è importante salvare la razza umana XLIII. RAZZE 1775. Aborigeni 1776. Tavole del Piano Divino 1777. Pregiudizio e condiscendenza 1778. Afro americani e Amerindi 1779. Primo esponente della razza negra ad abbracciare la Causa 1780. Servizio dei negri 1781. Appello del Custode alla razza negra 1782. Concentrarsi sull’insegnamento ai negri 1783. Gli uomini di colore paragonati alla pupilla degli occhi 1784. Di grandissimo aiuto il lavoro dei negri 1785. Contributo dei negri all’edificazione dell’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh 1786. Razza negra: pura di cuore e spiritualmente ricettiva 1787. Il viso è come la pupilla degli occhi 1788. Il principio dell’unità del genere umano impedisce di considerare la razza un ostacolo all’interazione sociale 1789. Appello del Custode ai negri 1790. Appello agli esponenti della razza bianca 1791. Sforzo supremo dei bianchi 1792. Unità nella diversità 1793. Appello del Custode ad entrambe le razze 1794. Non esiste differenza agli occhi di Dio 1796. Il pregiudizio distrugge l’edificio dell’umanità 1796. Obiettivo del lavoro interrazziale 1797. Giusti interessi delle minoranze 1798. Gli amici di colore hanno bisogno della Fede 1799. Colpevoli di fronte a Dio di permettere la manifestazione di qualsiasi pregiudizio 1800. Essere bahá’í significa essere differenti 1801. I bahá’í non sono perfetti 1802. Predizione di ‘Abdu’l-Bahá di un grande futuro per gli Indiani d’America 1803. I bahá’í approvano le unioni interrazziali 1804. Campus di protesta contro il pregiudizio razziale 1805. Evitare di essere coinvolti in questioni politiche e quindi non partecipare a dimostrazioni anti-apartheid 1806. Insegnamento nelle Università a studenti di razze diverse ed altre minoranze, come Cechi, Polacchi, Russi... 1807. Il pregiudizio razziale è una negazione della Fede 1808. Combattere e sradicare il pregiudizio razziale che si annida fra i credenti 1809. Dio ha conferito molte doti alla razza negra 1810. Fare tutto il possibile per distruggere i reciproci pregiudizi fra bianchi e negri 1811. Grande responsabilità dei bahá’í negri verso la propria razza e verso i propri compagni di credo 1812. Incompatibilità del principio dell’unità del genere umano con i pregiudizi razziali 1813. Le forze maligne del pregiudizio 1814. I negri devono essere fieri e felici delle lodi conferite da Bahá’u’lláh a loro e ad altre razze oppresse 1815. Incoraggiamento a far parte di gruppi progressivi non politici 1816. I bianchi dovrebbero accogliere di buon grado i negri nelle loro case e perfino sposarli, se lo desiderano 1817. Fine delle sofferenze e delle tribolazioni degli Ebrei durante l’Era bahá’í 1818. Il glorioso destino degli Ebrei 1819. I credenti di origine ebrea devono chiamarsi bahá’í XLIV. REINCARNAZIONE 1820. La posizione bahá’í sulla reincarnazione 1821. Diritto di ogni uomo ad avere le proprie opinioni 1822. Il sapere può essere un velo fra l’anima dell’uomo e la verità 1823. Non v’è stato ancora tempo di formare studiosi bahá’í che possano trattare il tema della reincarnazione e simili 1824. Improbabilità della conversione di studiosi di occultismo e temi simili 1825. Concezione di Bahá’u’lláh della facoltà della visione e dell’udito 1826. Inesistenza della reincarnazione 1827. Prendere a misura gli Scritti dei Profeti XLV. RIVERENZA E SPIRITUALITÀ A. Riverenza 1828. Riverenza e rispetto verso i luoghi sacri 1829. Ascoltare con massima riverenza la registrazione della voce di ‘Abdu’l-Bahá 1830. Visione del film di ‘Abdu’l-Bahá 1831. I ritratti delle Manifestazioni di Dio sono proibiti 1832. Il tipo di riverenza differisce da cultura a cultura 1833. Fotografia di Bahá’u’lláh B. Spiritualità 1834. L’uomo è all’inizio della spiritualità 1835. Requisiti per la crescita spirituale 1836. Via per il conseguimento della vera spiritualità 1837. Bahá’u’lláh non specifica procedure da seguire nella meditazione e nessun metodo deve essere insegnato nelle Scuole Estive 1838. Per l’intima meditazione, il credente può usare il Più Grande Nome 1839. La pulizia contribuisce alla spiritualità 1840. Le Preghiere Obbligatorie e la lettura al mattino e alla sera degli Scritti sacri favoriscono la crescita della spiritualità‚ 1841. Il fondamento della spiritualità è la saldezza nel Patto 1842. Attuale notevole mancanza di spiritualità 1843. Necessità di una vera consapevolezza spirituale 1844. L’educazione e il progresso spirituale dipendono dal riconoscimento dell’infallibilità della Manifestazione di Dio 1845. Assoluta necessità della preghiera XLVI. SVILUPPO SOCIO-ECONOMICO A. Linee direttive 1846. Un più vasto orizzonte si dischiude di fronte a noi 1847. Il concetto di sviluppo sociale ed economico trovasi negli Insegnamenti di Bahá’u’lláh 1848. Gl’Insegnamenti enfatizzano la nascita di un mondo unificato in tutti gli aspetti della vita 1849. Dalla comunità bahá’í devono partire i primi passi per arrivare alla meta 1850. Fondazione presso il Centro Mondiale dell’Ufficio per lo Sviluppo Sociale ed Economico 1851. Le forze sprigionate da Bahá’u’lláh sono all’altezza delle esigenze del momento 1852. Il progresso nel campo dello sviluppo dipende da movimenti nelle zone rurali 1853. Il compito maggiore delle Assemblee Spirituali Nazionali 1854. Applicare i principi della Fede al miglioramento della vita 1855. Appello all’azione della Casa Universale di Giustizia 1856. La natura e il grado di coinvolgimento dei credenti deve variare da paese a paese B. Agricoltura 1857. Diventare competenti in agraria 1858. La soluzione dei problemi economici inizia dall’agricoltore 1859. Istituzione di un magazzino generale C. Economia 1860. Il sistema bahá’í impedisce gli estremi di ricchezza e povertà 1861. Non confondere i metodi di ‘Abdu’l-Bahá con quelli attuali 1862. Problemi di possesso, controllo e distribuzione del capitale 1863. Ripartizione volontaria 1864. Lo spirito che permea la vita economica si concretizzerà in determinati organismi 1865. Disuguaglianza sociale 1866. “L’uguaglianza è una chimera!” 1867. Retribuzioni 1868. Applicazione dei principi spirituali al sistema economico 1869. La partecipazione agli utili risolve un solo aspetto dei problemi economici 1870. Ci si guadagna da vivere lavorando sempre duramente 1871. La sola religione basta a rettificare i rapporti economici della società‚ 1872. Incoraggiare un nuovo atteggiamento mentale universale D. Progetti 1873. La partecipazione ai progetti dipende in massima parte da certe condizioni della comunità 1874. Obiettivo primario dei progetti è il servizio alla comunità e non un affare di lucro 1875. Sopperire alle necessità e aspirazioni dei credenti locali mediante progetti socio-economici 1876. Due requisiti fondamentali 1877. Lo sviluppo socio-economico è produttivo se posto su basi spirituali 1878. Sono graditi suggerimenti per i progetti 1879. Sostegno finanziario e forza-lavoro di fonte bahá’í E. Obiettivi di sviluppo socio-economico 1880. Preservare costumi e identità culturali 1881. Arti, mestieri e scienze 1882. La ricchezza è lodevole 1883. Promuovere l’educazione F. Requisiti per il successo 1884. Il Mashriqu’l-Adhkár 1885. Il principio spirituale produce atteggiamenti, energie, volontà e aspirazioni G. Scuole private 1886. L’importanza delle scuole private 1887. Disponibilità di giovani e adulti bahá’í a divenire insegnanti 1888. Progettazione delle scuole in consultazione tra bahá’í e non-bahá’í 1889. A fini statistici, il giardino d’infanzia privato potrebbe essere considerato attività di sviluppo socio-economico 1890. Contribuzioni di non bahá’í per il mantenimento di scuole private XLVII. ISTITUTI E SCUOLE ESTIVE BAHÁ’Í A. Scuole Estive 1891. Scopo delle scuole estive 1892. Limitare gli argomenti filosofici ed esoterici 1893. Attrazione per molte anime 1894. Il metodo delle lezioni non è sufficiente 1895. Supervisione dell’Assemblea Nazionale 1896. La scuola estiva: parte inseparabile delle campagne d’insegnamento 1897. Instaurare l’atmosfera bahá’í 1898. Danza nelle scuole estive 1899. Temi da discutere 1900. Concentrare il programma della scuola sull’approfondimento della comprensione degli insegnamenti 1901. Importanza dei corsi sulla violazione del Patto 1902. Studiare il modello dell’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh 1903. Importanza dello studio dell’Islam 1904. Assolutamente indispensabile lo studio del Corano 1905. Formazione del carattere ed etica 1906. Pochi giorni non bastano a imparare tutto 1907. Responsabilità dei giovani bahá’í che frequentano Louhelen in relazione allo sviluppo dell’Università bahá’í B. Istituti bahá’í per l’insegnamento 1908. Istituti per l’insegnamento 1909. L’Istituto deve essere centro di complesse attività 1910. Temi da insegnare 1911. Inopportunità del rilascio di un diploma 1912. Attualmente l’Istituto per l’insegnamento è una funzione e non necessariamente un edificio XLVIII. INSEGNAMENTO A. Approfondimento 1913. Leggere giornalmente gli Scritti sacri 1914. Significato di approfondimento 1915. L’approfondimento genera stimolo 1916. Studiare assieme ad altri 1917. Classi di studio 1918. Approfondire la conoscenza 1919. Capire il significato degli Insegnamenti motiva i nuovi credenti a dedicare la vita al servizio di Bahá’u’lláh 1920. Studio e pratica 1921. Insegnamenti spirituali della Fede 1922. Presentare il testamento del Maestro ai nuovi credenti 1923. La gente ha bisogno della Causa 1924. Educazione dei nuovi credenti 1925. Figli spirituali 1926. Non si può cogliere lo spirito della Causa solo mediante la lettura dei libri 1927. Assoluta necessità di approfondirsi nella Causa 1928. Lo studio degli Araldi dell’Aurora suscita rinnovato zelo 1929. Tema da prefiggersi nell’approfondimento 1930. Prematura presentazione del Più Grande Nome 1931. Approfondire la conoscenza della letteratura al fine di insegnare agli altri e rendere un servizio alla Fede 1932. Esame di molti aspetti della vita privata e pubblica dell’uomo negl’Insegnamenti di Bahá’u’lláh 1933. Progresso della Causa caratterizzato dal rapporto sempre crescente con il mondo non bahá’í B. Pionieri e pionierismo 1934. Pionieri 1935. “Nemmeno per un momento siete soli” 1936. Lasciare la propria terra natia 1937. Definizione di “pioniere” e “pionierismo” 1938. Chi è un pioniere 1939. Marion Jack: punto di riferimento per ogni pioniere in terra straniera 1940. Non si può richiedere a un pioniere autosufficiente di stabilirsi in una data località 1941. Solo in presenza di richiesta per una specifica località si può pretendere che il pioniere vi si stabilisca 1942. Esortazione del Custode a lasciare i luoghi con alta concentrazione di credenti verso le mete che necessitano pionieri 1943. Insegnare e servire è un dovere di tutti i bahá’í e coloro che si stabiliscono in un dato luogo per motivi personali possono coprire mete di pionierismo 1944. Iraniani residenti in America 1945. Sommo servizio dei credenti persiani al lavoro d’insegnamento come pionieri 1946. Inserimento dei giovani e dei bambini nella lista dei pionieri 1947. Incoraggiare i credenti nativi a diventare il fulcro delle attività d’insegnamento 1948. Il pionierismo è la più alta forma di collaborazione nel matrimonio 1949. Evitare la concentrazione di pionieri persiani o americani in località particolari 1950. I pionieri non devono lasciare il loro posto finché vi è qualcosa da fare 1951. Un’oscurità iniziale circonda il lavoro del pioniere 1952. Il motivo di sparpagliarsi 1953. I pionieri sono i rappresentanti dell’Assemblea Spirituale Nazionale 1954. Grandi benedizioni derivanti dall’importante lavoro del pioniere 1955. Cessazione dello status particolare del pioniere 1956. I pionieri accrescono il prestigio della Fede 1957. La perseveranza dei pionieri assicura ricompense in entrambi i mondi 1958. Pionieri isolati: fari di Bahá’u’lláh 1959. Le lotte del pioniere 1960. Bahá’u’lláh promette il Suo aiuto divino a chiunque si levi a servire la Sua Causa 1961. Bahá’u’lláh è sempre all’erta, pronto a venirci in aiuto 1962. Il termine “missionario”, nel suo significato più nobile, può applicarsi ai nostri insegnanti 1963. Provvedere al rimpiazzo del pioniere prima che lasci il suo posto 1964. Il pionierismo nei territori vergini è il più importante servizio 1965. Divieto di votare nelle elezioni nazionali per i pionieri nei territori vergini 1966. Stretta armonia fra pionieri e credenti locali C. Proclamazione 1967. Non ridicolizzare i giovani 1968. Distribuzione massiccia di cartoline con risposta pagata 1969. L’importanza di raggiungere le persone eminenti con gli Insegnamenti 1970. Le persone eminenti sono spesso prigioniere delle proprie idee 1971. Proclamare la Fede ai moderni pensatori e ai capi della società D. Radio 1972. Potenza della radio per la proclamazione 1973. Storico passo avanti nella proclamazione 1974. Portare all’attenzione del pubblico l’esistenza della Fede 1975. Prudenza nel presentare la storia e gl’insegnamenti della Fede 1976. Accettabilità delle contribuzioni volontarie E. Insegnamento 1977. Levarsi per servire la Causa 1978. L’insegnamento viene ingiunto ai credenti nell’Aqdas 1979. Meditare sui metodi d’insegnamento 1980. Gl’insegnamenti non vanno custoditi ne nascosti 1981. ‘Abdu’l-Bahá insegna come insegnare 1982. Ricompensa di un martire 1983. La professione non condiziona l’insegnamento 1984. Maggiore durata del lavoro intensivo 1985. Gli insegnanti devono accontentarsi di poco cibo 1986. Sviluppare un circuito di insegnanti viaggianti 1987. Gli insegnanti viaggianti rafforzano il lavoro dei pionieri 1988. Compiti degli insegnanti viaggianti 1989. Nessuno status speciale per gli insegnanti viaggianti 1990. Spese di viaggio degli insegnanti 1991. Nessun bahá’í è un impiegato della Fede a tempo pieno 1992. Assistenza economica agli insegnanti viaggianti 1993. Nella Fede non esiste una figura paragonabile a un ecclesiastico di professione 1994. Il sostegno del Fondo è solo temporaneo 1995. Insegnanti viaggianti e credenti che si spostano di frequente 1996. Il raggiungimento della maturità spirituale è un processo lento 1997. Ogni credente è un’arca di salvezza 1998. Primo requisito di un devoto insegnante 1999. L’importanza dell’insegnamento 2000. Necessità di insegnanti con capacità spirituali e conoscenza del Patto 2001. Ognuno è un potenziale insegnante F. Insegnamento alle masse 2002. Distribuzione di materiale bahá’í nelle cassette delle lettere 2003. Selezionare gli insegnanti con grande cura 2004. Presentare la Causa con attenzione onde evitare equivoci 2005. Diritto dell’umanità di sentire il Messaggio di Bahá’u’lláh 2006. Lo scopo del consolidamento 2007. Vero consolidamento 2008. Proclamazione, Espansione e Consolidamento 2009. Il consolidamento è l’aspetto dell’insegnamento che aiuta ad approfondire la conoscenza degli Insegnamenti 2010. Consolidamento: elemento essenziale e inseparabile dell’insegnamento 2011. Espansione e consolidamento vanno di pari passo 2012. Lo scopo dell’insegnamento non si raggiunge con la dichiarazione di Fede 2013. Qualità necessarie per l’insegnamento 2014. Dare il Messaggio con semplicità 2015. Insegnare alle classi meno abbienti 2016. Campagne d’insegnamento 2017. Scopo di tutte le istituzioni bahá’í e degli insegnanti 2018. Sfida per ogni credente e ogni istituzione 2019. Sfida per le istituzioni amministrative locali e nazionali 2020. Sfida al singolo bahá’í 2021. Come può un vero credente rimanere silenzioso? 2022. Aspetti caritativi e umanitari della Fede 2023. Onorari e spese da pagare a chi presenta la Fede in occasione di avvenimenti non bahá’í 2024. Insegnanti con compiti amministrativi 2025. Aprire alla Fede un nuovo territorio o una nuova città è solo il primo passo 2026. L’obiettivo basilare dell’insegnamento 2027. Incoraggiamento del Custode all’arruolamento di nuovi credenti 2028. Insegnamento indiretto 2029. Insegnamento agli Indiani d’America 2030. L’insegnamento ai Mussulmani 2031. Le confermazioni provengono dallo Spirito Santo e occorre diventare delle canne attraverso cui esso possa discendere 2032. Molti sono pronti e bramano di scoprire questi Insegnamenti 2033. Utilizzare qualunque mezzo d’espressione per attrarre l’ascoltatore 2034. L’audacia è essenziale nell’insegnamento, ma con tatto, saggezza e ponderazione 2035. Bahá’í che non si considerano tali 2036. Modo migliore per svolgere il lavoro d’insegnamento XLIX. PROVE 2037. La più grande prova dei bahá’í 2038. Difficoltà iniziali di ogni comunità bahá’í 2039. Insuccessi, prove e difficoltà: mezzi per purificare lo spirito 2040. Dio utilizza talvolta la sofferenza per rafforzarci nella Sua Causa 2041. Un uomo sempre felice potrebbe dimenticare Dio 2042. Difficoltà: mezzi per l’evoluzione dello spirito 2043. È giusto mentire per salvare il prossimo? 2044. Nessun conforto in questo mondo 2045. Trasformare le difficoltà in opportunità 2046. Accettare pazientemente le prove della vita 2047. Molte prove sono dovute al nostro carattere 2048. La sofferenza fa manifestare la nobiltà di carattere 2049. La sofferenza: cera usata da Dio per metterci in grado di riflettere meglio i Suoi attributi 2050. A volte cose che sembrano difficili da capire hanno una spiegazione semplice e ragionevole L. IL TEMPIO - MASHRIQU’L-ADHKÁR A. Istituzione del Tempio 2051. L’istituzione del Tempio segna l’inizio del Regno di Dio sulla terra 2052. Il Tempio è l’arca per navigare sul mare in tempesta 2053. La prima istituzione dei discepoli fu un Tempio 2054. Effetto della costruzione del Mashriqu’l-Adhkár 2055. Dipendenze del Mashriqu’l-Adhkár 2056. Mashriqu’l-Adhkár: una delle più importanti istituzioni del mondo 2057. Culto e servizio: rapporto fra edificio amministrativo e Tempio B. Culto nel Tempio 2058. Il motivo di un luogo di culto 2059. La natura delle riunioni nel Tempio 2060. Ammissione del pubblico non bahá’í 2061. Culto nel Tempio 2062. Parlare nel Tempio 2063. Scritture di altre Religioni, Lettori, Musica nella Casa di Adorazione 2064. Utilizzo dell’Auditorium per speciali preghiere di visitatori bahá’í e non bahá’í 2065. Cantare le Tavole nel Tempio 2066. Domande e risposte riguardo le funzioni nella Casa di Adorazione C. Guida del Tempio e altre attività 2067. Sacralità del compito svolto dalla guida del tempio 2068. Si richiede buona competenza alle guide bahá’í 2069. Requisiti essenziali per le guide 2070. Lavoro nel Tempio nei Giorni Sacri 2071. Inaccettabilità di un terreno concesso dal Governo, ove sia destinato a sito del Tempio LI. DONNE 2072. Uomini e donne sono stati creati a immagine di Dio 2073. Chiarimento sull’esclusione delle donne dalla Casa di Giustizia 2074. L’appartenenza alla Casa Universale di Giustizia è limitata agli uomini 2075. Le donne raggiungeranno lo stadio supremo del mondo umano 2076. Riferimento nel Kitáb-i-Aqdas agli “Uomini di Giustizia” 2077. Tutti gli esseri umani sono creature di Dio 2078. Bahá’u’lláh fece delle donne persone rispettate ordinando la loro educazione 2079. La nuova razza sarà meno mascolina e gli elementi maschili e femminili saranno equamente bilanciati 2080. Le donne sarebbero pari all’uomo se godessero di uguali opportunità 2081. Con la stessa educazione riservata agli uomini, le donne dimostrerebbero uguale capacità di sapere 2082. La donna collaboratrice dell’uomo 2083. Necessità di educare e guidare le donne nella loro primaria responsabilità di madri 2084. Nessuna nazione può avere successo se non assicura l’istruzione a tutti i suoi cittadini 2085. Se la madre è istruita, i suoi figli saranno ben educati 2086. L’ostentazione di superiorità da parte dell’uomo continuerà a reprimere le ambizioni della donna 2087. L’ardimento mostrato dalle donne arruolate nei ranghi della Fede è uno dei portenti che distinguono questa Sacra Dispensazione 2088. Movimento per la liberazione delle donne 2089. Pensiero di ‘Abdu’l-Bahá sull’insurrezione delle donne per la pace 2090. Emancipazione delle donne e conseguimento della parità fra i sessi: principali requisiti della pace 2091. Maggiore sensibilità delle donne di fronte ai bisogni e alle sofferenze 2092. La donna, per natura, è contraria alla guerra 2093. La donna possiede più coraggio morale dell’uomo e riveste maggiore importanza per la razza 2094. Il dovere delle donne è essere le prime educatrici dell’umanità 2095. Attualmente la parità fra uomini e donne non è applicata 2096. Suffragio femminile: fattore della pace internazionale 2097. Parità fra uomini e donne: condizione per l’abolizione della guerra 2098. Il principio della parità deve applicarsi insieme agli altri aspetti della vita bahá’í 2099. Dio non chiede: “Sei donna o uomo?” 2100. Necessità per le donne di studiare le scienze industriali e agricole 2101. L’educazione consentirà alle donne di rifiutarsi di mandare i propri figli sui campi di battaglia 2102. ‘Abdu’l-Bahá considera “insignificanti” le disparità fra i sessi 2103. Maschio e femmina: due parti complementari del mondo dell’umanità 2104. Impossibilità della pace universale senza suffragio universale LII. LAVORO A. Lavoro come culto 2105. Lavoro come culto 2106. Nell’Ordine Mondiale non v’è posto per i pigri 2107. ‘Abdu’l-Bahá sostiene la necessità di una professione 2108. Bahá’u’lláh ingiunge di dedicarsi a una professione 2109. Impiego del tempo 2110. Arte come culto 2111. Il lavoro per la Causa non costituisce attività professionale 2112. Fare economia 2113. Tutti gli uomini devono procurarsi i mezzi per vivere 2114. Andare in pensione 2115. Nella Causa si lavora a qualunque età 2116. “Occupatevi di ciò che possa recare profitto a voi e agli altri” 2117. Deve una moglie e madre lavorare per guadagnarsi da vivere come il marito? 2118. Primario compito dell’uomo è sostenere economicamente la famiglia, mentre la donna è la prima educatrice dei figli 2119. Tempo che una madre può trascorrere fuori casa 2120. L’importanza del ruolo della madre deriva dal fatto che è la prima educatrice dei figli B. Sindacati e scioperi 2121. Istruzioni per sindacalisti e partecipazione agli scioperi LIII. GIOVANI 2122. “I nostri occhi fiduciosi sono fissi sui giovani bahá’í!” 2123. Adolescenti 2124. Speciale messaggio e missione per i giovani 2125. Necessità che i giovani aprano gli occhi sulle attuali condizioni del mondo e si interroghino sul futuro 2126. Far conoscere le proprie idee ad altri giovani e tenersi a contatto con le attività giovanili locali 2127. Necessità che i giovani diventino dotti nella Fede 2128. Santi, eroi, martiri e amministratori 2129. La Causa subirà un arresto se i giovani falliscono nel loro compito 2130. La responsabilità d’insegnare è sulle spalle dei giovani bahá’í 2131. I giovani ereditano il lavoro dei bahá’í più anziani 2132. Necessità per la gioventù moderna di un’etica fondata sulla pura fede religiosa 2133. Associarsi con gli altri in spirito d’amicizia 2134. Ruolo vitale dei giovani bahá’í 2135. Emulare i giovani 2136. Il sorgere dei giovani bahá’í 2137. Incoraggiare i giovani a pensare ai propri studi 2138. I giovani si leveranno per amore di Dio 2139. Appello della Casa di Giustizia ai giovani bahá’í di raddoppiare gli sforzi nella diffusione del Messaggio Divino 2140. Non è giusto che i giovani bahá’í colpevolizzino gli amici non bahá’í 2141. Educazione: uno dei fattori fondamentali della vera civiltà 2142. Futura pace 2143. Appello ai giovani bahá’í a riconsacrarsi alle urgenti necessità della Causa 2144. I giovani bahá’í di oggi vedranno l’instaurazione della pace minore e la riconciliazione della società 2145. La chiave del successo sta nell’approfondimento degli Insegnamenti e nella capacità di spiegarli ai coetanei 2146. I giovani sono esortati a levarsi e rivoluzionare il progresso della Causa 2147. Corsi di studio utili per dare assistenza ai paesi in via di sviluppo 2148. La proclamazione derivata dalle persecuzioni in Iran ha favorito la ricerca della propria vera identità da parte delle persone 2149. Perseverare nell’insegnare la Fede, studiare gli Scritti, servire l’umanità e offrirsi per l’attuazione di progetti 2150. Incoraggiare l’incalcolabile aiuto dei giovani 2151. Incoraggiare i giovani a formulare e attuare i loro piani d’insegnamento 2152. La Casa di Giustizia plaude agli sforzi dei giovani tesi ad acquisire qualità spirituali 2153. Imprescindibile dovere dei giovani di rispecchiare il potere trasformatore della Fede nella Società 2154. Aspirare all’eccellenza e procedere all’avanguardia di professioni, commerci, arti e mestieri 2155. Esemplificare la vita bahá’í che è all’opposto del decadimento morale della società 2156. Importanza del contatto con le minoranze razziali 2157. La Fede Bahá’í: religione che appartiene ai giovani 2158. Inesistenza della “seconda dichiarazione” 2159. La soluzione delle difficoltà esistenti fra giovani e vecchi credenti 2160. Leggi e precetti che infastidiscono taluni giovani credenti 2161. Chiedere a Dio misericordia e perdono per i genitori 2162. Compimento dei diciannove anni 2163. Revisione del lavoro dei giovani da parte di un Comitato Nazionale Bibliografia Indice analitico I. ORDINE AMMINISTRATIVO A. Ordine amministrativo 1. Stabilito per la prima volta in America - Non è un prodotto americano «L’Ordine Amministrativo della Causa, benché sia stato stabilito per la prima volta in America e usato come modello dall’altre comunità nazionali bahá’í, non è un prodotto americano, ma un sistema universale basato sugli insegnamenti di Bahá’u’lláh. Tuttavia non è stato iniziato e perfezionato prima dai credenti americani per semplice coincidenza.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 29 ottobre 1938, Dawn of a New Day, p. 202) 2. Non può essere identificato con i principi delle odierne democrazie «.... L’Ordine Amministrativo che è enunciato negli Insegnamenti di Bahá’u’lláh, che i credenti americani hanno difeso ed ora stanno stabilendo, non deve essere mai identificato con i principi base delle odierne democrazie; né si identifica con alcuna forma di governo puramente aristocratica o autocratica. Le biasimevoli caratteristiche insite in ciascuno di questi sistemi politici sono state completamente eliminate. Esso combina, come nessun sistema politico dell’uomo è mai riuscito a fare, salutari verità e benefici elementi che costituiscono i preziosi contributi che ciascuna di quelle forme di governo ha dato alla società nel passato...» (Postscriptum del Custode ad una lettera del 18 novembre 1993 scritta a suo nome all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, The National Spiritual Assembly, p. 26) B. Amministrazione Bahá’í 3. Strumento ideale per far funzionare correttamente le leggi spirituali «Egli spera che dedichiate il maggior tempo possibile al lavoro della Causa, specialmente per inculcare nei credenti l’importanza dell’Amministrazione, e per assisterli a capirne lo scopo e tutto ciò che ne può derivare una volta che la facciamo funzionare correttamente. In altre parole, è una struttura perfetta che deve essere animata dallo spirito della Causa. È lo strumento ideale per far funzionare in modo appropriato le leggi spirituali negli affari materiali di questo mondo.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 16 giugno 1945) 4. Scopo dell’Amministrazione «La Vostra lettera del 19 ottobre 1973, che dà un quadro generale degli sviluppi in Australia è di grande interesse e vi ringraziamo per i numerosi sforzi tesi a promuovere la Fede in quel vasto continente. Vi esortiamo a tenere sempre presente che lo scopo primario dell’amministrazione bahá’í è di rafforzare e guidare il lavoro d’insegnamento e di promuovere l’affermazione della Fede. Non deve essere mai considerata fine e se stessa, ma un mezzo per canalizzare e rendere concreta la vitalità spirituale generata dalla Parola di Dio nel cuore dei credenti. La dedizione e lo zelo con cui promuovere la Causa di Dio sono altamente encomiabili e pregheremo alla Sacra Soglia affinché, come risultato dei Vostri sforzi, il processo di espansione e di consolidamento si intensifichi di molto.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale d’Australia, 12 novembre 1973) 5. L’Ordine sociale di Bahá’u’lláh «..Accettare la Causa senza l’amministrazione è come accettare gli insegnamenti senza riconoscere il rango divino di Bahá’u’lláh. Essere bahá’í significa accettare la Causa nella sua totalità. Trovare a ridire su un principio basilare vuol dire negare l’autorità e la sovranità di Bahá’u’lláh e quindi è come negare la Causa. L’Amministrazione è l’ordine sociale di Bahá’u’lláh; senza di essa tutti i principi della Causa sarebbero vani: non accettarla significa quindi contestare la struttura che Bahá’u’lláh ha ordinato; significa disobbedire alle Sue leggi.» (Lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada il 30 maggio 1930, Bahá’í News, n. 43, agosto 1930, p. 3) 6. Relazione della Causa con l’Amministrazione «Per quanto riguarda la relazione della Causa con l’Amministrazione - come il Custode ha ripetutamente e decisamente affermato - la Fede Bahá’í non può essere considerata un semplice sistema organizzativo, per quanto elaborate possano essere le sue strutture ed universali i suoi scopi. L’organizzazione è solo un mezzo per realizzare i suoi scopi ed i suoi ideali, e non è fine a se stessa. Dividerle, quindi equivarrebbe a mutilare la stessa Causa, in quanto sono inseparabilmente legate l’una all’altra esattamente con lo stesso rapporto che esiste - sul piano dell’umana esistenza - fra l’anima ed il corpo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente il 19 aprile1939) C. Assemblee Spirituali Locali Bahá’í 7. Le Assemblee sono state ordinate da Bahá’u’lláh «Indirizzandosi alle nazioni, l’Antica Bellezza ha ordinato che in ogni città del mondo sia fondata una Casa in nome della Giustizia ed in essa si riuniscano anime pure e salde in numero corrispondente a quello del Più Grande Nome (nove). In queste riunioni essi dovrebbero sentirsi come se stessero per entrare alla presenza di Dio, poiché questo comando vincolante è fluito dalla Penna di Colui che è l’Antico dei Giorni. Gli sguardi di Dio sono diretti verso questa Assemblea.» (Bahá’u’lláh: da una Tavola recentemente tradotta, Istruzioni ai credenti Bahá’í, p. 5, n. 2) 8. Istituita in ogni città - Nove (numero di Bahá) membri. «Il Signore ha ordinato che in ogni città sia istituita una Casa di Giustizia in cui si riunisca un numero di consiglieri pari a quello di Bahá e se eccedesse questo numero non ha importanza...» (Bahá’u’lláh, Kitáb-i-Aqdas, par. 30) 9. Scopo delle Assemblee Spirituali «Quando si ricorre a loro, queste istituzioni hanno il sacro obbligo di aiutare, consigliare, proteggere e guidare i credenti con tutti i mezzi in loro possesso, giacché sono state fondate allo scopo di mantenere l’ordine, l’unità e l’obbedienza alla legge di Dio fra i credenti. Lei deve rivolgersi a loro come un figlio si rivolge ai propri genitori...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 28 settembre 1941, Istruzioni ai credenti Bahá’í, p. 20 n. 21) 10. Il loro Difensore è ‘Abdu’l-Bahá «Queste Assemblee Spirituali sono aiutate dallo Spirito di Dio, il loro difensore è ‘Abdu’l-Bahá. Su di loro Egli allarga le Sue ali. Che grazia esiste maggiore di questa?... Queste Assemblee Spirituali sono lampade luminose e giardini celesti che diffondono la fragranza della santità su tutte le regioni e riflettono intorno, su tutte le cose create, le luci del sapere. Da loro lo spirito della vita scorre in tutte le direzioni. Esse invero, sono le potenti sorgenti del progresso dell’uomo, in ogni tempo ed in qualunque circostanza.» (‘Abdu’l-Bahá, citato in Dio Passa nel Mondo, p. 342) 11. Assemblee chiamate in modo diverso in futuro «.. Non solo le attuali Assemblee Spirituali saranno chiamate in modo diverso in futuro, ma saranno anche in grado di aggiungere alle attuali funzioni quei poteri, doveri e prerogative resi necessari dal riconoscimento della Fede di Bahá’u’lláh, non semplicemente come uno dei sistemi religiosi del mondo, ma come la religione di stato di un indipendente e una potenza sovrana...» (Shoghi Effendi, The Bahá’í World, vol. III, p. 108) 12. L’Assemblea opera ai primi livelli della società umana «L’istituzione dell’Assemblea Spirituale Locale, divinamente ordinata, opera ai primi livelli della società umana ed è l’unità amministrativa basilare dell’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh. Essa ha rapporto con i singoli e le famiglie che deve costantemente incoraggiare ad unirsi in una società bahá’í che si distingua, resa vitale e protetta dalle leggi, ordinanze e principi della Rivelazione di Bahá’u’lláh; protegge la Causa di Dio ed agisce con un amorevole pastore del gregge bahá’í.» (Dal Messaggio della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del Mondo, Naw-Rúz 1974, citato in “Piano Quinquennale”, p. 13) 13. Consolidamento delle Assemblee Spirituali Locali - Centri d’energia delle comunità «Si deve prestare molta attenzione al consolidamento delle Assemblee Spirituali Locali, le quali devono agire come centri motori delle comunità bahá’í in città e villaggi; promuovere l’educazione bahá’í dei giovani e dei fanciulli ed incrementare la cooperazione e la partecipazione dei credenti alla vita della comunità. Gli insegnanti viaggianti e tutti coloro che sono impegnati a diffondere il Messaggio devono dedicarsi di nuovo al loro vitale lavoro e partire con rinnovato entusiasmo. Devono mirare ad assistere il maggior numero possibile di comunità bahá’í, perché si reggano in modo autonomo e siano in grado di eseguire gli entusiasmanti compiti che sono chiamati ad assolvere nella Vigna di Dio in questo Giorno.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India) 14. Scopo principale è promuovere il lavoro d’insegnamento «E poiché lo scopo principale per cui le Assemblee Spirituali Locali sono state fondate è la promozione del lavoro d’insegnamento, è chiaro che tutte le Assemblee Spirituali Nazionali devono considerare attentamente modi e mezzi per incoraggiare tutte le Assemblee Locali sotto la loro giurisdizione ad assolvere il loro obbligo principale... è importante che le Assemblee Locali comunichino agli amici la storia dei successi conseguiti da alcuni di loro, descrivano modi efficaci di presentare il Messaggio che hanno trovato utili, espongano esempi delle varie maniere in cui un argomento bahá’í può essere presentato a coloro che ricercano, o illustrino metodi che permettano ai credenti di collegare i bisogni della società ai nostri insegnamenti. Informazioni e suggerimenti come questi possono essere offerti agli amici durante la Festa del 19° Giorno, tramite notiziari locali, o con qualsiasi altro mezzo di cui l’Assemblea Spirituale Locale disponga. In tutti questi contatti con i credenti, le Assemblee Spirituali Locali devono far ben capire agli amici il ruolo unico e insostituibile che l’individuo ha nella realizzazione di ogni impresa bahá’í.» (Estratto da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 3 Mirza1977, Insegnamento, p. 4) 15. Aree sotto la giurisdizione delle Assemblee Spirituali Locali - L’Assemblea Spirituale Nazionale deve studiare «La questione della giurisdizione delle aree di un’Assemblea Spirituale Locale deve essere esaminata dall’Assemblea Spirituale Nazionale, che deve applicare i principi stabiliti dal Custode, e cioè: un’Assemblea che abbia valida giurisdizione può essere eletta in un’area municipale, in cui i residenti pagano tasse e votano; chiunque viva al di fuori di quell’area non è membro di quella Comunità e non può goderne i privilegi amministrativi. Per quanto ciò possa creare difficoltà al vostro registro d’Assemblea, porrà il lavoro della Fede su basi più solide ed incrementerà il numero dei Centri dove risiedono bahá’í... Spronerà gli amici a lavorare di più per formare nuove Assemblee e riformare quelle cadute...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Australia e Nuova Zelanda, 13 giugno 1956, Letters from the Guardian to Australia and New Zeland, pp. 130-1) 16. Assemblee Spirituali Locali - create da Bahá’u’lláh nel Kitáb-i-Aqdas «A proposito della vostra domanda sull’Assemblea Spirituale Locale, essa è, in realtà, un’istituzione divina, creata da Bahá’u’lláh nel Suo Kitáb-i-Aqdas quale Casa Locale di Giustizia. ‘Abdu’l-Bahá ha descritto con chiarezza la sua origine, la sua autorità ed i suoi doveri, spiegando anche la differenza fra essa ed altre istituzioni amministrative, sia del passato che del presente. Riferitevi al testo “Selections from the Writings of ‘Abdu’l-Bahá” [‘Abdu’l-Bahá - Antologia”, ], paragrafi n. 37, 38 e 40. È chiaro che, mentre le Assemblee Spirituali Locali devono supervisionare tutti gli affari bahá’í della loro area, incluse l’organizzazione della Festa del Diciannovesimo Giorno, l’osservanza dei Giorni Sacri, l’elezione dei membri d’Assemblea, lo sviluppo del lavoro d’insegnamento, la cura del benessere spirituale e l’educazione bahá’í di amici e fanciulli, ecc., esse e gli amici - devono contemporaneamente essere cittadini buoni e leali del governo civile, anche se fosse un Consiglio Tribale, un Cacicco (capo indiano) o un’autorità municipale.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Brasile, 13 aprile 1983) D. Formazione delle Assemblee Spirituali Locali 17. Formazione delle Assemblee Spirituali Locali - Obbligo di formarle «Shoghi Effendi pensa che in ogni località dove venga raggiunto il numero di nove credenti adulti deve essere istituita un’Assemblea Locale e ritiene, altresì, che questo è un obbligo piuttosto che un atto semplicemente volontario. Solo in casi eccezionali l’Assemblea, se ritiene che la situazione non dia garanzie. Questo diritto, comunque, deve essere esercitato solo in casi assolutamente eccezionali. Circa il principio secondo cui l’area di giurisdizione di un’Assemblea Locale deve essere determinata, pensa che spetti all’Assemblea Spirituale Nazionale assolvere questo compito; qualunque principio esse sostengano deve essere pienamente applicato a tutte le località, senza alcuna distinzione.» (Lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 11 aprile 1931. Bahá’í News, n. 55, p. 1, settembre 1931) 18. Una Comunità di nove credenti adulti deve formare l’assemblea per dichiarazione congiunta «In risposta alla vostra lettera del 28 ottobre 1980 abbiamo avuto istruzione di darvi i seguenti chiarimenti: (1) Nelle direttive del diletto Custode e nei regolamenti delle Assemblee Spirituali Locali non vi è nulla che imponga la firma della dichiarazione congiunta di una nuova Assemblea. Le modalità della dichiarazione rientrano nella discrezionalità dell’Assemblea Spirituale Nazionale, che può richiedere quindi o meno che vengano firmate. (2) Al Ri?ván ovunque vi siano nove o più credenti adulti residenti in un’area che abbia i requisiti per l’istituzione di una Assemblea Spirituale Locale, la si deve formare. (3) Se il numero dei credenti adulti residenti è esattamente nove, l’Assemblea Spirituale Locale deve formarsi per dichiarazione congiunta con le modalità indicate dall’Assemblea Spirituale Nazionale, il cui segretario dovrà registrare la sua formazione. (4) Quando l’Assemblea Spirituale deve formarsi per la prima volta ed uno o più credenti rifiutano di aderire alla dichiarazione, l’Assemblea non può essere formata.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Islanda, 2 dicembre 1980) 19. Il dovere di ogni Bahá’í di prender parte alla dichiarazione congiunta «L’affermazione secondo cui condizione per la formazione di un’Assemblea Spirituale Locale è che vi siano almeno nove credenti adulti, pronti, disposti e capaci di servire nell’Assemblea Locale, non deve essere interpretata nel senso che ogni bahá’í ha il diritto di rifiutarsi di prendere parte alla formazione dell’Assemblea. È solo il riconoscimento di una situazione reale. La Costituzione Nazionale Bahá’í specifica: “Quando... in qualsiasi località il numero dei bahá’í è esattamente di nove, questi, il 21 aprile di ogni anno o in anni successivi, si costituiranno in Assemblea Spirituale Locale per dichiarazione congiunta. Dopo la registrazione di tale dichiarazione da parte del segretario dell’Assemblea Spirituale Nazionale, questo corpo di nove persone sarà considerato nella pienezza del suo status con i diritti, i privilegi ed i doveri di un’Assemblea Spirituale Locale.» Se ne deduce perciò che, in una situazione del genere, è dovere di ogni bahá’í prendere parte alla dichiarazione congiunta. Se un bahá’í, comunque, si rifiuta lo si deve aiutare a capire che ha gravemente mancato ai suoi doveri di bahá’í. In questo grado di sviluppo della Causa un’Assemblea Spirituale Nazionale, per tale trasgressione, non deve - in linea generale - privare un credente del diritto di voto, ma amorevolmente e pazientemente educare gli amici a prendere consapevolezza delle loro responsabilità.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Nuova Zelanda, 12 ottobre 1969) 20. Il credente deve essere “residente” per partecipare alla formazione di un’Assemblea Spirituale - Casi eccezionali «Per essere considerato membro di una comunità locale bahá’í al fine della formazione o del mantenimento di un’Assemblea Spirituale Locale, un credente - alla data del primo giorno di Ri?ván - deve risiedere nell’area di sua giurisdizione. Questa è la regola. Cosa costituisca “Residenza” è un fatto secondario che decide ciascuna Assemblea Spirituale Nazionale, ma non vi è alcuna deroga al principio che un credente deve essere residente per poter partecipare alla formazione dell’Assemblea Spirituale. Come avrete notato dalle istruzioni suddette, non è possibile per i credenti che vivono fuori dai confini municipali di una località essere enumerati fra i suoi membri. Naturalmente vi possono essere diversi casi eccezionali. Per esempio, può accadere che uno studente universitario trascorra circa sei mesi dell’anno nella città sede dell’università e gli altri sei mesi in casa dei suoi genitori; in tal caso gli si permette normalmente di scegliere quale dei due luoghi considerare residenza ai fini amministrativi. In ogni modo, non si può essere considerati contemporaneamente residenti di due posti. Per di più, non è indispensabile essere fisicamente presenti per essere residenti. Vi sono molti casi di marinai o rappresentanti che trascorrono la maggior parte del tempo spostandosi da un luogo all’altro e tuttavia sono incontestabilmente residenti nella città in cui vive la loro famiglia. Tutte queste questioni devono essere risolte dall’Assemblea Spirituale Nazionale alla luce delle singole circostanze nel contesto generale della definizione di “residenza” adottata; naturalmente deve trattarsi di una definizione logica, altrimenti il principio ne verrebbe vanificato.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Francia, 18 settembre 1985) 21. Riformazione per elezione o dichiarazione congiunta - Il rifiuto di un credente a partecipare non impedisce la riformazione dell’Assemblea «Negli anni successivi l’Assemblea deve essere riformata ogni Ri?ván, o per elezione, se il numero dei credenti votanti supera il nove, o per dichiarazione congiunta, se il loro numero è esattamente di nove. La mancanza o il rifiuto di un credente di prendere parte alla dichiarazione congiunta non sono di per sé un ostacolo alla riformazione dell’Assemblea. Dove il numero dei credenti votanti di una comunità nel corso dell’anno scende al di sotto di nove, l’Assemblea Spirituale Locale non cade automaticamente: continua ad esistere, purché l’Assemblea Spirituale Nazionale abbia la speranza o la prospettiva di ripristinare il numero con nuovi dichiarati o con pionieri. Comunque, se al Ri?ván successivo il numero non è stato ripristinato, l’Assemblea cade.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 22 luglio 1981) 22. Casi in cui un’Assemblea non deve essere considerata immediatamente caduta «Egli pensa che, dove è in dubbio lo scioglimento di un’Assemblea, ogni caso deve essere trattato separatamente: se un membro si trasferisce definitivamente lasciandola con meno di nove membri, l’Assemblea, se i suoi componenti hanno un pronto rimedio in vista, non deve sciogliersi immediatamente. In altre parole, se stanno per confermare subito, o ricevere entro un ragionevole lasso di tempo, qualcuno che sostituisca il membro trasferito, non è necessario perdere lo status di Assemblea. Se ciò dovesse accadere per ostacoli insormontabili, allora l’Assemblea può essere ricostituita solo il 21 aprile. Anche se alcuni membri temporaneamente non partecipano alle sedute, non è necessario sciogliere l’Assemblea; al contrario, occorre educare ed incoraggiare i riluttanti ad assumersi nuovamente i loro obblighi spirituali di credenti. Un’Assemblea Spirituale non si regge su nove persone disponibili per ciascuna seduta, ma su nove bahá’í residenti che fanno del loro meglio per assolvere i propri doveri nei confronti dell’Assemblea. Quando non ne siano impediti da malattia, assenze o altri validi motivi.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 31 Mirza 1945) 23. Membri di Assemblee disciolte - Da notificarsi alla segreteria nazionale «… ogni Assemblea che si è disciolta deve darne immediato annuncio al segretario nazionale, il quale deve sempre tenere una lista aggiornata delle Assemblee. Ogni Assemblea disciolta non potrà essere ricostituita fino all’epoca delle elezioni in aprile.» (Lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 13 aprile 1944: Il Patto e l’Amministrazione Bahá’í, p. III) 24. Modifiche nella giurisdizione dell’Assemblea Spirituale - Secondo le modificazioni delle unità civili «Secondo il principio di carattere generale, un’ Assemblea Spirituale Locale può essere formata anche nella più piccola unità amministrativa civile del paese. Se queste aree vengono ingrandite o ridotte dal Governo, anche l’area di giurisdizione dell’Assemblea deve essere modificata.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dello Zambia, 8 giugno 1978) 25. In prigione non si possono formare Assemblee «Le Mani della Causa residenti in Terra Santa ci hanno comunicato la parte della lettera di... del 3 febbraio, che riferisce il lavoro di insegnamento nella prigione di... e la formazione di Assemblee Locali nei penitenziari. Mentre questo lavoro d’insegnamento è encomiabile, chi accetta Bahá’u’lláh in quelle condizioni non può assumersi responsabilità di carattere amministrativo, né quindi si possono formare Assemblee Locali in prigione. Si può comunque, osservare le Feste del 19° Giorno, i Giorni Sacri ed altre ricorrenze Bahá’í. Quando torneranno nelle loro comunità, potranno partecipare anche agli affari amministrativi.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 9 febbraio 1972. Estratto Da una lettera scritta ad un’altra Assemblea Spirituale Nazionale l’11 giugno 1964) 26. Qualifiche dei membri dell’Assemblea soggetti alle umane limitazioni «.. riguardo alle qualifiche dei membri dell’Assemblea Spirituale: Vi è una distinzione di fondamentale importanza che deve essere sempre tenuta a mente a questo riguardo, e cioè la distinzione fra l’Assemblea Spirituale, come istituzione, e le persone che la compongono. Non s’intende affatto che queste debbano essere perfette, né possono essere considerate essenzialmente superiori agli altri credenti; ed è precisamente perché tali persone sono soggette alle stesse limitazioni umane che caratterizzano gli altri membri della comunità, che devono essere elette ogni anno. Proprio l’esistenza delle elezioni è una chiara indicazione che i membri di Assemblea, sebbene facciano parte di una istituzione divina e perfetta, sono - ciò malgrado - imperfetti. Ma questo non implica necessariamente che siano senza senno.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 15 novembre 1935. “Istruzioni ai credenti Bahá’í”, pp. 10-11, n. 10) 27. Le qualifiche descritte sono applicabili a chiunque venga eletto «In quanto alla sua domanda circa le qualifiche dei delegati e dei membri di Assemblea: le qualifiche ch’egli descrive sono realmente applicabili a tutti coloro che eleviamo a un incarico bahá’í di qualunque natura. Ma si tratta solo di un’indicazione: e ciò non significa che chi non risponda a tali requisiti non possa essere eletto. Dobbiamo puntare più in alto possibile.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 24 ottobre 1947. “Elezioni Bahá’í”, p. 86, n. 11) 28. Membri del Consiglio Ausiliare - Eleggibilità «Tutti i bahá’í adulti, compresi i Membri del Consiglio Ausiliare, sono eleggibili per votare nelle elezioni dei delegati o dell’Assemblea Spirituale Locale.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Uganda e Africa Centrale del 10 aprile 1966) 29. I Membri del Consiglio Ausiliare possono servire temporaneamente in Assemblea * «I Membri del Consiglio Ausiliare, sono eleggibili in tutte e tre le elezioni. Quindi non si deve invalidare una scheda perché contiene il nome di un membro del Consiglio Ausiliare. Il principio basilare in questione è che lo stesso membro del Consiglio Ausiliare deve decidere se accettare o meno la sua elezione. Come avete affermato nella vostra lettera, se il numero dei bahá’í di una comunità scende a nove, compreso il membro del Consiglio Ausiliare ivi residente, quest’ ultimo può servire temporaneamente come membro dell’Assemblea per evitarne la caduta.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 25 Mirza 1966, citata nella compilazione “Auxiliary Board Members”) *(Vedi anche n. 91-92) 30. Le elezioni annuali danno l’opportunità di porre rimedio ai difetti dell’Assemblea «Poiché, come ‘Abdu’l-Bahá ha ripetutamente sottolineato, le Assemblee Bahá’í sono sotto la guida e la protezione di Dio, le elezioni, specialmente quando sono annuali, danno alla comunità una buona opportunità di porre rimedio a qualsiasi difetto o imperfezione che l’Assemblea possa avere come conseguenza delle azioni dei suoi membri. In tal modo è stato stabilito un metodo sicuro per elevare e migliorare continuamente la qualità di membro di Assemblea. Tuttavia, come già detto, l’Assemblea Spirituale quale Istituzione non deve mai essere identificata con le qualità personali dei membri che la compongono, o essere valutata semplicemente attraverso quelle qualità.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 15 novembre 1935) 31. Assenza di candidatura nelle elezioni bahá’í - Una caratteristica distintiva «Per quanto riguarda la pratica della candidatura nelle elezioni bahá’í, il Custode ritiene fermamente che ciò sia in totale disaccordo con lo spirito che deve animare e dirigere tutte le elezioni tenute da bahá’í, siano esse di carattere ed importanza locale o nazionale. È proprio l’assenza di tale pratica che costituisce la caratteristica e la spiccata distintiva superiorità del metodo elettorale bahá’í, rispetto a quelli comunemente ricollegabili ai partiti politici e alle loro fazioni. Essendo la candidatura contraria allo spirito dell’Amministrazione bahá’í, deve essere completamente scartata da tutti gli amici, poiché altrimenti la libertà dell’elettore bahá’í nella scelta dei membri di qualsiasi Assemblea Bahá’í sarà seriamente compromessa, in quanto darebbe adito al sopravvento di singole personalità. Non solo, ma il semplice atto della candidatura porta inevitabilmente alla formazione di partiti, cosa totalmente aliena allo spirito della Causa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 4 febbraio 1935) 32. Le procedure elettorali bahá’í sviluppano il senso di responsabilità «Oltre a questi seri danni, la pratica della candidatura ha il grande svantaggio di uccidere nei credenti lo spirito di iniziativa e di auto sviluppo. Infatti, uno degli scopi essenziali delle procedure elettorali bahá’í è quello di sviluppare in ogni credente il senso di responsabilità. Mettendo in risalto la necessità di mantenere la propria piena libertà nelle elezioni, il credente sente il dovere di diventare un attivo e ben informato membro della comunità in cui vive.» (Ibidem) 33. Libertà di scelta dei credenti - Dovrebbero essere i migliori e più svariati elementi «...ma sono convinto che non sia in armonia con lo spirito della Causa imporre limitazioni alla libertà che hanno i credenti di scegliere fra le persone di qualsiasi razza, nazionalità o temperamento quello che meglio combini le qualità essenziali per essere membro di istituzioni amministrative. Devono ignorare le personalità e concentrare l’attenzione sulle qualità e sui requisiti dell’incarico, senza pregiudizi, passioni o parzialità. Nell’Assemblea devono essere rappresentati gli elementi più scelti, vari e capaci di ogni comunità bahá’í.» (Lettera del Custode ad un credente, 11 agosto 1933. Elezioni Bahá’í, pp. 85-6 n. 10) 34. I credenti devono diventare elettori intelligenti, bene informati e responsabili * «Per essere in grado di fare una saggia scelta al momento delle elezioni, è necessario che sia in stretto e continuo contatto con tutti i suoi compagni di fede, si tenga al corrente di tutte le attività locali - d’insegnamento, amministrative o di altro tipo - e che partecipi intensamente e con gioia al lavoro dei comitati locali e nazionali e delle assemblee del suo paese. Solo così un credente può sviluppare una vera coscienza sociale ed acquisire un effettivo senso di responsabilità nelle questioni inerenti agli interessi della Causa. Quindi la vita comunitaria bahá’í impone ad ogni fedele e leale credente il dovere di divenire un intelligente, bene informato e responsabile elettore, dandogli le opportunità di elevarsi a tale rango. E siccome la pratica della candidatura ostacola lo sviluppo di dette qualità e conduce, inoltre, alla corruzione e alla partigianeria, deve essere completamente eliminata in tutte le elezioni bahá’í.» (Da una lettera scritta per conto di Shoghi Effendi a un credente il 4 febbraio 1935) 35. La propaganda elettorale è deprecata. «La forza ed il progresso della Comunità bahá’í dipendono dall’elezione di anime pure, fedeli ed attive... Gli intrighi sono deprecati... Le elezioni bahá’í della comunità sono… purificate da tutte quelle manifestazioni di propaganda e imbrogli che caratterizzano le attività dei perfidi.» (Da una lettera di Shoghi Effendi agli amici in Persia, 9 aprile 1932, Elezioni Bahá’í, p. 85, n. 9) 36. Riferimento a persone prima delle elezioni. «Penso che fare riferimento a persone prima delle elezioni darebbe adito a malintesi e divergenze. Quello che gli amici devono fare è imparare a conoscersi bene l’un l’altro, scambiarsi opinioni, familiarizzare e discutere fra loro i requisiti e le qualifiche che sono necessari per la funzione di membro, senza comunque fare riferimento - per quanto indiretti - a determinate persone o fare richieste. Invece dobbiamo mettere in rilievo la necessità di essere pienamente edotti sulle qualità necessarie alla funzione di membro, come riferite nelle Tavole del nostro Benamato, e di conoscersi di più l’un l’altro attraverso il contatto diretto e personale, piuttosto che attraverso le voci e le opinioni degli amici.» (Lettera di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale di Akron, Ohio, 14 maggio 1927, Principles of Bahá’í Administration, p. 47) 37. Evitare intrighi «Attenti, attenti, che il fetore dei partiti e dei popoli di terre straniere in Occidente, coi loro perniciosi metodi, quali intrighi, partiti politici e propaganda – pratiche odiose perfino nel nome – non s’introducano nella comunità bahá’í, influenzando in qualche modo gli amici e vanificando ogni spiritualità. Gli amici devono abolire questi malvezzi con la devozione, l’amore, la lealtà e l’altruismo, e non imitarli. E soltanto dopo che essi abbiano completamente ignorato tali mali, purificandosene del tutto, lo spirito di Dio potrà penetrare e operare nel corpo dell’umanità e nella comunità bahá’í». (Da una lettera di Shoghi Effendi agli amici in Persia, 30 gennaio 1923, Elezioni Bahá’í, p. 83, n°1) 38. Giorno delle elezioni. «Il giorno dell’elezione gli amici devono parteciparvi attivamente, in unità e amicizia, volgendo i cuori a Dio, distaccati da tutto fuorché da lui, cercando la Sua guida e supplicandone l’aiuto e la generosità.» (Lettera del Custode agli amici in Persia, 30 gennaio 1923, Elezioni Bahá’í, p. 83, n. 3) 39. Preghiere e riflessioni prima di votare. «.. l’elettore... è chiamato a votare per nessun altro che non sia uno di coloro che la preghiera e la riflessione gli hanno ispirato di sostenere. inoltre la pratica della candidatura, così nociva nell’atmosfera di un’elezione silenziosa e devota, è considerata con sfiducia, poiché essa... negherebbe a ciascun elettore quel diritto, datogli da Dio, di votare soltanto in favore di coloro che egli, in piena coscienza, giudica che siano i candidati più degni.» (Lettera di Shoghi Effendi, 27 maggio 1927. Il Patto e l’Amministrazione Bahá’í, p. 108 e Istruzioni ai Credenti Bahá’í, p. 12 n. 13) «..al momento delle elezioni gli amici dovrebbero essere disposti alla preghiera, disinteressati e distaccati da motivazioni allora saranno ispirati ad eleggere i membri adatti per le assemblee.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente il 7 giugno 1924) 40. Procedura per votare per posta «La stessa procedura deve essere seguita per votare per posta, e cioè: il voto deve essere posto in una busta che, una volta chiusa senza apporvi alcun segno o firma, deve essere inserita in un’altra busta sulla quale si deve indicare il nome del votante.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali del 21 gennaio 1973) 41. Nessun quorum è richiesto per l’elezione di un’Assemblea «Nessun quorum è richiesto nelle elezioni dell’Assemblea Spirituale Locale e questa regola si applica anche in caso di elezioni suppletive. Il semplice fatto che meno di nove persone votino per eleggere i membri dell’Assemblea Locale non invalida l’elezione. Come sapete, l’Assemblea Nazionale può sempre verificare le modalità con cui è stata eletta un’Assemblea Spirituale Locale e stabilire, a sua discrezione, se considerate tutte le circostanze, la sua situazione può essere riconosciuta.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 16 aprile 1969) 42. Elezioni bahá’í di Assemblee Locali - Non più né meno di nove voti 1 «A proposito della Vostra domanda se nelle elezioni delle Assemblee Spirituali gli elettori devono esprimere esattamente nove voti o anche meno. Poiché il numero dei membri di un’Assemblea Spirituale, secondo i principi dell’Amministrazione bahá’í è al momento fissato in nove, ne consegue che nessun voto è valido se non è dato esattamente a nove membri. È quindi sacro compito di ogni elettore bahá’í dare nove voti, non uno di più o uno di meno, con l’esclusione di determinate circostanze per assicurare che l’elezione dell’Assemblea sia valida e su una base la più rappresentativa possibile.» (Da una lettera scritta per conto del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche il 27 Mirza 1940) (Vedere anche il n. 80 e il n. 90) 43. Il credente può votare per se stesso «Il credente può votare per se stesso, se in piena coscienza sente di farlo. Ciò non implica necessariamente che sia ambizioso o egoista, poiché in perfetta buona fede può ritenere che le sue qualifiche gli conferiscano il diritto di far parte d’un corpo amministrativo bahá’í; e può anche aver ragione. L’essenziale comunque è che sia sincero ed agisca secondo i dettami della sua coscienza. Per ci più, la funzione di membro d’assemblea o di comitato è una forma di servizio e non deve essere vista come un segno di intrinseca superiorità o come mezzo di auto elogio.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale d’India, Pakistan e Birmania il 23 maggio 1938, Dawn of a New Day, pp. 200-201) 44. Il voto è segreto «Ciascun voto deve essere tenuto segreto. Non è permesso fare qualsivoglia riferimento ad alcun nome. Gli amici devono evitare i cattivi metodi e i detestabili modi dei politicanti. Essi devono volgersi completamente a Dio e partecipare alle elezioni con purezza d’intenti, libertà di spirito e santità di cuore, altrimenti ne risulteranno caos e confusione, sorgeranno serie difficoltà, abbonderà la malizia e le confermazioni e le benedizioni di Dio saranno negati.» (Lettera del Custode agli amici in Persia, 16 gennaio 1932. Elezioni Bahá’í, p. 85, n. 7) 45. Scrutinio segreto «Facciamo molta attenzione affinché le elezioni si svolgano in libertà, con partecipazione totale e per voto segreto. Intrighi, frodi, collusioni o pressioni devono essere evitati e sono proibiti.» (Lettera del Custode agli amici in Persia, 16 gennaio 1932. Elezioni Bahá’í, p. 85, n.8) 46. I risultati delle elezioni devono essere accettati «..Una volta terminata l’elezione dell’Assemblea, i risultati devono essere coscienziosamente ed incontestabilmente accettati dall’intero corpo dei credenti, non perché rappresentino necessariamente la voce della verità o il volere di Bahá’u’lláh, ma allo scopo supremo di mantenere l’unità e l’armonia della Comunità. Inoltre, l’accettazione del voto della maggioranza è l’unico modo efficace e pratico per superare le situazioni di stallo nelle elezioni; nessun’altra soluzione è infatti possibile.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente il 10 luglio 1939) 47. Parità di voti «A proposito della vostra domanda circa la parità di voti: il ballottaggio fra due membri di un’Assemblea Spirituale che hanno ottenuto lo stesso numero di voti può essere effettuato - se necessario - anche dopo il primo giorno del Ri?ván, ma naturalmente non troppo tempo dopo.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Salvador, 4 luglio 1972) 48. Se un credente si ritira - e dopo è eletto nell’Assemblea Spirituale «Riguardo alla vostra domanda se si debbano prendere in considerazione, senza comunque annullare i rimanenti voti delle schede, i voti ottenuti da una persona che venga eletta membro dell’Assemblea Locale, ma ritiratasi dalla Fede prima delle elezioni, e il cui nome, di conseguenza, sarà cancellato dall’elenco dei credenti: se la procedura del ritiro non ha avuto luogo, cioè, se il credente, il giorno dell’elezione, rifiuta di parteciparvi adducendo il motivo della sua intenzione di ritirarsi dalla comunità, e viene poi eletto membro dell’Assemblea, non essendo questo ritiro a conoscenza degli amici, gli altri otto membri eletti devono riunirsi, esaminare la questione e, se il ritiro viene accettato e quindi si cancella il nome dall’elenco dei credenti, si deve indire un’elezione suppletiva per il posto vacante.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 11 dicembre 1979) 49. Migrazioni di massa «Le Assemblee Locali non possono essere formate in qualunque momento dell’anno, a meno che non sia la prima volta. La Casa di Giustizia comprende pienamente i problemi che affrontate ogni anno per la formazione delle Assemblee di... a causa delle migrazioni in massa degli amici nel periodo della raccolta delle noci. Ad ogni modo - come avete suggerito - le Assemblee di quella zona non possono essere elette prima del 15 gennaio o dopo il 15 maggio. Abbiamo rilevato dalla vostra lettera che non tutti gli amici di... possono migrare, durante il periodo del Ri?ván, verso le regioni più alte, il che consentirebbe a coloro che rimangono di tenere le elezioni. Quei bahá’í che partono e sono assenti per il Ri?ván possono lasciare i loro voti a quelli che restano i quali il Primo Giorno del Ri?ván, li contano e comunicano i risultati dell’elezione alla Assemblea Spirituale Nazionale o al suo rappresentante. Se tutti gli amici residenti nella giurisdizione di un’Assemblea se ne allontanino per andare a lavorare in località differenti e nel villaggio non c’è nessuno per ricevere i loro voti, prima della loro partenza essi possono scriverli e spedirli all’Assemblea Nazionale o a qualunque comitato incaricato dall’istituzione che, al Ri?ván, aprirà e conterà i voti e informerà gli amici sul risultato dell’elezione dell’Assemblea Locale al loro ritorno. Quando, invece, l’intera popolazione bahá’í di un villaggio si sposta tutta insieme in una località ed è assente durante il periodo del Ri?ván, può eleggere al Ri?ván la sua Assemblea ed essa inizierà a svolgere le sue funzioni al ritorno.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Cile, 1 gennaio 1984) 50. Casi particolari che impediscono l’elezione della Assemblea al Ri?ván «Le Assemblee Spirituali Locali che non vengono rielette durante il periodo del Ri?ván devono essere considerate Gruppi. Comunque, possono verificarsi particolari condizioni al di fuori del controllo dei credenti locali, quali - come avete detto - quella di bahá’í che hanno abbandonato la comunità a causa di inondazioni o condizioni meteorologiche estremamente inclementi che hanno reso impossibili le elezioni. In questi casi, certamente rari per la loro stessa natura, l’Assemblea Spirituale Nazionale può far uso del suo potere discrezionale per il riconoscimento dell’Assemblea Spirituale Locale, o la considera Gruppo, o decide di tenere le elezioni delle Assemblee Spirituali Locali interessate in una data successiva, quando gli amici saranno ritornati nelle loro comunità.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 5 settembre 1983). 51. Nel corso dell’anno, si devono guidare i credenti verso le corrette procedure amministrative «Condizioni di limitata disponibilità di credenti locali, difficoltà di viaggiare e mancanza di istruzione sono presenti in varia misura in altri paesi del mondo, e abbiamo sempre esortato le Assemblee Spirituali Nazionali interessate di guidare e insegnare agli amici le corrette procedure amministrative bahá’í, non solo nelle settimane immediatamente precedenti le elezioni locali, ma anche durante il corso dell’anno, in modo che gli amici attendano con ansia l’arrivo del Ri?ván e siano determinati ad osservare e sostenere i corretti principi dell’amministrazione bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale il 24 settembre 1973) E. Convenzioni Annuali 52. Le funzioni della Convenzione Nazionale «I delegati riuniti alla Convenzione Nazionale hanno due funzioni basilari: eleggere e raccomandare...» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 8 giugno 1967) «La Convenzione ha due funzioni puramente consultive e il suo parere non è vincolante per coloro ai quali compete la decisione finale nei temi di pura amministrazione; tuttavia si prenda ogni precauzione e si abbia la massima cura affinché nulla ostacoli i delegati nel completo e libero esercizio delle loro funzioni. Nessuna influenza, nessuna pressione, neppure da parte della Assemblea Nazionale, dovrà mai modificare le vedute e limitare la libertà dei delegati nello svolgimento di questo sacro compito. Essi devono essere del tutto indipendenti da qualsiasi organo amministrativo, devono affrontare il loro compito con completo distacco e concentrare l’attenzione sui temi più importanti e urgenti.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 18 agosto 1933. Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 30-31, n. 23) 53. Elezione dei delegati alle Convenzioni Nazionali «Come sapete, alcune comunità nazionali eleggono i loro delegati alla Convenziona Nazionale sulla base di aree dove esistono Assemblee Spirituali Locali, mentre in altre comunità nazionali più grandi i delegati vengono eletti sulla base di unità elettorali in cui tutti i credenti adulti hanno il voto. In vista della crescita della Fede e dello sviluppo delle comunità bahá’í, la Casa Universale ha deciso che - nonostante in alcuni paesi il numero dei credenti a delle Assemblee Spirituali Locali sia ancora piccolo - è ormai tempo che i delegati alle Convenzioni Nazionali vengano eletti ovunque sulla base di unità elettorali, ma con la possibilità di introdurre alcune varianti delle procedure finora adottate. Queste variazioni vengono illustrate più avanti e hanno lo scopo di rendere il sistema adattabile alla diversa preparazione di molte comunità bahá’í ed alla geografia dei territori in cui sono situate. Per fissare le unità elettorali per l’elezione dei delegati l’Assemblea Spirituale Nazionale deve suddividere il territorio sotto la sua giurisdizione in unità elettorali, basate sul numero dei bahá’í adulti in ciascuna area, in modo che ogni unità abbia la responsabilità di eleggere, preferibilmente, un solo delegato. Oltre alla votazione, è importante l’opportunità di consultazione con i delegati. Finora questo scopo è stato raggiunto indicendo una convenzione in ogni unità elettorale, alla quale sono stati invitati tutti i credenti di ciascuna di esse. L’elezione dei delegati ha quindi avuto luogo in convenzioni di area, prevedendo anche la possibilità del voto per posta per coloro i quali non avrebbero potuto parteciparvi. In diverse aree queste riunioni sono state molto fruttifere ed hanno favorito la collaborazione fra i credenti dell’unità. In altre aree, invece, per una serie di motivi, la partecipazione è stata molto scarsa essendo prevalsa la votazione per posta, e ciò sta a significare che i delegati sono stati eletti da una percentuale relativamente bassa dell’elettorato. Le Assemblee Nazionali sono libere di indire convenzioni di area se vedono che hanno successo, ma se rilevano problemi di partecipazione possono seguire il metodo alternativo descritto più avanti. Nelle località in cui le convenzioni di area si sono dimostrate inefficaci, o non sembrano essere una procedura attuabile, l’Assemblea Nazionale può suddividere ogni area elettorale in sottoaree di opportune dimensioni: in ciascuna di queste si potrebbe tenere una riunione alla quale invitare tutti i credenti adulti colà residenti. Ciò potrebbe consentire la partecipazione di un gran numero di credenti. È importante comunque ricordare che il delegato da eleggere rappresenterà l’intera unità e di conseguenza - sebbene la votazione sia effettuata in sottoaree - ogni votante può scegliere fra tutti i credenti adulti residenti nell’intera area. In alcuni paesi potrebbe perfino essere difficoltoso per i credenti di una sottoarea riunirsi in un dato momento, e quindi organizzare queste riunioni non sarebbe utile. Allora si potrebbe scegliere un luogo al centro di ogni sottoarea in cui istituire una sezione elettorale dove gli amici avrebbero la possibilità di lasciare i loro voti o nello stesso giorno delle elezioni o quando fossero in grado di farlo. Ogni Assemblea Spirituale Nazionale deve studiare e conoscere perfettamente le linee principali di questo sistema, curarne tutti i dettagli ed assicurarsi che tutti gli amici siano bene informati e consapevoli di ciò che ci si aspetta che facciano. Per stabilire i dettagli ed educare gli amici si può chiedere l’aiuto e suggerimenti dei Consiglieri, dei Membri del Corpo Ausiliare e dei loro assistenti. Potrebbe anche essere consigliabile che l’Assemblea Nazionale nomini uno speciale comitato nazionale che organizzi le elezioni e le sovrintenda tramite sottocomitati o rappresentanti di area. Tali questioni di dettaglio potrebbero includere le seguenti: - Numero dei delegati da assegnare a ciascuna area. È preferibile che sia uno per ogni area: tuttavia, in certi casi, ciò potrebbe non essere attuabile, come per esempio in quelle zone in cui sono presenti una o più comunità locali numerose. Allora si renderebbe necessario prevedere un’area abbastanza grande da costituire la base elettorale per due o eventualmente tre delegati. - Numero e dimensione delle sottounità. Possono essere tante quante le Assemblee Spirituali Locali in una unità, con i confini delineati in modo da includervi i centri isolati e i gruppi bahá’í dei dintorni. In qualche zona lontana, potrebbe persino essere necessario avere sottounità in caso non ci siano Assemblee Spirituali Locali. - Corpo amministrativo responsabile dell’organizzazione della convenzione di area, o dell’istituzione e supervisione di una sezione elettorale. Potrebbe essere un’Assemblea Spirituale Locale forte e ubicata in una zona centrale dell’area, o un comitato. - Giorno o giorni in cui devono aver luogo le elezioni. Se fosse consigliabile, si potrebbe svolgere nelle varie sotto-aree in giorni differenti, comunque nell’ambito di un ragionevole lasso di tempo. - Maniera in cui i voti devono essere dati, raccolti, conteggiati e raggruppati con quelli provenienti dalla stessa unità. - Procedure da seguire per la consultazione, ove sia prevista. - Metodo di controllo della votazione per assicurare che siano rispettate le appropriate procedure bahá’í, che le schede vangano conservate e che il votante utilizzi una sola scheda. - Procedura da seguire per un eventuale ballottaggio nel caso di una parità di voti. - Mezzi per annunciare agli amici di tutte le aree i nomi dei delegati eletti. La Casa Universale di Giustizia spera che l’attuazione di queste istruzioni da quest’anno in poi possa promuovere la solidarietà bahá’í, allargare la base di rappresentanza alle Convenzioni Nazionali e, di conseguenza, il lavoro della Fede in ogni paese sia caratterizzato da una maggiore efficienza e da una accresciuta armonia.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 21 luglio 1985) 54. L’area di giurisdizione dell’Assemblea non deve essere suddivisa in distretti elettorali «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la vostra lettera del 14 aprile 1986 e ci ha dato istruzione di confermare il principio che, in occasione dell’elezione dei delegati alla Convenzione Nazionale, l’area di giurisdizione di un’Assemblea Spirituale Locale non deve essere suddivisa in distretti. Ci è stato richiesto di spiegarvi più dettagliatamente la procedura. La basilare linea di condotta per fissare i confini dei distretti elettorali, descritta nella lettera del 21 luglio 1985, consisteva nella suddivisione, da parte di una Assemblea Spirituale Nazionale, del territorio sotto la sua giurisdizione in aree elettorali in base al numero di credenti adulti residenti in ciascuna di esse, ed in modo tale che ogni area debba eleggere preferibilmente un solo delegato. Nella lettera veniva successivamente chiarito che, sebbene sia preferibile avere un solo delegato per ciascuna area, ciò non è sempre attuabile, come, per esempio, in aree in cui esistono una o più grosse comunità locali. In tal caso può essere necessario provvedere unità abbastanza grandi da costituire basi elettorali per due od eventualmente tre delegati. In alcune comunità nazionali bahá’í relativamente piccole in relazione al numero dei delegati assegnati per le loro Convenzioni Nazionali, potrà risultare necessario - per evitare suddivisioni di località (cioè le aree di giurisdizione delle Assemblee Spirituali Locali) - che alcuni distretti elettorali eleggano più di tre delegati: ciò non ha importanza, purché venga rispettato il più possibile il principio della proporzionalità.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Francia, 3 giugno 1986) 55. Delegati assegnati in proporzione alla forza numerica «I delegati devono essere assegnati uniformemente in tutte le parti del paese in proporzione alla forza numerica della comunità bahá’í. La questione se gli amici siano attivi o meno non deve essere presa in considerazione; tutte le persone da voi accettate come bahá’í devono essere incluse nella lista dei votanti. Naturalmente, se di taluni credenti si è perduta ogni traccia malgrado tutti i ragionevoli tentativi per localizzarli, non è necessario indicarli nella lista dei votanti.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Guaiana Francese, 20 gennaio 1987) 56. L’inattività non giustifica la cancellazione del nome dalla lista dei votanti «La semplice inattività da parte di un credente non giustifica la cancellazione del suo nome dalla lista dei votanti, né è conforme ai principi bahá’í prendere in considerazione il grado di attività nell’assegnazione dei delegati. I credenti di cui non si conoscono gli indirizzi devono essere considerati separatamente dagli inattivi, ed occorre fare distinzione fra coloro che sono interessati alla Fede ma restano inattivi, e coloro la cui inattività indica una totale perdita di interesse fino al punto da non considerarsi più bahá’í.» (Ibidem) 57. Sostituzione di delegati «Nella Costituzione Nazionale Bahá’í non vi è alcun articolo riguardante la sostituzione di un delegato e ciò significa che sulla materia ogni Assemblea Spirituale Nazionale è libera di decidere. In genere si usa la procedura seguente. Se un delegato muore o diviene inabile a servire prima della Convenzione, il credente votante con il più alto numero di voti successivi può sostituirlo, o può essere tenuta un’altra elezione. Se un delegato diviene inabile dopo la Convenzione - ed è necessaria una elezione suppletiva per l’Assemblea Spirituale Nazionale, potete decidere se il delegato debba o no essere sostituito, e se si decide così, come. Nella eventualità del trasferimento in altra sede di un delegato eletto, prima o dopo la Convenzione, potrete decidere se sostituirlo o continuare a considerarlo delegato. Qualunque procedura adottiate uniformemente seguita per tutti i casi simili.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Argentina, 3 luglio 1973) 58. L’Assemblea Spirituale Nazionale stabilisce il momento opportuno in cui tenere le Convenzioni di area «... i dettagli sono lasciati alla discrezione dell’Assemblea Spirituale Nazionale, compresi la scelta del momento per l’assegnazione dei delegati e per lo svolgimento delle Convenzioni di area. La Casa di Giustizia puntualizza, comunque, che l’assegnazione dei delegati deve essere effettuata il più tardi possibile, per consentire all’Assemblea Nazionale di prendere in considerazione ogni incremento del numero dei credenti che possa incidere sul numero dei delegati da assegnare.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Kenya, 29 Mirza 1987) 59. Consultazione fra i delegati e l’Assemblea Spirituale Nazionale «Temo che questa lettera vi giunga dopo la fine della Convenzione ma spero che vi serva ad assicurarvi sulla necessità di adottare nelle convenzioni future il metodo essenziale di una piena, franca e libera consultazione tra le Assemblee Nazionali e i delegati riuniti. È dovere vitale dei delegati d’aprire il loro cuore, esprimere le loro preoccupazioni, manifestare i loro punti di vista e spiegare i loro motivi. È dovere dell’Assemblea Nazionale d’accordare fervida, pronta e devota considerazione delle vedute dei delegati, pesare attentamente le loro argomentazioni e ponderare i loro giudizi meditati prima di risolversi a votare e d’impegnarsi ad arrivare ad una decisione secondo i dettami della coscienza. Devono spiegare i loro motivi e non imporre: cercare informazioni ed invitare al dibattito.» (Dal postscriptum di una lettera scritta dal Custode all’Assemblea Spirituale di Montreal, Canada, 13 aprile 1927. Estratto da Bahá’í News, n. 18, giugno 1927, p. 3) 60. Posizione legale dei membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale alla Convenzione Nazionale «Quanto alla posizione legale dei membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale durante le sessioni della Convenzione, il Custode ritiene che si debba dare ai membri di entrambe le assemblee, entrante e uscente, il pieno diritto di partecipare alle discussioni della Convenzione. I membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale che sono stati eletti delegati avranno, oltre al diritto di partecipare, anche quello di votare. Il Custode desidera così rendere più efficaci le deliberazioni e le raccomandazioni dei rappresentanti nazionali. Egli pensa che l’esercizio di un tale diritto permetta ai membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale di consultarsi più a fondo con i delegati convenuti, di avere uno scambio di vedute più completo e più franco e di esaminare collegialmente gli interessi, le necessità e le esigenze della Causa. Questa, egli crede, è una delle principali funzioni della Convenzione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 25 dicembre 1933. Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 34, n. 25) 61. È preferibile che i delegati siano presenti alla Convenzione «.. Tuttavia deve essere chiaro per tutti i delegati eletti - ai quali dovrebbe essere ricordato continuamente - che la partecipazione personale alle sessioni della Convenzione è una responsabilità sacra ed è riconosciuta preferibile per prender parte attiva a tutti i lavori e per informare, al ritorno, gli amici delle realizzazioni, decisioni ed aspirazioni dei rappresentanti dei... credenti riuniti.» (Da una lettera scritta dal Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 24 ottobre 1925. Bahá’í Administration, pp. 91/92) 62. Se un delegato non può pagarsi le spese. «.. Per quanto riguarda l’argomento della presenza dei delegati alla Convenzione, l’Assemblea Nazionale dovrebbe specificare che sarebbe desiderabile che gli amici fossero autosufficienti. Se un delegato non può pagarsi le spese per partecipare alla Convenzione, l’Assemblea Locale o i credenti dell’unità elettorale da cui il delegato proviene, dovrebbero essere incoraggiati dall’Assemblea Nazionale perché consideri d’offrire assistenza finanziaria solo quando i fondi non sono reperibili da quelle fonti. Lo stesso principio è valido per le altre attività, quali partecipazione ad Istituti, Conferenze e Scuole Estive.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un certo numero di Assemblee Spirituale Nazionali, 9 febbraio 1967) 63. Nuova linfa accresce l’energia del gruppo. «Shoghi Effendi non ha mai detto che i membri dell’Assemblea Nazionale debbano essere parzialmente cambiati ogni anno. La cosa importante è che siano eletti in modo corretto. Sarebbe bello che fossero eletti nuovi membri, poiché nuova linfa accresce sempre l’energia del gruppo e tiene alto il suo morale. Ma ciò dipende esclusivamente dalla volontà dei delegati espressa dalla votazione.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 27 aprile 1932. Bahá’í News n. 67, p. 4, ottobre 1932) 64. Elezioni di nuovi membri d’Assemblea Spirituale Nazionale - Dovere degli amici di familiarizzare con gli altri credenti «Riguardo all’elezione di nuovi membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale, Shoghi Effendi non ritiene vi sia altro metodo pratico, conforme allo spirito degli insegnamenti, tranne quello di acquisire una migliore conoscenza degli amici durante le convenzioni annuali e le scuole estive. È dovere degli amici conoscersi vicendevolmente ed individuare i più idonei a diventare membri di quella istituzione. Si tratta di un processo lento, ma è certamente il migliore e conferisce la massima libertà di scelta agli elettori. Ciascun amico ha il dovere di diventare elettore più intelligente e di votare solo dopo aver studiato con coscienza la situazione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 16 Mirza 1933) 65. Consultazione fra i delegati di una regione prima della Convenzione - Nessuna obiezione, se i Bahá’í sono abbastanza maturi «La Casa di Giustizia non ha nulla da obiettare se, prima della Convenzione, i delegati di una regione promuovono una consultazione fra loro. Infatti, una delle importanti funzioni di una Convenzione Regionale, nella quale vengono appunto eletti i delegati, si estrinseca nella consultazione fra questi ultimi ed i credenti presenti, al fine di rendersi conto delle loro opinioni ed interessi in vista della propria partecipazione alla Convenzione Nazionale. Come sapete, alla Convenzione Nazionale ogni credente può chiedere ad un delegato di esporre in sua vece un argomento, ed il delegato - se vuole - è libero di farlo; analogamente non vi è nulla da obiettare se uni dei delegati, per risparmiare tempo, parla a nome di tutti i delegati della sua regione, sempre che questi siano d’accordo. D’altra parte, ci si deve rammentare che la Convenzione Nazionale è un’istituzione nazionale bahá’í e che ogni delegato deve innanzi tutto tenere presente gli interessi ed i bisogni della Causa in tutta la nazione e non soltanto quelli della regione in cui è stato eletto. Tutti questi dettagli sono di secondaria importanza e non sono previsti nella Costituzione Nazionale Bahá’í; spetta, quindi, all’Assemblea Spirituale Nazionale prendere - se è il caso - le opportune decisioni. In qualche paese i delegati possono essere abbastanza maturi per avere una preventiva consultazione in gruppi di carattere regionale, ma in un altro, invece, tale consultazione regionale potrebbe portare ad una specie di “riunione al vertice” o ad altri indesiderabili sviluppi. L’Assemblea Nazionale deve assicurarsi che vengano favoriti non semplicemente la forma ma anche lo spirito delle elezioni e della consultazione bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 26 ottobre 1983) 66. L’Assemblea Spirituale Nazionale presenzia alla Convenzione Nazionale quale Istituzione. «L’Assemblea Spirituale Nazionale presenzia alla Convenzione Nazionale come Istituzione, mentre i suoi membri presenziano quali singoli partecipanti alla consultazione. Questi due aspetti non sono incompatibili fra loro. tutto i delegati ed i membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale devono partecipare alla Convenzione in spirito di libera, franca ed amorevole consultazione bahá’í. La maggior parte dei bahá’í esplicano varie funzioni nella loro vita; molto spesso un membro di Assemblea Nazionale è anche delegato, membro di Assemblea Locale, membro di uno o più comitati e, talvolta, anche assistente di un membro del Corpo Ausiliare. Queste molteplici funzioni non devono impedire di esprimere le proprie idee in maniera franca e cortese in qualsiasi consultazione.» (Ibidem) 67. Alla Convenzione Nazionale possono votare solo i delegati. «Alla Convenzione Nazionale hanno diritto di voto solo i delegati, sia per eleggere l’Assemblea Spirituale Nazionale che per le decisioni da adottare. Talune decisioni, come quelle di inviare un telegramma contenente notizie o saluti per il Centro Mondiale o per un’altra Istituzione, possono essere messe immediatamente in atto, ma la maggior parte riguardano specifiche raccomandazioni da fare o meno all’Assemblea Spirituale Nazionale.» (Ibidem) 68. Ogni elettore deve votare per le nove persone più adatte. - Non tradire la sacra fiducia. «È un principio basilare delle elezioni delle Assemblee Spirituali Bahá’í che ogni elettore debba votare per le nove persone a suo giudizio più adatte per questo servizio. Può anche avere una cattiva opinione di tutti gli eleggibili, ma è suo dovere votare per nove persone fra loro che, a suo giudizio, rappresentino meglio il modello per servire in un’Assemblea Spirituale. Ed ora ecco perché è appropriato votare esattamente per nove persone. Dato che i componenti di un’Assemblea sono nove, si potrebbero verificare diverse irregolarità di carattere statistico se fosse permesso votare per meno di nove nomi. Non si verificano nelle elezioni di solito molti casi d’errore dovuti all’indicazione di persone non eleggibili, e pertanto gli effetti statistici sono talmente irrilevanti da non rendere necessaria l’invalidazione dell’intera scheda. Come rilevate, un credente che non intende votare per nove persone può raggiungere il suo scopo indicando di proposito nomi di non eleggibili, ma ciò sarebbe un tradimento della fiducia riposta in lui come elettore bahá’í. Questi fatti non si possono controllare ma - come qualsiasi azione contraria allo spirito della Fede - sono nocivi e devono essere vivamente scoraggiati.» (Ibidem) 69. La Convenzione Nazionale deve essere convocata durante il Ri?ván «Per quanto riguarda la data della vostra Convenzione Nazionale, essa deve avere inizio - e deve aver luogo l’elezione dell’Assemblea Nazionale - prima del tramonto del 2 maggio . È consentito che si prolunghi oltre il 2 maggio, purché sia convocata durante il Ri?ván.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Paraguay, 22 giugno 1986) 70. L’elezione dell’Assemblea Spirituale Nazionale deve essere tenuta a metà della Convenzione. «Abbiamo notato che, benché la vostra Convenzione abbia la durata di due giorni, avete programmato l’elezione della nuova Assemblea Nazionale subito dopo l’elezione delle cariche della Convenzione all’inizio del programma. Sappiate che - secondo le disposizioni di Shoghi Effendi - l’elezione dell’Assemblea Nazionale si deve tenere quanto più possibile vicino alla metà della Convenzione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Cile, 17 luglio 1983) 71. La Conferenza Nazionale d’Insegnamento e la Convenzione Nazionale non devono svolgersi nello stesso momento. «In risposta alla vostra lettera del 25 giugno 1982, nella quale chiedete se sia o meno permesso tenere la Conferenza Nazionale d’Insegnamento simultaneamente alla Convenzione Nazionale o nei giorni immediatamente precedenti o seguenti, la Casa Universale di Giustizia ci ha chiesto d’informarvi che la Convenzione Nazionale, qualunque ne sia la durata programmata, deve essere indipendente dalla Conferenza Nazionale d’Insegnamento. Non possono svolgersi simultaneamente, ma è lasciato a voi decidere se tenere prima l’una o l’altra.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 22 luglio 1982) 72. Il verbale delle presenze dei membri dell’Assemblea Nazionale può essere messo a disposizione dei delegati alla Convenzione Nazionale. «La Casa Universale di Giustizia in materia di rapporti ai delegati alla Convenzione Nazionale per quanto concerne una copia del verbale delle presenze dei membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale uscente conferma che ciò rientra completamente nel potere discrezionale della vostra Assemblea. Se desiderate potrete includere queste informazioni nella relazione dell’Assemblea Nazionale alla Convenzione. La stessa procedura può essere applicata quando un’Assemblea Spirituale Locale uscente vuole fornire ai credenti di una comunità locale informazioni sulle presenze dei suoi membri alle sedute.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Messico, 26 luglio 1981) 73. Durante la Convenzione Nazionale i seminari non sono adatti. «Egli pensa che i seminari non siano adatti alla Convenzione Nazionale, il tempo a disposizione dei delegati è breve e il loro scopo primario alla Convenzione è d’agire come un corpo che si assuma gli affari della Causa presentati per la discussione, proporre idee e far raccomandazioni. Senza dubbio il seminario in se stesso è una buona tecnica e può essere usato alle scuole estive e perfino - se considerato desiderabile - alle Conferenze, ma per la Convenzione è fuori posto.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 25 agosto 1949, Bahá’í News n. 226, dicembre 1949, p. 2) 74. I delegati hanno specifici doveri amministrativi. «I delegati hanno lo specifico dovere amministrativo d’agire come un corpo e di dividersi in piccoli gruppi per consultarsi su questioni che sono gli affari della Convenzione che non è corretto trattare tutti insieme particolarmente perché il tempo dei delegati è limitato.» (Ibidem) 75. Ai non delegati può essere permesso di parlare in Convenzione - Ma di questo permesso non si deve abusare. «Se un suggerimento che è stato permesso ad un non delegato di rivolgere alla Convenzione è approvato dai delegati, va bene. L’Assemblea Nazionale, tuttavia, deve essere attenta che non si abusi di ciò perché non si vanifichi il proposito originale di stimolare i delegati e non li si privi del limitato tempo a loro disposizione per impegnarsi nelle deliberazioni vitali. i delegati debbono tenere a mente che hanno affari di cui occuparsi e in tutti questi casi devono essere considerati i benefici della Convenzione.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale d’Argentina, 18 settembre 1968) 76. Membri del Consiglio Ausiliare presenti alla Convenzione Nazionale. «I membri del Consiglio Ausiliare presenti ad una Convenzione Nazionale non hanno il privilegio di parlare a meno che non ne siano incaricati dal Corpo dei Consiglieri Continentali o ne abbiano avuto il permesso dalla Convenzione.» (A tutti i Corpi dei Consiglieri Continentali dalla Casa Universale di Giustizia, 25 Mirza 1965) 77. È desiderabile che i Membri del Consiglio Ausiliare siano lasciati liberi da doveri amministrativi. «Le Assemblee Nazionali nelle cui aree di giurisdizione risiedono Membri Ausiliari, dovrebbero fra presente ai delegati della Convenzione che, mentre i doveri d’insegnamento e amministrativi non sono incompatibili, è desiderabile che i Membri del Consiglio Ausiliare - tanto per l’insegnamento quanto per la protezione - siano lasciati liberi di concentrarsi sul lavoro loro assegnato... Il seguente estratto Da una lettera del Custode scritta dal suo segretario, può essere condivisa con i delegati per guidarli mentre stanno per votare: Gli insegnanti della Causa possono sicuramente divenire membri di qualunque Assemblea o Comitato. Non vi è alcuna incompatibilità che li concerne. Ma Shoghi Effendi preferirebbe vederli impegnare tutto il loro tempo per insegnare e lasciare le funzioni amministrative a coloro che non possono servire come insegnanti.» (Da una delibera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 25 novembre 1963) 78. Partecipazione di Mani della Causa e di Consiglieri alla Convenzione. «Vi chiediamo di estendere ai Consiglieri Continentali della vostra area un cordiale invito perché partecipino a ciascuna vostra Convenzione annuale. A tutti i Consiglieri presenti ad una Convenzione deve essere accordata la stessa libertà della Convenzione che è concessa alle Mani della Causa. Se nessun Consigliere può essere presente possono incaricare una o due Assemblee del Consiglio Ausiliare perché agiscano come loro speciali rappresentanti che devono essere accolti con calore e con la cortesia dovuta a chi rappresenta il Corpo dei Consiglieri alla Convenzione.» (Ibidem 25 Mirza 1969) 79. I Consiglieri non sono eleggibili come Membri di Corpi Amministrativi. «I Membri di questi Corpi di Consiglieri serviranno per un periodo o periodi la lunghezza dei quali sarà determinata ed annunciata più tardi e, mentre restano in questo campo non sono eleggibili come membri di corpi amministrativi nazionali o locali...» (Casa Universale di Giustizia: Wellspring of Guidance, pp. 141/142) F. Istruzioni agli scrutatori, priorità delle minoranze, approvazione dell’Assemblea uscente * 80. Occorre dare le opportune istruzioni agli scrutatori.- Registrazione di nomi identici. «È compito della vostra Assemblea Nazionale stabilire come dare in anticipo e correttamente ai delegati le opportune istruzioni circa l’indicazione, nelle schede di votazione, di nominativi identici, nonché di stabilire le istruzioni da dar loro quando nel corso dello scrutinio si verifichino casi del genere. Da quel momento in poi, sarà compito degli scrutatori prendere le decisioni e comunicare i risultati alla Convenzione o all’Assemblea... D. Nell’elezione dei delegati, in caso di ballottaggio fra cinque persone per l’elezione di tre delegati, occorre leggere i nomi di tutti e cinque? R. Si D. Nell’elezione delle cariche, è permesso leggere i nomi di chi ha ottenuto lo stesso numero di voti? R. Quando si vota per le cariche di un’Assemblea, si giunge al risultato solo quando un membro ottiene cinque o più voti. Fino a quel momento tutti sono eleggibili per quella data carica e si devono far conoscere i risultati di tutti gli scrutini non validi.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Giamaica, 29 luglio 1971) * (Vedi anche n. 31-41) 81. Procedura della Convenzione a proposito del rapporto degli scrutatori «La normale procedura della Convenzione prevede un rapporto degli scrutatori in cui si annuncino i nomi dei nove credenti eletti in Assemblea Spirituale Nazionale, più informazioni sulla media dei voti raccolti. Tuttavia se la Convenzione vota per avere il rapporto completo o una qualunque parte di esso, ha la facoltà di chiedere le informazioni che saranno immediatamente presentate dagli scrutatori in accordo col voto della Convenzione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 16 dicembre 1965) 82. In determinate condizioni si possono annullare uno o più nomi* «In determinate condizioni si può annullare un intero voto. Esse sono: (1) Vi sono più di nove nomi su una scheda; (2) Vi sono meno di nove nomi su una scheda; (3) Doppio nominativo. In altre circostanze, a causa di specifiche irregolarità, si può invalidare uno o più nomi ma considerare valida il resto della scheda. Esso sono: (1) Un nome non è identificabile o è illeggibile; (2) Un nome di una persona non eleggibile, come un giovane o un non residente nell’area di votazione, considerato che naturalmente ogni voto non contenga più o meno di nove voti e che nessun nome sia doppio.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Giamaica del 29 luglio 1971) *Il voto non deve essere invalidato se contiene il nome di un membro del Consiglio Ausiliare 83. Senza dubbio bisogna accordare la priorità alla minoranza «Le istruzioni del Custode su questo punto sono inequivocabili: ove sia evidente che una delle persone interessate rappresenti una minoranza, deve essergli accordata la priorità; nei casi incerti occorre effettuare un’ulteriore votazione cui parteciperanno tutti i votanti presenti. Con riferimento alla norma contenuta nell’articolo 5 del Regolamento Nazionale che regola il caso in cui due o più membri abbiano ottenuto lo stesso più alto numero di voti, se uno di essi rappresenta una minoranza bisogna dargli la priorità come se fosse stato scelto dalla sorte.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 15 gennaio 1967) 84. La definizione di minoranza e di maggioranza rientra nel potere discrezionale dell’Assemblea Spirituale Nazionale «... la definizione di una minoranza in qualsiasi località rientra nel potere discrezionale dell’Assemblea Spirituale Nazionale. È chiaro che non si devono considerare appartenenti ad una minoranza i pionieri provenienti da altri paesi, né le categorie citate dal Custode ne “L’Avvento della Giustizia Divina”: “fede, razza, classe, nazione e sesso.» La regola fondamentale da applicare nel dubbio che si debba adottare il principio della minoranza è sempre quella di effettuare un’altra votazione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Regno Unito, 5 Mirza 1986) 85. Accettazione dei risultati da parte dell’Assemblea Nazionale ed istruzioni sulla nuova votazione «In risposta alla vostra domanda su chi deve decidere su questa questione, la Casa Universale di Giustizia rende noto che è dovere degli scrutatori comunicare il risultato della votazione all’Assemblea Spirituale Nazionale che ha il dovere d’accettare il rapporto degli scrutatori prima che sia presentato alla Convenzione. Ove risulti un ex equo al nono posto e l’Assemblea Nazionale rilevi che una delle due persone a pari voti appartiene ad una minoranza, dovrà dare istruzione agli scrutatori di annunciare tale risultato senza richiedere una nuova votazione. Comunque, se dovesse sussistere qualche dubbio sul coinvolgimento o meno di una minoranza, l’Assemblea potrà risolvere il problema disponendo che si effettui un’altra votazione per il nono posto.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Svizzera, 13 aprile 1975) 86. Nelle successive votazioni prendere in considerazione solo i nomi degli ex equo «Dopo la votazione per l’elezione di un’Assemblea Locale o Nazionale, se ne devono comunicare i risultati inclusi i nomi degli ex equo al nono posto. Si dovrà poi fare un’altra votazione per scegliere fra coloro che per il nono posto hanno ricevuto lo stesso numero di voti. In questo ballottaggio si dovrà votare solo per gli ex equo e lo fanno solo i delegati presenti alla Convenzione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Bahamas, 18 maggio 1982) 87. Come comunicare la parità di voti «Non è corretto mostrare che la signorina ... ha ottenuto 13 voti. Se ha ottenuto voti al primo scrutinio, occorre indicare che è stata nona alla pari con 6 voti e che al secondo scrutinio ne ha ottenuti 13.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Colombia, 16 giugno 1964) 88. In primo luogo, la nuova Assemblea deve prendere in considerazione se accettare dimissioni «.. in primo luogo la vostra Assemblea avrebbe dovuto prendere in considerazione se accettare o meno le dimissioni di Miss... e poi, in caso positivo, si sarebbe dovuto occupare il posto vacante con un’elezione suppletiva in cui tutti i delegati avrebbero dovuto avere l’opportunità di votare. Solamente per decidere su un ex equo votano i delegati presenti alla Convenzione, non per un’elezione suppletiva, a meno che, naturalmente, non siano presenti tutti.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 6 agosto 1981) 89. Un’elezione suppletiva può essere tenuta durante la Convenzione solo se tutti i delegati sono presenti. «Nel caso sia necessaria un’elezione suppletiva, occorre che a tutti i delegati sia data l’opportunità di votare. Pertanto, se essi sono tutti presenti alla Convenzione, l’elezione suppletiva può aver luogo in una delle sue sessioni; se invece qualche delegato è assente si può organizzare l’elezione raccogliendo, prima che si sciolga la Convenzione, i voti dei delegati presenti e, in un secondo tempo, quelli degli assenti.» (ibidem, 18 maggio 1981) 90. Parità di voti per il nono membro dell’Assemblea Nazionale «Nel caso di parità di voti per il nono membro di un’Assemblea Spirituale Nazionale, si può effettuare subito un altro scrutinio tra i delegati presenti alla Convenzione. Se invece vi è un posto vacante a seguito delle dimissioni - accettate - di uno dei membri della neo-eletta Assemblea Nazionale, si deve indire un’elezione suppletiva, dando cioè a tutti i delegati l’opportunità di votare per qualcuno che ricopra il posto vacante.» (Ibidem, 13 giugno 1976) 91. Un membro del Corpo Ausiliare ha il dovere d’informare l’Assemblea, e non i delegati, della sua intenzione di dimettersi «Il membro del Corpo Ausiliare, ..., deve essere incluso nella lista degli eletti e gli si deve dare l’opportunità di decidere se continuare a servire in quel Corpo o dimettersi ed accettare la sua elezione nel corpo amministrativo. È suo dovere comunicare la sua decisione all’Assemblea Nazionale e non ai delegati o alla Convenzione. Se decide di rimanere nel Corpo Ausiliare e l’Assemblea Nazionale dichiara il posto vacante nel corso della Convenzione, si può organizzare l’elezione suppletiva prima che venga sciolta.» (Ibidem, 26 giugno 1978) 92. I membri del Corpo Ausiliare non devono rassegnare le dimissioni prima di un ballottaggio «Non si deve dare ad un membro del Corpo Ausiliare l’opportunità di rassegnare le dimissioni prima di un ballottaggio perché - giocando in essa altri fattori - potrebbe non essere eletto. Comunque, nel caso fosse eletto, ha il dovere di comunicare all’Assemblea Nazionale se intende accettare la sua elezione o continuare a servire come membro del Corpo Ausiliare. Se rassegna le dimissioni dall’Assemblea, questa dichiara il posto vacante e provvede ad organizzare un’elezione suppletiva.» (Ibidem) 93. Conservazione delle schede «Nei verbali delle vostre sedute di... la Casa Universale di Giustizia ha notato le voci che riguardano le “Schede dell’elezione della Terza Assemblea Nazionale “ e le istruzioni al vostro segretario di distruggerle. Ci è stato chiesto di comunicarvi le istruzioni seguenti. Mentre rientra nel potere discrezionale di un’Assemblea Nazionale stabilire come conservare le schede di votazione relative all’elezione annuale, la Casa Universale di Giustizia fa rilevare che - nell’eventualità sorgesse nell’anno successivo all’elezione una qualunque questione circa la votazione - sarebbe utile che le schede fossero disponibili per un controllo dell’Assemblea Nazionale. Ovviamente, dopo la successiva elezione, non sussisterebbe più la necessità di conservare le schede relative all’elezione dell’anno precedente.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 22 luglio 1980) 94. L’Assemblea ha il diritto d’esaminare le schede «Egli pensa che, ove sussistano dubbi sulla corretta conduzione dell’elezione, l’Assemblea Nazionale ha tutto il diritto di esaminare le schede di votazione. Con la “preservazione” delle schede si intende che debbano essere conservate negli archivi nazionali.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Australia e Nuova Zelanda, 14 Mirza 1947) 95. Ai delegati deve essere data l’opportunità di fare un rapporto alla comunità «Ovviamente, al delegato deve essere data l’opportunità di riferire alla comunità le esperienze e le impressioni riportate alla Convenzione.» (Ibidem) G. Cariche delle Assemblee Locali e Nazionale 96. Se sono presenti tutti i membri, si devono eleggere subito le cariche definitive «Se è certamente corretto procedere all’elezione delle cariche definitive di un’Assemblea subito dopo la sua elezione, è altrettanto importante - come stabilito nell’Articolo IV del Regolamento dell’Assemblea Nazionale - che “le cariche siano elette a scrutinio segreto ed a maggioranza assoluta da parte di tutti i membri della Assemblea.» Cioè vuol dire che tutti i membri d’Assemblea devono essere opportunamente avvisati ed avere la possibilità di votare e, in caso di inevitabile assenza, non si contravviene allo spirito del Regolamento se il membro assente esprime il suo voto per posta o anche per telefono. In attesa che tutti e nove i membri siano correttamente avvisati, si possono eleggere le cariche temporanee.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 27 luglio 1981) 97. Membri di Assemblea o di Comitato possono tentare di evitare d’essere eletti per le cariche «Ci è stato anche chiesto di porre in evidenza che, sebbene per un bahá’í sia un obbligo servire se eletto in una Assemblea Locale o Nazionale, l’amato Custode ha più volte puntualizzato che, se qualche membro ha motivi validi per ritenere di non dover essere eletto ad una delle cariche, era libero di suggerirlo agli altri membri. Anche la Casa di Giustizia ritiene che, in considerazione dell’espansione della Fede e della maggiore importanza dei compiti che le cariche impongono, e particolarmente quelle dell’Assemblea Nazionale, sia consentito e talvolta consigliabile discutere - prima dell’elezione - i compiti richiesti ed i doveri previsti da ciascuna carica.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 9 febbraio 1987) 98. È preferibile che una persona non ricopra più di una carica «…. ci è stato chiesto di comunicarvi che è preferibile che una persona non ricopra più di una carica; tuttavia rientra nel potere discrezionale della vostra Assemblea permettere che un membro ricopra due cariche. “Per quanto riguarda lo specifico esempio da voi citato, sarebbe opportuno che valutaste attentamente se una sola persona sia in grado di ricoprire effettivamente entrambe le cariche di Presidente e Segretario, tenuto conto delle loro peculiarità.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Togo, 4 luglio 1984) 99. I risultati completi di ogni votazione devono essere resi noti a tutti i membri presenti dell’Assemblea «I risultati completi di ogni votazione devono essere conosciuti da tutti i membri dell’Assemblea. Pertanto gli scrutatori devono comunicare i nomi degli eletti ed i voti ottenuti e, se nessun membro ha raggiunto la maggioranza richiesta, occorre procedere ad un’altra votazione, nella quale comunque le preferenze non devono essere accordate solo a coloro che avevano ottenuto il più alto numero di voti.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 4 agosto 1981) 100. Occorre contare sull’integrità dell’elettore «Rileverete dal suddetto stralcio che gli scrutatori hanno l’obbligo di comunicare sia i nomi che i voti ottenuti dagli eletti. La Casa di Giustizia suggerisce che si debba contare sull’integrità dell’elettore di considerare spassionatamente i nomi che elenca nella scheda, senza tener conto dei risultati della precedente votazione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Messico, 2 settembre 1981, che riporta la suddetta citazione n. 99) 101. Per ogni carica si devono ottenere almeno cinque voti «Per ogni carica si devono ottenere almeno cinque voti, anche se sono presenti solo cinque membri. Se è necessaria un’altra votazione, non si possono contare le schede dei membri assenti. Se per qualsiasi motivo, nessun membro ottiene cinque voti, l’Assemblea - in consultazione - nomina una o più cariche temporanee valide fino alla riunione successiva, da indire al più presto possibile per eleggere le cariche definitive.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Locale di Guaynabo, Portorico, 26 settembre 1983) 102. Il Presidente dell’Assemblea «Circa i compiti del Presidente dell’Assemblea Spirituale Locale o Nazionale, si presuppone che prenda parte, liberamente e pienamente, alle discussioni dell’istituzione su qualunque argomento in esame e che voti per ciascuno di essi. Compito di un Presidente bahá’í non è solo quello di guidare il corso della discussione, ma anche di esprimere senza riserve il proprio punto di vista, avendo la facoltà d’esercitare entrambe queste funzioni.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 10 ottobre 1936) 103. Il Vice-Presidente «La Casa Universale di Giustizia ci ha chiesto di notificarvi che la corretta procedura prevede che, in assenza del Presidente, sia il Vice-Presidente a presiedere le riunioni. Nel caso sia assente anche il Vice-Presidente, l’Assemblea deciderà chi fra i presenti dovrà presiedere la riunione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Ciskei, 10 febbraio 1987) 104. Compiti del Segretario Nazionale «La corretta crescita di una comunità è possibile solo quando l’Assemblea Nazionale è in grado di mantenere, attraverso il suo segretario e relativo ufficio, un costante flusso di comunicazioni con i credenti di sua giurisdizione, offrendo loro guida e incoraggiamento. Occorre fare di tutto per consentire al Segretario Nazionale di assolvere i suoi compiti senza essere ostacolato da troppe regole amministrative. Le modalità per raggiungere questo scopo sono lasciate ovviamente alla discrezione di ciascuna Assemblea Spirituale Nazionale. Un fattore chiave per determinare quanta responsabilità sia da riporre sul segretario è la fiducia. Quando fra i membri dell’Assemblea vi è fiducia e amore, molti problemi saranno evitati. Occorre dare facoltà al Segretario Nazionale di prendere autonome iniziative in questioni di routine. Di norma non è necessario che le lettere scritte dal segretario vengano esaminate dagli altri membri, i quali comunque possono sempre accedere alla corrispondenza.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Bangladesh, 21 settembre 1983) 105. Il segretario dell’Assemblea Spirituale Nazionale è il suo capo esecutivo «Quali che siano le condizioni personali del credente impiegato, l’Assemblea Nazionale deve rendersi conto che il Segretario è il suo capo esecutivo e, come tale, agisce non solo come collegamento con i comitati nazionali, le Assemblee Locali e tutti gli amici, ma in genere rappresenta l’Assemblea Spirituale Nazionale e la stessa Fede nei rapporti con il mondo non bahá’í, compito sempre più importante man mano che la Causa è sempre più nota.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale d’Italia, 23 gennaio 1981) 106. Il servizio a tempo pieno del segretario può richiedere una remunerazione, che deve essere accordata e debitamente verbalizzata «Una comunità nazionale bahá’í che raggiunge un grado di sviluppo tale per cui il lavoro della sua Assemblea Nazionale richiede il servizio a tempo pieno del segretario, affronta questioni molto difficili e talvolta delicate. Si tratta in genere di un evento stimolante per la stessa comunità che è abituata a vedere il lavoro della Causa svolto da attività volontaria, devota, part-time e spesso amatoriale. Comprendere che la Causa è giunta al punto in cui il suo lavoro e la sua immagine pubblica - così importante per il futuro progresso - non possono essere mantenuti più a lungo con i vecchi metodi, in un primo momento può essere motivo di turbamento. Gli amici, comunque, reagiscono rapidamente alla nuova capacità di comando e guida, e al maggior prestigio acquisito dall’Assemblea Nazionale con la creazione di più solide fondamenta per la sua operatività e sono incoraggiati dal progresso della Causa. La specifica remunerazione e le condizioni del servizio del Segretario Nazionale devono ovviamente essere il risultato di una consultazione e, una volta raggiunto, si registrerà l’accordo non necessariamente in un contratto, ma certamente in un verbale dell’Assemblea e/o con uno scambio di lettere.» (Ibidem) 107. L’assistente del segretario può non essere membro dell’Assemblea. «In risposta alla vostra lettera del 7 novembre 1973 non vi è nulla da obiettare se una persona che non sia membro dell’Assemblea Spirituale Nazionale dattiloscriva i vostro verbali o altri rapporti confidenziali. Molte Assemblee Nazionali impiegano nei loro uffici dattilografi che ne conoscono perfettamente tutto il lavoro. Naturalmente queste persone devono godere della fiducia dell’Assemblea Spirituale Nazionale.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Gilbert e Ellice, 20 febbraio 1973) 108. Il Segretario deve essere nella capitale «Gli è dispiaciuto di aver ritenuto necessario insistere che il segretario della vostra assemblea debba risiedere a Buenos Aires, così che la segreteria venga a trovarsi nella capitale di questa regione; è un principio generale che egli ha insistito gli amici adottassero dappertutto...» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale di Argentina, Cile, Uruguay, Paraguay e Bolivia, 29 luglio 1957, Compilazione “Assemblee Spirituali Nazionali”, pp. 51-52) 109. Il Segretario Nazionale deve tenersi in stretto contatto con le Assemblee Locali «Shoghi Effendi crede fermamente che fra l’Assemblea Spirituale Nazionale e l’intero corpo dei credenti deve essere mantenuta una continua consultazione che, al di fuori della Convenzione, può meglio avvenire tramite le segreterie delle Assemblee Locali, una delle cui essenziali funzioni è d’agire da intermediari tra le comunità locali e i loro rappresentanti nazionali.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi, Principles of Bahá’í Administration, p. 70) 110. Contenuto dei verbali «Il contenuto di alcuni verbali che riceviamo potrebbe essere migliorato, e perciò vi diamo i seguenti suggerimenti: i verbali hanno lo scopo di registrare sufficienti informazioni sull’attività dell’Assemblea, in modo che - leggendoli - si possono comprendere le ragioni di una azione. L’Assemblea Nazionale può trovare utile separare le annotazioni dalla azione, senza riportarle insieme. D’altra parte, i verbali non devono essere un dettagliatissimo rapporto delle sedute d’Assemblea e non devono contenere i punti di vista dei singoli membri. Non è necessario prendere nota dei nomi di coloro che fanno le proposte, mentre lo è quando l’Assemblea affida determinati compiti a qualunque dei membri. Inoltre in ogni verbale devono essere indicati il luogo e la data della successiva seduta.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 27 maggio 1970) 111. Il segretario deve stare attento a trasmettere le decisioni della maggioranza «In linea generale il segretario di un’Assemblea deve preoccuparsi di trasmettere con esattezza il contenuto della decisione o del parere dell’istituzione. Non vi sono sicuramente obiezioni al fatto ch’egli formuli l’argomento in termini adatti e lo chiarisca secondo le decisioni o le istruzioni dell’Assemblea. Ma non deve continuamente introdurre opinioni personali che non siano avvallate dall’Assemblea.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 19 ottobre 1947, Compilazione “Assemblee Spirituali Nazionali”, p. 51-52) 112. In tesoriere dell’Assemblea Spirituale riceve tutte le donazioni e le contribuzioni «E poiché il progresso e lo svolgimento delle attività spirituali dipendono e sono condizionati dai mezzi materiali, è assolutamente necessario che subito dopo la formazione delle Assemblee Spirituali, sia locali che nazionali, venga costituito un Fondo bahá’í da porsi esclusivamente sotto il controllo dell’Assemblea Spirituale. Tutte le donazioni e i contributi devono essere dati al Tesoriere dell’Assemblea con l’esplicito scopo di promuovere gli interessi della Causa in quella località o paese. È sacro obbligo di ogni coscienzioso e fedele servo di Bahá’u’lláh, che desideri veder progredire la Sua Causa, di contribuire volontariamente e generosamente all’incremento di quel Fondo...» (Da una lettera del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 12 Mirza 1923, Il Patto e l’Amministrazione Bahá’í, p. 145) 113. Sui Fondi * «In quanto alla vostra domanda: gli amici possono dare le loro contribuzioni al Tesoriere oppure, se desiderano rimanere anonimi e dare una piccola somma, si può preparare un contenitore apposito. L’Assemblea Locale può decidere su questo argomento.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 29 settembre 1951. Istruzioni ai credenti bahá’í, pp. 70-71 n. 83) (Vedere anche: XXI, C, 857-866 114. Obblighi di un bahá’í eletto ad una carica che richieda il servizio a tempo pieno «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la Sua lettera del 23 gennaio 1987 a proposito degli obblighi d’un bahá’í eletto ad una carica che richieda il servizio a tempo pieno. Siamo stati incaricati di trasmetterle uno stralcio d’una lettera del 7 agosto 1980 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente che affronta un problema simile a quello da Lei posto. “Il delicato equilibrio fra le esigenze della Causa di Dio e le esigenze della propria professione è una questione strettamente personale che, in ultima analisi, può essere risolta solo secondo la coscienza dell’individuo. Molti bahá’í si sono distinti e si distinguono nelle loro professioni e, nello stesso tempo, hanno reso e rendono grandi servigi alla Causa: è ovvio quindi che le due cose sono realizzabili nel medesimo tempo. La Casa di Giustizia è consapevole comunque che, nei momenti critici delle vicende della Fede, possono concorrere circostanze che richiedano di prendere l’angosciosa decisione di sacrificare le proprie aspettative per l’evidente benessere della Causa. E qui di nuovo la storia della Causa fornisce molti esempi di credenti che hanno volontariamente rinunciato a progressi nella loro professione, o addirittura l’hanno abbandonata per venire incontro alle necessità della Fede. Come per tutte le decisioni difficili che i credenti si trovano a dover prendere, è a loro disposizione il divino procedimento della consultazione: dunque può consultare le Istituzioni della Fede o singoli incaricati come i Consiglieri o i membri del Consiglio Ausiliare, o perfino uno o due amici a scelta. Comunque, anche in questi casi, è il credente a prendere le definitive decisioni.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 9 febbraio 1987) 115. Coloro che sono eletti in un’Assemblea devono considerarlo un privilegio e considerare il servizio una responsabilità «.. coloro che sono stati eletti in questa Istituzione devono considerarlo un privilegio, e servire in quel corpo una responsabilità; dovrebbero di conseguenza astenersi dal rassegnare le dimissioni anche se fossero in disaccordo con la maggioranza dei membri. L’obbedienza alle ponderate opinioni della maggioranza ed alle sue politiche deve essere sincera, poiché implica obbedienza e lealtà all’Ordine Amministrativo stesso.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 8 maggio 1939) 116. Procedura per le Assemblee in caso di malcontento verso membri in carica. «Per quanto riguarda la vostra domanda sulla procedura che le Assemblee devono adottare quando sono insoddisfatte dei servizi svolti da un qualche membro con carica, se tale insoddisfazione è dovuta a slealtà verso la Fede, allora si deve procedere alla sua destituzione con una delibera presa a maggioranza di voti; ma se l’insoddisfazione è dovuta ad incompetenza, o semplicemente a trascuratezza nell’assolvere i suoi doveri, ciò non costituisce motivo sufficiente per richiedere le sue dimissioni o per destituirlo dall’Assemblea. Deve essere mantenuto nella sua carica fino a nuove elezioni.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 22 novembre 1940, The National Spiritual Assembly, p. 42) H. Amministratori Locali e Nazionali 117. Funzioni e doveri dei rappresentanti eletti. «..La loro funzione non è comandare, ma consultarsi, non solo fra loro, ma, per quanto possibile, anche con gli amici che essi rappresentano. Non devono considerarsi in altra luce che quella di strumenti scelti per una più efficiente e dignitosa presentazione della Causa di Dio. Non dovranno mai essere indotti a credersi gli ornamenti centrali del corpo della Causa, intrinsecamente superiori agli altri per capacità o per meriti, e i soli promotori dei suoi principi e insegnamenti. Devono, anzi, accostarsi al loro compito con estrema umiltà e, mediante l’apertura mentale, un alto senso della giustizia e del dovere, schiettezza, modestia e completa dedizione al benessere e agli interessi degli amici, della Causa e dell’umanità, devono sforzarsi di conquistare non solo la fiducia, il sincero appoggio ed il rispetto, ma anche la stima e il vero affetto di coloro che essi servono. Devono sempre evitare lo spirito di esclusivismo, l’atmosfera di segretezza, liberarsi da atteggiamenti di superiorità e bandire dalle loro deliberazioni ogni forma di pregiudizio e passionalità.» (Shoghi Effendi: Consultazione, pp. 21-22, n. 25) 118. Devono tenere alto lo stendardo della giustizia «In tutti i casi sottoposti alla sua attenzione, l’Assemblea, nell’emettere il verdetto, deve tenere alto lo stendardo della giustizia, ed in tutti i rapporti con la comunità ed il mondo esterno sforzarsi di mostrare la capacità di guidare. La seguente citazione Da una lettera del Custode riassume in termini semplici la meta immediata che ogni Assemblea deve porsi nello sforzo di perseguire l’alto livello di perfezione impresso nei nostri scritti: “ La prima qualità per la leadership, sia per gli individui che per le Assemblee, è la capacità d’usare le energie e la competenza che esistono nelle file dei seguaci. Altrimenti, i membri più competenti del gruppo cercheranno di trovare altrove un campo di lavoro nel quale possano impiegare le loro energie.” “ Shoghi Effendi spera che le Assemblee facciano del loro meglio nel pianificare tali attività d’insegnamento che ogni singola anima sia tenuta attiva.”» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada)» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Bolivia, 30 luglio 1972) 119. Gli amministratori della Fede sono simili a pastori «Gli amministratori della Fede di Dio devono essere simili a pastori. Il loro scopo deve essere quello di dissipare tutti i dubbi, i malintesi e le dannose controversie che possono insorgere nella comunità dei credenti. E ciò si può conseguire in maniera adeguata purché siano motivati da un profondo sentimento d’amore per i confratelli, unito alla ferma determinazione di agire con giustizia in tutti i casi sottoposti alla loro considerazione.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 9 Mirza 1934, The Local Spiritual Assembly, p. 23) 120. Coloro che hanno reale autorità si riconoscono dall’umiltà e dallo spirito di sacrificio. «Quelli che hanno una reale autorità si riconoscono dalla loro umiltà e dal loro spirito di sacrificio e dal non mostrare alcun atteggiamento di superiorità verso gli amici. Qualche tempo fa è stata scritta una tavola in cui si afferma che a nessuno è stata conferita una qualsiasi autorità se non allo scopo di servire la Causa in qualità di veri servitori degli amici; e per far ciò nessuna tavola è necessaria. Il servizio, quando è sincero e disinteressato, non richiede annunci, seguaci o documenti scritti. Che il servo si riconosca dalle sue azioni, dalla sua vita! Il suo unico scopo deve essere solo quello d’essere approvato da Dio.» (‘Abdu’l-Bahá: risposte a domande fatte in Terra Santa dal Dr. Edward C. Getsinger e da lui trascritte in quel momento (1905). Star of the West, vol. VI, n. 6, p. 43) 121. La nota fondamentale della Causa di Dio non è l’autorità dittatoriale. «Rammentiamo altresì che la nota fondamentale della Causa di Dio non è autorità dittatoriale, ma umile cameratismo, non potere arbitrario, ma spirito di franca ed amorevole consultazione. Solo lo spirito di un vero bahá’í può sperare di conciliare il principio di misericordia e giustizia, di libertà e sottomissione, di santità del diritto dell’individuo e obbedienza e coraggio dall’altro.» (Shoghi Effendi, Consultazione, p. 21, n. 24) 122. Le Assemblee devono incoraggiare i credenti a presentare con fiducia i loro problemi «.. Siete senz’altro a conoscenza delle esortazioni del diletto Custode circa l’atteggiamento che le Assemblee Nazionali devono sforzarsi di tenere nei rapporti con gli amici della propria giurisdizione. Disse che le Assemblee Nazionali dovrebbero essere come padri amorevoli che sorvegliano ed aiutano i figli, e non come giudici rigorosi che aspettano l’opportunità di ostentare i loro poteri giudiziari. “Shoghi Effendi ha messo in evidenza che le Assemblee Nazionali devono assumere un ruolo tale da incoraggiare i credenti a sottoporre loro con fiducia i propri problemi ed a rispettare ed obbedire senza esitazioni alle loro decisioni e al loro volere. Le Assemblee non devono manifestare la minima traccia di autoritarismo, ma dovrebbe tener presente che la maggior parte degli errori dei credenti sono da attribuire ad immaturità. Questi amici devono essere educati ed aiutati ad acquisire una più profonda consapevolezza delle loro responsabilità dei bahá’í e incoraggiati a comportarsi come tali.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Venezuela, 3 giugno 1979) 123. Abusare della fiducia dei credenti nei membri dell’Assemblea significa perderla «..riguardo ai limiti in cui le informazioni confidenziali su alcuni credenti possono essere condivise con altri credenti, per la loro protezione, vi proponiamo in risposta le seguenti considerazioni: 1. Qualsiasi informazione venga a conoscenza di un membro d’Assemblea, per il solo fatto di farne parte, egli non deve divulgarla, anche se successivamente l’Assemblea decida di renderla nota. 2. La stessa Assemblea deve valutare con cura quale informazione sia da considerarsi confidenziale e quindi non condivisibile con altri, e quale invece in particolari circostanze, possa essere divulgata e come. Se notizie confidenziali riguardanti problemi personali dovessero essere a richiesta liberamente condivise con altri ovviamente sarebbe infranta la fiducia dei credenti nell’Assemblea e nei suoi membri. 3. Si deve tener presente che le persone possono emendarsi e che un passato reprensibile non necessariamente impedisce al credente di costruirsi un futuro migliore. Riteniamo che, nell’ambito di questi principi generali, possiate gestire qualsiasi caso ci si presenti. Non si devono imporre regole rigide perché ogni casso richiede un trattamento attento, una decisione assennata e la massima discrezione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dei Bahá’í degli Stati Uniti, 18 settembre 1968) 124. L’efficienza amministrativa deve essere accompagnata da un’eguali misura d’amore «L’efficienza e l’ordine nell’amministrazione devono sempre essere accompagnati da un’eguali misura di amore, devozione e sviluppo spirituale. Entrambe le cose sono essenziali e tentare di dissociare le une dalle altre significa uccidere il corpo della Causa. In questi giorni in cui la Fede è ancora infante, si deve fare molta attenzione affinché la pura e semplice routine amministrativa non soffochi lo spirito che deve alimentare il corpo dell’Amministrazione. Quello spirito è la sua forza propellente e l’energia motrice della sua vita. Ma come è già stato sottolineato, sia lo spirito sia la forma sono essenziali per un sano e rapido sviluppo dell’Amministrazione. Mantenerli in perfetto equilibrio è la principale e straordinaria responsabilità degli amministratori della Causa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 10 dicembre 1933. Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 70, n. 84) 125. Gli amministratori devono considerare se stessi come semplici canali tramite i quali Dio protegge e guida la Sua Fede «La Causa...è un’istituzione divina i cui amministratori responsabili devono considerarsi come semplici canali tramite i quali Dio protegge e guida la Sua Fede. Non si deve mai consentire che l’Amministrazione diventi il pomo della discordia fra singoli e gruppi. È al di sopra delle personalità umane e trascende lo scopo delle loro limitate ed inevitabilmente egoistiche opinioni. I suoi custodi devono di continuo purificarsi da ogni traccia di desideri o interessi personali ed essere totalmente imbevuti di spirito d’amore, di cooperazione e di genuina abnegazione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 8 agosto 1933) 126. L’Assemblea Spirituale Nazionale è l’Autorità suprema, la molla delle attività e l’unico legame con la Casa Universale di Giustizia «Desidero ribadire con parole chiare e categoriche il principio già enunciato che sostiene l’autorità suprema dell’Assemblea Nazionale su tutto ciò che attiene agli interessi della Fede nel Paese. Non possono esistere conflitti di autorità, né forme di dualismo in alcuna circostanza o sfera della giurisdizione bahá’í locale, nazionale o internazionale. Comunque l’Assemblea Nazionale, benché sia l’unica interprete del proprio Statuto Costituzionale e dei propri Ordinamenti, è direttamente e moralmente responsabile se permette che qualsiasi ente o istituzione, entro la sua giurisdizione, abusi dei propri privilegi o decada nell’esercizio dei propri diritti e prerogative. Essa è il custode fidato e la molla principale dei molteplici interessi e attività di ogni comunità nazionale nel mondo bahá’í. Essa è il solo anello che collega queste comunità alla Casa Internazionale di Giustizia - suprema istituzione amministrativa della Dispensazione di Bahá’u’lláh.» (Postscriptum del Custode alla lettera scritta a suo nome all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 11 giugno 1934. Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 18, n. 7) 127. L’obbedienza all’Assemblea Spirituale Nazionale è la base dell’unità «.. il Custode desidera che io ribadisca la sua opinione che l’Assemblea Spirituale Nazionale ha autorità assoluta e indiscutibile su tutti gli argomenti che riguardano l’amministrazione della Fede...: è imperativo quindi che i credenti, i delegati, i gruppi e le assemblee obbediscano a quella autorità con totale disponibilità e senza riserve. Egli è convinto che la piena accettazione e la completa applicazione di questa vitale disposizione dell’Amministrazione sia essenziale per mantenere fra i credenti il massimo livello di unità e sia indispensabile perché il meccanismo amministrativo della Fede possa funzionare efficientemente in ogni Paese.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 11 giugno 1934. Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 35 n. 26) 128. L’Assemblea Nazionale è la testa e le Assemblee Locali sono i vari organi «.. il modo migliore per assicurare e consolidare l’unità organica della Sua Fede è di rafforzare l’autorità delle Assemblee Locali e di portarle completamente nell’orbita della giurisdizione dell’Assemblea Nazionale. L’Assemblea Nazionale è la testa del corpo della Causa e le Assemblee Locali ne sono i vari organi. Assicurare una totale collaborazione fra queste varie parti significa salvaguardare i migliori interessi della Fede: permettendole di neutralizzare quelle forze che minacciano di creare una frattura nei ranghi dei credenti. Questa è la missione delicata ed altamente significativa che il Custode vuole affidarvi. Non solo insegnare agli estranei con conferenze pubbliche, ma in aggiunta a ciò - e per far sì che i vostri sforzi siano più vari e ricchi di successo - rendere gli amici edotti degli elementi essenziali dell’Amministrazione, dalla cui piena comprensione dipende in gran parte il futuro progresso della Causa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 20 settembre 1933, parzialmente nella Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 69-70 n. 83) 129. Funzione vitale dell’Assemblea Spirituale Nazionale «.. tra le funzioni vitali dell’Assemblea Spirituale Nazionale v’è quella di tenere sempre informata sulle condizioni locali di ogni comunità e di sforzarsi di guidare gli amici, individualmente e collettivamente, per mezzo di contatti personali e di una regolare corrispondenza, in tutte le loro attività.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 30 gennaio 1938. Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, pp. 40/41 n. 34) 130. L’Autorità e l’influenza delle Assemblee devono essere rafforzate «.. il continuo progresso e consolidamento della Causa di Dio da una parte e la progressiva disintegrazione di un mondo moribondo dall’altra ci imporranno indubbiamente nuovi compiti, l’impegno di ideare nuovi metodi d’insegnamento, di dimostrare più chiaramente al mondo deluso lo stile di vita bahá’í e di rendere più efficienti le istituzioni amministrative della Fede. L’autorità e l’influenza delle Assemblee Spirituali Nazionali e Locali dovranno essere rafforzate perché possano occuparsi di comunità bahá’í più grandi...» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ai bahá’í del mondo, aprile 1971, Messages from the Universal House of Justice, 1968-1973, p. 72) 131. La “migliore” Assemblea «La migliore Assemblea è quella che trae beneficio dai talenti di tutti i suoi membri tenendoli occupati in varie forme di attiva partecipazione di servizio alla Causa e di diffusione del Messaggio.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, agosto 1932; Bahá’í News n. 68, p. 3, novembre 1932) 132. L’accentramento di autorità è espresso nel Testamento del Maestro «La necessità di accentrare l’autorità nell’Assemblea Spirituale Nazionale e di potere nelle varie Assemblee Locali è evidente quando riflettiamo sul fatto che la Causa di Bahá’u’lláh è ancora molto giovane e in uno stadio di transizione e quando ricordiamo che il profondo significato delle universali istruzioni del Maestro, lasciate nel Suo Testamento, non è stato finora pienamente compreso e che il Movimento non ha assunto ancora una connotazione ben definita agli occhi del mondo.» (Shoghi Effendi: Bahá’í Administration, p. 42) 133. Bisogna attenersi alle regole fondamentali dell’Amministrazione bahá’í «Ovviamente, bisogna attenersi alle regole fondamentali dell’Amministrazione bahá’í, ma vi è la tendenza delle Assemblee ad emanare spesso dettagliate procedure e norme per gli amici, ed egli pensa che ciò intralci il lavoro della Causa, oltre che essere del tutto prematuro. Fino a quando sarà possibile, i casi che si presentano devono essere esaminati e risolti in breve tempo, senza adottare una linea di condotta generale che serva per tutti quelli simili. Così facendo si preserva l’elasticità dell’Ordine Amministrativo e si evita che l’insorgere di un eccessivo formalismo intralci il lavoro della Causa... L’uniformità delle regole fondamentali è essenziale ma non in ogni dettaglio. Al contrario è importante la diversità e il risolvere una situazione locale nel modo giusto.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 4 novembre 1948, Messages to Canada, pp. 8-9) 134. Tendenza di tutte le Assemblee Nazionali a super amministrare «La vostra Assemblea deve stare molto attenta a non sovraccaricare i bahá’í con norme, regolamenti, circolari e direttive. In questo momento, lo scopo dell’Amministrazione è di soffiare sul fuoco da poco acceso nel cuore di quelle persone che hanno accettato la Fede, suscitare in loro il desiderio e la capacità di insegnare, facilitare il lavoro dei pionieri e degli insegnanti e aiutare gli amici ad approfondire la conoscenza e la comprensione della Fede. Il diletto Custode vi dà questo avvertimento perché la lunga esperienza ha messo in evidenza che da parte di tutte le Assemblee Spirituali Nazionali vi è la tendenza a super amministrare. Nel loro entusiasmo dimenticano che hanno solo una manciata di anime inesperte da guidare e tentano di lavorare come se avessero da guidare un grande numero di persone! Questo soffoca lo spirito degli amici e il lavoro d’insegnamento ne soffre.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Asia Nord-Orientale, 15 luglio 1957, Japan Will Turn Ablaze!, p. 67) 135. Non è necessario anticipare situazioni «Non è necessario che la vostra Assemblea prevede situazioni che non si sono verificate e stabilisca norme e regole generali per affrontarle. Sarebbe più saggio esaminare ogni caso singolarmente quando si presenta e poi risolvere i relativi problemi nel modo più adatto e più pratico.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 27 novembre 1937, Assemblee Spirituali Nazionali, p. 60) 136. La superamministrazione è peggiore dell’amministrazione insufficiente «In questo momento, un eccesso di amministrazione può essere per le Fede ancor peggio che un difetto di amministrazione. I credenti sono per lo più giovani nella Causa e se commettono errori ciò è meno grave che se il loro spirito è soffocato da continui ammonimenti e divieti. La nuova Istituzione Nazionale deve essere un genitore amorevole che sorveglia e aiuta i propri figli e non come un giudice severo che aspetta l’occasione di esibire i propri poteri giudiziari. Il motivo per cui egli ve lo fa notare è che nei vent’anni e più che sono trascorsi egli ha sempre fatto altrettanto con le vecchie e provate Assemblee Nazionali e non vuole che le istituzioni più giovani commettano gli stessi errori. I casi devono essere affrontati, quando si presentano, in base agli Insegnamenti che sono sufficientemente disponibili perché i credenti possano affrontare tutti i loro attuali problemi e non è necessario aggiungere ulteriori norme e regole.» (Lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Alaska, 30 giugno 1957, Assemblee Spirituali Nazionali, p. 63) 137. Le Assemblee Spirituali Nazionali devono essere intransigenti nei principi, ma flessibili nelle procedure «Nella Fede Bahá’í vi sono questioni di principio riguardanti il funzionamento delle sue istituzioni, che sono delineate a grandi linee negli Scritti, e nelle Costituzioni delle Assemblee Spiritual Nazionali e Locali. Ovviamente, le Assemblee Nazionali si troveranno a dover affrontare problemi non contemplati dettagliatamente da questi testi. In simili casi l’Assemblea Nazionale deve adottare procedure che siano confacenti alle condizioni ed alle esigenze della propria comunità: può essere utile adottare procedure già seguite da un’altra Assemblea Spirituale Nazionale, purché - in ultima analisi - le decisioni siano lasciate alla sua discrezione. Pertanto, in questioni di principio occorre uniformità, mentre in questioni di dettaglio e nelle procedure la diversità non solo è permessa, ma anzi incoraggiata. Poiché le condizioni sono diverse da paese a paese e possono variare perfino da comunità a comunità nell’ambito di esso, Shoghi Effendi ha ripetutamente consigliato gli amici d’essere intransigenti nei principi, ma flessibili nei dettagli.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Burundi, 22 ottobre 1986) 138. Le Assemblee Nazionali sono custodi del benessere della Fede. «Le Assemblee Nazionali sono custodi del benessere della Fede: responsabilità sacra, gravosa, imprescindibile. Esse devono essere sempre vigili, sempre in guardia, sempre pronte ad agire e, in tutte le fondamentali questioni di principio, devono rifiutarsi di scendere a compromessi, sia pure per un solo istante. Solo in questo modo il corpo della Fede può essere libero da malattie.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Germania e Austria, 14 agosto 1957) 139. Tendenza degli ultimi arrivati a sminuire il lavoro fatto. «..Così spesso... si creano particolari situazioni, perché i nuovi arrivati hanno la tendenza - molto umana, ma poco simpatica - di sminuire il lavoro fatto dai primi credenti e urtare i loro sentimenti. Quindi, coloro che hanno la responsabilità della conduzione del lavoro devono essere estremamente delicati ed amorevoli nello sforzo d’evitare dissensi. È molto difficile per gli amministratori della Causa imparare ad essere assolutamente imparziali, saggi e pazienti e per i credenti, imparare a subordinare la volontà personale a quella della maggioranza! Ma questo è il modello di Bahá’u’lláh, e tutti devono di continuo sforzarsi di raggiungerlo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi al Comitato Inter-Americano, 28 Mirza 1950) 140. Ciascun credente deve poter accedere alle comunicazioni del Centro Mondiale della Fede. «Non occorre sottolineare l’importanza che ogni credente sia messo al corrente del progresso della Fede. Sapere delle vittorie conseguite dalle valenti anime che si sono levate per servire Bahá’u’lláh può costituire uno stimolo e creare un senso di prospettiva mondiale che consente di distogliere il pensiero dalle piccole preoccupazioni e far sì che sentirsi bahá’í dia un significato e uno scopo. Ciascun credente, per esempio, deve avere la possibilità di conoscere le comunicazioni del Centro Mondiale della sua Fede: i Messaggi della Casa Universale di Giustizia e delle Mani della Causa, e notizie provenienti dal Centro Mondiale.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia alle Assemblee Spirituali Nazionali in America Latina, Africa e Sud Pacifico, 28 agosto 1965) 141. Stato giuridico delle Assemblee Spirituali* «È sicuramente molto importante che alle Assemblee Locali venga conferito uno stato giuridico, poiché, man mano che la Causa progredisce ed i suoi aderenti aumentano, dovranno cimentarsi con compiti che ora non possono neanche immaginare. Non solo dovranno stipulare contratti per l’acquisto di locali da adibire alle loro riunioni, ma saranno tenute a creare nuove istituzioni per l’assistenza dei malati, dei poveri e dei vecchi. Speriamo che tra non molto i bahá’í possano permettersi anche d’avere scuole che diano ai bambini un’educazione intellettuale e spirituale com’è stabilito negli Scritti di Bahá’u’lláh e del Maestro.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 25 dicembre 1931, Principles of Bahá’í Administration, p. 48. Parzialmente in Educazione Bahá’í, p. 77, n. 112) * Vedi anche: I.G. Leggi Locali 142. Le Assemblee Locali devono incoraggiare gli insegnanti «Riguardo al principio secondo il quale non si deve permettere che la Causa ruoti attorno ad alcuna personalità bahá’í, il Custode desidera chiarire che con ciò non si intende che alcuni insegnanti ben qualificati non debbano ricevere dall’Assemblea Locale tutto l’incoraggiamento possibile ed ogni facilitazione per parlare in pubblico. Ciò che il Custode intendeva dire è che non si deve mai permettere che la personalità e la popolarità di un oratore possa offuscare l’autorità, o sminuire l’influenza del corpo dei rappresentanti eletti in ogni comunità locale. Questi dovrebbe non soltanto cercare l’approvazione, i consigli e l’assistenza dell’istituzione che rappresenta la Causa della sede in cui vive, ma anzi dovrebbe attribuire ogni merito che potesse derivargli alla saggezza collettiva ed alla capacità dell’Assemblea che ha giurisdizione sull’area in cui presta i suoi servizi. Le Assemblee, e non le persone costituiscono la salda base su cui è edificata l’Amministrazione. Qualsiasi altra cosa deve esservi subordinata e fatta per servire e far progredire i migliori interessi di questi eletti custodi e promotori delle leggi di Bahá’u’lláh.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 12 agosto 1933, Principles of Bahá’í Administration, p. 19) 143. La coscienza di classe è contraria ai veri insegnamenti della Fede. «.. sebbene sia essenziale che i credenti mantengano sempre una chiara distinzione fra insegnamento e doveri e funzioni amministrative, tuttavia non devono essere portati a credere che questi due tipi di attività bahá’í, per loro natura, si escludano e quindi non possano essere esercitate da una medesima persona. In realtà, gli amici devono essere incoraggiati a servire in entrambi i campi: quello dell’insegnamento e quello amministrativo. Ma poiché vi sono sempre coloro che hanno una maggiore predisposizione per uno solo di questi due tipi di attività, sembra più opportuno che questi possano acquisire una completa padronanza del lavoro a loro più congeniale. La specializzazione specialmente in questo primo stadio del nostro sviluppo ha infatti il vantaggio di far risparmiare tempo e di produrre una maggiore efficienza. Tuttavia, la specializzazione ha come aspetto negativo che, così facendo, gli amici possono tendere a sviluppare una sorta di coscienza di classe che è certamente contraria sia allo spirito che ai veri insegnamenti dello Fede. Ed è proprio per evitare l’insorgere di questo rischio che il Custode ritiene opportuno che gli amici vengano incoraggiati a servire ogni tanto in tutte e due le sfere - amministrativa e di insegnamento - del lavoro bahá’í, sempre che si sentano portati a farlo.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 29 luglio 1935, Principles of Bahá’í Administration, p. 3) 144. Le Assemblee Spirituali Locali devono assumersi il compito di fissare le mete estensive d’insegnamento. «È arrivato il momento, crediamo, che un sempre maggior numero di Assemblee Spirituali Locali si assuma il compito di aiutare i gruppi, i credenti isolati e le Assemblee Locali limitrofe nel loro lavoro d’insegnamento. Queste mete estensive d’insegnamento devono essere assegnate dall’Assemblea Spirituale Nazionale o da uno dei suoi comitati d’insegnamento o, anche, possono essere spontaneamente fissate dalle Assemblee Spirituali Locali, e devono essere perseguite entro il quadro dei piani globali d’insegnamento del paese. Occorre anche chiarire che l’assegnazione di mete di questo genere non conferisce all’Assemblea Spirituale alcuna giurisdizione sui credenti al di fuori della propria area, e ancor meno su altre Assemblee Locali, ma è un invito a collaborare con loro.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, Naw-Rúz 1974, Piano Settennale, p. 37) 145. I Consiglieri e i Membri del Consiglio Ausiliare devono conoscere i piani delle Assemblee «Sono le Assemblee Spirituali che pianificano e dirigono il lavoro, ma questi piani devono essere pienamente conosciuti dai Consiglieri e dai membri del Consiglio Ausiliare, perché uno dei modi in cui essi possono assistere le Assemblee è spronare continuamente i credenti a sostenerne i piani. Se un’Assemblea Spirituale Nazionale ha indicato una meta preminente nell’anno, i membri del Consiglio Ausiliare devono ricordarsene in tutti i contatti con i credenti richiamando la loro attenzione al piano dell’Assemblea e stimolandoli a sostenerlo con entusiasmo.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 1 ottobre 1969, Messages from the Universal House of Justice, 1968-1973, pp. 32-33) 146. Rapporti delle Assemblee Spirituali Locali con i Membri del Consiglio Ausiliare «È a questo livello locale della vita comunitaria bahá’í, base della struttura amministrativa della Fede, che tanto spesso troviamo una mancanza di adeguata forza ed efficienza. È a questo livello che il nostro amato Custode esortò i Membri del Consiglio Ausiliare a mettersi in contatto con Assemblee Spirituali Locali, gruppi, centri isolati e singoli credenti e, per mezzo di visite periodiche e sistematiche alle località e di uno scambio di lettere, contribuire a favorire gli interessi del Piano, aiutare affinché le mete siano efficientemente e rapidamente perseguite, vegliate sulla sicurezza della Fede, stimolare e rafforzare il lavoro di insegnanti e pionieri, far capire agli amici l’importanza dello sforzo, dell’iniziativa e del sacrificio personale, e incoraggiarli a partecipare alle attività bahá’í e ad essere sempre uniti.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutti i Corpi dei Consiglieri Continentali, 17 novembre 1971. Piano Settennale, pp. 41-42) 147. Tutte le Assemblee Spirituali Locali devono collaborare con i membri del Corpo Ausiliare ed i loro assistenti «Funzionare correttamente per un’Assemblea Spirituale Locale non vuol dire che può fare a meno dei servigi e del lavoro dei membri del Consiglio Ausiliare e dei loro assistenti, che possono e devono continuare a stimolare ed ispirare, di solito, non solo l’Assemblea e le attività locali, ma anche i singoli credenti.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 9 giugno 1980) 148. Quando le Assemblee Spirituali Locali sono veramente efficienti «Simile vita di comunità saldamente stabilita, attiva e felice, quale è quella prevista nel caso in cui le Assemblee Spirituali Locali siano veramente efficienti, assicurerà un saldo sottofondo familiare da cui gli amici potranno trarre coraggio, sostegno ed aiuto affettuoso nel recare il Divino Messaggio ai loro simili e nel conformare le loro vite alla Sua benefica regola.» (Dal Messaggio della Casa Universale di Giustizia ai bahá’í del Mondo, Naw-Rúz 1974. Piano Quinquennale, p. 15) 149. Un’Assemblea Spirituale Locale funzionante - I più importanti obiettivi da raggiungere «In risposta alla vostra lettera del 14 luglio in cui chiedete consiglio sul come deve essere intesa un’Assemblea Locale funzionante, vi inviamo le seguenti osservazioni: L’Amministrazione bahá’í è soltanto il primo abbozzo di come saranno in futuro la vita sociale e le leggi della vita comunitaria. Attualmente i credenti cominciano appena a comprenderla ed a praticarla correttamente. Quindi dobbiamo avere pazienza se a volte questa Amministrazione sembra un po’ impacciata e rigida nel suo funzionamento. Ciò avviene perché stiamo imparando qualcosa di molto difficile, ma meraviglioso: vivere insieme come comunità bahá’í, secondo i gloriosi Insegnamenti.» (Da una lettera del 14 ottobre 1941 ad un credente) «Ciò che si trova espresso negli scritti della nostra Fede è l’eccelso stadio che le Assemblee Spirituali Locali dovranno raggiungere nel loro lento e talvolta doloroso sviluppo. Nell’incoraggiare le Assemblee a pervenire a questa meta, non c’è niente di male che l’Assemblea Spirituale Nazionale indichi di quando in quando certi requisiti minimi, purché sia chiaro che il non raggiungimento di tale modello - che per la sua stessa natura deve essere continuamente rivisto dato il mutare delle condizioni - non giustifica il non riconoscimento delle Assemblee deboli. Non sarebbe perciò proficuo che la Casa Universale di Giustizia formulasse regole universali per il corretto funzionamento delle Assemblea Spirituali Locali poiché esse devono necessariamente differenziarsi da paese a paese, e perfino da regione a regione dello stesso paese, nel processo evolutivo da Assemblee in Case di Giustizia, come previsto da Bahá’u’lláh Tra gli obiettivi più salienti che l’Assemblea Spirituale Locale deve raggiungere nel suo processo di sviluppo verso la piena maturità vi sono i seguenti: fare da amorevole pastore per il gregge bahá’í; promuovere l’unità e la concordia tra gli amici; dirigere il lavoro d’insegnamento; proteggere la Causa di Dio: organizzare programmi per le Feste, Anniversari e incontri regolari delle comunità; informare i bahá’í dei suoi piani; invitare la comunità ad esprimere i suoi consigli; promuovere il benessere di giovani e bambini; partecipare, circostanze permettendo, ad attività di carattere umanitario. Nei suoi rapporti con i singoli credenti, l’Assemblea deve continuamente invitarli ed incoraggiarli a studiare la Fede, a trasmettere il suo glorioso messaggio, a vivere secondo i suoi insegnamenti, a contribuire generosamente e regolarmente al Fondo, a partecipare alle attività comunitarie e a rifugiarsi, se necessario, presso l’Assemblea per averne consiglio e aiuto.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Bolivia, 30 luglio 1972. Citata parzialmente in Piano settennale, p. 37) 150. Promuovere cordiali rapporti con personalità eminenti «Un’attività molto importante, che per la verità è stata perseguita solo in pochissimi paesi, riguarda la promozione, pianificata dalle Assemblee Spirituali Nazionali, di cordiali rapporti con personalità eminenti e con responsabili di governo, per far conoscere loro i principi basilari e gli insegnamenti della Fede. Questa attività deve essere condotta con saggezza e discrezione e richiede la costante vigilanza di un comitato responsabile, ed un periodico riesame da parte della stessa Assemblea Spirituale Nazionale. Nelle località in cui l’attività sarà coronata da successo, verosimilmente potrà prevenire le opposizioni alla Fede e spianare la strada a molti aspetti essenziali dello sviluppo della comunità bahá’í.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali del mondo, Naw-Rúz 1974) 151. Personalità pubbliche «Avvicinare personalità tanto note ed importanti è sempre una questione estremamente delicata, poiché richiede una buona dose di saggezza, coraggio ed abilità. Ma quegli amici che si sentano spinti a farlo e posseggono le necessarie qualità, devono coltivare questi rapporti di amicizia che, se condotti in maniera corretta, possono essere di immenso beneficio alla Causa. In ogni caso, comunque, l’assistenza e l’aiuto delle Assemblee Locali e Nazionali non sono solo utili, ma necessari perché questi importanti contatti siano fruttuosi e promettenti. Il principio della consultazione, che costituisce una delle leggi basilari dell’Amministrazione, deve essere applicato a tutte quelle attività bahá’í che coinvolgano gli interessi collettivi della Fede, poiché è con la collaborazione e con il continuo scambio di idee e di opinioni che la Causa può proteggere e favorire i propri interessi. Le iniziative personali, le capacità e l’ingegnosità dei singoli, sebbene indispensabili, sono affatto incapaci di svolgere un compito sì arduo, a meno che non siano sorrette e arricchite dall’esperienza collettiva e dalla saggezza del gruppo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 30 agosto 1933. Parzialmente in Consultazione, p. 23, n. 31) 152. I membri dell’Assemblea Spirituale Locale devono approfondirsi «Solo se i membri delle Assemblee Locali si approfondiranno nelle verità fondamentali della Fede e nella giusta applicazione dei principi che governano il funzionamento dell’Assemblea, questa istituzione crescerà e si svilupperà fino a raggiungere il suo massimo rendimento.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 11 agosto 1970, Piano Settennale, p. 32) 153. I membri delle Assemblee Spirituali devono assumersi le responsabilità «Il Custode costantemente incoraggia e raccomanda ai credenti di tutto il mondo d’imparare a lavorare secondo le leggi ed i principi bahá’í. I membri delle Assemblee Spirituali devono imparare ad assumersi le loro responsabilità; i credenti devono imparare a rivolgersi ad esse e ad attenersi alle loro decisioni. Quando ci rendiamo conto che in Egitto e in Persia tutti i matrimoni, i divorzi, le eredità sono trattati solo dalle Assemblee e che i credenti si attengono alle loro decisioni, vediamo che in Occidente gli amici hanno ancora molta strada da fare. Più presto iniziano, meglio sarà per loro e per la Fede.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 17 ottobre 1944) I. Riunioni d’Assemblea, Presenza, Dimissioni 154. Obbligo dei membri d’Assemblea di riunirsi ed assolvere i sacri doveri «Dopo la formazione dell’Assemblea Spirituale Nazionale, lassismo e negligenza nel tenere le riunioni, nell’incontro dei nove membri e nell’assolvimento dei suoi sacri doveri avrà una deleteria ripercussione nella comunità, indebolirà e disonorerà la Causa, produrrà caos e confusione e condurrà al declino della Fede.» (Da una lettera di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Centrale della Persia, 22 aprile 1930, citata nella compilazione della Casa Universale di Giustizia Meetings of the National Spiritual Assembly) 155. Essere membro di un’Assemblea o di un Comitato è un sacro impegno - Ci si deve sforzare d’essere presenti ad ogni riunione «..il Custode desidera che spieghiate bene a tutti i credenti che essere membro di un’Assemblea o di un Comitato bahá’í è un sacro impegno che ogni leale e coscienzioso membro della comunità, ancorché umile e inesperto, deve accettare con gioia e fiducia. Il credente che sia stato eletto per servire in una certa Assemblea ha il dovere di fare il possibile per partecipare a tutte le sedute e per collaborare con i suoi colleghi, a meno che non glielo impediscano serie ragioni come una malattia, e anche in questo caso egli deve informare l’Assemblea. L’Assemblea Spirituale Nazionale ha il dovere di raccomandare, nonché di facilitare la partecipazione alle sedute. Se un membro non è in grado di giustificare con ragioni valide la sua ripetuta assenza dalle sedute, l’Assemblea Spirituale Nazionale deve metterlo sull’avviso, ammonirlo e - se egli ignora deliberatamente questo monito - potrà allora sospendere i suoi diritti di membro votante della Comunità. Tale sanzione amministrativa pare assolutamente imperativa e necessaria e, pur non equivalendo ad una totale espulsione dalla Causa, priva colui che ne è oggetto di qualsiasi reale partecipazione alle sue funzioni e ai suoi affari amministrativi, ed è quindi un’efficacissima misura disciplinare che l’Assemblea può usare contro tutti questi tiepidi e irresponsabili membri della Comunità.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale d’India e Birmania, 2 luglio 1939. Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 50 n. 49) 156. Nelle sedute deve essere data precedenza all’insegnamento «Quando sono in seduta conviene loro di conversare, a nome dei servi di Dio, su questioni che trattano affari ed interessi della gente. Per esempio, deve essere data la precedenza all’insegnamento della Causa di Dio, poiché questa è cosa della massima importanza, così che con quel mezzo tutti gli uomini possano entrare sotto la tenda dell’unità e tutte le genti della terra possano essere considerate come un solo corpo... Se queste anime si adegueranno alle condizioni prescritte saranno, invero, aiutate dalle Sue invisibili elargizioni. Questa è in verità una questione i cui benefici saranno conferiti a tutti gli uomini...» (Bahá’u’lláh: Istruzioni ai credenti bahá’í, pp. 13-14, n. 15) 157. Tutte le riunioni devono essere imperniate attorno ad un unico centro focale: Insegnare «Se le riunioni o l’Assemblea Spirituale si occupano d’altro sprecano il loro tempo. Ogni deliberazione, ogni consultazione, ogni conversazione e discorso deve essere imperniato attorno ad un unico centro focale: Insegnare la Causa! Insegnate! Insegnate! Portate il Messaggio! Risvegliate le anime! “Solo questo serve oggi. Gl’interessi di questa Causa gloriosa non avanzeranno senza una totale attenzione. Mentre portiamo questo carico non possiamo portarne nessun altro !» (‘Abdu’l-Bahá. Riunioni Bahá’í, p. 45, n. 21) 158. Principio su cui basare il lavoro di un’Assemblea «Vi è un solo principio su cui basare il lavoro di un’Assemblea e cioè la supremazia della volontà della maggioranza. Le decisioni della maggioranza devono essere adottate coraggiosamente e messe in atto dall’Assemblea senza tener conto dell’ostinata aderenza ai propri punti di vista cui una minoranza potrebbe aggrapparsi.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 20 novembre 1941, The Local Spiritual Assembly, p. 19) 159. Perché alcune Assemblee Locali non si riuniscono «Molte Assemblee Spirituali Locali non si riuniscono perché non sanno o non comprendono i motivi per cui debbono. Una compilazione sulla funzione dell’Assemblea Spirituale Locale o il Regolamento dell’Assemblea Locale, normalmente, non forniscono ai membri l’incentivo a riunirsi. Uno dei punti del Piano Quinquennale è il vantaggio che ogni Assemblea abbia mete locali. Come vi sono mete internazionali e nazionali, devono esserci in tutto il mondo bahá’í mete locali per ciascuna Assemblea Locale. Esse, come indicato nel nostro Messaggio del Naw-Rúz 1974, possono essere direttamente adottate dalle Assemblee Locali o assegnate loro dall’Assemblea Spirituale Nazionale. L’adozione dell’Assemblea Locale di un proprio piano può esercitare una notevolissima influenza sul suo lavoro e sulla vita della comunità.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale dell’Africa, 24 dicembre 1975) 160. Quante volte riunirsi - Deve decidere l’Assemblea. «L’Assemblea Spirituale deve decidere quante volte riunirsi per condurre correttamente gli affari della Causa sotto la sua giurisdizione. Il punto, comunque non è stabilire se riunirsi due volte alla settimana o due volte al mese, ma essere vitale ed eseguire in modo adeguato il lavoro.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 23 ottobre 1949, Bahá’í News, agosto 1951, p. 2) 161. La promessa di Bahá’u’lláh «Bahá’u’lláh ha promesso che in ogni Assemblea in cui prevalgano l’unità e l’armonia, là il Suo glorioso Spirito sarà non solo presente, ma animerà, sosterrà e guiderà gli amici in tutte le loro deliberazioni.» (Da una lettera scritta a nome del Custode alle Assemblee Spirituali di Evanston e Wilmette, 17 novembre 1933. Istruzioni ai credenti Bahá’í, pp. 20-21, n. 22) 162. Non è possibile che ad una riunione di Assemblea Spirituale Nazionale partecipi un estraneo. «... alla luce di quanto ha affermato il Maestro che le deliberazioni dell’Assemblea devono essere segrete e riservate, non è possibile che durante le riunioni dell’Assemblea Spirituale Nazionale siano presenti estranei. Dovete sempre ricordare che, in questioni di principio, non vi possono essere deroghe;... Spesso le Assemblee Nazionali discutono argomenti strettamente personali, che possono compromettere l’onore e la felicità di altri, e il pericolo che la riservatezza sia violata è già abbastanza grande con i nove rappresentanti prescelti dell’intera comunità, senza introdurre anche elementi estranei. È sufficiente che scriviate i verbali in modo più conciso e sacrifichiate, quando sia necessario, un poco di efficienza, pur di uniformarvi a questo importantissimo principio.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 5 luglio 1950. Consultazione, pp. 28-29, n. 44) 163. Distribuzione dei verbali delle sedute «Abbiamo ricevuto la vostra lettera... a proposito della consegna ai membri dei verbali delle sedute della vostra Assemblea Nazionale. I due principi da applicare sono i seguenti: 1. Ogni membro dell’Assemblea Spirituale Nazionale ha il diritto d’avere i verbali delle sue sedute 2. L’Assemblea Nazionale ha l’obbligo di prendere adeguate misure per salvaguardare la natura confidenziale di molti argomenti contenuti nei verbali. Rientra nel potere discrezionale della vostra Assemblea Nazionale come dare effetto a questi principi.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Asia Nord Orientale, 25 Mirza 1971) 164. Accesso agli archivi dell’Assemblea Nazionale «In risposta alla vostra lettera del 13 maggio 1976, la Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di dirvi che tutti i membri di Assemblea sono uguali e devono poter accedere ai documenti ed ai verbali dell’Assemblea di cui fanno parte. Tuttavia, rientra nel potere discrezionale d’ogni Assemblea Spirituale organizzare i suoi archivi in modo tale da classificare certi documenti “confidenziali”, consentendone la visione solo previa una specifica decisione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Irlanda, 8 giugno 1976) 165. I lavori possono essere svolti dal quorum «.. È, come dite, oltremodo auspicabile che tutti e nove i membri dell’Assemblea Spirituale siano presenti, ma i lavori possono essere svolti dal quorum di cinque, purché tutti siano stati preventivamente informati della riunione.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 14 giugno 1972) 166. Quorum d’Assemblea «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 20 luglio 1967 in cui chiedete chiarimenti sull’art. 8, sezione I, del Regolamento dell’Assemblea Spirituale Locale riportato a pagina 19 della “Dichiarazione di Fede.» La maggioranza dei membri presenti, che costituiscono il quorum, è sufficiente per far approvare una mozione, così, se alla riunione sono presenti solo cinque membri dell’Assemblea, è sufficiente la maggioranza di tre voti. Comunque, le Assemblee devono tener conto dell’ultima clausola del primo capoverso dell’art. 8, sezione I, che recita: “... e col dovuto riguardo al principio di unità e cordiale cameratismo richiesto nell’istituzione di un’Assemblea Spirituale.” In altre parole, i membri di un’Assemblea non devono avvantaggiarsi del quorum per approvare una mozione che violerebbe lo spirito della suddetta citazione. Come ha affermato la vostra Assemblea Nazionale è auspicabile che tutti e nove i membri dell’Assemblea Spirituale Locale siano presenti ad ogni seduta e noi speriamo che sarete in grado d’educare i membri delle Assemblee ad assumersi le loro responsabilità a questo proposito.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 6 agosto 1967) 167. Doveri dei membri d’Assemblea «Nelle sue riunioni deve sforzarsi di imparare la difficile ma molto remunerativa arte della consultazione bahá’í, processo che richiede grande autodisciplina da parte di tutti i membri e totale fiducia nel potere di Bahá’u’lláh. Deve riunirsi regolarmente e far sì che tutti i membri siano continuamente informati dell’attività dell’Assemblea, che il Segretario svolga i suoi compiti e il Tesoriere tenga e spenda i fondi nell’interesse della Fede, tenendo una corretta contabilità e rilasciando ricevute per tutte le contribuzioni. Molte Assemblee trovano che alcune delle loro attività, come l’insegnamento, l’osservanza di Feste e Anniversari, la soluzione di problemi personali e altri doveri, siano meglio eseguite da comitati nominati dall’Assemblea stessa e verso di essa responsabili...» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Bolivia, 30 luglio 1972. Piano Settennale, pp. 36-37) 168. Nelle votazioni bahá’í non esiste l’astensione «È importante rendersi conto che lo spirito della consultazione bahá’í è molto diverso da quello che anima, nel loro processo decisionale, le istituzioni non bahá’í. L’ideale della consultazione bahá’í è giungere ad una decisione unanime; quando ciò non sia possibile, si deve votare. Secondo le parole dell’amato Custode: .»..allorché si richieda loro di prendere una certa decisione, essi, dopo spassionata, sollecita e sincera consultazione, devono volgersi in preghiera a Dio e, con serietà, convinzione e coraggio, dare il proprio voto e attenersi alla voce della maggioranza che, come il nostro Maestro ci ha detto, è la voce della verità, mai da contrastarsi, anzi da porsi sempre fedelmente in atto. Non appena una decisione è presa, essa diviene la decisione dell’intera Assemblea e non semplicemente di coloro che si sono trovati nella maggioranza. Quando qualcuno propone di porre una questione ai voti, un altro membro dell’Assemblea può ritenere che vi siano altri fatti o opinioni che debbano essere esaminati prima ch’egli si senta pronto a decidere e a votare la proposta consapevolmente. Egli deve esprimere i suoi sentimenti all’Assemblea e a questa spetta decidere se protrarre o non la discussione prima di votare. Quando si decide di votare su una proposta, è necessario unicamente accertare quali membri siano favorevoli: se sono la maggioranza dei presenti, la mozione è accettata: se sono la minoranza, è respinta. Perciò nella votazione bahá’í non esiste il problema dell’astensione. Chi non vota a favore di una mozione, in pratica vota contro, anche se in quel momento ritiene di non essere ancora in grado di prendere una decisione.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 6 Mirza 1970. Compilazione Consultazione, p. 31 n. 46) 169. Ai bahá’í non è richiesto di votare contro coscienza «Non si richiede che i bahá’í votino, in Assemblea, contro coscienza: È certamente meglio che essi si sottomettano alla maggioranza rendendola unanime, ma non sono obbligati a farlo. Ciò che devono fare, però, è conformarsi alla decisione della maggioranza, poiché è ciò che dovrà andare in vigore: non devono indebolire l’Assemblea, raccontando che non erano d’accordo con la maggioranza. In altre parole devono anteporre la Causa alle loro opinioni. Ogni membro (dell’Assemblea Spirituale) può chiedere che l’Assemblea riconsideri una certa cosa, ma non ha il diritto di forzare gli altri membri o di creare disarmonia se essi non vogliono mutare d’avviso. È preferibile l’umanità, ma certamente non è lecito imporla ai membri dell’Assemblea con artifizi simili a quelli usati da altre istituzioni.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 19 ottobre 1947, Consultazione, pp. 27-28, n. 41) 170. Le dimissioni dall’Assemblea sono permesse solo in particolari circostanze «Riguardo alla sua domanda se sia permesso ad un credente dare le dimissioni dall’Assemblea Locale, può farlo in particolari circostanze, quali malattie, ma solo dopo e mai prima della sua elezione a membro d’Assemblea. Divergenze personali e disaccordo fra i membri dell’Assemblea non sono di certo sufficienti motivi per rassegnare le dimissioni e non possono essere valida giustificazione per non partecipare alle sedute. Dallo scontro delle opinioni personali, come ha detto ‘Abdu’l-Bahá, si sprigiona la scintilla della verità e si manifesta la guida divina. Gli amici non devono pertanto scoraggiarsi di fronte alle differenze di opinioni esistenti a volte fra i membri di un’Assemblea, perché queste differenze - come l’esperienza ha dimostrato e come le parole del Maestro attestano - assolvono a una preziosa funzione in tutte le deliberazioni dell’Assemblea stessa. Ma non appena l’opinione della maggioranza si è manifestata, tutti i membri devono automaticamente ed incondizionatamente obbedire e fedelmente porla in atto. I rappresentanti eletti della comunità devono anche sempre improntare le loro discussioni e decisioni a pazienza e moderazione, senza mai indulgere a cavillose dispute senza frutto.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 18 aprile 1939, parzialmente nella Compilazione Consultazione, p. 25 n. 34) 171. Le differenze d’opinione non devono dissuadere dal fare attività bahá’í «È superfluo dire quanto s’è dispiaciuto nell’apprendere che entrambi avete rassegnato le dimissioni dall’Assemblea Spirituale Locale di..., poiché è convinto che in questa situazione il vostro atto avrà un effetto negativo sugli altri credenti e infliggerà un grave danno alla Causa. Le differenze d’opinione, specialmente se dipendono dalle personalità, non devono in nessun caso distogliere un credente dalle sue più importanti attività bahá’í. E quale attività può essere considerata più vitale, e quindi di maggiore responsabilità, che servire in un’Assemblea, e in particolare come Vice-Presidente? Le sue responsabilità a questo proposito sono molteplici e sarebbe quindi un peccato se mancasse, per niente, di farvi fronte fino al limite delle sue possibilità. Per di più, lei facilmente comprende che dimettendosi dall’Assemblea incoraggerebbe - sia pure non intenzionalmente, ma con il semplice effetto dell’esempio - i suoi colleghi a prendere, se necessario, un’analoga decisione in futuro. Tutto ciò, naturalmente, non può che portare, alla fine, allo scioglimento della vostra Assemblea e, nel contempo, sminuire notevolmente l’autorità ed il prestigio di questa istituzione agli occhi del pubblico. In considerazione di tutto ciò, il Custode fa appello specialmente a lei affinché riconsideri la sua decisione di dimettersi dall’Assemblea di... dando così agli amici il buon esempio. Dovesse regolarsi in tal senso, godrebbe senza dubbio dell’assistenza di Bahá’u’lláh Che le darebbe la forza per superare gli ostacoli che, al momento, ritardano così incresciosamente il valido lavoro ed il progresso della vostra Assemblea.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 27 novembre 1968) 172. Ci deve essere una valida ragione per le dimissioni «Sebbene sia altamente raccomandabile che tutti i membri dell’Assemblea Nazionale partecipino agli incontri dell’Assemblea, il fatto che un componente non possa avere una buona frequenza di partecipazione alle riunioni per i propri affari o altre circostanze, non è un buon motivo per accettarne le dimissioni. Non si giustifica alcuna accettazione di dimissioni o di dichiarare vacante un posto nell’Assemblea senza una valida ragione, come nel caso di un’assenza prolungata o di una grave malattia che impediscano di svolgere il compito di membro dell’Assemblea Nazionale.» (Da una lettera scritta per conto della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti il 27 novembre 1968) 173. I membri delle Assemblee Spirituali Nazionali devono essere sollevati dal servizio nelle Assemblee Spirituali Locali? «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 28aprile1970 in cui ci domandate se un credente eletto in un’Assemblea Spirituale Locale e nell’Assemblea Spirituale Nazionale possa rinunciare ad essere membro dell’Assemblea Locale per dedicare le proprie energie esclusivamente al lavoro dell’Assemblea Nazionale. In linea generale, coloro che sono eletti in un’Assemblea Locale e in quella Nazionale devono compiere ogni sforzo per servire in entrambe le istituzioni, quali che possano essere i sacrifici personali. Se per un membro è troppo oneroso ed impossibile assumersi la responsabilità di servire nelle due Assemblee, lo deve far presente ad entrambi i corpi e chiedere una consultazione. Ogni caso va esaminato a parte secondo la particolare situazione riguardante il membro interessato: può avvenire, infatti, che se un membro di Assemblea Nazionale ha una carica nell’Assemblea Spirituale Locale, le sue dimissioni da quella carica invece che da membro, possa risolvere il suo problema.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Africa Nord-Orientale, 7 maggio 1970, Malaysian Bahá’í News, vol. 8, n. 4, dicembre 72 - febbraio 73, p. 28) 174. Non è appropriato eleggere un membro provvisorio d’Assemblea «Riguardo all’elezione d’un membro provvisorio per sostituirne uno assente, l’attuale prassi dell’amministrazione bahá’í non è favorevole a questa procedura, preferendo accertare la durata dell’assenza. Se il periodo di tempo fosse eccessivo, rientra nel potere discrezionale dell’Assemblea dichiarare il posto vacante ed indire un’elezione suppletiva. Questa decisione, tuttavia, non deve essere presa alla leggera e i membri eletti alla Convenzione devono rimanere in carica, a meno che non sussistano insormontabili difficoltà che lo impediscano.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Malaysia, 10 dicembre 1970, citato nella Compilazione della Casa Universale di Giustizia Meetings of the National Spiritual Assembly) 175. Assenza dei membri d’Assemblea - Non fissare limiti di tempo «... permettere all’Assemblea di stabilire un limite di tempo alle assenze dei membri alle sue sedute, oltre il quale una persona decade automaticamente dall’Assemblea, con conseguente dichiarazione di un posto vacante, significherebbe stabilire un pericoloso precedente... L’Assemblea non deve fissare alcun limite d’assenze oltre il quale un membro decade. Ogni caso di prolungata assenza dalle sedute di Assemblea deve essere considerato separatamente, e se viene rilevato che la persona non vuole presenziare alle sedute, che è tenuta indefinitamente lontana da esse per malattia o viaggio, allora si può legittimamente dichiarare che vi è un posto vacante e si può procedere all’elezione di un nuovo membro.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente. Bahá’í News n. 208, giugno 1948) 176. Ripetute ed ingiustificate assenze causano la sospensione del diritto di voto «... È dovere dell’Assemblea Spirituale Nazionale esortare ed agevolare i membri a presenziare alle riunioni d’Assemblea. Se un membro non ha validi motivi per giustificare le sue ripetute assenze, va avvisato e perfino ammonito, e se l’ammonizione viene deliberatamente ignorata, l’Assemblea ha la potestà di sospendere il suo diritto di voto quale membro della Comunità. Tale sanzione amministrativa sembra essere assolutamente imperativa e necessaria ed anche se non equivale ad una completa espulsione dalla Causa, priva l’individuo d’ogni concreta possibilità di partecipare ai suoi affari e funzioni amministrative, ed è la più efficace misura correttiva che l’Assemblea può adottare contro individui della Comunità così apatici ed irresponsabili.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India e Birmania, 2 luglio 1939, Dawn of a New Day, p. 79) 177. Critica, opposizione, confusione non sono motivi per dimettersi - Possono essere necessarie sanzioni «Riguardo alla questione del rifiuto di certi credenti d’accettare una elezione per una carica amministrativa, il Custode pensa fermamente che critiche, contrasti e confusione non giustifichino a sufficienza né il rifiuto della carica né le dimissioni della stessa. Solamente casi di incapacità fisica o mentale, per loro natura estremamente rari, costituiscono motivi validi. Le difficoltà e le prove connesse all’accettazione di cariche amministrative, lungi dall’indurre i credenti a rifiutare il lavoro della Causa, devono spronarli ad una più attiva partecipazione al compito privilegiato di risolvere i problemi che la Comunità bahá’í affronta. Solo se il credente, senza alcuna valida ragione, deliberatamente non tiene conto delle reiterate esortazioni, preghiere ed ammonimenti rivoltigli dall’Assemblea, si deve cancellarlo dalla lista dei votanti. Questa è una misura che si propone di sostenere le istituzioni della Fede oggi e di assicurare che l’abilità ed il talento del suo ancora limitato numero di sostenitori siano correttamente consacrati al suo servizio...» (Lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dei Bahá’í degli Stati Uniti e Canada, 15 gennaio 1942: Bahá’í News, n. 152, p. 2, aprile 1942) J. Diritti Amministrativi, sanzioni, dissimulazione 178. Condizioni per la privazione del diritto di voto «Condizioni generali per la privazione del diritto di voto sono naturalmente il flagrante comportamento immorale, l’aperta opposizione ai doveri amministrativi della Fede e l’inosservanza delle leggi sullo status personale. Tuttavia, prima di comminare la sanzione, l’Assemblea Nazionale ha il dovere d’incontrare amorevolmente l’interessato per aiutarlo a risolvere il problema; in un secondo momento, d’ammonirlo affinché desista: nel caso perseveri, d’ammonirlo ancora; ed infine, se non si intravedono altri sistemi adatti, può privare la persona del diritto di voto. Il Custode comunque desidera che le Assemblee Nazionali siano molto caute nel comminare queste sanzioni, perché - ove se ne abusasse - perderebbe la sua efficacia. Deve essere usata solo quando non sembrano esserci altri modi per risolvere il problema. Rispondendo, poi, alle specifiche domande da voi poste: se una persona è privata del diritto di voto non può partecipare alla Festa del Diciannovesimo Giorno e, ovviamente, non partecipandovi, non può prendere parte alla consultazione. Pur non essendo proibito agli amici frequentare queste persone, tuttavia è bene che i loro rapporti rimangano formali. Per quanto riguarda l’insegnamento della Causa da parte di chi è stato privato del diritto di voto, naturalmente è libero di farlo, dato che ogni credente è stato incoraggiato da Bahá’u’lláh ad insegnarla.» (Da una lettera a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale del Sud-America, 7 Mirza 1955) 179. L’Assemblea non deve privare il credente del diritto di voto se non per questioni gravissime «Come già dettovi in una precedente comunicazione, egli ritiene che la vostra Assemblea non deve privare le persone del diritto di voto se non per questioni realmente molto gravi; infatti, questa sanzione è in effetti molto seria e, se viene comminata con leggerezza, può provocare amarezza ed inoltre creare il convincimento che vi si ricorra ingiustamente per esercitare forti pressioni. Occorre educare ed assistere gli amici, perché dal punto di vista spirituale sono ancora molto immaturi, ed i loro “peccati” sono in effetti quelli dell’immaturità! I loro cuori sono leali verso la Causa, e questa è la cosa più importante.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di India e Birmania, 2 agosto 1946) 180. Nessun bahá’í può giurare d’educare i figli secondo i principi di un’altra religione, né sposarsi in chiesa secondo il rito cristiano «... Come il Custode ha precisato... nessun bahá’í può coscientemente giurare d’educare i propri figli in un’altra religione e, naturalmente, non ha il diritto di mentire; pertanto, in occasione del suo matrimonio, non può fare una promessa del genere al coniuge non-bahá’í. Qualsiasi bahá’í contravvenisse a questa regola, deve essere privato del diritto di voto e - com’egli ha già chiarificato - deve essere di necessità privato del diritto di voto anche il credente che contrae matrimonio da cristiano.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi al Comitato Insegnamento Europeo, 13 maggio 1936) 181. Bevande alcoliche - Coloro che continuano a bere «Se un credente continua ad assumere bevande alcoliche, l’Assemblea deve accertare la flagranza della trasgressione e, in caso affermativo cercare di aiutarlo a comprendere l’importanza d’obbedire a questa legge bahá’í. S’egli non smette, lo si deve più volte ammonire e, se non si ha alcun effetto, è soggetto a perdere il diritto di voto. Nel caso d’un alcolista che stia cercando di superare questa debolezza, l’Assemblea deve mostrare una particolare pazienza e può suggerirgli consigli ed assistenza professionale. Se la trasgressione non è flagrante, non occorre che l’Assemblea prenda alcun provvedimento .» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 26 settembre 1978) 182. Divorzio «Nessuna sanzione deve essere comminata semplicemente perché il credente ha iniziato l’azione civile per il divorzio prima che sia trascorso l’anno di pazienza; gli sarà invece comminata se dovesse sposarsi durante quell’anno, non solo perché si tratterebbe di una violazione di esso, ma anche perché il divorzio bahá’í non può essere concesso prima che l’anno di pazienza sia trascorso, anche se nel frattempo è stato accordato quello civile. Per questo nessun matrimonio si può celebrare nel corso dell’anno d’attesa, a meno che le parti nella causa di divorzio non decidano di risposarsi con una cerimonia civile.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Alaska, 29 Mirza 1966) 183. Associazioni ecclesiastiche e politiche «La stessa sanzione (privazione del diritto di voto) deve essere applicata nei confronti di coloro che ostinatamente rifiutano di dissociarsi da attività politiche ed ecclesiastiche. Si tratta di un principio generale che va applicato in tutto il mondo bahá’í: i credenti orientali sono già pienamente consapevoli dell’assoluta necessità di rifiutare qualsiasi incarico politico o ecclesiastico musulmano.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 15 gennaio 1942. Bahá’í News n. 152, p. 2, aprile 1942) 184. Partecipazione alla politica «La vostra comprensione ed il vostro comportamento riguardo alla partecipazione alla politica sono corretti: l’immediata ammonizione e la pronta privazione del diritto di voto sono azioni necessarie alla protezione degli interessi della Fede.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Africa Sud-Occidentale, 12 novembre 1965) 185. Gli atti omosessuali sono condannati da Bahá’u’lláh «Circa la domanda postagli a proposito di uno dei credenti che sembra essere chiaramente omosessuale - sebbene entro un certo limite dobbiamo evitare di occuparci della condotta morale delle persone, conseguenza del generale e terribile deterioramento della società in generale - ciò non significa che dobbiamo indefinitamente tollerare un comportamento che stia disonorando la Causa. Occorre far presente all’interessato che quegli atti sono condannati da Bahá’u’lláh e che deve cambiar vita; se necessario dovrà consultare i medici e fare ogni sforzo per vincere questa afflizione, che corrompe lui e nuoce alla Causa. Se, dopo un periodo di prova, non notate un miglioramento, allora dovrete privarlo del diritto di voto. Il Custode, comunque, non ritiene che un’istituzione bahá’í debba assumersi il compito di denunciarlo alle Autorità, a meno che il suo comportamento non rasenti la pazzia.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada. Messages to Canada, p. 39) 186. Atti di flagrante immoralità «Qualunque atto di flagrante immoralità compiuto da bahá’í deve essere fermamente deplorato. Bisogna esortare gli amici ad abbandonare immediatamente certe relazioni, a mettere ordine nei loro affari ed a comportarsi da bahá’í; se si rifiutano, malgrado gli ammonimenti dell’Assemblea, devono essere puniti con la privazione dei diritti di voto. L’Assemblea Spirituale Nazionale ha la facoltà di decidere sui casi di flagrante immoralità senza bisogno d’informare il Custode.» (Da una lettera del 20 luglio 1946 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada. Principles of Bahá’í Administration, p. 87) 187. Credenti accusati di reati «Abbiamo riesaminato attentamente la vostra lettera del 18 aprile 1967 in cui chiedete informazioni sull’atteggiamento che la vostra Assemblea Nazionale deve adottare nei confronti di credenti che sono stati accusati di reati, o siano sospettati d’averli commessi, o siano stati giudicati colpevoli dall’autorità giudiziaria. Il principio da tener presente è che ogni caso che rientri fra quelli menzionati, deve essere considerato singolarmente valutandone i pro e i contro, senza applicare regole rigide. Se le azioni del credente discreditano la Fede in maniera eclatante e ne offendono seriamente la reputazione, l’Assemblea Nazionale a sua discrezione può applicare la sanzione della privazione del diritto di voto. Riteniamo, comunque, che l’Assemblea deve essere molto saggia nel privare i credenti dei diritti amministrativi; ciascun caso deve essere esaminato e valutato e deve essere chiaro che l’applicazione della sanzione bahá’í non è un atto automatico conseguente al verdetto di una corte giudiziaria.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Africa sud-occidentale, 3 maggio 1967, Guidelines for Local Spiritual Assembly, p. 81) 188. Deve essere data la possibilità di migliorare: Comminare una sanzione più mite «Per quanto riguarda coloro la cui condotta è immorale, in un primo tempo la questione deve essere affidata all’Assemblea Spirituale Locale. Sia il credente membro dell’Assemblea Locale o no, lo si deve dapprima amorevolmente esortare, poi ammonire e quindi gli si ingiunge di rettificare la propria condotta. Se questa non migliora e continua a rappresentare un’onta per la Fede - secondo i casi - l’Assemblea Nazionale può decidere di rimuoverlo semplicemente dall’Assemblea Locale se ne è membro, o di comminare la massima sanzione privandolo del diritto di voto. È impossibile e non è saggio stilare una regola generale valida per tutti i casi.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale d’Italia, 14 gennaio 1996) 189. Non basta una sola trasgressione alla morale per incorrere in una pena grave «In generale, in caso di condotta immorale, non basta una sola trasgressione per incorrere in questa grave punizione, che deve essere applicata solo dopo pazienti raccomandazioni ed in presenza di flagrante immoralità ed evidente cattivo comportamento.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Vietnam, 11 gennaio 1967) 190. Matrimonio celebrato solo civilmente «...se un bahá’í si sposa solo civilmente, è soggetto a perdere il diritto di voto. Se l’Assemblea si convince del pentimento di una coppia, il diritto di voto può essere reintegrato, purché venga celebrata la cerimonia bahá’í.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Perù, 23 giugno 1969) 190. Il diritto di voto dei genitori può essere sospeso se il consenso non è conforme alla legge bahá’í «In riferimento alla vostra domanda relativa al caso dei signori... e della loro figlia, il Custode ritiene che la vostra Assemblea abbia operato in modo corretto privando tutti e tre del diritto di voto. La loro condotta nel celebrare il matrimonio musulmano, nelle forme contrarie alla legge bahá’í descritte nella vostra lettera, è, a dir poco, più che reprensibile e se tali comportamenti non sono fermamente censurati dai bahá’í, si corre il rischio che altri amici, in certi momenti di debolezza, possano commettere gli stessi errori.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India, Pakistan e Burma, 10 Mirza 1951) 192. Bahá’í appartenenti alla Massoneria, alla Società Teosofica, ai Cavalieri Rosa Croce e simili organizzazioni * «I seguenti due principi devono esser di guida alla vostra Assemblea in materia di problemi riguardanti bahá’í appartenenti alla Massoneria, alla Società Teosofica, ai Cavalieri Rosa Croce e simili organizzazioni: 1) Non è permessa agli amici la formale affiliazione ad organizzazioni le cui politiche ed i cui programmi non siano pienamente conciliabili con gli Insegnamenti. 2)Gli amici non devono diventare membri di società segrete Vi consigliamo di informare gli amici con la massima esattezza di questi principi, approfondendoli nella comprensione e nell’apprezzamento di essi. Dopo aver accertato che tutti, e specialmente quelli direttamente interessati, li abbiano ben compresi, la vostra Assemblea deve fissare un termine entro il quale essi devono obbedire alla vostra direttiva di ritirarsi dalle suddette organizzazioni. Ogni caso dovrà essere esaminato singolarmente. Alcuni amici potrebbero avere necessità di assolvere certi compiti di cui fossero stati incaricati prima di ritirarsi con onore. Nel fissare il termine, dovrete tener conto di questa eventualità. Benché persistere nella appartenenza in queste o simili organizzazioni sia motivo più che sufficiente per la privazione del diritto di voto. vi suggeriamo, prima di mettere in atto qualsiasi azione disciplinare, di concedere ad ogni amico un adeguato lasso di tempo affinché possa approfondirsi bene ed ottemperare ai principi.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Colombia, 26 dicembre 1963) * (Vedi anche XXXV, 1384-1400) 193. Malattie mentali «Per quanto riguarda le persone le cui condizioni mentali non sono state definite dalle autorità civili dopo la diagnosi dei medici, l’Assemblea deve fare immediatamente le opportune indagini su ogni caso che si presenti e dopo essersi consultata con esperti deliberare in merito. Nei casi importanti, tuttavia, la delibera deve essere preceduta da una consultazione con l’Assemblea Spirituale Nazionale. Senza dubbio, la potenza della preghiera è grandissima, ma Bahá’u’lláh ha ingiunto anche la consultazione con esperti, e se questi esperti ritenessero che esiste una anormalità, allora il ritiro del diritto di voto è giustificato.» (Lettera del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 30 maggio 1936, Bahá’í News n. 153, giugno 1942, p. 12) 194. Incapacità mentale «L’interpretazione dell’incapacità mentale non è uguale a quella dell’incapacità fisica. Per inabilità mentale deve intendersi una condizione molto più seria di una qualsiasi deficienza caratteriale o di un’avversione a conformarsi alla maggioranza. Solo nei rari casi di persona realmente squilibrata - e ciò sia stato accertato senza ombra di dubbio - le si può negare il diritto d’essere membro. In questa questione occorre usare la massima cautela e riservatezza.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 15 maggio 1940, Bahá’í Procedure, p. 20) 195. Privare dei diritti amministrativi un malato di mente non costituisce una sanzione «Privare dei diritti amministrativi una persona malata di mente non è una sanzione, ma semplicemente il prendere atto che le condizioni del credente non consentono ch’egli eserciti quei diritti. Da ciò potete dedurre che perché si possa prendere questa misura l’incapacità mentale deve essere molto grave ed essa, di norma, deve essere sostenuta da una certificazione medica specialistica o da un ricovero in ospedale psichiatrico. Inoltre, a seconda del tipo di malattia mentale, tale sospensione del diritto di voto può o meno implicare il non ricevere notiziari bahá’í, l’interdizione a partecipare alla Festa del Diciannovesimo Giorno, ecc.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Austria, 12 maggio 1982) 196. L’Assemblea Nazionale può proibire a una persona di servire in un’Assemblea Locale senza privarlo del diritto di voto «È inoltre permesso ad un’Assemblea Spirituale Nazionale proibire a un credente di servire in un’Assemblea Locale, senza privarlo del diritto di voto, come di presenziare alla parte consultativa della Festa del Diciannovesimo Giorno. Potete altresì proibire ad un credente di votare alle elezioni, senza comminargli tutte le altre sanzioni connesse all’espulsione amministrativa.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Panama, 31 gennaio 1972) 197. Solo l’Assemblea Nazionale può privare i credenti del diritto di voto «Dal verbale della vostra seduta del 13 Mirza 1971 emerge un particolare che desideriamo commentare. Riguarda la vostra decisione di informare l’Assemblea Spirituale di... che può privare un credente dei suoi diritti amministrativi se ritiene che le sue azioni lo meritino. Allo stato attuale, l’Assemblea Nazionale può privare un credente dei diritti amministrativi e questa autorità non deve essere demandata alle Assemblee Spirituali Locali.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Honduras, 18 aprile 1971) 198. Status di coloro che hanno perduto il diritto di voto «A proposito della sua domanda sullo status di quelle persone che l’Assemblea Locale o Nazionale hanno ritenuto necessario privare del diritto di voto e sospendere dalla partecipazione a riunioni ed incontri locali: questi provvedimenti, comunque giustificati, e non importa quanto severi, che le Assemblee Locali e Nazionali sono state autorizzate a prendere nei confronti di taluni membri recalcitranti, non implicano mai la completa espulsione dalla Causa. La sospensione del diritto di voto e degli altri diritti amministrativi, subordinate a determinate condizioni e perciò temporanei, non possono mai avere implicazioni di così vasta portata perché costituiscono sanzioni puramente amministrative; invece l’espulsione dalla Fede o la scomunica, che possono essere comminate dal Custode * nella sua qualità di supremo capo spirituale della Comunità, hanno gravi implicazioni spirituali che riguardano proprio l’anima di quel credente. La prima - come già detto - è una sanzione amministrativa, mentre la seconda è una sanzione essenzialmente spirituale che coinvolge non solo il particolare rapporto di carattere amministrativo fra il credente e la sua Assemblea Locale o Nazionale, ma la sua stessa esistenza spirituale nella Causa. Ne consegue quindi che un credente può continuare a chiamarsi bahá’í anche se non è più membro votante della Comunità, ma nel caso sia stato espulso dal corpo della Causa per una decisione del Custode, cessa di essere un credente e non può, in alcuna circostanza, identificarsi, neanche nominalmente, con la Fede.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 8 maggio 1939) * I diritto di espulsione dalla Fede o di scomunica è ora esercitata dalla Casa Universale di Giustizia quale supremo capo spirituale della Comunità. 199. Non si può celebrare il matrimonio bahá’í se una delle parti è stata privata del diritto di voto - Un bahá’í in regola non può sposarne uno privato «Un bahá’í privato del diritto di voto non può sposarsi con cerimonia bahá’í; un bahá’í in regola non può sposarne uno che ha perduto il diritto di voto; il matrimonio di un bahá’í privato del diritto di voto non rientra nelle competenze di un’istituzione amministrativa bahá’í. In altre parole, i bahá’í che hanno perduto il diritto di voto non possono essere vincolati agli adempimenti amministrativi bahá’í, per quanto la loro coscienza dovrebbe farli agire il più possibile in conformità con i principi e il modello di vita bahá’í.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 25 febbraio 1976, citata dal Centro Internazionale d’Insegnamento) 200. La più grave sanzione che abbiamo: la privazione del diritto di voto «... egli pensa che tutte le Assemblee Spirituali Nazionali debbano sempre tenere presente che questa è la sanzione più grave che attualmente esiste nella Fede, ad eccezione della scomunica che rientra nei poteri del solo Custode (ora, della sola Casa Universale di Giustizia, n.d.t.) e, di conseguenza, è un provvedimento molto gravoso da mettere in atto. Ritiene che nessun bahá’í debba essere mai cancellato dalla lista dei votanti e quindi privato dei suoi diritti amministrativi, se non per motivi della massima gravità, e per tali egli intende la violazione di leggi, quali il consenso dei genitori al matrimonio, ecc., o atti talmente immorali da danneggiare il buon nome della Fede.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 3 Mirza 1955, Messages to Canada, p. 51) 201. Prima di privare qualcuno del diritto di voto, occorre avvertirlo ripetutamente «Diversi anni fa egli ha informato l’Assemblea Spirituale Nazionale Americana che, prima di privare qualcuno del diritto di voto, in primo luogo ci si deve consultare con lui ed ammonirlo amorevolmente poi, se persevera nella sua condotta immorale e in qualunque altra gravissima trasgressione lo si avverte o ripetutamente, e alla fine, nel caso che gli avvertimenti risultino vani, lo si priva del diritto di voto.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 3 Mirza 1955, Messages to Canada, pp. 51-52) 202. Non è corretto sospendere il diritto di voto nel corso delle indagini «Non è corretto sospendere i diritti amministrativi di un credente nel corso delle indagini e dell’esame delle questioni nelle quali è coinvolto. Come abbiamo affermato ripetutamente, l’applicazione di sanzioni è un provvedimento molto serio e deve essere messo in atto solo in casi estremi. Inoltre, qualsiasi decisione che riguardi i diritti amministrativi di un credente deve essere presa dall’Assemblea. Quantunque l’Assemblea debba sempre preoccuparsi delle questioni legate al buon nome della Fede, si deve tener presente che un credente coinvolto in tali questioni ha diritto alla comprensione dell’Assemblea e può avere necessità della sua guida e della sua assistenza prima e dopo qualunque decisione sia stata presa sulla sanzione.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 16 luglio 1969) 203. Il credente non può evitare l’espulsione dimettendosi al fine di violare impunemente la Legge «Come sapete, un credente non può evitare l’espulsione amministrativa se, al fine di poter violare impunemente le leggi, mette in atto lo stratagemma di dimettersi dalla Fede. Tuttavia l’Assemblea deve essere pienamente convinta che dietro il ritiro vi sia davvero quel motivo. L’inattività di un credente ed il suo generale comportamento verso la Fede possono portare l’Assemblea a concludere ragionevolmente ch’egli si è ritirato in buona fede, anche se immediatamente è seguito un matrimonio e, in questo caso, le dimissioni possono essere accettate.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 20 maggio 1971) 204. Dissimulare non significa ritirarsi «Negare di essere bahá’í mentre ancora si crede in Bahá’u’lláh significa dissimulare la propria Fede e non ritirarsi; e la Legge bahá’í non consente di dissimulare allo scopo di violarla. Se ad un credente a cui non piace una determinata legge, fosse permesso di lasciare la comunità per avere la possibilità di violarla e poi di rientrare impunemente, significherebbe farsi beffe della Legge di Dio... Dalle sue lettere è evidentissimo ch’egli ha sempre creduto in Bahá’u’lláh, che conosce bene la legge secondo la quale il matrimonio è condizionato al consenso dei genitori e che ha dissimulato la sua fede allo scopo di violare questa legge impunemente. Deve quindi esser considerato un bahá’í privato dei diritti amministrativi...» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 15 maggio 1967) 205. Ignoranza della Legge «In tutte le questioni riguardanti la privazione del diritto di voto, la vostra Assemblea deve tener presente che al momento, in cui l’applicazione delle leggi bahá’í è progressiva ed in cui una larga parte della comunità è costituita da nuovi credenti, l’ignoranza delle leggi, se la vostra Assemblea è convinta ch’essa sussista realmente, può essere accettata come valida giustificazione.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 11 ottobre 1965) 206. Figli illegittimi «In linea generale, non occorre sospendere i diritti amministrativi a seguito della nascita di un figlio illegittimo. Le questioni da prendere in considerazione riguardano l’eventuale flagrante condotta immorale della parte interessata, se tale condotta stia causando un danno alla Fede e se il credente persista in questo comportamento, malgrado i ripetuti ammonimenti. Come senza dubbio sapete, la privazione dei diritti amministrativi è una sanzione molto grave che deve essere comminata - secondo i ripetuti avvertimenti del diletto Custode - solo in situazioni estreme. In una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’altra Assemblea Spirituale Nazionale, che aveva fatto le stesse domande era stato precisato che compito delle Istituzioni è consigliare ed educare i credenti, dopo di che sta ai singoli bahá’í determinare la propria linea di condotta in relazione alle situazioni delle loro vita quotidiana.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia, 23 Mirza 1983) 207. Perdita del diritto di voto - Equivale all’espulsione amministrativa «Un bahá’í che ha perduto il diritto di voto è amministrativamente espulso dalla comunità e quindi non è soggetto alla giurisdizione dell’Assemblea Spirituale in materia di leggi sullo status personale, come il divorzio, a meno che, ovviamente, la questione non riguardi anche il coniuge bahá’í in regola da cui sta per divorziare. La sua osservanza di queste leggi è un fatto di coscienza e, durante il periodo in cui è privo del diritto di voto, non può essere soggetto ad ulteriori sanzioni a causa dell’inosservanza di leggi bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia, 6 aprile 1982) 208. Casi in cui è stata celebrata la sola cerimonia civile «Abbiamo qui la vostra lettera del 9 ottobre 1971 con la quale ci informate d’aver privato ... del diritto di voto per violazione della legge bahá’í sul matrimonio, in quanto si è sposato senza il consenso di tutti i genitori viventi. Avete rilevato che sono state celebrate la cerimonia civile e quella cattolica. La vostra domanda riguarda la possibile reintegrazione dei suoi diritti. Nei casi in cui è stata celebrata la sola cerimonia civile, il diritto di voto può essere ripristinato se l’Assemblea ritiene che il credente sia sinceramente pentito e voglia ottemperare alla legge bahá’í e quindi il suo scioglimento non è un requisito necessario per il ripristino dei diritti amministrativi. In questi casi, se i genitori danno il loro consenso e l’Assemblea è certa che esso sia stato concesso liberamente e non sia stato condizionato dall’avvenuta celebrazione del matrimonio civile, si può celebrare il matrimonio bahá’í. L’Assemblea in questi casi dovrebbe ripristinare il diritto di voto immediatamente prima della cerimonia bahá’í, a condizione che venga celebrata. Dovesse... domandare di riavere il diritto di voto e la vostra Assemblea fosse certa che è veramente pentito dovete offrirgli assistenza per organizzare i particolari aiutandoli ad ottenere il consenso dei genitori.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 18 novembre 1971) 209. Privazione corretta o erronea del diritto di voto «I credenti privati del diritto di voto che si trasferiscono nell’area di giurisdizione di un’altra Assemblea Spirituale Nazionale rientrano nella giurisdizione di quest’ultima e, in caso di richiesta di reintegrazione dei diritti, questa deve mettersi in contatto con quella che ha applicato la sanzione, per avere tutti i particolari del caso ed il suo parere sulla richiesta. Comunque è l’Assemblea Nazionale sotto la cui giurisdizione vive il credente che ha la competenza per prendere la decisione ed i relativi provvedimenti. In risposta alla seconda domanda della vostra lettera del 17 maggio 1976, non può essere formulata alcuna regola fissa. Può accadere, per esempio, che la sanzione sia stata applicata erroneamente e che il provvedimento errato dell’Assemblea sia proprio il motivo della richiesta del credente per essere reintegrato nel suo diritto. Se la sanzione è stata applicata correttamente, basta che il credente metta in atto le azioni necessarie per riavere il voto; la sua richiesta di reintegrazione e la sua sottomissione alle leggi bahá’í sono segni sufficienti di pentimento. Comunque, se l’Assemblea vede che il credente non comprende il motivo della privazione e tiene un atteggiamento ribelle deve fare il possibile per chiarirglielo. Se il suo atteggiamento è di dispregio per le leggi bahá’í e le sue azioni ne sono state aperta violazione, l’Assemblea può perfino prolungare il periodo di privazione oltre quello concesso per porre rimedio alla situazione; ma tali casi, per loro natura, sono molto rari.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Perù, 21 settembre 1976) 210. Azioni disciplinari nei confronti di giovani «In riferimento alla domanda contenuta nella vostra seconda lettera circa le azioni disciplinari che possono essere prese nei confronti di giovani che non hanno ancora raggiunto l’età del diritto di voto, occorre tener presente che la privazione del diritto di voto è un’espulsione amministrativa. Oltre ad essere privato del diritto di votare, il credente non può prendere parte alle Feste o ad altre riunioni per soli bahá’í, non può contribuire al Fondo, né può avere il matrimonio bahá’í. Le restrizioni riguardanti il voto diventeranno operative al raggiungimento dell’età in cui il giovane avrebbe cominciato ad esercitarle.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 14 aprile 1965) 211. Se atti d’immoralità non sono conosciuti - Pettegolezzo «Pensiamo che ciascun caso debba essere riesaminato valutandone tutti gli aspetti. In alcuni è chiaro che non vi sono alternative alla privazione del diritto di voto, per esempio nel caso di matrimonio senza il consenso dei genitori. In altri, invece, come quelli di flagrante immoralità, ci si deve avvalere della privazione del diritto di voto solo raramente. Se gli atti d’immoralità non sono a conoscenza di tutti e vengono alla luce solo a seguito di indagini, si pone la seria questione se sono da considerarsi flagranti. Ci rendiamo conto del grande problema rappresentato dal pettegolezzo nel momento in cui si manifesta nelle comunità bahá’í ed il veleno che può instillare nei rapporti fra gli amici. Comunque, in queste circostanze, la privazione del diritto di voto è di norma poco utile e quindi deve essere applicata solo dopo che altri rimedi non hanno avuto risultati positivi. A nostro avviso sarebbe molto meglio che l’Assemblea Nazionale predisponesse un programma di appropriato approfondimento degli amici e tentasse, con amore e pazienza, di inculcare in loro il rispetto per le leggi bahá’í. Iniziative avventate possono sMirzare lo zelo della comunità e questo deve essere evitato ad ogni costo.» (Da una lettera scritta dalla Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Africa Sud-Occidentale, 20 agosto 1969) 212. Comportamento della comunità verso coloro che sono privati del diritto di voto «La misura in cui una comunità debba essere attiva e passiva nei riguardi di un credente privato del diritto di voto varia dalle circostanze di ciascun caso. Ovviamente è auspicabile che una persona arrivi a riconoscere il proprio errore e a ratificare la propria situazione. In certi casi gli approcci amichevoli dei bahá’í possono essergli d’aiuto al raggiungimento dello scopo, in altri invece l’individuo può reagire meglio se viene lasciato per un po’ di tempo libero di agire come crede.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 1 novembre 1973) 213. Le Assemblee devono essere come il Maestro ed il “Buon Pastore” «Circa l’ammissione di nuovi dichiarati nei diversi gruppi e l’espulsione di qualcuno dalla Comunità, Shoghi Effendi ritiene che le Assemblee non debbano agire affrettatamente. Devono essere accorte e molto prudenti, altrimenti potrebbero fare notevoli danni alla Causa. Devono, quindi, sincerarsi che il nuovo venuto sia veramente a conoscenza degli insegnamenti e, nel momento in cui dichiara di credere nella rivelazione di Bahá’u’lláh, sia consapevole di ciò che dice e dei doveri che si assume. “D’altro canto, l’Assemblea non deve agire affrettatamente neanche quando ha da espellere una persona: questo atto è legato ad una grande responsabilità spirituale. Le Assemblee non hanno solo diritti nei confronti delle persone, ma anche grossi doveri. Devono comportarsi come il Buon Pastore menzionato da Cristo nella Sua nota parabola. Inoltre abbiamo davanti a noi l’esempio del Maestro: i bahá’í erano parti organiche del Suo essere spirituale e ciò che accadeva all’ultimo degli amici Gli procurava profondo dolore e dispiacere. Se per caso qualcuno cadeva in errore, Egli lo consigliava e gli portava maggior amore ed affetto. Solo dopo mesi di costante attenzione, se si accorgeva che quell’amico si rifiutava ancora ostinatamente di modificare il suo comportamento e che il suo stare con gli altri bahá’í danneggiava la loro vita spirituale, allora lo espelleva dal gruppo. Questa deve essere l’attitudine delle Assemblee verso i credenti. Il miglior criterio di valutazione del successo spirituale di un’Assemblea è la misura in cui i suoi membri si sentano responsabili del benessere del gruppo. E nel caso siano costretti a privare una persona del diritto di voto, deve essere fatto solo per la salvaguardia degli altri e non semplicemente per infliggere una punizione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 11 aprile 1933) 214. I Credenti privati del diritto di voto che si sforzano di emendare i loro comportamenti devono essere aiutati «Privare una persona del diritto di voto deve essere fatto solo in caso di assoluta necessità e l’Assemblea Nazionale deve essere sempre restia a comminare questa pesante sanzione, che è una punizione severa. Talvolta, naturalmente, per proteggere la Causa, occorre che si faccia, ma egli ritiene che, se il credente interessato si sforza d’emendare il suo comportamento, di correggere i suoi errori o ricerca sinceramente il perdono si debba aiutarlo in tutti i modi e lo si debba mettere in grado di reinserirsi nella Comunità come membro in regola.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 18 maggio 1948) 215. I bahá’í non devono mai dissimulare la loro Fede «L’amato Custode mi ha dato istruzione di scrivervi in merito alla notizia appena ricevuta da voi secondo la quale, sulla domanda per ottenere la residenza permanente a... avete indicato che siete Protestanti, anziché bahá’í. Il Custode mi ha chiesto d’informarvi che questa notizia lo ha molto meravigliato e sorpreso e che non approva quanto avete fatto. Ha detto che se foste stati avvertiti in anticipo che questa azione non deve essere compiuta in nessuna circostanza, allora non gli sarebbe rimasto nient’altro da fare che privarvi del diritto di voto. Certamente un’azione del genere comporterà in futuro l’immediata rimozione del diritto di voto. In Persia, perfino durante il periodo delle persecuzioni, quando la vita era in pericolo e veniva promessa la libertà completa a coloro che affermavano d’essere Musulmani e non bahá’í, il Custode non solo privava del diritto di voto chiunque non dichiarava apertamente la sua Fede, ma addirittura lo additava come violatore del Patto. Questo vi farà comprendere che per un bahá’í è del tutto illogico dichiarare, in qualsiasi circostanza, d’essere qualunque cosa fuorché bahá’í, senza badare alle conseguenze cui andrebbe incontro.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi a due credenti, 30 aprile 1957) 216. Sommario delle limitazioni che la privazione del diritto di voto comporta «... Chi ha perduto il diritto di voto è sì considerato bahá’í, ma non amministrativamente in regola, e gli si applicano le seguenti restrizioni e limitazioni: - Non può partecipare alla Festa del Diciannovesimo Giorno, né ad altre riunioni riservate ai bahá’í, incluse le Conferenze Internazionali, e di conseguenza non può prendere parte alla consultazione sugli affari della comunità; - Non può contribuire ai Fondi bahá’í; - Non può ricevere notiziari ed altri bollettini riservati ai bahá’í; - Non può fruire della cerimonia nuziale bahá’í e quindi non può sposare un bahá’í; - Non gli è concesso di fare il pellegrinaggio bahá’í; - È libero di insegnare la Fede per proprio conto, ma non può avere incarichi come insegnante od oratore in attività organizzate da bahá’í; - Gli è vietata la partecipazione amministrativa compreso il diritto di votare in elezioni bahá’í; - Non gli si devono dare credenziali (perché ciò implicherebbe che è amministrativamente in regola).» (Da un allegato alla lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Olanda, 9 dicembre 1985) 217. Sommario dei diritti e dei privilegi non negati a chi ha perduto il diritto di voto «... Sebbene in linea generale un credente privato del diritto di voto sia soggetto alle restrizioni sopra specificate, non gli sono negati ed anzi sono espressamente garantiti i seguenti privilegi: - Può partecipare alle celebrazioni dei nove Giorni Sacri; - Può partecipare a qualunque riunione bahá’í aperta ai non-bahá’í; - Può ricevere le pubblicazioni accessibili anche ai non-bahá’í; - È libero di insegnare la Fede, poiché Bahá’u’lláh ha ordinato che tutti i credenti insegnino; - Non gli è vietato di stare insieme con altri bahá’í - Può avere il funerale bahá’í, se lo richiede lui o la sua famiglia, ed essere sepolto in un cimitero bahá’í; - Non gli si deve negare la carità bahá’í per il fatto che ha perduto il diritto di voto; - Le Istituzioni bahá’í possono dargli incarichi, ma con discernimento per quanto riguarda il tipo do lavoro da svolgere; - Deve poter essere ricevuto dall’Assemblea Spirituale.» (Ibidem) K. Appelli 218. Diritto di appello e sua procedura «Quando l’Assemblea Locale ha espresso la propria decisione sull’argomento, allora lei ha il diritto di appellarsi, se lo desidera, all’Assemblea Spirituale Nazionale perché il suo caso sia ulteriormente preso in esame. Ma prima di compiere tale azione, come leale e saldo credente, ha il dovere di accettare con totale disponibilità e senza riserve la richiesta dell’Assemblea Spirituale Nazionale di partecipare a una riunione congiunta con la sua Assemblea Locale. Abbia fiducia che obbedendo agli ordini della sua Assemblea Nazionale non solo riuscirà a risolvere i suoi problemi personali con gli amici, ma darà loro inoltre un nobile esempio.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 2 ottobre 1935, Assemblee Spirituali Nazionali, p. 66, n. 76) 219. Appello all’Assemblea Nazionale contro la decisione dell’Assemblea Locale «Ci si può appellare all’Assemblea Nazionale contro una decisione dell’Assemblea Locale e al Custode contro la decisione dell’Assemblea Nazionale. Ma il principio dell’autorità di cui sono investite le nostre istituzioni elette deve essere rispettato. È impossibile impararlo senza difficoltà e prove.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale della Germania e dell’Austria, 30 giugno 1949. Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 67, n. 79) 220. Violazione dei diritti bahá’í «...ogniqualvolta vi sia una violazione di diritti bahá’í o un errore nella giusta procedura, gli amici devono esaminare la questione con l’Assemblea interessata e, se non sono soddisfatti, con l’Assemblea Spirituale Nazionale. È questo un privilegio ed un dovere.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 10 luglio 1942, Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 67, n. 77 221. Ogni bahá’í può scrivere direttamente alla Casa Universale di Giustizia, ma gli appelli devono essere proposti tramite l’Assemblea Spirituale Nazionale «Sembrerebbe che la vostra Assemblea Nazionale non abbia ben compreso la procedura per proporre gli appelli. Il signor e la signora..... hanno agito correttamente trasmettendo l’appello alla vostra Assemblea, che avrebbe dovuto poi inoltrarlo alla Casa Universale di Giustizia accompagnato dai vostri commenti sul caso. È vero - come dite nella vostra lettera del 26 maggio 1975 - che ogni bahá’í può scrivere direttamente alla Casa Universale di Giustizia, ma non nel caso di appelli, che devono essere sempre rimessi tramite l’Assemblea Spirituale Nazionale. Solo se quest’ultima non trasmette l’appello entro un ragionevole lasso di tempo, l’appellante può portare direttamente il caso avanti la Casa Universale di Giustizia. Questa procedura è illustrata all’art. VIII della Costituzione della Casa Universale di Giustizia.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Germania, 17 giugno 1975) 222. La richiesta dell’appellante di inoltrare l’appello alla Casa Universale di Giustizia non può essere respinta «La Casa Universale di Giustizia comprende ed apprezza le vostre motivazioni sul tentativo di circoscrivere le questioni a livello nazionale e concorda con voi perché si faccia di tutto per risolverle senza ricorrere al Centro Mondiale. Tuttavia, se l’appello viene respinto dall’Assemblea Nazionale, questa non può rifiutarsi di inoltrarlo alla Casa Universale di Giustizia, né deve procrastinare eccessivamente il suo invio.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 17 luglio 1979) 223. I Comitati devono discutere i loro problemi con l’Assemblea Spirituale Nazionale «I Comitati, in un primo momento, devono discutere i loro problemi con l’Assemblea Nazionale cercando di risolverli in modo soddisfacente; se sono insoddisfatti, hanno il diritto di appellarsi al Custode *. Il Custode, quindi, deciderà se si tratta di una questione su cui pronunciarsi direttamente o se rimandarla all’Assemblea Nazionale.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 28 Mirza 1943) * (Ora Casa Universale di Giustizia) “Nel caso in cui un membro di comitato non sia d’accordo con gli altri membri su una particolare questione, non ha alcun diritto di appellarsi all’Assemblea, ma deve accettare la decisione della maggioranza.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 26 novembre 1938) L. Regolamenti 224. Scopo dei regolamenti «Lo scopo dei regolamenti è chiarire e potenziare le funzioni amministrative legali di una comunità bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 5 luglio 1950, Bahá’í News n. 236, pp. 2-3, ottobre 1950) 225. Un bambino può essere considerato bahá’í «... Siccome un credente di 15 anni non può votare, egli (Shoghi Effendi) non vede alcun motivo per inserire nei Regolamenti una norma relativa ai 15 anni. Un bambino è da considerarsi bahá’í; i 15 anni sono semplicemente l’età in cui si è maturi per il digiuno, il matrimonio, e, nel caso dell’America, i giovani sono invitati a dichiararsi a quella età per evitar loro di prestare successivamente servizio militare attivo.» (Ibidem) 226. La versione di New York dei regolamenti è più corretta «... i Regolamenti originali di New York sono più corretti, perché in essi si vede chiaramente la differenza fra “tutti” i membri della comunità ed i membri “votanti” di 21 anni o più. In altre parole, secondo la versione di New York - che è corretta - i fanciulli al di sotto dei 15 anni sono bahá’í mentre secondo la vostra solamente le persone di più di 15 anni sono bahá’í, il che non è corretto... La dichiarazione di fede fatta negli Stati Uniti dai fanciulli che raggiungono 15 anni serve ai giovani americani per chiedere l’esenzione, prevista dalle leggi americane, dal servizio militare attivo. Non ha altro scopo, ma in quel paese è un accorgimento. Non è necessario aggiungere questa clausola nei vostri Regolamenti. Egli desidera che vengano mantenute le cose essenziali, come nel Regolamento di New York, senza integrare o aggiungere niente, perché altrimenti tutto il mondo bahá’í sarebbe indotto a consolidare norme superflue ed a ridurre la libertà e la duttilità della Causa. Come ha più volte detto all’Assemblea Nazionale Americana e ad altre Assemblee Nazionali, è senz’altro meglio affrontare le situazioni e le nuove esigenze nel momento in cui si presentano, piuttosto che avere tutto rigidamente codificato in anticipo.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Australia e Nuova Zelanda, 22 agosto 1949, Letters from the Guardian to Australia and New Zeland, p. 77) 227. Questione di fede in Bahá’u’lláh e non disponibilità di partecipazione «...tutti coloro che si dichiarano all’età di 15 anni o più e in possesso dei requisiti necessari, sono accettati dalla vostra Assemblea, sono bahá’í secondo il vostro Regolamento e devono essere registrati nelle comunità locali o nel vostro ufficio nazionale. Si tratta di una dichiarazione di fede in Bahá’u’lláh e non necessariamente di una affermazione di disponibilità a partecipare con gli altri credenti alle attività della loro comunità.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 18 maggio 1967, National Bahá’í Review n. 2, p. 3, febbraio 1968) 228. L’Assemblea Spirituale Nazionale deve difendere e sostenere i provvedimenti degli Ordinamenti e dello Statuto Costituzionale «... l’Assemblea Nazionale... deve sempre con occhio vigile sostenere, difendere, giustificare e applicare i provvedimenti dello Statuto Costituzionale e degli ordinamenti che sono vincolati tanto per la Convenzione quanto per l’Assemblea Nazionale. L’Assemblea Spirituale Nazionale ha il diritto di formulare, applicare e interpretare la Costituzione Nazionale dei bahá’í in quel territorio. Se desidera rimanere fedele a quella Costituzione, non può stabilire norme, sia pure secondarie, che minimamente ostacolino l’assoluta libertà dei delegati di consigliare e di eleggere coloro che essi ritengono meglio rispondere alle qualifiche necessarie per essere membri di un’istituzione così eccelsa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 18 agosto 1933, Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 31, n.23) 229. Mantenere un’uniformità internazionale sui punti essenziali «Il Custode compie ogni sforzo per sviluppare in tutto il mondo bahá’í l’uniformità sui punti essenziali, e ciò comporta di frequente un po’ di ritardo nel raggiungimento delle varie mete locali. Tuttavia egli considera la questione abbastanza importante da giustificare i sacrifici che talvolta implica. A questo proposito desidera accennare al vostro Statuto Locale. Pensa che debba conformarsi il più strettamente possibile a quello originale dell’Assemblea di New York. Ciò che è assolutamente essenziale vi è stato inserito e tutte le altre Assemblee Locali, essendo legalmente riconosciute, devono seguirne la traccia tanto fedelmente quanto lo permettano le procedure legali. Questo, di nuovo, per mantenere un’uniformità internazionale nei punti essenziali. Qui non si tratta di sapere se lo Statuto redatto dal vostro Comitato Legale non è più aggiornato e non rispecchia l’ultima parola e senza dubbio lo è e lo rispecchia, ma se ogni paese, nel redigere il suo Statuto Locale, persiste in questo processo di elaborazione, alla fine il requisito dell’uniformità verrà a mancare. Le Assemblee dei paesi orientali hanno aderito così fedelmente allo statuto originale che, in pratica, l’hanno tradotto parola per parola e lo hanno fatto proprio.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Australia e Nuova Zelanda, 30 dicembre 1948) 230. Le decisioni delle Assemblee Locali e Nazionali sono passibili di revisione da parte della Suprema Istituzione - Nessuna contraddizione degli Statuti «...il sig. ... ha spiegato che era sembrato vi fosse un’apparente contraddizione fra il diritto di appello alla Casa Universale di Giustizia ed il diritto di un’Assemblea Nazionale di prendere decisioni “definitive” su certe questioni, come affermato dalla Costituzione Nazionale Bahá’í. La Casa di Giustizia ci ha incaricato di chiarire che, ovunque è attribuita all’Assemblea Locale o Nazionale la giurisdizione finale, nella sua costituzione esiste una disposizione compensativa. Per esempio: L’Articolo IV dello Statuto dell’Assemblea Locale stabilisce: .».. pur serbando il sacro diritto della decisione finale in tutti gli affari pertinenti alla comunità bahá’í, l’Assemblea Spirituale cerca sempre il consiglio e la consultazione di tutti i membri della comunità, la tiene informata di tutti i suoi affari e la invita a discutere liberamente tutti gli argomenti concernenti la Fede. Ancora, l’Articolo III di quello stesso Statuto Locale dice: “L’Assemblea Spirituale, comunque, riconosce l’autorità ed il diritto dell’Assemblea Spirituale Nazionale di dichiarare in qualsiasi momento quali attività e affari della comunità di... abbiano carattere nazionale e pertanto siano soggetti alla sua giurisdizione.» E all’articolo II è affermato: .».. l’Assemblea Spirituale agisce secondo le funzioni di una Assemblea Spirituale Locale come definite nello Statuto adottato dall’Assemblea Spirituale Nazionale...» Con riferimento a quegli articoli che attribuiscono la giurisdizione finale all’Assemblea Spirituale Nazionale, vi è la superiore disposizione dell’Articolo IX dello Statuto Nazionale: .»..Ovunque in questo Statuto è accordata all’Assemblea Spirituale Nazionale esclusiva e finale giurisdizione, nonché massima autorità esecutiva, in tutte le attività e gli affari della Causa bahá’í in...» si deve intendere che qualsiasi decisione deliberata o azione intrapresa in relazione a tali questioni sarà sottoposta in ogni caso alla definitiva approvazione ed eventuale revisione della Casa Universale di Giustizia. È chiaro, quindi, che la parola “finale” non è usata in senso assoluto; è piuttosto un riferimento al principio enunciato da ‘Abdu’l-Bahá, secondo il quale i credenti devono sostenere con tutto il cuore e lealmente le loro Assemblee ed attenersi alle loro decisioni, perfino se si accorgono che sono in errore. Nello stesso tempo le Assemblee hanno il dovere di consultarsi amorevolmente e francamente con i credenti sotto la loro giurisdizione, e se uno di essi (o un’Assemblea Locale) ritiene che si stia commettendo una seria ingiustizia o che gli interessi della Fede stiano subendo nocumento, allora ha diritto di appello. Quando viene fatto un appello, l’Assemblea la cui decisione è stata contestata deve prestare la sua amorevole collaborazione nel portare avanti la procedura ed insieme all’appellante sottoporre tutte le opportune informazioni alla istituzione immediatamente più elevata perché prenda le decisioni. L’intera materia riguardante gli appelli è chiaramente compendiata negli Articoli VII e VIII della Costituzione della Casa Universale di Giustizia.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Spagna, 24 Mirza 1982) 231. Il temporaneo scioglimento dell’Assemblea Spirituale Locale non comporta l’automatica perdita del riconoscimento giuridico «Il problema relativo al riconoscimento giuridico di un’Assemblea è diverso da paese a paese a seconda delle leggi ivi esistenti. Comunque, la Casa di Giustizia ci ha chiesto di attirare la vostra attenzione sul fatto che in molti paesi vi è l’obbligo di notificare alle autorità solo il cambiamento dei membri o delle cariche di un’istituzione già giuridicamente riconosciuta e quindi non è necessario notificare ogni anno l’intera lista dei membri. Si sono verificati perfino casi di scioglimento di Assemblea per un certo periodo di tempo, ma per quanto riguardava l’autorità civile continuò ad esistere.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 22 luglio 1981) M. Nuovi credenti 232. Nella Causa di Dio c’è posto per tutti «Nella Causa di Dio c’è posto per tutti . In verità, non sarebbe la Causa di Dio se non accettasse e non gradisse tutti - poveri e ricchi, letterati ed illetterati, illustri e sconosciuti - Iddio sicuramente li vuole tutti, perché è Lui che li ha creati.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi a due credenti, Insegnamento, p. 30, n. 56) 233. L’esempio di ‘Abdu’l-Bahá - Incoraggiare con pazienza i nuovi credenti «Ricordi l’esempio di ‘Abdu’l-Bahá e le Sue costanti esortazioni a usare gentilezze verso quel ricercatore e ad esemplificare lo spirito degli insegnamenti che si spera di infondere in lui a tal segno, che egli senta spontaneamente l’impulso di aderire a quella Causa che include tali insegnamenti. All’inizio, si astenga dall’insistere su quelle leggi e osservanze che impongono uno sforzo eccessivo alla sua fede neonata; sia paziente, discreto, ma deciso, nel prendersi cura di lui finché egli non giunga a piena maturità e lo aiuti a proclamare la sua completa accettazione di tutto ciò che Bahá’u’lláh ha disposto. E appena quegli sia pervenuto a tale stadio, lo presenti ai suoi confratelli e s’adoperi, perché - frequentando costantemente la comunità e partecipando attivamente alle attività locali - anch’egli partecipi all’arricchimento della sua vita, al progresso dei suoi compiti, al consolidamento dei suoi interessi e al coordinamento delle sue attività con quelle delle altre comunità. Non sia pago finché non abbia infuso nel suo figliolo spirituale un così profondo ardore da indurlo a levarsi spontaneamente anch’egli per dedicare le proprie energie al risveglio di altre anime e alla difesa delle leggi e dei principi stabiliti dalla nuova Fede.» (Shoghi Effendi: L’Avvento della Giustizia Divina, p. 40) 234. I due estremi per portare persone nella Causa «I credenti devono distinguere fra i due estremi di portare le persone nella Causa prima che ne abbiano compreso appieno gli elementi basilari, rendendogliela troppo difficile o aspettandosi troppo da loro prima di accettarli. Ciò richiede veramente un acuto senso di giudizio, perché è ingiusto permettere che una persona abbracci un movimento senza comprenderne pienamente il significato, ma è altrettanto ingiusto aspettarsi che sia un perfetto bahá’í prima che possa entrare nella Fede. Molti problemi d’insegnamento hanno origine da questi due estremi.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 22 novembre 1941, Bahá’í News n. 241, p. 2, Mirza 1951) 235. Non devono essere posti ostacoli davanti a nessun’anima «Non si deve porre davanti a un’anima nessun ostacolo che possa impedirle di trovare la verità. Bahá’u’lláh ha rivelato norme, insegnamenti e leggi affinché le anime possano conoscere Dio, e non perché qualche espressione costituisca ostacolo sulla loro strada.» (‘Abdu’l-Bahá in the Holy Land answers questions of Dr. Edward C. Getsinger in 1915. Star of the West, vol. 6, n. 6, p. 43) 236. Nuove registrazioni – Chi ne è responsabile «Perciò, coloro che hanno il compito di accettare le nuove registrazioni devono essere sicuri di una cosa soltanto: che il cuore del postulante è stato toccato dallo spirito della Fede. Su questa base è possibile costruire poi per gradi tutto il resto.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Africa Centro-Orientale, 8 agosto 1957. L’insegnamento alle masse, p. 33 n. 50) 237. Diventare bahá’í è un processo evolutivo «Il Custode condivide pienamente il suo punto di vista secondo cui sarebbe del tutto insensato ed ingiusto richiedere a chi manifesta l’intenzione di entrare a far parte della Comunità di accettare prima tutte le leggi della Fede. Tale richiesta non sarebbe attuabile dato che molte leggi contenute nell’Aqdas non sono ancora conosciute neanche dai credenti molto saldi e da tempo nella Fede. Come lei ha giustamente precisato, il processo di diventare bahá’í è evolutivo e richiede al nuovo credente notevole sforzo e tempi lunghi. Questioni come il ritiro dalla Chiesa e l’astensione dalle bevande alcoliche, non devono essere imposte al nuovo dichiarato, ma spiegate gradualmente in modo che possa personalmente convincersi della verità che sta alla base delle regole della Causa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 17 febbraio 1938) 238. Ammissione nella Fede - Requisiti essenziali «Difatti, un requisito essenziale perché ebrei, zoroastriani, indù, buddisti e i seguaci di altre antiche fedi, agnostici e perfino atei possano essere ammessi a far parte del gregge bahá’í è che accettino sinceramente e senza riserve l’origine divina dell’Islam e del Cristianesimo, la funzione profetica di Mu?ammad e di Gesù Cristo, la legittimità dell’istituzione dell’Imamato e del primato di San Pietro, il Principe degli Apostoli. Questi sono i principi centrali, solidi e incontrovertibili che costituiscono la base granitica del credo bahá’í che la Fede di Bahá’u’lláh è orgogliosa di riconoscere, che i suoi insegnanti proclamano, che i suoi apologisti difendono, che la sua letteratura diffonde, che le sue scuole estive spiegano e che la gran massa dei suoi seguaci attesta con parole ed opere. (Shoghi Effendi: Il Giorno Promesso, p. 115) 239. Diventare bahá’í «Quando una persona diventa bahá’í rinuncia al passato solo nel senso ch’egli fa ormai parte di questa nuova e viva Fede di Dio e deve cercare di modellare se stesso, nei pensieri e nelle azioni, sulle linee di condotta enunciate da Bahá’u’lláh. Il fatto che sia di origine ebrea o cristiana, bianco o nero, non ha più importanza, anzi - come sapete - conferisce colore e fascino alla comunità bahá’í, che in tal modo manifesta l’unità nella diversità.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 12 Mirza 1949, Bahá’í News n. 251, p. 2, gennaio 1952) 240. Ammonimenti ai neofiti nella Fede «È mio dovere avvertire ogni neofita nella Fede che le promesse glorie della Sovranità, preannunciate negli insegnamenti bahá’í, saranno rivelate soltanto nella pienezza dei tempi, e che i profondi significati impliciti dell’Aqdas (Il Libro più Santo) e delle Ultime Volontà e Testamento di ‘Abdu’l-Bahá, i due depositari gemelli degli elementi costitutivi di quella Sovranità, sono di tale portata che questa generazione non può afferrarne e apprezzarne appieno il significato. Non posso fare a meno di appellarmi a coloro che hanno aderito alla Fede perché si allontanino dalle nozioni prevalenti e dalle fugaci mode del giorno d’oggi, e si rendano più che mai consapevoli che le errate teorie e le vacillanti istituzioni della civiltà odierna debbono necessariamente apparire in netto contrasto con quelle divine istituzioni destinate a sorgere sulle loro rovine.» (Shoghi Effendi: L’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh, pp. 16-17) 241. Non basta accettare alcuni aspetti degli Insegnamenti e rifiutarne altri «..I credenti, e in particolare quelli che non hanno una sufficiente esperienza da insegnanti, devono essere molto accorti nel presentare gli insegnamenti della Causa. Sincerità, devozione e fede non sono le sole condizioni per avere successo; tatto, estrema cautela e saggezza sono egualmente importanti. Non dobbiamo aver fretta quando annunciamo il Messaggio e dobbiamo curarci di presentare gli insegnamenti nella loro integrità, senza alcuna alterazione a beneficio di altri. La devozione alla Fede non può essere parziale o tiepida: o accettiamo la Causa senza riserva o cessiamo di chiamarci bahá’í. I non credenti devono comprendere che, per diventare seguaci della Fede pienamente consapevoli e attivi, non basta accettarne alcuni aspetti e rifiutare quelli che non sono consoni alla loro mentalità. In tal modo, svanirà ogni equivoco e sarà preservata l’unità organica della Causa.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 12 giugno 1933, Bahá’í News, n. 80, p. 5, gennaio 1934) 242. Nell’arruolare nuovi credenti dobbiamo essere saggi e gentili «Nell’arruolare nuovi credenti, dobbiamo essere saggi e gentili e non ostacolarne la strada al punto da far loro pensare che sia impossibile accettare la Fede. D’altra parte, una volta riconosciuta loro l’appartenenza alla Comunità dei seguaci di Bahá’u’lláh, è doveroso avvertirli che sono tenuti a vivere secondo i Suoi Insegnamenti e a mostrare i segni di un nobile carattere in conformità con le Sue Leggi. È cosa che si può spesso fare per gradi, dopo che il nuovo credente sia stato arruolato nei ranghi della Causa.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 25 giugno 1953, L’Insegnamento alle Masse, p, 21, n. 25) 243. Se i requisiti per l’arruolamento sono troppo rigorosi, raffredderemo l’iniziale entusiasmo «...Se saremo troppo esigenti nei requisiti, raffredderemo l’entusiasmo iniziale, respingeremo i cuori e cesseremo di espanderci rapidamente. L’essenziale è che il candidato alla registrazione creda nel cuore nella verità di Bahá’u’lláh. Che sia letterato o illetterato, che conosca o meno tutti gli Insegnamenti, sono cose del tutto irrilevanti. Quando esiste la scintilla della Fede il Messaggio c’è e, a poco a poco, ogni altra cosa potrà esservi aggiunta.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Africa Sud-Occidentale, 9 luglio 1957. L’Insegnamento alla Masse, p. 30, n. 45) 244. Un bahá’í deve essere totalmente bahá’í; non deve essere gretto «...la vera essenza del motivo per cui una persona ha accettato Bahá’u’lláh è che ha deciso che solo questa via risolve i disperati problemi che travagliano l’umanità. Un bahá’í deve essere totalmente bahá’í, deve concentrarsi sul lavoro della Causa e non farsi distrarre da tutti gli influssi devianti a cui, in questi giorni, viene dato rilievo in qualsiasi quotidiano. Ciò non vuol dire, ovviamente, essere gretti, ma concentrarsi con maggiore consapevolezza sul lavoro della Causa.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 23 novembre 1951, United States Supplement to Bahá’í News n.82, p. 5, dicembre 1964) 245. Un vero bahá’í deve dar prova di esserlo veramente «Devono provare la loro asserzione d’essere bahá’í con le azioni e non perché ne portano il nome... Vero bahá’í è colui che giorno e notte si sforza di progredire lungo il sentiero dell’umana esperienza, il cui più ardente desiderio è vivere ed agire in modo da arricchire e illuminare il mondo, la cui fonte d’ispirazione è l’essenza della Divina Perfezione, il cui scopo nella vita è comportarsi in modo da promuovere infinito progresso. Solo quando avrà acquisito doti così perfette si potrà dire ch’egli è bahá’í.» (`Abdu’l-Bahá: Bahá’í Revelation, p. 285) 246. La prima ragione per cui si diventa bahá’í «La prima ragione per cui una persona diventa bahá’í deve ovviamente essere che è giunta a credere che le dottrine, gli insegnamenti e l’Ordine di Bahá’u’lláh sono la cosa giusta per questo stadio dell’evoluzione del mondo. I bahá’í, in quanto comunità, hanno un grande vantaggio: sono sinceramente convinti che Bahá’u’lláh ha ragione; hanno un piano e cercano di seguirlo. Ma sarebbe stolto pretendere che essi siano perfetti, che i bahá’í del futuro non saranno cento volte più maturi, più equilibrati, più esemplari nella loro condotta.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 5 luglio 1947, L’insegnamento alle masse, p. 14, n. 8) 247. Arare il terreno del cuore «Quando si diventa bahá’í, ciò che avviene in realtà è l’inizio dello sviluppo del seme dello spirito dell’anima umana. Questo seme deve essere innaffiato con le effusioni dello Spirito Santo, e questi doni si ricevono attraverso la preghiera, la meditazione, lo studio delle Parole Sacre e il servizio alla Causa di Dio. In verità il servizio per la Causa è come l’aratro che prepara la terra per la semina. È necessario che la terra venga arata perché sia arricchita e così avvenga una migliore crescita del seme. Avviene esattamente nella stessa maniera l’evoluzione dello spirito tramite l’aratura del terreno del cuore, perché esso diventi il riflesso costante dello Spirito Santo. In questo modo lo spirito umano cresce e si evolve rapidamente. «Naturalmente vi saranno periodi di angoscia e di difficoltà e persino di dure prove; ma se l’individuo si volgerà fermamente alla Manifestazione Divina, studierà attentamente i Suoi Insegnamenti Spirituali e riceverà le benedizioni dello Spirito Santo, scoprirà che in realtà queste prove e queste difficoltà sono state doni di Dio perché egli potesse progredire ed evolversi.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 6 ottobre 1954, Guida per una vita bahá’í, p. 105, n. 69) 248. I nuovi credenti non devono essere abbandonati a se stessi «Dopo la dichiarazione i nuovi credenti non devono essere abbandonati a se stessi, ma pazientemente rafforzati e amorevolmente aiutati a conseguire la piena maturità bahá’í mediante lettere e visitatori, attraverso conferenze e corsi d’insegnamento. L’amato Custode, accennando al dovere delle Assemblee bahá’í di assistere i credenti nuovi dichiarati, scrisse: .»..i membri di ogni Assemblea devono adoperarsi, con pazienza, amore, tatto e saggezza, di nutrire, di allevare i neo-dichiarati, dopo la loro accettazione, fino alla maturità bahá’í e di condurli gradualmente ad accettare senza riserve tutto ciò che è stato ordinato negli Insegnamenti.» (Da una lettera scritta dalla Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 13 luglio 1964. L’insegnamento alle masse, p. 36. n. 54) 249. Approfondire la vita spirituale dei singoli credenti «Soprattutto è fondamentale il dovere di approfondire la vita spirituale dei nuovi dichiarati, perché il destino dell’intera comunità dipende dai credenti. Senza il sincero sostegno di ciascuno degli amici, ogni provvedimento adottato - per quanto ben studiato - è destinato a fallire. Sono i singoli credenti che devono difendere le Assemblee Locali ed i centri già conquistati a costo di grandi sacrifici, sono loro che, infiammati dall’amore di Bahá’u’lláh, devono avanzare per allargare la base dell’attività amministrativa, formando nuove Assemblee ed instaurando il modello di Bahá’u’lláh in nuove località; sono loro che devono levarsi in risposta all’appello di recarsi nei remoti avamposti della Fede e di oltrepassare le frontiere; e sono sempre loro che, con la vostra saggia ed amorevole guida, devono diventare vostri collaboratori per portare avanti la vostra divina missione.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 14 agosto 1968, Messages from the Universal House of Justice, 1968-1973, p. 16) 250. Le Assemblea e i Comitati devono mettere i credenti in grado di diffondere il Messaggio di Dio «Ora che hanno eretto la strutture amministrativa della Causa devono destinarla al suo reale uso: servire solo da strumento per favorire il flusso dello spirito della Fede nel mondo. Come i muscoli consentono al corpo di eseguire la volontà dell’uomo, tutte le Assemblee ed i Comitati devono mettere i credenti in grado di portare il Messaggio di Dio alle anime in attesa, a tutti gli uomini l’amore di Bahá’u’lláh, le leggi salutari ed i principi della Fede.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 6 luglio 1942) 251. Il passato di una persona non deve costituire ostacolo alla sua accettazione nella Fede «Il Custode pensa che, se una persona si è avvicinata alla Causa, desidera diventare bahá’í ed è determinata a modificare il suo stile di vita, non si debba tener conto del suo passato. Dove sarebbe il perdono, se ogni potenziale bahá’í venisse giudicato dal suo passato? Ma una volta diventato bahá’í ci si aspetta ed è auspicato un cambiamento del suo modo di vivere, e gli amici devono aiutarlo a cambiare.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 29 giugno 1951) «Inoltre non vi è alcuna ragione per non accettare la dichiarazione di un detenuto come quella di qualunque altra persona. Essi stanno ora espiando il loro crimine verso la società e, se il loro cuore è mutato ed hanno accettato la Causa, non vi è alcun motivo perché vengano esclusi dalla comunità bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale di Honolulu, 23 aprile 1955) 252. Raccomandare ai convertiti di non alienarsi i genitori «È stato molto lieto di sapere che la sua amica ebrea si è recentemente confermata e desidera ardentemente di servire e promulgare la Fede. Sicuramente pregherà per lei affinché, malgrado l’opposizione dei genitori e dei parenti, possa acquisire sempre più profonda conoscenza e comprensione degli Insegnamenti e infiammarsi di tale zelo da levarsi e conquistare la Causa un gran numero dei suoi antichi correligionari. «Ma non deve assolutamente permettere che i suoi genitori le divengano completamente ostili, anzi è suo sacro dovere di compiere uno sforzo paziente, continuo e amorevole, per conquistarne la simpatia alla Fede, e caso mai, ottenerne la confermazione, per quanto profondamente radicato possa essere il loro attaccamento all’Ebraismo.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 6 luglio 1938. Compilazione Vita Familiare, p. 98, n. 54) 253. L’Assemblea non deve ostacolare la dichiarazione di persone con una morale discutibile - Dal momento che accettano la Fede i nuovi dichiarati devono comportarsi da bahá’í «La giovane signora in questione deve essere informata da voi o dal credente con cui ha studiato che la decisione di dichiararsi o meno dipende esclusivamente da lei. Se dovesse decidere in senso positivo, la vostra Assemblea non deve ostacolarla; ma chiedendo di far parte della comunità, essa deve ovviamente capire che ci si aspetta da lei un comportamento da bahá’í, sistemando la sua relazione con l’uomo con cui attualmente convive. Ciò significa che o si sposano legalmente o troncano il loro rapporto. «La vostra Assemblea Spirituale Locale è responsabile della guida e dell’assistenza a questa giovane signora...» (Da una lettera scritta dalla Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Locale, 4 aprile 1977) 254. Possono esservi occasioni in cui la dichiarazione deve essere rimandata «Vi possono essere motivi per cui si deve rimandare una dichiarazione, come nel caso di qualcuno che ricopra una carica politica, a meno che non sia in condizione e possa - in tutta coscienza - rassegnare subito le dimissioni. Altre volte è possibile accettare la dichiarazione, fissando però una scadenza entro la quale il nuovo dichiarato deve conformarsi a certe leggi come per gli appartenenti alla Massoneria, a chiese o altre organizzazioni ecclesiastiche. Qualche altra volta la persona potrebbe essere incoraggiata a conoscere meglio lo spirito, le leggi e i principi della Fede, prima di chiederne l’ammissione. Comunque, il Custode ha raccomandato di non essere troppo rigidi nelle nostre richieste per accettare i nuovi credenti, e di non porre ostacoli sulla loro strada: Conformare, poi, il carattere e lo stile di vita all’esempio bahá’í è una cosa che deve essere inculcata nel nuovo credente nel corso della sua educazione spirituale e del suo approfondimento.» (Ibidem) 255. Requisiti di un credente «Circa la delicatissima e complessa questione d’accertare i requisiti di un vero credente, non posso, in questo contesto, che enfatizzare con la massima forza la suprema necessità di usare la massima discrezione, tatto e cautela, sia nel decidere chi debba essere considerato vero credente ai nostri occhi, sia nel manifestare ad altri le considerazioni che possono essere state alla base di tale decisione. M’azzarderò solo ad indicare molto brevemente ed in modo adeguato a quanto lo permettano le circostanze attuali, i principali fattori che debbono essere presi in considerazione prima di decidere se una persona può essere considerata un vero credente o no. Pieno riconoscimento del rango del Precursore, dell’Autore e del Vero Esempio della Causa bahá’í, come enunciato nel testamento di `Abdu’l-Bahá; accettazione senza riserve ed obbedienza a tutto ciò che è stato rivelato dalle Loro Penne; leale e salda adesione ad ogni clausola della sacra Volontà Testamentaria del nostro Beneamato; attenersi strettamente tanto allo spirito quanto alla forma della odierna amministrazione bahá’í in tutto il mondo: queste concepisco essere le considerazioni fondamentali ed essenziali che debbono essere accertate con imparzialità, discrezione e ponderazione, prima di giungere ad una tale vitale decisione...» (Shoghi Effendi: Bahá’í Administration, p. 90. Parzialmente tratto da Il Patto e l’Amministrazione Bahá’í, p. 118) 256. Il processo di accettazione varia - Importante il grado di convinzione «Il processo per cui un nuovo credente perviene allo stadio d’accettazione varia secondo le sue capacità individuali. In alcune società, per esempio, la maggior parte dei credenti, prima d’accettare passa attraverso tutti i tipi di processi intellettuali ed alla completa revisione del proprio pensiero. In una società primitiva, il nuovo credente può raggiungere la convinzione in mode del tutto facile e veloce. La cosa importante è raggiungere il grado di convinzione e non il metodo usato per giungervi.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 9 novembre 1963) 257. Non occorre che i nuovi dichiarati conoscano tutte le prove - Scintilla di Fede «...Coloro che si dichiarano bahá’í devono essere incantati dalla bellezza degli Insegnamenti e toccati dall’amore di Bahá’u’lláh: non occorre che conoscano tutte le prove, la storia, le leggi ed i principi della Fede; ma, in previsione della dichiarazione, oltre a cogliere la scintilla della Fede, devono essere informati degli aspetti fondamentali delle Figure Centrali della Fede, nonché dell’esistenza di leggi da seguire e di un’amministrazione cui obbedire.» (Da un Messaggio della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 13 luglio 1964, L’insegnamento alle masse, p. 36, n. 54) 258. L’accettazione di nuovi credenti è lasciata alla discrezionalità dell’Assemblea «Per quanto riguarda l’accettazione di nuovi credenti, è competenza dell’Assemblea Spirituale Nazionale stabilire l’appropriata procedura. Naturalmente, in presenza di una forte Assemblea Spirituale Locale, come a Bombay, l’Assemblea Nazionale normalmente ne approva l’operato, a meno che non vi sia un valido motivo per disporre accertamenti su qualche specifico caso. Comunque, nell’eventualità di dichiarazioni in zone prive di Assemblea Locale, o in cui ve ne sia una che ha difficoltà nel suo operare, l’Assemblea Spirituale Nazionale - ove lo ritenga necessario - deciderà se accettarle in base al parere o di un comitato d’insegnamento, o di singole persone o di una vicina Assemblea Spirituale Locale. Abbiamo rilevato che avete consigliato alle Assemblee Locali di incontrare i nuovi credenti al momento del loro ingresso nella Fede. Ciò non deve costituire un requisito per l’accettazione dei nuovi nella comunità, anche se è auspicabile che i nuovi credenti familiarizzino con i membri eletti della comunità ciò non è un requisito per l’accettazione di nuovi credenti nella comunità. È completamente a discrezione dell’Assemblea Nazionale stabilire le procedure corrette per l’arruolamento di nuovi credenti tenendo conto delle condizioni delle zone sotto la vostra giurisdizione, considerando che là dove esistono assemblee locali, sarebbe preferibile che fossero accettati da quelle istituzioni. (Estratti da una lettera scritta dalla Casa Universale di Giustizia di pari oggetto e citata in una lettera a un credente del 28 febbraio 1973) 259. L’instabilità mentale non deve pregiudicare l’accettazione di un nuovo dichiarato «In risposta alla vostra lettera dell’11 Mirza 1981, con cui ci trasmettete la domanda di una delle vostre Assemblee Spirituali Locali sull’arruolamento di persone mentalmente incapaci, dedite alla droga, agli alcolici, ecc., la Casa Universale di Giustizia ci ha chiesto di farvi pervenire le seguenti precisazioni: «L’accettazione di una persona nella comunità bahá’í non deve basarsi sull’esemplarità della sua vita, ma piuttosto sulla ragionevole convinzione dell’Assemblea circa la sincerità della sua dichiarazione di fede in Bahá’u’lláh e la sua conoscenza delle leggi che dovrebbero influenzare la sua condotta, di modo che non entri nella comunità vittima di un malinteso. L’instabilità mentale non è pregiudizievole dell’accettazione di un nuovo dichiarato, a meno che sia di tale portata da non consentirgli di giudicare se crede o meno in Bahá’u’lláh.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Hawaii, 19 aprile 1981) 260. Taluni casi particolari impongono un approfondimento della comprensione «Riguardo all’accettazione nella Fede di persone con problemi mentali o dedite alla droga, ecc., la Casa di Giustizia ci ha dato la direttiva di comunicarvi che l’Assemblea le può accettare come credenti, si è convinta della loro sufficiente padronanza della facoltà di comprendere le implicazioni della loro dichiarazione di fede. In altre parole, dovete seguire le normali linee di condotta per l’accettazione dei nuovi credenti. In questi casi, comunque, è opportuno che vi assicuriate che vengano adottate speciali misure per approfondire la comprensione del nuovo bahá’í. Ad un tossicodipendente o ad un alcolista si deve ovviamente dire che droga e alcool sono totalmente vietati dalle leggi bahá’í, e dovrà fare tutto quanto occorre per smettere. Se lo ritenete necessario ed utile, potete metterlo in contatto con organismi specializzati nel recupero da tali dipendenze. Quando un caso è grave, potete avvertire l’interessato che sareste costretti a valutare l’opportunità di privarlo del diritto di voto, se non risolvesse il suo problema entro un ragionevole lasso di tempo.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Austria, 12 maggio 1982) 261. Accettare normalmente la dichiarazione di coloro che vivono in situazioni immorali o sono membri di organizzazioni vietate - Occorre dare il tempo di emendarsi «Nel caso di accettazione della Fede da parte di persone che vivono in situazioni moralmente non accettabili o facenti parte di organizzazioni vietate ai bahá’í, l’Assemblea deve seguire la normale procedura di accettazione della dichiarazione di fede, consentendo al nuovo credente di diventare membro della comunità bahá’í e di coltivare il suo neonato credo in Bahá’u’lláh, ma allo stesso tempo ha l’obbligo di fargli presente che deve cambiare la sua situazione personale entro un ragionevole lasso di tempo. Se ciò non avviene, malgrado le esortazioni e l’assistenza e le dovute ammonizioni alla scadenza del tempo limite dell’Assemblea, quest’ultima deve prendere in considerazione l’opportunità di privarlo dei diritti amministrativi. In qualche particolare caso, invece, potrebbe essere preferibile spiegare la questione all’interessato e procrastinare la registrazione della sua accettazione della Fede fino al momento in cui non abbia modificato la sua situazione. Questo è accaduto, per esempio, in qualche paese dove la Fede è stata accettata da una persona che ricopriva un’importante carica politica ed aveva la necessità di arrivare al termine del suo mandato prima di ritirarsi onorevolmente.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 18 giugno 1985) 262. I fanciulli sono considerati Bahá’í a prescindere dalla loro età «...se i genitori non bahá’í di un giovane di meno di 15 anni permettono che il figlio sia bahá’í, non vi è alcuna obiezione dal punto di vista degli Insegnamenti, a permettere che il giovane, prescindendo dalla sua età, si dichiari. Nel momento in cui dichiara la sua fede in Bahá’u’lláh, sarà accettato nella comunità e sarà trattato come gli altri fanciulli bahá’í.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di El Salvador, 14 dicembre 1970) 263. Dichiarazione di detenuti «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 16 novembre 1969 in cui chiedete chiarimenti circa lo status dei bahá’í detenuti e se è permesso arruolare detenuti nella Fede. «Potete accettare dichiarazioni di fede da parte di detenuti, i quali però potranno esercitare il loro diritto di voto solo dopo che saranno scarcerati. Essere stati in carcere non priva un bahá’í dall’esercitare il diritto di voto dopo la scarcerazione e non vi e neanche necessità di un periodo di prova. Comunque, ove ci fossero altri fattori che potrebbero indicare all’Assemblea Nazionale che in un caso particolare si debba sospendere il diritto di voto, l’Assemblea può avvalersi del proprio giudizio.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Pacifico Meridionale, 8 dicembre 1969) 264. La firma delle schede serve per esigenze amministrative - Vi è differenza fra carattere e fede «Ha chiesto se la mera dichiarazione di fede fatta da un nuovo venuto basta per accettarlo come bahá’í e se vivere la vita bahá’í non debba essere il presupposto per l’ammissione nella Fede. Deve considerare che la firma della scheda, la registrazione della data della dichiarazione e delle generalità del dichiarante soddisfano esigenze puramente amministrative che riguardano l’ingresso del nuovo credente nella comunità. Le implicazioni più profonde della dichiarazione di fede riguardano l’individuo e Dio. Shoghi Effendi ha fatto diverse dichiarazioni su questo importante argomento, e ci è stato richiesto di riportarne due inviate a credenti diversi: “Vi è differenza tra il carattere e la fede; è un fatto spesso è difficile da comprendere e da accettare, ma rimane la circostanza che una persona può credere e amare la Causa fino al punto di morire per essa, e non avere un buon carattere o una personalità difforme dagli insegnamenti. Dobbiamo cercare di cambiare, consentire al Potere di Dio di aiutarci a ricreare e renderci veri bahá’í nelle azioni e nelle credenze. Qualche volta però, il processo è lento e qualche volta non avviene perché il singolo non si sforza abbastanza. Ma queste cose ci fanno soffrire e creano prove nei confronti dei nostri compagni di fede, ancora di più se gli amiamo e siamo stati loro insegnanti!” “Il processo di diventare bahá’í è necessariamente lento e graduale. L’essenziale non è che il principiante abbia una completa e dettagliata conoscenza della Causa, ovviamente impossibile nella grande maggioranza dei casi, ma che, per un suo atto volitivo, desideri sostenere e seguire la verità e la guida indicata dagli Insegnamenti aprendo così il cuore e la mente alla realtà della Manifestazione.”» (Da una lettera scritta per conto della Casa Universale di Giustizia a un credente il 7 giugno 1974, Bahá’í News of India, p. 2, luglio/agosto 1974) 265. Scheda di registrazione - Non richiesta dappertutto «Nell’amministrazione bahá’í non vi è alcuna norma perché un nuovo credente firmi una scheda di registrazione. Le modalità da seguire per la dichiarazione di fede sono demandate alle decisioni dell’Assemblea Spirituale Nazionale secondo le condizioni dell’area di loro giurisdizione. In diversi paesi per vari motivi è stato rilevato che la scheda di dichiarazione è un modo semplice e utile per registrare i nuovi credenti, ma non è una norma generale...» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Germania, 28 ottobre 1975) 266. Doveri dell’Assemblea verso i nuovi credenti «La vostra Assemblea deve, soprattutto, compiere ogni sforzo per familiarizzare i nuovi credenti con le fondamentali verità spirituali della Fede e con la nascita, le mete, gli scopi e i metodi di questo Ordine Amministrativo di origine divina; deve far sì che essi apprendano ancora meglio la storia della Fede; deve infondere in loro una più profonda comprensione dei Patti di Bahá’u’lláh e di ‘Abdu’l-Bahá; arricchirne la vita spirituale; destarli a un maggior impegno e a una più stretta partecipazione sia nell’insegnamento della Fede sia nella amministrazione delle sue attività, e ispirarli a compiere i necessari sacrifici per promuovere i suoi vitali interessi. Infatti, man mano che s’ingrossano le file dei seguaci dichiarati della Fede, e che si allarga la base della struttura del suo Ordine Amministrativo, e la rinomanza di questa fiorente comunità si spande per il mondo, se si vuole che i frutti già raccolti durino, allora è necessario conseguire un progresso parallelo nel rinvigorimento spirituale dei suoi membri e nell’approfondimento della loro vita interiore.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 26 giugno 1956, Compilazione Approfondimento, p. 40, n. 89) N. Relazioni dei credenti con le Assemblee 267. Essere bahá’í è essenzialmente una cosa interiore «È bene che i bahá’í imparino che essere bahá’í è una cosa interiore o un modo di vivere, e non dipende da schemi fissi. Per quanto importanti siano le nostre Istituzioni, esse non sono la Fede. La forza della Causa cresce a prescindere da quanto possano essere temporaneamente interrotte le sue attività. E ciò lo si vede sempre nei paesi dove la Fede viene per qualche tempo bandita, nel momento in cui i credenti vengono perseguitati e perfino uccisi, nei luoghi dove servono la Causa da soli, sparsi e isolati...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi al Comitato Programmi di Geyserville, 11 novembre 1951, Bahá’í News n. 257, p. 4, luglio 1952) 268. Dobbiamo rispettare le Assemblee Nazionali e Locali «Dobbiamo rispettare le Assemblee Spirituali Nazionali e Locali perché sono Istituzioni fondate da Bahá’u’lláh. L’istituzione non ha nulla a che fare con le persone che la compongono, ma è di gran lunga superiore. Sarà un gran giorno quello in cui gli amici, dentro e fuori dalle Assemblee, avranno compreso completamente che ciò che conta non sono le persone che formano l’Assemblea, ma l’Assemblea come istituzione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 7 luglio 1949, Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 25, n. 18) 269. Questo grande premio, questo dono di Dio: l’Assemblea Spirituale Locale «...Gli amici sono chiamati a dare il loro completo aiuto e la loro collaborazione all’Assemblea Spirituale Locale, in primo luogo votando per l’elezione dei suoi membri e poi attuando energicamente i suoi piani e programmi, volgendosi ad essa nel momento dell’afflizione e delle difficoltà, pregando per il suo successo e rallegrandosi per l’accrescersi della sua influenza ed onore. Questo grande premio, questo dono di Dio in ogni comunità deve essere tenuto caro, curato, amato, assistito, obbedito e si deve pregare per esso.» (Dal Messaggio della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del Mondo, Naw-Rúz 1974. Piano Quinquennale, pp. 14-15) 270. L’Assemblea è una nascente Casa di Giustizia - Gli individui, gli uni verso gli altri sono guidati dall’amore, dall’unità, ecc. «...Vi è la tendenza di confondere le funzioni dell’amministrazione cercando di applicarle ai rapporti fra i singoli, il che è infruttuoso perché l’Assemblea è una nascente Casa di Giustizia che, secondo gli Insegnamenti, è tenuta ad amministrare gli affari della comunità. Ma i singoli individui, fra di loro, si lasciano guidare dall’amore, dall’unità, dal perdono e da un occhio che non vede i difetti. Quando gli amici capiranno questo andranno meglio d’accordo, ma ora continuano a giocare gli uni con gli altri all’Assemblea Spirituale e si aspettano che l’Assemblea agisca come un individuo...» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 5 ottobre 1950, Guida per una vita bahá’í, p. 103, n .64) 271. Due tipi di bahá’í « Si potrebbe dire che esistono due tipi di bahá’í: coloro la cui religione è la religione bahá’í e coloro che vivono per la Fede. È inutile dire che agli occhi di Dio è più lodevole l’appartenere a quest’ultima categoria e potersi annoverare nell’avanguardia degli eroi, dei martiri e dei santi.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 16 aprile 1950, Guida per una vita bahá’í, pp. 101-102, n. 61) 272. I figli spirituali non devono far propri i concetti errati dei loro insegnanti «Riguardo alla sua domanda circa i figli spirituali che entrano nella Causa portandosi dietro delle vecchie idee: ognuno deve studiare la Fede da sé, e non è detto che perché l’insegnante bahá’í di una persona ha qualche concetto non strettamente bahá’í il nuovo credente debba condividerlo; i vecchi credenti, ed i nuovi, debbono costantemente sforzarsi di crescere sempre di più nell’ambito del pensiero bahá’í e nella vita. Ogni anima riceve il dono della Fede per sé e da quel momento è bahá’í per diritto proprio, indipendentemente dal suo insegnante.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 17 luglio 1945) 273. Le Assemblee devono ispirare fiducia nei credenti «... le Assemblee Locali devono ispirare fiducia nei singoli credenti, e questi, a loro volta, devono dimostrare di essere pronti ad attenersi pienamente alle decisioni e alle direttive dell’Assemblea Locale; i due corpi (Assemblea Spirituale Locale e credenti) devono imparare a cooperare e a rendersi conto che soltanto così le istituzioni della Causa possono funzionare efficacemente e permanentemente. Sebbene l’obbedienza all’Assemblea Locale deve essere totale e sincera, pure quell’istituzione deve rendere esecutive le sue direttive in modo da evitare di dare l’impressione che sia animato da moventi dittatoriali. Lo spirito della Causa è quello della reciproca cooperazione e non quello dell’impostazione.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 28 ottobre 1935, Istruzione ai credenti Bahá’í, pp. 33-34) 274. Un cumulo di informazioni amministrative soffoca le prime scintille «...Il processo dell’educazione di uomini di costumi e culture diverse deve essere svolto con la massima pazienza e comprensione, senza imporre regole e regolamenti, se non quando si tratti di principi assolutamente essenziali. Egli è sicuro che la vostra Assemblea è in grado di svolgere il proprio lavoro in questo spirito, senza soffocare le prime scintille con un cumulo di informazioni e di regolamenti amministrativi.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Africa Sud-Occidentale, 9 luglio 1957, L’Insegnamento alle Masse, p. 30, n. 45) 275. Cercare la guida negli Insegnamenti «Per quanto queste difficoltà possano essere il risultato di cattiva condotta o di mancanza di capacità e lungimiranza da parte di certi membri della comunità, Lei non deve sentirsi assolutamente scoraggiato, né permettere che La facciano deviare dalla sua fede e lealtà basilare per la Causa. Certamente, per valutare e misurare l’autorità divina e la missione della Fede non si dovrebbero mai prendere i credenti come pietra di paragone, per quanto possano essere capaci di insegnare o di amministrare, e per quanto alti siano i loro meriti intellettuali e spirituali. I credenti devono cercare guida e ispirazione negli Insegnamenti e nella vita dei Fondatori della Causa, e soltanto attenendosi rigorosamente a questo giusto atteggiamento possono sperare di affermare la lealtà verso Bahá’u’lláh su durevoli ed inattaccabili basi. Perciò deve farsi coraggio e, con rigorosa vigilanza ed incessanti sforzi, tentare di svolgere appieno il suo compito nel graduale sviluppo di questo Divino Ordine Mondiale.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 23 agosto 1939, Guida per una vita bahá’í, pp. 83-84, n. 22) 276. Due principi da seguire, unità nella dottrina e nell’amministrazione «Vi sono due principi fondamentali che il Custode desidera che gli amici tengano sempre a mente e seguano con coscienza e fedeltà. Il primo è il principio dell’incondizionata e sincera lealtà alla Parola rivelata. I credenti devono stare attenti a non deviare dagli Insegnamenti, neanche per lo spessore di un capello; impegno supremo deve essere quello di salvaguardare la purezza dei principi, dottrine e leggi della Fede, perché è solo con questi mezzi che possono sperare di mantenere l’unità organica della Causa, dove non possono e non devono esserci né liberali, né conservatori, né moderati, né estremisti; infatti tutti i credenti sono soggetti ad un’unica legge, la Legge di Dio, che trascende tutte le differenze, tutte le tendenze personali o locali, tutte le mode e le aspirazioni. “L’altro è il principio dell’assoluta ed immediata obbedienza alle Assemblee, sia locali che nazionali. È responsabilità di questi corpi amministrativi di mettere in grado la comunità d’acquisire ed approfondire incredibilmente la conoscenza e comprensione della Causa. Unità nella dottrina ed unità nell’amministrazione sono i due pilastri portanti che sostengono l’edificio della Causa e che la proteggono dai furiosi assalti dell’opposizione.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India e Birmania, 5 settembre 1936, Dawn of a New Day, p. 61) 277. Amministrazione bahá’í - Strumento dello spirito della Fede «Gli amici non debbono mai commettere l’errore di ritenere che l’amministrazione bahá’í sia fine a se stessa. È semplicemente lo strumento dello spirito della Fede. Questa Causa è una Causa rivelata da Dio all’umanità intera. È destinata a beneficare l’intera razza umana, e il solo modo per raggiungere questo scopo è di riformare la vita comunitaria dell’umanità e cercare di rigenerare l’individuo. L’amministrazione bahá’í è soltanto il primo abbozzo di come diverranno in futuro la vita sociale e le leggi della vita comunitaria. Attualmente i credenti cominciano appena a comprenderla ed a praticarla correttamente. Quindi dobbiamo avere pazienza se a volte sembra un po’ impacciata e rigida nel funzionamento. Ciò avviene perché stiamo imparando qualcosa di molto difficile, ma meraviglioso: come vivere insieme come comunità bahá’í secondo gloriosi Insegnamenti.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 14 ottobre 1941, The Local Spiritual Assembly, pp. 28-29) 278. La comunità mondiale produce nuove cellule, nuovi organi «Nel corpo umano ogni cellula, ogni organo, ogni nervo ha la sua funzione. Quando tutto funziona il corpo è sano, vigoroso, radioso, pronto a rispondere ad ogni stimolo. Nessuna cellula, per quanto modesta, vive separata dal corpo, servendolo e ricevendo da lui. La stessa cosa si può dire per il corpo dell’umanità nel quale Dio ha dotato ciascun umile essere di abilità e talento, ed ancora più vero è per il corpo della Comunità Mondiale Bahá’í, poiché questo corpo è già un organismo, unito nelle aspirazioni, unificato nei metodi, che cerca assistenza e confermazione dalla stessa Sorgente, ed è illuminato dalla consapevolezza della sua unità... La Comunità Mondiale Bahá’í, crescendo come un corpo nuovo e sano, sviluppa nuove cellule, nuovi organi, nuove funzioni e poteri mentre procede verso la maturità, momento in cui ogni anima, vivendo per la Causa di Dio, da Essa riceverà salute, sicurezza e le traboccanti munificenze di Bahá’u’lláh che si effondono per mezzo del Suo Ordine divinamente concepito.» (Messaggio della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del Mondo, settembre 1964, Wellspring of Guidance, pp. 37-38) 279. I credenti devono rivolgersi alle Assemblee per consiglio e aiuto «I credenti devono imparare a rivolgersi più spesso e più tempestivamente alle loro Assemblee per consiglio e aiuto, e le Assemblee a loro volta devono agire con maggior vigilanza ed il più grande senso di responsabilità comunitaria in ogni situazione che possa danneggiare il prestigio della Fede agli occhi del pubblico. Quando l’Assemblea ha preso le sue decisioni, queste devono essere messe in atto lealmente e volentieri da tutti gli interessati.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 13 Mirza 1944, The Local Spiritual Assembly, p. 26) 280. Gli amici sono i Fiduciari della Missione di Bahá’u’lláh «Gli amici hanno un grande dovere, in primo luogo verso la Causa e poi verso la società in generale. Bahá’u’lláh è venuto sulla Terra con un Messaggio Divino e, nella speranza di affermarlo saldamente, gli ha consacrato tutta la vita ed ha sopportato ogni forma di persecuzione. Noi siamo ora i Fiduciari di quella Missione. Sta a noi portare a termine il compito iniziato da Bahá’u’lláh; se dovessimo fallire, saremmo stati infedeli al nostro Signore e sordi al grido dell’umanità, che implora salvezza.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 15 novembre 1931, Bahá’í News n. 71, p. 2, febbraio 1933) 281. I credenti devono avere fiducia nell’Assemblea «I credenti devono aver fiducia nelle direttive e negli ordini delle loro Assemblee anche se possono non essere convinti della loro giustizia ed esattezza. Una volta che l’Assemblea, a maggioranza dei suoi membri, giunge ad una decisione, gli amici devono obbedire prontamente. In particolare, quei membri dell’Assemblea che dissentono e la cui opinione è contraria a quella della maggioranza dei loro colleghi, devono dare l’esempio alla comunità sacrificando i loro punti personali per obbedienza al principio della prevalenza della maggioranza che caratterizza il funzionamento di tutte le Assemblee bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 28 ottobre 1935, Istruzione ai credenti Bahá’í, pp. 38-39, n. 47) 282. Se l’Assemblea prende una decisione incauta, questa deve essere sostenuta «Uno dei principi fondamentali del nostro Ordine Amministrativo, che - è bene ricordare - diverrà il modello del nostro Ordine Mondiale, è di sostenere, per salvaguardare l’unità della comunità, anche una decisione incauta che l’Assemblea può prendere. È consentito appellarsi avverso la decisione dell’Assemblea Spirituale Locale rivolgendosi all’Assemblea Nazionale... Ma il principio di autorità di cui sono investiti i nostri corpi eletti deve essere difeso e non si può apprendere senza prove e cimenti...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Germania e Austria, 30 giugno 1949, The Local Spiritual Assembly, p. 26) 283. Se l’Assemblea commette un errore «L’Assemblea può commettere un errore, ma - come il Maestro ha messo in evidenza - se la comunità o il singolo bahá’í non si adeguano alle sue decisioni il risultato sarà peggiore, poiché minerebbe la stessa istituzione che deve invece essere rafforzata per poter sostenere i principi e le leggi della Fede. Il Maestro ci dice che Dio raddrizzerà quello che è stato fatto male. Dobbiamo aver fiducia in ciò ed obbedire alle nostre Assemblee. Egli perciò la sollecita fervidamente a lavorare immediatamente sotto la guida della sua Assemblea, ad accettare le sue responsabilità di membro ed a fare del suo meglio per creare armonia nella comunità.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 1949, Istruzioni ai credenti Bahá’í, p. 39, n. 48) 284. Obbedienza, pazienza e moderazione «Gli amici non devono pertanto scoraggiarsi di fronte alle differenze di opinioni esistenti a volte fra i membri di un’Assemblea, perché queste differenze, come l’esperienza ha dimostrato e come le parole del Maestro attestano, assolvono a una preziosa funzione in tutte le deliberazioni dell’Assemblea stessa. Ma non appena l’opinione della maggioranza si è manifestata, tutti i membri devono automaticamente e incondizionatamente obbedire e fedelmente porla in atto. I rappresentanti eletti della comunità devono anche sempre improntare le loro discussioni e decisioni a pazienza e moderazione, senza mai indulgere a cavillose dispute senza frutto.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 18 aprile 1939, Consultazione, p. 25, n. 34) 285. Critiche nei confronti delle Assemblee - I bahá’í possono esprimere i loro punti di vista «I bahá’í hanno pieno diritto di muovere critiche alle loro Assemblee e sono liberi di esprimere, sia a quella Locale che Nazionale, i loro punti di vista sul loro modo di condursi o su singoli membri dei corpi eletti, ma poi - secondo i principi enunciati in materia nell’amministrazione bahá’í - devono accettare di tutto cuore i consigli e le decisioni dell’Assemblea.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Australia e Nuova Zelanda, 13 maggio 1945, Letters from the Guardian to Australia and New Zeland, p. 55) 286. La Fede non ha protezione se gli amici non si sottomettono ai Corpi Amministrativi «Non può esservi protezione per la Fede, se gli amici non sono disposti a sottomettersi ai loro organi amministrativi, specialmente quando questi agiscono in buona fede; i credenti non si trovano mai nella posizione di poter giudicare la loro Istituzione Nazionale. Se è stato commesso un errore dobbiamo rimetterlo nelle mani di Dio, sapendo che - come disse ‘Abdu’l-Bahá - Egli lo correggerà e nel frattempo non dobbiamo portare scompiglio nella Causa di Dio continuando a insistere su questi temi.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 3 febbraio 1957, Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 45, n. 42) 287. Se i bahá’í minano l’autorità di chi li guida «Il Custode crede che le difficoltà da cui i credenti... si sentono afflitti siano in gran parte causate da errori di comprensione e di pratica dell’amministrazione. Sembra che essi - molti di loro - siano inclini a sollevare contestazioni e critiche contro le decisioni delle Assemblee. Scalzando proprio quelle guide che cercano, sia pure con poca maturità, di coordinare le attività bahá’í e di amministrare gli affari bahá’í, criticandone continuamente le azioni e contestandone o sminuendone le decisioni, i bahá’í non solo impediscono un reale e rapido progresso nello sviluppo della Fede, ma allontanano gli estranei che giustamente potrebbero chiedersi come pensiamo di unire il mondo se tra noi c’è così poca unità!” (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 26 ottobre 1943, Compilazione Le Assemblee Spirituali Nazionali, p. 42 n. 37) 288. I credenti hanno il diritto di esprimere la loro critica ad una azione dell’Assemblea, ma non in modo da sminuirne l’autorità «...facendo riferimento alla sua lettera nella quale ella ha chiesto se i credenti hanno il diritto di esprimere apertamente la loro critica ad un’azione o linea di condotta dell’Assemblea: ogni leale ed intelligente membro della comunità ha non solo il diritto, bensì il sacro dovere di esprimere in modo franco e completo, ma con il dovuto rispetto e considerazione per l’autorità dell’Assemblea, qualsiasi suggerimento, raccomandazione o critica senta in coscienza di dover fare per migliorare o rimediare certe condizioni o tendenze esistenti nella sua comunità locale, e l’Assemblea ha il dovere di considerare attentamente ogni opinione, chiunque sia il credente che l’ha presentata. A tal fine l’occasione migliore è la Festa del 19° Giorno la quale, oltre ad avere un aspetto spirituale e sociale, soddisfa varie esigenze e necessità amministrative della Comunità, tra cui - in primo luogo - la necessità di critiche e discussioni aperte e costruttive sui fatti e sulle circostanze relative agli affari interni della Comunità bahá’í. Se deve però mettere in chiaro che è necessario evitare scrupolosamente ogni critica e discussione negativa che possa dar luogo ad un indebolimento dell’autorità dell’Assemblea quale istituzione, perché altrimenti verrebbe messo in pericolo l’ordine stesso della Causa e nella Comunità regnerebbero discordia e confusione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 13 dicembre 1939, Compilazione Festa del 19° Giorno, p. 70 n. 27) 289. L’obbedienza alle decisioni dell’Assemblea Locale deve essere incondizionata e sincera «L’argomento più vitale su cui il Custode vuole che vi concentriate completamente è il consolidamento delle basi dell’Amministrazione. Finché il vostro gruppo non imparerà a lavorare in modo efficiente, obbedendo all’Assemblea Locale e sotto la sua guida, non vi può essere speranza di espansione futura. Tutti gli amici devono rendersi conto della necessità di una disciplina e di un ordine interni, che solo una istituzione correttamente eletta e che funzioni con efficienza come l’Assemblea Locale può effettivamente mantenere. L’obbedienza alle decisioni dell’Assemblea deve essere incondizionata e sincera, perché solo così la comunità può lavorare come un corpo unico e realizzare qualcosa di costruttivo e duraturo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ai Bahá’í di Vienna, 5 aprile 1936) 290. L’Assemblea Locale non deve criticare la politica dell’Assemblea Nazionale «Per quanto riguarda il problema sorto in relazione al notiziario pubblicato e diffuso dall’Assemblea di..., il Custode vi ha già scritto in merito dicendo che in nessuna circostanza una Assemblea Locale ha il diritto di criticare, e meno che mai opporsi, alla politica debitamente approvata ed adottata dall’Assemblea Spirituale Nazionale. È sua speranza che d’ora in avanti il problema dei rapporti fra la vostra Assemblea e le Assemblee Locali, su questioni di questa natura, alla luce delle sue istruzioni, sarà pienamente compreso dai credenti e dalle Assemblee.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 19 maggio 1934) 291. Un solo rimedio - Studiare l’amministrazione «Il rimedio è uno solo: studiare l’amministrazione, obbedire alle assemblee e cercare di perfezionare il proprio carattere in quanto bahá’í. Non potremo mai avere sugli altri l’influenza che possiamo avere su noi stessi. Se siamo migliori, se mostriamo amore, pazienza e comprensione della debolezza altrui, se cerchiamo di non criticare mai ma di incoraggiare, gli altri faranno lo stesso e potremo realmente aiutare la Causa con l’esempio e la forza spirituale. Quando l’amministrazione viene insediata, i bahá’í inizialmente incontrano molte difficoltà di adattamento. Devono imparare ad obbedire per amore dell’unità, anche quando le assemblee sbagliano. Entro certi limiti devono sacrificare la propria personalità affinché la vita della Comunità possa crescere e svilupparsi organicamente. Sono cose difficili, ma dobbiamo renderci conto che quando la Fede si è correttamente insediata secondo l’amministrazione, tutto ciò comporta un modo di vita molto più elevato e perfetto.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 26 ottobre 1943, Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, pp. 42-43, n. 37) 292. Il destino della comunità dipende da ogni singolo credente «Ogni singolo credente da cui, in ultima analisi, dipende il destino dell’intera comunità, è senza dubbio il primo a dover affrontare questa sfida così dura e incalzante ma anche tanto gloriosa. Egli rappresenta l’ordito e la trama da cui dipendono la qualità ed il disegno dell’intero tessuto; è uno degli innumerevoli anelli della possente catena che attualmente cinge il globo; uno degli innumerevoli mattoni che sorreggono la struttura ed assicurano la stabilità dell’edificio amministrativo che è già sorto in ogni parte del mondo. Senza il suo sostegno, ad un tempo generoso, continuo e sincero, ogni misura adottata ed ogni piano formulato dall’istituzione che agisce da rappresentante nazionale della comunità a cui appartiene sono destinati a fallire. Lo stesso Centro Mondiale della Fede si paralizza se gli viene a mancare l’appoggio delle file e dei ranghi della comunità. Lo Stesso Autore del Piano Divino non può raggiungere il Suo scopo se Gli mancano gli strumenti adatti per l’esecuzione del Suo disegno. La forza sostenitrice di Bahá’u’lláh, il Fondatore della Fede, sarà negata ad ogni persona che a lungo andare manchi di levarsi a svolgere il suo ruolo.» (Shoghi Effendi: Citadel of the Faith, pp. 130-131) O. Credenti inattivi 293. Lista dei votanti, i nominativi non devono essere cancellati «La vostra Assemblea non deve cancellare i nominativi dei bahá’í dalla lista dei votanti solo perché non partecipano alla riunioni o il loro indirizzo è sconosciuto: È difficile avere dei bahá’í e dovete cercare di aiutarli e renderli attivi e, se possibile, rintracciare coloro il cui indirizzo è sconosciuto.» (Da una lettera scritta per conto del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Argentina, Bolivia, Cile, Paraguay e Uruguay, il 26 settembre 1957) 294. Cancellazione dei nomi dalla lista dei votanti «Le persone che da anni non partecipano più alle riunioni o che mostrano scarsissimo interesse per la Causa possono essere cancellate dalla lista dei votanti; tuttavia, coloro che sono impossibilitati a partecipare alle riunioni, ma si considerano ancora bahá’í e desiderano mantenere i loro contatti con la Fede, devono ovviamente essere mantenuti nella lista dei votanti (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 29 maggio 1946) 295. I credenti inattivi ed apatici spesso hanno bisogno d’incoraggiamento «Egli ritiene che le persone inattive non devono essere automaticamente cancellate dalla lista dei votanti; in tali situazioni, ogni individuo deve essere considerato come un caso a sé. Egli cerca continuamente d’evitare l’inutile proliferazione di regole e procedure e perciò esorta gli amici e le istituzioni responsabili ad avere pazienza, saggezza e tatto nel trattare casi del genere e a non avviare nuove regole empiriche per risolvere il problema nel complesso. Quando si accettano nuovi credenti non dobbiamo certamente metterli di fronte al loro passato, ma sperare che la fede in Bahá’u’lláh li aiuti a cambiare il loro carattere ed il loro modo di vivere, poiché sappiamo che ciò spesso avviene. Non dobbiamo aggiungere altre condizioni alla loro appartenenza alla comunità bahá’í, oltre quelle già indicate dallo stesso Custode come assolutamente necessarie. È molto scoraggiante vedere che esistono credenti inattivi e apatici; d’altra parte dobbiamo renderci conto che molte anime sono deboli, immature ed incapaci di sopportare un onere di natura amministrativa. Hanno bisogno d’incoraggiamento e d’amore da parte degli amici bahá’í e di assistenza. È inutile biasimarle perché non fanno di più per la Causa, e possono in realtà avere una saldissima fede in Bahá’u’lláh che, con la dovuta attenzione, potrebbe infiammarsi. Se alcune di queste persone isolate e inattive si volgono gradualmente verso interessi diversi dalla Causa, non dobbiamo sempre biasimarle: probabilmente hanno bisogno di più aiuto, più incitamento, più educazione, più cameratismo bahá’í di quelli che hanno avuti.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 25 aprile 1947) 296. Credenti inattivi: i nomi devono essere cancellati solo se affermano chiaramente di non credere più in Bahá’u’lláh «Può esservi utile ulteriore guida e quindi vi rimettiamo alcuni stralci di una lettera scritta il 4 settembre 1966 dalla Casa Universale di Giustizia ad un’altra Assemblea Spirituale Nazionale: ...Sebbene sia imbarazzante lasciare i nomi dei credenti inattivi nell’elenco credenti, l’inattività e la non partecipazione alle riunioni bahá’í non sono presupposti validi per la cancellazione dei loro nomi. Un nome può essere cancellato solo quando una persona afferma chiaramente di non credere più in Bahá’u’lláh e vuole che il suo nome venga tolto dalla lista dei credenti. Se non si conosce il luogo ove il credente si trova, il suo nome non deve essere cancellato, ma inserito in una lista speciale che riporta i nomi di coloro di cui non si sa l’indirizzo e che, ovviamente, non vengono considerati determinando la ripartizione dei delegati.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Malaysia, 25 settembre 1973, Malaysian Bahá’í News, vol. 9, n. 2-3, giugno-novembre 1973) 297. I motivi dell’inattività devono essere accertati «Riguardo alla vostra domanda sui credenti inattivi, la Casa Universale di Giustizia ritiene che sarebbe alquanto avventato eliminarli dalla lista semplicemente perché sono stati assenti dalle riunioni o comunque inattivi. Occorre avvicinarli per appurare i motivi della loro assenza o inattività, e solo quando l’indagine vi porta a concludere che il credente in questione non crede più in Bahá’u’lláh ciò può essere ammesso in modo preciso. Ogni caso di inattività deve essere esaminato a fondo ed i credenti devono essere amorevolmente incoraggiati ad essere attivi. Bisogna fare una distinzione fra coloro la cui inattività rivela la completa mancanza d’interesse per la Fede fino al punto d’aver cessato in effetti d’essere bahá’í. In quest’ultimo caso la cancellazione dalla lista rappresenta semplicemente il riconoscimento di questo fatto.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Pacifico nord-occidentale, 18 dicembre 1974) 298. Le riunioni devono essere così interessanti da attrarre i vecchi credenti «Lei ha accennato in una delle sue ultime lettere che alcuni vecchi credenti, allontanatisi da diversi anni, stanno ora tornando a partecipare alle riunioni. Come sarebbe meraviglioso se queste persone, insieme a tutte quelle che incontrarono il Maestro e la cui vita fu cambiata dalla Sua influenza, venissero e ci aiutassero a diffondere questi divini insegnamenti! Forse gli amici devono prendere l’iniziativa e rendere le riunioni così ispiranti e le attività così interessanti ed importanti per la loro vasta portata da indurle a farsi avanti spontaneamente per darci il loro aiuto. Sarebbero veramente un grosso esercito!» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 9 Mirza 1932) 299. Bisogna aiutare coloro che hanno una condotta sconveniente a modificare il loro modo di vivere «Riguardo ad alcuni membri votanti da lungo tempo inattivi e la cui condotta disapprovate, egli vi suggerisce di sforzarvi d’accertare se credono ancora nella Fede e, se è così e vogliono farne parte, devono essere aiutati a correggersi. Se questo paziente ed amorevole metodo non ha successo e rifiutassero di identificarsi con la Fede, devono essere cancellati dalla lista dei votanti.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 8 maggio 1947) 300. Se una persona non vuole essere considerata membro della Comunità «...Se una persona dichiara apertamente di non voler essere considerata membro attivo della Comunità bahá’í, esservi affiliato ed esercitare il proprio diritto di voto, allora il suo nome va cancellato dalla lista dei votanti. Se una persona invece si considera bahá’í e per varie ragioni non è in grado di partecipare alle attività della Comunità, non deve essere certo cancellata dalla lista dei votanti...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Germania e Austria, 2 Mirza 1951, La Festa del 19° Giorno, p. 74 n. 40) 301. La situazione personale di un bahá’í può impedirne l’attività «La Casa di Giustizia ci ha chiesto di precisarvi che, in linea di massima, una volta che una persona ha dichiarato il suo credo in Bahá’u’lláh e la sua dichiarazione è stata accettata dall’Assemblea, si deve ritenere che continui ad essere bahá’í finché non affermi il contrario. Se i credenti divengono inattivi ovviamente è bene che l’Assemblea Spirituale Locale tenti di mantenere i contatti con loro e li incoraggi a tornare attivi, a meno che naturalmente sia evidente che la loro situazione personale non ne impedisca l’attività. Per esempio, un bahá’í sposato ad una non-bahá’í può certamente, entro un certo grado, limitare la propria attività pur di mantenere l’unità in famiglia. Se invece di questi contatti risulta chiaro che il bahá’í in questione ha cessato di fatto di credere in Bahá’u’lláh e non desidera più essere membro della comunità bahá’í, l’Assemblea avrebbe allora pieno motivo per accettare le sue dimissioni.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Spagna, 7 maggio 1975) 302. Coloro che non credono più in Bahá’u’lláh... «Di norma spetta alla vostra Assemblea Spirituale Nazionale decidere chi debba essere cancellato dalla lista dei votanti, ma esiste una guida in materia sia dell’amato Custode che della Casa Universale di Giustizia. È ovvio che coloro che non credono più in Bahá’u’lláh e quelle che sono diventate talmente inattive da non mostrare ormai il minimo interesse per la Fede possono essere cancellate dalla lista dei votanti. D’altro canto non si devono automaticamente cancellare tutti gli inattivi. Di ogni caso bisogna valutare i pro e i contro. Talvolta è possibile rinvenire una scintilla di fede che, con le dovute cure, può essere trasformata in fiamma. Occorrono pazienza e saggezza.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 10 luglio 1975) 303. Credenti di cui non si conosce l’indirizzo «Se, malgrado le ricerche, non si sa dove si trovi un credente e non se ne conosce l’indirizzo, il suo nome può essere inserito in un elenco di casi sospesi in previsione che possa magari farsi vivo in un’altra comunità e non deve essere contato nell’assegnazione dei delegati. Siete nel giusto ritenendo che questi credenti conservino i loro pieni diritti amministrativi. Tuttavia alla lista dei votanti si può aggiungere un elenco a parte di coloro di cui non si conosce l’indirizzo. Mentre questa categoria di persone non va considerata nella distribuzione dei delegati, si può invece includere nelle liste contenenti il numero dei credenti, nei rapporti semestrali, etc...» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Paraguay, 22 aprile 1982) II. MALDICENZA, CRITICA, PEDANTERIA, PETTEGOLEZZO, BUGIE, CALUNNIA, ECC. 304. Le Parole Celate di Bahá’u’lláh “Non palesare i peccati altrui perché anche tu sei peccatore. Se dovessi trasgredire a questo comandamento, maledetto saresti, ne fo’ Io testimonianza.» (Le Parole Celate di Bahá’u’lláh - dall’arabo n. 27) 305. Definizione di maldicenza «Riguardo alla maldicenza, ossia discutere dei difetti degli altri in loro assenza, gli insegnamenti sono molto chiari ed energici. In una Tavola ad un amico americano il Maestro scrisse: “La peggiore qualità dell’uomo ed il peccato più grave è la maldicenza, ancor più quanto proviene dalla lingua dei credenti di Dio. Se fossero escogitati mezzi per chiudere per sempre le porte della maldicenza e se ogni credente schiudesse le labbra per lodare gli altri, allora gli Insegnamenti di Sua Santità Bahá’u’lláh si diffonderebbero, si illuminerebbero tutti i cuori, gli spiriti sarebbero glorificati e l’umanità raggiungerebbe la felicità eterna (Citato in “Star of the West”, vol. IV, p. 192). Nelle Parole Celate Bahá’u’lláh dice: “Non palesare i peccati altrui perché anche tu sei peccatore. Se dovessi trasgredire a questo comandamento, MALEDETTO SARESTI.» Difficilmente la maldicenza potrebbe essere condannata in termini più duri di quelli di questo passo ed uno dei principali doveri dei bahá’í è, ovviamente, proprio quello di opporsi a questa abitudine. Perfino se quanto viene detto contro qualcuno risponde a verità, parlare con altri dei suoi falli rientra nella maldicenza ed è proibito.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi alla Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 11 febbraio 1925) 306. Astenersi dalla pedanteria e dalla maldicenza «Negli insegnamenti bahá’í non vi è argomento, su cui maggiormente si insista, dalla necessità di astenersi dalla pedanteria e dalla maldicenza, contemporaneamente alla necessità di essere ansiosi di scoprire e di sradicare i propri difetti, superando le proprie manchevolezze. Se professiamo lealtà per Bahá’u’lláh, per il diletto Maestro e per il caro Custode, allora dobbiamo dimostrare il nostro amore ubbidendo a questi espliciti insegnamenti: questi richiedono fatti e non parole, e nessuna fervida dichiarazione di lealtà o tante belle frasi potranno compensare l’errore di non aver vissuto nello spirito degli insegnamenti.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 12 maggio 1925, Guida per una Vita Bahá’í, p. 76, n. 7) 307. Gelosia ed atteggiamento meschini si possono vincere solo con tatto e amore «...egli le suggerisce di scrivere con spirito amorevole all’Assemblea Spirituale Nazionale facendo rilevare quanto l’addolora pensare che, dopo così tanti anni di servizio, asserzioni che la riguardano e che considera ingiustificate non siano rimaste riservate. Ma perfino se non sono prese dai verbali ciò non le rende né vere né false. Molte cose sono verbalizzate come opinioni; nessuno ha espresso un giudizio sull’argomento. L’unico modo per vincere la gelosia o gli atteggiamenti meschini è l’amore ed il tatto dell’insegnante; queste non sono cose che si risolvono con una norma.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 30 luglio 1946) 308. Come comportarsi con bahá’í che agiscono in maniera nociva per la Causa «Il comportamento da tenere con coloro che si ritengono bahá’í ma agiscono in maniera che crediamo sia nociva agli interessi della Causa è una questione veramente difficile. Se pensiamo di poter essere d’aiuto con un franco ed amichevole colloquio con l’interessato. astenendoci dal giudicare o condannare, ma facendo rilevare nel modo più gentile possibile perché, a nostro avviso, il tipo di comportamento in questione sia dannoso alla Causa o tra quelli proibiti dagli insegnamenti, allora sembra opportuno tentare questo metodo prima di ricorrere a quello più incisivo di riportare il caso all’Assemblea Spirituale. Ma se quello fallisce o se pensiamo che sia infruttuoso affrontare la questione in quel modo, mentre contemporaneamente il caso è così serio da richiedere che venga risolutamente trattato per l’interesse della Causa, allora la via migliore è di portarlo in Assemblea perché sia discusso in modo franco ed esauriente e siano esaminate le testimonianze necessarie al suo chiarimento. Dopo la completa valutazione, l’Assemblea Spirituale prende l’iniziativa che le sembra più opportuna e incombe a tutti i membri d’essere leali verso qualsiasi sua decisione. Esiste, naturalmente il diritto d’appello all’Assemblea Nazionale e da questa a Shoghi Effendi*, ma il caso deve essere trattato in prima istanza dall’Assemblea Spirituale Locale. ...Quando c’è un conflitto e viene francamente discusso da un gruppo di persone debitamente autorizzato e responsabile, sinceramente desideroso di trovare la migliore soluzione ed esente da pregiudizi e fini personali, allora vi è una buona probabilità di risolverlo; ma le discussioni sui difetti altrui alle loro spalle, da persone non autorizzate e che non hanno autorità per prendere iniziative in materia è sicuramente una delle più fertili cause - probabilmente la più fertile causa - di disunità, e l’importanza di mettere fine a questa abitudine deve essere bene inculcata in tutti i bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, seguita da un brano del post-scriptum del Custode, 11 febbraio 1925) *( Ora la Casa Universale di Giustizia) 309. Imparare a non occuparsi dei difetti altrui «Riguardo alla maldicenza, la Casa di Giustizia mette in evidenza che imparare a non occuparsi dei difetti altrui sembra essere una delle più difficili lezioni da apprendere e il non riuscire in ciò è un fertile motivo di disputa fra i bahá’í, com’è tra gli uomini e le donne in generale. In “Star of the West”, ottavo volume, paragrafo n. 10, pag. 138, è riportata una risposta che nel 1913 a Parigi ‘Abdu’l-Bahá diede in un colloquio privato. Gli fu chiesto: “Come posso evitare di vedere i difetti altrui o non accorgermi degli errori altrui?”, ed Egli rispose: “Voglio dirtelo. Quando ti accorgi di un difetto negli altri, pensa a te! Quali sono le mie imperfezioni? - e cerca di eliminarle. Fai ciò ogni volta che sei messo a dura prova dalle parole o dalle azioni degli altri. Così crescerai e diverrai più perfetto. Vincerai il tuo io e non avrai neanche il tempo di pensare ai difetti altrui...» «Avete compreso benissimo l’importanza di evitare la maldicenza; questa attenta alla vera unità della comunità bahá’í. In una lettera scritta a nome del Custode ad un credente si afferma: «Se siamo migliori, se manifestiamo amore, pazienza e comprensione delle debolezze altrui, se facciamo in modo di non criticare mai, ma anzi di infondere coraggio, gli altri faranno altrettanto, e potremo aiutare realmente la Causa con il nostro esempio e la nostra forza spirituale.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia, 13 agosto 1980) 310. I credenti hanno bisogno, fra loro, di più costruttori di pace - Un compito per quelli più vecchi e più maturi «Ciò di cui i credenti hanno bisogno è non solo - come dite - di studiare veramente gli insegnamenti, ma anche d’avere fra loro più costruttori di pace. Sfortunatamente, non solo le persone comuni, ma anche i comuni bahá’í, sono molto immaturi; pettegolezzo, istigazione, critica, sembra si possano mettere in pratica più facilmente dell’amore, delle parole costruttive e della cooperazione. Uno dei compiti dei bahá’í più vecchi e più maturi è quello d’aiutare i deboli ad appianare le loro difficoltà, imparare a lavorare seriamente e a vivere da veri credenti!» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 11 gennaio 1950) 311. Essere tolleranti, pazienti e pietosi, piuttosto che cedere alla maldicenza e alla critica «Nella sua lettera chiede consigli sulle implicazioni che la proibizione alla maldicenza comporta, più specificatamente, se nei momenti di rabbia o depressione, al credente è permesso rivolgersi agli amici per sfogarsi e discutere i suoi problemi in un rapporto umano. Normalmente è possibile illustrare situazioni inerenti ad un problema e cercare aiuto e consigli per risolverlo, senza necessariamente fare nomi. i credenti dovrebbero cercare di farlo sia che consulti un amico - bahá’í o no -, sia che un amico consulti lui. ‘Abdu’l-Bahá non permette critiche contro individui di cui si faccia il nome in discussioni fra amici, persino se chi critica ritenga di proteggere gli interessi della Causa. Se la situazione è di tale gravità da danneggiare la Fede, la lagnanza - come l’Assemblea Spirituale Nazionale ha affermato - deve essere sottoposta all’esame dell’Assemblea Locale o - come lei ha detto - ad un rappresentante del corpo dei Consiglieri, perché la valutino ed agiscano. In questi casi, naturalmente, sarà necessario fare il nome della persona o delle persone interessate. Lei ha anche chiesto cosa si dovrebbe fare per “gestire depressione e rabbia nei confronti di qualcuno” di cui si abbia “un’opinione molto positiva. La Casa Universale di Giustizia suggerisce di richiamare alla mente gli ammonimenti che si trovano nei nostri Scritti sulla necessità di ignorare i difetti degli altri, di perdonare e celare le loro cattive azioni, non rivelare le loro cattive qualità, ma scoprire e confermare quelle degne di lode e sforzarsi di essere sempre tolleranti, pazienti e pietosi. Brani come i seguenti, estratti Da una lettera scritta a nome del diletto Custode dal suo segretario, le saranno pure d’aiuto: “Ciascuno di noi risponde di una vita soltanto: la propria. Ciascuno di noi è incommensurabilmente lontano dall’essere perfetto come è perfetto il Padre Divino, ed il compito di perfezionare la propria vita ed il proprio carattere richiede tutta la nostra attenzione, tutta la nostra volontà e tutte le nostre energie... Negli insegnamenti bahá’í non vi è argomento su cui maggiormente si insista della necessità di essere ansiosi di scoprire e di sradicare i propri difetti, superando le proprie manchevolezze”.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 23 settembre 1975. Parzialmente dalla compilazione Guida per una vita bahá’í, p. 76, n. 7) 312. La maldicenza: il più grande peccato «...Hai scritto riguardo alle intenzioni. Come sono benedette queste intenzioni, specialmente la prevenzione della maldicenza! Spero che possa essere confermato in essa, perché la peggiore qualità dell’uomo ed “il più grande peccato è la maldicenza”, ancor più quanto proviene dalla lingua dei credenti di Dio. Se fossero escogitati mezzi per chiudere per sempre le porte della maldicenza e se ogni credente di Dio schiudesse le labbra per lodare gli altri, allora gli insegnamenti di Sua Santità Bahá’u’lláh si diffonderebbero, si illuminerebbero i cuori, gli spiriti sarebbero glorificati e l’umanità raggiungerebbe la felicità eterna. Spero che i credenti di Dio rifuggano totalmente dalla maldicenza, che ciascuno lodi cordialmente l’altro e creda che “la maldicenza provoca la collera divina” a tal punto che se una persona sparla di un’altra anche con una sola parola può essere disonorata in mezzo agli uomini, perché la più odiosa caratteristica dell’uomo è l’ipercritica. Si devono mettere in evidenza le qualità lodevoli dell’anima e non quelle negative; gli amici devono trascurare le loro manchevolezze e colpe e parlare delle loro virtù e non dei loro difetti. Si racconta che un giorno Sua Santità il Cristo - possa la mia vita essere sacrificata per Lui -, accompagnato dai Suoi apostoli, passò accanto alla carogna d’un animale. Uno di loro disse: “Come si è decomposto questo animale!” Un altro esclamò: “Come si è gonfiato!” Un terzo gridò: “Che fetore” Che brutta carogna!” Ma Sua Santità il Cristi disse: “Guardate i suoi denti! Come sono bianchi!” Considera ch’Egli non guardò affatto i difetti dell’animale, ma anzi lo guardò bene finché non trovò i bei denti bianchi. Osservò solo il candore dei denti e trascurò del tutto la deformità del corpo, la decomposizione degli organi ed il cattivo odore. Questo è l’attributo dei figli del Regno. Questo è il comportamento dei veri bahá’í. Spero che tutti i credenti raggiungano questo stadio elevato.» (‘Abdu’l-Bahá: Tavola al Dr. M.G. Skinner, 12 agosto 1913. Star of the West, vol. IV, n. 11, p. 192) 313. La maldicenza “spegne la luce del cuore” «...La maldicenza spegne la luce del cuore e distrugge la vita dell’anima.» (Bahá’u’lláh: Il Libro della Certezza, p. 204) 314. La critica: una calamità «...La critica malevola è veramente una calamità. La sua origine è la mancanza di fede nel sistema di Bahá’u’lláh, cioè nell’Ordine Amministrativo, e il disobbedirGli perché Egli l’ha proibita! Se i bahá’í, nelle votazioni, nelle elezioni, nelle decisioni, nel servire e nel rispettare le delibere delle Assemblee, si attenessero alle leggi bahá’í, tutto questo spreco di energie nel criticare gli altri sarebbe convertito in cooperazione e raggiungimento del Piano...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 18 dicembre 1949, Bahá’í News n. 233, p. 2, luglio 1950) 315. Sopprimere ogni pensiero di critica ed ogni parola dura «Quando osserviamo la condizione in cui si trova il mondo di oggi, dobbiamo sicuramente dimenticare queste agitazioni interne che sono completamente prive di importanza ed affrettarci su un fronte unito a salvare l’umanità. Ella deve incoraggiare i suoi amici bahá’í ad adottare questo punto di vista ed a sostenersi energicamente nel tentativo di sopprimere ogni pensiero di critica ed ogni parola dura, per permettere che lo spirito di Bahá’u’lláh permei l’intera comunità unendola nel Suo amore ed al Suo servizio.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 16 febbraio 1951, Guida per una vita bahá’í, p. 103, n. 65) 316. Azioni o affermazioni incaute «...azioni o affermazioni incaute fatte da un bahá’í in un paese potrebbero provocare una grave recessione della Fede lì o altrove, e perfino la morte di amici.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 8 dicembre 1967, Wellspring of Guidance, p. 131) 317. Differenze personali e piccole preoccupazioni «Egli ritiene che dovreste fare il possibile per richiamare l’attenzione degli amici su queste grandi cose e su questi veri trionfi e distrarla dalle differenze personali e dalle piccole preoccupazioni. Adesso non è certo il momento per nessun uomo di pensare a se stesso o di occuparsi delle debolezze del fratello, ma piuttosto ogni bahá’í deve concentrarsi sui compiti da eseguire e rigenerarsi servendo Bahá’u’lláh.»“(Da una lettera scritta a nome del Custode al Comitato Nazionale d’Insegnamento (USA), 17 luglio 1950, Bahá’í News, ottobre 1970, p. 3) 318. Come aratori, ciascuno ha da controllare gli animali aggiogati «...Ciascuno di noi risponde di una vita soltanto: la propria. Ciascuno di noi è incommensurabilmente lontano dall’essere perfetto come è perfetto il Padre divino, ed il compito di perfezionare la propria vita e il proprio carattere richiede tutta la nostra attenzione, tutta la nostra volontà e tutte le nostre energie. Se permettiamo che l’attenzione e le energie si impegnino nello sforzo di raddrizzare gli altri e di rimediare ai loro difetti, perdiamo tempo prezioso. Siamo come aratori, ciascuno dei quali ha da controllare gli animali aggiogati, da dirigere il proprio aratro e, per tenere dritto il solco, deve tenere l’occhio alla meta concentrandosi sul proprio compito. Se guarderà da una parte e dall’altra per vedere come se la cavano Tizio e Caio e per criticarne l’aratura, allora di sicuro il suo solco verrà storto.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 12 maggio 1925, Guida per una vita bahá’í, p. 76, n. 7) 319. Essere amici di tutto il genere umano «Si deve vedere in ogni essere umano solo ciò che merita lode. Quand’è così, è possibile essere amici di tutto il genere umano. Ma se guardiamo un uomo nelle sue colpe, allora essergli amico è un’ardua impresa.» (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, p. 163, n. 144) 320. I bahá’í si devono distinguere «Desidero per voi la distinzione. I bahá’í devono emergere dal resto dell’umanità. Ma non dipenda tale distinzione dalla ricchezza - che debbano diventare più ricchi degli altri. Non desidero per voi una distinzione pecuniaria. Non è una comune distinzione che desidero per voi; non è una distinzione scientifica, o commerciale o industriale. Per voi desidero una distinzione spirituale: cioè dovete emergere e segnalarvi nella moralità. Dovete distinguervi da tutti gli altri nell’amore per Dio; dovete eccellere perché amate l’umanità; per unità e concordia; amore e giustizia. In breve, dovete rendervi noti per tutte le virtù del mondo umano: fedeltà e sincerità, giustizia e fedeltà, fermezza e saldezza, opere filantropiche e servizio al mondo umano, amore per ogni essere umano, unità e concordia con tutti, perché eliminate i pregiudizi e favorite la pace internazionale. Infine dovete distinguervi per illuminazione celestiale e per acquisizione delle largizioni di Dio. Questa è la distinzione che desidero per voi: questo il punto in cui dovete distinguervi dagli altri.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, p. 190, Eccellenza in ogni cosa, p. 55 n. 29) 321. I credenti devono servirsi dell’amore reciproco «In verità i credenti non hanno ancora imparato perfettamente a servirsi dell’amore reciproco per trarne forza e consolazione nei momenti di bisogno. La Causa è dotata di enormi forze, ed il motivo per cui i credenti non ne traggono un maggior vantaggio è perché non hanno imparato ad attingere completamente dal grande amore, dalla forza e dall’armonia generate dalla Fede.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 8 maggio 1942, Guida per una vita bahá’í, p. 86 n. 27) 322. I peggiori nemici della Causa sono nella Causa «I peggiori nemici della Causa sono nella Causa e menzionano il Nome di Dio. Non bisogna temere i nemici esterni, perché con loro si può facilmente trattare, mentre con i nemici che si dichiarano amici e che violano di continuo ogni fondamentale legge di amore e unità è difficile trattare perché la misericordia di Dio è ancora grande. Ma fra breve questa porta di misericordia si chiuderà e questi nemici subiranno furiosi attacchi...» (‘Abdu’l-Bahá: risposte poste alle domande del Dr. E. C. Getsinger in Terra Santa. Star of the West, vol. 6 p. 45) 323. La maldicenza crea divisioni «...Se qualcuno parla male di una persona assente, l’unico risultato sarà chiaramente questo: costui sMirzarà lo zelo degli amici e tenderà a renderli indifferenti, perché la maldicenza crea divisioni, è la principale causa tra gli amici della propensione a ritirarsi. E se qualcuno parla male di una persona assente è doveroso che coloro che lo sentono lo fermino con modi spirituali e amichevoli, e gli dicano: Gioveranno queste accuse a qualche utile scopo? Farebbero piacere alla Bellezza Benedetta, potranno contribuire al durevole onore degli amici, promuovere la santa Fede, sostenere il Patto, o giovare in qualche modo a qualcuno? Nient’affatto! Al contrario, esse possono far depositare tanta cenere sul cuore che le orecchie non udrebbero più e gli occhi non vedrebbero più la luce della verità.» (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, pp. 218-219, n. 193) 324. Quando nascono la critica e le parole dure «Quando in una comunità nascono la critica e le parole dure, non vi è altro rimedio se non quello di dimenticare il passato persuadendo tutti gli interessati a cominciare una nuova pagina e, per amor di Dio e della Sua Fede, astenersi dal parlare degli argomenti che portarono al malinteso ed alla disarmonia. Più gli amici continuano a disputare, ognuno affermando che il proprio punto di vista è quello giusto, peggiore diventerà l’intera situazione. Quando osserviamo la condizione in cui si trova il mondo di oggi, dovremmo sicuramente dimenticare queste agitazioni interne che sono completamente prive d’importanza ed affrettarci su un fronte unico a salvare l’umanità. Lei deve incoraggiare i suoi amici bahá’í ad adottare questo punto di vista ed a sostenerla energicamente nel tentativo di sopprimere ogni pensiero di critica ed ogni parola dura, per permettere che lo spirito di Bahá’u’lláh permei l’intera comunità unendola nel Suo amore e al Suo servizio.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 16 febbraio 1951, Compilazione Guida per una vita bahá’í, p. 103, n. 65) 325. Se ascoltiamo siamo colpevoli di complicità «È ovvio che, se ascoltiamo coloro che si lagnano con noi dei difetti altrui, siamo colpevoli di complicità nella loro maldicenza. Dovremmo quindi, con tutto il tatto possibile, ma in maniera ferma, fare di tutto per impedire agli altri di lanciare accuse o esprimere lagnanze nei confronti di terzi in nostra presenza.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 11 febbraio 1925) III BAHÁ’Í A. Archivi Bahá’í 326. Bahá’u’lláh raccomanda di conservare accuratamente le Tavole «...Il popolo di Dio deve fare tutto ciò che è in loro potere per proteggere e preservare le Tavole. Nella Terra di Tá alcuni incuranti presero tutto ciò che si trovava in casa degli amici. Abbiamo ordinato a tutti di salvaguardare quel che è disceso dalla Penna dell’Altissimo. Chiediamo a Dio di aiutarli ad agire secondo la Sua volontà ed il Suo desiderio e di attrarli a Sé vicino. Egli è invero l’Onnipotente, il Forte. Abbiamo ordinato a tutti di agire con saggezza, ma negli amici vediamo incuranza e negligenza. Devono proteggere le Tavole come proteggono i loro occhi, anzi con maggiore attenzione, se sono di coloro che comprendono. In verità, nessuno dovrà essere negligente nella salvaguardia delle Tavole Divine. In passato, quando si ordirono piani per catturare alcuni amici, prima di ogni altra cosa furono gli scritti che caddero nelle mani del nemico. Ciò non è permesso. Gli amici devono designare un luogo stabile e sicuro per conservare i Versetti Divini, di modo che non possano essere toccati da mani indegne, anche se quei Versetti sono, e saranno sempre, tali “che toccare non possono che i puri.1” (Bahá’u’lláh: da tre Tavole ancora inedite, citate nella Compilazione della Casa Universale di Giustizia “L’importanza della raccolta e della salvaguardia degli Scritti Bahá’í) (1) Corano, 56:79 327. Tavole e Versetti da conservare negli Archivi «In una Tavola, la Penna dell’Altissimo - riferendosi a questa fondazione (1) che consente i migliori, più sicuri, più resistenti e più perfetti mezzi per riunire, salvaguardare e classificare la sparpagliata ma crescente quantità di Scritti sacri e reliquie - affermò: “Compito dell’Unico Vero è rivelare e compito dell’uomo è diffondere ciò che è stato rivelato. Egli, invero, promulgherà la Sua Causa tramite le mani dei Suoi angeli sparsi e favoriti. Di certo le anime spirituali emergeranno da dietro il velo della protezione divina e raccoglieranno insieme i segni ed i Versi di Dio e li sistemeranno in eccellente ordine. Questo è il Suo infallibile ed irrevocabile decreto”.» (Shoghi Effendi: Messaggio di Naw-Rúz 1954 ai Bahá’í orientali, tradotto dal persiano e citato in Extracts from the Bahá’í Writings on the Subject of Writers and Writings, compilazione della Casa Universale di Giustizia, luglio 1980) (1) L’edificio degli Archivi Internazionali 328. Istituzione degli Archivi Bahá’í «L’importanza dell’istituzione degli Archivi Bahá’í non è dovuta solo alle diverse agevolazioni che procura al lavoro d’insegnamento; è essenziale che sia fondata per l’enorme quantità di dati storici ed informazioni che offre sia agli attuali amministratori della Causa, che agli storici bahá’í del futuro- L’Istituzione degli Archivi Bahá’í è veramente il più prezioso deposito di informazioni riguardanti tutti gli aspetti della Fede: storici, amministrativi e dottrinali.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi citata in una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Guyana, 3 febbraio 1982) 329. Le generazioni future apprezzeranno gli Archivi «...Le future generazioni di credenti saranno certamente in una condizione migliore di quella attuale per apprezzare veramente ed adeguatamente i molti vantaggi e le agevolazioni che l’istituzione degli Archivi offre ai singoli e all’intera comunità.» (Ibidem) 330. Le Assemblee devono nominare un Comitato per la revisione del materiale degli archivi «Rientra nella discrezione e competenza delle Assemblee Nazionali o Locali decidere quali documenti dei loro schedari non hanno più valore e quindi possono essere distrutti, e quali invece possono rivestire un valore storico. La selezione del materiale destinato alla conservazione nell’archivio o all’eliminazione non deve, comunque essere lasciata al giudizio di una sola persona. Perciò, quando il segretario o altra persona incaricata ha passato al vaglio i documenti, quelli destinati alla distruzione devono essere esaminati da un comitato nominato dalla vostra Assemblea, che tenga presente il valore storico di questi atti degli affari nazionali. La Assemblea potrà prendere le definitive decisioni sui suggerimenti del comitato. Gli stessi valgono per gli archivi delle Assemblee Locali.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Guyana, 3 febbraio 1982) 331. Ogni credente ha la responsabilità di collaborare per la preservazione delle Sacre Reliquie «...ha suggerito al Custode di chiedere alla vostra Assemblea Spirituale Nazionale di rivolgere un appello ai credenti di... per sollecitarli a cooperare con gli Archivi Nazionale e Locali di... alla raccolta e preservazione delle sacre reliquie bahá’í e, in particolare, delle Tavole e alla loro sicurezza. Poiché allo stato attuale indubbiamente si tratta di uno dei più urgenti compiti che stanno di fronte ai credenti, egli ritiene fermamente che la vostra Assemblea Spirituale Nazionale debba ancora una volta insistere con gli amici sulla necessità di dare il loro pieno e continuo appoggio al preziosissimo lavoro che i Comitati Archivi, sia Nazionali che Locali, compiono per la nostra amata Fede... Ora che la Causa attraversa rapidamente varie e molto differenti fasi della sua evoluzione è il momento che gli amici facciano del loro meglio per preservare quante più sacre reliquie e tanti altri oggetti preziosi legati alle vite dei Fondatori della Fede, ed in particolare le Tavole da loro rivelate. Ogni credente dovrebbe capire che ha una precisa responsabilità da svolgere al riguardo e quindi aiutare il più possibile per portare a termine con successo il prezioso lavoro che i Comitati Archivi Bahá’í Nazionali e Locali compiono così devotamente per la Fede a...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 25 novembre 1936) 332. Si devono istituire Archivi Bahá’í in ogni centro amministrativo «Un’altra necessaria ed altamente encomiabile iniziativa è l’istituzione di un Archivio Bahá’í in ogni centro amministrativo provinciale... Chiunque di sua spontanea volontà e specialmente se i suoi eredi non sono bahá’í o egli non li consideri degli di fiducia doni del materiale agli Archivi della sua Assemblea Spirituale Nazionale, Tavole, libri, quadri, oggetti e simili, avrà compiuto un atto altamente meritorio agli occhi di Dio, il suo nome sarà perpetuato negli atti delle Assemblee Spirituali e la sua memoria custodita per sempre negli Archivi.» (Shoghi Effendi. Da una lettera ai Bahá’í Orientali, luglio 1925, tradotta dal persiano, citata nella compilazione della Casa Universale di Giustizia L’importanza della raccolta e della salvaguardia degli Scritti Bahá’í) 333. I documenti di valore storico non devono essere distrutti «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la vostra lettera del 13 novembre 1975 in cui chiedete quale metodo seguire per la conservazione della corrispondenza e siamo stati incaricati di darvi la seguente risposta: “Sebbene rientri nella competenza dell’Assemblea Spirituale Nazionale decidere quali documenti dei propri schedari non abbiano più valore e vadano distrutti, dovete sempre tenerne presente il valore storico. Lettere che in questo momento sembrano di scarso valore potrebbero rivestire un grande interesse per i futuri storici dello sviluppo della Causa di Bahá’u’lláh a... Vi suggeriamo che una volta che il vostro segretario ha tirato fuori dalla documentazione quelle carte che ritiene possano essere distrutte, nominiate un comitato composto da membri della vostra Assemblea Nazionale per rivederli sotto il profilo del valore storico e sottoporne il risultato alla vostra Assemblea Nazionale. Ovviamente vanno conservati i documenti o le lettere necessari per motivi legali.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Gilbert e Ellice, 26 novembre 1975) B. Arti Bahá’í e Teatro 334. Le tre Figure Centrali non possono essere rappresentate «La Fede può certamente essere messa in scena, ma si devono tener presenti due condizioni: nessuno deve interpretare le Figure del Báb, di Bahá’u’lláh o del Maestro; si possono usare solamente le Loro Parole. La nota dominante del lavoro deve essere: massima dignità.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 19 agosto 1951) 335. Lavori teatrali «Riguardo alla vostra domanda se le Figure del Báb e di Bahá’u’lláh possono essere interpretate da attori in lavori teatrali scritti da credenti, Shoghi Effendi è dell’opinione che qualsiasi tentativo di mettere in scena le Manifestazioni sarebbe molto irriverente, per cui deve essere evitato dagli amici; e ciò anche per la Figura del Maestro. D’altra parte sarebbe praticamente impossibile realizzare un programma del genere in maniera fedele, degna e conveniente.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 27 gennaio 1935) 336. I ballerini devono essere vestiti decentemente «I ballerini possono esibirsi, ma è necessaria molta attenzione perché siano vestiti in modo decente e perché i balli non siano volgari. Naturalmente non devono esserci ballerini durante le normali riunioni bahá’í. Possono esibirsi invece solisti vocali.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 19 agosto 1951) 337. La presentazione artistica della Fede attrarrà una certa categoria di persone «Luci, suoni, decorazioni floreali, etc., anche il Tempio, tutto può essere usato, purché si tenga presente che si deve raggiungere una effettiva bellezza e dignità, e si deve evitare di dare l’impressione, anche remota che si stia praticando un culto o un gruppo di “artisti”. È sempre bene ricordare che una presentazione più artistica della Causa attrarrà solo un certo genere di persone, per fortuna finora ignorato nel nostro contatto col pubblico; altri metodi devono essere usati per attrarre altre categorie, tipo gli intellettuali e le persone più riservate.» (Ibidem) 338. L’arte può risvegliare meglio sentimenti nobili «Shoghi Effendi è stato molto interessato nell’apprendere del successo di “Spettacolo delle Nazioni” da lei rappresentato... È attraverso tali manifestazioni che possiamo suscitare l’interesse di un gran numero di persone per lo spirito della Causa. Essa si propagherà come un violento incendio il giorno in cui il suo spirito ed i suoi insegnamenti saranno presentati come un tutt’uno in campo teatrale, artistico e letterario. L’arte, rispetto ai freddi ragionamenti, può meglio risvegliare sentimenti nobili, specialmente fra la massa della gente. Dobbiamo aspettare solo pochi anni per vedere come lo spirito alitato da Bahá’u’lláh troverà espressione nel lavoro degli artisti. Ciò che lei ed alcuni altri bahá’í state sforzandovi di fare sono solo i deboli raggi che precedono la fulgente luce di un giorno glorioso. Non possiamo ancora valutare il ruolo che la Causa è destinata a svolgere nella vita della società; dobbiamo darle tempo. La materia che questo spirito deve plasmare è troppo grezza e scadente, ma alla fine si piegherà e la Causa di Bahá’u’lláh si rivelerà in tutto il suo splendore.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 10 ottobre 1932) 339. Prendere parte a lavori teatrali - Ballo «Negli Insegnamenti non vi è nulla contro il ballo, ma gli amici dovrebbero ricordare che il modello di Bahá’u’lláh è modestia e castità. L’atmosfera delle moderne sale da ballo, dove regnano tanta promiscuità, il bere ed il fumo, è veramente cattiva, ma balli decenti non sono di per sé nocivi. Non vi è nulla di male nella danza classica o nell’imparare la danza nelle scuole. E non vi è certo niente di male nel prender parte a lavori teatrali o cinematografici. La cosa nociva, oggigiorno, non è l’arte in se stessa, ma la deplorevole corruzione che spesso ruota attorno a queste arti. Come bahá’í non è necessario evitare nessuna arte, bensì le azioni e l’atmosfera che talvolta accompagnano queste professioni.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’india, 30 giugno 1952, Dawn of a New Day, p. 153) 340. Case cinematografiche «Riguardo alla sua domanda relativa all’opportunità che dei bahá’í siano legati a case cinematografiche: sebbene, in linea di principio, nulla vieti che qualche credente desideri diventare attore cinematografico, tuttavia, tenuto conto della notevole corruzione attualmente esistente in questo campo di lavoro, il Custode non consiglierebbe a nessun credente di scegliere questa professione, a meno che non sia l’unica possibile a dargli i mezzi di sostentamento.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 4 settembre 1935) 341. Film «Riguardo alla.. domanda se sia permesso ai bahá’í vedere film, non vi è nulla negli Insegnamenti che lo proibisca.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India, 14 dicembre 1940, Dawn of a New Day, p. 85) 342. Adattamento scenografico di episodi storici della Fede «A proposito della domanda relativa all’opportunità di adattare per le scene episodi della storia bahá’í, il Custode approva certamente ed anzi incoraggia gli amici ad impegnarsi in tali attività letterarie che, senza dubbio, possono avere un immenso valore per l’insegnamento. Desidera, però, che i credenti evitino di rappresentare i personaggi del Báb, di Bahá’u’lláh e di ‘Abdu’l-Bahá, considerandoli cioè come personaggi, attori che appaiano in scena, poiché ritiene - come ha già messo in evidenza - che sia proprio irriverente. Il semplice fatto d’apparire in scena costituisce un atto di mancanza di riguardo che non si concilia in nessun modo con il Loro eminentissimo rango. È preferibile che i Loro discepoli-attori riportino ed esprimano il Loro Messaggio e le Loro Parole originali.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 25 luglio 1936) 343. Non usare la luce come personificazione della Manifestazione «L’uso della luce, sia di grande intensità che in vari colori necessita della vostra attenta considerazione. Se la luce suggerisce in qualche modo una personificazione della Manifestazione di Dio non deve essere usata, ma nulla vieta il suo uso se non dà la sensazione che stia rappresentando o personificando il Profeta.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 12 agosto 1975) 344. Proibizione di rappresentare in dipinti o disegni tutte le Manifestazioni di Dio «La proibizione di rappresentare la Manifestazione di Dio in dipinti, disegni o lavori teatrali si applica a tutte le Manifestazioni. Esistono, naturalmente, grandi capolavori artistici delle passate Dispensazioni, molti dei quali raffigurano le Manifestazioni di Dio con spirito di reverenza e amore. Ma in questa Dispensazione la maggiore maturità dell’umanità e la maggiore consapevolezza del rapporto tra la Suprema Manifestazione e i Suoi servi consentono di renderci conto dell’impossibilità di rappresentare - in qualsiasi forma umana, pittorica, scultorea o teatrale - la Persona della Manifestazione di Dio. Enunciando questo divieto bahá’í l’amato Custode ha messo in evidenza questa impossibilità.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 9 Mirza 1977) 345. Occorre capacità per produrre un valido film sulla storia della Fede «Come senza dubbio sapete, non è permesso rappresentare le Manifestazioni di Dio in lavori teatrali e si può capire che occorre una notevole capacità per produrre un valido film sulla storia della Fede, in cui né il Báb né Bahá’u’lláh possono effettivamente apparire. Considerato l’eccelso significato del messaggio e della Rivelazione Bahá’í, qualsiasi film prodotto sotto l’egida della comunità bahá’í deve essere di ottima qualità in tutti i suoi dettagli.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 24 settembre 1978) C. Autori/Scrittori Bahá’í 346. Gli autori bahá’í dovrebbero scrivere in modo da attrarre le anime «...Qualsiasi cosa sia scritta non deve andare oltre i limiti del tatto e della saggezza e le parole usate devono celare le proprietà del latte, affinché i figli del mondo possano essere nutriti e giungere alla maturità. Abbiamo già detto in passato che una parola ha l’influenza della primavera e indurre i cuori a rinfrescarsi ed inverdire, mentre un’altra è come la nebbia che d’inverno fa appassire frutteti e fiori. Conceda Dio che gli amici-autori scrivano in maniera tale da essere bene accetti alle anime equanimi, e non inducano la gente a cavillare.» (Bahá’u’lláh: Estratti dagli Scritti Bahá’í sul tema Scrittori e Testi: una compilazione, p. 3, luglio 1980) 347. Gli scrittori bahá’í, prima di pubblicare le loro opere, devono ottenere l’approvazione dell’Assemblea Nazionale del paese nel quale saranno pubblicate «Non è competenza del Centro Mondiale revisionare gli scritti che i bahá’í intendono pubblicare. Come Lei sa, gli autori bahá’í che scrivono sulla Fede, prima di pubblicare le loro opere, devono ottenere l’approvazione dell’Assemblea Nazionale del paese in cui saranno pubblicate. Nulla da obiettare alla presentazione del suo manoscritto ad un editore non bahá’í, purché approvato, prima, dall’Assemblea Nazionale.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 10 dicembre 1981) 348. Autori e scrittori bahá’í dovrebbero accettare di buon grado la revisione delle loro opere «Gli autori bahá’í dovrebbero accettare di buon grado la revisione delle loro opere e possono dare un grande aiuto a questo lavoro facendo avere a ciascun membro del Comitato di Revisione una copia del manoscritto. Gli autori bahá’í possono far revisionare le loro opere ad una qualsiasi Assemblea Spirituale Nazionale e, una volta approvate, possono farle pubblicare da qualunque editore piaccia loro, bahá’í o non bahá’í, nazionale o estero. Comunque, è bene ricordare che l’approvazione deve essere data dall’Assemblea Spirituale Nazionale del paese in cui l’opera sarà pubblicata per la prima volta; e, nel caso in cui l’editore non sia bahá’í, l’autore deve pretendere che venga impiegato il sistema di traslitterazione attualmente usato nella Fede per le lingue con alfabeto romano. È auspicabile che gli autori bahá’í assicurino un costante flusso di nuovi lavori. Libri introduttivi, commentari, dissertazioni sui vari aspetti della Rivelazione, libri di testo, racconti, riviste, materiale audiovisivo, sono mezzi che servono tutti a stimolare lo studio della Fede ed a promuovere il vitale lavoro d’insegnamento.» (Casa Universale di Giustizia, da Memorandum on Bahá’í Publishing - Ri?ván 1971) 349. Revisione di articoli scritti da credenti per riviste «A pagina 3 del numero di febbraio di Bahá’í News è detto che articoli sulla Causa scritti da credenti secondo la loro comprensione degli insegnamenti e da pubblicarsi su riviste non necessitano di revisione ufficiale. Egli pensa che questa affermazione alla luce delle istruzioni del Maestro, secondo Cui articoli sulla Causa non devono essere pubblicati su iniziativa di singoli, a meno che non siano approvati da qualche istituzione responsabile, sia poco saggio. “l Custode dice che le Assemblee Locali possono rivederli senza rimetterli ad un comitato nazionale. Spesso le persone, sulla scia del loro entusiasmo, esprimono concetti nocivi alla Fede, e quindi è necessario che sottopongano i loro articoli alla loro Assemblea Spirituale locale o al Comitato Nazionale di Revisione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti Canada, 13 aprile 1946) 350. Comitato Revisioni «È consigliabile che il Comitato Revisioni sia piccolo, composto da due o tre credenti con adeguata istruzione e conoscenza della Causa. È essenziale che i lavori sottoposti siano esaminati rapidamente. Le norme che i revisori devono osservare sono le seguenti: a) conformità agli insegnamenti, b) precisione, c) dignità nell’esposizione. L’Assemblea Nazionale, in base al rapporto del Comitato Revisioni, concede o meno l’approvazione. “...In linea generale la funzione di un comitato revisioni consiste nell’accertare che il lavoro presenti la Causa in maniera accettabile. I revisori potranno guadagnarsi la gratitudine e la simpatia degli autori richiamando la loro attenzione su eventuali errori ortografici o grammaticali, ma non si può rifiutare l’approvazione su queste basi. Questo dettagli sono questioni editoriali da discutere fra autore ed editore.» (Casa Universale di Giustizia: Memorandum circa le Pubblicazioni Bahá’í - Ri?ván 1971) 351. Dovere dei bahá’í di presentare la Fede in modo dignitoso «Approviamo che abbiate scritto al Dipartimento della Pubblica Informazione e pubblicato una dichiarazione rivolta agli autori bahá’í, perché non tentino o non si facciano convincere a scrivere articoli sulla Fede per pubblicazioni dozzinali. Tutti i bahá’í devono presentare la Fede in modo dignitoso e quindi, scrivendo articoli su di essa prendere anche in considerazione il tipo di rivista o altro giornale in cui dovranno apparire. Ci fosse qualche perplessità sulle loro caratteristiche dovrebbero consultarsi con l’Assemblea Spirituale Nazionale. Inoltre tutti gli autori devono ricordare che qualsiasi scritto sulla Fede destinato alla pubblicazione deve essere revisionato prima d’essere presentato all’editore.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 15 settembre 1968) 352. Funzione e scopo della revisione «La funzione della revisione è essenzialmente quella di verificare l’esposizione che l’autore fa della Fede Bahá’í e dei suoi insegnamenti che può includere anche il controllo di qualunque citazione dagli Scritti. Questa funzione non deve essere confusa con la valutazione del valore letterario ed editoriale del lavoro, che normalmente è prerogativa dell’editore...» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 11 Mirza 1965) 353. Scopo della revisione «...Scopo della revisione è proteggere la Fede - in questo primo stadio della sua esistenza - dalla esposizione errata dei suoi stessi seguaci, dato che sono relativamente poche le persone che hanno qualche conoscenza d’essa. Un’errata presentazione degli Insegnamenti su un giornale culturale, da parte di un bahá’í considerato erudito, per questo solo fatto farebbe maggior danno di un’erronea presentazione di un oscuro autore bahá’í senza alcuna pretesa di cultura.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 8 ottobre 1980) 354. Nessun divieto per i bahá’í di scrivere romanzi storici «Non vi sono obiezioni a che i bahá’í scrivano romanzi che raccontino eventi storici e rappresentino figure della Fede. Comunque, considerata l’impossibilità di descrivere adeguatamente la persona della Manifestazione di Dio e l’implicita mancanza di rispetto insita in simile tentativo, la Casa di Giustizia ritiene che ciò non debba essere fatto. Naturalmente possono essere riportate le Sue parole e possono essere raccontati gli eventi della Sua vita, ma in tal caso occorre essere molto attenti affinché vengano citate le parole esatte disponibili nelle traduzioni autorizzate, e perché non vengano distorti gli eventi della storia bahá’í. In generale, romanzi e novelle - che gli scrittori sperano favoriscano la conoscenza della Causa di Dio - raggiungeranno meglio questo scopo se si mettono a confronto gli antefatti di particolari eventi o si descrive il processo di sviluppo della Causa che non descrivendo semplicemente gli stessi avvenimenti storici e le persone che vi presero parte. La realtà dei fatti accaduti e dei veri personaggi è così molto più convincente di qualsiasi resoconto romanzato. A questo proposito il segretario del Custode così scrisse a suo nome: “Egli non consiglierebbe il romanzo come strumento d’insegnamento: le condizioni del mondo sono troppo critiche per consentire di procrastinare l’insegnamento diretto legato al nome di Bahá’u’lláh. Ma qualunque adatto approccio alla Fede, che soddisfi questo o quel gruppo, è certamente meritevole d’essere tentato, dato che vogliamo portare la Causa agli uomini di tutte le classi sociale e di ogni mentalità.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 23 settembre 1980) 355. Giornalisti «Nulla in contrario che lei faccia il giornalista, purché cerchi di evitare gli argomenti politici e specialmente le grosse questioni Est-Ovest. Lei ha talento nello scrivere e ciò le può essere d’aiuto sia dal punto di vista finanziario, che per instaurare contatti con la Fede.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 30 novembre 1950) 356. Scienze che cominciano e finiscono con parole - Bahá’u’lláh non ha mai inteso includere i romanzi in questa categoria «Ciò che Bahá’u’lláh intende principalmente con “scienze che cominciano e finiscono con parole” sono quei trattati teologici e quei commentari che confondono la mente umana piuttosto che aiutarla a raggiungere la verità. Gli intellettuali passano la vita a studiarli, ma non arrivano a nulla. Certamente Bahá’u’lláh non ha inteso mai includere in questa categoria i romanzi; inoltre, sapere di stenografia e dattilografia è una capacità utilissima, indispensabile nell’attuale vita sociale ed economica. Ciò che Lei può e deve fare è usare i suoi racconti perché siano sorgente d’ispirazione e guida per coloro che li leggono. Con questi mezzi a sua disposizione può diffondere lo spirito e gli insegnamenti della Causa, mostrare i mali della società e come porvi rimedio. Se possiede un vero talento nello scrivere, lo consideri un dono di Dio e faccia di tutto per usarlo per migliorare la società.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 30 novembre 1932, citata nella compilazione della Casa Universale di Giustizia, Writers and Writings) 357. La Fede ha bisogno di autori bahá’í «Circa il consiglio che gli ha chiesto, egli pensa che consacrare tutta la propria vita agli studi con l’obiettivo di diventare un autore bahá’í è piuttosto rischioso. Abbiamo molto bisogno di autori bahá’í, ma deve essere sicuro che il suo talento le consenta di guadagnarsi da vivere e di servire contemporaneamente la Fede. Egli ritiene che la miglior cosa da fare per lei è dedicarsi ai suoi studi per acquisire una buona istruzione, se preferisce secondo un percorso letterario. (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 14 maggio 1957) 358. Tesi di laurea e simili «È stato deciso che le tesi di laurea e relazioni simili da presentare per il conseguimento di titoli di studio non siano soggetti a revisione bahá’í, a meno che non debbano essere pubblicati più ampiamente di quanto sia richiesto per il conseguimento del titolo in questione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 11 maggio 1982) 359. Nessun editore da il diritto di modificare un manoscritto «Una casa editrice ha il diritto di rifiutare la pubblicazione di qualunque particolare libro, come un’Assemblea Nazionale ha il diritto di revisionare, per motivi di esattezza ed opportunità, qualsiasi pubblicazione bahá’í le venga sottoposta. Ma nessun editore può alterare o modificare il manoscritto di un autore a sua insaputa e senza il suo consenso.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 28 luglio 1966) D. Pubblicazioni bahá’í, traduzioni, revisioni e diritti d’autore 360. Notiziari e bollettini bahá’í - Perché la diffusione è limitata ai soli bahá’í «In risposta alla vostra richiesta del 18 novembre 1982 sul perché la diffusione dei notiziari e bollettini bahá’í è limitata ai soli credenti, la Casa Universale di Giustizia ci ha chiesto di citarvi qui appresso passi tratti da lettere scritte da lui o per suo conto ad altre Assemblee Spirituali Nazionali che avevano fatto domande simili: “Con riferimento alla vostra lettera del 31 ottobre sul perché la diffusione dei Notiziari bahá’í deve essere circoscritta ai soli bahá’í, vogliamo sottolineare che le motivazioni sono le stesse che limitano la partecipazione alla Festa del Diciannovesimo Giorno. Un bollettino bahá’í presuppone che il lettore sia bahá’í e che contenga quindi notizie di carattere strettamente interno di nessun interesse per il pubblico in generale, il quale - non avendo dimestichezza con gli insegnamenti bahá’í - in taluni casi potrebbe trarre da esse una cattiva impressione. Comunque, non abbiamo nulla in contrario che gli amici mostrino i Notiziari ai non bahá’í o perché desiderano vederlo, o perché a volte lo trovano utile. Inoltre se le parole “Solo per Bahá’í” stampate su alcuni notiziari dovessero apparire offensive ai non bahá’í, non è necessario che compaiano su tutte le copie. In risposta alla vostra domanda circa la pratica di riservare i Bollettini Bahá’í solo ai credenti, la Casa di Giustizia ci ha chiesto di spiegarvi che la loro diffusione è limitata ad essi perché contengono principalmente notizie di carattere interno e le Assemblee devono essere in condizione di scrivere liberamente ai credenti senza preoccuparsi di comunicare talune informazioni che potrebbero facilmente risultare incomprensibili ad un lettore non bahá’í. In altre parole, un Bollettino bahá’í non è segreto, ma è semplicemente un giornale ad uso interno, concepito per lettori informati”.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Messico, 19 dicembre 1982) 361. Uso degli accenti delle parole arabe e persiane nei testi spagnoli «Quanto alla vostra domanda sull’uso o meno degli accenti della parola bahá’í (e veramente anche delle altre parole traslitterate dall’arabo e dal persiano) quando viene stampata interamente con lettere maiuscole, è opportuno che in tutto il mondo di lingua spagnola venga seguito un criterio uniforme, a meno che il loro uso vari in maniera significativa da paese a paese. Vi suggeriamo, quindi, di girare la domanda alle due Case Editrici bahá’í spagnola ed argentina, per avere i loro consigli. L’elemento che deve guidarvi non è l’uso degli accenti sulle parole spagnole, ma l’uso degli accenti sulle lettere maiuscole delle parole straniere - come la dieresi tedesca, etc. - nei testi in lingua spagnola. Si deve tener presente che, mentre in spagnolo l’accento indica semplicemente una tonalità più intensa, nella traslitterazione delle parole persiane indica una variazione nell’articolazione della vocale. Per esempio, le parole “Váhid” e “Vahíd” hanno differente significato e diversa pronuncia.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Messico, 22 luglio 1984) 362. Pubblicazioni del Centro Mondiale - Nessun divieto di citazione «Per gli autori bahá’í, le istituzioni e le case editrici non esiste alcun divieto d’utilizzare citazioni tratte da pubblicazioni del Centro Mondiale, e non occorre richiedere il permesso. Questo si applica anche alle compilazioni del Centro Mondiale già pubblicate. Il permesso di riportare citazioni da pubblicazioni di Case Editrici deve essere invece accordato espressamente dalla casa editrice interessata, eccetto che nei casi in cui abbia semplicemente stampato la compilazione ricevuta dal Centro Mondiale. Ovviamente, gli autori bahá’í devono sottoporre i loro lavori a revisione da parte dell’Assemblea Nazionale del paese nel quale verranno stampati.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia, 11 dicembre 1980) 363. Autorizzazione di copyright per le Sacre Scritture non necessaria per credenti ed Assemblee Bahá’í «La Casa Universale di Giustizia ha avuto modo recentemente di notare che, in diverse parti del mondo, le Assemblee e i singoli credenti abbiano la convinzione che, prima di riportare in qualche pubblicazione passi dalle Sacre Scritture, si debba ottenere l’autorizzazione di copyright. Siamo stati incaricati di chiarirvi che le Assemblee Spirituali e i credenti sono liberi di citare nelle loro pubblicazioni qualunque brano degli Scritti delle tre Figure Centrali della Fede o di quelli dell’amato Custode, sia in lingua originale che tradotti senza ottenerne l’autorizzazione dal titolare dei diritti d’autore a meno che - nel caso di traduzione - il titolare non sia un individuo o un’istituzione non bahá’í. Ci rendiamo conto che questa regola può compromettere i diritti d’autore, ma pensiamo che sia un rischio da correre. La norma tende a far sì che le Sacre Scritture della nostra Fede e gli scritti del diletto Custode siano liberamente utilizzati dai credenti, e ciò non cambia la richiesta già esistente che i credenti, prima della pubblicazione, sottopongano a revisione i loro lavori sulla Fede, né solleva le Assemblee Spirituali dalla responsabilità di salvaguardare la sua dignità e di mantenere un profondo rispetto nell’uso delle Sacre Scritture. Quindi se un’Assemblea si avvede che un amico sta facendo un uso non adatto dei Sacri Testi deve ammonirlo e - se necessario - intimargli di smettere.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 4 settembre 1981) 364. In inglese scrivere i pronomi in maiuscolo «Il Custode desidera che il vostro Comitato scriva tutti i pronomi in maiuscolo quando si riferiscono a Bahá’u’lláh, al Báb ed al Maestro, anche se i notiziari non usano farlo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi al Comitato Bahá’í News Service, 5 febbraio 1938) A proposito della sua domanda sull’uso delle lettere maiuscole nei pronomi, il Custode comprende che ciò appare un poco strano per i non bahá’í, ma ritiene che noi - essendo credenti ed avendo piena consapevolezza del rango delle Figure Centrali della Fede - dobbiamo farlo sempre come segno di rispetto.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 22 novembre 1949) 365. Uso, nelle altre lingue, della maiuscola per i pronomi «Gli interessa che si realizzino due cose: che nelle lingue europee vi sia quanta più uniformità possibile con il testo inglese e che le traduzioni bahá’í non vengano effettuate in aperta violazione delle regole della lingua in cui viene tradotta la nostra letteratura. Il vostro Comitato deve studiare con cura la questione e poi fare del suo meglio affinché la letteratura bahá’í in francese soddisfi gli alti modelli della lingua e della grammatica. Se in francese gli aggettivi ed i pronomi possessivi e dimostrativi, che si riferiscono a Dio, non vengono mai scritti in maiuscolo, allora non dovrà essere fatto nemmeno nella letteratura bahá’í; ma se esiste un precedente, allora occorre farlo. Lo stesso vale per gli attributi di Dio.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi al Comitato Nazionale Francese di Traduzione e Pubblicazione, 15 febbraio 1957) 366. Virgolette - Deve essere mantenuto il rigoroso modello inculcato dalla Causa «Inoltre il Custode ritiene sia assolutamente essenziale che in tutte le pubblicazioni del vostro Comitato vengano usate le virgolette ogni qualvolta si citino passi dagli Scritti sacri bahá’í. Gli amici devono stare attenti a mantenere sempre il rigoroso modello instillato dalla Causa, senza scendere facilmente a compromessi con quelli attualmente comunemente accettati.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi al Comitato del Bahá’í News Service, 5 febbraio 1938) 367. L’Assemblea Spirituale Nazionale autorizza le traduzioni tramite un Comitato Traduzioni - Uso del metodo di traslitterazione del Custode «L’Assemblea Spirituale Nazionale che intraprende una traduzione, - generalmente tramite un apposito Comitato di traduttori bahá’í - è anche l’istituzione che la “autorizza” e l’approva. In alcuni casi, in mancanza di traduttori bahá’í, non vi sono obiezioni - in linea di principio - che si affidi il lavoro a non bahá’í. Completata la traduzione, solitamente l’Assemblea Spirituale Nazionale nomina un Comitato Revisione o stabilisce comunque i sistemi per provvedere alla revisione. Noterete dall’accluso memorandum che - ferme le eccezioni lì indicate - le traduzioni dei Testi Sacri in lingue diverse dall’inglese devono essere fatte da quelle inglesi del Custode se esistono, e quando non esistono, si chiede il parere della Casa Universale di Giustizia. Nel caso della lingua spagnola, per evitare una duplicazione di sforzi e per ottenere la massima precisione, l’Assemblea Nazionale è libera di consultare l’EBILA e/o l’Assemblea Spirituale Nazionale spagnola; infatti la Casa di Giustizia incoraggia la più stretta collaborazione fra tutte le istituzioni amministrative e le case editrici responsabili della produzione letteraria in spagnolo. Riguardo alla traslitterazione delle parole persiane e arabe, la Casa di Giustizia richiede che venga seguito il metodo adottato dall’amato Custode e descritto in diversi volumi del “Bahá’í World”, poiché esso permette a tutte le lingue con alfabeto latino di traslitterare quei termini nello stesso modo in tutto il mondo bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Panama, 16 luglio 1979) 368. Istruzioni per la traduzione degli Scritti sacri bahá’í «Le traduzioni in lingue diverse da quelle di ceppo arabo e persiano devono essere fatte dalle traduzioni inglesi approvate, piuttosto che dagli originali. In questi casi è sempre utile che il traduttore possa anche controllare gli originali. Tutte le nuove traduzioni in inglese e le revisioni delle prime traduzioni in questa lingua devono essere controllate dal Centro Mondiale e approvate ufficialmente prima della pubblicazione. Ogni credente è libero di tradurre per suo uso personale ciò che desidera, ma la divulgazione e la pubblicazione di tali lavori deve essere sottoposta all’approvazione della competente Assemblea Spirituale Nazionale o, nel caso di traduzioni in inglese, del Centro Mondiale. a) Se un credente, di sua iniziativa, fa la traduzione di un brano può, se vuole, metterla a disposizione di un’Assemblea Spirituale, ma ciò non gli può essere imposto. b) Se una traduzione, fatta spontaneamente da un credente, viene approvata e pubblicata, egli conserva il diritto d’autore, a meno che, ovviamente, non voglia cederlo. Quando un’Assemblea Nazionale desidera si faccia una traduzione è preferibile che il compito sia svolto da un comitato, piuttosto che da singoli credenti, come ebbe a spiegare ‘Abdu’l-Bahá a) I membri del comitato non devono necessariamente essere tutti bahá’í b) Le traduzioni fatte da un comitato sono di proprietà dell’Assemblea che lo ha nominato e non dei membri di esso. c) Ad eccezione di quelle in inglese, la traduzione fatta da un comitato non necessita di controllo, a meno che l’Assemblea non lo ritenga utile. d) Secondo le istruzioni di Shoghi Effendi, sui libri tradotti deve essere indicato il nome del comitato, ma non quello dei singoli membri.» (Casa Universale di Giustizia: da Istruzioni per la traduzione degli Scritti sacri bahá’í, allegate a una lettera scritta a suo nome all’Assemblea Spirituale Nazionale di Panama, 16 luglio 1979) 369. Incarico di traduzione affidato a singoli - Traduzioni di proprietà dell’Assemblea «Se non è possibile formare un comitato traduzioni, occorrerà necessariamente affidare il lavoro a singole persone. a) Quando una persona è incaricata da un’Assemblea di fare una traduzione, questa non è di proprietà del traduttore, bensì dell’istituzione, anche se il lavoro è fatto gratuitamente. È consigliabile che, prima di iniziare il lavoro, si concordino per iscritto questa ed altre eventuali questioni, affinché in seguito non sorgano malintesi. b) Se possibile, prima della pubblicazione, una traduzione fatta da una sola persona deve essere controllata ed è bene che ciò sia fatto da un comitato, piuttosto che da un individuo c) Nel caso di traduzione fatta da un singolo, il suo nome - se lo desidera - può essere indicato sul testo pubblicato. Generalmente il ringraziamento ai traduttori deve comparire su tutti i lavori integrali e le compilazioni che vengono pubblicate, come sui libri che riportano brani tradotti. a) Il ringraziamento per la traduzione non deve invece apparire nel caso di brani citati nelle comunicazioni provenienti da istituzioni bahá’í, anche se vengono pubblicate. b) Ugualmente, non occorre che compaia sui volantini e gli opuscoli, a meno che non sia previsto dalla legge.» (Ibidem) 370. Traduzione di letteratura bahá’í in un linguaggio semplice - Semplificazioni e parafrasi non devono essere pubblicati come Scritti «In risposta alla vostra lettera del 20 aprile circa le traduzioni in francese o creolo adoperando parole più semplici di quelle dei testi originali, la Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di trasmettervi le seguenti tre citazioni. Esse chiariscono che un brano in inglese può essere reso in un inglese più semplice al fine di facilitarne la traduzione in un’altra lingua o dialetto. Tuttavia, non è permesso pubblicare come Scritti Bahá’í semplificazioni o estratti parafrasati da quelli. Abbiamo notato che in molti paese vi è la tendenza a tradurre la letteratura bahá’í nel linguaggio corrente semplice ed usuale di quel paese. A ciò comunque, non va attribuita molta importanza. Diverse Tavole di Bahá’u’lláh e di ‘Abdu’l-Bahá sono scritte nell’originale persiano e arabo in un linguaggio eccelso, molto poetico e noterete, per esempio, che per le traduzioni degli Scritti di Bahá’u’lláh in inglese il diletto Custode non usa l’inglese colloquiale dei nostri giorni, bensì uno stupendo stile altamente poetico, ricco di espressioni arcaiche che ricordano le traduzioni della Bibbia.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 7 ottobre 1973) « Ovviamente la letteratura per l’insegnamento e i libri divulgati sulla Fede possono essere scritti in un inglese semplice. Comunque, riteniamo che gli Scritti sacri si debbano pubblicare usando nella traduzione un inglese normale, ma non abbiamo nulla da obiettare che vi compaia accanto un inglese semplice con il chiarimento che si tratta di parafrasi della Parola Sacra. Quindi, per la gente di..., che ha difficoltà a capire l’inglese medio, la versione semplificata verrà usata come una spiegazione comprensibile degli Scritti. Nel caso di letteratura per l’insegnamento che contenga citazioni dagli Scritti, queste potrebbero essere parafrasate o si potrebbe usare un inglese elementare con la versione normale delle note a piè di pagina. Questo metodo inoltre darebbe alla gente di... la possibilità di migliorare la sua conoscenza della lingua inglese.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 20 settembre 1973) Naturalmente è permesso tradurre gli Scritti Bahá’í in altre lingue e dialetti. È possibile inoltre semplificarli o parafrasarli per consentirne la traduzione in lingue e dialetti che dispongono di un limitato vocabolario. Però non è permesso pubblicare come Scritti Bahá’í semplificazioni o parafrasi di essi.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 13 Mirza 1969) (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Guadalupa, 13 maggio 1986) 371. I traduttori devono utilizzare le edizioni più recenti dei libri «La Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di consigliarvi di basare la traduzione di tutti i libri sulle loro edizioni in corso. In ogni caso potete consultare l’editore originario e richiedere l’ultima ristampa o l’edizione più recente per essere certi che tutte le correzioni approvate siano contenute nella vostra traduzione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Taiwan, 22 maggio 1984) E. Argomenti Vari 372. Venerdì - giorno di riposo nel calendario bahá’í «‘Abdu’l-Bahá non dà alcuna spiegazione sul perché il venerdì sia stato scelto quale giorno di riposo nel calendario bahá’í; Egli, semplicemente lo afferma.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 10 luglio 1939, Bahá’í News n. 162, aprile 1943, p. 5) 373. Uso delle date bahá’í «È consigliabile usare sia le date bahá’í, secondo il calendario bahá’í, sia le date secondo l’usuale calendario gregoriano. Ora gli amici sono liberi di fare come credono.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 24 dicembre 1943, Bahá’í News n. 173, febbraio 1945, p. 11) 374. Designazione di Fede Bahá’í «In risposta alla vostra lettera del 26 gennaio, ci rendiamo conto che vi sono occasioni in cui può essere giustificato e utile l’uso del termine “Fede Mondiale Bahá’í”. In ogni modo, speriamo che gli amici perdano a poco a poco l’abitudine di usare così largamente come fanno ora questo termine; la designazione di “Fede Bahá’í” è più dignitosa e preferibile. Ogni aggettivo aggiunto a questo nome tende a sminuirne il rango e può dare l’errata impressione che esistano altre Fede Bahá’í.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 5 febbraio 1967. Copia a diverse Assemblee Spirituali Nazionali) 375. Simbolo della Fede Bahá’í - La stella a cinque punte «...A rigor di termini, la stella a cinque punte, così come adoperata dal Báb e secondo i Suoi chiarimenti, è il simbolo della nostra Fede. Ma il Custode non ritiene che sia saggio o necessario complicare le nostre spiegazioni sul Tempio aggiungendo questa precisazione.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 28 ottobre 1949), U.S. Supplement to Bahá’í News n. 50, p. 4, aprile 1962) IV. VITA BAHÁ’Í, EGO, SACRIFICIO, IO E SERVIZIO A. Vita Bahá’í 376. La cosa importante è “vivere la vita” «La cosa importante è “vivere la vita”: fare in modo che la nostra vita sia così satura degli insegnamenti divini e dello spirito bahá’í che la gente non possa fare a meno di vedere nel nostro carattere e in ciò che facciamo una gioia, una forza, un amore, una purezza, una radiosità ed un’efficienza che ci distingueranno dalle persone che sono attaccate alle cose terrene e farà sì che la gente si domandi quale sia il segreto della nostra nuova vita. Dobbiamo diventare tanto altruisti e dediti a Dio che ogni giorno ed ogni momento dovremmo cercare di fare soltanto ciò che Dio vorrebbe e nel modo in cui Egli vorrebbe. Se facciamo così con sincerità saremo in perfetta unità e armonia l’un con l’altro. Ovunque vi sia carenza di armonia, manca il vero spirito bahá’í. Se nella nostra vita non possiamo dimostrare questa trasformazione, questo nuovo potere, questa armonia e questo amore reciproco, allora per noi gli insegnamenti bahá’í non sono che parole.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 2 febbraio 1925. Compilazione Guida per una vita bahá’í, p. 75, n. 6) 377. Distinzione «Desidero per voi la distinzione. I bahá’í devono emergere dal resto dell’umanità. Ma non dipenda tale distinzione dalla ricchezza - che debbano diventare più ricchi degli altri. Non desidero per voi una distinzione di natura economica. Non è una comune distinzione che desidero per voi; non è una distinzione scientifica, o commerciale, o industriale. Per voi desidero una distinzione spirituale: dovete cioè emergere e segnalarvi nella moralità. Dovete distinguervi da tutti gli altri nell’amore per Dio; dovete eccellere perché amate l’umanità; per unità e concordia; amore e giustizia. In breve, dovete distinguervi per tutte le virtù del mondo umano; lealtà e sincerità, giustizia e fedeltà, fermezza e saldezza, opere filantropiche e servizio al mondo umano, amore per ogni essere umano, unità e concordia con tutti, perché eliminate i pregiudizi e favorite la pace internazionale. Infine dovete distinguervi per illuminazione celestiale e per acquisizione delle largizioni di Dio. Questa è la distinzione che desidero per voi; questo deve essere il vostro tratto di distinzione.» (‘Abdu’l-Bahá: Promulgation of Universal Peace, p. 190. Compilazione Eccellenza in ogni cosa, p. 55, n. 29) 378. Necessario vivere secondo gli insegnamenti per attrarre i cuori degli altri «In verità se gli amici cercassero e si sforzassero di diventare loro stessi dei bahá’í al cento per cento, vedrebbero quanto la loro influenza sugli altri aumenterebbe e con quanta rapidità si diffonderebbe la Causa. Il mondo non è alla ricerca di compromessi, ma dell’incarnazione di un alto e luminoso ideale. Più gli amici vivranno secondo gli insegnamenti in ogni aspetto della loro vita, a casa, negli affari, nei rapporti sociali, maggiore sarà la forza d’attrazione che eserciteranno sul cuore del prossimo. Egli si è compiaciuto di vedere che lei, con naturalezza, convinzione e buona volontà verso tutti, vive con gente di colore e insegna loro. Se i bahá’í vivessero, come dovrebbero, secondo gli insegnamenti, aumenterebbe ancora di più - malgrado l’opposizione di alcuni - l’ammirazione delle persone equanimi.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 23 gennaio 1945, parzialmente in compilazione Eccellenza in ogni cosa, p. 64, n. 45) 379. I bahá’í devono restare aggrappati alla loro Fede e gli uni agli altri «In questi giorni in cui discordia e disunità dilagano nel mondo, i bahá’í devono restare aggrappati alla loro Fede e gli uni agli altri, e proteggere l’unità della Causa a dispetto di ogni difficoltà e sofferenza. Spesso i primi tentativi dell’amministrazione della Fede di lavorare armoniosamente sono ardui, perché il singolo deve imparare a sottomettere la sua volontà a quella dell’insieme; comunque questi sono dettagli e gli amici devono concentrarsi sul lavoro costruttivo per la Causa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un gruppo di credenti, 7 maggio 1941) 380. La Fede si proclama con amore, ospitalità, comprensione e volontà di aiutare «Egli si è molto compiaciuto di vedere con quanto amore e devozione lei ha accettato la nostra amata Fede e come è desideroso di servirla. Non siamo tutti in grado di servire alla stessa maniera, ma ogni bahá’í può diffondere la Fede tramite l’esempio. Questo tocca il cuore molto più profondamente di quanto non possano fare le parole. L’amore che manifestiamo agli altri, l’ospitalità e la comprensione, la volontà di aiutarli, questi sono i modi migliori per proclamare la Fede. La gente ne vorrà sentire parlare quando vedrà queste cose nel nostro modo di vivere. Il Custode pregherà affinché Bahá’u’lláh la aiuti e le dia forza per insegnare la Sua Causa a molte anime.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 14 ottobre 1943. Parzialmente in compilazione Insegnamento, p. 31, n. 60) 381. Come acquisire pace interiore «...La pace interiore si ottiene concentrando la coscienza spirituale sul Profeta di Dio; perciò deve studiare gli insegnamenti spirituali e ricevere l’Acqua di Vita dalle Parole Sante. Poi, trasformando in azione questi alti ideali, il suo intero essere proverà gioia ed entusiasmo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 15 ottobre 1952) 382. Non dare l’impressione di essere fanatici - Cercare d’essere versatili, normali ed equilibrati «Ha fatto una domanda a proposito della insofferenza spirituale: i bahá’í devono cercare di essere versatili, normali ed equilibrati di mente e di spirito. Non dobbiamo dare l’impressione di essere fanatici, ma dobbiamo contemporaneamente vivere secondo i nostri principi.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 12 Mirza 1946. Compilazione Guida per una vita bahá’í, p. 93, n. 44) 383. Quello che conta è la vita intima dello spirito «La gente dovrebbe capire che ciò che conta è la vita intima dello spirito; ma è così accettato ed ingannato dai desideri mondani da attirare su di sé tutte le sofferenze che vediamo oggi nel mondo. I bahá’í cercano di ricondurre le persone alla conoscenza del loro vero io e del vero scopo per cui furono create e quindi alla massima felicità e benessere.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 24 luglio 1943) 384. Approfondendosi e vivendo la vita si diventa saldi come rocce «Egli spera che queste anime ricettive da lei attratte nel movimento diventino, approfondendosi nello studio e vivendo la vita bahá’í, salde come rocce su cui la Causa possa erigere il suo futuro tempio spirituale: il tempio dei cuori. In uno dei Suoi più belli ed entusiasmanti poemi scritto nei primi giorni della Sua missione, Bahá’u’lláh ci impone di non estraniarci e non divenire un ostacolo se desideriamo vivere e raggiungere il nostro benessere. Nel caso, tuttavia, fossimo pronti a sacrificarci interamente sul sentiero di Dio, allora dovremmo affrettarci verso di Lui e seguire la Sua via. La Causa ha bisogno proprio di ferventi ed altruisti servi e non di tiepidi seguaci pronti a raccogliere i frutti, ma restii a partecipare al conseguimento della vittoria. Shoghi Effendi spera, quindi, che lei farà di tutto per rendere i suoi figli spirituali del genere voluto da Bahá’u’lláh e per cercare non dei passivi ammiratori ma attivi servitori del Nuovo Ordine Mondiale.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 6 novembre 1932) 385. Evoluzione dell’anima «Riguardo alle sue domande circa la condizione dell’anima durante le malattie, nelle Spigolature vi sono alcuni brani che chiariscono completamente come i disturbi fisici, per quanto gravi, non possono portare alcun mutamento nella condizione intrinseca dell’anima. Come Bahá’u’lláh dice: “Lo spirito è stabile e saldo nel suo stadio”. Il velo o l’ostacolo che si frappone fra l’anima ed il corpo durante una malattia è la malattia stessa. Questa rivela una disarmonia nell’organismo ed uno squilibrio nelle forze essenziali al normale funzionamento del corpo umano.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 8 Mirza 1936) B. Ego - Io 386. Il significato di Io «Riguardo alle domande da lei poste: effettivamente, negli Scritti bahá’í, la parola io ha due significati, cioè viene usata in due modi. Da un lato indica l’io, l’identità dell’individuo creata da Dio. È questo l’io menzionato in passi come “ha conosciuto Dio colui che ha conosciuto se stesso”, etc.. L’altro io è l’ego, l’oscura eredità animalesca che ciascuno di noi ha, la natura inferiore che può trasformarsi in un mostro di egoismo, brutalità, lussuria, etc. È questo l’io contro il quale dobbiamo combattere, o questo lato delle nostre nature, al fine di rafforzare e liberare lo spirito dentro di noi e di aiutarlo a conseguire la perfezione. Auto sacrificio significa subordinare questa natura bassa ed i suoi desideri al lato più nobile e divino del nostro io. In definitiva, auto-sacrificio, nel suo significato più alto, vuol dire cedere a Dio la nostra volontà, tutto, perché faccia ciò che Gli piace. Allora Egli purificherà e glorificherà il nostro vero io finché diventi una realtà splendente e meravigliosa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 10 dicembre 1947. Compilazione Guida per una vita bahá’í, p. 97, n. 53) 387. L’ego è l’animale dentro di noi «L’ego è l’animale dentro di noi, l’eredità della carne piena di desideri egoistici. Obbedendo alle leggi di Dio, cercando di vivere la vita prescritta nei nostri insegnamenti, pregando e lottando, potremo soggiogare il nostro ego. Chiamiamo “Santi” quelle persone che hanno conseguito il massimo della padronanza del proprio ego. “Non vi è nessuna contraddizione fra quanto detto nelle Spigolature a pag. 74 e pag. 287. In un brano Egli dice che lo specchio non sarà mai libero dalla patina, nell’altro dice che sarà “così purificato da poter” ecc.; si tratta di un termine relativo: la perfezione non potrà mai essere conseguita, ma è possibile compiere progressi sempre più grandi.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 8 gennaio 1949, Psicologia, n. 20) 388. La vita è una lotta continua contro le forze che ci circondano e il nostro ego «La vita è una lotta continua non solo contro le forze che ci circondano, ma soprattutto contro il nostro ego. Non possiamo mai riposare, perché - se lo fossimo - ci vedremmo presto di nuovo portati via dalla corrente. Molti di coloro che si lasciano trascinare lontano dalla Causa lo fanno perché hanno cessato di procedere sulla via dello sviluppo. Sono soddisfatti di se stessi o sono divenuti apatici e, di conseguenza, hanno smesso di trarre dalla Causa la forza spirituale e la vitalità di cui avrebbero bisogno. A volte, naturalmente, le persone falliscono per una prova cui semplicemente non hanno fatto fronte, e spesso le prove più ardite ce le infliggiamo gli uni gli altri. Ovviamente i credenti devono cercare d’evitare queste cose, e - se accadono - di porvi rimedio con l’amore. Generalmente su dieci problemi che assillano gli amici, nove sono causati dal non agire da bahá’í nei rapporti con gli altri, con le istituzioni o nella vita personale.» (Ibidem) 389. I profeti sono gli unici ad essere liberi dalla “patina dell’ego” «Circa le domande poste nella sua lettera: le uniche persone veramente libere dalla “patina dell’ego” sono i Profeti, poiché essere liberi dall’ego è il contrassegno della perfezione. Noi esseri umani non diventeremo mai perfetti, perché la perfezione appartiene ad un regno nel quale non siamo destinati ad entrare. Tuttavia dobbiamo costantemente salire più in alto, cercare di essere più perfetti.» (Ibidem - Psicologia, n. 20) 390. Chiave per il controllo dell’ego «Oggi le confermazioni del Regno di Abhá sono destinate a coloro che rinunciano a se stessi, dimenticano le proprie idee, mettono da parte la propria personalità e pensano al benessere degli altri... Chiunque badi solo a sé vaga nel deserto dell’incuria e del dolore. La “Chiave” per il dominio dell’ego è il disinteresse. La strada per il palazzo della vita passa attraverso il sentiero della rinuncia.» (‘Abdu’l-Bahá: Star of the West, vol. XVII, p. 348) 391. Cercando Dio, conosciamo noi stessi «Più cerchiamo noi stessi, meno probabilmente scopriremo la nostra vera natura; più cerchiamo Dio e serviamo il nostro prossimo, più profondamente conosceremo noi stessi e più sicuri saremo interiormente. Questa è una delle grandi leggi spirituali della vita.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 18 febbraio 1954) 392. Acquisire consapevolezza di sé è un processo graduale «Lei ha chiesto a quale punto della sua evoluzione l’uomo comincia ad avere consapevolezza di sé. La coscienza di sé nell’uomo è un processo graduale e non ha inizio in un momento definito; cresce in lui in questo mondo e continua nel futuro mondo spirituale. L’uomo è certamente in grado di ricordare esperienze passate della sua evoluzione, e anche quando la sua anima ha lasciato questo mondo ancora ricorderà il suo passato.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 20 novembre 1937) 393. L’evoluzione dell’uomo è di natura individuale e collettiva «L’evoluzione dell’uomo è di natura sia individuale che collettiva, a causa del suo duplice rapporto con se stesso e con la società in cui vive. l’Evoluzione individuale inizia nei primi momenti della sua esistenza e anche la sua consapevolezza aumenta con questa evoluzione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 14 gennaio 1938) 394. La Causa ha il potere spirituale di ricrearci «I credenti - lo sappiamo tutti - devono sforzarsi di dare un tale esempio di vita e comportamento personale che gli altri si sentano spinti ad abbracciare una Fede che trasforma il carattere umano. Ma sfortunatamente non tutti conseguono facilmente e rapidamente la vittoria sull’io. Quello che ogni credente, nuovo o vecchio, deve capire è che la Causa ha il potere spirituale di ricrearci se facciamo lo sforzo di permettere che quel potere ci influenzi, e sotto questo aspetto il più grande aiuto viene dalla preghiera. Dobbiamo supplicare Bahá’u’lláh di aiutarci a superare le manchevolezze del nostro carattere ed inoltre usare la nostra forza di volontà per dominare noi stessi. Egli pregherà di certo per il lavoro dell’amata Causa costì e specialmente perché nuove anime siano attratte ed abbraccino la Fede. Pregherà inoltre perché i credenti possano - per grazia di Dio - avvicinarsi l’un l’altro e non permettano che le reciproche manchevolezze siano causa di disunità e, di conseguenza, mezzo per privare le anime assetate di questo vivificante Messaggio! Il mondo è pieno di forze oscure e letali e gli amici non devono permettere che abbiano il controllo su di loro sentimenti e pensieri negativi gli uni verso gli altri.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 27 gennaio 1945. Parzialmente in Psicologia, n. 20) 395. Bisogna volgere i pensieri a Dio con determinazione, intelligenza e tranquillità «Egli si è molto dispiaciuto d’apprendere le condizioni della sua cara sorella e la consiglia di volgere i suoi pensieri a Dio con determinazione e intelligenza - e con ciò intendo tranquillità -, rendendosi conto ch’Egli perdona, che in un sol momento può, con la Sua Benedetta Misericordia, spazzar via il nostro il nostro senso di fallimento ed aiutarci a far meglio in futuro, se lo vogliamo sinceramente; di rivolgersi a Lui in preghiera e cercare d’esserGli più vicina; d’accettare la Sua Volontà sottomettendo i suoi desideri e le sue opinioni al Suo Volere e ai Suoi progetti per lei. Oggi nel mondo c’è un buoi tremendo, dovuto al fatto che l’umanità va contro le Leggi di Dio facendo emergere il lato animale della natura umana. La gente deve rendersene conto e lottare con coscienza contro pessimismo e depressione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 14 luglio 1945) 396. Dovremmo concentrarsi sulla Gloria della Causa e non sulle nostre manchevolezze «Riguardo alla sua condizione, Egli la esorta con vigore a non soffermarsi su se stesso. Ciascuno di noi, se guarda alle proprie manchevolezze, sicuramente si sente indegno e sconsolato: ma questo sentimento non serve ad altro che a frustrare i nostri sforzi costruttivi e a farci perdere tempo. La cosa su cui dobbiamo concentrarci sono la gloria della Causa e il Potere di Bahá’u’lláh che possono fare di una piccola goccia un mare spumeggiante! Non ha alcun diritto di sentirsi negativo: ha abbracciato questa gloriosa Fede, si è levato con devozione a servirla ed il suo lavoro è molto apprezzato sia dal Custode che dagli amici bahá’í. Possedendo una cosa così positiva come la Fede ed i suoi insegnamenti, dovrebbe essere veramente pieno di fiducia, ed egli pregherà affinché lo diventi. “Sfortunatamente non vi sono mezzi per trasfondere in un uomo la bontà di un altro; esiste il libero arbitrio e tutti noi credenti - e perfino la stessa Manifestazione di Dio - non possiamo far altro che offrire la verità all’umanità. Se i popoli del mondo persistono - come sembra facciano - nel loro cieco materialismo, dovranno sopportarne le conseguenze, prolungando la presente condizione, se non il suo peggioramento. Il nostro dovere di bahá’í è quello di sviluppare fra noi un tale amore e una tale unità da attrarre gli altri nella Causa con la sola forza di questo esempio. Dobbiamo inoltre insegnare quanto più possibile e rafforzare la Comunità bahá’í nella sua amministrazione. Di più non ci è possibile fare per evitare le grandi sofferenze che apparentemente sono ancora davanti al mondo nel suo disgraziato stato attuale.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 13 ottobre 1947. Parzialmente in La Potenza dell’aiuto divino, p. 37, n. 78) 397. Non bisogna soffermarsi sui pensieri e sui comportamenti altrui «Non dobbiamo mai soffermarci troppo a considerare gli atteggiamenti e i sentimenti degli altri credenti nei nostri riguardi; è della massima importanza favorire l’amore e l’armonia ignorando qualsiasi rimprovero possiamo ricevere. In questo modo non si ingrandiscono le debolezze della natura umana e le caratteristiche o l’atteggiamento di una persona in particolare, ma ciò diviene insignificante in paragone all’importanza del comune servizio alla Fede che tutti amiamo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 19 settembre 1948. Guida per una vita bahá’í, p. 98, n. 55) C. Autodifesa 398. In caso di emergenza i bahá’í hanno il diritto di difendere la propria vita «Riguardo alla sua domanda: in caso di emergenza ed in mancanza di un mezzo legale a portata di mano cui ricorrere, un bahá’í ha tutto il diritto di difendere la propria vita.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 24 luglio 1943) 399. Autodifesa «Dai testi di cui già disponete risulta chiaramente che Bahá’u’lláh ha affermato che è preferibile essere uccisi sul sentiero del compiacimento di Dio piuttosto che uccidere, e che le persecuzioni contro i bahá’í non devono mai trasformarsi in alcun tipo di guerra, poiché questa è del tutto proibita negli Scritti. La Casa di Giustizia - nel momento attuale - non intende andare oltre la linea di principio sopra enunciata. Fondamentalmente si tratta di una questione di coscienza e, in ciascun caso, il credente coinvolto deve usare il suo giudizio per stabilire quando fermare la propria autodifesa per evitare che degeneri in vendetta. Naturalmente questi principi si applicano anche nel caso di bahá’í coinvolti in disordini civili. Abbiamo comunque consigliato l’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti che, date le attuali condizioni di quel paese, è preferibile che i bahá’í non acquistino armi per difesa personale o dei propri familiari.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 26 maggio 1969, Messages from The Universal House of Justice, 1968-1973, p. 26) 400. Pioniere residente in una zona remota senza protezione: casi in cui un bahá’í ha tutto il diritto di difendere la propria vita «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 2 Mirza 1972 in cui chiedete se... una coppia di pionieri, che vive in una zona remota senza la protezione della polizia, possa tenere un’arma per difendersi, essendo già stati derubati due volte da ladri penetrati nella loro casa. In una Tavola ancora non tradotta, ‘Abdu’l-Bahá indica che, in caso di aggressione da parte di ladri o rapinatori, un bahá’í non deve arrendersi, ma cercare - per quanto possibile - di difendersi e successivamente presentare una denuncia alle autorità. In una lettera scritta a nome del Custode si afferma che, in caso di emergenza ed in mancanza di alcun mezzo legale a portata di mano a cui appellarsi, un bahá’í è giustificato nel difendere la propria vita. Sebbene abbiamo consigliato alcune Assemblee Spirituali Nazionali di paesi che attualmente stanno fronteggiando crescenti disordini civili che è preferibile che i bahá’í non acquistino armi per difesa personale e dei loro familiari, riteniamo che - nelle circostanze descritte nella vostra lettera - sia permesso a quella famiglia di pionieri di tenere un’arma in casa, purché ciò sia consentito dalla legge.» (Da una lettera scritta dalla Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Honduras, 20 Mirza 1972) D. Auto sacrificio e Servizio 401. Il mistero del sacrificio «O ancella di Dio! Il mistero del sacrificio è nella rinuncia dell’uomo a tutte le sue condizioni per il Divino Rango di Dio. Il Rango di Dio è Misericordia, Gentilezza, Perdono, Sacrificio, Favore, Grazia, Vivificazione di spiriti e accensione del fuoco del Suo Amore nel cuore e nelle arterie. Ho chiesto a Dio di far di te un segno di misericordia, bandiera di gentilezza fra le Sue ancelle.» (‘Abdu’l-Bahá: Tablets, p. 65) 402. Il significato di auto sacrificio «Auto sacrificio significa subordinare questa natura bassa e i suoi desideri al lato più nobile e divino del nostro “io”. In definitiva auto sacrificio, nel suo significato più alto, vuol dire cedere a Dio la nostra volontà, tutto, perché faccia ciò che Gli piace. Allora Egli purificherà e glorificherà il nostro vero “io”, fino a che esso diventi realtà splendente e meravigliosa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 10 dicembre 1947, Guida per una vita bahá’í, p. 97, n. 53) 403. Fino a che punto dobbiamo sacrificare la nostra vita per l’interesse della Causa? «Il problema di quanto dobbiamo sacrificare del nostro tempo per gli interessi della Causa dipende dai mezzi di cui ciascuno dispone e dalle circostanze. Si tratta di un problema personale che dobbiamo risolvere individualmente. Una persona può dedicare tutto il suo tempo all’insegnamento e fare assegnamento su un reddito modesto, mentre un’altra può ritenersi più portata agli affari ed offrire la sua parte di servizio sotto forma di assistenza finanziaria.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 18 dicembre 1930) 404. Accettare di soffrire nell’interesse reciproco «Riguardo alla sua domanda se le persone possano aiutarsi reciprocamente accettando di soffrire l’uno nell’interesse dell’altro. Certamente un sacrificio per il nostro prossimo può dare utili risultati. La legge del sacrificio agisce nella nostra vita, come in quella delle Manifestazioni Divine.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 31 Mirza 1938) 405. Il servizio: magnete per le confermazioni divine «...Non vi è niente nella Fede che attiri il successo come il servirla. Il servizio è la forza magnetica che attira le confermazioni divine. Perciò, quando si è attivi, si riceve la benedizione dello Spirito Santo, ma quando si è inattivi lo Spirito Santo non trova posto in noi, e siamo quindi privati dei suoi raggi risanatori e vivificatori.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 6 ottobre 1954. Guida per una vita bahá’í, p. 106, n. 69) 406. Assistenza delle schiere delle Coorti divine «Un individuo deve porre tutto il suo cuore e la mente nel servizio alla Causa, come prevedono gli alti criteri fissati da Bahá’u’lláh. Quando questo avverrà,le schiere delle Coorti Supreme accorreranno ad assisterlo e ogni difficoltà od ostacolo, sarà gradualmente superata.» (Da una lettera scritta per conto del Custode a un credente il 6 ottobre 1954, ibidem) 407. Un irresistibile impulso di servire - Non guardare alle proprie imperfezioni «... Questo irresistibile impulso di servire che lei sente e che l’ha spinta ad offrirsi per lavorare nel campo dell’insegnamento è di per sé un chiaro sintomo della guida che l’Onnipotente le elargisce affinché raggiunga la più nobile meta di questa vita. Quale più grande destino si può sperare di avere se non quello che Bahá’u’lláh ha tracciato per ognuno dei Suoi leali credenti, e cioè consacrare interamente se stessi al servizio ed alla glorificazione della Sua Fede! Questa certezza, in verità, deve rinsaldare ancor più le sue speranze e metterla in grado di scacciare qualsiasi senso di insoddisfazione e indegnità che le affiori nel cuore impedendole di servire con gioia ed attivamente la Causa. Non deve guardare ai suoi limiti, ma trarre piena fiducia al pensiero che - per quanto limitate possano essere le sue risorse e capacità - i suoi sforzi saranno rafforzati dalle confermazioni divine, purché condivida ed assolva pienamente e coscienziosamente i suoi obblighi di credente. La sua perseveranza attrarrà su di lei, come un magnete, i favori e le benedizioni di Bahá’u’lláh. Sia dunque felice e fiducioso e, rinvigorito da tale certezza, si levi a contribuire con tutto quanto è in suo potere al progresso ed alla promulgazione della nostra amata Causa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 30 gennaio 1939) 408. Non esiste alcuna regola che imponga al credente di servire in un campo piuttosto che in un altro «Qualunque sia il particolare campo di servizio da lei scelto, sia quello dell’insegnamento o quello dell’amministrazione, il punto essenziale è che perseveri senza permettere che la consapevolezza delle sue limitazioni estingua lo zelo e la trattenga da un attivo e gioioso servizio. “Non esiste una regola generale o un particolare criterio che imponga ad un credente di servire in un campo piuttosto che in un altro. Ogni credente è libero di scegliere qualsiasi lavoro con il quale ritenga coscienziosamente di rendere il più alto grado di servizio alla Causa. Prima di intraprendere il lavoro scelto, può chiedere consiglio alla sua Assemblea o ai suoi compagni di fede, ma non è obbligato a farlo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 6 febbraio 1939. Parzialmente in Guida per una vita bahá’í, p. 82, n. 19) V. ACCATTONAGGIO, BENEFICIENZA E POVERTÀ A. Accattonaggio 409. L’Accattonaggio è proibito - La Casa di Giustizia provvede agli inabili «Ci è stato chiesto di condividere con Lei il seguente stralcio da una delle Tavole di ‘Abdu’l-Bahá sull’accattonaggio: “Dai sacri versetti: ‘L’accattonaggio è proibito, come anche fare l’elemosina ad un accattone significa che sia la mendicità che fare la carità alle persone che si dedicano all’accattonaggio come professione è proibito . Lo scopo di ciò e debellare completamente la mendicità. Tuttavia, nel caso in cui una persona fosse afflitta da estrema povertà o avesse bisogno di aiuto, incombe ai ricchi o ai fiduciari provvedere al suo sostentamento con una somma mensile. Quando sarà istituita, la Casa di Giustizia costruirà case per gli inabili. In questo modo nessuno sarà costretto a chieder l’elemosina, proprio come dice la parte successiva del sacro versetto: ‘Si ingiunge a tutti di procurarsi i mezzi di sostentamento’; e dopo: ‘È demandato ai fiduciari ed ai ricchi di provvedere adeguatamente alle esigenze degli inabili’; per ‘fiduciari’ si intendono i rappresentanti del popolo, cioè i membri della Casa di Giustizia.” La Casa Universale di Giustizia non ritiene di dover andare oltre le delucidazioni del Maestro sopra citate e, per il momento, ogni questione non specificatamente trattata in questo passo è lasciata alla coscienza dei singoli credenti.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente, 15 agosto 1974) 410. Accattoni - Agli occhi di Dio gli uomini più spregevoli «Agli occhi di Dio, il più spregevole fra gli uomini è colui che sta pigramente seduto e mendica. Aggrappatevi alla corda dei mezzi materiali, con piena fiducia in Dio, di tutti i mezzi Provvidente. Quando l’uomo si dedica a un mestiere o a un commercio, al cospetto di Dio questa sua occupazione è in sé considerata un atto di preghiera; e ciò altro non è che un pegno del Suo onnicomprensivo, infinito favore.» (Bahá’u’lláh. Tavole di Bahá’u’lláh, p. 24) B. Carità 411. La carità è la vera essenza degli Insegnamenti «Questo insegnamento bahá’í di fratellanza umana e benevolenza implica che dobbiamo essere sempre pronti a dare tutta l’assistenza e l’aiuto di cui siamo capaci agli indigenti e a coloro che soffrono. La carità bahá’í è la vera essenza degli Insegnamenti e deve quindi essere sviluppata in ogni comunità bahá’í. Istituzioni filantropiche, come orfanotrofi, scuole gratuite e ospedali per i poveri, sono una parte indispensabile del Tempio. È responsabilità di ogni comunità locale bahá’í assicurare, con ogni mezzo possibile, il benessere dei suoi membri poveri e bisognosi. Ma, naturalmente, non si deve mai consentire che l’assistenza ai poveri in qualsiasi forma interferisca seriamente con i superiori interessi collettivi della Comunità bahá’í, intesi in maniera distinta dagli interessi puramente personali dei suoi membri. Le esigenze della Causa trascendono quelle degli individui e quindi bisogna dare loro la precedenza. Ma queste due fasi della vita sociale bahá’í, sebbene non di eguale importanza non sono affatto contraddittorie: entrambi sono essenziali e devono essere favorite, ma ciascuna secondo il suo grado d’importanza. Sono le Assemblee Spirituali ad avere la responsabilità di decidere quando gli interessi individuali debbano essere subordinati a quelli connessi al benessere collettivo della comunità. Tuttavia - come già detto - entro certi limiti si devono sempre salvaguardare gli interessi del singolo, e provvedere che non condizionino seriamente il benessere del gruppo nel suo insieme.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 26 giugno 1936) 412. Contribuzioni per beneficenza fatte da Assemblee e singoli individui «In primo luogo esiste il principio che ogni credente può prestare servizi personali, o vendere proprietà a chiunque e disporre del ricavato come meglio crede, incluso donare tutto o parte per scopi bahá’í. Così, se un artista bahá’í dà un concerto, il cui ingresso è a pagamento, è libero - se vuole - di devolvere l’incasso al Fondo o ad un istituto di carità di sua scelta. Comunque, non deve far sapere ai non bahá’í che il concerto è a beneficio dei Fondi bahá’í, o è tenuto a nome di bahá’í per beneficenza, il che ci porta al secondo principio: è scorretto per i bahá’í sollecitare fondi da non bahá’í a nome della Fede e per qualsiasi scopo. Se un non bahá’í insiste nel voler fare una contribuzione in denaro, può essere accettata a condizione che sia espressamente chiarito che sarà impiegata per scopi esclusivamente di beneficenza o filantropici; ma queste contribuzioni dovrebbero essere scoraggiate, non incoraggiate. Il terzo principio riguarda le contribuzioni fatte dai bahá’í per beneficenza. Le Assemblee Spirituali possono fare, naturalmente, beneficenza _ poiché l’assistenza ai poveri ed ai bisognosi è uno dei doveri loro imposti dagli Scritti Bahá’í -, ma devono soppesare molto accuratamente le loro responsabilità e ricordare che in un paese altamente organizzato come il Regno Unito i poveri sono aiutati da una moltitudine di organizzazioni pubbliche e private, mentre solo i bahá’í possono contribuire alla costruzione del Regno di Dio sulla terra. La questione richiede chiaramente una saggia moderazione. Le Assemblee, inoltre, devono compiere le loro opere di carità con purezza d’intenti e non con lo scopo di fare propaganda alla Fede. Naturalmente, ogni bahá’í è libero - se lo desidera - di fare la carità, traendola dalle proprie risorse, ma - come bahá’í - deve tener sempre presente le necessità del Fondo bahá’í che può essere alimentato solo dai credenti.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Locale, 19 Mirza 1973) 413. Il mezzo più sicuro per sollevare una volta per tutte il peso della fame e della miseria «...in primo luogo ogni credente è libero di seguire la voce della propria coscienza per quanto riguarda il modo con cui spendere il proprio denaro. In secondo luogo, dobbiamo sempre ricordare che ci sono così pochi bahá’í nel mondo, in confronto alla popolazione mondiale, e così tanta gente bisognosa, che anche se tutti noi dessimo tutto quello che possediamo, ciò non allevierebbe altro che un’infinitesima parte delle sofferenze. Questo non significa che non dobbiamo aiutare i bisognosi: dobbiamo farlo; ma le nostre contribuzioni alla Fede sono il mezzo più sicuro per togliere all’umanità una volta per tutte, il peso della fame e della miseria, perché solo per mezzo del sistema di Bahá’u’lláh - di origine divina - il mondo può essere rimesso in piedi e possono essere eliminati il bisogno, il timore, la fame, la guerra, ecc. I non bahá’í non possono dare un contributo al nostro lavoro, né possono farlo per noi; così in realtà il nostro primo obbligo è quello di finanziare il nostro lavoro di insegnamento, e ciò porterà al risanamento delle nazioni.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 8 dicembre 1947 Istruzioni ai credenti bahá’í, pp. 69.70, n. 81) 414. Ci sono molti modi per aiutare coloro che soffrono «È comprensibile che i bahá’í che sono testimoni delle condizioni miserabili in cui tanti esseri umani devono vivere, quando sentono di improvvisi disastri che hanno colpito una certa area del mondo, siano spinti a fare qualcosa di pratico per migliorare quelle condizioni e aiutare i loro fratelli che soffrono. Ci sono molti modi con cui fornire aiuto. Ogni bahá’í ha il dovere di praticare un commercio o una professione con la quale guadagnare tanto da mantenere se stesso e la sua famiglia; nella scelta di tale lavoro egli può cercare quelle attività che sono di beneficio per i suoi fratelli e non solo quelle che favoriscono i suoi interessi personali, ancora meno quelle i cui effetti sono pericolosi. Ci sono anche situazioni in cui un singolo bahá’í o un’Assemblea Spirituale si trovano davanti a un bisogno urgente che né la giustizia né la compassione possono permettere di lasciare inascoltato o senza aiuto. Quanti sono gli episodi che si raccontano di ‘Abdu’l-Bahá in tali situazioni, quando Egli si sarebbe perfino tolto un abito che portava e l’avrebbe dato ad un uomo che tremava tutto stracciato. Ma nella nostra preoccupazione per tali immediati ovvi richiami al nostro soccorso, non dobbiamo dimenticare il continuo, spaventoso peso di sofferenze sotto il quale gemono milioni di esseri umani - un peso che essi hanno sopportato per secoli e che è missione di Bahá’u’lláh alleviare. La causa principale di questa sofferenza, che ognuno può vedere ovunque si volga, è la corruzione della morale ed il prevalere di pregiudizio, sospetto, odio, disonestà, egoismo e tirannia fra gli uomini. Non è il puro benessere materiale che la gente cerca. Ciò di cui le persone hanno disperatamente bisogno è sapere come vivere la vita: hanno bisogno di sapere chi sono, a quale scopo esistono e come devono comportarsi gli uni con gli altri; ed una volta a conoscenza delle risposte a queste domande hanno la necessità di essere aiutate ad applicare gradualmente dette risposte al loro comportamento quotidiano. È verso la soluzione di questo fondamentale problema dell’umanità che devono essere convogliate la maggior parte delle nostre energie e risorse...» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale d’Italia, 19 novembre 1974, in Notiziario, anno II, n. 8) 415. I bahá’í posseggono il rimedio divino per i mali dell’umanità «Ci sono potenti organizzazioni in questo mondo, governi, fondazioni, istituti di vari tipi con vastissime risorse finanziarie che lavorano per migliorare la parte materiale degli esseri umani. Nulla noi bahá’í potremmo aggiungere a tali risorse sotto specie di fondi speciali o contribuzioni che sarebbero solo una goccia in un oceano. Tuttavia, soli fra gli uomini, noi abbiamo il rimedio donatoci da Dio per le vere malattie dell’umanità ; nessun altro sta facendo o può fare questo importantissimo lavoro e se noi rivolgiamo le nostre energie e i nostri fondi in campi nei quali altri stanno già facendo più di quello che noi potremmo sperare di fare, noi ritarderemo la diffusione del Messaggio Divino che è fra tutti il compito più importante. A causa di tale atteggiamento, come pure per il nostro rifiuto di coinvolgerci nella politica, i bahá’í sono accusati spesso di tenersi lontani dai “reali problemi” dei loro fratelli. Ma quando sentiamo questa accusa non dimentichiamoci che quelli che la lanciano sono generalmente materialisti idealisti per i quali il bene materiale è il “solo” bene, mentre noi sappiamo che il funzionamento del mondo materiale è nient’altro che il riflesso delle condizioni spirituali e prima che queste ultime possano essere cambiate non ci potrà essere un mutamento duraturo in meglio della situazione materiale. Dobbiamo inoltre ricordare che la maggior parte delle persone non hanno il chiaro concetto del tipo di mondo che vorrebbe costruire, né di come costruirlo. Anche quelli che sono impegnati a migliorare le condizioni del mondo si limitano quindi a combattere ogni male palese che attiri la loro attenzione. Il desiderio di combattere i mali, o sotto forma di situazioni o incarnati in uomini cattivi, è quindi diventato per la maggioranza della gente la pietra di paragone con la quale giudicare il valore morale di una persona. I bahá’í, al contrario, conoscono la meta per la quale lavorano e sanno cosa devono fare passo dopo passo per raggiungerla. L’intera loro energia è convogliata alla costruzione del bene, un bene che ha una tale forza positiva che di fronte ad esso la moltitudine dei mali - che sono in essenza negativi - scompariranno e non esisteranno più. Entrare nella gara stravagante di demolizione dei mali uno per uno in questo mondo è, per un bahá’í, una inutile perdita di tempo e di energie. La sua intera vita è diretta verso la proclamazione del Messaggio di Bahá’u’lláh, per far rivivere la vita spirituale dei suoi fratelli, unendoli nell’Ordine Mondiale divinamente creato, e quindi, quando quell’Ordine cresce in forza ed influenza, vedrà la potenza di quel Messaggio che trasforma l’intera società umana, risolve progressivamente i problemi e rimuove le ingiustizie che hanno per così lungo tempo tormentato il mondo.» (Ibidem) 416. Eventualità per un bahá’í di chiedere aiuto agli altri «Quando un bahá’í ritiene necessario chiedere l’aiuto di altri ovviamente può - dopo aver rilevato che gli sforzi propri, dei suoi familiari e degli amici più intimi si sono rivelati inadeguati - rivolgersi all’Assemblea Spirituale Locale che si consulterà sul suo problema, gli tenderà una mano d’aiuto se le condizioni del Fondo Locale lo permettono, e - cosa più importante - gli darà consigli e suggerimenti sulle opportunità che gli sono aperte e su quali passi potrebbe intraprendere per cercare di risolvere il suo problema. Se l’Assemblea Locale ritiene di dover richiedere il sostegno o il parere dell’Assemblea Spirituale Nazionale, senza dubbio può rimetterle la questione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 1 settembre 1980. Da Giving to the Poor, una compilazione della Casa Universale di Giustizia) 417. Le Assemblee Spirituali Locali devono dare una mano d’aiuto ai poveri «Esse [le Assemblee Spirituali Locali] devono fare il possibile per dare in qualunque momento una mano d’aiuto ai poveri, ai malati, ai disabili, agli orfani ed alle vedove, senza distinzione di colore, casta o credo religioso. Devono promuovere con ogni mezzo a loro disposizione l’istruzione materiale e spirituale dei giovani, provvedere all’educazione dei fanciulli, istituire ovunque possibile centri di educazione bahá’í, organizzare e sovrintendere al loro lavoro e fornire i mezzi migliori per il loro progresso e sviluppo.» (Da una lettera scritta da Shoghi Effendi ai Bahá’í Occidentali, del Giappone e dell’Australia) 418. Come i bahá’í possono aiutare i compagni di fede tramite le Istituzioni «Nei nostri rapporti con gli altri credenti, a parte la necessità di dare la priorità ai bisogni della Fede, ci si deve ricordare - come lei ha messo in evidenza nella sua lettera - di certi fattori, come la saggezza, e l’importanza di evitare quelle azioni che possano incrinare i reciproci rapporti cordiali. Se un credente non è in grado di risolvere di persona e con devozione un problema di questo tipo dovrebbe - a seconda dei casi - o chiedere consigli all’Assemblea Spirituale, o rinviare gli altri credenti a quella istituzione. Un bahá’í che vuole aiutare un compagno di fede in bisogno può farlo personalmente o in modo impersonale attraverso l’Assemblea Spirituale, se ritiene che questo sistema risponda di più a criteri di obiettività per la valutazione dei reali bisogni in questione o possa mantenere meglio i reciproci rapporti. Questa è quindi un’ulteriore ragione per cui dobbiamo sforzarci di sostenere, rafforzare le basi e favorire lo sviluppo delle Assemblee Spirituali Locali, affinché diventino punti di riferimento per gli amici e veri pastori del gregge divino.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 9 aprile 1973) C. I Poveri 419. I ricchi devono avere la massima considerazione per i poveri «Coloro che posseggono ricchezze, però, debbono avere la massima considerazione per i poveri, poiché grande è l’onore destinato da Dio a quei poveri che sono saldi nella pazienza. Per la mia vita! Non v’è onore, ad eccezione di quello che a Dio piaccia concedere, che possa paragonarsi a questo onore. Grande è la benedizione destinata ai poveri che sopportano pazientemente e nascondono le loro sofferenze, e beati i ricchi che elargiscono le loro ricchezze ai bisognosi e li preferiscono a se stessi. Voglia Dio che i poveri si adoprino e si sforzino di guadagnare i mezzi di sostentamento. È questo un dovere prescritto a tutti in questa grande Rivelazione e considerato, agli occhi di Dio, al pari di una buona azione. A chiunque osservi questo dovere non mancherà certamente l’aiuto dell’Invisibile. Egli può arricchire - per grazia Sua - chiunque voglia. Egli, invero, ha potere su tutte le cose...» (Bahá’u’lláh, Spigolature, p. 197) 420. Il dono più grande che possiamo fare ai poveri «Riguardo alla sua domanda sull’aiuto ai poveri, i bahá’í - se possono e vogliono - non devono astenersi dal fare la carità ai bisognosi. Comunque, in questa come in molte altre cose, devono essere moderati. Il dono più grande che possiamo fare ai poveri ed agli oppressi è quello di contribuire ad edificare le divine istituzioni portate da Bahá’u’lláh in questo giorno, perché, una volta stabilito, questo Ordine Mondiale eliminerà le cause di povertà e ingiustizia che affliggono i poveri. Dovremmo, quindi, fare entrambe le cose: sostenere il Fondo bahá’í ed essere amorevoli e generosi verso i poveri.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 11 Mirza 1942) 421. Non addolorarsi d’essere poveri - Alcune grandi anime furono fra i più poveri della terra «Caro fratello, non affliggerti per la povertà, perché, di contro, sei ricco nella fede e nello spirito. Questa è una ricchezza divina per la quale il più ricco della terra proverà invano un ardente desiderio. Certo dobbiamo lavorare duro, guadagnare e far vivere la nostra famiglia in felicità e prosperità, ma dobbiamo avere sempre la consapevolezza che la nostra vita deve essere dedita a cose più elevate e più sublimi. Dobbiamo ricordare che fra i più poveri del mondo vi furono grandi anime, la cui vita è ancora di ispirazione a centinaia di migliaia di persone.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 18 maggio 1927) VI. CALAMITÀ E CRISI 422. Il mondo è in agitazione «Il mondo è in agitazione e la sua inquietudine aumenta di giorno in giorno. Il suo viso è volto verso la perversità e la miscredenza. Tale sarà la sua triste sorte che svelarla adesso non sarebbe né conveniente né opportuno. La sua perversità durerà a lungo, e all’ora stabilita apparirà improvvisamente ciò che farà tremare le membra dell’umanità. Allora, e soltanto allora, sarà fissato lo Stendardo Divino e l’Usignolo del Paradiso gorgheggerà la sua melodia.» (Bahá’u’lláh: Spigolature, p. 115) 423. Forze potenti stanno portando al parossismo questo portentoso secolo «...Forze potenti, operanti all’interno e all’esterno della Causa di Dio, stanno portando al parossismo la duplice tendenza di questo portentoso secolo. Fra i molti segni che rivelano tale processo possiamo citare da un lato il continuo aumento dell’arbitrio, del terrorismo, della confusione economica, dell’immoralità e la crescente minaccia della proliferazione degli armamenti, dall’altro l’espansione, il consolidamento e la rapida comparsa della Causa alla ribalta degli affari del mondo, un processo coronato dalla meravigliosa fioritura del Monte Carmelo, la montagna di Dio, la cui divina primavera sta ora sbocciando in tanta magnificenza.» (Da un Messaggio della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del mondo, Ri?ván 1983) 424. Alle genti di Bahá è assicurata la guida divina «...la Penna del Centro del Patto ha ripetutamente profetizzato le intollerabili calamità che devono ancora colpire questa ribelle umanità, prima che presti ascolto ai vivificanti insegnamenti di Bahá’u’lláh. “Il caos e la confusione aumentano quotidianamente nel mondo. Raggiungeranno una intensità tale che l’umanità non sarà più in grado di sopportarli. Solo allora l’uomo aprirà gli occhi e si renderà conto che la religione è la roccaforte inespugnabile e la luce evidente del mondo, e le sue leggi, esortazioni ed insegnamenti la sorgente di vita sulla terra”. Ogni occhio discernente vede con chiarezza che i primi stadi di questo caos si estrinsecano in manifestazioni quotidiane che interessano la struttura della società; le sue forze distruttrici sradicano istituzioni da tempo onorate, che nel passato furono punto di riferimento e rifugio per gli abitanti della terra ed attorno a cui ruotavano tutti gli affari umani. Le stesse forze distruttrici stanno anche sconvolgendo l’equilibrio politico, economico, scientifico, letterario e morale del mondo e distruggono i più bei frutti della presente civiltà. Le macchinazioni politiche di coloro che detengono l’autorità hanno posto in disuso i principi cardine dell’ordine mondiale. Ingordigia, passione, disonestà, ipocrisia, tirannia e orgoglio caratterizzano e dominano i rapporti umani. Le scoperte e le invenzioni, frutti del progresso scientifico e tecnologico, sono nelle mani dei malvagi e sono divenuti strumenti di distruzione e sterminio di massa. Perfino la musica, l’arte e la letteratura, che rappresentano ed ispirano i sentimenti più nobili e le aspirazioni più elevate e dovrebbero essere sorgente di conforto e tranquillità per le anime afflitte, hanno deviato dal retto sentiero e sono ora gli specchi degli sporchi cuori di questa confusa, amorale e disordinata epoca. Proprio questa perversione produrrà gli ardui cimenti profetizzati dalla Bellezza Benedetta con le seguenti parole: “Ogni giorno una nuova calamità colpirà la terra ed una nuova afflizione apparirà.» “Si avvicina il giorno in cui il fuoco della civiltà divorerà le città.” In questo momento di afflizione, in cui l’umanità è sconcertata e gli uomini più saggi sono perplessi quanto al rimedio, le genti di Bahá, fiduciose nella Sua indefettibile grazia e nella Sua guida divina, sono certe che ciascuna di queste tormentose prove ha una causa, uno scopo, un preciso risultato: esse sono tutte strumenti essenziali per l’attuazione dell’immutabile Volere di Dio sulla terra. In altre parole, da una parte l’umanità è colpita dalla sferza del Suo castigo che inevitabilmente riunirà le sparse e sconfitte tribù della terra; dall’altra, i pochi deboli che Egli ha nutrito nella protezione della Sua amorevole guida continuano, in questa età formativa, in questo periodo di transizione, a costruire in mezzo a questi tumultuosi flutti un’inespugnabile fortezza che resterà l’unico rifugio per quelle moltitudini perdute. Perciò i cari amici di Dio, avendo davanti a sé una visione così ampia e chiara, non sono turbati da questi eventi, né terrorizzati da questi tonanti fragori, non affronteranno questi sconvolgimenti con timore e trepidazione, né si lasceranno distogliere, neppure per un istante, dall’adempimento delle loro sacre responsabilità. Una delle loro [dei credenti persiani] sacre responsabilità è di esemplificare nelle loro vite gli attributi che sono accetti alla Sua Sacra Soglia.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ai credenti iraniani residenti in vari Paesi del mondo, 10 febbraio 1980. Parzialmente in Crisi e Vittoria, p. 50, n. 69, e in Note Bahá’í, 30 settembre 1980) 425. Se i bahá’í falliscono sono in parte responsabili dell’agonia dell’umanità «Esiste così tanta sofferenza, un tale grande e disperato bisogno d’un vero rimedio, che i bahá’í dovrebbero capire che loro sacro dovere è quello di porgere il Messaggio agli uomini subito e su scala quanto più vasta possibile. Se non lo fanno, sono in effetti parzialmente responsabili del prolungarsi dell’agonia dell’umanità.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 18 dicembre 1943) 426. Il mondo proverà dolori ed affronterà prove come mai in passato «Siamo stati incaricati di dirle che, sebbene tutto lasci prevedere che il mondo proverà dolori ed affronterà prove quali non ebbe mai, non si sa quale forma avranno questi sconvolgimenti, quando accadranno esattamente, quanto saranno duri, né quanto a lungo dureranno. La Fede stessa, nell’emergere dall’oscurità, soffrirà severe prove. Le anime sensibili come la sua sono particolarmente consapevoli di questi prossimi sviluppi. Comunque, Bahá’u’lláh ci ha dato l’Ordine Amministrativo, canale attraverso cui lo spirito e la guida fluiscono verso i bahá’í e verso l’umanità. Il diletto Custode ha speso la vita intera aprendo e spiegando la strada, ed è questa macchina amministrativa che dobbiamo cercare di sostenere e rafforzare. Per quanto debole e fragile sia in questi anni formativi della Fede, rappresenta ancora il rifugio e la protezione dei bahá’í e del mondo. La incoraggiamo quindi a profondere le sue energie ed i suoi multiformi talenti nell’insegnamento e nel consolidamento della comunità bahá’í sulla base delle direttive dell’Assemblea Spirituale Nazionale e dei suoi rappresentanti.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 19 Mirza 1981) 427. Le calamità continueranno finché l’umanità non sarà purificata a sufficienza... «Lei si riferisce alle calamità e chiede specificatamente se ve ne sarà qualcuna, quando si verificherà e con quale intensità. La Casa di Giustizia ha notato i commenti che ha letto su ciò che Bahá’u’lláh ebbe a dire sul crollo del vecchio ordine mondiale e sul sorgere del nuovo, che recentemente gli amici, tornando dal pellegrinaggio, hanno parlato di riunioni con Mani della Causa e con membri della Casa di Giustizia in cui l’epoca dei grandi sconvolgimenti mondiali era collocata “intorno alla fine del Piano Quinquennale e successivamente”. La Casa di Giustizia puntualizza che calamità si sono già verificate, stanno accadendo e continueranno ad esserci finché l’umanità non si sarà sufficientemente purificata per accettare la Manifestazione di Dio per questo giorno. ‘Abdu’l-Bahá ha anticipato che la Pace Minore potrebbe essere stabilita prima della fine del ventesimo secolo. Comunque, i bahá’í non dovrebbero distrarsi dal lavoro della Causa per timore delle catastrofi, ma dovrebbero cercare di capire perché accadono. L’amato Custode ne ha spiegato le motivazioni in innumerevoli passi, e poiché - come detto sopra - accadono di tanto in tanto non dobbiamo interessarcene fino a che non si verificano.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 15 aprile 1976) 428. I bahá’í non devono perdere tempo congetturando sulle prossime calamità «La Casa di Giustizia sottolinea che Bahá’u’lláh in inequivocabili termini ha detto: “O popoli del mondo! Sappiate in verità che un’imprevedibile calamità v’insegue e una dolorosa punizione v’attende. Non crediate che le azioni che avete commesso siano state occultate alla Mia vista”. Perciò ritiene che sarebbe vano tentare di prevedere il momento o il tipo di calamità che Bahá’u’lláh stesso definì “impreveduta”. Indubbiamente il notevole incremento delle ricerche in campo scientifico aiuta gli studi degli esperti di sismologia. Ma non possiamo essere certi che previsioni su terremoti, eruzioni vulcaniche o maremoti causati da questi fenomeni si possano identificare coi disastrosi eventi ai quali si riferisce Bahá’u’lláh. In lettere ad altri credenti che facevano domande simili alle sue, la Casa di Giustizia ha fatto rilevare che gli amici non devono sprecare tempo ed energie in speculazioni inutili su questo argomento. Piuttosto, dovrebbero dedicare ogni oncia di energia al raggiungimento delle mete del Piano Quinquennale, che hanno ben chiare davanti a loro, fiduciosi di sapere che qualsiasi cosa possa accadere nel mondo - per quanto apparentemente disastrosa - promuoverà l’inalterabile scopo di Dio dell’unificazione dell’umanità.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 20 giugno 1976) 429. È importante che i bahá’í abbiano un corretto atteggiamento in attesa di catastrofi «Quello che è importante per i bahá’í è avere, in attesa d’una catastrofe, atteggiamenti, modi di agire e risposte corrette. Noi tutti sappiamo che la Causa di Bahá’u’lláh è l’unica salvezza del mondo, che il nostro dovere è d’insegnare attivamente alle anime ricettive e fare del nostro meglio per il consolidamento delle istituzioni della Fede. Solo così,possiamo offrire la nostra parte di servizio alla Sua Soglia, lasciando ch’Egli faccia il resto”. (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 18 novembre 1980) 430. In caso di interruzione delle comunicazioni dal Centro Mondiale o gli uni dagli altri, i bahá’í saranno guidati dalle Assemblee Spirituali Nazionali dirette dai Consiglieri «Ogni istituzione di questo Ordine Divino è un rifugio in più per la gente turbata; ogni anima illuminata dalla luce del sacro Messaggio è un anello in più verso l’unità dell’umanità, un servitore in più che provvede ai bisogni di un mondo sofferente. Perfino se, negli anni a venire, fossero interrotte le comunicazioni fra le comunità bahá’í ed il Centro Mondiale o fra di loro - come per talune si è già verificato - i bahá’í non si fermeranno, né esiteranno: essi continueranno a perseguire i loro obiettivi guidati dalle Assemblee Spirituali, e diretti dai Consiglieri, dai Membri del Consiglio Ausiliare e loro assistenti...» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del mondo, 3 novembre 1980) 431. I bahá’í possono contribuire a mitigare le sofferenze dell’umanità «Non vi è dubbio che con l’attuale sforzo dei bahá’í del mondo di diffondere la Causa e dividere secondo i suoi insegnamenti, le sofferenze dei popoli del mondo saranno in parte mitigate. Ma sembra chiaro che non aver tenuto in nessun conto le istruzioni, gli appelli e gli ammonimenti lanciati nel 19° secolo da Bahá’u’lláh, ha ora spinto in mondo su un sentiero, ed ha liberato forze che avranno il loro culmine in uno sconvolgimento ed in un tormento ancora più violenti. Ciò è fuori dalla nostra portata ed è troppo tardi per evitare queste prove catastrofiche.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 8 gennaio 1949) 432. La gente di oggi soffre per i suoi peccati di omissione e di azioni errate «Non deve considerarsi insensibile, perché vede in questa sofferenza mondiale la nascita di un mondo nuovo e migliore. Questo è proprio ciò che i bahá’í devono insegnare agli altri. Per quanto grandi possano essere la pietà e la commiserazione per l’umanità, tuttavia siamo in grado di capire che la gente di oggi soffre per i suoi peccati di omissione e di azioni errate. Dobbiamo aiutarla a rendersi conto di ciò ed a rivolgere i pensieri e le azioni nei canali divinamente prescritti da Bahá’u’lláh.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 14 luglio 1943) 433. Dobbiamo mettere la Fede innanzi a tutto per avere eterna sicurezza e felicità «Non sappiamo come sarà l’immediato futuro. A causa delle passioni così ostinate dell’umanità e della sua sordità alla voce di Bahá’u’lláh, senza dubbio ci saranno grandi sofferenze. Ciò che sappiamo comunque, è che siamo bahá’í e che la nostra salvezza sta in questa Fede mandataci da Dio. Tanto ci volgiamo a Dio, Lo serviamo e Lo amiamo, tanto Egli ci dispenserà la Sua misericordia, la Sua guida e la Sua protezione. Dobbiamo, in ogni momento, dare la precedenza alla Fede e poi ai nostri personali desideri e comodità. Avendo la Fede abbiamo sicurezza e felicità eterne che niente ci potrà mai portar via, per quante afflizioni possano colpire questo mondo senza fede. La Causa di Dio è la nostra certezza e la fiducia in Bahá’u’lláh la nostra protezione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 5 novembre 1949) 434. Non sappiamo quanto durerà la catastrofe «Shoghi Effendi non ha mai fatto dichiarazioni sulla portata degli effetti di una futura guerra mondiale, o su quali altri catastrofi potrebbero accompagnarla seguirla. Dai nostri insegnamenti sappiamo che l’umanità può e deve aggregarsi in qualche forma d’unità politica, come per esempio uno stato federale mondiale, grazie ad un’intensa sofferenza, poiché sembra che solo questa sia capace di stimolare negli uomini gli sforzi spirituali richiesti. Appare chiaro ad ogni persona ragionevole che la guerra sarà la causa principale di questo livello di sofferenza». (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente, 5 settembre 1954) 435. L’unificazione dell’umanità «...Malgrado i nostri difetti e nonostante le formidabili forze dell’oscurità che oggi ci assediano, nella pienezza dei tempi l’unità del genere umano delineata e assicurata dall’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh sarà solidamente e permanentemente instaurata. Questa è la promessa di Bahá’u’lláh e a lungo andare nessuna forza sulla terra potrà impedirne o anche solo ritardarne il giusto adempimento. Perciò gli amici non si perdano d’animo, ma pienamente consapevoli della loro forza e del loro ruolo perseverino nei loro possenti sforzi per estendere e consolidare sulla terra il dominio universale di Bahá’u’lláh.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 6 novembre 1933, Compilazione La Pace, p. 58, n. 59) 436. La crisi serve un grande scopo «L’attuale crisi mondiale non è limitata agli agricoltori ; i suoi effetti hanno raggiunto ogni mezzo di sostentamento. Gli agricoltori, in un certo senso, stanno meglio perché almeno hanno il cibo. Ma nel complesso la crisi è utile ad un grande scopo. Sta sviluppando il modo di vedere dell’uomo, gli insegna a pensare su scala internazionale, lo obbliga a prendere in considerazione il benessere del prossimo, se vuole migliorare le sue stesse condizioni. In breve, costringe l’umanità ad apprezzare il significato ed a seguire i precetti disposti da Bahá’u’lláh. Il presente e forse l’imminente futuro è oscuro, ma abbiamo di fronte a noi le meravigliose promesse del Maestro che diventeranno tutte realtà...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 3 febbraio 1932) 437. Il Custode non ritiene che Dio permetterà all’uomo di autodistruggersi... «Riguardo alle sue domande: la rapidità con cui gli essere umani progrediranno dipende certamente dai loro sforzi ma non ritiene che Dio permetterà all’uomo di autodistruggersi. Alle sue spalle sta una lunga evoluzione ed una altrettanto lunga l’aspetta perché ciò si verifichi! Ovviamente non dobbiamo attendere un solo momento. Sono quasi cento anni che gli ammonimenti di Bahá’u’lláh risuonano alle orecchie degli uomini, ed abbiamo tutti i motivi per credere che terribili cose potranno ancora accadere all’umanità se continua a non ascoltare la soluzione divina proposta dalla Manifestazione di Dio per questo giorno. A questo proposito egli ha costantemente sottolineato ai bahá’í che il lavoro diretto - l’insegnamento, il perfezionamento della amministrazione, la diffusione della Causa di Dio - è il loro lavoro prioritario perché è, per così dire, organicamente spirituale. Ciò che stanno facendo libererà forze che combatteranno la terribile disintegrazione della società di cui siamo testimoni in ogni campo: politico, economico o di altro tipo...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente il 5 luglio 1947) 438. Privazioni e sfortune, disillusioni e disperazioni assaliranno i popoli... «Sappilo: privazioni e sfortune aumenteranno di giorno in giorno e i popoli saranno sconvolti. Le porte della gioia e della felicità saranno chiuse da tutti i lati. Guerre terribili avranno luogo. Disillusioni e disperazioni assaliranno i popoli da ogni parte fino a che saranno obbligati a volgersi a Dio. Allora le luci della felicità grandissima illumineranno l’orizzonte, così che il grido di ‘Yá Bahá’u’l-Abhá’ possa innalzarsi da tutte le parti. Tutto ciò accadrà.» (‘Abdu’l-Bahá: da una Tavola a Isabella D. Brittngham, tratto da Bahá’u’lláh e la Nuova Era, p. 340) 439. Sconvolgimenti apocalittici «Egli Le consiglia di andare avanti e di programmare la sua istruzione universitaria. Non abbiamo nessuna indicazione sull’esatta natura dell’apocalittico sconvolgimento che avverrà: potrebbe essere un’altra guerra... ma, come studiosi dei nostri Scritti, sappiamo che più a lungo sarà impedito al “Medico Divino” (Bahá’u’lláh) di curare le malattie del mondo, più dure saranno le crisi e più terribili le sofferenze del paziente.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 12 novembre 1949) 440. Le condizioni del mondo stanno portando molte questioni alla massima tensione «... le attuali condizioni del mondo stanno portando molte questioni alla massima tensione. Sarebbe forse impossibile oggi non trovare una nazione o un popolo in crisi. Il materialismo, l’abbandono della vera religione e il conseguente manifestarsi delle più basse forze della natura umana hanno portato il mondo intero sull’orlo della maggiore crisi che probabilmente ha mai affrontato o che dovrà affrontare. I bahá’í sono una parte del mondo e anche loro sentono le grandi pressioni oggi esercitate su tutte le persone, chiunque e dovunque siano. D’altra parte, il Piano Divino, che è il metodo di lavoro diretto per l’instaurazione della pace e dell’Ordine Mondiale, ha di necessità raggiunto un importante ed impegnativo punto del suo svolgimento; a causa dei disperati bisogni del mondo, i bahá’í, sebbene pochi di numero, finanziariamente deboli e con scarso prestigio, si sentono chiamati ad assumersi una grande responsabilità.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 19 luglio 1956) 441. Calamità e crisi «Come l’umanità precipita sempre più in quelle condizioni di cui Bahá’u’lláh scrisse: ‘rivelarle ora non è opportuno né conveniente ‘, così i credenti devono sempre più distinguersi come persone sicure, coscienti ed essenzialmente felici, conformandosi al modello che - in netto contrasto con il comportamento ignobile ed amorevole della società moderna - è la sorgente del loro amore, della loro forza e della loro maturità. È questo marcato contrasto fra il vigore, l’unità e la disciplina della comunità bahá’í, da un lato, e la crescente confusione, la disperazione e il ritmo febbrile di una società condannata, dall’altro, che attirerà - nei turbolenti anni a venire - gli occhi dell’umanità al santuario della Fede di Bahá’u’lláh, redentrice di tutto il mondo.» (Messaggio della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del Mondo, Ri?ván 1966, Wellspring of Guidance, pp. 79-80) 442. Distruzione interiore e caos esteriore stanno accelerando «...Gli anni che si profilano davanti a tutti noi sono veramente significativi. I processi paralleli della distruzione interiore e del caos esteriore accelerano di giorno in giorno, avvicinandosi inesorabilmente al culmine. Si possono già sentire i brontolii che precederanno l’eruzione di quelle forze che devono far ‘tremare le membra dell’umanità’. ‘Il tempo della fine’, ‘gli ultimi anni’, predetti nelle Scritture, alla fine ci sovrastano. La Penna di Bahá’u’lláh e la voce di ‘Abdu’l-Bahá hanno ripetutamente, insistentemente ed in termini inequivocabili avvertito una distratta umanità del pericolo imminente. La Comunità del Più Grande Nome - il lievito che deve far fermentare la massa, gli eletti superstiti che sopravvivranno all’abrogazione del vecchio, screditato, vacillante Ordine e parteciperanno allo sviluppo del nuovo che lo sostituirà - è pronta, vigile, ispirata e risoluta...» (Da una lettera del di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 5 settembre 1938, Messages to America 1932-1946, pp. 13-14. Parzialmente in Crisi e Vittoria, p. 22, n. 22) 443. Situazione mondiale sempre più grave - Molti si tengono in disparte e si torcono le mani «Nella sempre più grave situazione mondiale, gravida di dolori dovuti a guerre, violenze e improvviso sradicarsi di istituzioni stabilite da lungo tempo, si vede il compiersi delle profezie di Bahá’u’lláh, dei ripetuti ammonimenti del Maestro e del diletto Custode sull’inevitabile destino di un sistema sociale deplorevole e difettoso, d’una guida non illuminata e d’una umanità ribelle ed empia. I governi e i popoli delle nazioni sviluppate o in via di sviluppo, le istituzioni sociali, secolari e religiose - incapaci di invertire il corso degli odierni catastrofici eventi - sono disorientati ed oppressi dall’enormità e dalla complessità dei problemi che devono affrontare. In questa fatidica ora della storia dell’uomo, sfortunatamente, molti si contentano di tenersi in disparte e di torcersi le mani dalla disperazione o si uniscono alla Bábele delle grida di quelli che protestano a gran voce, senza offrire, però, nessuna soluzione alle sventure e ai dolori che tormentano la nostra epoca. Ciononostante, un numero sempre maggiore di uomini e donne, preoccupati e giusti, riconoscono, nel clamore delle contese, nel dolore e nella distruzione che ha raggiunto ora proporzioni orrende, i segni del castigo divino, e si volgono a Dio divenendo sempre più ricettivi alla Sua Parola. Le attuali circostanze senza dubbio, sebbene tragiche ed impressionanti per le loro immediate conseguenze, servono ad attrarre l’attenzione sulla necessità, per i bisogni dell’epoca attuale, degli Insegnamenti di Bahá’u’lláh e forniranno molte opportunità di raggiungere innumerevoli anime in attesa, affamate ed assetate di guida divina.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del Mondo, 16 novembre 1969, Messages from the Universal House of Justice, pp. 33-34) 444. Un abisso senza fondo minaccia «...Sono stati tentati tutti i sistemi, eccetto quello dell’unificazione della razza umana, tentati anche ripetutamente, ma si sono rivelati fallimentari; guerre su guerre si sono combattute, e convocate conferenze senza fine per prendere vane deliberazioni; trattati, patti ed accordi sono stati diligentemente intavolati, conclusi e poi modificati. Sono stati pazientemente messi alla prova nuovi sistemi di governo, e continuamente rimodellati o sostituiti; si sono accuratamente concepiti e meticolosamente messi in pratica piani economici per la ricostruzione. E nonostante tutto, a una crisi ne è succeduta un’altra ed è corrispondentemente aumentata la rapidità di declino di un mondo pericolosamente instabile; un abisso senza fondo minaccia di far crollare in un medesimo comune disastro nazioni soddisfatte ed insoddisfatte, democrazie e dittature, capitalisti e salariati, europei ed asiatici, ebrei e gentili, bianchi e neri. Qualche cinico può giungere a pensare che un’irata Provvidenza abbia abbandonato il nostro sventurato pianeta al suo fato e fissato senza speranza d’appello la sua sorte. L’umanità, messa a dura prova e disillusa, che ha senza dubbio perso l’orientamento e, sembrerebbe, anche la fede e la speranza, ondeggia paurosamente, priva di guida e di visione, sull’orlo del precipizio. L’ha invasa, pare, una sensazione di fatalità; tenebre sempre più oscure s’abbattono sulle sue fortune man mano ch’essa lascia progressivamente le frange esterne della buia zona della sua agitata esistenza per avviarsi verso l’abisso della perdizione.» (Shoghi Effendi: L’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh, pp. 193-194) 445. La furia di una catastrofe mondiale: il fuoco dell’ordalia «...Diventa sempre più evidente che solo la furia di una catastrofe mondiale potrà affrettare questa nuova fase del pensiero umano; e che solo il fuoco di una durissima ordalia, mai prima sperimentata con tale intensità, potrà fondere e saldare le parti discordi che costituiscono gli elementi dell’odierna civiltà nelle parti integrali della futura Confederazione mondiale, è verità che i futuri eventi dimostreranno sempre più chiaramente. ...Diventa sempre più evidente che solo la furia di una catastrofe mondiale potrà affrettare questa nuova fase del pensiero umano; e che solo il fuoco di una durissima ordalia, mai prima sperimentata con tale intensità, potrà fondere e saldare le parti discordi che costituiscono gli elementi dell’odierna civiltà nelle parti integrali della futura Confederazione mondiale, è verità che i futuri eventi dimostreranno sempre più chiaramente. ...Null’altro che uno spaventoso cimento, dal quale il genere umano uscirà purificato e preparato, sarà in grado di creare quel senso di responsabilità che le guide di questa neonata era dovranno addossarsi.» (Ibidem, pp. 46-47) 446. I bahá’í non devono perdere la speranza nel futuro per la crisi che travolgerà il mondo «...Nel momento in cui una simile crisi travolgerà il mondo, nessuno può sperare di rimanerne immune. Facciamo parte di un’unità organica e quando una parte dell’organismo soffre, tutto il corpo ne sente le conseguenze. Questo in effetti il motivo per cui Bahá’u’lláh richiama la nostra attenzione sull’unità dell’umanità. Ma, come bahá’í, non dobbiamo permettere che queste sofferenze ci facciano perdere la speranza nel futuro...» 447. Un periodo di purificazione è indispensabile - I bahá’í non dovrebbero desiderare di non essere toccati «...Sembra che vi lagnate delle calamità che si abbattono sull’umanità. Un periodo di purificazione è indispensabile nel processo dello sviluppo spirituale dell’uomo, perché solo così i sopravvalutati bisogni materiali appaiono nella loro vera luce. Fino a quando l’umanità non imparerà a dare maggiore importanza alle cose spirituali, non sarà mai in grado di entrare nell’età d’oro predetta da Bahá’u’lláh. Le attuali catastrofi fanno parte di questo processo di purificazione e soltanto tramite loro l’uomo imparerà la lezione. Servono d’insegnamento alle nazioni, affinché vedano le cose da un punto di vista internazionale e fanno sì che l’individuo dia più importanza al suo benessere morale che a quello materiale. Durante questo processo di purificazione, mentre tutta l’umanità spasima per le atroci sofferenze, i bahá’í non devono sperare di non essere toccati. Se considerassimo la trave che abbiamo negli occhi, capiremmo che esse sono destinate anche a noi che asseriamo di essere arrivati. Questa crisi mondiale è necessaria per richiamare la nostra attenzione sull’importanza dei nostri doveri e dell’esecuzione dei nostri compiti. La sofferenza aumenterà le nostre energie per mostrare la strada della salvezza all’umanità e ci scuoterà dalla flemma, poiché siamo ancora lontani dal fare del nostro meglio per insegnare la Causa e trasmettere il Messaggio che ci è stato affidato...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente in risposta ad una lettera del 14 ottobre 1931. Bahá’í News n. 58, p. 1, gennaio 1932) 448. I pericoli che minacciano l’America «Gli è stato detto che alcuni amici si sono turbati da quanto è stato riferito dai pellegrini sui pericoli che in futuro minacceranno l’America nel caso di un latro conflitto mondiale. Egli non ritiene che i bahá’í debbano sprecare tempo soffermandosi sugli aspetti oscuri delle cose. Qualunque persona intelligente si rende conto, per l’esperienza acquistata con l’ultima guerra mondiale, e considerando i nuovi esperimenti scientifici moderni nel campo degli armamenti in vista di guerre future, che le grandi città in tutto il mondo sono in tremendo pericolo. Questo ha detto il Custode ai pellegrini. A prescindere da ciò, ha esortato i bahá’í ad uscire da questi centri di intenso materialismo, dove la vita d’oggigiorno è così incalzante ed oppressiva, e - per servire la Fede - disseminandosi vadano in città e villaggi e portino il Messaggio per tutta l’unione Americana. Crede fermamente che il campo al di fuori delle grandi città sia più fertile, che alla fine i bahá’í saranno più felici per aver compiuto questo passo, e che - nel caso scoppiasse un’altra guerra - sarebbero più al sicuro, proprio come è più protetta qualsiasi altra persona che vive in campagna o fuori dalle grandi aree industriali. Sono annotazioni come queste che i pellegrini hanno riportato nei loro appunti. Egli non vede motivo d’allarme, ma certamente pensa che i bahá’í dovrebbero soppesare queste considerazioni ed essere attivi nel diffondere la Fede di Bahá’u’lláh ed anche per la loro definitiva felicità: le due cose, infatti, vanno insieme.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 20 giugno 1954) 449. L’uomo vede la vita in modo troppo rozzo e materialistico «Infatti la causa principale dei mali che imperversano oggi nel mondo è la mancanza di spiritualità. La civiltà materialistica del nostro tempo ha tanto assorbito le energie e l’interesse dell’umanità che in genere la gente non avverte più il bisogno d’innalzarsi al di sopra delle forze e delle condizioni della quotidiana esistenza materiale. Non c’è richiesta sufficiente di cose che dobbiamo chiamare spirituali per distinguerle dai bisogni e dalle esigenze dell’esistenza terrena. Le cause della crisi universale dell’umanità sono perciò fondamentalmente spirituali dell’era è, nel suo insieme, irreligioso. Oggi l’uomo vede la vita in modo troppo rozzo e materialistico per poter assurgere ai reami superiori dello spirito . È questa condizione, così tristemente malsana, nella quale la società è caduta, che la religione cerca di migliorare e trasformare...» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 8 dicembre 1935, Preghiera, Meditazione, Devozione, p, 24-25, n. 41) 450. Prove psicologiche che i credenti occidentali patiranno «Eppure, quante volte sembra che dimentichiamo i chiari e ripetuti ammonimenti dell’amato Maestro, il quale - specialmente negli ultimi anni della sua missione sulla Terra - pose l’accento sulle severe prove psicologiche che inevitabilmente avrebbero travolto i Suoi cari amici occidentali... prove che li avrebbero purificati, mandati e preparati alla loro nobile missione nella vita. Allora, nostro è il dovere ed il privilegio di lavorare giorno e notte in mezzo alle tempeste e alle tensioni di questi giorni difficili, per acuire lo zelo del nostro compagno, riaccendere le sue speranze, stimolare i suoi interessi, aprire i suoi occhi alla vera Fede di Dio ed ottenere il suo attivo sostegno nell’esecuzione del nostro comune compito per la pace e la rigenerazione del mondo.» (Da una lettera scritta da Shoghi Effendi ai credenti dell’Australia e Nuova Zelanda, 2 dicembre 1923, Letters from the Guardian to Australia and New Zeland, 1923-1957, pp. 1-2) 451. Una civiltà lacerata da conflitti «Nel mezzo d’una civiltà lacerata da conflitti e debilitata dal materialismo, il popolo di Bahá costruisce un nuovo mondo. In questo momento abbiamo di fronte opportunità e responsabilità di vasta portata e molto urgenti. Nell’intimo del proprio cuore ciascun credente decide di non essere sedotto dalle effimere lusinghe della società che lo circonda, di non essere trascinato nelle sue contese e nei suoi passeggeri entusiasmi, ma invece di trasferire tutto ciò che può dal vecchio al nuovo mondo, che è la visione dei suoi ardenti desideri e che sarà il frutto delle sue opere.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í dell’Est e dell’Ovest, 18 dicembre 1963) 452. Violenti e molteplici saranno gli assalti che la Fede sosterrà «...La maggior parte dell’umanità, cieca e schiava, è totalmente inconsapevole del potere risanatore di cui questa comunità è stata dotata, né può ancora sospettare il ruolo che essa è destinata a giocare per la sua redenzione. Violenti e molteplici saranno gli assalti con cui governi, razze, classi e religioni, gelosi del crescente prestigio della Causa e timorosi del suo prosperante vigore, cercheranno di farne tacere la voce e di distruggerne le fondamenta. Ma questa comunità - ne sono certo - indifferente alla relativa oscurità che oggi la circonda e imperterrita davanti alle forze che in futuro le si schiereranno contro, e nonostante le strazianti agonie di quest’era travagliata, continuerà a perseguire il proprio destino, senza lasciarsi deviare nel suo cammino e turbare nella sua serenità, incrollabile nel suo proposito, irremovibile nelle sue convinzioni.» (Shoghi Effendi, Messages to America, p. 14. Parzialmente in Quando i venti impetuosi soffiano, p. 15, n. 22) 453. È nostro dovere redimere i nostri compagni «...È nostro dovere redimere il maggior numero possibile dei nostri compagni e illuminarne i cuori, prima che essi siano sopraggiunti da una grande catastrofe che li inghiottirà irrimediabilmente o dalla quale usciranno purificati e rafforzati e pronti a servire. quanto più numerosi saranno i credenti che, quando quel momento verrà, si ergeranno quali fari nella notte, tanto meglio sarà; di qui la suprema importanza del lavoro di insegnamento in questo momento...» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Africa Meridionale ed Occidentale, 9 luglio 1957, L’Insegnamento alle Masse, p. 29, n. 45) 454. I bahá’í sono il lievito di Dio, il Popolo eletto di Dio «...I bahá’í sono il lievito di Dio, che deve far lievitare la propria nazione. La protezione concessa non solo a loro, ma a tutto il loro Paese, sarà direttamente proporzionale al loro successo. Queste sono le immutabili leggi di Dio, dalle quali non c’è scampo: “Poiché a chi molto è stato dato, molto sarà richiesto”. Non possono essere il popolo eletto di Dio - coloro che hanno goduto della munificenza di accettarlo nel Suo Giorno, i destinatari del Piano Divino del Maestro - e non far nulla. Il dovere di insegnare è un obbligo per ciascun bahá’í e, in particolare, i doveri dei bahá’í americani nei confronti dell’umanità sono grandi e inderogabili. Nella misura in cui essi adempiranno ai doveri, saranno benedetti, protetti, felici e soddisfatti.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 21 settembre 1957. Parzialmente in Insegnamento, p. 48, n. 116) 455. Gli occhi del mondo sono puntati su di noi «...Gli occhi dei popoli del mondo incominciano a puntarsi su di noi e, peggiorando le sorti dell’umanità, i non bahá’í ci guarderanno con attenzione sempre maggiore per vedere se diamo un sincero appoggio alle nostre istituzioni; se siamo o no la gente della nuova creazione; se viviamo all’altezza delle nostre convinzioni, principi e leggi, tanto nei fatti quanto nelle parole. Non saremo mai abbastanza solleciti, mai abbastanza esemplari.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 5 agosto 1955, Eccellenza in ogni cosa, p. 67, n. 52) 456. I bahá’í hanno il compito di purificare l’umanità con le regole e l’esempio «In molte lettere e in molte occasioni il diletto Custode ha avvertito che il processo di disgregazione penetrerà sempre più profondamente nel cuore della società umana e che l’umanità dovrà sopportare molte sofferenze prima che il fuoco di una calamità universale la fonda in un unico organico commonwealth. Anche quando saranno pienamente riconosciuti il suffragio universale e tutti gli altri diritti attualmente rivendicati dai movimenti per i diritti civili, ai bahá’í rimarrà ancora l’incompiuto compito di purificare l’umanità con le regole e l’esempio da ogni traccia di pregiudizio razziale. Null’altro che la Fede di Dio può far ciò.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 30 Mirza 1965) 457. Gli eletti di Dio non devono contentarsi di una distinzione ed eccellenza relativa «Gli eletti di Dio... non devono guardare alla depravazione della società in cui vivono, né ai segni della degradazione morale, né al comportamento frivolo di coloro che stanno loro intorno. Non devono semplicemente contentarsi di distinguersi e di eccellere in parte, ma piuttosto fissare lo sguardo ad altezze più nobili assegnandosi, quale meta suprema, i consigli e le esortazioni della Penna della Gloria. Allora si renderanno conto facilmente di quanto siano numerosi gli stadi che rimangono ancora da percorrere e quanto distante sia la meta desiderata, meta che non è altro che il divenire esempio di principi morali e di virtù divine.» (Lettera di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Locale di Tehran, Guida per una vita bahá’í, pp. 74-75, n. 3) 458. Ostacoli che s’incontrano sul sentiero «Il rozzo materialismo che oggigiorno sommerge l’intera nazione; l’attaccamento ai beni terreni che avvolge l’anima degli uomini; le paure e le ansietà che ne distraggono le menti; il piacere e la dissolutezza con cui occupano il tempo; i pregiudizi e le animosità che ne oscurano la vista; l’apatia e l’indolenza che ne paralizzano le facoltà spirituali: questi sono alcuni dei formidabili ostacoli che s’incontrano sul sentiero di ogni sedicente guerriero al servizio di Bahá’u’lláh; ostacoli contro cui deve lottare e che deve superare nella sua crociata per la redenzione dei concittadini.» (Shoghi Effendi, Citadel of Faith, p. 148) 459. La civiltà sopporta prove dure e senza pari «Preghiamo Iddio che - in questi giorni di buio che circonda il mondo, in cui le tenebrose forze della natura, dell’odio, della ribellione, dell’anarchia e della reazione minacciano l’intera stabilità della società umana, e i più preziosi frutti della civiltà sopporta prove dure e senza pari - possiamo capire, più profondamente che mai, che pur essendo tanto pochi fra le masse in fermento del mondo, in questo giorno siamo gli strumenti scelti dalla grazia di Dio, che la nostra missione è la più urgente e vitale per il destino dell’umanità e che, fortificati da questi sentimenti, ci leviamo per conseguire il santo scopo di Dio per l’umanità.» (Shoghi Effendi: Bahá’í Administration, p. 35) VII. CERIMONIE 460. Non è esatto affermare che la Fede Bahá’í non ha cerimonie «Non è esatto affermare che la Fede Bahá’í non ha cerimonie: esempi di esse, negli insegnamenti, sono la cerimonia matrimoniale ed il servizio funebre. In realtà sarebbe corretto affermare che la Fede ha certe leggi fondamentali e osservanze semplici prescritte da Bahá’u’lláh e che i Suoi insegnamenti mettono in guardia dallo svilupparli in un sistema di rigidi ed uniformi rituali aggiungendo formalità e pratiche concepite dall’uomo, come quelle che esistono nella Chiesa Cattolica nella celebrazione della Messa e nell’amministrazione dei sacramenti da parte di un membro del clero. Nell’applicare le leggi fondamentali della Fede, gli amici devono sempre attenersi alla massima semplicità ed essere flessibili per tutti i dettagli.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Colombia, 31 agosto 1967) 461. Cerimonie per l’imposizione del nome «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 22 agosto 1966 in cui avete chiesto se cerimonie per l’imposizione del nome ai bambini debbano essere incoraggiate come attività della comunità. in una lettera del 20 dicembre 1938 indirizzata ad un credente, il diletto Custode disse: “Riguardo la sua domanda se c’è una speciale cerimonia che i credenti dovrebbero tenere quando vogliano dare il nome ad un neonato; gli Insegnamenti non prevedono nessuna cerimonia per queste occasioni. Nella Causa non vi è alcun ‘battesimo’ simile a quello cristiano. Ma non ci sarebbe alcuna obiezione al fatto che gli amici si riuniscano in queste felici occasioni, purché non tengano una cerimonia pubblica ufficiale ed inoltre evitino del tutto che si pratichino in modo rigido ed uniforme...” Riteniamo che ciò debba essere lasciato alla discrezione dei genitori.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 7 settembre 1966) 462. Battesimo spirituale dei figli «Hai domandato dell’imposizione del nome ai figli: Quando vuoi dare il nome ad un neonato, organizza una riunione; intona i versetti, con spiritualità supplica ed implora la Soglia dell’Unità affinché il bambino sia sempre guidato e confermato da saldezza e costanza; quindi dai il nome ed offri con gioia un rinfresco e dolci. Questo è un battesimo spirituale.» (‘Abdu’l-Bahá: Tablets of ‘Abdu’l-Bahá, pp. 149-150) 463. Battesimo dei figli «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 14 settembre in cui chiedete del battesimo di un bambino i cui genitori sono uno cristiano e l’altro bahá’í. Ovviamente, se entrambi i genitori sono bahá’í non possono battezzare il figlio; nel caso, invece, che il coniuge non bahá’í insista nel voler battezzare i figli, in una lettera del 18 febbraio 1965 all’Assemblea Nazionale di Spagna dicemmo: “‘Il genitore bahá’í può assistere alla cerimonia a condizione che non assuma alcun impegno o faccia una promessa contraria ai principi della Fede.”» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 21 settembre 1966) 464. I bahá’í possono e dovrebbero partecipare ad innocue celebrazioni culturali e tradizionali «Nel decidere se partecipare o meno ad attività tradizionali, i bahá’í devono evitare due estremi: primo, abbandonare inutilmente innocue celebrazioni culturali, allontanandosi così dai loro familiari ed amici non bahá’í; secondo, continuare a seguire pratiche ormai abrogate di precedenti dispensazioni, e così minare l’indipendenza della Fede e creare sgradite distinzioni fra loro e gli altri bahá’í...» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, citata in una lettera ad un’altra Assemblea Spirituale Nazionale, 13 ottobre 1985) 465. Cerimonie religiose alle quali i bahá’í non dovrebbero partecipare «Vi sono talune cerimonie religiose a cui i bahá’í non dovrebbero partecipare, per salvaguardare l’indipendenza della Fede. A questo proposito l’amato Custode ha dato il seguente consiglio ad un’altra Assemblea Nazionale: ‘In questi giorni gli amici, per quanto possibile, dovrebbero dimostrare con le loro azioni l’indipendenza della Santa Fede di Dio, e la sua autonomia da usanze, riti e pratiche da un passato screditato ed abrogato’. Seguendo questo principio, la Casa di Giustizia consiglia i bahá’í di trovare un giusto equilibrio tra l’adesione alla Causa e l’obbedienza alle sue leggi da una parte, ed il loro ruolo sociale dall’altro. Quando una persona diventa bahá’í acquisisce - come sapete - una maggiore devozione verso le Manifestazioni di Dio. Scorrendo questo nuovo modello di vita, deve fare attenzione di non isolarsi dalla famiglia e dai parenti e mostrare rispetto per la sua passata religione. I bahá’í, naturalmente, devono evitare qualunque atto che possa far supporre la loro appartenenza ad un’altra religione o che sia contrario ai principi bahá’í. Vi è una netta differenza fra partecipare ad avvenimenti festivi e culturali e prendere parte a riti e cerimonie religiose. Bisogna ricordare che discostarsi dalle abitudini e dalle tradizioni radicate da secoli nelle comunità è per i bahá’í un processo lungo e graduale. Quindi, mentre, da un lato l’Assemblea Nazionale deve evitare d’essere rigida, dall’altro non deve scendere a compromessi quando sono in gioco gli interessi, l’integrità e l’indipendenza della Fede.» (Ibidem) 466. I genitori bahá’í possono partecipare a cerimonie di battesimo, ma non possono prendere alcun impegno o fare promesse «In risposta alla vostra lettera del 5 settembre 1984 in cui comunicate che un credente di... si sposerà presto con una persona di religione cattolica romana e chiedete se gli è permesso di far battezzare i figli, la Casa Universale di Giustizia ci ha chiesto di trasmettervi le sue istruzioni. I figli di coppie come questa possono essere battezzati, se così vuole il genitore cristiano; dal punto di vista bahá’í il battesimo non ha effetto. È bene comunque sottolineare che il genitore bahá’í, pur essendo del tutto libero di partecipare alla cerimonia, non deve prendere alcun impegno o fare promesse contrarie alle leggi bahá’í, né deve rinunciare al suo diritto di genitore d’impartire gli insegnamenti bahá’í al figlio.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Svizzera, 20 settembre 1984) VIII. FANCIULLI A. Bambini adottati e orfani 467. “Colui che educa il proprio figlio o il figlio di un altro...” «Chi educa il proprio figlio o il figlio di un altro è come se educasse uno dei Miei; su di lui si posino la Mia gloria, la Mia gentilezza amorevole, la Mia misericordia, che hanno pervaso il mondo.» (Bahá’u’lláh: Kitáb-i-Aqdas, par. 48) 468. Bahá’u’lláh e ‘Abdu’l-Bahá lodano coloro che adottano bambini «È stato un piacere per Shoghi Effendi ricevere la sua lettera del 26 maggio ed apprendere che ha adottato dei bambini. Questa è un’azione veramente bahá’í, specialmente perché è stata spesso lodata da Bahá’u’lláh ed ‘Abdu’l-Bahá ed il Custode ha fiducia che cresceranno per diventare attivi bahá’í e ripagarla così della sua amorevole generosità.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 20 giugno 1931) 469. Figli adottati e genitori naturali * “È chiaro che la separazione di un figlio dai suoi genitori naturali è una tragedia che la società deve prevenire o mitigare con tutti i mezzi possibili. È chiaro altresì che per il figlio in certi casi è preferibile l’effettiva separazione che continuare a vivere con un genitore che a causa del suo carattere e del comportamento è indegno della sua sacra funzione. Per questo il Custode ha esplicitamente affermato che, in taluni casi, la legge di Dio permette di troncare i legami familiari e di rinunciare alle responsabilità che legano genitori e figli, ma che la Casa Universale di Giustizia dovrà legiferare in materia. Ogni qual volta la legge del paese o il provvedimento di adozione proibiscano che il figlio adottato abbia futuri contatti con i genitori naturali, la legge bahá’í non richiede che, per il proprio matrimonio, il figlio ottenga il consenso di quei genitori. Comunque, nel caso in cui i contatti siano permessi, se sono stati interrotti, fissare il momento per ristabilirli è una questione di saggezza e discrezione. Proprio come l’amore che si nutre per una persona non implica che se ne ami di meno un’altra, così l’unità con i genitori adottivi non comporta che venga meno o scemi l’unità tra un figlio ed i genitori naturali, o viceversa. Su ciò ha effetto il carattere e l’atteggiamento delle persone interessate...” (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 17 febbraio 1971) *(Vedi anche: Leggi sul matrimonio: Consenso dei genitori) 470. I bahá’í non possono promettere d’educare i figli adottati in un’altra religione «Un bahá’í non può assumersi un impegno che lo obblighi a compiere atti contrari ai principi della Fede. In altre parole, la signora. ... non può acconsentire ad allevare un bambino secondo religione cattolica. Inoltre, nel caso sia necessario sposarsi con rito cattolico per poter procedere all’adozione, la signora ... deve precisare alle autorità ecclesiastiche di essere bahá’í, che intende rimanere bahá’í e che non può assumersi alcun impegno contrario alle leggi ed ai principi della Fede.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 26 novembre 1964) 471. Un bahá’í che giura d’allevare i figli in un’altra Fede è soggetto a sanzione amministrativa «...nessun bahá’í può consapevolmente giurare d’educare i suoi figli secondo un’altra religione, e naturalmente non ha il diritto di mentire, quindi gli è impossibile fare una promessa del genere sposando un non bahá’í. Qualsiasi bahá’í che contravviene a ciò deve essere privato del diritto di voto e - come è già stato chiarito - lo devono essere anche i bahá’í che si sposano come cristiani.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi al Comitato Europeo d’Insegnamento, 13 maggio 1956) 472. Doveri verso gli orfani «In questa santa Causa la questione degli orfani è molto importante. Si deve mostrare la massima considerazione verso gli orfani; bisogna istruirli, addestrarli ed educarli. Soprattutto bisogna dare loro, per quanto possibile, gli insegnamenti di Bahá’u’lláh. Supplico Iddio che tu divenga un genitore gentile per gli orfani, vivificandoli con le fragranze dello Spirito Santo, affinché giungano alla maggior età come veri servi del mondo dell’umanità e luminose candele nell’umano consesso.» (‘Abdu’l-Bahá: Educazione Bahá’í, p. 61, n. 85) B. Padrini o comparatico 473. Padrini bahá’í «In risposta alla vostra lettera del 28 settembre 1984 sul suddetto argomento, la Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di mandarvi le seguenti istruzioni. La posizione del ‘padrino’ varia considerevolmente da paese a paese e da una confessione cristiana all’altra. In molti casi implica la sua partecipazione ad un servizio religioso come appartenente alla chiesa in questione e l’obbligo di educare il bambino secondo gli insegnamenti di quella chiesa. È ovvio che a queste condizioni è impossibile per un bahá’í fare il padrino. Comunque, nei casi in cui si sia assunto un impegno del genere prima di diventare bahá’í, la Fede non richiede che si rinneghi la promessa, ma semplicemente che si informino i genitori d’aver cambiato religione, in modo che - se lo desiderano - possano sostituirli. In alcuni paesi il padrino o la madrina sono considerati dalla maggior parte della gente come buoni amici di famiglia che annualmente fanno un regalo al bambino. Se il loro compito si esaurisce in questo, non vi è ovviamente alcuna obiezione perché un bahá’í accetti di fare da padrino o madrina. Comunque, anche in quei paesi è probabile che, oltre ad assumersi questa responsabilità, il padrino abbia l’obbligo di partecipare alla cerimonia del battesimo e - sebbene molti cristiani la prendano molto alla leggera - un bahá’í deve essere conscio della solennità attribuita dalla chiesa a questo rito e non assumersi quindi impegni che non può mantenere o far qualcosa che implicherebbe un diniego della sua fede.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Svizzera, 4 novembre 1984) 474. Le coppie bahá’í non devono battezzare i figli «La Casa di Giustizia ha notato il grande risalto che date agli aspetti sociali ed economici del comparatico del vostro paese e il cenno alla motivazione religiosa dell’usanza. Per quanto sia grande nei Dominicani lo scemare del fervore cristiano, tuttavia non si possono minimizzare le origini del battesimo e gli altri aspetti religiosi del comparatico, in modo particolare per la gente di campagna che verosimilmente può ricevere pressioni dai parroci. La vostra Assemblea comprende che una coscienziosa coppia bahá’í non deve battezzare i figli, né i bahá’í - di norma - devono partecipare da padrini, in cerimonie di battesimo, poiché ciò potrebbero far credere alla gente che siamo affiliati alla chiesa...» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Repubblica Dominicana, 17 febbraio 1980) 475. Se le condizioni sono chiare un bahá’í può fare da padrino ad un bambino non bahá’í «Chiedete se un bahá’í ‘che abbia chiarito di essere bahá’í, e non può promettere di educare il bambino secondo la religione cattolica e non è affiliato alla Chiesa... possa fare da padrino ad un bambino figlio di non bahá’í’. Può farlo, poiché, in tal caso, tutti gli interessati sono a conoscenza del suo credo. Se gli viene richiesto, si può - con l’ausilio dell’Assemblea Locale o di un legale - stendere un accordo per definire gli elementi sociali del rapporto di comparatico omettendo quelli religiosi.» (Ibidem) 476. Essere padrini prima di diventare bahá’í «Avete chiesto chiarimenti riguardo a coloro che prima di abbracciare la Fede Bahá’í erano già padrini: la fidatezza è una delle grandi qualità che devono caratterizzare i bahá’í, ed il nuovo credente, lungi dal ripudiare gli impegni assunti prima di diventare bahá’í, deve essere ancora più coscienzioso nell’assolverli. Tuttavia, vi sono certi atti che violerebbero i principi bahá’í ed il credente deve astenersene. Altri sarebbero incompatibili con la sua fedeltà alla Fede, come la promessa di educare il figlioccio secondo gli insegnamenti della Chiesa Cattolica. In questi casi il nuovo credente potrebbe suggerire ai genitori che, per sua nuova comprensione del Cristianesimo, essi probabilmente preferirebbero annullare questi specifici impegni, confermando comunque la sua volontà di continuare ad assolvere le funzioni del comparatico relativi agli aspetti sociali ed economici. L’intera questione dovrebbe essere trattata in modo gentile e conciliante nella speranza di conservare l’amicizia e la fiducia di tutti gli interessati .» (Ibidem) 477. Padrini non bahá’í di bambini bahá’í «Nel caso di non bahá’í padrini di bambini bahá’í, i genitori di questi possono tranquillamente spiegare loro il cambiamento del loro ruolo, sottolineando che ora potrebbero desiderare d’essere esonerati dai loro obblighi, e che comunque, aspetti religiosi del rapporto, non possono più sussistere.» (Ibidem) 478. Comparatico fra due bahá’í «Avete chiesto se è permesso a due bahá’í avere un rapporto di comparatico: non vi è nulla in contrario.» (Ibidem) C. Educazione e addestramento dei bambini 479. In primo luogo si devono addestrare i bambini sui principi della religione «...Le scuole devono in primo luogo addestrare i bambini secondo i principi della religione, in modo che la Promessa e la Minaccia, registrare nei Libri di Dio, possono tenerli lontani dalle cose proibite e adornarli col manto dei comandamenti; ma ciò in misura tale da non danneggiare i bambini portandoli al fanatismo ignorante o al bigottismo.» (Bahá’u’lláh, Tavole, p. 63. Educazione Bahá’í, p. 15, n. 15) 480. Incoraggiare i bambini fin dalla prima infanzia «Incoraggiate i bambini a conoscere a fondo fin dai primi anni ogni tipo di sapere, e instillate in loro il desiderio di divenire esperti in ogni arte, affinché, mediante la grazia ed il favore di Dio, ogni cuore divenga come uno specchio che dischiude i segreti dell’universo e penetra nell’intima realtà di tutte le cose; e ciascuno di loro acquisti fama mondiale in tutti i rami del sapere, della scienza e delle arti. Certamente, certamente non trascurate l’educazione dei bambini. Allevateli in modo che posseggano qualità spirituali e siate certi dei doni e dei favori del Signore.» (‘Abdu’l-Bahá, Educazione Bahá’í, p. 39, n. 52) 481. Incombe ai bambini bahá’í di superare gli altri «Fa’ d’uopo che i bambini bahá’í superino gli altri nell’acquisizione delle scienze e delle arti, perché essi sono stati cullati nella grazia di Dio. Ciò che gli altri fanciulli imparano in un anno, i bambini bahá’í l’imparino in un mese. Il cuore di ‘Abdu’l-Bahá brama, nel suo amore, di scoprire che i giovani bahá’í sono noti in tutto il mondo per le loro conquiste intellettuali. Non v’é dubbio che essi applicheranno tutti i loro sforzi, le loro energie, il loro senso dell’orgoglio, per apprendere scienze ed arti.» (‘Abdu’l-Bahá, Eccellenza in ogni cosa, p. 47, n. 12) 482. I genitori sono responsabili verso Dio dell’educazione dei figli «Per questo motivo, in questo Nuovo Ciclo, nel Libro di Dio è scritto che l’educazione e l’istruzione sono obbligatorie e non volontarie. Cioè è imposto al padre ed alla madre il dovere di fare tutto il possibile per educare figlie e figli, per nutrirli al petto del sapere e per allevarli al seno delle scienze e delle arti. Se trascureranno ciò, saranno ritenuti responsabili e degni di biasimo al cospetto del severo Signore.» (‘Abdu’l-Bahá, Educazione Bahá’í, p. 36, n. 43) 483. Gli insegnanti dei bambini servono Bahá’u’lláh «...insegnare ai bambini è un servizio alla Perfezione Benedetta. Chiunque serve il genere umano in questo o in qualsiasi altro modo serve Sua Santità Bahá’u’lláh. Egli vi darà la ricompensa celeste. L’educazione dei bambini è uno dei più grandi servigi. Tutti questi bambini sono miei; se li educate e li illuminate è come se educaste i miei stessi figli...» (‘Abdu’l-Bahá, dai discorsi in Terra Santa, Star of the West, vol. XIII, n. 6, p. 172) 484. Non educare i figli è un peccato imperdonabile «Questo è un peccato imperdonabile, perché hanno fatto di quel povero bambino un vagabondo nel Sahara dell’ignoranza, sfortunato e tormentato, che rimarrà per tutta la vita prigioniero dell’ignoranza e della superbia, negligente e senza discernimento. In verità sarebbe senz’altro preferibile che quel bambino lasciasse questo mondo nell’infanzia. In questo senso, la morte è meglio della vita, la perdita della salvezza, la non esistenza più amabile dell’esistenza, la sepoltura meglio del palazzo, un’angusta e tetra tomba meglio di una reggia, perché agli occhi dell’umanità quel bimbo è umiliato e degradato, e agli occhi di Dio debole e imperfetto. Nelle riunioni è pieno di vergogna e nell’arena delle prove sconfitto e sottomesso da giovani e vecchi. Che errore sarebbe! Quale eterna umiliazione!” (‘Abdu’l-Bahá, Tablets of `Abdu’l-Bahá, vol. III, n. 579) 485. I bambini abbandonati a se stessi crescono nell’ignoranza «Non vi è dubbio che se un bambino viene abbandonato a se stesso e non riceve educazione, crescerà ignorante e analfabeta e le sue facoltà mentali subiranno una recessione e si intorpidiranno; in effetti diverrà come un animale...» (‘Abdu’l-Bahá, The Promulgation of Universal Peace, p. 311) 486. Piuttosto che crescere ignorante, è meglio che un bimbo non viva. «Perciò l’amato di Dio e l’ancella del Misericordioso debbono educare i loro figli dando tutti se stessi ed istruendoli alla scuola della virtù e della perfezione. Non devono essere né negligenti, né inefficienti in questo compito. In verità, sarebbe meglio che il bambino non vivesse, piuttosto che lasciarlo crescere nell’ignoranza, perché quel bimbo innocente, poi, nella vita sarebbe pieno di innumerevoli difetti, responsabile verso Dio al quale dovrà rispondere, biasimato e respinto dalla gente. Quale grave colpa e che omissione sarebbe! Attenti! Attenti! non sottraetevi a questo compito. Sforzatevi con tutto il cuore e con gioia d’educare i vostri figli, specialmente le bambine. Nessuna scusa è accettabile in questa materia.» (‘Abdu’l-Bahá, Tablets of ‘Abdu’l-Bahá, vol. III. p° 579) 487. Il bambino non deve essere oppresso o biasimato* «Il bambino non deve essere oppresso o biasimato perché non è sviluppato, deve essere educato con pazienza...» (‘Abdu’l-Bahá, The Promulgation of Universal Peace, pp. 175-176) 488. Lo scolaro deve essere incoraggiato * «Se a uno scolaro viene detto che la sua intelligenza è minore di quella dei suoi compagni, questo è un grande svantaggio e ostacolo al suo progresso. Egli deve essere incoraggiato a progredire dicendogli: “Sei molto dotato e se farai uno sforzo otterrai il più elevato titolo di studio.» (‘Abdu’l-Bahá, The Promulgation of Universal Peace, p. 73. Parzialmente in Educazione Bahá’í, p. 93, n. 150) * (Vedi anche: VIII C. Disciplina, doveri e educazione religiosa) 489. Rango di coloro che servono ed educano i bambini «O tu maestro dei figli del Regno! Ti sei accinto a svolgere un servizio che ti darebbe diritto di vantarti su tutti i maestri della terra. Perché i maestri di questo mondo si servono dell’educazione umana per sviluppare le facoltà spirituali o materiali dell’umanità, mentre tu coltivi queste giovani piante nei giardini di Dio secondo l’educazione del Cielo, e dai loro le lezioni del Regno. Il risultato di questo tipo d’insegnamento sarà quello di attrarre le benedizioni di Dio e di rendere palesi le perfezioni dell’uomo. Attieniti fermamente a questo tipo d’insegnamento, perché i suoi frutti saranno molto grandi. Si devono educare i bambini sin dall’infanzia, in modo che diventino spirituali e buoni bahá’í. Se saranno educati in questo modo, rimarranno salvi da ogni prova.» (‘Abdu’l-Bahá, Educazione Bahá’í, p. 47, n. 67) 490. Metodi per insegnare ai fanciulli «Se questi bambini saranno allevati secondo gl’insegnamenti bahá’í, molte anime benedette sorgeranno tra loro. Se il giardiniere la coltiva con cura, la pianta diventa buona e produce frutti migliori. A questi bambini si deve dare una buona educazione sin dalla prima infanzia. Bisogna dar loro un’educazione sistematica che ne favorisca lo sviluppo giorno per giorno, affinché acquistino un maggior intuito e la loro sensibilità spirituale divenga più profonda. Bisogna educarli a partire dall’infanzia. Non è possibile istruirli sui libri. Molte scienze elementari devono essere spiegate loro nella scuola materna; le devono imparare giocando e divertendosi. Molte idee bisogna insegnarle con le parole e non studiando sui libri. I bambini devono farsi domande su queste cose tra loro e tra loro devono darsi la risposta. In questo modo faranno grandi progressi. Per esempio, anche i problemi matematici devono essere insegnati in forma di domanda e risposta. Un bambino fa una domanda e l’altro deve dare la risposta. In seguito i bambini parleranno spontaneamente tra loro su questi stessi argomenti. I primi della classe devono ricevere un premio. Bisogna incoraggiarli e quando uno di loro dimostra di aver fatto buoni progressi, se si vuole aiutarlo a progredire ulteriormente, si deve lodarlo e incoraggiarlo. Lo stesso per le cose di Dio. Devono essere fatte domande verbali e le risposte devono essere date a voce. Devono discutere tra loro in questo modo.» (‘Abdu’l-Bahá, The Bahá’í World, vol. IX, p. 543. Educazione Bahá’í, p. 91, n. 147) 491. Un saggio insegnante «Un saggio insegnante deve far uscire i suoi scolari dall’aula per un’ora perché giochino o pratichino la ginnastica, in modo che le menti e i corpi si ristorino e durante le ore di lezione apprendano con più facilità. Se un insegnante dà la dimostrazione che i suoi scolari fanno progressi, nessun ispettore ha il diritto di criticare il suo sistema, di mettere in dubbio la saggezza o d’affermare che sprechi il tempo dei ragazzi. Se un padre saggio gioca con i figli, chi ha il diritto di dire che non è un bene per loro? Egli li chiama vicini a sé come la chioccia chiama i pulcini; sa che sono piccoli e devono essere convinti con pazienza, proprio perché sono giovani e piccini.» (Dalle parole di ‘Abdu’l-Bahá, Star of the West, vol. IX, n. 8, p. 91) 492. Il corso di studi deve essere uguale per figlie e figli «Egli ha promulgato l’adozione dello stesso corso di studi, favorendo in tal modo l’unità dei sessi. Quando tutta l’umanità riceverà le stesse opportunità di educazione e l’uguaglianza tra uomini e donne sarà realizzata, le fondamenta della guerra saranno completamente distrutte. Senza uguaglianza ciò sarà impossibile, perché tutte le differenze e le distinzioni conducono alla discordia ed alla lotta. L’uguaglianza tra uomini e donne conduce all’abolizione delle guerre perché le donne non saranno mai disposte a sanzionarle. Le madri non daranno i figli in sacrificio sui campi di battaglia dopo vent’anni di ansietà e di amorevole devozione nell’allevarli sin dall’infanzia, qualsiasi causa essi siano chiamati a difendere. Non c’è dubbio che quando le donne otterranno la parità di diritti, le guerre cesseranno del tutto fra gli uomini.» (‘Abdu’l-Bahá, The Promulgation of Universal Peace, p. 174-175, Educazione Bahá’í, p. 94, n. 152) 493. L’inizio dell’educazione formale «...La loro educazione formale deve avere inizio all’età di cinque anni. Cioè, durante il giorno devono essere sorvegliati in un luogo dove vi sia un insegnante e devono imparare la buona condotta. Qui si devono insegnare loro, come per gioco, lettere e parole e un po’ di lettura - come si fa in certi paesi, dove formano lettere e parole con dolci, dandoli poi ai bambini. Per esempio, fanno un “a” di zucchero candito e dicono che il suo nome è “a”, o fanno una “b” di zucchero candito e la chiamano “b”, e così via per tutto l’alfabeto, dandole ai bimbetti. In questo modo i bambini imparano presto le lettere... Quando i bambini sono pronti per andare a letto, la madre legga o canti per loro le Odi della Bellezza Benedetta, in modo che essi vengano educati da questi versetti di guida fin dai primi anni.» (‘Abdu’l-Bahá, Educazione Bahá’í, p. 54, n. 77) 494. Cose da insegnare ai bambini nelle scuole «Le cose da insegnare ai bambini della scuola sono molte, e per mancanza di tempo possiamo toccarne solo alcune: la prima e la più importante è insegnare il comportamento e il buon carattere, correggere le qualità, stimolare il desiderio di realizzarsi, di acquisire le virtù, di essere fedeli alla religione di Dio e rimanere fermi nelle Sue Leggi, di accordare assoluta obbedienza a tutti i governi giusti, di essere leali e fidati verso i governanti del tempo, di essere amici dell’umanità e gentili con tutti. E poi insegnare, oltre all’ideale del carattere, anche le arti e le scienze che sono utili e le lingue straniere. E anche a recitare preghiere per la prosperità dei governanti e dei sudditi; a evitare i lavori materialistici comuni tra coloro che vedono solo casualità materiali, le storie d’amore e i libri che suscitano passioni. Per concludere, siano tutte le lezioni interamente dedicate all’acquisizione delle virtù umane.» (‘Abdu’l-Bahá: da una tavola pubblicata in The Bahá’í World, vol. 16, p. 36. Compilazione Educazione Bahá’í, p. 57, n. 79) 495. L’educazione formale deve iniziare all’età di cinque anni «La Tavola di ‘Abdu’l-Bahá riguardante l’educazione dei bambini si riferisce in modo particolare alla loro educazione formale, che - Egli dice - deve iniziare all’età di cinque anni. Il Maestro afferma chiaramente che durante il giorno i bambini di quell’età e anche più grandi devono essere seguiti da insegnanti. Dovrebbero imparare la buona condotta e si deve insegnare loro a leggere e scrivere e specifica che ciò si può fare con giochi semplici. I bambini di tutte le età possono beneficiare dei consigli che ‘Abdu’l-Bahá dà alle madri, leggere o cantare quando stanno per andare a letto versi di Bahá’u’lláh, in modo da essere educati fin dalla primissima infanzia dalle parole della Bellezza Benedetta. La Casa di Giustizia aggiunge che siete liberi di tenere classi per bambini al di sotto dei cinque anni, purché teniate presente che la loro attenzione ha una durata relativamente breve e quindi la lezione deve commisurarsi ad essa.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Locale di Newton, Kansas, 24 Mirza 1976) 496. Negli insegnamenti non vi sono prescrizioni che vietino la separazione dei figli dai genitori per i primi cinque anni «Negli insegnamenti non esistono prescrizioni che affermino specificatamente che i figli, per i primi cinque anni della loro vita, non debbano separarsi dai genitori o allontanarsi da casa. In una Tavola, comunque, ‘Abdu’l-Bahá sottolinea che l’educazione formale a scuola comincia all’età di cinque anni. Shoghi Effendi, in una delle sue lettere, ha chiarito che il metodo di educazione basato sugli insegnamenti si può intraprendere solo gradualmente e deve essere realizzato dagli studiosi bahá’í e dai pedagoghi del futuro.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 10 Mirza 1975) 497. La madre ha il dovere principale di educare i bambini «Il compito di educare i bambini bahá’í, come sottolineato più volta negli Scritti bahá’í, è il principale dovere delle madri, che hanno il privilegio impareggiabile di creare in casa quelle condizioni che conducano al benessere e al progresso tanto materiale quanto spirituale dei figli. L’educazione che il bambino riceve in primo luogo attraverso la madre costituisce la più solida base per il suo sviluppo futuro...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente in India, 16 novembre 1939, Educazione Bahá’í, p. 83, n. 125) 498. La madri sono le prime educatrici dei bambini e degli infanti «...Avete l’obbligo di educare i bambini sin dalla prima infanzia! ...Avete l’obbligo di occuparvi di loro in ogni aspetto e circostanza, in quanto Dio - glorificato ed esaltato Egli sia - ha ordinato che la madre sia la prima educatrice dei bambini e degli infanti. Questa è una cosa grande e importante e una posizione eminente ed elevata e non è permessa alcuna trascuratezza!” (Ibidem, Educazione Bahá’í, p. 66, n. 92) 499. Educazione dei bambini nel caso che uno dei genitori non sia bahá’í «Il problema dell’istruzione e dell’educazione dei bambini, nel caso in cui uno dei genitori non è bahá’í, riguarda solo i genitori i quali devono decidere nel modo che ritengono migliore e più confacente al mantenimento dell’unità della famiglia ed al bene futuro dei figli. Ma quando il bambino ha raggiunto la maggiore età, gli si deve piena libertà di scegliere la propria religione senza tener conto dei desideri e delle speranze dei genitori.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India, 14 dicembre 1940, Educazione Bahá’í, p. 84, n. 128) 500. Il massimo servizio reso dall’uomo a Dio Onnipotente: insegnare ai bambini a fare discorsi di alta qualità «Tra i massimi servigi che l’uomo può rendere a Dio Onnipotente c’è l’educazione e l’addestramento dei bambini... Ma è molto difficile svolgere questo servizio, e ancor più difficile farlo con successo. Spero che vi disimpegnerete bene in questo importantissimo compito, e che vincerete la vostra battaglia e diverrete un’insegna dell’abbondante grazia di Dio; che questi bambini, allevati tutti nei santi Insegnamenti, sviluppino caratteri simili alle dolci auree spiranti sui giardini del Gloriosissimo ed esalino la loro fragranza in tutto il mondo. Dovete considerare la questione del buon carattere come una questione di primissima importanza. Ogni padre e madre hanno il dovere di consigliare i figli per un lungo periodo e di guidarli a quelle cose che conducono ad eterno onore. Incoraggiate gli scolari, sin dai primissimi anni, a fare discordi di alta qualità, così che nel tempo libero si occupino di pronunziare discorsi persuasivi ed efficaci, esprimendosi con chiarezza ed eloquenza.» (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, pp. 130-131, n. 106 e 108) 501. È preferibile che i figli ricevano la prima educazione in casa dalla madre, piuttosto che in un asilo infantile «A proposito della domanda sull’educazione dei bambini: data l’importanza attribuita da Bahá’u’lláh e da ‘Abdu’l-Bahá al fatto che i genitori educhino i figli quando sono ancora in tenera età, sarebbe preferibile che questi ricevessero la loro prima educazione in casa dalla madre, piuttosto che essere mandati in un asilo infantile. Ma se le circostanze obbligano una madre bahá’í a scegliere quest’ultima strada, non vi sono obiezioni.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 13 novembre 1940, Compilazione Educazione Bahá’í, p. 84, n. 127) 502. Le Assemblee Spirituali devono fornire alle madri un programma ben concepito «Finché le madri non educheranno i figli e non li avvieranno su una buona strada, l’educazione che essi riceveranno in seguito non potrà sortire il suo pieno effetto. Incombe alle Assemblee di fornire alle madri un programma ben concepito per l’educazione dei bambini, mostrando come il bambino debba essere sorvegliato e istruito fin dall’infanzia. Tali istruzioni devono essere date a ogni madre perché le servano da guida, così che ciascuna di loro educhi ed allevi i propri figli conforme agli Insegnamenti.» (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, p. 135, n. 113) 503. È difficile insegnare e raffinare il carattere quando la pubertà è passata «È molto difficile insegnare all’individuo e raffinare il suo carattere quando la pubertà è passata. Allora, come l’esperienza ha dimostrato, anche se si farà tutto il possibile per modificare alcune sue tendenze, non servirà a nulla. Potrà forse migliorare un poco oggi; ma lascia che passino un po’ di giorni e se ne dimenticherà e ritornerà alla sua condizione abituale e alle sue solite maniere. Pertanto l’infanzia è il momento in cui si devono gettare solide fondamenta. Finché il ramo è verde e tenero, è facile raddrizzarlo. Vogliamo dire che le qualità dello spirito sono le basi fondamentali e divine e adornano la vera essenza dell’uomo; e il sapere è la fonte del progresso umano. Gli amati di Dio devono dare grande importanza a questo argomento ed occuparsene con entusiasmo e zelo.» (‘Abdu’l-Bahá, Educazione Bahá’í, p. 35, n. 42) 504. Educare i bambini ad imparare a memoria preghiere e tavole * «Egli è molto lieto di sapere che attribuite grande importanza all’educazione dei bambini, perché tutto ciò che essi imparano nelle prime fasi del loro sviluppo lascerà tracce in loro per tutta la vita. Diventa parte della loro natura. Il Maestro era solito attribuire grande importanza all’imparare a memoria le Tavole di Bahá’u’lláh e del Báb. Ai suoi tempi imparare a memoria le Tavole era un lavoro abituale per i bambini della casa; ora però quei bambini sono cresciuti e non hanno il tempo di farlo. Ma questa abitudine è molto utile per inculcare nella mente dei bambini le idee e lo spirito che quelle parole contengono. Con ‘The Dawn Breakers’ potete anche preparare interessanti storie sugli inizi del Movimento che ai bambini piacerà ascoltare. Vi sono anche storie sulla vita di Cristo, di Mu?ammad e di altri Profeti che, dette ai bambini, possono eliminare i pregiudizi religiosi che potrebbero aver appreso da persone anziane di poca intelligenza.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Locale di West Englewood, 19 ottobre 1932. Parzialmente tradotta in Educazione Bahá’í, p. 77, n. 113) *(Vedi anche paragrafo n. 1516) 505. Sacri doveri dei figli verso i genitori «…I frutti che più s’addicono all’albero della vita sono fidatezza e devozione, veridicità e sincerità; ma più grande d’ogni cosa, dopo il riconoscimento dell’unità di Dio, lodato e glorificato sia, è il riguardo verso i diritti dovuti ai genitori. Questo insegnamento è stato menzionato in tutti i Libri di Dio e ribadito dal Calamo Più Eccelso….» (Bahá’u’lláh, Il Kitáb-i-Aqdas, Domande e risposte, p. 126) «Vi sono anche certi sacri doveri dei figli verso i genitori, doveri che sono scritti nel Libro di Dio, come appartenenti a Dio *. La prosperità (dei bambini) in questo mondo e nel Regno dei Cieli dipende dal compiacimento dei genitori, e senza questo essi saranno palesemente svantaggiati.» (‘Abdu’l-Bahá, Educazione Bahá’í, p. 67, n. 93) 506. Educare i bambini a capire il significato spirituale delle riunioni bahá’í «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la Vostra lettera del 14 settembre 1982 in merito al ruolo delle Assemblee Spirituali Locali nella guida ai genitori e figli sul comportamento dei bambini nelle riunioni della comunità, tipo Feste del 19° Giorno e Giorni Sacri bahá’í. In aggiunta alla lettera che abbiamo scritto a suo nome il 28 giugno 1977, la Casa di Giustizia ci ha incaricato di comunicarvi che i bambini devono essere educati a capire il significato spirituale delle riunioni dei seguaci della Bellezza Benedetta e ad apprezzare l’onore e la munificenza di prendervi parte, comunque siano. Ci rendiamo conto che alcune celebrazioni bahá’í sono molto lunghe e che per i bambini molto piccoli è difficile stare quieti per tanto tempo. In tal caso uno o l’altro dei genitori può mancare alla riunione per badare ai figli. L’Assemblea Spirituale può aiutare i genitori organizzando in una stanza separata una celebrazione adatta ai bambini durante una parte di quella tenuta dalla comunità. La partecipazione all’intera celebrazione degli adulti diventa quindi un segno di crescente maturità e di distinzione da acquisire con il buon comportamento. In ogni caso la Casa di Giustizia sottolinea che i genitori sono responsabili dei loro figli e devono fare in modo che si comportino come si deve durante le riunioni bahá’í; se i bambini continuano a disturbare, devono essere allontanati. Ciò non è necessario solo per consentire un dignitoso proseguimento della riunione, ma perché è un aspetto dell’educazione dei figli che riguarda la cortesia, il rispetto per gli altri e la reverenza e obbedienza ai genitori. (Da una lettera del a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 14 ottobre 1982) 507. Pochi bambini sono realmente cattivi «Gli dispiace sentire che il suo ragazzino non si sviluppa in modo soddisfacente; pochissimi bambini sono realmente cattivi. Talvolta essi hanno, è vero, personalità complesse e hanno bisogno di un trattamento molto saggio per poter crescere e diventare adulti normali, morali, felici. Se pensa che suo figlio trarrà un beneficio reale andando alla scuola di..., lo può mandare. Ma in generale dovremmo certamente evitare di mandare bambini bahá’í in scuole religiose ortodosse, specialmente cattoliche, perché i bambini ricevono l’impronta di credenze religiose che noi come credenti sappiamo essere antiquate e non più adatte a quest’epoca. Pregherà in modo particolare per la risoluzione di questo problema.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi, 30 maggio 1947, Compilazione Educazione Bahá’í, p. 87, n. 136) 508. Zuffe tra bambini «A proposito della sua domanda sulle zuffe tra bambini: l’affermazione del Maestro di non fare a botte non deve essere presa così alla lettera che i bambini bahá’í debbano accettare di essere tiranneggiati e picchiati. Se sono in grado di riuscire a mostrare un modo di risolvere le dispute migliore dell’autodifesa attiva, naturalmente lo dovranno fare.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 11 maggio 1945. Compilazione Educazione Bahá’í, p. 86, n. 134) 509. Punizioni fisiche «Riguardo alla sua domanda sulle punizioni fisiche come mezzo di educazione dei figli, sebbene vi sia una Tavola del Maestro che non le considera tollerabili, ciò non include necessariamente ogni forma di punizione corporale. Per avere piena comprensione del pensiero del Maestro circa le punizioni, occorre studiare tutte le Sue Tavole su questo argomento. Per il momento è sufficiente non essere duri e non stabilire regole rigide e i genitori devono usare la propria saggia discrezione fino al momento in cui i tempi saranno maturi per una più chiara spiegazione ed applicazione dei principi sull’educazione bahá’í dei bambini.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 12 agosto 1975) 510. Bambino con problemi: una disciplina è indispensabile «A proposito dell’affermazione attribuita ad ‘Abdu’l-Bahá e che lei ha citato nella sua lettera riguardante un ‘bambino problematico”: a queste affermazioni del Maestro, anche se vere nella loro sostanza, non si deve dare un’interpretazione letterale. ‘Abdu’l-Bahá non può mai aver voluto dire che un bambino deve essere lasciato a se stesso, interamente libero. Infatti l’educazione bahá’í, come qualsiasi altro sistema educativo, si fonda sul presupposto che in ogni bambino, per quanto dotato egli possa essere, vi sono certe deficienze naturali che i suoi educatori, genitori, maestri di scuola o le sue guide e precettori spirituali devono cercare di correggere. Una disciplina, fisica, morale o intellettuale, è veramente indispensabile e nessuna educazione si può dire completa e fruttuosa se trascura quest’elemento. Il bambino, quando nasce, è ben lontano dall’essere perfetto. Non è soltanto impotente, ma è realmente imperfetto, è perfino per natura incline al male. Deve essere educato, le sue inclinazioni naturali devono essere armonizzate, aggiustate e controllate, e se necessario soppresse o regolate, in modo da assicurargli un sano sviluppo fisico e morale. I genitori bahá’í non possono limitarsi ad assumere un atteggiamento di non resistenza verso i loro figli, particolarmente quelli che sono indisciplinati e violenti per natura. Non è neppure sufficiente che preghino per loro. Devono piuttosto sforzarsi di inculcare, con gentilezza e pazienza, nelle loro giovani menti i principi della condotta morale e di iniziarli ai principi ed agli insegnamenti della Causa con una sollecitudine così accorta e amorevole da permettere loro di diventare “veri figli di Dio” e di trasformarsi in leali e intelligenti cittadini del Suo Regno. Questo è l’alto scopo che Bahá’u’lláh Stesso ha chiaramente definito la principale meta di educazione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 9 luglio 1939. Educazione Bahá’í, p. 82, n. 124) 511. Non è permesso percuotere un bambino. «Pensino le madri che tutto quanto concerne l’educazione dei bambini è di primaria importanza. Facciano tutto il possibile a questo riguardo, perché, quand’é verde e tenero, il ramo cresce nel modo in cui lo si coltiva. Pertanto le madri hanno l’obbligo di allevare i loro piccoli come il giardiniere che accudisce alle sue pianticelle. Si sforzino giorno e notte di infondere nel cuore dei figli fede e certezza, timor di Dio, amor per l’Amato dei mondi e ogni buona qualità e caratteristica. Quando una madre vede che suo figlio ha agito bene, lo lodi e lo applauda e rallegri il suo cuore; e se dovesse manifestarsi la più piccola qualità indesiderabile, ammonisca il bimbo e lo punisca e si serva di mezzi basati sulla ragione, anche un lieve castigo verbale se fosse necessario. Ma non è permesso percuotere un bambino, od offenderlo, perché se il bambino verrà sottoposte a percosse o insulti, il suo carattere sarà completamente rovinato.» (‘Abdu’l-Bahá, Educazione Bahá’í, p. 66, n. 91) E. Registrazione dei bambini 512. I bambini bahá’í non ereditano automaticamente la Fede dei genitori «Rispondendo a quesiti sulla registrazione dei bambini e dei giovani, la Casa Universale di Giustizia ha cercato di evitare di stabilire nelle sue lettere regole applicabili universalmente. Ma ora per aiutare le Assemblee Spirituali Nazionali ha preparato il seguente compendio delle direttive e delucidazioni che sono state date. Dobbiamo ricordare che è bene evitare qualsiasi schema troppo rigido, affinché un fatto procedurale non abbia ad eclissare la realtà spirituale della fede, che è un rapporto squisitamente personale fra l’anima e il suo Creatore. “A differenza dei fanciulli di molte altre religioni, i fanciulli bahá’í non ereditano automaticamente la Fede dei loro genitori. Ma i genitori hanno la responsabilità dell’educazione e del benessere spirituali dei figli e le Assemblee Spirituali hanno il dovere di assistere i genitori e, all’occorrenza, di adempiere questi obblighi, sì che i fanciulli siano allevati alla luce della Rivelazione di Bahá’u’lláh ed imparino sin dai primissimi anni ad amare Dio e la Sua Manifestazione e a seguire la via della Legge di Dio. È pertanto naturale considerare bahá’í figli di bahá’í, a meno che non vi siano motivi per affermare il contrario. È del tutto sbagliato pensare che i fanciulli bahá’í vivano in una specie di limbo spirituale fino all’età di quindici anni e che solo a tale età possano diventare bahá’í. Da quanto sopra si deducono le seguenti conclusioni: - i bambini nati da una coppia bahá’í sono da considerarsi bahá’í dall’inizio della loro vita e l’Assemblea Spirituale deve registrare la loro nascita; - deve essere registrata anche la nascita di quei bambini, uno dei cui genitori non è bahá’í, a meno che il genitore non bahá’í non si opponga; - le Assemblee Spirituali possono accettare la dichiarazione di un fanciullo di genitori non bahá’í e registrarlo come fanciullo bahá’í, purché i genitori diano il loro consenso.» (Da una lettera del 19 luglio 1982 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Regno Unito. Note Bahá’í, anno 5, n. 55, 9 gennaio 1983) 513. Bambini i cui genitori diventano bahá’í «In quanto ai fanciulli i cui genitori diventano bahá’í, molto dipende dall’età e dalle reazioni dei fanciulli interessati. Occorreranno molto amore e comprensione ed ogni caso deve essere giudicato a parte. Ciò vale a maggior ragione quando solo uno dei genitori abbia accettato la Fede, nel qual caso è importantissimo l’atteggiamento dell’altro coniuge; i bahá’í devono sempre mirare a favorire l’unità familiare. Registrato come bahá’í o no, l’importante è che il fanciullo sia aiutato a sentirsi benaccetto nelle classi per i fanciulli e nelle altre riunioni della comunità.» (Ibidem) 514. Status dei fanciulli al di sotto dei 15 anni «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 18 agosto 1971 circa lo status dei fanciulli al di sotto dei 15 anni che vogliono diventare bahá’í. Condividiamo con voi lo stralcio di una lettera su questo tema scritta a nome del diletto Custode dal suo segretario: “Fino a 15 anni i fanciulli devono seguire le direttive dei loro genitori. A 15 anni possono dichiarare con coscienza la loro Fede ed essere registrati come giovani bahá’í, sia che i genitori siano o non siano bahá’í. I fanciulli al di sotto dei 15 anni, figli di genitori bahá’í, che desiderino partecipare a riunioni e stare insieme con gli amici, come bahá’í, possono farlo. È ugualmente permesso ai figli minori di 15 anni di genitori non bahá’í, previo il loro consenso, di partecipare alle riunioni bahá’í e, di fatto, essere bahá’í.” (All’Assemblea Spirituale Nazionale della Germania, 23 luglio 1954)» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Australia, 29 agosto 1971) 515. L’età di 15 anni si riferisce alle funzioni ed agli obblighi di carattere spirituale. «L’età di 15 anni fissata da Bahá’u’lláh si riferisce solo alle funzioni ed agli obblighi puramente spirituali, e non al grado della capacità amministrativa che è totalmente diversa, e che per ora è fissata ai 21 anni.» (Da una lettera del 15 maggio 1940 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti. Bahá’í News, n. 138, p. 1, settembre 1940) 516. I fanciulli sotto i 15 anni non possono sposare «Domanda: In un trattato in lingua persiana su vari temi, l’età della maturità è stata fissata a quindici anni; pure il matrimonio è condizionato al conseguimento della maturità o è permesso anche prima? Risposta: Poiché nel Libro di Dio è richiesto il consenso di ambo le parti e poiché, prima della maturità, il consenso o la sua assenza non possono essere accertati, pertanto il matrimonio è condizionato al conseguimento dell’età della maturità e prima di allora non è permesso.» (Bahá’u’lláh, Il Kitáb-i-Aqdas, Domande e Risposte, n. 92, p. 121) 517. Da 15 anni in poi i fanciulli devono osservare le leggi dell’Aqdas «Per quanto riguarda i fanciulli, dall’età di 15 anni devono osservare le leggi dell’Aqdas: preghiera, digiuno, ecc. Ma quelli al di sotto di 15 anni possono osservare i Giorni Sacri bahá’í e non andare a scuola in quei giorni, sempre che se ne possa ottenere il permesso.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 25 ottobre 1947) 518. I figli di genitori bahá’í sono considerati bahá’í «Benché i figli di genitori bahá’í siano considerati bahá’í, per il momento nulla vieta di chiedere loro di dichiarare le loro intenzioni, più o meno, a quindici anni, sia per motivi statistici sia per accertare se i giovani siano sinceri credenti, pronti a servire la Fede. Il Custode ci spiega che questa procedura fu originariamente adottata in America per dare ai giovani bahá’í di sesso maschile la possibilità di compiere alcuni passi per ottenere il riconoscimento, una volta giunti all’età del servizio militare, del loro stato di non-combattenti. Negli Insegnamenti o nell’Amministrazione non esiste nulla di simile e la vostra Assemblea è libera di fare a tal proposito come meglio crede.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 17 giugno 1954. Da una compilazione della Casa Universale di Giustizia di estratti di lettere scritte a nome del Custode su vari aspetti relativi all’età ed ai doveri. Note Bahá’í, anno 5, 9 gennaio 1983) 519. Registrazione dei fanciulli al compimento del 15° anno di età «...la prassi da seguire per la registrazione dei fanciulli bahá’í al compimento del 15° anno di età, rientra nella discrezione di ciascuna Assemblea Spirituale Nazionale; nulla vieta di adoperare per questo scopo la comune scheda, o un’altra che serva esclusivamente per i fanciulli bahá’í che compiono i 15 anni. È importante, comunque, che - qualunque sia il metodo adottato ed il tipo di scheda - questi fanciulli siano perfettamente consapevoli che erano già bahá’í fino a quel momento e che, al raggiungimento dell’età della maturità spirituale, riaffermano solamente il loro credo in Bahá’u’lláh. Anche la forma e la dicitura della scheda di arruolamento o registrazione sono stabilite dall’Assemblea Spirituale Nazionale.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Germania, 28 ottobre 1975. Da una compilazione di lettere scritte a nome del Custode e della Casa Universale di Giustizia sull’arruolamento dei fanciulli. Inclusa in una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 9 agosto 1979) 520. Al compimento dei 15 anni il fanciullo deve riaffermare la sua Fede «...Sia i figli di genitori bahá’í sia i fanciulli che, con il consenso dei genitori non bahá’í, dichiarano la loro fede in Bahá’u’lláh prima d’avere quindici anni, sono considerati bahá’í, e sta alla discrezione dell’Assemblea Spirituale chieder loro di svolgere qualche lavoro di cui sono capaci al servizio della Fede, come per esempio, in idonei comitati. Comunque, al raggiungimento del quindicesimo anno il fanciullo diventa spiritualmente maturo e può assumersi la responsabilità di dichiarare se intenda o no rimanere membro della comunità bahá’í. Allora se non riafferma la sua fede, deve essere trattato - dal punto di vista amministrativo - come non bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Brasile, 12 dicembre 1975: ibidem) 521. Registrazione di figli di bahá’í «In risposta alla vostra lettera... circa la registrazione dei figli di genitori bahá’í, la Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di comunicarvi che, allo stato attuale, preferisce lasciare i dettagli di tale questione alla discrezione di ciascuna Assemblea Spirituale Nazionale. Un’Assemblea Nazionale, per esempio, spedisce una bella lettera ad ogni fanciullo bahá’í della comunità in occasione del suo quindicesimo compleanno (a meno che, naturalmente, abbia motivo di dubitare che il ragazzo in questione sia bahá’í), spiegandogli il significato del raggiungimento dell’età della maturità e porgendogli i migliori auguri dell’Assemblea per i suoi futuri servizi alla Causa. Questo metodo non implica che ogni ragazzo risponda, ma gli dà l’opportunità - se lo vuole - di chiarire la sua posizione. La Casa di Giustizia puntualizza che l’Assemblea deve agire con saggezza in maniera da non dare l’impressione, da un canto, di dubitare della fede di un ragazzo cresciuto come devoto bahá’í, e, dall’altro, di spingerlo contro la sua volontà ad essere membro della comunità. (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Germania, 5 ottobre 1978: Ibidem) 522. Possono esservi circostanze in cui i fanciulli non devono essere registrati. «Rientra nella discrezione della vostra Assemblea Spirituale Nazionale decidere se i figli devono essere registrati come bahá’í nei casi in cui uno dei genitori non è bahá’í. Sebbene i figli sotto i 15 anni, di genitori bahá’í, sono considerati bahá’í, vi possono essere circostanze per cui non devono essere registrati come tali, ed anche in questo caso la decisione è lasciata alla vostra discrezione. Le Assemblee Spirituali Locali devono aiutare i genitori raccomandando loro di considerare importante dovere l’allevare i figli in spirito d’amore e dedizione verso la Fede.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 13 ottobre 1976) F. Argomenti vari riguardanti i fanciulli 523. Libertà per i fanciulli di scegliere la loro religione «Shoghi Effendi desidera che le accusi ricevuta della sua lettera riguardante il matrimonio cattolico e la promessa che i figli che ne nasceranno debbano essere Cattolici. Il principio fondamentale della Causa è l’indipendente ricerca della verità, che si applica tanto a noi quanto ai nostri figli. Devono essere liberi di scegliere per sé qualsiasi religione vogliano. Promettere che apparterranno ad una certa Fede piuttosto che ad un’altra è quindi non solo contraria ai nostri principi, ma anche inutile. Cosa possiamo fare perché le future generazioni pensino come noi o seguano le nostre imposizioni. Dio li ha fatti liberi. Tutto ciò che possiamo fare è aprire loro gli occhi e dire ciò che pensiamo sia la verità.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 3 Mirza 1931) 524. Insegnare ai bambini a pronunciare il Più Grande Nome nei momenti di crisi «Egli pensa che abbiate dimostrato saggezza nel non separarvi da vostro figlio e pregherà affinché possa crescere senza fare questa esperienza rafforzandosi fisicamente e spiritualmente. Gli sarebbe d’aiuto che gli insegnaste a dire il Più Grande Nome nei momenti di crisi e di sofferenza.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad una coppia bahá’í, 4 dicembre 1954) 525. Criticare la Fede davanti ai figli «Riguardo alla sua domanda sull’abitudine in una famiglia bahá’í di criticare la Fede davanti ai figli, il Custode ritiene che per questo fatto non è possibile stabilire una regola generale. Molto dipende dall’età dei figli, e se siano in grado di ragionare con la propria testa e se uno dei genitori abbia abbastanza influenza su di loro da compensare l’effetto delle critiche dell’altro. Poiché sembrerebbe che i bambini siano molto piccoli e risentano dell’influenza di entrambi i genitori, sarebbe più saggio evitare di discutere della Fede davanti a loro; ma quando il genitore devoto bahá’í è solo con loro deve solo incoraggiarli a riverire e sostenere la Fede.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 16 aprile 1951) 526. Il reale scopo della vita - Il Custode prega per i bambini «Il Custode pregherà affinché ciascuno di voi diventi una luce brillante in questo mondo oscuro e, al momento giusto, porti molte anime ricercatrici allo Splendore della Causa di Dio. Questo è il reale scopo della vita ed egli spera che tutta la vostra educazione sia un mezzo per plasmare i vostri caratteri ed arricchire il vostro spirito, sì che possiate insegnare la Fede e diventare strenui sostenitori delle sue istituzioni.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ai fanciulli bahá’í di Kenosha, Wisconsin, 28 dicembre 1956) 527. Insegnate ai figli a trattare bene gli animali «Abituate i vostri figli sin dai primissimi giorni a essere oltremodo teneri ed amorevoli con gli animali. Se l’animale è ammalato, cerchino i fanciulli di guarirlo; se è affamato, lo nutrano; se è assetato, ne plachino la sete; se è stando, provvedano al suo riposo. La maggior parte degli uomini sono peccatori, ma gli animali sono innocenti. Sicuramente chi è senza peccato merita massima gentilezza e amore - tutti tranne gli animali nocivi, come i sanguinari lupi, le serpi velenose e altre creature pericolose, perché gentilezza verso di loro è ingiustizia verso gli esseri umani e verso gli altri animali... Tenerezza e bontà sono principi basilari del celeste Regno di Dio. Dovete tenerlo bene in mente.» (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, p. 154, n. 138) 528. I fanciulli bahá’í possono contribuire al Fondo. Nessuna regola è stabilita per i fanciulli non bahá’í; l’insegnante deve risolvere le situazioni «Ogni bahá’í, adulto o fanciullo, può contribuire ai Fondi della Causa. Non è necessario sia fatta alcuna dichiarazione su questo soggetto. I bambini bahá’í hanno sempre dato alla Causa, ovunque. Ogni situazione che si crea in una classe dove sono presenti anche i bambini non bahá’í deve essere risolta dall’insegnante della classe. Nessuna regola deve essere stabilita in merito a queste cose.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 12 dicembre 1949, Istruzioni ai credenti bahá’í, p. 80, n. 97) 529. Risposte della Casa Universale di Giustizia a domande dei fanciulli sulle catastrofi «I calorosi messaggi dei fanciulli partecipanti alla Convenzione Distrettuale dell’Indiana pervenutaci con la sua recente lettera hanno arrecato grande gioia alla Casa Universale di Giustizia, che ora le chiede di trasmettere gentilmente a quei cari fanciulli i suoi commenti sulle diverse domande che hanno fatto. Parlando della Fede con persone che non sono d’accordo su ciò che dite, non entrate in disputa con loro. Cercate di trovare un punto d’accordo e, se non è possibile, lasciateli. Avete fatto quanto potete parlando della Fede. Ora affidateli a Bahá’u’lláh. Circa le cattive condizioni dei bahá’í in Iran e a ciò che i fanciulli possono fare al riguardo, la Casa di Giustizia suggerisce che ricordiate questi cari amici nelle preghiere quotidiane e che incoraggiate i vostri genitori a sostenere gli sforzi delle Assemblee Spirituali Locali e dell’Assemblea Nazionale per portare questa terribile situazione all’attenzione dei mass-media e delle autorità. Un bambino ha chiesto: ‘Perché si chiama Casa Universale di Giustizia?’ Nel Libro Più Santo, il Kitáb-i-Aqdas, Bahá’u’lláh ha scritto: ‘Il Signore ha ordinato che in ogni città sia stabilita una Casa di Giustizia...’; noi le conosciamo con il nome di Assemblee Spirituali Locali. ‘Abdu’l-Bahá, nelle Sue Ultime Volontà e Testamento, ha affermato ‘e ora riguardo alla Casa di Giustizia che Iddio ha preordinato quale fonte d’ogni bene e libera da errore, essa deve essere eletta a suffragio universale, cioè dai credenti... Con questa Casa s’intende la Casa Universale di Giustizia; cioè in ogni paese deve essere istituita una Casa Secondaria di Giustizia (Assemblea Spirituale Nazionale) e queste Case Secondarie di Giustizia devono eleggere i membri di quella Universale. Studiando i meravigliosi Scritti di Bahá’u’lláh ed ‘Abdu’l-Bahá, e le spiegazioni di Shoghi Effendi, troverete molti riferimenti a questa Suprema Istituzione Amministrativa che vi aiuteranno a comprendere perché è chiamata Casa Universale di Giustizia. Due domande sono in un certo qual senso collegate: ‘Il sole morirà molto presto?’ e ‘il mondo finirà se ci sarà una guerra nucleare?’ Senza dubbio entrambe sono dettate dall’ondata di voci sulle incombenti calamità che attualmente circolano fra gli adulti e che sono udite per caso dai fanciulli. Senza minimizzare la seria situazione cui deve dar fronte un mondo incurante delle ammonizioni di Bahá’u’lláh, dobbiamo ricordare che Egli riferisce anche che deve arrivare la civiltà dell’Età d’Oro. La Casa di Giustizia spera che gli insegnanti bahá’í ed i genitori si prodighino al massimo per incoraggiare i fanciulli a studiare le spiegazioni dell’amato Custode sui processi gemelli operanti nel mondo; la costante crescita della Fede e le devastanti forze disgregatrici che assalgono le superate istituzioni dell’odierna società. C’è stato chiesto di assicurarle che la Casa di Giustizia ricorderà lei ed i fanciulli della sua classe alla Sacra Soglia.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 29 dicembre 1981) IX. CHIESE 530. I bahá’í non devono affiliarsi a Chiese «...noi, come bahá’í, non dobbiamo affiliarci a chiese o partiti politici. È sicuro che, se meditaste su questo argomento, vi accorgereste della sua saggezza. Da bahá’í non possiamo essere conosciuti come ipocriti e insinceri nelle nostre affermazioni ed è per questo motivo che non possiamo aderire alla Fede di Bahá’u’lláh e contemporaneamente ai dogmi della Chiesa. Le Chiese aspettano la venuta di Gesù Cristo; noi crediamo ch’Egli è già tornato nella gloria del Padre. Le Chiese insegnano dottrine - diverse nei vari credi - che come bahá’í non accettiamo: la resurrezione del corpo, la confessione o, in taluni credi, la negazione dell’immacolata concezione. In altre parole, non vi è oggi Chiesa Cristiana i cui dogmi noi bahá’í possiamo dire, in tutta sincerità, d’accettare totalmente. Quindi continuare ad appartenere alla Chiesa non è corretto per noi, perché in realtà facciamo finta di appartenervi; dobbiamo pertanto ritirarci da esse, ma continuare a frequentare - se vogliamo - i suoi fedeli ed i suoi ministri. Il nostro credo in Cristo - come bahá’í - è in realtà così fermo, così incrollabile e così elevato che pochissimi Cristiani oggigiorno Lo amano, Lo riveriscono ed hanno fede in Lui, come noi. È solamente dai dogmi e dai credi delle Chiese che ci dissociamo, non dallo spirito del Cristianesimo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ai Bahá’í di Vienna, 24 giugno 1947) 531. Il coraggio delle convinzioni «...Nessun bahá’í può dissimulare la sua Fede, ubbidire alle leggi ed alle ordinanze di una precedente Dispensazione e chiamarsi, nel contempo, credente. Nessun compromesso, nessuna indecisione può essere più tollerata. Lei deve avere il coraggio delle sue convinzioni e preservare l’integrità della nostra gloriosa Causa...» (Poscritto ad una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 21 maggio 1933) 532. Diventando bahá’í dobbiamo ritirarci dalla Chiesa «Se una persona fa parte di una determinata chiesa o di una organizzazione religiosa simile, diventando bahá’í deve ritirarsi da essa. Nel caso di nuovi credenti, deve essere loro chiarito - nel corso dell’insegnamento della Fede - che una persona non può essere bahá’í e contemporaneamente membro di un’altra organizzazione religiosa; è semplicemente una questione di rettitudine ed onestà. Una gran parte degli insegnamenti di Gesù Cristo riguarda la Sua Seconda Venuta e la preparazione dei Suoi seguaci a tenersi pronti per quell’evento. I bahá’í credono ch’Egli è venuto. Nessuna Chiesa Cristiana vi crede; al contrario, o Lo aspettano ancora o hanno cessato di credere che verrà. Per un bahá’í, pertanto, essere membro d’una comunità che ha tali credenze significa essere sleale verso Cristo ed ipocrita verso i Cristiani. Non dovete formalizzare il metodo con cui porre in atto il ritiro dalla chiesa e certamente niente va aggiunto alla scheda di dichiarazione, se la usate. Sarà l’Assemblea Spirituale Locale che accetta la dichiarazione a stabilire - volta per volta e come meglio crede - che il nuovo credente ha già rassegnato le dimissioni dalla chiesa e che lo faccia entro un ragionevole lasso di tempo dalla sua dichiarazione. Per quanto riguarda i vecchi credenti, la vostra Assemblea deve chiarire loro con tatto e cortesia la posizione bahá’í e convincerli gentilmente a dimettersi dalle loro chiese d’origine. È una questione che richiede notevole tatto e discrezione e, se qualche credente si ostina a non farlo, dovete valutare l’opportunità di privarlo del diritto di voto.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Svizzera, 21 novembre 1968 533. I bahá’í credono ardentemente in Cristo «Gli amici devono essere incoraggiati con ogni mezzo a ritirarsi dalla Chiesa ed a capire che - sebbene come bahá’í crediamo ardentemente in Cristo - non sosteniamo né possiamo sostenere istituzioni e dottrine clericali, dato che Cristo è ritornato ed ha portato nuove leggi per il mondo ed i bisogni di oggi; aderire a formalità. la maggior parte fatte dall’uomo ed ormai superate e non più necessarie, è un nonsenso. Ciò non significa che non si debba più frequentare gli aderenti alla Chiesa, ma soltanto che occorre cessare di esserne membri. (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 5 maggio 1943) 534. I ministri di culto che si considerano bahá’í devono ritirarsi dalla Chiesa «Come vi ha già informato, il Custode ritiene che sia giunto il momento di richiedere a qualunque ministro di culto che si professa bahá’í, ma è ancora affiliato alla Chiesa, di ritirarsi apertamente da essa, seguendo l’esempio della Mano della Causa, l’ex Arcidiacono Townshend, il quale con grande coraggio si dimise dalla sua alta carica sfidando l’opinione dei suoi colleghi, dei suoi parenti e del pubblico. Se gli amici si rendono conto che le prime persone ad accettare il Báb erano preti, e per il loro atto subirono il martirio, non sembra di chiedere troppo se devono fare apertamente appello al Regno del Padre in cui credono e per il cui avvento non possono, nelle loro chiese, continuare a ragione a incoraggiare la gente a pregare.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 19 luglio 1956) 535. Appartenenza alla Sinagoga «Circa l’appartenenza di Mr. ... alla sinagoga, poiché questo fatto riguarda la moglie ebrea ed è importantissimo per lei tanto da conservare perfino il luogo della sua sepoltura, il Custode ritiene che non sia giusto chiedergli di agire in maniera da privarla dei suoi diritti religiosi. D’altra parte, non vede perché il sig. ... non debba scrivere una lettera alla competente autorità di quella sinagoga, per spiegare d’essere bahá’í praticante e di mantenere l’appartenenza alla sinagoga solo a beneficio della moglie e dei figli...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 8 maggio 1947) 536. Ritiro dalla Chiesa di giovani bahá’í «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 25 ottobre ed abbiamo pienamente compreso il problema che si pone nel caso di un giovane che accetta Bahá’u’lláh e i cui genitori si oppongano energicamente al suo ritiro dalla Chiesa. In casi del genere e ove l’unità della famiglia risulterebbe minata dall’insistenza del giovane, è permesso procrastinare il ritiro fino al raggiungimento del 21° anno di età. Ciò, ovviamente, non influenza in alcun modo la sua accettazione nella comunità bahá’í, poiché - come giustamente affermate - questo è proprio il momento in cui un nuovo dichiarato - in quella condizione - ha bisogno di tutto l’approfondimento e le confermazioni possibili.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Germania, 6 novembre 1972) 537. Per amore dell’unità familiare si può fare una concessione ai giovani «In risposta alla vostra lettera del 26 gennaio, riteniamo che .benché sia importante avere una certa flessibilità nel richiedere ai nuovi credenti, specialmente ai giovani che possono incontrare opposizioni da parte dei genitori, di ritirarsi da altre organizzazioni religiose - non si possa permettere che questa flessibilità arrivi a compromettere le leggi bahá’í. Due bahá’í che devono sposarsi non possono celebrare il matrimonio con la cerimonia religiosa di un’altra Fede. Quanto all’età della maturità, il diritto di voto nell’Ordine Amministrativo Bahá’í viene acquisito a 21 anni e da parte vostra può essere tranquillamente fissato a quell’età il limite per lo scioglimento di quei legami religiosi che ai membri della comunità bahá’í non è consentito mantenere. Il punto essenziale, per quanto riguarda il ritiro dalla Chiesa è che, per amore dell’unità familiare, possono essere fatte concessioni ai giovani, ma nel contempo si deve fare tutto il possibile per incoraggiare tutti i credenti, compresi i giovani, ad osservare ogni requisito di appartenenza alla Fede, perfino a costo di sofferenze o di inconvenienti.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Regno Unito, 11 febbraio 1973) 538. Atteggiamento bahá’í nei confronti della Chiesa «In merito alle questioni relative alla Chiesa, l’articolo del Dr. Townshend deve essere usato e diffuso il più possibile. Non importa qual’è l’atteggiamento della gente nei confronti delle chiese in generale, esso non ha niente a che vedere con l’atteggiamento bahá’í, Townshend lo ha affermato con coraggio, e la sua affermazione ha gran peso, tenuto conto della posizione che prima occupava nella Chiesa.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 18 agosto 1949. Bahá’í News, n. 226, dicembre 1949, p. 2) (Questa lettera è stata scritta in riferimento all’articolo del Dr. Townshend, Le vecchie Chiese e la Nuova Fede Mondiale, che è pubblicato in forma di pamphlet) 539. Circa l’espulsione dalla Chiesa «...Hai scritto che sei stato espulso dalla Chiesa e che i tuoi amici stanno manifestando una certa avversione nei tuoi confronti. Ciò è l’inizio delle tue prove. Vi sono prove più grandi di altre. Perciò non essere triste, anzi sii felice e colmo di buone nuove. Nessun’offesa ti è stata fatta espellendoti dalla Chiesa... Sei entrato nella Gerusalemme Celeste ed hai scoperto la via per il Santo dei Santi del Regno. Quella chiesa è di pietra e cemento, mentre questo Santo dei Santi è di abbagliante Luce. Ma, più gli amici che ti tormentano ti evitano, più sta loro vicino; più ti deridono e ti biasimano, più amore ed affetto mostra loro. Non guardare ai loro difetti, considerali tutti figli di Dio e sforzati d’agire giustamente e d’avere buoni propositi. Sono ignoranti, non capiscono; perciò ti sfuggono, ti criticano e ti deridono.» (‘Abdu’l-Bahá, Tablets of ‘Abdu’l-Bahá, vol. III, p. 504) 540. Pagamento di tributi alla Chiesa «...riguardo al pagamento di tributi alla Chiesa, se nello stato di... esiste una legge che impone ai cittadini di pagare tale imposta, i credenti devono obbedire e farlo. Se invece non vi è alcuna legge in materia, ma si tratta di un atto volontario lasciato agli individui, allora non lo paghino. In mancanza di una legge, che di conseguenza consente ai bahá’í di non pagare più questo tributo per il mantenimento della Chiesa, non è opportuno dire con poco tatto ai simpatizzanti e ai nuovi credenti di non farlo, ma è preferibile aspettare prima che siano confermati e rafforzati nella Fede e poi far comprendere loro la saggezza e la necessità di questo passo. È ovvio che non bisogna dare pubblicità a questa delicata questione. In altre parole, come bahá’í dobbiamo prima inquadrare il problema, stabilire poi la meta da raggiungere, e lavorare con saggezza, costanza e pazienza per la sua realizzazione.» Se, in relazione a questa imposta, sorgessero situazioni delicate, come quelle legate all’impiego di un insegnante in una scuola, è compito dell’Assemblea andare a fondo della questione e cercare di trovare la soluzione giusta, tenendo presente la meta al cui raggiungimento gli amici lavorano: il diritto di essere cittadini in regola, ma non membri di una chiesa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi al Comitato d’Insegnamento Europeo, 26 ottobre 1949) 541. Contribuzioni alle Chiese «Il primo caso è quello dell’anziana signora cattolica sofferente d’una grave malattia cardiaca e quindi soggetta al rischio di morire in qualsiasi momento. In questo caso, come anche in quello di credenti sofferenti, le Assemblee, Locali e Nazionali, devono agire con tatto, pazienza ed in spirito di amicizia e cordialità. Sapendo quanto penoso e dannoso è per questi credenti ripudiare i loro passati doveri ed allontanare le vecchie amicizie, devono cercare di persuaderli gradualmente della saggezza e necessità di tale azione, e invece di imporre loro un nuovo principio devono farglielo accettare interiormente per reale convinzione e desiderio. In questi casi, agire in modo troppo severo ed immediato è non solo vano, ma - alla fine - nocivo. Fa allontanare la gente, invece di conquistarla alla Causa. L’altro punto riguarda l’opportunità di offrire contribuzioni ad una chiesa. Anche in questo caso gli amici devono capire che queste contribuzioni, specialmente se non regolari, non sottintendono necessariamente affiliazione. I credenti occasionalmente possono fare offerte, sempre che siano certi che ciò non li faccia considerare membri di una qualsiasi chiesa. Non bisogna fare confusione fra i termini affiliazione ed associazione. Mentre non è permessa l’affiliazione in organizzazioni ecclesiastiche, l’associazione con esse non solo è tollerata ma perfino incoraggiata. Non vi è modo migliore per dimostrare l’universalità della Causa. Bahá’u’lláh, infatti, esorta i Suoi seguaci ad associarsi con tutte le religioni e le nazioni con la massima amicizia e amore. Ciò costituisce la vera essenza del Suo Messaggio all’umanità.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 11 dicembre 1935) 542. Storia della Chiesa primitiva «...Alla base dell’organizzazione della Chiesa Cristiana vi è di certo un elemento di verità. Per esempio, il primato di Pietro ed il suo diritto di successione dopo Gesù è stato da Lui stabilito, sia pure oralmente e non in modo esplicito e preciso. Il vero motivo per cui Cristo non fece alcuna esplicita dichiarazione circa la Sua successione non è noto e non può essere conosciuto. D’altra parte, come possiamo pretendere, - noi poveri mortali - di svelare i misteri della volontà di Dio, i Suoi scopi e comprendere le inscrutabili Dispensazioni della Sua Provvidenza. Il massimo che possiamo fare è dare alcune spiegazioni, ma queste ovviamente non consentono la reale comprensione del problema che cerchiamo di risolvere.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 28 dicembre 1936) X. COMITATI A. Nomina Comitati 543. Libertà di nominare qualsiasi bahá’í qualificato per il lavoro «Esaminando i verbali della vostra recente seduta di Assemblea Spirituale Nazionale egli ha notato che avete deciso di fare il possibile per eliminare dai Comitati Nazionali i membri di Assemblea Nazionale. Sebbene comprenda pienamente i motivi che vi hanno spinto a prendere questa decisione, ritiene che ciò violi uno dei principi basilari del nostro ordine amministrativo che è la libertà di scelta: libertà degli elettori di eleggere ai corpi locali o nazionali chiunque loro gradiscano, e libertà dei membri di questi corpi di nominare in un Comitato qualsiasi bahá’í sembri meglio qualificato per il lavoro da svolgere. La primaria considerazione deve essere sempre quella di cercare la persona più qualificata per un compito, ed in ciò i membri di Assemblea Nazionale non devono essere discriminatori né a favore né contro, per posizione che occupano in seno al corpo nazionale.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 16 giugno 1947) 544. Continuità della permanenza in un Comitato «Sebbene le Assemblee Nazionali e Locali possono assicurare la continuità della permanenza in un Comitato rinnovando annualmente i membri, non possono però nominarli per un periodo di tempo superiore ad un anno.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 20 dicembre 1966) 545. È preferibile che serva nei Comitati qualche qualificato credente «Non vi è nulla in contrario che un membro di Assemblea Spirituale Nazionale serva in un Comitato Nazionale d’Insegnamento, ma se membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale dovessero predominare nel Comitato, sarebbe vanificato lo scopo di nominarlo, che è quello di alleggerire l’Assemblea dei dettagli del lavoro. È inoltre preferibile che siano qualificati credenti locali a servire nel Comitato Nazionale d’Insegnamento, in modo che possano abituarsi a portar avanti il lavoro. ...il beneamato Custode presta grande attenzione ai progetti di carattere amministrativo per l’Insegnamento centrale, con Comitati Regionali responsabili verso di esso. Una volta ebbe a puntualizzare che risulta manifestamente nocivo all’efficienza ed al responsabile assolvimento dei doveri bahá’í che il personale dell’Assemblea Spirituale Nazionale sia assorbito dai piccoli dettagli dell’amministrazione.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Brasile, 23 giugno 1971) 546. È desiderabile che il Comitato Nazionale Insegnamento possa riunirsi facilmente - Se possibile non dovrebbe essere oberato di altri compiti «...vi suggeriamo, per il futuro, di tener presente l’opportunità che questo importante comitato possa riunirsi facilmente e tale possibilità sarebbe naturalmente agevolata dalla vicinanza dei luoghi di residenza dei suoi membri. È anche opportuno - per quanto possibile - che ai membri di questo vitale braccio destro dell’Assemblea Spirituale Nazionale non siano affidati altri compiti. Si è rilevato che la combinazione più efficace è un Comitato Insegnamento forte, situato nella parte centrale del paese - anche se non necessariamente al Centro Nazionale -, i cui membri siano liberi di dedicarvi tutti i loro sforzi ed energie. I Comitati Regionali d’Insegnamento sono in un certo senso gli agenti esecutivi del Comitato Nazionale Insegnamento e, pur non essendo incompatibile che membri del Comitato regionale lo siano anche del nazionale, è preferibile che si concentrino sul lavoro della propria particolare area.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Colombia, 23 giugno 1971) 547. Costituzione dei Comitati con prospettive di miglioramento e cambiamento «...Egli pensa che sarebbe bene infondere maggiore nuova vitalità nei Comitati Nazionali impiegando credenti di differenti capacità. ...in misura maggiore che nel passato vi sono ora nella Fede più giovani, più persone che nella vita privata sono professionalmente capaci o sono negli affari, e tale materiale umano deve essere sfruttato affinché nei Comitati siano infuse nuova linfa e idee fresche. Poiché le elezioni sono segrete, solo l’educazione dell’elettorato può apportare cambiamenti nelle Assemblee che spesso ristagnano per mancanza di linfa fresca, ma i Comitati, nominati dalle Assemblee Spirituali possono essere costituiti con la prospettiva di miglioramenti e cambiamenti.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 31 Mirza 1945) 548. L’Assemblea deve usare discrezione nella nomina dei membri di Comitato - Personalità incompatibili nei Comitati «La Casa Universale di Giustizia ci ha chiesto di rispondere alla vostra lettera nella quale chiedete istruzioni sulle seguenti domande: Quale comportamento deve adottare un’Assemblea Spirituale Nazionale nel caso di credenti che accettano la nomina in un comitato, ma non partecipano alle riunioni a causa di ciò che voi chiamate personalità incompatibili o mancanza di unità con gli altri membri, e tuttavia non rassegnano le dimissioni dal comitato? Come già sapete, nella scelta dei membri di comitato dovete usare la massima saggezza e discrezione allo scopo di nominare un organo che, fin dall’inizio, abbia buone prospettive di operare al completo. Se, malgrado i vostri sforzi, esiste disarmonia fra i membri, vi potrà essere d’aiuto il seguente brano della lettera del 13 maggio 1945 scritta a nome dell’amato Custode: “Riguardo alla questione di... e della disarmonia che sembra esistere fra alcuni amici...: Quando i bahá’í permettono alle oscure forze del mondo di penetrare nei loro rapporti all’interno della Fede mettono gravemente in pericolo il suo progresso; è supremo dovere dei credenti, delle Assemblee Locali, e particolarmente delle Assemblee Spirituali Nazionali, promuovere armonia, comprensione e amore fra gli amici. Tutti devono esser e pronti e disposti a mettere da parte ogni personale sentimento di rancore - giustificato o meno - per il bene della Causa, poiché la gente non l’abbraccerà finché non vedrà specchiata nella sua vita comunitaria ciò di cui il mondo è così poco dotato: amore e unità”.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Bolivia, 19 agosto 1985) 549. I Comitati Nazionali sono nominati dall’Assemblea Spirituale Nazionale e responsabili verso di essa «I Comitati Nazionali sono di norma nominati dall’Assemblea Spirituale Nazionale e sono responsabili verso di essa, tuttavia - nei limiti di una saggia discrezionalità - l’Assemblea Nazionale può autorizzare un particolare comitato a nominare un sub-comitato o delle singole persone perché lo assistano nell’eseguire i compiti assegnatigli. Comunque, nel richiamare l’attenzione dei credenti su questi principi si deve cercare di non sMirzare l’entusiasmo e l’iniziativa degli amici.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Pacifico Nord-Occidentale, 5 settembre 1947) 550. Deve essere data a coloro che non sono membri di Assemblea l’opportunità di acquisire esperienze amministrative «Nell’elenco dei comitati nazionali del 1983-84 abbiamo rilevato che sono stati nominati otto membri dell’Assemblea Nazionale. Infatti, il vostro tesoriere figura in tre comitati ed il vostro segretario in due. Pur essendo comprensibile che i membri di un’Assemblea Spirituale Nazionale hanno generalmente grande capacità di assumersi molteplici compiti, la Casa di Giustizia fa notare che - consentendo ai membri di Assemblea Nazionale di servire in diversi comitati nazionali - non si dà l’opportunità a coloro che non sono membri di Assemblea di acquisire esperienze amministrative.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 28 dicembre 1983) 551. Non è necessario che i Comitati si sciolgano al Ri?ván «Riguardo alla nomina annuale dei comitati, facciamo riferimento alle istruzioni del Custode a pag. 141 di Bahá’í Administration, secondo cui... “il rinnovo, la composizione e le funzioni... devono essere riconsiderate separatamente ogni anno dall’Assemblea Nazionale entrante”. Le persone nominate nei comitati devono immedesimarsi in funzioni e obiettivi, che di norma vanno oltre la scadenza della loro nomina. Proprio come i membri dell’Assemblea Nazionale mettono se stessi in relazione con le mete del Piano Novennale, ugualmente devono fare i membri delle Assemblee Locali e dei Comitati, così che un unico, dinamico spirito animi l’importante lavoro di cui ogni Assemblea o Comitato è responsabile. “Non è comunque necessario che le nomine dei comitato scadano al Ri?ván; può essere consigliabile, per assicurare continuità, cominciare l’anno del comitato in giugno o luglio. Inoltre, in linea generale il fatto che vi siano pochi radicali cambiamenti nei componenti del comitato dovrebbe anche dare continuità di pensiero e di azioni.» (Da una lettera scritta dalla Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 23 gennaio 1967) B. Elezione delle cariche del comitato 552. Bisogna dare ai membri di comitato la possibilità di votare - Elezione delle cariche a maggioranza assoluta e non relativa* «Riguardo alla domanda sull’elezione delle cariche del comitato, la Casa di Giustizia ci ha chiesto di spiegare che l’elezione delle cariche di comitato è valida - purché a tutti i membri sia stata data la possibilità d’essere presenti alla seduta o di mandare il voto per posta, anche se qualcuno non si avvale di questa opportunità. Naturalmente, come certamente sapete, l’elezione delle cariche deve essere a maggioranza assoluta e non relativa. La Casa di Giustizia inoltre sottolinea che è preferibile che i membri del comitato siano di numero dispari, per ridurre la possibilità di una parità di voti.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Messico, 2 settembre 1981) *(Vedi anche n. 101: Ogni carica deve ricevere almeno cinque voti) 553. Se un membro ha validi motivi, può suggerire di non essere eletto ad una carica «...Riguardo alla vostra domanda sulla possibilità che membri di un’Assemblea e/o di un Comitato possano evitare di essere eletti ad una carica: In diverse occasioni il diletto Custode ha fatto rilevare che, prima dell’elezione delle cariche, se qualche membro di Assemblea secondo la sua opinione ha validi motivi per non essere eletto ad una di esse, può suggerirlo agli altri membri. Inoltre, poiché il lavoro della Fede aumenta ed i compiti degli eletti alle cariche - specialmente nelle Assemblee Spirituali Nazionali - diventano sempre più importanti, la Casa di Giustizia ritiene sia permesso ed anche consigliabile discutere, prima dell’elezione, dei doveri che impone ciascuna carica.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Bolivia, 18 agosto 1985) C. Struttura e funzioni dei Comitati Nazionali 554. L’Assemblea Spirituale Nazionale deve adottare un’efficiente struttura per l’insegnamento «Il tipo di comitato per l’insegnamento che le Assemblee Nazionali vorranno adottare per assicurare i migliori risultati nell’estensione del lavoro di insegnamento è questione lasciata interamente alla loro discrezione, ma deve esistere un’efficiente struttura per l’insegnamento, sì che i compiti siano svolti speditamente e nel rispetto dei principi amministrativi della nostra Fede. Fra le schiere dei credenti nativi di ciascun paese, devono essere selezionati insegnanti viaggianti competenti ed elaborati progetti per l’insegnamento. Nelle parole del nostro amato Custode, a commento del lavoro di insegnamento nell’America Latina: “Bisogna dare un robusto e ininterrotto sostegno alle vitali e necessarie attività iniziate dagli insegnanti viaggianti... nativi..., i quali, via via che questo possente compito progredisce, devono sempre più addossarsi l’onere della responsabilità della propagazione della Fede nella loro terra”.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali impegnate nell’insegnamento di massa, 2 febbraio 1966, L’Insegnamento alle Masse, p. 40, n. 56) 555. Funzione del Comitato Nazionale d’Insegnamento «La funzione di un Comitato Nazionale d’Insegnamento è di assumersi il compito, sotto le direttive dell’Assemblea Spirituale Nazionale, dell’intero programma d’insegnamento nel paese. Bisogna che gli si diano le linee generali di condotta che definiscano obiettivi e metodi di insegnamento sul fronte interno; deve essere finanziato e gli si deve chiedere di sottoporre all’Assemblea Spirituale Nazionale un piano globale di esecuzione dei compiti. Una volta approvato il piano, lo si deve lasciare libero di svolgere il lavoro, anche se, naturalmente, dovrete ricevere periodici rapporti sui progressi e le sue condizioni finanziarie.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Trinidad e Tobago, 12 novembre 1971) 556. I Comitati Nazionali vengono costituiti per servire ai bisogni delle Assemblee Locali. «Egli pensa che le Assemblee Locali debbano essere incoraggiate a rendersi conto che i Comitati Nazionali sono fatti non per dare loro ordini arbitrari, bensì per servire ai loro bisogni, e per unificare il lavoro della Causa... I Comitati in questione devono avere molto tatto nel trattare con un’Assemblea giovane che stia incominciando a “sentirsi importante”, poiché questo spirito d’indipendenza, opportunamente indirizzato, può condurla ad essere forte e autonoma, anziché debole e dipendente da altri organi che la trascinano. Le Assemblee, comunque, devono sicuramente collaborare con i Comitati Nazionali e non rifiutarne l’aiuto.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 5 novembre 1948. Assemblee Spirituali Nazionali, p. 58, n. 63) 557. L’Assemblea Nazionale deve impartire istruzioni al Comitato allo scopo di evitare confusione. «Per evitare confusione e seguire la procedura corretta, l’Assemblea Spirituale Nazionale deve impartire le sue istruzioni al Comitato Nazionale d’Insegnamento, il quale deve trasmetterle poi ai Comitati Regionali. Questi ultimi, sebbene siano nominati dall’Assemblea Spirituale Nazionale, sono gli aiutanti del Comitato Nazionale d’Insegnamento. Il Custode non ritiene opportuno entrare dei dettagli di questo argomento dato che questi devono essere stabiliti dalla stessa Assemblea Spirituale Nazionale. Egli si limita ad enunciare il principio cui occorre conformarsi.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 28 Mirza 1943) 558. Alcuni comitati hanno bisogno di molti membri «La Casa Universale di Giustizia ha rivelato nel verbale della vostra seduta dell’1 maggio 1985 che... avete deciso di limitare il numero dei componenti di ciascun comitato a tre. Sebbene la Casa di Giustizia riconosca che taluni comitati di carattere tecnico, come il Comitato per il Centro Nazionale, possono essere tranquillamente composti da tre soli membri, tuttavia ve ne sono alcuni importantissimi - come il Comitato Nazionale Insegnamento ed Approfondimento, il Comitato Giovani, il Comitato Donne ed Educazione Fanciulli, e così via - ai quali vengono affidate responsabilità di significativi aspetti della vita comunitaria bahá’í - che devono avere un numero maggiore di membri per consentire una consultazione più efficace.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Senegal, 26 agosto 1985) D. Comitati Speciali (Amministrativi, Ad Hoc, Emergenza, Insegnamento Nazionale e Regionali) 559. Limitazioni dell’autorità dei Comitati Amministrativi a quella loro conferita dall’Assemblea Spirituale Nazionale «La vostra lettera del 24 maggio 1985 alla Casa Universale di Giustizia è stata ricevuta e ci è stato chiesto di farvi pervenire la risposta alle vostre domande riguardo al ruolo dei comitati amministrativi che si occupano di problemi personali. La vostra cautela nel chiarire le funzioni dei comitati amministrativi è encomiabile, perché l’autorità e le responsabilità di questi comitati sono limitati solamente a quelle conferite loro nella nomina dell’Assemblea Nazionale. Come suggerite, i problemi di carattere personale che insorgono nella comunità ove operano questi comitati devono essere demandati alla vostra Assemblea per consultazione e parere. Se - conoscendone i componenti - doveste ritenere un comitato idoneo ad assistervi per risolvere uno specifico problema, esso può agire con la vostra autorizzazione; analogamente siete liberi di autorizzare che ci si consulti su un problema personale con una persona che abbia la necessaria esperienza.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Leeward, 7 luglio 1985) 560. Nomina di comitati ad hoc per problemi personali «Riguardo alla vostra lettera del 19 settembre 1984 indirizzata alla Casa Universale di Giustizia, ci è stato chiesto di farvi pervenire quanto segue circa i tre quesiti da voi posti. Il primo riguarda casi di natura personale che a quanto pare sono aumentati ed occupano molto tempo nelle sedute della vostra Assemblea. In una lettera del 30 agosto 1971 alla vostra Assemblea, la Casa Universale di Giustizia vi consigliò sullo stesso argomento. Comunque, per facilità di consultazione, ne citiamo un passo: “I problemi personali spesso sono meglio gestiti dall’Assemblea o Assemblee Locali interessate. Non vi è obiezione alla nomina da parte dell’Assemblea Nazionale di un comitato o comitati per gestire questi problemi quando le si presentano, purché la decisione finale sia presa dall’Assemblea stessa”. In aggiunta alla precedente, c’è stato chiesto di citare il seguente brano da una lettera indirizzata ad un’altra Assemblea Nazionale: “‘In risposta alla vostra lettera del 4 febbraio in cui chiedete se potete affidare ad una Assemblea vicina la gestione di problemi personali di cui l’Assemblea Locale non è in grado di occuparsi, riteniamo che sarebbe preferibile che per ciascun caso l’Assemblea Spirituale Nazionale nomini un comitato ad hoc i cui componenti potrebbero essere scelti in una o due comunità vicine, o anche in quelle dove esiste il problema”.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di El Salvador, 22 ottobre 1984) 561. Nomina di un Comitato Amministrativo fra i credenti adulti di una comunità se l’Assemblea cade «La Vostra Assemblea è autorizzata alla nomina di un comitato amministrativo per la comunità di... Tale comitato deve essere considerato un ripiego temporaneo per mantenere la vita e il vigore della comunità fino al momento in cui si potrà riformare l’Assemblea; non è una sostituzione della istituzione divina dell’Assemblea Spirituale Locale. Con riferimento alle vostre specifiche domande, il Comitato Amministrativo per... può essere nominato fra i credenti adulti della comunità, senza tener conto se erano stati o meno eletti nell’Assemblea Locale ora decaduta. Ad ogni giovane attivo il Comitato può affidare qualsiasi compito sia in grado di svolgere. Il Comitato può mantenere il Fondo Locale ed anche l’incorporazione dell’Assemblea Locale. L’Assemblea Spirituale Nazionale ha l’autorità di indire un’elezione straordinaria dell’Assemblea Locale in mancanza del quorum dei credenti locali.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 8 novembre 1983) 562. Scopo e funzioni di un comitato d’emergenza «È del tutto corretto nominare un comitato d’emergenza ed autorizzarlo a svolgere i suoi compiti fra una seduta e l’altra dell’Assemblea Spirituale Nazionale. La Vostra Assemblea può anche autorizzarlo ad occuparsi intanto di questioni di routine tra una vostra seduta e l’altra. In entrambi i casi deve fare rapporti completi delle sue sedute a tutti i membri dell’Assemblea e tutte le decisioni devono essere, o meno, ratificate alla successiva seduta dell’Assemblea Nazionale. Potete decidere sul numero dei membri dell’Assemblea Nazionale che compongono questo comitato. Comunque, valide sedute del comitato si avranno solo quando tutti i suoi membri siano stati debitamente avvertiti. La Casa di Giustizia ritiene che dare notizia delle riunioni attraverso annunci radiofonici non è un mezzo soddisfacente per assicurarci che tutti i membri siano avvertiti. Infine, vi consigliamo di tenere regolari riunioni della vostra Assemblea Nazionale e di non lasciare che argomenti di routine e/o di emergenza occupino per intero il tempo delle vostre riunioni.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Liberia e Guinea, 15 giugno 1977) 563. Libertà d’azione di un comitato d’emergenza «La libertà d’azione di un comitato d’emergenza della vostra Assemblea Nazionale nelle questioni di cui si occupa deve essere nell’ambito delle direttive e delle autorizzazioni conferitegli da voi. Lo stesso principio si applica quando due dei tre membri di un comitato d’emergenza ritengono di avere il diritto di occuparsi di qualunque questione si presenti.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 2 dicembre 1982) 564. L’Assemblea Spirituale Nazionale definisce i limiti delle competenze di un comitato d’emergenza «...è compito della vostra Assemblea stabilire i limiti delle competenze di un comitato d’emergenza, da voi nominato fra i vostri stessi membri per prendere - in caso di assoluta necessità - le iniziative in situazioni di emergenza che possano insorgere fra una seduta e l’altra. Naturalmente le decisioni del comitato saranno sempre soggette all’approvazione dell’intera Assemblea Nazionale e dovrete avere la certezza di venire adeguatamente informati di tutte le azioni compiute a vostro nome.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Barbados e Windward, 2 luglio 1971) 565. Quorum dei membri di un comitato d’emergenza «Riguardo al quorum con cui i membri di un Comitato d’emergenza sono legittimati ad agire, non vi sono in merito delle norme e condizioni standard; ogni Assemblea Spirituale Nazionale attua in materia procedure proprie. Si possono anche stabilire regole circa la presenza di membri dell’Assemblea Nazionale che non facciano parte del Comitato d’emergenza.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Giamaica, 24 ottobre 1971) 566. Nomina di un comitato speciale consolidamento «Se un’Assemblea Spirituale Nazionale ritiene che il suo Comitato Nazionale Insegnamento non è in condizione di dedicare sufficiente attenzione al lavoro di consolidamento, non deve avere esitazioni a nominare speciali comitati aggiuntivi i cui compiti saranno la gestione di varie attività essenziali per il consolidamento. Rientrano in questa categoria d’attività l’organizzazione di circuiti di insegnanti viaggianti esperti nel lavoro di consolidamento, di scuole estive ed invernali, di conferenze ed istituti nei weekend, l’avvio e la conduzione di istituti scolastici, la diffusione della letteratura bahá’í e l’incoraggiare gli amici a studiarla, nonché l’organizzazione di speciali corsi ed istituti per membri di Assemblea Spirituale Locale.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 17 aprile 1981) 567. Non è necessario che i Comitati Nazionali abbiano sede presso i Centri Nazionali* «Non è necessario, naturalmente, che il Comitato Nazionale d’Insegnamento abbia sede presso il Centro Nazionale e non occorre che sia di molte persone. È essenziale, comunque, che i suoi membri abbiano le loro sedi in modo che possano incontrarsi spesso durante l’anno e che siano dediti, attivi, sagaci, creativi e fidati. Poiché il Comitato Nazionale d’Insegnamento ha la priorità nelle vostre responsabilità di amministrazione, dovreste prendere in considerazione - se necessario - la possibilità di sollevare i suoi membri da compiti in altri comitati, perché possano dedicare il maggior tempo e la maggiore energia possibili al lavoro di questo Comitato. Preferibilmente almeno uno dei membri deve avere doti di segretario che lo rendano capace di portare avanti il gravoso compito della corrispondenza che deriva dall’attuazione dei piani.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Trinidad e Tobago, 12 novembre 1971) *(Vedi anche: n. 546 È desiderabile che il Comitato Nazionale Insegnamento possa riunirsi facilmente) 568. Comitati Regionali - Sotto-comitati del Comitato Nazionale Insegnamento «...il Custode ha più volte sottolineato la necessità che evitare il superaccentramento nella conduzione degli affari della Causa, di modo che la vostra Assemblea possa essere sollevata dall’enorme mole di dettagli e lavori di routine, che interferirebbe con il suo precipuo compito di esercitare un’esauriente e vigilante supervisione sul lavoro della Causa nel suo complesso. D’altra parte, un’eccessiva decentralizzazione porterebbe a vanificare il principio secondo cui l’autorità e le responsabilità finali sono dell’Assemblea Spirituale Nazionale. Le sue recenti istruzioni sui rapporti fra Comitato Regionale Insegnamento e Comitato Nazionale Insegnamento salvaguardano questo principio che sta alla base dell’Ordine Amministrativo. I Comitati Regionali, seppure nominati dall’Assemblea Spirituale Nazionale devono esser considerati - a differenza degli altri comitati - speciali aggiunte create proprio allo scopo di aiutare direttamente il Comitato Nazionale Insegnamento nel suo primario compito di stimolare le attività d’insegnamento della Fede... In un certo senso essi sono sub-comitati del Comitato Nazionale Insegnamento a cui devono trasmettere costantemente e direttamente i loro rapporti e tutti i dettagli dell’attività nazionale d’insegnamento.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 25 maggio 1941) 569. Troppi comitati confondono piuttosto che rendere chiaro il lavoro «Egli pensa che un Comitato Nazionale d’Insegnamento, con la collaborazione di alcuni regionali, svolgerà il lavoro molto meglio. Troppi comitati, come troppe circolari, confondono piuttosto che rendere chiaro il lavoro.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 20 Mirza 1952) 570. Rapporto fra comitato nazionale e comitati regionali d’insegnamento «Per quanto riguarda la questione dei rapporti fra il Comitato Nazionale d’Insegnamento ed i Comitati Regionali, da lei sollevata nelle sue due ultime lettere, il Custode ha preso atto del suo punto di vista in materia e, mentre ritiene che la nomina dei Comitati Regionali è per principio di competenza dell’Assemblea Spirituale Nazionale, la loro immediata supervisione e controllo pensa riguardino direttamente il Comitato Nazionale d’Insegnamento, che è l’unica istituzione responsabile dell’organizzazione e della conduzione della campagna d’insegnamento negli Stati Uniti d’America e nel Canada. l’Assemblea Spirituale Nazionale ha definitiva autorità su tutti questi Comitati, nazionali o regionali, ma - in vista della espansione sempre crescente delle attività d’insegnamento della Causa - ...deve lasciare al Comitato Nazionale Insegnamento il compito di supervisionare e coordinare il lavoro d’insegnamento dei Comitati Regionali. Questi Comitati sono quindi responsabili nei confronti del Comitato Nazionale che, a sua volta, è direttamente ed unicamente responsabile verso l’Assemblea Spirituale Nazionale.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 28 gennaio 1941) 571. I membri del Corpo Ausiliare possono servire in taluni comitati speciali «La Casa di Giustizia ritiene che comitati come il comitato amministrativo della Bahá’í International Health Agency, o responsabili dello sviluppo sociale ed economico, che richiedono membri professionalmente esperti, appartengono ad una categoria differente da quella degli altri comitati bahá’í. Credenti che abbiano la necessaria esperienza professionale spesso sono pochi, e quindi la Casa di Giustizia non ha nulla da obiettare che membri del Corpo Ausiliare ora servano in questi comitati ed invero è spesso molto consigliabile che lo facciano, purché naturalmente questo servizio non assorba tanto tempo ed energie da non consentir loro di svolgere quelli importantissimi del Corpo Ausiliare.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 9 settembre 1984) 572. Collaborazione fra membri del Corpo Ausiliare e comitati insegnamento nazionali e regionali «È ormai evidente che in alcune zone il progresso del lavoro di insegnamento richiede, più di prima, una maggiore collaborazione fra i membri del Corpo Ausiliare ed i Comitati Insegnamento Nazionali e Regionali. Da una consultazione sull’argomento con il Centro Internazionale Insegnamento, siamo arrivati alla conclusione che le possibilità offerte dalle attuali direttive sono adeguate e che dove è stata avvertita mancanza di collaborazione, essa era dovuta ad un insufficiente completo e frequente scambio di informazioni fra le istituzioni. Mentre i membri dei Consigli Ausiliari e i loro assistenti non dovranno mai cercare di dirigere le attività dei Comitati o di occuparsi del loro specifico lavoro amministrativo, è assolutamente vitale che siano tenuti pienamente al corrente delle attività, dei piani e delle speranze dei Comitati stessi circa il lavoro della zona. Solo allora i membri dei Consigli Ausiliari saranno convinti che i servizi cui esortano i credenti e i progetti che incoraggiano sono in armonia con i piani e gli obiettivi dell’Assemblea Spirituale Nazionale e dei suoi Comitati. L’attuale linea di condotta e le sue motivazioni sono state comunicate ai Corpi Continentali dei Consiglieri ed a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali nella nostra lettera dell’1 ottobre 1969, la cui copia alleghiamo. È doveroso notare che con questa linea di condotta è permesso e auspicabile che fra i Comitati e i membri dei Consigli Ausiliari esista un diretto e regolare scambio di informazioni. Inoltre, all’inizio del lavoro annuale, o durante l’anno, quando stanno per incominciare i nuovi piani, è spesso utile organizzare una consultazione fra membri dei Consigli Ausiliari e Comitati Nazionali o Regionali d’Insegnamento, prima che i piani stessi siano messi a punto. Confidiamo che una maggiore consapevolezza dell’importanza di una stretta collaborazione fra i due rami dell’Ordine Amministrativo e dei mezzi disponibili per realizzarla porteranno ad una necessaria intensificazione del lavoro d’insegnamento in ogni paese.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 6 luglio 1977. Parzialmente in I due rami dell’Ordine Amministrativo, p. 36, n. 27) 573. Comitato nazionale giovani «...se affermiamo che nessuna persona anziana debba prendere parte all’organizzazione delle attività dei giovani, li priveranno della necessaria esperienza necessaria ad un’istituzione efficiente e permanente. Shoghi Effendi pensa che la migliore soluzione è stabilire un ragionevole limite d’età per gli attuali componenti della struttura organizzativa, in modo che solo i giovani possano prendere parte alle varie attività, senza che vi siano anziani a togliere loro spazio o a privarli della possibilità di auto addestrarsi e di esprimere le loro idee. Nello stesso tempo, l’Assemblea Nazionale potrebbe nominare nel Comitato Nazionale, che deve controllare il loro lavoro, alcune persone più anziane e di esperienza che coopererebbero con loro e li guiderebbero per le loro attività. Il Comitato Nazionale dovrebbe essere composto da persone entro l’età limite, e da più anziane.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 27 ottobre 1932) 574. I giovani bahá’í al di sotto dei 21 anni possono servire nei comitati «La questione se ai giovani bahá’í sia permesso servire in comitati diversi dal Comitato Giovani recentemente è emersa in molte lettere, ed egli considerato l’argomento ritiene che ai giovani bahá’í di meno di 21 anni non debba essere negato il privilegio di lavorare in un comitato. Sebbene non possano essere membri votanti della comunità bahá’í (o non possano esercitare affatto il loro diritto di voto fino al raggiungimento di quell’età) e, nello stesso modo, non possano essere eletti nelle Assemblee, non vi è alcuna ragione per cui non debbano servire la Causa nei diversi comitati, dato che tutti i comitati - nazionali o locali - sono subordinati alle Assemblee ed i loro membri non sono eletti ma nominati, e nominati proprio dalle Assemblee. Abbiamo molti giovani credenti devoti e pieni di talento che possono essere di grande aiuto alla Causa, pur non avendo ancora raggiunto la maggiore età.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 28 febbraio 1845) 575. Comitati locali «...riguardo ai comitati locali bahá’í: sebbene differenti nelle funzioni, godono di uguali diritti e sono soggetti a responsabilità ed obblighi che - seppure diversi per grado - sono egualmente vincolanti per tutti loro. I Comitati Locali, essendo nominati dall’Assemblea Spirituale Locale, sono responsabili solamente verso quella istituzione e, in qualunque momento, possono essere sciolti o se ne può variare la composizione. I comitati locali sono le mani dell’Assemblea Spirituale che li ha nominati... e come tali sono soggetti alle sue direttive. L’Assemblea Spirituale Locale non può delegare a nessuno dei comitato locali l’autorità di esercitare controlli o supervisione su un altro comitato o corpo che ha nominato. Tutti i comitati locali sono direttamente ed esclusivamente responsabili verso l’Assemblea Locale ed essa sola ha potere di supervisione su di loro.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 16 febbraio 1939) 576. Struttura dei comitati nazionali e regionali d’insegnamento «... Si tratti della rappresentanza nazionale eletta, o della sua principale istituzione ausiliaria, il Comitato Nazionale per l’Insegnamento, o dei suoi organi ausiliari, i comitati regionali per l’insegnamento, o di Assemblee Spirituali Locali e dei rispettivi comitati per l’insegnamento, coloro che lavorano per la diffusione della Causa di Bahá’u’lláh devono assicurare, con un costante scambio di idee, con lettere, circolari, relazioni, bollettini e latri mezzi di comunicazione con questi strumenti con questi strumenti ufficiali addetti alla propagazione della Fede, che l’apparato per l’insegnamento del loro Ordine Amministrativo funzioni armoniosamente e speditamente. In tal modo si eviteranno ogni confusione, ritardo, duplicazione di sforzi, dissipazione di energie e la grande piena della grazia di Bahá’u’lláh, fluendo copiosa e senza il minimo intoppo attraverso questi importantissimi canali, inonderà i cuori e le anime a tal segno da abilitarli a produrre il raccolto predetto da ‘Abdu’l-Bahá.» (Shoghi Effendi, L’Avvento della Giustizia Divina, p. 41) XI. CONSULTAZIONE 577. Nessuna prosperità o benessere può essere conseguita se non con la consultazione «...Dì: nessuno può raggiungere il proprio vero rango, fuorché mediante la giustizia. Non esiste forza, se non attraverso l’unità; né prosperità o benessere può essere conseguita, se non con la consultazione.» (Compilazione Consultazione - Riunioni Bahá’í - La Festa del 19° Giorno, p. 7, n. 2) 578. Consultazione e compassione «...Il cielo della saggezza divina è illuminato dai due astri della consultazione e della compassione... (Consultazione, p. 7, n. 1) 579. Consultazione libera e franca «...La libera e franca consultazione è la base granitica di questo ordine senza eguali. L’autorità è riposta nelle mani dei membri eletti dell’Assemblea Nazionale. Il potere e l’iniziativa sono conferiti in primo luogo all’intero corpo dei credenti che agisce per mezzo delle rappresentanze locali. (Shoghi Effendi, Principles of Bahá’í Administration, p. 71, parzialmente in Consultazione, p. 24 n. 32) 580. Lo scopo della consultazione «Lo scopo della consultazione è mostrare che le idee di più persone sono sicuramente preferibili a quelle di una sola, così come la forza espressa da un gruppo di individui è superiore a quella di un singolo. Perciò la consultazione è ben accetta al cospetto dell’Onnipossente ed è stata ingiunta ai credenti, sì che possano conferire tanto su faccende ordinarie e personali, quanto su problemi di carattere universale e generale. Per esempio, se un uomo che ha un progetto da realizzare si consulta con uno dei suoi fratelli, ciò che è conveniente sarà sicuramente analizzato e svelato ai suoi occhi e la verità resa manifesta. Così. su un piano più alto, se gli abitanti di un villaggio si consultano sulle loro faccende, sicuramente emergerà la risoluzione giusta. Similmente, gli appartenenti a una data professione, come un’industria, devono consultarsi; altrettanto devono fare coloro che si occupano d’affari. In breve, la consultazione è desiderabile e accettabile in tutte le cose e le situazioni.» (Compilazione, Consultazione - Riunioni Bahá’í - La Festa del 19° Giorno, p. 15, n. 17) 581. Ogni petto deve essere una stazione telegrafica «Ogni petto deve essere una stazione telegrafica: un capo del filo attaccato all’anima e l’altro fissato alle Schiere Superne, affinché l’ispirazione possa venire dal Regno di Abhá e si discutano questioni reali. Allora le opinioni coincideranno con la verità; giorno dopo giorno vi sarà un miglioramento e le riunioni diventeranno più radiose e spirituali. Questa meta è condizionata dall’unità e dall’accordo: più perfetto sarà l’amore e l’accordo, più discenderanno le divine confermazioni e l’assistenza della Perfezione Benedetta... Nelle discussioni guardate all’essenza delle cose e non siate caparbi. Nessuno faccia asserzioni o insista sulla propria opinione, ciascuno cerchi piuttosto la verità con il più grande amore e cameratismo. Consultatevi su ogni questione e quando qualcuno espone il punto di vista della pura verità, essa sarà accettata da tutti. Allora crescerà fra voi l’unità spirituale, l’intelletto di ognuno sarà maggiormente illuminato, aumenterà la felicità e vi avvicinerete sempre più al Regno di Dio.» (`Abdu’l-Bahá, The Promulgation of Universal Peace, p. 183) 582. Chiunque può rimettere una questione all’Assemblea «Riguardo alla consultazione: chiunque può rimettere una questione all’Assemblea per consultazione con il consenso o meno dell’altra parte. In questioni che hanno effetti sulla Causa, l’Assemblea - ove lo ritenga necessario - può intervenire anche se entrambe le parti non lo vogliono, perché lo scopo primario delle Assemblee è di proteggere la Fede, le Comunità e i singoli Bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi. Principles of Bahá’í Administration, p. 58). 583. Ogni membro deve esprimere liberamente ed apertamente le proprie idee «Ma prima che l’Assemblea prenda una decisione a maggioranza di voti, ogni suo membro ha non solo il diritto, ma il sacro obbligo di esprimere liberamente ed apertamente le proprie idee, senza temere di scontentare o inimicarsi i suoi colleghi. Tenendo conto di questo importante principio di una consultazione franca e aperta, il Custode le suggerisce di evitare il metodo di chiedere che altri membri si facciano portavoce delle sue opinioni e suggerimenti. Questo modo indiretto di esprimere le proprie opinioni all’Assemblea non solo crea un’atmosfera di segretezza, che è assai lontano dallo spirito della Causa, ma genera spesso equivoci e complicazioni. I membri dell’Assemblea devono avere il coraggio delle proprie convinzioni, ma anche dar prova di obbedienza incondizionata e assoluta ai ben ponderati giudizi e alle direttive della maggioranza dei colleghi.» (Consultazione, p. 24, n. 33) 584. Nella votazione bahá’í non v’è astensione «È importante rendersi conto che lo spirito della consultazione bahá’í è molto diverso da quello che anima, nel loro processo decisionale, le istituzioni non bahá’í. L’ideale della consultazione bahá’í è giungere ad una decisione unanime. Quando ciò non sia possibile, si deve votare. Secondo le parole dell’amato Custode: “...allorché si richieda loro di prendere una certa decisione, essi, dopo spassionata, sollecita e sincera consultazione, devono volgersi in preghiera a Dio e, con serietà, convinzione e coraggio, dare il proprio voto e attenersi alla voce della maggioranza che, come il nostro Maestro ci ha detto, è la voce della verità, mai da contrastarsi, anzi da porsi sempre fedelmente in atto”. Non appena una decisione è presa essa diviene la decisione dell’intera Assemblea e non semplicemente di coloro che si sono trovati nella maggioranza. Quando qualcuno propone di porre una questione ai voti, un altro membro dell’Assemblea può ritenere che vi siano altri fatti o decisioni che debbano essere esaminati prima che egli si senta pronto a decidere e a votare la proposta consapevolmente. Egli deve esprimere i suoi sentimenti all’Assemblea e a questa spetta decidere se protrarre o no la discussione prima di votare. Quando si decide di votare su una proposta, è necessario unicamente accertare quali membri siano favorevoli: se sono la maggioranza dei presenti, La mozione è accettata, se sono la minoranza, è respinta. Perciò nelle votazioni bahá’í non esiste il problema dell’astensione. Chi non vota a favore di una mozione, in pratica vota contro, anche se in quel momento ritiene di non essere ancora in grado di prendere una decisione.» (Consultazione, p. 31, n. 46) 585. Decisioni a maggioranza di voti - Casi in cui l’Assemblea può decidere che tutti i nove membri devono essere presenti «Riguardo alle decisioni prese a maggioranza di voti, generalmente la maggioranza cui si fa riferimento è quella dei presenti ad una specifica riunione d’Assemblea. In ogni caso, l’Assemblea non può agire a meno che non sia presente almeno il quorum dei membri. Vi possono essere, comunque, casi in cui l’Assemblea può decidere che, in occasione della consultazione e del voto su particolari importanti questioni, debbano essere presenti tutti i nove membri; tale decisione rientra nell’ambito della discrezionalità dell’Assemblea.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Messico, 22 luglio 1984) 586. Inesistenza nella Causa di voti dissenzienti «Nella Causa non esistono voti dissenzienti. Quando la maggioranza di un’Assemblea prende una decisione, la minoranza, come ci ha detto il Maestro, deve accettarla. Insistere affinché si prenda nota dei voti dissenzienti non è bene e non porta a risultati positivi. Dobbiamo imparare a guardare alle leggi ed ai principi amministrativi della Causa e non alle manchevolezze dei singoli membri di un’Assemblea. (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 19 Mirza 1950. Parzialmente citato in Consultazione - Riunioni Bahá’í - La Festa del 19° Giorno, p. 28, n. 43) 587. Sospendere la consultazione quando insorgono inimicizia e minacce «Gli stimati membri dell’Assemblea Spirituale devono adoperarsi affinché non sorgano divergenze, ma se ciò accadesse, non devono arrivare al punto di creare conflitti, odi e antagonismi, che conducono a situazioni pericolose. Quando vi accorgete che avete raggiunto un limite oltre il quale possono insorgere inimicizia e minacce, sospendete immediatamente la discussione finché cessati gli alterchi, dispute e schiamazzi, si presenti un momento più propizio.» (Compilazione, Consultazione - Riunioni Bahá’í - La Festa del 19° Giorno, p. 16, n. 19) 588. Non prendere decisioni importanti negli affari personali senza essersi consultati «Chiarire ogni cosa, grande o piccola, mediante la consultazione. Non prendete importanti decisioni nei vostri affari personali, senza esservi prima consultati. Siate solleciti l’uno dell’altro. Datevi reciproca assistenza nei rispettivi progetti e piani . Preoccupatevi gli uni degli altri. Non lasciate che alcuno in tutto il paese resti senza aiuto. Siate amici fra voi fino a divenire tutti come un solo corpo...» (Ibidem, p. 16, n. 20) 589. Se un credente ha un problema gli sono aperte diverse possibilità «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 14 febbraio 1973, sugli usi della consultazione bahá’í. È ovviamente un problema in cui si deve evitare la rigidità. A ogni credente che abbia un problema, per il quale debba prendere una decisione, sono aperte diverse possibilità. Se si tratta di una faccenda riguardante gli interessi della Fede, egli deve consultarsi con l’Assemblea o con il comitato competente; ma gli amici hanno molti problemi puramente personali, che non sono tenuti a sottoporre alle istituzioni della Fede; anzi, quando le necessità del lavoro d’insegnamento sono impellenti, è meglio che essi non sovraccarichino le loro Assemblee con problemi personali, che possono anche risolvere direttamente. Chi ha un problema, a volte, desidera prendere una decisione dopo aver pregato e averne soppesato mentalmente ogni aspetto; a volte preferisce chiedere consiglio ad amici o consulenti professionali, come medici o avvocati, in modo da poterne considerare, nel decidere, il parere; oppure, quando parecchie persone siano coinvolte, come nel caso di situazioni familiari, può decidere di riunire tutti gli interessati, per giungere ad una decisione collettiva. Non vi è nulla da obiettare se un bahá’í chiede ad un gruppo di persone di consultarsi sul problema che lo assilla. Si deve comunque ricordare che ogni consultazione mira allo scopo di trovare una risoluzione a un problema e che è ben diversa dal sistema usuale in certi ambienti di mettere a nudo la propria anima, sistema che assomiglia ad una specie di confessione, proibita dalla Fede. Sul tema della confessione il segretario del Custode scrisse a suo nome ad un credente: “È proibito confessare peccati e trasgressioni a qualsivoglia persona, come fanno i cattolici con i loro preti, o in pubblico, come certe sette religiose. Però se desideriamo riconoscere che abbiamo errato in qualche cosa, o ammettere i difetti del nostro carattere, e chiedere a qualcuno perdono o scusa, siamo liberi di farlo. Il Custode desidera chiarire tuttavia, che non siamo obbligati a farlo. Ciò è lasciato interamente alla nostra personale discrezione”.» (Consultazione, pp. 32-33, n. 47) 590. L’Assemblea non può chiedere ad un suo membro di non partecipare alla consultazione «Nella vostra lettera del 4 aprile chiedete ulteriori chiarimenti sulle norme che regolano la presenza di un membro dell’Assemblea Nazionale, quando si discute un argomento che lo o la riguardi personalmente. Il primo principio da tener presente è che ogni membro di Assemblea ha l’assoluto ed incontrovertibile diritto di partecipare ad ogni sua seduta e di essere pienamente informato su ogni tema da affrontare. Il secondo principio riguarda il distacco nella consultazione. I membri di una Assemblea devono imparare ad esprimere i loro punti di vista in modo calmo e franco, senza alcuna passione o rancore. Devono altresì imparare ad ascoltare le opinioni dei loro colleghi senza offendersi o sminuire le idee. La consultazione bahá’í non è un metodo facile: richiede amore, gentilezza, coraggio morale ed umiltà. Così nessun membro dovrebbe evitare di esprimere francamente la propria idea per paura che possa offendere un collega; ed quando compreso questo, nessun membro dovrà offendersi per le affermazioni di un altro. Il terzo principio è che se un credente ritiene che l’Assemblea gli ha fatto un’ingiustizia, ha il diritto di appellarsi per le vie normali.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Italia, 26 agosto 1965) 591. Un membro può allontanarsi durante la discussione di una questione che lo riguarda «Abbiamo rilevato che... lasciò la stanza mentre l’Assemblea Nazionale discuteva sui modi e mezzi per aiutarla. Naturalmente, se un membro vuole allontanarsi durante la discussione di una questione che lo riguarda, non vi sono obiezioni; ma l’Assemblea Nazionale non può richiedere ad un membro di allontanarsi dalla consultazione, quindi ha pieno diritto di rimanere.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Italia, 23 febbraio 1965) «Si deve inoltre comprendere che un membro può non voler partecipare a quelle sedute in cui si discutano argomenti che lo riguardano personalmente. In tali casi egli può assentarsi, a meno che l’Assemblea non gli chieda di essere presente.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia al Centro Internazionale d’Insegnamento, 22 gennaio 1975) 592. Una franca, ampia e imparziale consultazione deve guidare il lavoro «Nella nostra Fede non può esservi spazio alcuno per le manovre politiche comuni nell’ambiente esterno. Franchezza e consultazione ampia ed imparziale devono guidare il lavoro di tutte le Assemblee e comitati, e qualsiasi cosa meno di questa è non solo indegna di un bahá’í, ma palese disobbedienza alle istruzioni del Maestro, e segno di mancanza di fede.» (Da una lettera del 29 novembre 1948 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) XII. IL PATTO A. Il Patto Bahá’í 593. Il Patto bahá’í «Circa il significato del Patto bahá’í, il Custode considera l’esistenza di due forme di Patto, entrambe esplicitamente menzionate negli scritti della Causa. La prima è il Patto che ogni Profeta stabilisce con il genere umano o, più specificatamente, con il suo popolo, per cui quest’ultimo accetterà e seguirà la successiva Manifestazione che sarà la riapparizione della Sua realtà. La seconda forma di Patto è come quella che Bahá’u’lláh stabilì con la Sua gente e per cui questa doveva accettare il Maestro (‘Abdu’l-Bahá). Ciò serve semplicemente per stabilire e rafforzare la successione della serie di Luci che appaiono dopo ogni Manifestazione. Nella stessa categoria rientra il Patto che il Maestro fece con i bahá’í, per cui essi dovevano accettare la Sua amministrazione dopo di Lui...» (Il Patto e l’Amministrazione Bahá’í, pp. 19-20) “Il Più Grande Patto è diverso dal Patto Eterno.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 19 novembre 1945) 594. Fermezza nel Patto: Fosse pure un’insignificante formica... «...Siate certi che se un’anima si leva con massima perseveranza e lancia l’Appello del Regno e risolutamente promulga il Patto, fosse pure insignificante formica, avrà il potere di cacciar via dall’arena il temibile elefante, e fosse pure fragile moscerino, spezzerà le penne del rapace avvoltoio. “ (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, p. 199, n. 184) 595. Il Libro Cremisi «...ciò che Bahá’u’lláh non sviluppò, ma volle intendere con la parola ‘mondo’ indicata nel Libro Cremisi, era il potere del Patto. Il Libro Cremisi si riferisce al Libro del Suo Patto, ed il sopradetto riferimento significa il potere d’unità che il Patto possiede ed irradia. A pag. 244 di Dio Passa nel Mondo troverà il riferimento al Libro Cremisi citato nell’ Epistola al Figlio del Lupo.» (Lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 5 gennaio 1948) 596. Il Patto stipulato sul monte Párán «In quanto ai versetti delle Parole Celate riguardanti il Patto stipulato sul monte Párán, ciò significa che agli occhi di Dio passato, presente e futuro sono la stessa identica cosa; mentre in relazione all’uomo, il passato è trascorso e dimenticato, il presente è fuggevole e il futuro è nel regno della speranza. Ed è principio basilare della legge di Dio che in ogni Missione Profetica Egli stringa un Patto con tutti i credenti - un patto che dura fino alla fine di quella Missione, fino al giorno promesso in cui il Personaggio sancito all’esordio della Missione non sia palesato. Considerate Mosè, Colui che conversò con Dio. In verità, sul monte Sinai, Mosè stipulò un Patto riguardante il Messia con tutte quelle anime che sarebbero vissute ai tempi del Messia. E quelle anime, pur apparse molti secoli dopo Mosè, nondimeno erano - per quanto riguarda il Patto, che è fuori del tempo - presenti là con Mosè. Ma gli ebrei erano ignari e non lo ricordavano e perciò ne ebbero grande e chiara rovina.» (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, p. 197, parzialmente n. 181) 597. Per fronteggiare le prove è necessario che i credenti si approfondiscano nel Patto «...ai credenti occorre approfondirsi nella conoscenza e comprensione dei Patti sia di Bahá’u’lláh che di ‘Abdu’l-Bahá. Questa è la roccaforte della fede di ogni bahá’í, che gli consente di fronteggiare tutte le prove e gli attacchi dei nemici esterni alla Fede, nonché di quelle di gran lunga più pericolose ed insidiose di persone poco ferventi all’interno della Fede, che non hanno un vero attaccamento al Patto e di conseguenza, pur sostenendo l’aspetto intellettuale degli insegnamenti, nello stesso tempo minano la base spirituale su cui si fonda l’intera Causa di Dio. “Egli pensa che lei ed i suoi cari familiari dobbiate fare il possibile per spiegare ai credenti le Ultime Volontà e Testamento e per consolidare la comprensione delle importanti disposizioni in esso contenute, poiché tutta l’autorità delle istituzioni amministrative, compresa quella dello stesso Custode, deriva principalmente da questo straordinario documento.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 15 aprile 1949) 598. Ultime Volontà e Testamento di ‘Abdu’l-Bahá - Occorre un secolo per comprenderli «L’attuale generazione è lontanissima dal comprendere i contenuti delle Ultime Volontà del Maestro. Sarà necessario almeno un secolo di attivo lavoro prima che i tesori di saggezza in esse celati possano essere palesati. Come possiamo noi ora e con la nostra limitata comprensione decretare il loro spirito ed il loro significato?” (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 25 Mirza 1930) 599. Le Ultime Volontà e Testamento salvaguardano l’unità della Causa «Tuttavia ciò che egli considera ora della massima importanza per i credenti, singolarmente e nelle loro totalità, è il tenersi saldamente attaccati alle disposizioni delle Ultime Volontà e Testamento del diletto Maestro, poiché solo così si potranno mantenere, salvaguardare e assicurare l’unità della Causa e la sua sicura e rapida crescita. Tale assoluta ed incrollabile fedeltà alle Ultime Volontà di ‘Abdu’l-Bahá, e la ferma adesione ai principi dell’Ordine Amministrativo, sono prescritti infatti ad ognuno degli amici, senza distinzione alcuna. Solo su queste basi si può salvaguardare e dar fiorire la Fede.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 18 luglio 1938) 600. Parlare contro il Patto «Il mio scopo è spiegarvi che è vostro dovere proteggere la religione di Dio in modo che nessuno possa aggredirla, dall’esterno e dall’interno. Se v’accorgete che qualche persona - non importa chi sia, fosse Mio figlio - diffonde insegnamenti nocivi, in verità sappiate che non ho assolutamente niente a che fare con lui. Se qualcuno parla contro il Patto - fosse pure Mio figlio - sappiate che Io sono contro di lui. Coloro che dicono falsità, che bramano le cose di questo mondo e cercano di accumulare le ricchezze di questa terra non sono dei Miei. Ma se trovate una persona che vive secondo gli insegnamenti di Bahá’u’lláh, seguendo i precetti delle Parole Celate, sappiate che appartiene a Bahá’u’lláh ed in verità Io proclamo che è dei Miei...» (‘Abdu’l-Bahá, The Promulgation of Universal Peace, p. 456) B. Espulsione dei violatori del Patto 601. Definizione di violatori del Patto «Le persone che si sono ritirate dalla Causa, perché non sentono più di poter aderire sinceramente ai suoi Insegnamenti ed alle sue Istituzioni, non sono violatori del patto: sono non bahá’í e proprio come tali dovrebbero essere trattate. Solo coloro che fanno lega in maniera attiva con i nemici riconosciuti della Fede con lo stesso spirito di questi possono essere considerati anche loro violatori del Patto. Come sapete, fino ad oggi nessuno, ad eccezione del Custode* ha avuto il diritto di dichiarare qualcuno violatore del Patto.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 30 Mirza 1957) (* Ora la Casa Universale di Giustizia) 602. La violazione del Patto è una malattia spirituale «...La violazione del Patto è una vera e propria malattia spirituale e l’intero modo di pensare e di comportarsi di un violatore del Patto è così venefico che il Maestro la paragonò alla lebbra, e avvertì gli amici che respirare la loro stessa aria era pericoloso. Ciò non deve essere preso alla lettera: intendeva dire che quando si è loro vicini tanto da respirare la stessa aria, si è anche abbastanza vicini da risentire della loro influenza corruttrice. Sua sorella non deve mai pensare, lei così leale e devota, d’essere diventata un ‘veicolo d’infezione’.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 29 luglio 1946) 603. I violatori del Patto sono contagiosi come la tisi ed il cancro «...Hai posto alcune domande: del perché le anime benedette e spirituali, che sono ferme e salde, devono evitare la compagnia di persone traviate. Ciò perché, similmente alle malattie del corpo, quali la tisi ed il cancro, che sono contagiose, alla stessa maniera le malattie spirituali sono pure infettive. Se un tisico stesse fra mille persone sane e di buona salute, la salute di quelle mille persone non influirebbe su di lui e non lo guarirebbe dalla sua tisi; al contrario se il tisico si unisse con quei mille, in breve tempo la tisi infetterebbe un certo numero di persone sane: questo è chiaro ed evidente.» (‘Abdu’l-Bahá, Tavola ad un credente, ottobre 1921, Il Patto e l’Amministrazione Bahá’í, p. 60) 604. Affetti da malattia spirituale contagiosa «Per quanto riguarda la domanda del sig. .... circa i violatori del Patto, Bahá’u’lláh ed il Maestro ci hanno detto, in diversi passi e con molta enfasi, di evitare in maniera assoluta tutti i violatori del Patto, poiché sono affetti da ciò che potremmo definire una malattia spirituale contagiosa; ci hanno anche detto, comunque, di pregare per loro. Quelle anime non sono perdute per sempre. Nell’Aqdas, Bahá’u’lláh dice che Dio perdonerà Mirza Yahyá se si pentisse; ne consegue che Dio perdona qualunque anima, se si pente. Sfortunatamente la maggior parte dei violatori non vuole pentirsi. Se il perdono può essere concesso ai leader, è ovvio che anche i loro seguaci possono essere perdonati. “Inoltre, quanto detto non ha nulla a che fare con “l’unità” della Causa: se una persona estrae un tumore dal suo corpo per la salute e la vita, nessuno avrebbe l’ardire di suggerire che per amore di unità lo introduca in un altro organismo sano. Al contrario, ciò che una volta era parte di lui è così radicalmente mutato da essere divenuto un veleno.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 30 novembre 1944, Principles of Bahá’í Administration, pp. 22-23) 605. Frequentare non bahá’í che hanno rapporti con violatori del Patto «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 14 Mirza 1970 nella quale chiedete se agli amici sia proibito frequentare non bahá’í che hanno stretti rapporti con violatori del Patto. Non esistono in merito regole rigide. In talune circostanze il coinvolgimento dei non bahá’í può essere superficiale ed innocuo, nel qual caso non si deve intentare alcuna azione; per esempio, talvolta i bahá’í si sono serviti di legali non bahá’í per prendere contatto con violatori del Patto per questioni di affari. Se, invece, il violatore del Patto si serve di un non bahá’í come mezzo per diffondere le sue idee fra gli amici, allora è necessario informare il Corpo Continentale dei Consiglieri e gli amici devono accettare senza riserve qualsiasi decisione venga presa da detto Corpo in consultazione con le Assemblee Nazionali Spirituali interessate.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 2 aprile 1970) 606. Nemici della Fede «Ora alcuni dei mestatori, con molti stratagemmi, stanno cercando il primato e al fine di ottenerlo instillano dubbi negli amici, sì che possano creare divergenze, divergenze che conducano alla formazione di un partito a loro vantaggio. Ma gli amici di Dio devono essere svegli e sapere che la disseminazione di questi dubbi ha quali moventi le ambizioni personali e il conseguimento del primato.» (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, p. 204, n. 186) C. Divieto per i credenti di frequentare i violatori del Patto 607. Scomunica «La scomunica è un provvedimento di carattere spirituale... Solo gli effettivi nemici della Causa vengono scomunicati. D’altra parte, coloro che screditano apertamente la Fede o si rifiutano di rispettare le sue leggi possono essere puniti con la privazione del diritto di voto, che è già di per sé un severo provvedimento. È proprio per quest’ultimo motivo che egli (il Custode) ha sempre esortato tutte le Assemblee Nazionali (le uniche istituzioni che possano adottare questo provvedimento) ad ammonire più volte questi sciagurati prima di privarli del loro diritto. Pensa che in tali questioni la vostra Assemblea debba agire con la massima saggezza, comminando la sanzione solo se agli occhi del pubblico il credente con la sua condotta stia ledendo seriamente la Fede o violando in modo flagrante le leggi di Dio. Se una sanzione simile fosse applicata con leggerezza gli amici non le attribuirebbero alcuna importanza o penserebbero che l’Assemblea Spirituale Nazionale la usi ogni qualvolta sia contrariata per la disobbedienza di qualche credente nei suoi confronti. Dobbiamo sempre ricordare - per quanto spiacevole e puerile possa sembrare - che alcuni di coloro i quali importunano maggiormente le Istituzioni Nazionali sono spesso credenti molto leali, convinti di proteggere i reali interessi della Fede contestando le decisioni dell’Assemblea Spirituale Nazionale.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India, 8 maggio 1948) 608. Nessuno ha il diritto di incontrare i violatori del Patto «Nessuno ha alcun diritto di incontrare i violatori del Patto senza il permesso dell’Assemblea Spirituale Nazionale, e la signora.... contravvenendo a ciò, deve capire che si sta mettendo in contatto con una pericolosa e contagiosa malattia spirituale, come il Maestro ha ripetutamente sottolineato! Inoltre, frequentando violatori del Patto, disobbedisce a precise istruzioni del Maestro e del Custode.» (Da una lettera scritta a nome del Custode a due credenti, 5 maggio 1947) 609. I bahá’í non possono frequentare coloro che hanno abbandonato la Causa e sono in contatto con violatori del Patto «Non esiste alcuna scusante per i credenti che continuano a frequentare il sig.... e coloro che - a conoscenza dei fatti - persistono ancora a farlo, devono essere evitati dagli altri amici bahá’í. Lo stesso comportamento deve essere tenuto nei confronti di coloro che hanno lasciato la Causa e frequentano il sig. ... Il motivo è che se dei credenti conoscono ed incontrano persone che a loro volta conoscono violatori del Patto non vi è pericolo, perché dette persone - non essendo bahá’í - non hanno nulla a che fare con la questione. Ma coloro che hanno lasciato la Causa e deliberatamente frequentano violatori del Patto, essendo a conoscenza di questi argomenti, sono ben consapevoli di ciò che fanno, e pertanto noi dobbiamo evitare in modo assoluto di frequentarle. Spetta all’Assemblea Locale, sotto la guida dell’Assemblea Nazionale, far rispettare tali decisioni e proteggere la Causa nella sua area di giurisdizione. Occorre far capire agli amici, senza comunque soffermarsi troppo su queste cose di aspetto negativo, che alcune persone sono spiritualmente malate e che la loro malattia è, ahimé, contagiosa. Taluni ne guariscono, come successe al sig. ... il cui cuore non poté aver pace finché non fece ritorno all’ovile; altri no. Il Maestro e Bahá’u’lláh ci hanno insegnato che frequentare queste anime non le porta assolutamente alla guarigione, ma al contrario ci espone al grosso pericolo del contagio. La storia della Fede ha dato di ciò innumerevoli prove. L’unico modo con cui possiamo provar loro che sbagliano è censurare la loro condotta; se simpatizziamo con essi, fortifichiamo solamente la loro perversità e riottosità.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 23 gennaio 1945) 610. I bahá’í possono rimanere in una riunione non bahá’í, anche se vi interviene un violatore del Patto «Riguardo all’evitare di frequentare i violatori del Patto, Shoghi Effendi dice che ciò non significa che se uno o più di costoro partecipa ad una riunione non bahá’í, i bahá’í presenti devono sentirsi in dovere di lasciare la riunione o rifiutare di prendervi parte, specialmente se la partecipazione era stata programmata. Inoltre, se nel corso di taluni rapporti d’affari fosse necessario trattare con una di queste persone per avere chiarimenti su di essi ciò è permesso, purché l’incontro sia limitato solo all’affare in questione. È diverso il caso in cui un violatore del Patto intervenisse in una riunione bahá’í: allora sarebbe necessario invitarlo, con tatto e dignità, a lasciare la riunione, avendo i bahá’í il divieto di frequentarlo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 16 maggio 1925) 611. Rapporti personali coi violatori del Patto «Ai credenti non è proibito e non costituisce di per sé una violazione del Patto leggere gli scritti dei violatori. Infatti, taluni bahá’í hanno lo spiacevole compito di leggere tali scritti, come parte delle loro responsabilità per proteggere la Causa di Bahá’u’lláh. Tuttavia, gli amici sono ammoniti molto energicamente contro la lettura di quella letteratura, perché la violazione del Patto è un veleno spirituale: calunnie e distorsioni della verità divulgate dai violatori del Patto sono tali che possono minare la fede del credente e piantarvi i semi del dubbio, a meno che egli non sia premunito da un’incontrollabile fede in Bahá’u’lláh e nel Suo Patto, e non conosca la realtà dei fatti. In ogni caso, sono rigidamente proibiti i rapporti personali con i violatori del Patto, quali incontri e scambi di corrispondenza. A questo proposito, comunque, è importante ricordare due riserve: Prima: i diritti civili dei violatori del Patto devono essere scrupolosamente difesi. Per esempio, se un bahá’í ha un debito verso uno di loro occorre che le saldi e che faccia fronte a tutti i suoi impegni. Seconda: sebbene ai credenti sia richiesto di evitare, se possibile, ogni contatto con i violatori del Patto, talvolta ciò non è attuabile per motivi legati a questioni di affari. Per esempio, in una città il capo dell’ufficio delle imposte era violatore del Patto. In tali situazioni i credenti devono limitare i loro rapporti al minimo ed al puro livello formale.» (Da una lettera scritta dalla Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 29 ottobre 1974) 612. Identico trattamento per tutti i violatori del Patto, a prescindere dalla natura della trasgressione «Con riferimento alla vostra lettera dell’8 aprile nella quale chiedete: ‘Un provvedimento disciplinare per una disobbedienza al Custode comporta le stesse implicazioni della violazione del Patto in relazione ad un ordine dottrinale?’ Non esiste alcuna distinzione fra i due concetti. Tutti i violatori del Patto, a prescindere dalla natura della loro trasgressione, devono essere trattati esattamente nella stessa maniera.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 19 luglio 1964) 613. L’opposizione dovuta ad ignoranza o mancanza di adeguata preparazione non è violazione al Patto «In presenza di una persona che si oppone ad alcuni fondamenti della nostra Fede, quale l’Istituzione del Custodiato, si deve - prima di prendere iniziative - essere certi che ciò non sia dovuto ad ignoranza o mancanza di adeguata preparazione. Non si deve supporre immediatamente che quella persona sia necessariamente contaminata dallo spirito dei violatori del Patto. Ma, ove il caso sia proprio questo, allora l’Assemblea deve adottare un’azione energica.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 24 luglio 1948) 614. Ruolo del Membro del Consiglio Ausiliare per la Protezione* «La necessità di proteggere la Fede, sia al suo interno che all’esterno, dagli attacchi dei suoi nemici non è generalmente recepita dagli amici, in particolare in occidente dove tali attacchi hanno avuto finora carattere intermittente. Una delle funzioni vitali dei Consigli Ausiliari per la Protezione è approfondire gli amici nella conoscenza del Patto ed accrescere il loro amore e la loro lealtà verso di esso, nonché favorire lo spirito di amore e unità all’interno della comunità bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Venezuela, 1 ottobre 1979) (*Vedi anche il n. 1112) 615. La misericordia di Dio è maggiore della Sua Giustizia «...noi crediamo che la misericordia di Dio sia maggiore della Sua Giustizia, e che mercè il pentimento di un’anima, le preghiere e le suppliche di altre anime, e la bontà di Dio, perfino una persona morta in grande oscurità spirituale può essere perdonata, educata spiritualmente nel mondo a venire e progredire. Tenuto conto della delibera scelta di... di lasciare il Custode per unirsi ai violatori del Patto, e dei suoi continui rapporti con loro, è evidente ch’egli certamente soffre di una malattia spirituale.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 7 febbraio 1947) 616. Essere nemico dei nemici di Dio è buona caratteristica «Essere il nemico dei nemici di Dio è una buona caratteristica. Noi non siamo contro di loro a livello personale, proprio come qualsiasi persona intelligente non è personalmente contro un’altra che ha una pericolosa malattia contagiosa. Tuttavia essa isola accuratamente l’individuo malato affinché il contagio non si diffonda. Nello stesso modo noi evitiamo gli spiritualmente malati e ne desideriamo la guarigione, ma ci teniamo lontani da loro. Lei ha ragione a prendere una ferma posizione riguardo agli Orientali. Si potrebbe supporre che gli eventi mondiali stiano aprendo gli occhi degli Americani su certe infide e nocive caratteristiche dei nativi del Medio Oriente?” (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 22 novembre 1951) 617. È meglio essere molto vigili che troppo negligenti «Il Custode pensa che il suo atteggiamento vigile e di profonda lealtà sia del tutto giusto. In questioni come il Patto, è assai meglio essere molto vigili che troppo negligenti. Comunque non ritiene che il sig. ... manchi di fermezza e fede. Molti bahá’í... pur leali verso la Causa ed il Custode, non afferrano completamente le implicazioni delle Ultime Volontà del Maestro ed il pieno Rango dei Custodi della Causa. Hanno bisogno di studiare in modo più appropriato l’aspetto spirituale degli Insegnamenti e le Ultime Volontà stesse. E questo ha consigliato di fare a...» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 5 luglio 1949) 618. Probabilmente nessun gruppo ha un linguaggio tanto suadente come i violatori del Patto «...E un peccato che alcuni amici occidentali, con non comune ingenuità, non recepiscano il fatto che non c’è assolutamente niente che tiene fuori dalla Causa di dio coloro che hanno violato il Patto di Bahá’u’lláh o di ‘Abdu’l-Bahá, eccetto la loro condizione di ‘interiore malattia spirituale’. Se fossero sani, e non malati, e volessero servire la nostra Fede, si rivolgerebbero direttamente al Custode, il quale sarebbe in grado di giudicare la loro sincerità e, in caso positivo, li riaccoglierebbe nei ranghi dei fedeli come fece con Sydney Sprague. Sfortunatamente, un uomo malato non sta meglio solo affermando di non esserlo! Ciò che conta sono i fatti e le reali condizioni. Probabilmente nessun gruppo di persone, nel mondo, parla in modo più suadente o proclama a voce più alta la sua innocenza, di coloro che nell’intimo del loro cuore, e con ogni loro atto, sono nemici del Centro del Patto. Il Maestro sapeva bene questo ed ecco perché diceva che dobbiamo sfuggire la loro compagnia ma pregare per loro. Se mettiamo un lebbroso in una stanza insieme a persone sane, egli non può acquisire la loro salute; al contrario sono gli altri che molto facilmente possono contrarre la sua orribile malattia.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 11 aprile 1949) 619. L’Assemblea Nazionale deve considerare se stessa come un Comitato di vigilanza «Egli pensa che la vostra Assemblea debba raddoppiare la su vigilanza: infatti ritiene che l’Assemblea Nazionale debba considerare se stessa, a prescindere dagli altri compiti, come un Comitato di Vigilanza per sorvegliare sulla Fede e proteggerla dai nemici interni e dalle insidiose attività costantemente messe in atto...» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 21 settembre 1957) 620. Più di qualunque altra cosa al mondo, i bahá’í hanno bisogno di una più profonda comprensione dei Patti di Bahá’u’lláh e del Maestro «Il Custode è stato notevolmente turbato nell’apprendere della disarmonia che è nata a... Pensa che ciò di cui i bahá’í di... hanno bisogno - e devono avere - più di ogni altra cosa al mondo è una comprensione molto più profonda dei Patti di Bahá’u’lláh e del Maestro. Queste sono le sicure fondamenta senza le quali nessuna solida struttura superiore può essere edificata. Né l’amministrazione, né il generale lavoro d’insegnamento della Causa... faranno progressi, o saranno in grado di realizzare qualcosa, a meno che i credenti non siano bahá’í veramente saldi, approfonditi e spiritualmente convinti. Una comprensione intellettuale degli Insegnamenti è puramente superficiale; alla prima reale prova tali credenti vengono scrollati giù dal ramo! Ma una volta che un bahá’í ha la profonda convinzione dell’autorità di Dio, conferita al Profeta, trasmessa al Maestro, e da questo ai Custodi, e che fluisce attraverso le Assemblee e crea un ordine basato sull’obbedienza - una volta che un bahá’í ha ciò, nient’altro può creare ordine e quindi (il Custode) esorta lei e gli altri membri del... di dedicare quanto più tempo possibile ad educare i credenti nel Patto.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 11 aprile 1949) D. Espulsione e reintegrazione; Responsabilità della protezione; Libri scritti da nemici della Fede 621. Espulsione dei violatori del Patto «L’autorità di espellere e di reintegrare è detenuta dalle Mani della Causa, previa approvazione in ogni caso della Casa Universale di Giustizia.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia al Corpo Continentale dei Consiglieri, 24 giugno 1968) 622. La protezione è funzione specifica della Mani della Causa «...sebbene la protezione e la propagazione della Fede rientrino tra le funzioni peculiari delle Mani della Causa di Dio, che hanno una particolare competenza per queste funzioni, tuttavia anche la Casa Universale di Giustizia e le Assemblee Spirituali hanno il dovere imposto da Bahá’u’lláh ad ogni credente.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 27 maggio 1966, Wellspring of Guidance, p. 86) 623. Espulsione e reintegrazione «L’autorità di espellere e reintegrare i violatori del Patto è detenuta dalle Mani della Causa di Dio. Tutte le indagini del caso saranno effettuate localmente dal relativo Corpo Continentale dei Consiglieri in consultazione con qualsiasi Mano o più Mani che possano trovarsi nella zona. Il Corpo Continentale dei Consiglieri e le Mani interessate invieranno quindi i loro rapporti al Centro Internazionale d’Insegnamento dove saranno esaminati. La decisione circa l’eventuale o meno espulsione o reintegrazione, sarà presa dalle Mani della Causa residenti in Terra Santa, le quali - come attualmente - la sottoporranno all’approvazione della Casa Universale di Giustizia.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del mondo, 8 giugno 1973) 624. Risultati da conseguire con il Patto dell’Eterno Padre «Il progresso della Causa di Dio acquista una velocità sempre crescente e noi possiamo guardare con fiducia al giorno in cui questa Comunità - nel momento scelto da Dio - avrà percorso le tappe preannunciate dal Custode ed avrà eretto su questo tormentato pianeta le belle magioni del Regno di Dio, dove l’umanità potrà trovare la fine della confusione, del caos e delle rovine da essa stessa provocati; dove gli odi e la violenza di quest’epoca saranno tramutati in un costante senso di fratellanza e di pace universale. Tutto ciò sarà conseguito rimanendo entro il Patto del Padre Eterno, il Patto di Bahá’u’lláh.» (Dal Messaggio della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del Mondo, Ri?ván 1973) 625. Includere corsi sulla violazione del Patto nei programmi delle Scuole Estive «...e la vostra Assemblea non può essere mai troppo attenta e vigile nel sorvegliare la Comunità, nello scovare le fonti di corruzione e nel proteggere gli amici. Egli pensa che nel programma della Scuola Estiva debba essere incluso un corso sulla violazione del Patto, di modo che gli amici possano comprendere la natura di questo male, come ha nuociuto alla nostra Fede per cento anni, e ad altre Fedi nel passato. I bahá’í Americani, fatta eccezione per i vecchi, non sembrano avere idea di ciò che è un violatore del Patto, ed i luoghi per educarli in tali questioni sono proprio le Scuole Estive o altre occasioni in cui si ritrovano in gran numero.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 21 settembre 1957) 626. Divieto di accettare contribuzioni da coloro che hanno perduto il diritto di voto, ma possono essere sepolti in cimiteri bahá’í e ricevere la carità «...Poiché le contribuzioni ai fondi sono utilizzate per sostenere l’amministrazione della Fede, non possono essere accettate da coloro che hanno perduto il diritto di voto; tuttavia a tali credenti non deve essere negata né la sepoltura in un cimitero bahá’í, né - ove si trovino in pressante bisogno - la carità, che facciamo anche ai non bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India, Dawn of a New Day, p. 123) 627. Pubblicazioni scritte da nemici della Fede «In risposta alla vostra lettera del 20 settembre 1975 la Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di dirvi che occorre raccomandare agli amici di ignorare quei libri e quelli simili che potrebbero essere scritti da nemici della Fede. È ovvio che non si deve compiere alcun tentativo di distruggere o eliminare quei libri dalle biblioteche; d’altra parte, non vi è la minima necessità che gli amici li acquistino: la cosa migliore da fare, infatti, è ignorarli del tutto.» (Riferimento ai libri di Hermann Zimmer e William Miller. Lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Panama, 2 ottobre 1975) 628. Libri scritti da ignoranti avversari della Causa «È meglio non leggere, né parlare di libri scritti da violatori del Patto, poiché costoro hanno in odio la Luce e sono affetti da lebbra spirituale. Tuttavia, è permesso leggere libri scritti da ben intenzionati, anche se ignoranti, avversari della Causa, per essere in grado di confutare le loro accuse.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 19 Mirza 1945, Guidelines for Local Spiritual Assemblies, pp. 107-108) 629. Obbedienza al Centro del Patto «….chiunque obbedisca al Centro del Patto nominato da Bahá’u’lláh, ha obbedito a Bahá’u’lláh e chiunque Gli disobbedisca ha disobbedito a Bahá’u’lláh.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, p. 323) XIII. MORTE A. Ultime Volontà 630. Ogni bahá’í è incoraggiato a fare testamento «Nel Kitáb-i-Aqdas Bahá’u’lláh afferma: “È stato ingiunto che tutti scrivano un testamento. Il testatore deve aprire questo documento con l’ornamento del Più Grande Nome, rendervi testimonianza all’unicità di Dio nell’Alba della Sua Rivelazione e far menzione, come desidera di ciò che è degno di lode, sì che possa essere per lui testimonianza nei regni della Rivelazione e del Creato e tesoro presso il suo Signore, il Supremo, il Protettore, il Fedele”.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 4 settembre 1982) 631. Nel Testamento il credente può disporre entro i limiti di legge dei suoi beni come crede «Secondo gli Insegnamenti di Bahá’u’lláh è obbligo essenziale per ogni bahá’í fare testamento. Ogni credente è libero di disporre dei propri beni come meglio crede, entro i limiti imposti dalla legge civile, e previo pagamento delle spese del funerale e l’assolvimento di altri debiti ed obbligazioni. Esistono vari modi per lasciare le istruzioni per il proprio funerale e non vi è obiezione che esse siano incluse nello stesso testamento, sempre che legge lo consenta e il credente lo desideri.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Bolivia, 1 ottobre 1980) 632. Evitare di nominare esecutrice testamentaria l’Assemblea Nazionale o Locale, ove le Istituzioni così dispongano «Se un credente esprime il desiderio di fare un lascito all’Assemblea Spirituale Nazionale o Locale, potete fornire le informazioni circa l’esatto nome de indirizzo di tale istituzione, e siete liberi di informare coloro che ne fanno richiesta che né l’Assemblea Nazionale né quella Locale devono essere nominate esecutrici testamentarie.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Hawaii, 14 gennaio 1971) 633. I bahá’í devono specificare nel testamento il loro desiderio di avere un funerale bahá’í - Dovrebbero informarne l’Assemblea ed i parenti non bahá’í «Bisogna raccomandare fermamente agli amici di fare testamento e di specificarvi ch’essi vogliono che il funerale sia condotto a cura della Fede Bahá’í o almeno in conformità ai suoi requisiti, e di esprimere - in vita - tale loro volontà all’Assemblea Spirituale Locale ed ai parenti. In questo modo è molto probabile che, prima della morte, si possano raggiungere accordi con i parenti non bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Francia 18 agosto 1972) 634. Attenta considerazione da parte dell’Assemblea Spirituale verso lasciti del testatore - Eventuale rifiuto di irragionevoli richieste «Alla luce delle leggi bahá’í un testamento è sacro e quindi, in caso di lascito a favore dell’Assemblea Spirituale condizionato a certi specifici obblighi, l’Assemblea ha la responsabilità di assolverli. Tuttavia, se il testamento impone un irragionevole gravame finanziario o condizioni che potrebbero comportarlo, oppure se l’adempimento delle condizioni fosse pregiudizievole per i migliori interessi della Fede, l’Assemblea non avrebbe altra alternativa che rifiutare il lascito, poiché la sua accettazione le imporrebbe di adempiere anche le condizioni.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Germania, 10 gennaio 1978) 635. Dichiarazione di nullità da parte dell’Assemblea di una disposizione contraria alle leggi bahá’í «D’altra parte, se il testatore - essendo bahá’í - include nel suo testamento una disposizione contraria alle leggi bahá’í (per esempio seppellire i suoi resti in un luogo lontano oltre un’ora di viaggio da quello della morte), tale disposizione è nulla e priva di effetto secondo la legge bahá’í e l’Assemblea non deve adempierla anche se ciò dovesse comportare, in conformità alla legge civile, la perdita del lascito. Se l’inadempienza della condizione non implica l’annullamento del lascito, l’Assemblea non è obbligata a rifiutarlo, come invece dovrebbe fare nel caso di Mancato adempimento di una condizione valida”. (Ibidem) 636. I bahá’í sono liberi di formulare qualsiasi disposizione nel loro testamento - Non è permesso mettere in discussione le disposizioni del testamento di un altro «Shoghi Effendi sollecita le Assemblee Spirituali Locali a raccomandare agli amici di non trascurare l’importanza dei testamenti. In lettere scritte a suo nome troviamo i seguenti importanti passi. 1. Gli amici sono liberi di formulare a loro piacimento le disposizioni dei loro testamenti, e l’Assemblea Spirituale ha l’obbligo di difenderli e farli rispettare, a meno che - ovviamente - non siano in contrasto con i principi della Fede. 2. Anche se è opportuno e consigliabile che gli amici depositino una copia del loro testamento presso l’Assemblea Spirituale, non si deve richieder loro di farlo, ma - su questa materia - lasciarli liberi. 3. Non è necessario che l’Assemblea Spirituale pubblichi il testo di un facsimile di testamento. Ogni credente deve redigere il suo come desidera. Occorre ricordare inoltre che un individuo è del tutto libero di disporre dei propri beni come vuole, purché abbia pagati tutti i debiti e non sussistano limitazioni di legge alla libertà di lasciare in eredità le proprietà. Il testamento di una persona è sacro e quindi ad un bahá’í non è permesso mettere in discussione le disposizioni contenute in quello di un altro. Le leggi civili sulla redazione dei testamenti sono talvolta abbastanza complesse. È quindi molto opportuno che ci si consulti con un legale quando si vuole fare testamento, per essere certi che le proprie intenzioni non siano vanificate da qualche possibile violazione di legge nella sua stesura o esecuzione. È altresì opportuno che un bahá’í, durante la vita, prenda le misure necessarie per avere un funerale secondo le leggi bahá’í e i suoi resti non vengano cremati. È possibile inserire questa clausola nel testamento, o potrebbe essere necessario - a seconda delle leggi civili esistenti - seguire talune altre procedure.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 4 settembre 1986) B. Leggi per la sepoltura 637. Divieto di trasportare il corpo ad oltre un’ora di distanza «Vi è proibito trasportare la salma del defunto a una distanza superiore a un viaggio di un’ora dalla città; sia invece sepolto, con radiosa serenità, in un luogo nelle vicinanze. (Bahá’u’lláh, Kitáb-i-Aqdas, par. 130)) «Domanda: L’ordinanza per cui la salma del defunto non deve essere trasportata a una distanza superiore a un viaggio di un’ora è applicabile al trasporto tanto per terra quanto per mare? Risposta: Questo comando si applica a distanze per mare e per terra, si tratti di un’ora di nave oppure di treno; l’intenzione è il tempo di un’ora, qualunque sia il mezzo di trasporto. E tuttavia quanto prima ha luogo la sepoltura, tanto più la cosa è appropriata e bene accetta.» (Bahá’u’lláh, Domande e risposte, n. 16, Kitáb-i-Aqdas) 638. Leggi sul funerale obbligatorio per i credenti occidentali «“A proposito della legge sul funerale, la Casa Universale di Giustizia vi suggerisce di limitare la vostra dichiarazione alle parti seguenti di questa legge, che sono ora obbligatorie per i credenti occidentali: 1) Il corpo deve essere sepolto e non cremato: 2) La preghiera per i defunti deve essere recitata per i credenti di 15 anni di età ed oltre. Questa preghiera, come sapete, è indicata col numero CLXVII nel libro Preghiere e Meditazioni di Bahá’u’lláh 3) Il corpo non deve essere trasportato a più di un’ora di viaggio dal luogo del decesso. Non viene specificato il sistema di trasporto, ma il viaggio non deve durare più di un’ora.» (Lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 3 dicembre 1975) 639. Preparazione per la sepoltura - Non è permesso l’imbalsamazione «Riguardo alle domande da lei poste circa i funerali bahá’í, etc., il Custode attualmente non pone l’accento su questi argomenti, perché definirli potrebbe distrarre l’attenzione dai compiti supremi che ci stanno davanti. Comunque, le risposte sono le seguenti: secondo gli insegnamenti bahá’í appare chiaro che il corpo non deve essere imbalsamato; la sepoltura deve avvenire entro un’ora di viaggio dal luogo del decesso; la preparazione del corpo per la sepoltura consiste nel lavarlo con cura ed avvolgerlo in un sudario bianco, preferibilmente di seta. Nulla prescrivono gli insegnamenti circa la possibilità di cedere la salma a Istituti Scientifici per ricerche mediche, e quindi ciascuno è libero di agire come crede fino al momento in cui la Casa Universale di Giustizia - se mai lo farà - legifererà in materia. La consuetudine orientale è di seppellire il defunto entro 24 ore dal decesso; talvolta anche prima; comunque negli insegnamenti non vi è prescrizione per quanto riguarda il tempo limite.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 2 aprile 1955) 640. Legge bahá’í per la sepoltura: la bara deve essere di cristallo, pietra o legno «In breve, la legge sulla sepoltura dei defunti afferma che è proibito trasportare il corpo per un viaggio di oltre un’ora dal luogo della morte; che il corpo deve essere avvolto in un sudario di seta o di cotone e che in un dito deve essere infilato un anello che porti l’iscrizione : “Sono venuto da Dio e a Lui ritorno, distaccato da tutto tranne Lui, tenendomi stretto al Suo Nome, il Misericordioso, il Compassionevole”; e che la bara sia di cristallo, di pietra o di legno duro di buona qualità. È predisposta una specifica Preghiera per i defunti da dire prima dell’inumazione. Come ‘Abdu’l-Bahá e il Custode affermano, questa legge preclude la cremazione dei defunti. La preghiera formale e l’anello devono essere usati per coloro che hanno compiuto la maggiore età, cioè 15 anni….» (Il Kitáb-i-Aqdas, note n. 149) 641. Per quanto immaturo possa essere un feto, bisogna averne rispetto «Dal punto di vista bahá’í, l’anima esiste dal momento del concepimento, quindi il feto, per quanto immaturo, deve essere trattato con rispetto e non incenerito senza riguardo alcuno. Alla Casa di Giustizia non risulta che negli Scritti vi siano riferimenti specifici alla sepoltura di embrioni e, in occasioni precedenti ha lasciato questi dettagli alla discrezione dei genitori. Una volta fu riferito al Centro Mondiale che una coppia aveva seppellito il feto in un angolo del giardino ed aveva recitato alcune preghiere per il progresso dell’anima del figlio.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 6 settembre 1987) 642. La cremazione è contraria alle leggi bahá’í - I parenti bahá’í e l’Assemblea Spirituale sono responsabili «Come è stato già illustrato alla vostra Assemblea in una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia il 10 gennaio 1978, se un bahá’í nel suo testamento lascia disposizioni contrarie alle leggi bahá’í, esse sono nulle e prive di effetto e né ai parenti bahá’í, né all’Assemblea Spirituale è permesso di metterle in atto. Pertanto, ove un bahá’í disponesse nel suo testamento che i suoi resti vengano cremati, egli invece deve essere seppellito secondo le leggi bahá’í, a meno che ciò sia vietato dalle leggi civili, nel qual caso occorre ottemperare a queste ultime, ma l’Assemblea - come detto sopra - non può prendervi parte...» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Germania, 9 dicembre 1984) 643. In caso di morte in mare è applicabile la legge marittima - È preferibile la sepoltura in terra «Le leggi relative alla sepoltura rivelate da Bahá’u’lláh nel Kitáb-i-Aqdas non fanno alcun riferimento all’eventualità di morte in mare. Fino al momento in cui la Casa Universale di Giustizia non legifererà in merito, gli amici che si trovassero ad affrontare un caso del genere debbono seguire le leggi civili o marittime applicabili nella circostanza. È ovvio, comunque, che se si sbarcasse il corpo dovrebbe essere sepolto in terra ferma nel posto adatto più vicino.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, citata in una lettera scritta all’Assemblea Spirituale Nazionale della Nuova Zelanda, 20 ottobre 1974) Le leggi bahá’í sulla sepoltura non fanno alcun riferimento al seppellimento in mare e la Casa di Giustizia non ha finora legiferato in materia. Comunque, è preferibile che l’inumazione - quando è possibile - abbia luogo a terra.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 23 dicembre 1985) 644. Il credente dovrebbe assicurarsi che la propria sepoltura verrà effettuata secondo le leggi bahá’í «Gli amici dovrebbero essere informati delle leggi bahá’í relative alla sepoltura ed incoraggiati a fare quanto possono per assicurarsi che dopo il loro trapasso saranno sepolti secondo quelle leggi. Non sempre si può esserne certi lasciando disposizioni in tal senso nel testamento e le Assemblee devono consultarsi in merito - servendosi, se necessario, di pareri legali - e fare il meglio possibile per mettere i bahá’í sotto la loro giurisdizione in grado di essere sepolti secondo la legge bahá’í.» (Da una lettera scritta dalla Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 31 dicembre 1972) 645. Preparazione per il funerale bahá’í «Nel Bayán, il Báb ha specificato che il corpo del defunto sia avvolto in cinque teli di seta o cotone. Bahá’u’lláh conferma questo provvedimento e aggiunge la clausola che per “coloro i cui mezzi sono limitati basterà un unico telo di una di tali stoffe”. Quando Gli chiesero se i “cinque teli” menzionati nella legge si riferissero a “cinque sudari a tutta lunghezza” o alle “cinque pezze finora abitualmente usate, Bahá’u’lláh rispose che si intendeva “l’uso di cinque pezzi”. Quanto al modo in cui il corpo deve essere avvolto, negli Scritti Bahá’í non si trova nulla che definisca il modo in cui il corpo deve essere avvolto, né quando si utilizzino “cinque pezzi”, né quando si utilizzi “un unico telo”. Per il momento i bahá’í sono lasciati liberi di usare il loro giudizio a tal proposito.» (Il Kitáb-i-Aqdas, Note, n. 151) 646. Rivolgere il volto del defunto verso la Qiblih «Il defunto deve essere sepolto con il volto rivolto verso la Qiblih. Occorre anche recitare una specifica preghiera collettiva. Oltre a ciò, non vi sono altre cerimonie.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 6 luglio 1935) 647. L’ora di viaggio può essere calcolata dai confini della città «La Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di darvi la sua risposta alla vostra richiesta d’informazioni del 20 giugno 1978 in merito al funerale bahá’í e all’ora di viaggio dal luogo del decesso. La Casa di Giustizia consiglia che, quale luogo di decesso possa, essere considerato la città o la cittadina in cui il credente è trapassato, e quindi l’ora di viaggio può essere calcolata dai confini della città al luogo di sepoltura. In ogni modo, si deve tener presente che lo spirito della legge di Bahá’u’lláh è di essere sepolti vicino al posto dove si muore.» (Lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 9 luglio 1978) 648. Cimitero distante oltre un’ora a piedi dal villaggio «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la vostra lettera del 10 agosto 1981 nella quale chiedete istruzioni su come osservare la legge per la sepoltura di un defunto quando il cimitero si trova ad oltre un’ora di viaggio a piedi dal villaggio. In questi casi, ove non fossero disponibili o praticabili mezzi di trasporto alternativi, un’altra soluzione per bahá’í di simili villaggi sarebbe quella di acquistare un cimitero più vicino che possa essere raggiunto, partendo dai confini del paese, entro un’ora. Se anche questa soluzione non fosse realizzabile, i credenti per ora dovranno fare del loro meglio per rendere il viaggio più breve possibile. In ogni caso la Casa di Giustizia presume che il viaggio verosimilmente non ecceda di molto il limite di un’ora.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Panama, 21 settembre 1981) 649. La pietra tombale «Collocare una pietra tombale sulla salma non ha altro significato che quello di dare enfasi alla nostra profonda convinzione che la nostra anima viene dal Creatore ed a Lui ritorna, e che in Lui crediamo e confidiamo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India, 29 luglio 1942) 650. La seta funeraria «Il Báb ci ha detto di seppellire (se possibile) la salma avvolta nella seta, in bare di cristallo. Perché? Perché il corpo, per quanto ora sia polvere, fu una volta esaltato dall’immortale anima dell’uomo!” (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 13 novembre 1944) 651. Occorre raccomandare ai bahá’í sotto le armi le leggi sul funerale “Dovete altresì raccomandare a tutti i bahá’í che prestano servizio militare di prendere ogni necessaria misura per essere certi che vengano rispettate le leggi bahá’í sul funerale. È necessario anche che questi credenti informino le loro famiglie o i loro parenti prossimi, sia di queste leggi che della loro volontà di essere seppelliti in conformità di queste.» (Dalla Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 11 gennaio 1968 C. Cimiteri Bahá’í 652. È permesso accettare da organi governativi un pezzo di terreno da destinare a cimitero «In risposta alla vostra domanda circa la possibilità di acquistare dal Governo un terreno allo specifico scopo di destinarlo a cimitero bahá’í, la Casa di Giustizia informa che ai bahá’í è permesso acquistare o avere in uso dalle autorità di governo un pezzo di terreno a tal fine.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Brasile, 20 febbraio 1978) 653. Riesumazione «Nella vostra lettera avete comunicato che lì è consuetudine riesumare il corpo dopo tre anni e riseppellirlo in una bara più piccola. Poiché pare che tale procedura non sia prevista dalla legge, sarebbe meglio che consigliaste gli amici a prendere i necessari accordi con l’amministrazione del cimitero affinché detta riesumazione non abbia luogo.» (Ibidem) 654. Attualmente non esistono norme precise per i cimiteri bahá’í «Attualmente non esistono norme precise per l’allestimento di cimiteri bahá’í. Comunque, in una sua Tavola il Maestro sottolinea la necessità che il cimitero abbia un bell’aspetto esterno e le tombe non siano attaccate l’una all’altra, ma possano disporre sui loro quattro lati di aiuole e di fiori. Suggerisce inoltre che sarebbe bello avere al centro del cimitero un laghetto con begli alberi intorno ad esso ed intorno allo stesso cimitero.» (Ibidem) 655. Non si rifiuta la sepoltura di bahá’í che hanno perduto il diritto di voto - L’Assemblea può autorizzare la sepoltura di non bahá’í «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la vostra lettera del 15 giugno 1984, nella quale chiedete se sia permesso seppellire un non bahá’í in un cimitero bahá’í e ci ha invitato a rispondervi. Non si rifiuta la sepoltura bahá’í a chi ha perso il diritto di voto. È anche inoltre possibile che sia consentito a parenti non bahá’í di un credente o ad altri, di essere sepolti nel cimitero bahá’í. In ogni modo, un elemento di giudizio potrebbe essere la maggiore o minore disponibilità di spazio per la sepoltura di non bahá’í. Si suggerisce di non adottare regole rigide, ma di esaminare ciascun caso nelle sue peculiarità.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Brasile, 12 luglio 1984) 656. È inopportuno mettere il Più Grande Nome o il simbolo delle pietre per anelli sulle tombe «Di norma la costruzione delle tombe o delle pietre tombali è lasciata alla famiglia, cui spetta sostenere tutte le spese. L’uso del Più Grande Nome o del simbolo delle pietre per anelli sulle pietre tombali è inopportuno. In una lettera del 17 settembre1971 inviata ad un credente abbiamo scritto quanto segue: “Circa le domande posteci nel post-scriptum, non esiste alcuna specifica regola sul tipo di lapide da usare sulla tomba. Comunque, riguardo all’iscrizione su di essa, l’amato Custode chiese ai credenti di non usare alcuna forma del Più Grande Nome, bensì la stella a nove punte. Potreste anche desiderare di incidervi appropriati versetti scelti dagli Scritti sacri. La posizione della salma, all’interno della tomba, deve essere con i piedi rivolti verso la Qiblih, che è Bahji ad `Akká’”.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Uganda, 4 maggio 1972) D. Servizi funebri 657. Il servizio funebre bahá’í è riservato solo ai credenti «Il servizio funebre bahá’í è riservato solo ai credenti; tuttavia, in occasione del funerale di un non bahá’í - se è stato richiesto - non vi è alcuna obiezione che si leggano preghiere bahá’í o che la conduzione del servizio funebre sia tenuta da un bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 20 luglio 1946) 658. Si devono osservare la massima semplicità e flessibilità «Riguardo al servizio funebre bahá’í: esso è estremamente semplice consistendo di una sola preghiera collettiva da leggersi prima della sepoltura... La vostra Assemblea Spirituale Nazionale deve essere molto attenta affinché non venga adottata o imposta agli amici nessuna procedura uniforme o rito. In questo caso, come in altri che riguardano il culto bahá’í, si corre il pericolo che gli amici mettano gradualmente in pratica metodi determinati o rigidi rituali. Si devono osservare invece la massima semplicità e flessibilità...» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 10 gennaio 1936) 659. Non è vietato ai bahá’í di intervenire ad un funerale non bahá’í di un credente «Nulla vieta ai bahá’í di presenziare al servizio funebre non bahá’í di un credente, i cui parenti non abbiano consentito che venisse effettuato il funerale bahá’í. I bahá’í, comunque, se le circostanze lo permettono, devono cercare di offrire preghiere bahá’í per il progresso dell’anima dell’amico trapassato; se non possono essere recitate in occasione del funerale, si può farlo in un altro momento.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Colombia, 4 maggio 1966) 660. È permesso cambiare il genere nella preghiera obbligatoria per i defunti «Siamo in possesso della vostra lettera del 23 dicembre 1966 nella quale chiedete se sia permesso cambiare il genere del pronome nella preghiera per i defunti, quando la persona deceduta è una donna. La preghiera obbligatoria per i defunti, che è riportata a pag. 246 di ‘Preghiere e Meditazioni’, consente il cambio del genere. Le altre preghiere per i defunti sono facoltative, ma - se vengono recitate - si deve farlo come sono.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 1 gennaio 1967) 661. La preghiera per i defunti deve essere recitata da un solo credente «La Preghiera per i defunti è pubblicata in ‘Preghiere e Meditazioni di Bahá’u’lláh’, n. CLXVII. È la sola preghiera obbligatoria bahá’í che deve essere recitata in congregazione; deve essere recitata da un solo credente mentre tutti i presenti stanno in piedi. Non si richiede il volgersi verso la Qiblih mentre si recita questa preghiera.» (Sinossi e Codificazione del Kitáb-i-Aqdas, p. 66, n. 11) 662. Durante la lettura della lunga preghiera per i defunti possono essere presenti anche non bahá’í «Nulla vieta che non bahá’í siano presenti durante la lettura della lunga preghiera per i defunti, purché rispettino la nostra maniera di leggerla, cioè alzandosi e stando in piedi come fanno i bahá’í in questa occasione. Né vi è obiezione che i non bahá’í siano presenti durante la lettura di qualunque preghiera bahá’í per il defunto.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 20 luglio 1946) 663. Preghiera per i Defunti - Condizioni particolari «La preghiera per i defunti deve essere recitata durante il funerale se il morto ha 15 anni o più. Se non vi è nessuno in grado di leggerla, è sufficiente dire solo quella parte della preghiera che richiede la ripetizione per diciannove volte di ciascuno dei sei brevi versetti. Il corpo deve essere posto nella tomba in posizione tale che i piedi siano rivolti verso ‘Akká (la Qiblih).» (Da un documento preparato da un’Assemblea Spirituale Nazionale africana ed approvato dalla Casa Universale di Giustizia il 14 giugno 1982) 664. Qualsiasi preghiera si può recitare per le donne - Il testo non deve essere cambiato «Riguardo alla domanda che lei fa sulla preghiera per i defunti: tutte le preghiere rivelate in origine sia per l’uomo che per la donna possono essere recitate per il sesso opposto, ma senza cambiare il testo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 10 novembre 1946) 665. Riunioni di commemorazione «Come sapete, i nostri insegnamenti incoraggiano la recitazione di preghiere dedicate ai defunti, bahá’í o non bahá’í, perché contribuiscono al progresso delle loro anime nell’aldilà. Per quanto riguarda il tenere riunioni di commemorazione ad intervalli regolari di tempo, non esiste nulla negli insegnamenti che lo proibisca specificatamente ma nelle lettere del Custode troviamo suggerimenti di carattere generale, secondo cui i credenti debbono evitare di seguire riti e consuetudini di sistemi e religioni del passato e mettere in evidenza invece il modello di vita bahá’í, e dimostrare il carattere indipendente degli Insegnamenti della Fede. La decisione di dare notizia delle riunioni di commemorazione spetta solamente alla famiglia del defunto. È lasciato alla discrezione dell’Assemblea Spirituale Nazionale permettere che le Assemblee Spirituali Locali concedano l’uso dei loro Centri bahá’í per tali riunioni.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Ghana, 24 maggio 1974) E. Cremazione 666. Cremazione «Egli pensa che, alla luce di ciò che ‘Abdu’l-Bahá ebbe a dire contro la cremazione, i credenti debbano essere vivamente esortati a lasciare - come atto di fede - precise disposizioni affinché le loro spoglie non vengano cremate. Nell’Aqdas, Bahá’u’lláh ha stabilito per legge la conduzione del funerale bahá’í, che è così bello, appropriato e dignitoso, che nessun credente dovrebbe privarsene.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 7 luglio 1947) 667. È permesso lasciare il proprio corpo per ricerche mediche, a condizione che non venga cremato «Negli Insegnamenti non vi è nulla che proibisca di lasciare il proprio corpo a beneficio delle ricerche mediche; l’unica condizione che dobbiamo pretendere è che esso non venga cremato, poiché ciò è contrario alle leggi bahá’í. Tenuto conto che sono molte le persone che dispongono per testamento di lasciare il proprio corpo per ricerche mediche, egli le suggerisce di accertare - tramite qualche amico avvocato o qualche ospedale - quale sia la procedura e poi lasciare le necessarie disposizioni nel testamento, in cui esprima la volontà che, dopo la morte, il suo corpo sia a servizio dell’umanità, e che - essendo bahá’í - i resti non siano cremati e che non siano trasportati a più di un’ora di viaggio dal luogo del decesso. Dopo la morte, l’anima non è più legata al corpo, ma poiché quest’ultimo è stato il suo tempio, a noi bahá’í viene insegnato che deve essere trattato con rispetto.» (Lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 22 Mirza 1957) 668. L’intimo tempio vede la propria forma materiale «Essendo la forma materiale il trono dell’intimo tempio, questo risente tutto ciò che accade a quella. In realtà chi si rallegra nella gioia, o nel dolore si rattrista, è l’intimo tempio del corpo, non il corpo stesso. Essendo questo il trono su cui è assiso l’intimo tempio, Dio ha disposto che se ne prenda la massima cura, sì che non se ne abbia a provar nulla che possa cagionare ripugnanza. L’intimo tempio vede la propria forma materiale, che ne è il trono. Così portando rispetto a questa, è come se ne fosse oggetto quello; altrettanto dicasi in caso contrario. Pertanto, è stato ordinato che alle salme sia reso massimo onore e rispetto.» (Il Báb, Antologia, p. 82) 669. Il corpo, formato gradualmente, deve decomporsi gradualmente «L’assicuriamo che la sua lettera non ci ha infastidito. Invero, siamo felici di apprendere che negli ultimi anni della sua vita fisica, la sua anima è stata illuminata dall’eterna luce diffusa nel mondo da Bahá’u’lláh. Riguardo alla sua domanda sulla cremazione, la informiamo che la legge bahá’í prescrive la sepoltura. Le istruzioni di Bahá’u’lláh contenute nel Suo Libro Più Santo chiariscono questa legge. Shoghi Effendi, in una lettera scritta a suo nome ad un credente nel 1955, commenta che ‘Abdu’l-Bahá ‘... spiegò anche che la sepoltura è cosa naturale che va effettuata’. La spiegazione del Maestro cui si riferisce Shoghi Effendi si trova nelle Tavole da Lui rivelate; una di queste fu pubblicata nella rivista Star of the West, volume XI, n. 19, pag. 317, dal quale citiamo: “La tua lettera è pervenuta. Data l’esiguità di tempo, scrivo una breve risposta. Il corpo dell’uomo, che si è formato gradualmente. deve nello stesso modo decomporsi gradualmente. Ciò è conforme all’ordine reale e naturale ed alla legge divina. Se fosse stato meglio per lui che dopo la morte venisse bruciato, allora dalla sua creazione sarebbe stato stabilito che appena morto avrebbe automaticamente preso fuoco, si sarebbe consumato e tramutato in cenere. Ma l’ordine divino formulato dal decreto celeste è che, dopo la morte, il corpo passi da uno stadio all’altro, differente dal precedente, sì che in conformità ai rapporti esistenti nel mondo, possa gradualmente combinarsi e mischiarsi con altri elementi fino a pervenire al regno vegetale, mutandosi in piante e fiori, sviluppandosi in alberi del più sublime paradiso, profumando ed acquisendo la bellezza del colore. La cremazione impedisce al corpo di attuare queste trasformazioni, per la rapida decomposizione dei suoi elementi, che blocca appunto la trasformazione da uno stadio all’altro.” Quando ci rendiamo conto che il nostro corpo fisico è composto da elementi posti sulla terra dal nostro Creatore e che, attraverso l’ordinato processo delle Sue leggi, sono continuamente adoperati nella formazione degli esseri, possiamo capire meglio la necessità per cui il nostro corpo fisico deve essere soggetto al graduale processo di decomposizione. Poiché al momento della morte, la vera ed eterna essenza dell’uomo - la sua anima - abbandona il suo abito fisico per librarsi verso i reami di Dio, possiamo paragonare il corpo ad un veicolo che è stato usato per il viaggio attraverso la vita terrena e che non è più necessario una volta che la meta è stata raggiunta.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 6 giugno 1971) 670. L’Assemblea Spirituale non può organizzare la cremazione dei resti di un bahá’í «Ovviamente un’Assemblea Spirituale non può organizzare la cremazione dei resti mortali di un bahá’í, anche se quest’ultimo avesse disposto in tal modo. Nello stesso modo, i parenti bahá’í hanno l’obbligo di obbedire alle leggi bahá’í e non devono approvare la cremazione di un bahá’í. Nel caso che parenti non bahá’í di un bahá’í deceduto abbiano la responsabilità della decisione e propongano di cremarne il corpo, l’Assemblea Spirituale responsabile deve fare tutto il possibile per spiegar loro la posizione bahá’í al fine di evitare la cremazione. Se tali tentativi dovessero fallire, l’Assemblea nella sua veste ufficiale, non deve aver nulla a che fare con la cremazione del corpo: i credenti, comunque, sono liberi di partecipare o meno al funerale ed alla cremazione e possono recitare delle preghiere per il progresso dell’anima del defunto. L’Assemblea, se lo ritiene opportuno, potrebbe organizzare una riunione in un altro momento ed allora si potrebbe recitare la Preghiera per i Defunti.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Germania, 9 dicembre 1984) 671. Si può usare la parola bahá’í al centro della stella a nove punte «Riguardo alla sua domanda: non vi è alcun motivo per cui la parola ‘bahá’í’ non debba comparire al centro di una stella a nove punte sulla tomba della cara Elsa Vento; non deve essere usato, invece, né il simbolo della pietra per gli anelli, né il Più Grande Nome.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 30 settembre 1955) 672. Sulle pietre tombali si possono usare citazioni dagli Insegnamenti «Per quanto riguarda la vostra domanda sull’uso del Più Grande Nome sulle pietre tombali di bahá’í o non bahá’í, il Custode lo considera troppo sacro per essere collocato in una posizione non preminente, e pertanto gli amici non devono usarlo sulle loro pietre tombali. Se vogliono, possono usare citazioni dagli Insegnamenti, ma non il Più Grande Nome. Naturalmente, se nessuno lo ha già usato, non esiste il problema.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 20 giugno 1954) 673. È consentito che parenti non bahá’í siano seppelliti in cimiteri bahá’í. «...è consentito seppellire in un cimitero bahá’í parenti non bahá’í di credenti o altre persone.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 3 dicembre 1975) F. Suicidio 674. Il suicidio è decisamente condannato negli insegnamenti «A proposito della sezione “In Memoria” del Bahá’í News, sebbene il suicidio sia fortemente condannato negli Insegnamenti, ciò non significa che una persona cessa di essere bahá’í perché si è suicidata; pertanto, deve essere menzionata in questa sezione al pari degli altri credenti.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 29 Mirza 1945) 675. La luce manifestata da Bahá’u’lláh può alleviare la disperazione dei giovani «È molto negativo che giovani promettenti uomini che se vivi possono rendere grandi servigi all’umanità, debbano togliersi la vita in un momento di disperazione. Il mondo, specialmente oggi, è pieno di dolore e sofferenze. Dobbiamo essere coraggiosi ed intrepidi. Prove e tribolazioni devono risvegliare in noi ulteriore vigore e maggiore determinazione, e non sMirzare il nostro zelo e distruggere il nostro spirito.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 12 Mirza 1933) 676. I bahá’í sono liberi di pregare per i morti «È ovvio che un bahá’í è libero di pregare per coloro che sono trapassati, a prescindere dalla causa della morte, usando le parole di qualsiasi preghiera di una scelta rivelata per la generosità di Dio. Il modo in cui l’Essere Supremo, nella Sua Giustizia e nella Sua Misericordia, tratterà ciascun’anima è un mistero che non ci è dato conoscere su questa terra.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 21 dicembre 1978) 677. Sforzarsi d’allontanare dalla mente ogni pensiero di suicidio e morte «In risposta alla vostra lettera dell’1 maggio 1979, la Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di condividere con voi il seguente brano di una lettera scritta dal segretario del Custode, a suo nome, ad un credente che aveva fatto domande sul suicidio. Nella Causa il suicidio è proibito. Solo Dio, Creatore della vita, può toglierla e disporre di essa nel modo che giudica migliore. Chi commette suicidio danneggia la propria anima e, di conseguenza, soffrirà spiritualmente nell’Aldilà. La Casa di Giustizia la esorta ad allontanare dalla mente ogni pensiero di suicidio e di morte, e di concentrarsi sulla preghiera e sullo sforzo di servire la Causa di Bahá’u’lláh.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 7 giugno 1979) 678. Consolazione per i genitori del defunto «Egli si è molto addolorato nell’apprendere la sua tristezza e le sue difficoltà. Se sono dovute soltanto al trapasso di suo figlio, non sono pienamente giustificate, per lo meno alla luce degli Insegnamenti di Bahá’u’lláh. Egli afferma esplicitamente che, se avessimo la capacità di vedere l’altro mondo e di concepire la sua gloria, non desidereremmo rimanere in questo neppure per un attimo. L’uomo è destinato da Dio a subire uno sviluppo spirituale che dura tutta l’eternità; la sua vita su questa terra è solo il primo stadio di questo sviluppo. Quando con l’età perdiamo la nostra forma fisica e siamo considerati da Dio pronti a raccogliere il frutto del nostro sviluppo spirituale, passiamo all’altro mondo. A causa della nostra miopia, definiamo questo passaggio “morte”, ma il termine più appropriato sarebbe “vita più piena”. Si tratta del passo successivo del nostro cammino. Alla luce degli insegnamenti, quindi, il giusto atteggiamento che le si confà è pregare perché Dio circondi suo figlio con le sue infinite benedizioni, cosicché possa accrescere il suo sviluppo e gli dia quella felicità che attende ogni... anima. ... il mondo è pieno di sofferenza, Bahá’u’lláh dice che più profondi sono i solchi che scava in noi, più grande sarà il frutto della nostra vita e maggiore il nostro sviluppo spirituale. Tutti i Santi che illuminano la storia della società sono dovuti passare attraverso tribolazioni, che erano di varia natura, ma il cui effetto è stato sempre lo stesso: la purificazione del cuore e dell’anima per ricevere la luce di Dio.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 9 dicembre 1931) G. La vita dopo la morte; l’anima 679. Beneficenza e buone azioni in memoria dei trapassati «Il Maestro ci ha detto che beneficenza e buone azioni compiute in memoria di coloro che sono trapassati sono molto utili allo sviluppo delle loro anime nell’aldilà...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 10 dicembre 1952) 680. L’uomo è destinato da Dio a svilupparsi spiritualmente per l’eternità «Riguardo all’anima dell’uomo: secondo gli Insegnamenti bahá’í l’anima inizia ad esistere dalla formazione dell’embrione umano e, dopo la sua separazione dal corpo, continua a svilupparsi e passare attraverso infiniti stadi di esistenza. Il suo progresso è quindi infinito.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 31 dicembre 1937) 681. Tradizioni non bahá’í «Riguardo alla sua domanda se è vero che un’anima impiega tre giorni per separarsi completamente dal corpo, il Custode vuole che la informi che su questo punto non esistono specifici riferimenti negli Scritti sacri della Causa. Quanto all’opportunità di pregare per il defunto per quaranta giorni dopo il trapasso, questa è una consuetudine di origine musulmana e non costituisce un dovere per i credenti. Pregare per i defunti è molto benefico ed utile ed è sempre un motivo di conforto ed appagamento. Ma non vi è alcuna ragione perché la preghiera sia limitata ad un periodo di quaranta giorni.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 9 gennaio 1934) 682. L’anima continuerà a progredire attraverso molti mondi «Riguardo alla vita futura, Bahá’u’lláh dice che l’anima continuerà ad ascendere attraverso molti mondi. Ciò che sono questi mondi e quale sia la loro natura non ci è dato sapere. Alla stessa maniera in cui un bambino nell’utero materno non può conoscere questo mondo, così noi non possiamo conoscere in che cosa è l’altro mondo.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 18 ottobre 1932) 683. Possiamo aiutare tutte le anime a raggiungere ranghi elevati «Riguardo alla sua domanda se nell’altro mondo può ottenere la conoscenza della Verità ciò è certamente possibile e non è altro che un segno dell’amorevole misericordia dell’Onnipotente. Da parte nostra, con preghiere, possiamo aiutare ogni anima a raggiungere gradualmente questo rango elevato, perfino se non è riuscita a pervenirvi in questo mondo. Il progresso dell’anima non finisce con la morte, piuttosto inizia su un nuovo percorso. Bahá’u’lláh insegna che possibilità grandi di vasta portata attendono l’anima nell’altro mondo. Il progresso spirituale in quel reame è infinito e nessuno, su questa terra, può concepire la forza e la misura intere.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 22 maggio 1935) 684. Intercessione nell’altro mondo «La ricchezza nell’altro mondo è data dalla vicinanza di Dio. Di conseguenza, è certo che coloro che sono vicini alla Corte Divina approvata da Dio. Ma l’intercessione nell’altro mondo non è simile all’intercessione su questa terra; essa è una realtà diversa che non può venire espressa in parole.» (‘Abdu’l-Bahá: Le Lezioni di S. Giovanni d’Acri, pp. 289-290) 685. Lascito ai poveri «Se al momento della morte, un ricco lascia per testamento un donativo ai poveri e devolve loro parte della sua ricchezza, egli potrà forse ottenere perdono e remissione dei peccati e progredire spiritualmente nel Regno Divino. Anche i genitori affrontano le più grandi preoccupazioni ed avversità per i figli; e, spesso, quando i figli hanno raggiunto la maturità, i genitori passano all’altra vita. Raramente accade che un padre o una madre possano godere, in questo mondo, il premio delle cure e delle sofferenze sopportate per i loro figli. In cambio di esse i figli debbono essere caritatevoli e benevoli, e implorare perdono e misericordia per i loro genitori. In cambio dell’amore e della bontà che vi dimostrò, voi dovreste donare ai poveri per amor suo, e chiedere, con la più grande sottomissione e umiltà, perdono e remissione per i suoi peccati, chiedere per lui cioè l’indulgenza suprema.» (Ibidem, p. 290) 686. La condizione dell’anima dopo la morte non potrà mai essere descritta «...Gli onori con cui la mano della misericordia colmerà l’anima son tali che la lingua non li può adeguatamente rivelare o altri mezzi umani descrivere. Benedetta è l’anima che nell’ora della separazione dal corpo è purificata dalle immaginazioni vane create dalle genti del mondo. Un’anima tale visse ed agì secondo il Volere del Creatore entrando nel paradiso più eccelso. Le Ancelle del Cielo abitatrici delle magioni sublimi la circonderanno e i profeti di Dio ed i Suoi prescelti ne cercheranno la compagnia. Con essi l’anima converserà liberamente narrando quel che la fece persistere sul sentiero di Dio, il Signore dell’Universo. Se fosse detto ad un uomo quel che è preparato per un’anima simile nei mondi di Dio, il Signore del trono eccelso e della terra, il suo essere intero si infiammerebbe istantaneamente per l’ardente desiderio di giungere a quella dimora santa, sublime e risplendente... La condizione dell’anima dopo la morte non può essere descritta, né è possibile presentarne e rivelarne l’intero carattere agli occhi dell’uomo...» (Bahá’u’lláh: Spigolature, pp. 172-173) 687. Non esistono anime confinate alla terra «Non esistono anime confinate alla terra. Nel momento in cui anime non buone muoiono, si allontanano definitivamente da questa terra e così non possono influenzare nessuno. Essi sono spiritualmente morti; i loro pensieri possono avere influenza solo durante la vita sulla terra... ma le anime buone sono dotate di vita eterna e talvolta Dio permette che i loro pensieri raggiungano il cuore per aiutare la gente. (Questions answered by `Abdu’l-Bahá in ‘Akká. Daily lessons, Received at ‘Akká, ed. 1979, pp. 35-36) 688. Nessun potere è esercitato sugli uomini da anime cattive dopo la morte «Le anime cattive che trapassano non possono esercitare alcuna influenza sulla gente. Il bene è più forte del male e perfino quando sono in vita quelle anime hanno una ben limitata influenza; tanto meno ne hanno dopo la morte ed inoltre non sono affatto vicine a questo pianeta.» (Ibidem, pp 43-44) 689. Anime gemelle «Nella Fede Bahá’í non esiste alcun insegnamento che confermi l’esistenza di “anime gemelle”. Ciò significa che il matrimonio deve condurre ad una profonda comunione di spirito che permarrà nell’altro mondo, in cui non vi è sesso, né esistono le concessioni reciproche del matrimonio. Ecco perché dobbiamo stabilire con i nostri genitori, i nostri figli, i nostri fratelli e sorelle ed i nostri amici, non dei semplici rapporti fisici di relazione umana bensì profondi legami spirituali che dureranno in eterno.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 4 dicembre 1954) 690. Influenza di anime sante e spirituali «Circa la domanda se le anime sante e spirituali, dopo che hanno smesso l’abito corporeo. influenzano, aiutano e guidano le creature umane, questa è un’incontrovertibile verità dei bahá’í.» (‘Abdu’l-Bahá: Tablets of ‘Abdu’l-Bahá, vol. III, p. 543) 691. L’anima agisce «Nel mondo fisico l’anima agisce con l’aiuto del corpo; quando è staccata dal corpo, agisce senza intermediari... ...Il corpo è il cavallo, l’anima il cavaliere, e talvolta il cavaliere si muove senza una cavalcatura. Ma la gente che non riflette dice che quando l’anima ha lasciato il corpo non può più agire. Lo spirito non ha corpo: meditate su ciò.» (‘Abdu’l-Bahá: Divine Philosophy, ed. 1926, p. 127) 692. L’altro mondo è in questo mondo «...La risposta alla prima domanda: le anime dei figli del Regno, dopo la loro separazione dal corpo, ascendono al reame della vita eterna. Ma se chiedete dove, sappiate che il mondo dell’esistenza è un unico mondo, ancorché i suoi stadi siano vari e distinti. Per esempio, la vita minerale occupa un proprio piano, ma le entità minerali non hanno alcuna consapevolezza del regno vegetale... In quanto alla seconda domanda: le prove e le tribolazioni inviate da Dio hanno luogo in questo mondo, non nel mondo del Regno. La risposta alla terza domanda è questa: nell’altro mondo la realtà umana non assume una forma materiale, bensì celeste, costituita da elementi di quel reame del cielo. La risposta alla quarta domanda: il centro del Sole della Verità è nel mondo superno - il Regno di Dio. Quelle anime che sono pure e immacolate, al dissolversi delle loro spoglie materiali, fuggono nel mondo di Dio e quel mondo è in questo mondo. Ma le genti di questo mondo non ne hanno contezza e sono per l’appunto come i minerali ed i vegetali che non sanno nulla dei mondi animale e umano.» (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, pp. 171-172, n. 152) 693. L’anima di un assassino «In quanto alla sua domanda a proposito dell’anima di un assassino e quale sarà la sua punizione. La risposta è che l’assassino deve espiare il suo crimine: cioè, se lo mettono a morte, la morte è per lui espiazione per il crimine commesso e dopo la morte Dio, nella Sua giustizia, non gli imporrà una seconda pena perché la Giustizia Divina non lo contente.» (Ibidem p. 179) 694. Unione nell’altro mondo «...la possibilità di rafforzare l’unione con il suo amato nell’altro mondo è un tema su cui gli Insegnamenti bahá’í sono del tutto chiari. Secondo Bahá’u’lláh, dopo la morte, l’anima conserva la sua individualità e coscienza ed è in grado di comunicare con le altre anime. Questa comunione, comunque, ha un carattere puramente spirituale ed è condizionata dall’amore disinteressato ed altruistico dell’una per l’altre.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India, 10 Mirza 1936) 695. La morte può perdere il suo pungiglione «Nelle Sue Tavole Bahá’u’lláh dice che, se fossimo in grado di comprendere le opportunità che ci attendono nell’altro mondo, la morte perderebbe la sua connotazione angosciosa; piuttosto la accoglieremmo come mezzo per entrare in un reame incommensurabilmente più elevato e nobile di questa dimora di sofferenze, che chiamiamo terra. Lei deve quindi pensare alle loro benedizioni e trovare conforto per la vostra momentanea separazione. Verrà il momento in cui tutti ci ricongiungeremo ai nostri cari defunti e condivideremo le loro gioie.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 13 gennaio 1932) 696. Con la visione delle grazie dell’altro mondo nessuno vorrebbe restare in questo «Bahá’u’lláh dice che se avessimo una reale visione delle grazie dell’altro mondo non sopporteremmo di rimanere un’ora di più sulla terra. Il motivo per cui siamo privi di quella visione è perché altrimenti nessuno si curerebbe di rimanere qui e l’intera società verrebbe distrutta. Shoghi Effendi desidera quindi che lei pensi alle benedizioni del defunto e gioisca della sua felicità. Se avessimo vera fede nelle parole dei Profeti non avremmo paura della morte, né ci sentiremmo sconfortati per il trapasso dei nostri cari.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 22 ottobre 1932) 697. Le anime buone pervengono ad una condizione di gran lunga più nobile e bella «...Tali anime sincere, quando lasciano questo mondo, pervengono ad una condizione di gran lunga più nobile e bella di questa. Noi ne abbiamo paura perché ci è sconosciuta ed anche perché abbiamo poca fede nelle parole dei Profeti, i quali portano un vero messaggio di certezza da quel reame dello spirito. Dobbiamo guardare alla morte con gioia, specialmente se la nostra vita su questo piano dell’esistenza è stata piena di buone azioni.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 31 dicembre 1932) 698. Dopo la morte, l’anima mantiene la sua individualità e la sua consapevolezza «…Riguardo l’anima umana e la sua vera natura. Secondo il punto di vista bahá’í, l’anima dell’uomo, o in altre parole la sua più intima realtà spirituale, non è dualistica. Nell’uomo non esiste, come nel credo zoroastriano, una doppia realtà, una superiore e un’altra inferiore. Queste due inclinazioni per il bene e il male non sono altro che manifestazioni di una medesima singola realtà. Quest’ultima è in grado di svilupparsi comunque. Fondamentalmente, tutto dipende dall’educazione che l’uomo riceve. La natura umana ha la possibilità d’orientarsi sia verso il bene, sia verso il male. La vera religione può permetterle di librarsi nel più alto reame dello spirito, mentre la sua assenza può determinare la sua caduta ai più bassi livelli di degradazione e miseria, come possiamo vedere guardandoci attorno». (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi a Alfred Lunt, 25 maggio 1936) 699. Tutte le anime progrediscono spiritualmente nell’altro mondo - I parenti dei credenti otterranno almeno in parte il Regno «Riguardo alla Tavola di Bahá’u’lláh nella quale dice che tutti i parenti dei credenti otterranno il Regno nell’altro mondo: con ciò si intende solo un parziale conseguimento. Essi possono comunque progredire indefinitamente, poiché il progresso spirituale nell’altro mondo è illimitato e non è circoscritto solo a coloro che sono pervenuti alla conoscenza ed al riconoscimento della Causa mentre erano in questo mondo. (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 30 aprile 1940) 700. Certe cose restano un mistero nel nostro attuale stadio di sviluppo «Riguardo alla sua domanda su un profondo studio degli Insegnamenti: è ovvio che i bahá’í possono e devono meditare sul significato degli Scritti, sforzandosi di comprenderlo al massimo. Non vi può essere obiezione a ciò. Comunque certe cose, per la loro stessa natura, sono per noi un mistero, almeno nel nostro attuale stadio di sviluppo Una di queste è il sapere com’è l’aldilà, il mondo puramente spirituale.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 19 gennaio 1942) 701. I Profeti non hanno mai rivelato cosa ci accade dopo la morte - Credere in Dio e nei Suoi Profeti genera crescita spirituale «Lei chiede una spiegazione di ciò che ci accade dopo aver lasciato questo mondo. Questa è una domanda cui nessuno dei profeti ha mai risposto dettagliatamente, per la semplice ragione che non è possibile comunicare alla mente di una persona qualcosa di totalmente differente da ciò che ha sempre sperimentato. ‘Abdu’l-Bahá ha dato il meraviglioso esempio della relazione fra questa e l’altra vita paragonandola al bimbo nel ventre materno: sviluppa occhi, orecchie, mani, piedi, lingua, pur non avendo nulla da vedere o sentire e non potendo camminare, afferrare o parlare; tutte queste facoltà si vanno sviluppando per questo mondo. Se si cercasse di spiegare ad un embrione com’è fatto questo mondo, egli non potrebbe mai comprenderlo; ma capisce dopo la nascita quando può usare le sue facoltà. Nella stessa maniera noi non possiamo immaginare la nostra condizione nell’altro mondo. Tutto ciò che sappiamo è che la nostra coscienza, la nostra personalità, permangono in qualche nuovo stato e che quel mondo è molto meglio di questo, come questo è meglio di quanto fosse il buio ventre materno... In questo mondo il nostro passato non ha tanta importanza quanto invece ne ha ciò che intendiamo fare per il nostro futuro. L’inestimabile valore della religione è che quando un uomo vi è legato in modo vitale attraverso un reale e vissuto credo in essa e nel Profeta che l’ha rivelata, riceve una forza maggiore di quella di cui è normalmente dotato, che lo aiuta a sviluppare le sue buone qualità e a superare quelle cattive. Il fine assoluto della religione è cambiare non solo i nostri pensieri, ma le nostre azioni; quando crediamo in Dio, nei Suoi Profeti e nei Suoi Insegnamenti, scopriamo che stiamo crescendo, anche se forse pensiamo d’essere incapaci di crescere e cambiare!” (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 3 ottobre 1943) 702. Le speculazioni sulla natura della vita dopo la morte hanno scarsa fondatezza «Il Custode ritiene che, pur non essendoci nessun male nella speculazione su queste materie astratte, non bisogna attribuirvi troppa importanza. La scienza stessa è lungi dall’aver risolto la questione sulla natura della materia, e noi - in questo mondo fisico - non possiamo comprendere quello spirituale se non in maniera molto frammentaria ed inadeguata.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 19 gennaio 1942) 703. Dio può essere conosciuto solo attraverso i Suoi Profeti - Inferno e Paradiso sono condizioni dell’anima «Nel mondo a venire avremo esperienza dello spirito di Dio attraverso i Suoi Profeti; Dio, infatti, è troppo grande per noi per essere conosciuto senza questo Intermediario. I Profeti conoscono Dio, ma in qual modo va oltre la comprensione della mente umana. Noi crediamo che nell’altro mondo possiamo arrivare a vedere i Profeti. Certamente esiste una vita futura. Inferno e Paradiso sono condizioni interiori del nostro stesso essere.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 14 novembre 1947) 704. Il progresso spirituale è infinito «Poiché è quasi impossibile raggiungere una meta spirituale senza avere percezione della meta successiva a cui dobbiamo pervenire ed ancora al di là delle nostre possibilità, egli la esorta poiché è già arrivato così lontano sul sentiero della spiritualità, a non affliggersi per la distanza che deve ancora coprire! Si tratta di un viaggio indefinito e non vi è dubbio che nel mondo a venire l’anima ha la prerogativa di avvicinarsi a Dio più di quanto non le sia possibile quando è legata al piano fisico.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 3 Mirza 1955) 705. Come “Guadagnare il Paradiso” - Dipende da due cose «Come lei dice, “guadagnare il paradiso” dipende da due cose: dalla fede nella Manifestazione di Dio nel Suo Giorno - oggi quindi in Bahá’u’lláh - e dalle buone azioni: in altre parole vivere al meglio delle nostre capacità una vita nobile e fare agli altri ciò che vorremmo fosse fatto a noi. Ma dobbiamo sempre ricordare che la nostra esistenza ed ogni cosa che abbiamo o avremo dipendono dalla Misericordia di Dio e dalla Sua Munificenza; quindi Egli, se vuole, può accettare nel Suo paradiso - che consiste realmente nella vicinanza a Lui - anche la persona più bassa. Abbiamo sempre la speranza di ottenere la Sua Misericordia se ci sforziamo di coglierla.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 12 gennaio 1957) XIV. EDUCAZIONE A. Accademica e spirituale 706. Educazione dell’uomo «L’uomo è come l’acciaio, la cui essenza è nascosta: mediante ammonimenti e spiegazioni, educazione e buoni consigli, quell’essenza verrà portata alla luce. Ma se gli si permette di rimanere nella sua condizione originaria, la corrosione delle brame e degli appetiti finirà per distruggerlo.» (Bahá’u’lláh, Educazione Bahá’í, p. 14, n. 10) 707. Educazione fisica, intellettuale, spirituale ed etica dell’uomo «...Bahá’u’lláh considerava l’educazione uno dei fattori più importanti della vera civiltà: ma essa, tuttavia, per essere adeguata e fruttuosa, deve essere di natura comprensiva e prendere in considerazione non solo il lato fisico e intellettuale dell’uomo ma anche i suoi aspetti etici e spirituali. Questo dovrebbe essere il programma della gioventù bahá’í di tutto il mondo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 9 luglio 1931) 708. L’uomo: il maggiore rappresentante di Dio «È stato detto che l’uomo è il maggiore rappresentante di Dio; come tale, egli viene indicato nel Libro della Creazione, in quanto tutti i misteri esistenti negli esseri sono compendiati in lui. Se l’uomo entra nell’ombra del Vero Educatore e viene sottoposto a una giusta disciplina, diventa l’essenza delle essenze, la luce delle luci, lo spirito degli spiriti; diventa - per così dire - il centro delle apparizioni divine, la sorgente delle qualità spirituali, l’alba delle luci celestiali, il crogiuolo delle ispirazioni divine. Se l’uomo resta privo di questa disciplina, diventa la manifestazione di qualità sataniche, la somma dei vizi animali e la sorgente di tutte le condizioni più oscure.» (‘Abdu’l-Bahá, Le Lezioni di San Giovanni d’Acri, pp. 295-296) 709. L’educazione moderna non produce menti mature «Le persone oggi tendono veramente ad essere molto superficiali nelle loro opinioni: sembrerebbe che i sistemi educativi in uso siano fortemente incapaci di creare una mente matura in individui, che si suppone abbiano raggiunto una vita da adulti! Tutte le influenze esterne che circondano l’individuo sembrano avere un intenso effetto sviante ed è difficile indurre una persona normale a fare profonde riflessioni o perfino piccole meditazioni su problemi che sfidano lui ed il mondo in generale. Svariate volte Bahá’u’lláh protestò vigorosamente contro la cecità dell’umanità, ammonendo che questo atteggiamento deve scomparire. Se non conoscessimo ciò che Dio ha progettato e farà per il mondo nel futuro, saremmo indubbiamente disperati tanto quanto lo sono diventati molti dei migliori pensatori della nostra generazione.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 22 settembre 1948) 710. Ognuno deve essere educato secondo le sue necessità ed i suoi meriti «Fra gli altri insegnamenti e principi, Bahá’u’lláh raccomanda l’educazione di tutti i membri della società. A nessuno deve essere negata o lo si deve privare dell’educazione intellettuale, che va comunque impartita secondo le capacità. Nessuno deve essere lasciato nell’ignoranza, perché l’ignoranza è un’imperfezione nel mondo umano. All’intera umanità deve essere impartita una conoscenza di scienza e filosofia per quel tanto che sia ritenuto necessario. Non possiamo essere tutti scienziati o filosofi, ma ciascuno deve essere educato secondo le sue necessità ed i suoi meriti.» (`Abdu’l-Bahá, The Promulgation of Universal Peace, p. 108) 711. Educare i detenuti «...Trattare con gentilezza, educare ed istruire i detenuti è cosa oltremodo importante; perciò, giacché ti sei prodigata in questo, ne hai ridestati alcuni e hai ottenuto che rivolgessero il viso verso il Regno divino, questa encomiabile azione è assai ben accetta. Persevera sicuramente. Porgi ai due detenuti di San Quintino i miei sentimenti di massima gentilezza e dì loro: ‘Agli occhi dei saggi quel carcere è una scuola di istruzione e di sviluppo. Dovete impegnarvi con tutta l’anima e tutto il cuore per divenire rinomati per carattere e sapere.’ “ (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, p. 115, n. 83) 712. Gli uomini sono come scolari, e i Profeti come i loro insegnanti «O veri compagni! Tutti gli uomini sono come bambini a scuola e le Albe della Luce, le Fonti della rivelazione divina, sono i maestri, meravigliosi e impareggiabili. Nella scuola della realtà essi educano questi bambini e bambine secondo gli insegnamenti di Dio e li allevano al seno della grazia, perché possano svilupparsi in tutti i campi, mostrare gli eccellenti doni e benedizioni del Signore e possedere anche perfezioni umane; progredire in tutti i settori delle conquiste umane, tanto esteriori quanto interiori, celate o visibili, materiali o spirituali, finché facciano di questo mondo mortale un immenso specchio, rispecchiante l’altro mondo che non perisce.» (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, p. 125, n. 102) 713. L’apprendimento è il massimo dono di Dio «È chiaro che l’apprendimento è il massimo dono di Dio; che il sapere e la sua acquisizione sono una benedizione del Cielo. Pertanto gli amici di Dio hanno il dovere di fare un tale sforzo e di adoprarsi con tale solerzia per promuovere il sapere divino, la cultura e le scienze, affinché tra non molto coloro che sono oggi scolaretti divengano i più dotti nella confraternita dei saggi. Questo è un servizio reso a Dio Stesso ed è uno dei Suoi comandamenti inderogabili.» (‘Abdu’l-Bahá, dalla Compilazione Educazione Bahá’í, p. 52, n. 74) B. Università e Collegi 714. La vita universitaria «...La vita universitaria ha inoltre le sue mode e le sue fisime, anche se sono diverse da quelle dell’uomo della strada. “Queste mode non sono permanenti, essendo soggette a cambiare. Oggigiorno è in voga avere una visione materialistica della vita e del mondo, ma presto verrà il giorno in cui diventerà profondamente religiosa e spirituale. In effetti, possiamo già intravedere l’inizio di simile cambiamento negli scritti di alcuni dei più eminenti uomini di idee liberale. Nel momento in cui l’opinione pubblica comincerà a mutare radicalmente, allora vedremo tutte queste eminenti personalità volgersi nuovamente verso Dio.» (Lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 18 ottobre 1932) 715. Non esiste ancora un programma di studi bahá’í «... esiste ancora qualcosa come un programma di studi bahá’í e non ci sono pubblicazioni bahá’í dedicate esclusivamente a questo argomento, poiché gli insegnamenti di Bahá’u’lláh e di ‘Abdu’l-Bahá non presentano un sistema educativo definito e dettagliato, ma offrono semplicemente principi basilari ed espongono alcuni ideali di insegnamento che dovranno guidare i futuri pedagogisti bahá’í nei loro sforzi per formulare un programma d’insegnamento adeguato, che sia in piena armonia con lo spirito degl’Insegnamenti bahá’í e che risponda ai requisiti ed alle necessità dell’era moderna. Questi principi basilari sono disponibili nelle sacre scritture della Causa e vanno accuratamente studiati e a poco a poco incorporati nei programmi delle varie facoltà ed università. Ma la formulazione di un sistema pedagogico ufficialmente riconosciuto dalla Causa e applicato come tale in tutto il mondo bahá’í è un compito che l’attuale generazione dei credenti non può ovviamente assumersi e che dovrà essere assolto gradualmente da letterati e dai pedagogisti bahá’í del futuro.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 7 giugno 1939) 716. Tre principi cardinali «Primo: Servizio sincero alla causa dell’educazione, rivelazione dei misteri della natura, espansione dei confini della scienza pura, eliminazione delle cause dell’ignoranza e dei mali sociali, comune sistema universale di istruzione e diffusione delle luci della conoscenza e della verità. Secondo: Servizio alla causa della moralità, aumento delle qualità morali degli studenti, ispirazione in loro dei più sublimi ideali della raffinatezza etica, insegnando loro l’altruismo, inculcando nella loro vita la bellezza della santità e l’eccellenza delle virtù ed incoraggiandoli con l’eccellenza e le perfezioni della religione di Dio. Terzo: Servizio all’unità del genere umano, cosicché ogni studente possa essere consapevole ch’egli è fratello degli altri esseri umani, a prescindere dalla religione o dalla razza. I concetti di pace universale devono essere instillati nella mente di tutti gli studenti, di modo che possano diventare le armate della pace ed i veri servitori del corpo politico, il mondo. Dio è il Padre di tutti, l’umanità i Suoi figli. La terra è una sola casa; le nazioni sono i componenti di un’unica famiglia. Le madri a casa, gli insegnanti a scuola, i professori nei colleges, i rettori nelle università, devono insegnare questi ideali ai giovani, a cominciare dall’infanzia e fino alla maturità.» (‘Abdu’l-Bahá, Appunti dai Suoi Discorsi, Star of the West, vol. IX, p. 98) 717. Caratteristiche degli studenti dei collegi bahá’í «Dovete divenire fulgide torce di precetti morali e ideali spirituali ed essere strumenti di illuminazione per gli altri. Abbigliate i vostri corpi con i manti delle virtù. Qualificatevi con gli attributi della gente di moralità divina. Evitate ogni sorta di vizio come evitate una velenosa serpe o un lebbroso. Fate sì che professori e studenti siano così colpiti dalla purezza e dalla santità della vostra vita da vedervi quali modelli di dignità, esempi di nobiltà d’animo, ossequienti alle leggi morali, dominatori degli elementi inferiori mediante lo spirito più elevato, vincitori dell’egoismo e padroni di forze sane e vitali in tutte le strade della vita. Cercate di essere sempre fra i primi della classe per diligenza nello studio e meriti autentici. Siate sempre in atteggiamento di preghiera e apprezzate il valore di ogni cosa. Abbiate alti ideali e spronate le vostre forze intellettuali e costruttive.» (Ibidem. Eccellenza in ogni cosa, p. 57, n. 32) 718. ‘Abdu’l-Bahá ingiunge agli studenti bahá’í di eccellere su tutti gli altri - Enfasi sulla sincerità «Spero che nel corso dei vostri studi in questa facoltà possiate eccellere fra tutti gli altri studenti nei vari rami del sapere ivi insegnati, sì che tutti possano attestare che gli studenti bahá’í hanno una forza differente, sono ispirati da un diverso impegno, animati da più nobile ambizione, stimolati da intenzioni più elevate e s’impegnano più estesamente e profondamente degli altri. Se non superate gli altri, quale distinzione vi rimarrà? Perciò dovete sforzarvi di essere superiori sì che tutti possano testimoniarlo. Ora siete come tenere piante coltivate secondo le cognizioni e la saggezza del giardiniere. D’ora in poi dovete sforzarvi di abbellire l’aspetto morale della vostra vita. Consigliatevi l’un l’altro con il massimo riguardo e badate ogni giorno alle vostre parole ed alle vostre azioni, in modo che fin dal principio possiate caratterizzarvi con ideali divini. Gli ideali divini sono: umiltà, remissività, annientamento dell’io, perfetta evanescenza, carità ed amorevole gentilezza. Dovete far morire l’io e vivere in Dio. Dovete essere estremamente compassionevoli l’uno verso l’altro e verso tutte le genti del mondo. Amate e servite l’umanità solo per amore di Dio e per nient’altro. La fede spirituale e la fiducia in Dio siano le basi del vostro amore per l’umanità. Ancora: state molto attenti che - Dio non voglia - non una sola parola diversa dalla verità esca dalle vostre bocche, poiché una singola bugia getta l’uomo dal più alto grado di onorabilità al più profondo abisso di ignominia; guardatevi sempre da questo nemico affinché tutto ciò che affermate corrisponda alla realtà. Supplicate ed implorate sempre alla Corte della Maestà, chiedete confermazioni ed assistenza...» (Ibidem, pp. 98-99. Parzialmente in Eccellenza in ogni cosa, pp. 56-57, n. 31) 719. Sfida agli studenti persiani «Spero che in virtù del favore e della generosità della Bellezza Benedetta, mercè il Báb e le ineffabili benedizioni che santificano questo sacro Mausoleo*, possiate essere contornati dalle confermazioni del Regno di Abhá, e assumere le fulgide qualità e i luminosi attributi della vita bahá’í. Possa la vostra moralità farsi più determinata giorno dopo giorno! E la vostra attrazione al Regno di Abhá rafforzarsi giorno dopo giorno! E la vostra fede e certezza crescere giorno dopo giorno! E le vostre cognizioni delle scienze e nelle arti divenire più universali giorno dopo giorno! Caso mai, se Dio vorrà, diverrete perfetti e compiti da ogni punto di vista e sarete strumenti dell’illuminazione della Persia.» *Gli studenti stavano visitando la Tomba del Báb. (‘Abdu’l-Bahá, da un discorso citato in Star of the West, vol. 9, pp. 99-100) 720. L’insegnamento nelle università e nei college «Per quanto riguarda il lavoro d’insegnamento nei college e nelle Università, questo è molto importante, perché gli studenti nel complesso sono mentalmente aperti e poco influenzati dalle tradizioni. Entrerebbero facilmente nella Causa se il tema fosse presentato in maniera appropriata e soddisfacente per il loro intelletto ed i loro sentimenti. Questo lavoro, comunque, deve essere tentato solo da persone che abbiano avuto un’istruzione universitaria e che, pertanto, hanno familiarità con la mentalità di giovani intelligenti e istruiti...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) 721. Studiando a scuola o all’università «Dalle decisioni che un individuo, sia egli bahá’í o no, prende negli anni giovanili dipende l’orientamento dell’intero corso della sua esistenza. Durante tali anni è probabile che egli scelga il lavoro che in seguito svolgerà per tutta la vita, che porti a compimento la propria preparazione scolastica, che incominci a guadagnarsi da vivere, che si sposi formando una famiglia. Ma soprattutto è proprio in questa età che la mente indaga con maggior impegno, ed è in questo periodo che l’individuo adotta quei valori spirituali che ne guideranno il futuro comportamento. Pertanto è proprio negli anni giovanili che ai bahá’í si presentano le occasioni di offrire ai loro coetanei gli Insegnamenti della Fede, avendoli ben capiti; la sfida a vincere le pressioni del mondo e a mettersi alla testa della loro generazione e di quelle successive; le prove che danno loro modo di essere un esempio vivente degli alti principi morali contenuti negli Scritti bahá’í. Infatti il Custode scrisse dei giovani bahá’í: sono loro che ‘possono dare un decisivo contributo alla forza, alla purezza e alla forza traente della vita della comunità bahá’í’, e da loro ‘dipendono il futuro orientamento dei suoi destini e il completo sviluppo delle potenzialità di cui Iddio l’ha dotata’. Studiando a scuola o all’università i giovani bahá’í si troveranno spesso nella posizione insolita e leggermente imbarazzante di avere su certi temi una visione più profonda dei propri istruttori. Tanti sono gli aspetti della vita e del sapere umani, illuminati dagli Insegnamenti di Bahá’u’lláh, che il bahá’í deve imparare, prima ancora di molti altri, a soppesare le informazioni che gli vengono date piuttosto che accettarle ciecamente. Il bahá’í ha il vantaggio di conoscere la Rivelazione Divina per questa età, la quale illumina come un faro molti problemi che turbano i moderni pensatori; egli deve perciò imparare ad apprendere ogni cosa da coloro che lo circondano, mostrando vera umiltà davanti ai suoi insegnanti, ma sempre confrontando ciò che sente con gli insegnamenti bahá’í, poiché essi gli permettono di estrarre l’oro dall’orpello dell’errore umano.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ai Giovani Bahá’í in ogni paese, 10 giugno 1966. Gioventù Bahá’í, pp. 27-28 e 30-31) XV. DOTAZIONI LOCALI E NAZIONALI 722. *Un terreno di dotazione utilizzato quale sito di ?a?íratu’l-Quds cessa di essere una dotazione in senso bahá’í «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la vostra lettera del 15 luglio riguardo all’utilizzazione di una dotazione locale quale sede dell’ ?a?íratu’l-Quds e ci ha dato istruzione di rispondervi come segue: Le dotazioni*, locali e nazionali, normalmente sono proprietà detenute in nome dell’Assemblea Spirituale Nazionale o Locale come un investimento o un bene patrimoniale. L’?a?íratu’l-Quds ed il terreno su cui sorge non possono essere considerati una dotazione, poiché questa è un’istituzione separata. Quindi, se un terreno di dotazione è utilizzato per la sede dell’?a?íratu’l-Quds, cessa di essere una dotazione in senso bahá’í. Ove un lotto di terreno, posseduto come dotazione, è abbastanza grande per essere suddiviso, è consentito che una parte resti una dotazione e l’altra diventi il sito dell’?a?iratu’l-Quds, sempre che venga effettuata una netta delimitazione che consenta di distinguere chiaramente le due parti. La delimitazione, che deve essere annotata sui registri dell’Assemblea e segnata sullo stesso terreno, è una questione interna e non occorre registrarla nell’Ufficio del Catasto dei terreno.» (Lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Alaska, 11 agosto 1974: Il termine “Dotazione bahá’í, in senso generale, naturalmente può essere applicato a tutte le proprietà detenute in nome della Fede - vedi: Dio Passa nel Mondo, p. 347. In questa lettera il termine è usato con riferimento a proprietà di norme menzionate come mete di un piano d’insegnamento e consolidamento ed acquistate allo specifico scopo d’essere un investimento per la Fede). *(Vedi anche: ?a?íratu’l-Quds) 723. Dotazioni nazionali «Una dotazione nazionale deve essere considerata come un investimento in beni reali di proprietà dell’Assemblea Spirituale Nazionale. Può essere in qualsiasi parte del paese, ed essere un pezzo di terreno piccolo e di poco valore donato da un amico, oppure acquistato dall’Assemblea senza intaccare il Fondo Nazionale.» (Dal Messaggio della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, Naw-Rúz 1974) 724. Dotazioni Locali «...Dotazione locale può essere anche un piccolo pezzo di terreno; può essere stato acquistato dall’Assemblea Spirituale Locale o più spesso essere il dono di uno o più credenti. Se l’Assemblea Locale è riconosciuta legalmente, la dotazione deve essere registrata a suo nome, altrimenti può essere tenuta da uno o più credenti a nome della comunità. Per esempio, se un credente dona un piccolo pezzo di terreno, può continuare a tenerlo a suo nome, ma deve essere noto che lo fa per conto dell’Assemblea Spirituale Locale, alla quale - quando sarà possibile - ne sarà trasferita la proprietà legale.» (Ibidem) 725. Terreno di dotazione: vi si può edificare una struttura temporanea «Un terreno di dotazione non può essere utilizzato, allo stesso tempo, come un’altra proprietà bahá’í, quale un ?a?íratu’l-Quds o un Istituto d’Insegnamento. Non vi sono obiezioni, comunque, ad erigervi una struttura temporanea, per consentire agli amici di visitarla o tenervi riunioni, a condizione che se quella utilizzazione diventa permanente, venga acquistata una nuova dotazione.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 30 luglio 1971) 726. Un terreno di dotazione deve essere considerato un investimento per le Assemblee Locali «...Il principio da rispettare è che un terreno di dotazione non deve essere utilizzato per nessun altro scopo bahá’í e deve essere considerato come un investimento a futuro beneficio e vantaggio dell’Assemblea Spirituale Locale. Se l’appezzamento è abbastanza grande da non essere tutto necessario come dotazione, è consentito lasciarne una parte come dotazione e il rimanente destinarlo ad uso di scuola estiva. In tal caso dovrà essere tracciata una linea di demarcazione fra la parte da considerarsi dotazione e quella ad uso di scuola estiva o invernale. Questa demarcazione, da annotarsi nella documentazione d’Assemblea e da tracciare materialmente sul terreno, è una questione interna e non è necessario farla iscrivere nei Registri Catastali.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Colombia, 15 aprile 1979) 727. Possibilità di utilizzare le proprietà di dotazione per servizi sportivi o per ottenere proventi per il lavoro della Fede «In risposta alla vostra lettera del 29 agosto 1985 nella quale chiedete delucidazioni sulle proprietà di dotazione, siamo stati incaricati di dirvi che vanno considerate un investimento a futuro beneficio della comunità bahá’í e quindi non devono essere utilizzate per scuole estive, conferenze o altri eventi bahá’í, se non in via temporanea. La Casa Universale di Giustizia, comunque, non vede alcuna ragione perché non debbano essere coltivate o altrimenti valorizzate per ottenere proventi, impiegando questi o gli utili del capitale per il lavoro generale della Fede.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Guatemala, 30 settembre 1985) 728. Sommario dei principi che devono guidare l’accettazione di un terreno gratuito per uso bahá’í «La Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di rispondere alla vostra lettera del 20 agosto 1985 relativa alla possibilità di ottenere gratuitamente dallo Stato un appezzamento di terreno per costruirvi l’ ?a?íratu’l-Quds, comunicandovi i seguenti principi che devono guidare qualunque decisione prenderete a riguardo: 1. Il principio di non accettare donazioni da parte di non bahá’í per scopi strettamente bahá’í si applica anche alle assegnazioni gratuite di terreni da parte di non bahá’í, siano individui, istituzioni o organi governativi. 2. È consentito, comunque, accettare gratuitamente pezzi di terreno da autorità di governo o civiche, se sono da destinare a cimiteri bahá’í o ad opere di carattere filantropico ed umanitario, come scuole. 3. Nei paesi dove l’unico mezzo per entrare in possesso di beni è quello di ottenere dalle autorità l’uso gratuito di un terreno, non vi sono obiezioni alla sua assegnazione (che esclude la proprietà) allo scopo di costruirvi istituzioni di natura squisitamente bahá’í, come ?a?íratu’l-Quds, Scuole Estive o Istituti d’Insegnamento. 4. Se il governo fa donazioni di terreno a tutte le comunità religiose in riconoscimento del loro status di enti religiosi del Paese, i bahá’í possono accettare queste proprietà alle condizioni previste dai suddetti punti 1 e 2. Occorre chiarire alle autorità governative che la creazione di istituzioni filantropiche o umanitarie sarà intrapresa solo in presenza di favorevoli condizioni.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 19 settembre 1985) XVI. LA FAMIGLIA A. Rapporti familiari* 729. Vincoli familiari «Per quanto profondi possano essere i vincoli familiari, dobbiamo sempre ricordare che i legami spirituali sono assai più profondi; essi sono eterni e sopravvivono alla morte, mentre i legami fisici, che non siano sorretti da nodi spirituali, sono confinati a questa vita. Ella deve fare tutto il possibile, con la preghiera e con l’esempio, per aprire gli occhi della sua famiglia alla Fede Bahá’í, ma non si dolga troppo per le loro azioni. Si volga ai suoi fratelli e sorelle bahá’í che vivono con lei nella luce del Regno.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 8 maggio 1942, Vita familiare, p. 101, n. 64) «Non siate soddisfatti finché chiunque abbia rapporti con voi non diventi come un membro della vostra famiglia... se potete giungere a questo le vostre difficoltà svaniranno e saprete come comportarvi.» (‘Abdu’l-Bahá, Guida per una vita bahá’í, p. 27) *(Vedi anche: B. Rapporti fra genitori e figli) 730. La famiglia: un tipo speciale di comunità - Ogni membro ha diritti e doveri «Ma la famiglia è un tipo di ‘comunità’ assai speciale. Il Dipartimento per le Ricerche non si è imbattuto in alcuna affermazione che indichi specificatamente il padre quale responsabile della ‘sicurezza, del progresso e dell’unità della famiglia’, come viene affermato nel libro di Bahíyyíh Nakhjavání, ma da alcune delle responsabilità che gli sono affidate si può arguire che egli può essere considerato il ‘capo’ della famiglia. Tutti i membri della famiglia hanno doveri e responsabilità reciproci e verso la famiglia, e questi doveri e responsabilità variano da membro a membro a seconda dei loro rapporti naturali. I genitori hanno il dovere perentorio di educare i figli - non viceversa: i figli hanno il dovere di obbedire ai genitori - i genitori non obbediscono ai figli; la madre - non il padre - partorisce, nutre i figli nella prima infanzia e ne è così la prima educatrice; quindi le figlie hanno un diritto prioritario all’educazione rispetto ai figli e, come il segretario del Custode ha scritto a suo nome, ‘Il compito di educare i bambini bahá’í, come sottolineato più volte negli Scritti bahá’í, è il principale dovere delle madri, che hanno il privilegio impareggiabile di creare nell’ambiente familiare quelle condizioni che conducono al benessere e al progresso tanto materiale quanto spirituale dei figli. L’educazione che il bambino riceve in primo luogo attraverso la madre costituisce la più solida base per il suo sviluppo futuro’. Un corollario di questa responsabilità della madre è il suo diritto di essere mantenuta dal marito - il marito non ha alcun esplicito diritto di essere mantenuto dalla moglie. Questo principio della responsabilità del marito di provvedere alla famiglia e di proteggerla lo troviamo applicato anche nella legge della successione ab-intestato, la quale prevede che, alla morte del padre, la casa della famiglia passi non alla vedova, ma al figlio maggiore; il figlio ha nello stesso tempo la responsabilità di prendersi cura della madre.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Nuova Zelanda, 28 dicembre 1980. Compilazione, Vita Familiare, pp. 115-116, n. 99) 731. La famiglia progredisce quando vi è unità «Notate com’è agevole la conduzione degli affari in una famiglia dove esiste l’unità; quale progresso fanno i suoi componenti; come prosperano nel mondo. Le loro faccende sono in ordine, essi sono tranquilli, sereni, sicuri, la loro posizione è solida, sono invidiati da tutti. Tale famiglia non fa altro che guadagnarsi prestigio e onore duraturo, giorno dopo giorno!...» (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, p. 262, n. 221) «Se in una famiglia sono palesi l’amore e la concordia, quella famiglia progredisce, diviene illuminata e spirituale, ma se vi sono inimicizia e odio, è inevitabile che si distrugga e si disperda.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace. Compilazione Vita Familiare, p. 91, n. 41) 732. Bahá’u’lláh ha predisposto la strada per rimuovere ostilità e dissensi dal mondo «Considerate i danni della discordia e del dissenso nella famiglia; riflettete poi sui favori e sulle grazie che vi discendono quando fra i suoi vari membri esista l’unità. Quali incalcolabili benefici e benedizioni per la grande famiglia umana se vi si instaurassero l’unità e la fraternità! In questo secolo in cui i vantaggi dell’unità e i malanni della discordia sono così chiaramente palesi, sono apparsi nel mondo gli strumenti per conseguire e realizzare la fratellanza umana. La Sacra Maestà di Bahá’u’lláh ha proclamato e predisposto la strada onde ostilità e dissensi possano essere rimossi dal mondo umano. Egli non ha lasciato ragioni o possibilità di lotte e discordie. Per primo Egli ha proclamato l’unità della razza umana e speciali insegnamenti religiosi per le attuali condizioni umane.» (‘Abdu’l-Bahá: Star of the West, Compilazione Vita Familiare, p. 91, n. 41) 733. È importante per l’uomo farsi una famiglia «È oltremodo importante che l’uomo si faccia una famiglia. Finché è giovane, a causa dell’autocompiacimento giovanile egli non ne comprende il significato, ma quando invecchia ciò sarà per lui fonte di rammarico... In questa Causa gloriosa la vita di una coppia di sposi deve rassomigliare alla vita degli angeli in cielo - una vita colma di gioia e di delizia spirituale, una vita di unità e concordia, un’amicizia mentale e fisica. Sia ben ordinata e organizzata la loro casa; e le loro idee e pensieri, quali raggi del sole della verità e fulgore delle lucenti stelle del cielo. Come due uccelli gorgheggino sui rami dell’albero dell’amicizia e dell’armonia: sempre inebriati di gioia e letizia, fonte di felicità per gli altri cuori. Siano d’esempio per il prossimo, manifestino reciprocamente vero e sincero amore ed educhino i loro figli in tal guisa da dar lustro alla fama e alla gloria della loro famiglia.» (Da un discorso di ‘Abdu’l-Bahá. Compilazione Vita familiare, p. 92, n. 43) 734. Chiavi per il rafforzamento della famiglia «Il rapporto fra marito e moglie va visto nel contesto dell’ideale bahá’í di vita familiare. Bahá’u’lláh è venuto per portare l’unità del mondo, e l’unità fondamentale è quella della famiglia. Perciò, dobbiamo credere che la Fede è intesa a consolidare la famiglia, non a indebolirla, e una delle chiavi per il rafforzamento dell’unità è l’amorevole consultazione, L’atmosfera nella famiglia bahá’í e nella comunità deve esprimere ‘la nota fondamentale della Causa di Dio’ che, come ha affermato l’amato Custode, ‘non è autorità dittatoriale, sibbene umile cameratismo, non potere arbitrario, ma spirito di franca e amorevole consultazione’.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Nuova Zelanda, 28 dicembre 1980. Compilazione Vita familiare, p. 115, n. 99) 735. Problema “suocera” «In quanto ai rapporti tesi che intercorrono fra lei e sua suocera e a ciò che ella può fare per alleviare le situazione, riteniamo che debba perseverare, con l’aiuto e la consultazione di suo marito, nei suoi sforzi per conseguire unità nella famiglia. Dalla descrizione dell’atteggiamento ostile che sua suocera mostra verso di lei è chiaro che non sarà un compito facile. Ma l’importante è che ella, come bahá’í, ricordi l’ammonimento di ‘Abdu’l-Bahá di concentrarsi sulle buone qualità degli altri e sappia che questo atteggiamento verso sua suocera può rafforzare la sua decisione di conseguire l’unità. La perseveranza nella preghiera le darà, inoltre, la forza di persistere nei suoi tentativi.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 6 settembre 1970, Compilazione Vita familiare, p. 113, n. 94) 736. Una casa veramente bahá’í - Una fortezza su cui la Causa può contare «Una casa veramente bahá’í è una fortezza su cui la Causa può contare per pianificare le sue campagne. Se... e... si amano e desiderano sposarsi, Shoghi Effendi non vuole che essi pensino che così facendo si privino del privilegio di servire. Non v’è nulla di più bello di un matrimonio fra giovani bahá’í, che pongono le basi di una famiglia veramente bahá’í, come vuole Bahá’u’lláh...» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 6 novembre 1932. Compilazione Vita familiare, p. 96. n. 49) 737. La famiglia è un’istituzione che Bahá’u’lláh è venuto a consolidare e non a indebolire «Certo Shoghi Effendi sarebbe lieto di vedere lei e gli altri credenti dedicare tutto il loro tempo e le loro energie alla Causa, perché v’è grande bisogno di operatori competenti, ma la famiglia è un’istituzione che Bahá’u’lláh è venuto a consolidare, non a indebolire. Nelle case bahá’í sono accaduti molti fatti incresciosi, e solo per negligenza a tal proposito. Serva la Causa, ma ricordi anche i doveri domestici. Sta a lei trovare l’equilibrio e fare in modo che l’una non le faccia trascurare gli altri. Avremmo molti più mariti nella Causa, se le mogli fossero più accorte e moderate nelle loro attività bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad una credente, 14 maggio 1929, Compilazione Vita familiare, p. 96, n. 48) 738. Preservare la famiglia bahá’í: armonia, unità e amore, supremi ideali nei rapporti umani «Quando c’è una famiglia bahá’í, gli interessati devono fare quello che possono con ogni mezzo per preservarla, perché negli Insegnamenti il divorzio è fermamente condannato, mentre l’armonia, l’unità e l’amore sono sostenuti quali supremi ideali nei rapporti umani. Questo vale per tutti i bahá’í, pionieri o no.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’America Centrale, 9 novembre 1956, Compilazione Vita familiare, p. 110, n. 91) 739. Diritti e prerogative di ciascun membro della famiglia «Secondo gli insegnamenti di Bahá’u’lláh, la famiglia, essendo una unità umana, deve essere educata secondo le regole della santità. Alla famiglia bisogna insegnare ogni virtù. Bisogna sempre tenere in considerazione l’unità del legame familiare e non bisogna violare i diritti dei singoli membri: i diritti del figlio, del padre, della madre, non si deve violare nessun diritto; nessun diritto deve essere arbitrario. Come il figlio ha certi obblighi verso il padre, così il padre ha certi obblighi verso il figlio. La madre, la sorella e gli altri membri della famiglia hanno certe prerogative. Tutti questi diritti e prerogative devono essere conservati, ma si deve sostenere l’unità della famiglia. Il male di uno sarà considerato un male per tutti; il bene di uno, un bene per tutti; l’onore di uno, l’onore di tutti.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, Compilazione Vita familiare, p. 90, n. 37) 740. Violenza in famiglia «Nessuna specifica dichiarazione sulla violenza in famiglia è emersa dagli Scritti; comunque, la Casa di Giustizia ritiene che l’assenza di peculiari riferimenti a questo argomento non debba essere interpretato come carenza nella Fede della guida necessaria per trattare i problemi citati nella vostra lettera. Gli atti di violenza possono appropriatamente essere considerati come la negazione dell’insistente enfasi data alla concordia, alla comprensione ed all’unità, cuore degli Insegnamenti bahá’í, e gli Scritti sacri sono pieni di consigli sul come conseguire questi obiettivi positivi. Nella Tavola del Mondo Bahá’u’lláh afferma: “... I tratti distintivi dell’eccellenza di questa Rivelazione Suprema consistono nell’aver Noi, da un canto, cancellato dalle pagine del Sacro Libro di Dio tutto ciò che è stato ragione di discordia, malvagità e cattiveria fra i figli degli uomini e, dell’altro, decretato i requisiti essenziali della concordia, comprensione e dell’unità completa ed eterna. Felici coloro che osservano i Miei statuti!” “In altra parte della stessa Tavola alle “genti di Dio” è stato proibito di “impegnarsi in polemiche e conflitti”. Alla luce di queste affermazioni e dell’accento posto da Bahá’u’lláh e da ‘Abdu’l-Bahá sull’amore e l’armonia, quali elementi caratteristici del matrimonio, la cui legge viene descritta da Bahá’u’lláh come “una fortezza di benessere e salvazione”, ed alla luce delle esortazioni di ‘Abdu’l-Bahá secondo cui ciascun membro della famiglia deve rispettare i diritti degli altri, appare ovvio che la violenza nella famiglia è antitetica allo spirito della Fede e la sua pratica deve essere condannata. Se vogliamo che la struttura generale della società resti intatta, occorre fare sforzi risoluti, compresi - se necessario - quelli medici per contenere gli atti di aggressione all’interno della famiglia, ed in modo particolare le loro forme estreme, quali percosse alla moglie e maltrattamento dei figli da parte dei genitori. Questa è una questione di fondamentale importanza, perché, se gli amici non sono in grado di mantenere l’armonia in famiglia, su quali altri basi sperano di dimostrare ad un mondo scettico l’efficacia del carattere preminente della Rivelazione di Bahá’u’lláh? Quale influenza possono sperare di esercitare sullo sviluppo delle nazioni e l’edificazione della pace mondiale? La seguente dichiarazione dell’amato Maestro chiarisce questi punti: “...Paragona le nazioni del mondo ai membri di una famiglia. Una famiglia è una nazione in miniatura. Semplicemente allargando la cerchia delle famiglie si ha la nazione. Allargando la cerchia delle nazioni si ha tutta l’umanità. Le condizioni che circondano la famiglia circondano la nazione. Gli avvenimenti della vita familiare sono gli avvenimenti della vita della nazione. Vi sarebbe progresso e miglioramento in una famiglia se fra i suoi membri insorgessero discordie, aggressività, reciproche ruberie, gelosie, vendette delle offese e ricerca del profitto personale? Al contrario tutto ciò causerebbe regresso e ritardo. Lo stesso si verifica nella grande famiglia delle nazioni, perché le nazioni non sono altro che un insieme di famiglie...”.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 22 settembre 1983) 741. L’amore può trasformare la persona meschina e gretta in anima celestiale «Il Custode... si è davvero molto dispiaciuto nell’apprendere che lei sta incontrando la dura opposizione di suo marito per la sua adesione alla Causa. Capisce molto bene la terribile condizione in cui si trova, ma confida che Bahá’u’lláh la stia guidando sulla retta via, assistendola ed incoraggiandola continuamente nei suoi sforzi per risolvere il più serio ed impegnativo problema della sua vita. La salda devozione e l’incrollabile lealtà, che ella ha finora in modo così splendido dimostrato verso la Fede, sono veramente notevoli e degni di grandissima lode ed ammirazione. Le persecuzioni che ora sopporta hanno solo questo grande vantaggio: accrescere la sua fede nella Causa, rinfocolare e rinnovare le sue energie al suo servizio. Deve quindi rallegrarsi ed accettare di buon grado quelle sofferenze poiché servono a risvegliare maggiormente la sua consapevolezza di essere membro del Nuovo Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh. Il Custode desidera che io le raccomandi di pazientare e confidare, e soprattutto di contraccambiare con massimo amore e gentilezza tutta l’ostilità e l’odio che riceve da suo marito. Per i bahá’í un atteggiamento conciliante ed amichevole è, in questi casi, non solo un dovere, ma anche la maniera più efficace per conquistare alla Causa la simpatia e l’ammirazione di antichi oppositori e nemici. In effetti l’amore è il più elisir capace di trasformare le persone più meschine e grette in anime celestiali. Valga il suo esempio quale ulteriore conferma della verità di questo bell’insegnamento della nostra Fede.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad una credente, 6 dicembre 1935. Parzialmente in compilazione Vita familiare, p. 97, n. 52) 742. Essere pazienti con il coniuge non bahá’í ed attrarlo con amorevole gentilezza, saggezza e tatto «Riguardo a suo marito che - egli si è molto dispiaciuto di sentire - pare essere così ostile alla Causa da quando è caduto sotto la cattiva influenza di Mr.... il Custode desidera che sia paziente con lui e cerchi, con amorevole gentilezza, saggezza e tatto, di conquistare la sua stima e simpatia per la Fede. Per quanto ostile sia il suo attuale atteggiamento verso la Causa e prescindendo da quanto seriamente interferisca nelle sue attività di credente, non deve mai perdere la speranza di conquistarlo alla Fede, anzi sperare perfino di guidarlo ad assisterla apertamente e fattivamente nelle sue attività bahá’í. Con il sicuro aiuto di Bahá’u’lláh e l’esempio della sua condotta, il suo compito sarà certamente facilitato e coronato da successo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad una credente, 15 ottobre 1939) 743. Insegnare ai parenti «Egli le consiglia di non insistere nell’insegnamento a suo marito, ma piuttosto di attrarre il suo cuore con la preghiera, l’amore e l’esempio, di modo che sia costretto ad accorgersi non solo che lei è diventata una persona più felice, ma anche una moglie ed una madre migliore di prima. Spesso è molto difficile insegnare a coloro che ci sono più vicini, tuttavia il Custode pregherà fervidamente affinché suo marito e i suoi figli si uniscano a lei nel servire questa meravigliosa Causa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad una credente, High Endeavours, Messages to Alaska, pp. 72-73) 744. Guadagnarsi il diritto di intercedere per la famiglia «Egli si è dispiaciuto nel sentire che Mrs.... non è in buone condizioni mentali. Non deve certamente rattristarsi se trova che i suoi familiari non sono ricettivi agli insegnamenti: e infatti non tutte le anime sono spiritualmente illuminate. Anche nelle famiglia dei Profeti, molti sono rimasti irredenti perfino davanti all’esempio e alla forza di persuasione della Manifestazione di Dio: perciò gli amici non devono affliggersi di fronte a queste cose, ma lasciare nelle mani di Dio il futuro di coloro che essi amano e conquistarsi, mediante il servizio e la devozione alla Fede, il diritto di intercedere alla fine per la loro rinascita spirituale.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 9 Mirza 1942. Compilazione Vita familiare, p. 101, n. 63) 745. Non ingannare i genitori o il coniuge, ma essere discreti «Gli sembra che, proprio come lei ha lasciato suo marito libero di credere o non credere in qualunque cosa gli piaccia, egli debba accordarle la medesima basilare prerogativa. Non consiste proprio nel diritto di adorare Dio nel modo che si ritiene più giusto la più grande e fondamentale libertà nel mondo? D’altro canto nessuno deve imporre le proprie convinzioni ad un altro e, se Mr.... non è d’accordo con la sua adesione alla Fede Bahá’í, lei dovrebbe condurre le sue attività non in segreto, ma neanche in modo da imporgli sempre di conoscerle. In altri termini, nell’interesse di suo marito, talvolta dovrebbe rinunciare al piacere di partecipare a Feste o riunioni, se egli volesse fare qualcosa con lei. Il Custode pensa che non sia giusto che sua figlia inganni suo padre e non gli faccia sapere d’essere bahá’í. Sempre nel suo interesse, essa, come lei, qualche volta dovrebbe evitare di partecipare alle riunioni, ma lei non può certo imporle di non credere e non accettare ciò che considera la Verità per questa Epoca! Ogni sincero credente in Dio deve inevitabilmente fare dei sacrifici, che - per quanto duri possano essere - sono insignificanti, se paragonati alla benedizione d’aver accettato Bahá’u’lláh. Questo è certamente vero per il sig. ..., il quale ha sofferto per la fermezza nella propria fede. Non possiamo rassegnarci alla cecità del mondo; tutto quello che possiamo fare è avere tatto.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad una credente, 22 settembre 1948) 746. Dovere del credente è di cercare di portare la famiglia alla Fede «...Se il credente è l’unica persona della famiglia ad aver abbracciato la Fede, è suo dovere tentare di guidare quanti più membri è possibile alla luce della guida divina. Appena una famiglia bahá’í si forma tutti i suoi membri devono sentirsi responsabili per rendere la vita collettiva familiare una realtà spirituale, animata dall’amore di Dio ed ispirate dai nobilitanti principi della Fede. Per raggiungere questo scopo occorre che la lettura degli Scritti sacri e le preghiere diventino un impegno giornaliero della famiglia. Per quanto concerne il lavoro d’insegnamento, come gli individui sono chiamati ad adottare mete, così la famiglia potrebbe adottarne delle proprie. In questo modo gli amici farebbero delle loro famiglie forti e sane unità, radiose candele per la diffusione della luce del Regno e potenti centri di attrazione delle confermazioni celesti.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 17 aprile 1981) 747. In presenza di ostilità di membri della famiglia, evitare antagonismi e lasciarli a se stessi «Non tutti sono pronti a ricevere la Causa, ma in ogni classe sociale vi sono anime che bramano questa nuova Divina Effusione e spiritualmente abbastanza mature per abbracciarla. I bahá’í, ciascuno secondo le proprie opportunità, devono cercare queste persone. Il Custode si duole profondamente per l’atteggiamento ostile di alcuni membri della sua famiglia verso la Causa che lei si è levata a servire, e pensa che debba fare tutto il possibile per evitare di inimicarseli, tranne, naturalmente, che rinunciare alla sua Fede e diventare inattiva. Poiché non riesce ad indurli d’interessarsi ad essa, la miglior cosa da fare è ciò che il Maestro consigliava in questi casi: lasciarli in balia di se stessi e pregare per loro. Stia certo che il Custode pregherà anche per la loro illuminazione. Diverse persone, dopo essersi aspramente opposte alla Fede, sono state alla fine conquistate dalla pazienza, dall’amore, dal tatto e dalle preghiere dei loro parenti o amici bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 14 ottobre 1943) B. Rapporti fra marito e moglie 748. Chiavi per il rafforzamento della famiglia «Il rapporto fra marito e moglie va visto nel contesto dell’ideale bahá’í di vita familiare. Bahá’u’lláh è venuto per portare l’unità del mondo, e l’unità fondamentale è quella della famiglia. Perciò, dobbiamo credere che la Fede è intesa a consolidare la famiglia, non a indebolirla, e una delle chiavi per il rafforzamento dell’unità è l’amorevole consultazione. L’atmosfera nella famiglia bahá’í e nella comunità deve esprimere la “nota fondamentale della Causa di Dio” che, come ha affermato l’amato Custode, “non è autorità dittatoriale, sibbene umile cameratismo, non potere arbitrario, ma spirito di franca e amorevole consultazione”. (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Nuova Zelanda, 28 dicembre 1980. Compilazione Vita familiare, p. 115, n. 99) 749. Onore e privilegio decretati per le donne: Obbedienza al marito «È in questo contesto di doveri e responsabilità reciproche e complementari che si deve leggere la Tavola in cui ‘Abdu’l-Bahá proferisce la seguente esortazione: “O Ancelle del Signore Che da Sé esiste! Prodigatevi, sì che possiate conseguire l’onore e il privilegio decretati per le donne. Indubbiamente la gloria suprema delle donne è la servitù alla Sua soglia e la sottomissione alla Sua porta; è il possesso di un cuore vigile e la lode dell’incomparabile Iddio; è sincero amore verso le altre ancelle e immacolata castità; è obbedienza e rispetto verso il marito, educazione e cura dei figli; ed è tranquillità e dignità, perseveranza nel rimembrare il Signore, massimo ardore e attrazione.” (Ibidem. Compilazione Vita familiare, p. 116, n. 99) 750. Il dominio del marito e della moglie non è giusto «Questa esortazione al sommo grado di spiritualità e abnegazione non va letta come una definizione legale che conferisce al marito autorità assoluta sulla moglie; perché, in una lettera scritta a un credente il 22 luglio 1943, il segretario dell’amato Custode scrisse a suo nome: “Il Custode, nelle sue osservazioni... sui rapporti tra genitori e figli, tra moglie e marito, in America, voleva dire che in codesto paese i bambini tendono ad essere troppo indipendenti dai desideri dei loro genitori e a non portare loro il dovuto rispetto. Anche le mogli, talvolta sono inclini a dominare troppo sui mariti - il che, ovviamente non è corretto, come non lo è che il marito domini ingiustamente sulla moglie”.» (Ibidem. Compilazione Vita Familiare, pp. 116-117, n. 99) 751. Talvolta la moglie deve rimettersi al marito e viceversa «In ogni gruppo, per quanto amorevole sia la consultazione, vi sono tuttavia alcuni punti sui quali, di tanto in tanto, è impossibile raggiungere l’accordo. In un’Assemblea Spirituale il dilemma si risolve con un voto di maggioranza. Ma quando le parti interessate siano solo due, come nel caso di marito e moglie, non c’è voto di maggioranza. Pertanto talvolta è la moglie che deve rimettersi al marito e talvolta è il marito che deve rimettersi alla moglie, ma nessuno dei due dovrà mai ingiustamente dominare l’altro. In breve, il rapporto fra marito e moglie deve essere, com’è scritto nella preghiera rivelata da ‘Abdu’l-Bahá che viene spesso letta durante le cerimonie nuziali bahá’í: “In verità essi si sono sposati in obbedienza al Tuo comandamento. Concedi loro di divenire segni di armonia e dell’unità fino alla fine dei tempi.*”» *(Preghiere Bahá’í, p. 195) (Ibidem. Compilazione Vita familiare, p. 117, n. 99) 752. Nella Tavola del Mondo è previsto che donne e uomini si guadagnino la vita «Nella Tavola del Mondo, Bahá’u’lláh ha previsto che le donne si guadagnino la vita come gli uomini quando affermò: “Tutti, uomini e donne, devono affidare a una persona di fiducia parte di ciò che guadagnano con il commercio, l’agricoltura o altra occupazione, perché sia spesa allo scopo di educare e istruire i fanciulli, tenendone informati i Fiduciari della Casa di Giustizia”. » (Tavole di Bahá’u’lláh, p. 83) «Un importantissimo elemento nel conseguimento di questa parità è la disposizione di Bahá’u’lláh perciò ragazzi e ragazze devono seguire essenzialmente lo stesso programma scolastico.» (Ibidem. Compilazione Vita Familiare, P. 118, n. 99) 753. Amore fra marito e moglie «Gli amici di Dio devono così vivere e comportarsi, e mostrare tale eccellenza di carattere e di condotta, sì da strabiliare gli altri. L’amore tra marito e moglie non deve essere puramente fisico, sibbene spirituale e celestiale. Si reputino queste due anime un’anima sola. Sarebbe ben difficile dividere un’anima! Certo, ben difficile! In breve, il Regno di Dio si fonda sull’armonia e sull’amore, sull’unità, sulle relazioni e sull’amore, non sulle divergenze, specie fra marito e moglie.» (‘Abdu’l-Bahá, Compilazione Vita familiare, pp. 83-84, n. 23) 754. L’Istituzione del matrimonio «L’Istituzione del matrimonio, creata da Bahá’u’lláh, attribuisce la debita importanza all’aspetto fisico dell’unione coniugale che, però, considera in subordine rispetto agli scopi e alle funzioni morali e spirituali di cui l’Onnisciente e amorosa Provvidenza l’ha investita. Solo quando si riconosca il dovuto peso di ciascuno di questi differenti valori, e si subordini il materiale al morale, e il carnale allo spirituale, si possono evitare quegli eccessi e quel lassismo nelle relazioni coniugali che la nostra società ha la sventura di conoscere, e la vita familiare riacquisterà la sua autentica purezza, svolgendo la vera funzione per cui Iddio l’ha istituita.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 8 maggio 1939, Compilazione Vita Familiare, p. 99. N. 56) 755. Marito e moglie come un’anima sola «...Il Signore, impareggiabile qual é, ha creato uomo e donna perché dimorino assieme nella più stretta amicizia, quasi fossero un’anima sola. Essi sono due compagni, due amici intimi, tenuti a preoccuparsi del reciproco benessere. Se così vivranno, attraverseranno questo mondo in perfetto appagamento, beatitudine e pace di cuore e nel Regno dei Cieli diverranno ricettacoli della grazia e del favore di Dio. Ma se agiranno altrimenti, consumeranno la vita in grande amarezza, desiderosi sempre di morte, e nel regno celeste ne sentiranno vergogna. Sforzatevi, ordunque, di rimanere assieme, anima e corpo, come due colombi nel nido, poiché ne trarrete benedizioni in entrambi i mondi.» (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, p. 120, n. 92) 756. La moglie tratti il marito con gentilezza «In quanto al tuo onorato marito: è doveroso che tu lo tratti con grande gentilezza, che tu tenga conto dei suoi desideri e sii con lui sempre conciliante, finché egli non veda che - essendoti rivolta verso il Regno di Dio - la tua tenerezza verso di lui, il tuo amore per Dio, nonché la tua sollecitudine ai suoi desideri in ogni circostanza sono cresciuti.» (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, p. 120, n. 91) 757. Sopportare crudeltà, maltrattamenti e mostrare gentilezza «Abbi caro tuo marito e mostrati sempre amabile con lui, per quanto irascibile egli possa essere. E se la tua amorevole gentilezza lo inasprisce, ebbene mostrati ancora più gentile, più tenera, più amorevole e sopportane le crudeltà e i maltrattamenti.» (‘Abdu’l-Bahá, Compilazione Vita Familiare, p. 87, n. 33) 758. Invocare l’aiuto di Bahá’u’lláh e pensare a ‘Abdu’l-Bahá come esempio perfetto «Egli ritiene che ella debba assolutamente mostrare verso suo marito massimo amore e simpatia; se mai siamo incerti su come comportarci quali bahá’í, dobbiamo pensare ad ‘Abdu’l-Bahá e studiare la Sua vita e chiederci che cosa lui avrebbe fatto, perché il nostro esempio perfetto sotto ogni aspetto è Lui. E lei sa quanto tenero Egli fosse e come il Suo affetto e la Sua gentilezza risplendessero per tutti come il sole. Suo figlio e suo marito hanno il diritto al suo amore e le danno una splendida occasione per dimostrare la sua fede nella Causa. Deve anche invocare l’aiuto di Bahá’u’lláh, affinché l’unisca a suo marito e faccia della sua casa una vera casa, una casa felice.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 16 Mirza 1946. Compilazione Vita Familiare, p. 103, n. 69) 759. Incombe ai bahá’í di fare sforzi sovrumani per evitare il divorzio * «Egli ritiene che ella debba ad ogni costo fare tutto il possibile per salvare il suo matrimonio, soprattutto per i suoi figli che, come tutti i figli di persone divorziate, non avranno altro che da soffrire a causa di lealtà contraddittorie, poiché sono privati della grazia di una madre e di un padre in una medesima casa, che si curino dei loro interessi e, uniti, li amino. Ora che si rende conto che suo marito è ammalato, deve essere capace di rassegnarsi alle difficoltà che ha affrontato con lui emotivamente e non deve assumere un atteggiamento intransigente, per grande che sia la sua sofferenza. Sappiamo che Bahá’u’lláh ha aspramente riprovato il divorzio; e realmente i bahá’í hanno il dovere di fare sforzi quasi sovrumani per non permettere che un matrimonio si sciolga.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad una credente, 6 Mirza 1953. Compilazione Vita Familiare, p. 107, n. 81) * (Vedi anche il capitolo Divorzio) C. Antenati e discendenti 760. La fede del credente attrae la misericordia di Dio verso le anime dei genitori «Riguardo alla sua domanda circa gli ascendenti ed i discendenti, siamo stati incaricati di dirle che, mentre vi sono Tavole in cui Bahá’u’lláh afferma che la fede nella Manifestazione di Dio da parte di un credente attrae la Misericordia di Dio sulle anime dei suoi genitori defunti, la Casa di Giustizia non conosce nessun passo degli Scritti bahá’í a sostegno dell’affermazione secondo cui le sette generazioni precedenti di un credente e le sette seguenti sono benedette da quando egli diventa bahá’í. Lei forse conosce anche le seguenti affermazioni ‘Abdu’l-Bahá: ‘è quindi consentito chiedere a Dio progresso, perdono, misericordia, benefici e benedizioni per una persona dopo la sua morte...; perciò i figli... devono implorare perdono e misericordia per i loro genitori” (Da Le Lezioni di San Giovanni D’Acri, pp. 289-290) (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 23 febbraio 1978) 761. Il credente sincero può intercedere per i suoi avi* «Non possiamo prendere troppo alla lettera l’insegnamento secondo il quale un credente che rimanga incrollabile fino alla fine della sua vita sarà lo strumento del risveglio spirituale di tutti i suoi antenati, soprattutto perché è riferito e non si trova in forma autentica. Ma possiamo essere certi che il credente sincero e fedele può intercedere per i suoi avi e assisterli nel loro sviluppo meglio di quanto potrebbe se non fosse spiritualmente illuminato.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 12 dicembre 1942) *(Vedi anche il paragrafo 699) D. Rapporti fra genitori e figli 762. Il più importante di tutti i doveri dopo il riconoscimento di Dio: Tenere in debita considerazione i diritti dei genitori «I frutti dell’albero dell’esistenza sono la fidatezza, la lealtà, la veracità e la purezza. Dopo il riconoscimento dell’unicità del Signore, esaltato Egli sia, il più importante fra tutti i doveri è quello di tenere in debita considerazione i diritti dei propri genitori. Questo fatto è stato menzionato in tutti i Libri di Dio.» (Bahá’u’lláh: Compilazione Vita Familiare, p. 15, n.°14) 763. Se i figli non obbediscono ai genitori... non obbediranno a Dio «I genitori devono fare tutto il possibile per allevare i propri figli in modo che siano religiosi, perché, se non otterranno questo sommo ornamento i figli non obbediranno ai genitori, la qual cosa, in un certo senso, significa che non obbediranno a Dio. In verità, quei bambini non mostreranno rispetto verso nessuno e faranno esattamente quel che vorranno.» (Bahá’u’lláh: Compilazione Educazione Bahá’í, p. 15, n. 14) 764. Il figlio deve servire il padre «Abbiamo ingiunto ad ogni figlio di servire il padre. Così abbiamo Noi decretato questo ordine nel Libro.» (Bahá’u’lláh: Compilazione Educazione Familiare, p. 73, n. 3) 765. Consultazione tra padre e figlio «In quanto alla tua domanda sulla consultazione fra padre e figlio, o figlio e padre, su problemi di lavoro o di commercio: la consultazione è uno degli elementi basilari delle fondamenta della Legge di Dio. Tale consultazione è certamente accettabile, sia fra padri e figli, sia fra altre persone. Non vi è nulla di meglio. Gli uomini devono consultarsi su ogni cosa, perché ciò li guiderà ad approfondire ogni problema e permetterà loro di trovare la giusta soluzione.» (‘Abdu’l-Bahá: Compilazione Vita Familiare, p. 85, n. 30) 766. Il padre deve consigliare il figlio*; il figlio deve obbedire al padre «Il padre deve sempre sforzarsi di educare il figlio e di renderlo edotto dei precetti celestiali. Deve sempre consigliarlo ed esortarlo, insegnargli contegno e carattere degni di lode, dargli agio di ricevere istruzione a scuola e di erudirsi in quelle arti e scienze che sono ritenute utili e necessarie. In breve instilli nella sua mente le virtù e le perfezioni del mondo dell’umanità, e soprattutto gli rammenti continuamente la rimembranza di Dio così che le sue pulsanti vene de arterie possano palpitare d’amor di Dio. Il figlio, d’altra parte, deve mostrare massima obbedienza verso il padre e comportarsi quale umile e modesto servitore. Giorno e notte cerchi diligentemente di provvedere all’agiatezza e alla prosperità del suo amorevole genitore e di procurarsene il beneplacito. Rinunzi al riposo e allo svago e sempre s’ingegni di recare gioia al cuore di suo padre e di sua madre, sì che ne possa ottenere il beneplacito dell’Onnipotente ed il benevolo aiuto degli eserciti dell’invisibile.» (‘Abdu’l-Bahá: Compilazione Vita Familiare, p. 86, n. 32) *(Vedi anche il paragrafo 524) 767. Rispetto per i genitori - Nessuna preclusione per il figlio di servire la Causa «Se ti mostrerai gentile e rispettoso verso i tuoi genitori così che essi possano in genere sentirsi soddisfatti, anch’io ne sarò soddisfatto, perché si deve avere grande rispetto verso i genitori ed è essenziale che essi si sentano contenti, purché non ti precludano di accedere alla Soglia dell’Onnipotente, o non t’impediscano di seguire la via del Regno. Semmai è loro dovere incoraggiarti e spronarti in questa direzione.» (‘Abdu’l-Bahá, Compilazione Vita Familiare, P. 84, n. 26) 768. Scegliere tra servire Bahá’u’lláh o servire i genitori «Ti abbiamo fatto ritornare a casa in segno della nostra Misericordia verso tua madre, avendola trovata affranta dal dolore. Vi abbiamo ingiunto nel Libro “di non adorare altri che Dio e di usare gentilezza verso i genitori “*. Così ha parlato l’unico vero Dio e il decreto è stato adempiuto dall’Onnipotente, l’Onnisciente. E perciò ti abbiamo fatto ritornare a lei e a tua sorella, affinché se ne consolassero gli occhi di tua madre ed ella fosse tra coloro che sono grati. Dite, o Mie genti! Onorate i genitori e rendete loro omaggio. Ciò farà scendere su voi benedizioni dalle nuvole della munificenza del vostro Signore, il Magnifico il Grande. Informati che fummo della sua tristezza, ti ordinammo di ritornare a lei, come segno di misericordia dalla Nostra presenza per te e monito per gli altri. Attenti a non commettere cose che rattristerebbero il cuore di vostro padre e vostra madre. Seguite la strada della Verità che è, certo, una retta via. Dovesse alcuno darvi da scegliere fra l’opportunità di rendere servigio a Me e servigio a loro, preferite servire loro e fate che tale servizio sia una via che vi conduca a Me. Questa è la Mia esortazione e il Mio comando per te. Osserva dunque ciò che il Tuo Signore, il Possente, il Benigno, ti ha prescritto.» (Bahá’u’lláh: Compilazione Vita Familiare, p. 75, n. 7) 769. È un privilegio prendersi cura dei genitori «In quanto alle domande che gli ha posto, egli è certo che, sebbene in un certo senso ella sia di peso economico per i suoi figli, tuttavia è per loro un privilegio prendersi cura di lei; è la loro madre e ha dato loro la vita e per grazia di Bahá’u’lláh essi sono ora attratti alla Sua Fede. Qualunque cosa facciano per lei non è che una piccola ricompensa per tutto ciò che ella ha fatto per loro.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad una credente, 20 settembre 1948. Compilazione Vita Familiare, p. 105, n. 76) 770. Pregare per i genitori «Si conviene che, dopo ogni preghiera, il servo supplichi Iddio di elargire misericordia e perdono ai suoi genitori. Al che si leverà l’invocazione di Dio: ‘Mille volte mille quel che hai chiesto per i tuoi genitori sarà la tua mercede!’ Benedetto è colui che ricorda i genitori quando rivolge lo spirito a Dio. In verità non v’è altro Dio che Lui, il Possente, il Beneamato.» (Il Báb: Antologia, p. 82) «O Signore! In questa Suprema Dispensazione Tu accetti l’intercessione dei figli per i genitori. Questo è uno degli speciali munifici doni di questa Dispensazione. Perciò, o gentile Signore, accetta il voto di questo tuo servo della soglia della Tua unicità e immergi suo padre nell’oceano della Tua grazia, perché questo figlio s’è levato a renderTi servizio e si prodiga di continuo nella strada del Tuo amore. In verità, Tu sei il Donatore, il Perdonatore e il Gentile.» (‘Abdu’l-Bahá: Compilazione Vita Familiare, p. 85, n. 27) 771. Il padre che non educa i figli perde i diritti di patria potestà «Questi sono i rapporti in seno alla famiglia, ma vi è una sfera di rapporti fra uomini e donne di ampiezza maggiore di quella domestica e anche qui essi vanno considerati nel contesto della società bahá’í, non nel contesto di norme sociali passate o presenti. Per esempio, pur essendo la madre la prima educatrice del figlio e la più importante influenza formativa nel suo sviluppo, nondimeno anche il padre è responsabile dell’educazione dei figli, e questa responsabilità è così grave che Bahá’u’lláh ha affermato che il padre che non l’assolva perde i diritti di patria potestà.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Nuova Zelanda, 28 dicembre 1980. Compilazione Vita Familiare, p. 117, n. 99) 772. La madre non deve essere necessariamente relegata in casa «Allo stesso modo, sebbene gravi sul marito la primaria responsabilità di sostenere economicamente la famiglia, ciò non implica assolutamente che la donna debba essere relegata in casa. Anzi, ‘Abdu’l-Bahá ha così affermato: “In questa Rivelazione di Bahá’u’lláh, le donne procedono di pari passo con gli uomini: non saranno lasciate indietro in nessun movimento. I loro diritti sono pari a quelli degli uomini: avranno accesso a tutti i rami amministrativi della politica; qui raggiungeranno un tale grado che sarà considerato lo stadio supremo del mondo dell’umanità e prenderanno parte a tutti gli affari”.» (‘Abdu’l-Bahá: Compilazione La Donna, p. 23, n. 23) e ancora: “Così avverrà che quando le donne parteciperanno completamente e alla pari agli affari del mondo, quando entreranno fiduciose e capaci nella grande arena della legge e della politica, la guerra cesserà”.» (‘Abdu’l-Bahá: Compilazione La Pace, p. 30 n. 34) 773. Per il pionierismo dei figli minorenni occorre il consenso dei genitori «In quanto all’affermazione del Custode che il pionierismo è condizione al consenso dei genitori e che è necessario che essi siano d’accordo, ella chiede se questa regola valga parimenti per i figli maggiorenni e minorenni. Il Custode risponde che vale solo per coloro che non sono ancora maggiorenni.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Iran, 18 gennaio 1943. Compilazione Vita Familiare, p. 102, n. 66) 774. Genitori e figli nel campo del pionierismo «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la sua lettera del 23 giugno 1977 in cui ella esprime l’ardente desiderio suo e di suo marito di vedere i figli crescere quali attivi sostenitori della Fede ed inoltre chiede se, in considerazione delle responsabilità dei genitori bahá’í nel campo del pionierismo, le apparenti sofferenze che i figli sopportano a causa degli impegni dei genitori nel servizio alla Causa saranno in qualche modo compensate. La Casa Universale di Giustizia ci ha chiesto di comunicarle quanto segue: Nel prendere in esame questo problema è importante rammentare la realtà dell’unità della famiglia e la parte che i figli hanno nelle sue attività. In un discorso tenuto da ‘Abdu’l-Bahá in America nel 1912, Egli fece questa significativa affermazione: Secondo gl’insegnamenti di Bahá’u’lláh, la famiglia - essendo una unità umana - deve essere educata secondo le regole della santità... Bisogna sempre tenere in considerazione l’unità del legame familiare e non bisogna violare i diritti dei singoli membri: i diritti del figlio, del padre, della madre, non si deve violare nessun diritto; nessun diritto deve essere arbitrario... Tutti questi diritti e prerogative devono essere conservati, ma si deve sostenere l’unità della famiglia.» (Compilazione Educazione Bahá’í, p. 94, n. 151) È anche necessario comprendere che un figlio, fin dalla più tenera età, è un’anima cosciente e pesante, un membro della famiglia con personali doveri verso di essa, ed è in grado di fare sacrifici per la Fede in vari modi. Sarebbe opportuno che si facesse percepire ai figli che si è dato loro il privilegio e l’opportunità di partecipare alle decisioni sui servizi che i genitori sono in grado di offrire, in modo che sia una loro consapevole decisione a far sì che accettino quelli che avranno riflessi sulla loro vita. In verità si può far capire ai figli che i genitori desiderano sinceramente intraprendere quei servizi con il loro amorevole sostegno. Vi sono molti passi dagli Scritti di Bahá’u’lláh, ‘Abdu’l-Bahá e del Custode, inclusi nella compilazione Educazione Bahá’í che raccomandano che ‘si devono educare i bambini sin dall’infanzia, in modo che diventino spirituali e devoti bahá’í. Se saranno educati in questo modo, saranno salvaguardati da ogni provÀ (‘Abdu’l-Bahá, pp. 47-48, n. 67). Bahá’u’lláh Stesso ha scritto: ‘In quanto ai bambini . Abbiamo prescritto di insegnar loro dapprima le osservanze e le leggi della religione;... e le azioni che favoriscano la vittoria della Causa di Dio...’ (p. 18, n. 25). Si deve perfino educarli fin dalla tenera età a fare dei sacrifici per la Fede, come precisato da queste parole: “Abituateli a lavorare e ad ingegnarsi, e rendeteli avvezzi alla fatica. Insegnate loro a dedicare la vita a cose di grande importanza...”(‘Abdu’l-Bahá, p. 42, n. 56)» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 23 agosto 1977) XVII. IL DIGIUNO 775. Significato spirituale del digiuno «Il periodo di digiuno, che dura I9 giorni, inizia di norma il giorno 2 Mirza di ogni anno e termina il giorno 20 dello stesso mese; comporta la completa astensione dal cibo e dalle bevande dal sorgere al tramonto del sole. È essenzialmente un periodo di meditazione di preghiera e di recupero spirituale, durante il quale il credente deve sforzarsi di riordinare la sua vita intima, e rianimare e rinvigorire le latenti forze spirituali della sua anima. Pertanto, il significato e lo scopo del digiuno sono sostanzialmente di carattere spirituale. Il digiuno è un simbolo che ci ricorda di astenerci dagli appetiti egoistici e carnali.» (Da una lettera del 10 gennaio 1936 scritta a nome di Shoghi Effendi. Bahá’í News, n. 98, Mirza I936. p.1) 776. L’osservanza del digiuno è un obbligo universale «Riguardo al digiuno di diciannove giorni: Bahá’u’lláh ha ingiunto a tutti i credenti di osservarlo dal compimento dei 15 anni fino all’età di 70. I ragazzi di tutti i paesi, nazionalità e classi, che hanno compiuto 15 anni hanno quest’obbligo. Non importa se in taluni paesi maturino più tardi che in un altro. L’ingiunzione di Bahá’u’lláh è universale e prescinde dalle differenze del raggiungimento dell’età della maturità nei vari paesi e tra popolazioni differenti. Nell’Aqdas Bahá’u’lláh permette alcune eccezioni a quest’obbligo generale: una di queste riguarda coloro che sono impiegati in lavori faticosi come gli operai dell’industria pesante. Ma, pur essendo un obbligo universale, la responsabilità della sua osservanza è stata data da Bahá’u’lláh esclusivamente al credente. Nessuna Assemblea ha il diritto di imporlo agli amici o di ritenere qualcuno responsabile di non osservarlo. Il credente, comunque, è libero di chiedere consiglio alla sua Assemblea su circostanze che potrebbero giustificare l’interruzione del digiuno, ma per nessun motivo gli è richiesto di farlo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 9 Mirza 1937) 777. Il digiuno ha effetti salutari sia fisicamente che spiritualmente «Osservare il digiuno è ingiunto a tutti i bahá’í, a prescindere dalla loro nazionalità. Esso ha un effetto salutare sia dal punto di vista fisico che spirituale, e gli amici devono comprendere che Bahá’u’lláh non lo avrebbe mai istituito se fosse stato dannoso alla salute. (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 21 maggio 1946) 778. Seguire i consigli del medico in presenza di problemi di salute «Riguardo alla sua domanda sul digiuno: se vi è qualche possibilità che la sua osservanza nuoccia alla salute di una persona, occorre richiedere il parere di un medico qualificato. Ma, generalmente, la maggior parte delle persone in ogni parte del mondo può osservarlo senza pericolo per la salute. Anzi, fa molto bene e - una volta presa l’abitudine - diventa ogni anno più facile osservarlo, a meno che si sia fisicamente debilitati. Nessuno è obbligato ad osservarlo se realmente arreca danno.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 14 aprile 1947) 779. La saggezza divina nel digiuno «La saggezza divina nel digiuno è molteplice. Tra esse vi è il seguente: Poiché durante quei giorni (il periodo dei digiuno in seguito osservato, dai seguaci) la Manifestazione del Sole della Realtà, per ispirazione divina, è impegnata nella Rivelazione dei Versetti, nell’istituzione della Legge Divina e nell’ordinamento degli insegnamenti, per questo compito enorme e l’intensa attrazione non vi è l’opportunità né il tempo per mangiare e bere. Per esempio, quando Sua Santità Mosè salì sul Monte Tur (Sinai) e fu impegnato nell’istituzione della Legge di Dio, digiunò quaranta giorni. Il digiuno fu quindi ingiunto al popolo d’Israele per risvegliarlo ed ammonirlo. Allo stesso modo, Sua Santità Cristo, all’inizio dell’istituzione della Legge Spirituale, della sistemazione degli insegnamenti e della disposizione dei consigli, si astenne dal cibo e dalle bevande per quaranta giorni. All’inizio i discepoli ed i Cristiani digiunarono; in seguito le assemblee dei capi cristiani cambiarono il digiuno nelle osservanze quaresimali. Parimenti il digiuno nel mese di Ramadan divenne un dovere perché il Corano era stato rivelato durante quel mese. Nella stessa maniera Sua Santità il Supremo (il Báb), all’inizio della Manifestazione, per il grandioso effetto della rivelazione dei versetti, passò giorni durante i quali il Suo cibo consistette unicamente in un po’ di tè. Analogamente la Bellezza Benedetta (Bahá’u’lláh) quando si trovò occupata nell’istituzione degli Insegnamenti Divini, e nei giorni in cui i Versetti (La Parola di Dio) fluivano continuamente per la grande impressione prodotta dai Versi e per il fremito del Suo cuore, non prese che una minima quantità di cibo. Lo scopo è questo: per seguire l’esempio della Manifestazione Divina come ammonimento, e per commemorare il loro stato, è stato imposto alla gente di digiunare durante quei giorni. Ogni anima sincera che ama desidera provare la condizione in cui si trova il suo amato. Se quest’ultimo è afflitto desidera l’afflizione; se è gioioso desidera la gioia; se riposa, desidera riposare; se è in angustia, essa desidera l’angustia. Ora. Poiché in questo Giorno del millennio, Sua Santità il Supremo (il Báb) digiunò molti giorni, e la Bellezza Benedetta (Bahá’u’lláh) non prese cibo e bevande che in minima quantità, diviene necessario che gli amici seguano quell’esempio..». (‘Abdu’l-Bahá : Tavola dai Suoi Discorsi, di Mrs. Corinne True. Star of the West, vol. IV, n. 18, p. 305) 780. I viaggiatori sono dispensati dal digiuno: Il digiuno non è interrotto se si mangia inconsciamente. «Riguardo alla sua domanda sul digiuno: chi è in viaggio è dispensato dal digiuno, ma se vuole osservarlo è libero di farlo. La dispensa si riferisce all’intera durata del viaggio, e non solamente alle ore trascorse in treno o in auto, ecc. Se si mangia inconsciamente durante le ore di digiuno, questo non si considera interrotto, perché si è trattato di un fatto accidentale. L’età limite è 70 anni; tuttavia, se qualcuno desidera osservare il digiuno pur avendo superato questa età e si sente abbastanza in forze, è libero di farlo. Se ci si ammala durante il periodo del digiuno e lo si interrompe, ma si guarisce prima della fine, si può rinunziare ad osservarlo e portarlo a termine. Naturalmente il digiuno - come sapete - si può osservare solo nel mese riservato a questo scopo..» (Shoghi Effendi: Principles of Bahá’í Administration, pp. 9-I0) 781. Digiuno alle alte latitudini. «È vero che Bahá’u’lláh nel Kitáb-i-Aqdas ha ordinato che alle alte latitudini dove la durata del giorno e della notte varia considerevolmente, bisogna affidarsi agli orologi, piuttosto che al sorgere e al tramontare del sole. Riteniamo, però, che Dublino sia troppo a sud per l’applicazione di questa legge; quindi dovete fare riferimento all’effettivo tramonto per considerare la fine del giorno.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 8 agosto 1969) 782. Il fumo è una forma di bevanda «In una delle Sue Tavole ‘Abdu’l-Bahá, dopo aver affermato che digiunare significa astenersi da cibi e bevande, afferma categoricamente che il fumo è una forma di “bevanda”. (In arabo il verbo “bere” si usa anche per fumare). In oriente, quindi, durante le ore di digiuno, gli amici si astengono dal fumare e fanno lo stesso gli amici orientali che vivono in Occidente. Ma, come è detto nella nostra lettera all’Assemblea Spirituale Nazionale della Nuova Zelanda per ora questa regola della Legge Divina non è stata estesa agli amici occidentali e quindi non se ne deve discutere.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 15 Mirza 1972) 783. Osservanza del digiuno durante la scuola militare «Circa il consiglio richiesto da suo figlio sull’osservanza del digiuno bahá’í, il Custode, per quanto comprenda le difficoltà che deve affrontare un credente nella sua posizione frequentando la scuola militare se vuole attenersi strettamente alle norme del digiuno, nondimeno lo consiglia di fare il possibile per ottenere dalle autorità della scuola il permesso necessario. Nel caso gli venisse rifiutato non avrebbe altra alternativa che obbedire ai superiori.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 27 ottobre 1938) 784. Preghiera per il digiuno «O Dio! Poiché mi astengo dagli appetiti del corpo, né sono occupato a mangiare o bere, purifica e santifica il mio cuore e la mia vita da qualsiasi cosa che non sia il Tuo Amore; proteggi e preserva l’anima mia dalle passioni dell’io e da attributi animali. Possa così lo spirito associarsi con le Fragranze di Santità ed astenersi da tutto tranne che dalla menzione di Te.» (‘Abdu’l-Bahá, Star of the West, vol. IV, n. 18, p. 305) XVIII. TIMORE 785. Il timor di Dio ed il senso del pudore proteggono l’uomo da comportamenti sconvenienti «...In verità vi dico: Il timor di Dio è sempre stato sicura difesa e valido baluardo per tutti i popoli del mondo; è causa prima della protezione dell’umanità e strumento supremo per la sua preservazione. In verità, esiste nell’uomo una facoltà che lo tiene lontano e lo tutela da tutto ciò che è indegno e sconveniente, facoltà nota come senso del pudore. Ma essa è limitata soltanto a pochi; non tutti l’hanno posseduta e la posseggono.» (Tavole di Bahá’u’lláh, p. 58) 786. Insegnare ai bambini il timor di Dio tramite il concetto dell’unicità e delle leggi «La cosa più importante per i bambini, quella che deve precedere ogni altra cosa, è che s’insegnino loro l’unicità di Dio e le Leggi di Dio. Perché mancando questo, non si può inculcare il timor di Dio, e mancando il timor di Dio nasceranno un’infinità di azioni odiose e abominevoli e verranno espressi sentimenti che passeranno ogni limite...» (Bahá’u’lláh: Compilazione Educazione Bahá’í, p. 15 n. 14) 787. La conoscenza eliminerà in gran parte la paura «Nei tesori della scienza divina è celata una conoscenza che, quando sarà applicata, eliminerà in gran parte, anche se non del tutto, la paura. Questa conoscenza, però, dovrà essere insegnata sin dall’infanzia, poiché contribuirà ampiamente alla sua eliminazione [della paura]. Ciò che fa diminuire il timore, fa crescere il coraggio...» (Bahá’u’lláh: Epistola al Figlio del Lupo, p. 23) 788. La mancanza di fede nell’immortalità è causa di paura, di indebolimento della forza di volontà e di degrado dell’uomo «Il concetto di annientamento è un fattore del degrado umano, paura ed abiezione. Ha inoltre contribuito ad annullare ed indebolire il pensiero dell’uomo, mentre l’intuizione dell’esistenza e della continuità ha innalzato l’uomo alla sublimità degli ideali, stabilito le basi dell’umano progresso e stimolato lo sviluppo di virtù divine. Pertanto è opportuno che l’uomo abbandoni concetti di non esistenza e di morte, che sono del tutto immaginari, e concepisca se stesso sempre vivo ed eterno nello scopo divino della sua creazione. Deve scacciare le idee che degradano l’animo umano, di modo che giorno per giorno ed ora per ora possa innalzarsi e salire verso la percezione spirituale della continuità della realtà umana. Se persiste in pensieri di non esistenza diventerà totalmente incapace e, con la forza di volontà indebolita, la sua ambizione di progresso sarà ridotta e cesserà l’acquisizione di virtù umane.» (‘Abdu’l-Bahá: Bahá’í World Faith, ed. 1971, p. 265) 789. Significato del termine “Timor di Dio” «Lei ha chiesto l’esatto significato del termine “Timor di Dio” menzionato negli Scritti sacri bahá’í: spesso significa timore reverenziale, ma ha anche i significati di venerazione, terrore e paura.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 13 novembre 1940) «Non abbiamo alcun modo di sapere a quale scienza si riferisce Bahá’u’lláh quando dice che essa eliminerà, in gran parte, la paura, poiché negli insegnamenti non ne viene fatta ulteriore menzione, il Custode non può associare niente a questa affermazione. Farlo, significherebbe allontanarsi dalla sua funzione di interprete degli insegnamenti; egli non può rivelare nulla oltre gli insegnamenti già dati.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 30 agosto 1952) 790. Spiegare il timor di Dio ai bambini «Nello spiegare il timor di Dio ai bambini, non ha nulla da obiettare se lo s’insegna come ‘Abdu’l-Bahá spesso insegnava le cose, cioè in forma di parabola. Si dovrebbe anche far capire al bambino che non temiamo Dio perché è crudele, ma lo temiamo perché è giusto e, se facciamo del male e meritiamo di essere puniti, allora nella Sua giustizia Egli può ritenere opportuno punirci. Dobbiamo sia amare sia temere Iddio.» (Da una lettera del 15 febbraio 1957 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente. Educazione Bahá’í, p. 90, n. 145) 791. La paura non risolve i problemi «Egli non ritiene che la paura - per noi o per gli altri - risolva i problemi o ci metta in grado di affrontarli meglio se mai dovessero insorgere. Non sappiamo cosa esattamente ci riserva il futuro o entro quanto tempo dovremo affrontare una prova peggiore dell’ultima. Ma ciò che sappiamo è quello che, come bahá’í, possiamo fare tutti: insegnare la Fede ed essere esempio. Non possiamo sopportare il peso delle sofferenze altrui e non dobbiamo cercare di farlo. Tutti gli uomini sono nelle mani di Dio e, anche se vengono uccisi, sappiamo che vi è un’altra vita oltre questa che può apportare grande speranza e felicità all’anima. Qualunque cosa succeda, nulla è tanto importante quanto la nostra fiducia in Dio, la nostra intima serenità e la fede che, nonostante la durezza delle prove che potranno avere, tutto alla fine cesserà, come Bahá’u’lláh ha promesso. Egli la esorta a cancellare dalla mente questi oscuri pensieri e a ricordare che se Dio, il Creatore di tutti gli uomini, può sopportare di vederli soffrire così. Non sta a noi discutere la Sua saggezza. Egli, a Suo modo, può ricompensare un innocente per le afflizioni che patiscono.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 30 settembre 1950) 792. Vincere la paura. «Egli pregherà certamente affinché lei possa superare del tutto il suo timore. Se concentrerà i pensieri sulla consapevolezza di appartenere a Bahá’u’lláh, di essere Suo servo, ch’Egli l’ama e che l’aiuterà sempre se Glielo chiede, e che la grande forza spirituale della Causa di Dio la sostiene per elevarla, allora vedrà presto scomparire i suoi timori.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, High Endeavours, Messages to Alaska, p. 70) 793. Dimenticare le paure, insegnare e servire la Fede «Il Custode la esorta a dimenticare tutte le sue paure e, con cuore tranquillo e spirito radioso, insegnare e servire la Fede come meglio può a Yonkers e nelle sue vicinanze, lasciando a Dio il compito di guidarla ed aiutarla. Attualmente il lavoro d’insegnamento è della massima importanza e chiunque lo intraprenda sarà rafforzato dalle Legioni Celesti.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 31 luglio 1953) 794. Timor di Dio - Necessità dell’elemento paura «Gli ha chiesto del timor di Dio: forse gli amici non si rendono conto che la maggior parte degli esseri umani ha bisogno dell’elemento paura per disciplinare la propria condotta. Solo un’anima relativamente molto evoluta potrebbe essere disciplinata sempre dall’amore soltanto. Il timore delle punizioni, il timore dell’ira di Dio se agiamo male, sono necessari per mantenere i piedi delle persone sul retto sentiero. Naturalmente dobbiamo amare Iddio - ma dobbiamo temerLo come il bambino teme la giusta ira e il castigo del genitore; non inchinarci davanti a Lui come davanti a un tiranno, bensì sapere che la Sua misericordia è più grande della Sua giustizia!” (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 26 luglio 1946, Educazione Bahá’í, p. 68, n. 135) XIX. LA FESTA DEL DICIANNOVESIMO GIORNO A. Natura e funzione 795. Scopo della Festa del Diciannovesimo Giorno «Lo scopo primordiale delle Feste del Diciannovesimo Giorno è quello di permettere ai credenti di dare suggerimenti all’Assemblea Locale la quale, a sua volta, li trasmetterà all’Assemblea Spirituale Nazionale. L’Assemblea Locale è perciò l’apposito strumento per mezzo del quale le comunità locali bahá’í possono comunicare col consesso dei rappresentanti nazionali...» (Da una lettera del I8 novembre 1933 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada. La Festa del Diciannovesimo Giorno, p. 66, n. 16) 796. La Festa del Diciannovesimo Giorno - Cena eucaristica. «Dovete continuare a celebrare la Festa del Diciannovesimo Giorno. È molto utile ed importante. Ma quando vi presentate alla riunione, prima di entrare, liberatevi da tutto ciò che avete in petto, sgombrate il pensiero e la mente da tutto fuorché Dio, e parlate al vostro cuore. Possa ogni cosa fare di essa un motivo d’ispirazione, un convegno d’amore e di attrazione dei cuori, cinto dalle Luci delle Supreme Schiere, sì che possiate essere riuniti in perfetto amore. Ciascuno di voi deve pensare a come rallegrare e allietare gli altri componenti dell’Assemblea, e considerare tutti i presenti migliori e più importanti di se stesso, e stimare se stesso inferiore agli altri. Reputate elevato il loro rango e umile il vostro.» (‘Abdu’l-Bahá, Star of the West, vol. IV, n. 7, p. 120. La Festa del Diciannovesimo Giorno, pp. 60-61, n. 12) 797. ‘Abdu’l-Bahá è presente col cuore e con l’anima. «Sforzatevi affinché in ogni riunione si realizzi la Cena Eucaristica e discenda il cibo celestiale. Questo cibo celestiale è conoscenza, comprensione, fede, fiducia, amore, affinità, gentilezza, purezza d’intenti, attrazione dei cuori e unione delle anime... Quando la riunione viene condotta in questo modo allora ‘Abdu’l-Bahá, pur non essendo presente fisicamente lo sarà col cuore e con l’anima.» (‘Abdu’l-Bahá, Bahá’í World Faith, pp. 407-408) 798. Non è obbligatorio partecipare alla Festa del Diciannovesimo Giorno. «Malgrado non sia obbligatorio, è molto importante partecipare alla Festa del Diciannovesimo Giorno, ed ogni credente deve considerare un dovere ed un privilegio d’essere presente in tali occasioni.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 15 dicembre 1947, Bahá’í News n. 210, p. 3, agosto I948) 799. Se le feste vengono celebrate in modo giusto «In quanto alla Festa del Diciannovesimo Giorno, essa rallegra la mente e il cuore. Se verrà celebrata nel giusto modo, gli anici si ritroveranno, ogni diciannove giorni, ristorati spiritualmente e dotati di un potere che non è di questo mondo.» (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, p. 93, n. 51) 800. Profezie circa le Feste «... Questa è quella “mensa divina” o cibo di cui si fa menzione nelle profezie: ‘In quel giorno essi, si riuniranno attorno alla mensa divina e “la gente verrà da oriente e da occidente e perverrà al Suo Regno”.» (‘Abdu’l-Bahá : Tablets of ‘Abdu’l-Bahá, vol. 2, p. 429) 801. Gli ospiti possono prendere parte alla consultazione, ma non votare «In quanto agli ospiti presenti alla Festa del Diciannovesimo Giorno, bahá’í provenienti da qualsiasi parte del mondo, va riservata una calorosa accoglienza e possono prendere parte alla consultazione. Tuttavia, solo i membri della comunità locale possono votare le proposte per l’Assemblea Spirituale Locale. (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 1 dicembre 1968, Bahá’í Journal of the British Isles, n.190, Mirza/aprile I969) 802. Omettere la parte consultativa della Festa, se sono presenti non bahá’í «La norma secondo cui solo i bahá’í possono partecipare alla Festa del Diciannovesimo Giorno non è nuova, come è stato più volte ribadito dal diletto Custode. Comunque, se si presenta un non bahá’í non gli si deve chiedere di allontanarsi, anzi sarà il benvenuto; l’Assemblea dovrà però omettere la parte consultativa. Naturalmente, se il non bahá’í è ben conosciuto dagli amici e si è certi di non provocare alcun risentimento in lui, gli si può chiedere di allontanarsi durante la parte consultativa. In generale, comunque, se è possibile è molto meglio evitare un problema del genere, e sembra proprio che lei abbia preso la decisione più saggia in occasione dell’ultima visita dei suoi amici, uscendo di sera con loro, evitando così il problema. “Nel corso della consultazione i bahá’í devono poter esprimere con la massima libertà i loro punti di vista sul lavoro della Causa senza avere la preoccupazione che quanto dicono sia ascoltato da qualcuno che non ha accettato Bahá’u’lláh e quindi possa trarne un’immagine distorta della Fede. Inoltre, sarebbe anche molto imbarazzante per un sensibile non bahá’í trovarsi nel mezzo di una dettagliata discussione sugli affari di una comunità bahá’í di cui non fa parte.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 24 Mirza 1970) 803. Il diritto di voto non può essere tolto a chi non partecipa alla Festa «Il Custode non ha mai sentito parlare di alcuna regola in base alla quale un credente che non partecipi consecutivamente a tre Feste del Diciannovesimo Giorno possa essere privato del diritto di voto. Egli pensa che tale provvedimento non sia affatto giustificabile. Ciò che importa è sé una persona si considera bahá’í o no, e se è disposta ad aderire ai principi della Fede e ad accettare l’autorità del Custode e l’Amministrazione: che quell’individuo sia sempre in grado o in condizioni psicologiche adatte per partecipare alla Festa e alle riunioni bahá’í è un problema del tutto diverso.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale di Germania e Austria (o Stati Uniti?), 2 Mirza 1951, La Festa del Diciannovesimo Giorno, p. 74, n. 40) 804. Partecipazione dei non bahá’í alla Festa del Diciannovesimo Giorno «Circa la partecipazione di non bahá’í, alla Festa del Diciannovesimo Giorno potete spiegare a... la natura essenzialmente interna ed amministrativa della Festa... Il segretario del Custode scrisse a suo nome ad un credente il 21 settembre1946; “Riguardo alla sua domanda sulle Feste del Diciannovesimo Giorno... riguardo alla partecipazione di non bahá’í essa deve essere evitata con ogni mezzo, ma se un non credente viene a una Festa del Diciannovesimo Giorno non si deve mandarlo via perché ciò potrebbe ferirne i sentimenti”. (Festa del Diciannovesimo Giorno, p. 72 n. 3I) “Ecco perché e un non bahá’í arriva alla Festa del Diciannovesimo Giorno deve essere messo a suo agio, ma un bahá’í certamente non inviterà un non bahá’í a parteciparvi. Un non bahá’í che chiede di essere invitato alla Festa normalmente comprende la cosa se gli viene spiegata.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, p. 75, n.43) 805. La Festa del Diciannovesimo Giorno è esclusivamente per bahá’í; non è permessa alcuna deroga a questo principio «L’amato Custode mi ha incaricato di scrivervi a proposito di una decisione recentemente presa dalla vostra Assemblea Nazionale, pubblicata nel vostro bahá’í News di gennaio-.febbraio, e cioè permettere che partecipino alla Festa del Diciannovesimo Giorno quei non bahá’í la serietà del cui interesse per la Fede sia garantita da un credente dichiarato. Il Custode desidera che io vi faccia notare che per nessun motivo si può mutare una delle istituzioni della Fede o qualcuno dei suoi principi basilari. La Festa del Diciannovesimo Giorno è un’istituzione fondata dal Báb, successivamente confermata da Bahá’u’lláh e divenuta ora parte importante dell’ordine amministrativo della Fede. Queste Feste del Diciannovesimo Giorno sono per i bahá’í, esclusivamente per i bahá’í, e non è permessa alcuna deroga a questo principio. Il Custode pensa perciò che dovete revocare il provvedimento preso dalla vostra Assemblea di aprire le Feste ai quasi bahá’í, perché la partecipazione di non bahá’í o quasi bahá’í alle Feste del Diciannovesimo Giorno, particolarmente alla parte amministrativa della Festa, non è in accordo con lo spirito dell’ordine amministrativo.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale di Germania ed Austria, 28 maggio 1954, La Festa del 19° Giorno, p. 75. N. 40) 806. I gruppi, i credenti isolati e gli amici tutti devono osservare la Festa del Diciannovesimo Giorno «In risposta alla vostra lettera dell’8 novembre, riteniamo che tutti gli amici, qualunque sia la loro condizione, vadano incoraggiati a osservare la Festa del Diciannovesimo Giorno. Ovviamente essa riveste un carattere amministrativo ufficiale solo dove esiste un’Assemblea Spirituale Locale, che la dirige, presenta, relazioni agli amici e ne riceve i suggerimenti. Tuttavia i Gruppi, le spontanee riunioni di amici e perfino i credenti isolati certamente devono ricordare la giornata e pregare insieme. Nel caso di gruppi, essi possono tenere la Festa come un’Assemblea Spirituale Locale, ricordando naturalmente di non avere valore amministrativo ufficiale.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 1 dicembre 1968, Festa del 19° Giorno, pp. 37-8, n. 47) 807. Dove tenere la Festa del Diciannovesimo Giorno. «In quale luogo tenere la Festa del Diciannovesimo Giorno è certamente una questione su cui deve decidere l’Assemblea Spirituale; ma il più delle volte pare logico celebrarla nell’?a?íratu’l-Quds. Finché non esisterà un luogo di culto... gli amici useranno quest’edificio sia per riunioni di preghiera sia per scopi amministrativi. Se in certi casi qualche Festa speciale viene offerta nella casa di uno dei credenti, con l’approvazione dell’Assemblea Spirituale, egli non ha nella da obiettare; ma in linea generale ritiene che sia meglio usare l’ ?a?íratu’l-Quds. (Da una lettera scritta a nome dì Shoghi Effendi ad un credente, 18 febbraio 1954, La Festa del 19° Giorno, p. 75, n. 42) 808. Il padrone di casa deve servire personalmente. «...Il padrone di casa deve servire personalmente i beneamati. Deve provvedere al benessere di tutti e, con profonda umiltà, mostrare gentilezza verso tutti. Se la Festa è organizzata in questo modo e nella maniera menzionata, tale cena sarà la “Cena Eucaristica”, poiché il risultato sarà lo stesso risultato e l’effetto sarà lo stesso effetto.» (Tablets of ‘Abdu’l-Bahá, pp.468-469. La Festa del I9’ Giorno, p. 60, n. II) 809. I Fanciulli con meno di quindici anni possono partecipare alle Feste «Fino ai quindici anni i figli di genitori bahá’í sono considerati bahá’í ed è loro permesso di partecipare a cerimonie come le Feste. Al raggiungimento del quindicesimo anno, il fanciullo tuttavia deve fare la sua dichiarazione di fede se vuole continuare ad essere bahá’í. Le modalità del suo arruolamento sono lasciate alla discrezione dell’Assemblea Spirituale Nazionale. (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Brasile, 27 Mirza 1968) 810. Feste del Diciannovesimo Giorno rionali «Ogni città avrà la propria Assemblea Spirituale e non diverse assemblee rionali. Naturalmente quando in una città vi siano moltissimi bahá’í è possibile fare Feste del Diciannovesimo Giorno rionali. (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 31 Mirza 1949, La Festa del 19° Giorno, p. 73, n. 36) B. Quando celebrare la festa del diciannovesimo giorno 811. Quando tenere la Festa del Diciannovesimo Giorno «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del I2 ottobre I97I concernente la data in cui tenere la Festa del Diciannovesimo Giorno. È preferibile che essa si tenga nel primo giorno del mese bahá’í; tuttavia, se ciò è difficile, è permesso tenerla in un giorno successivo dello stesso mese. Ogni decisione in merito è lasciata all’Assemblea Spirituale Locale.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia al Comitato Nazionale Insegnamento dell’Islanda, 28 ottobre 1971, Australian Bahá’í Bulletin, n. 213, p. 7, maggio 1972) 812. Coincidenza della Festa con il giorno dedicato ad incontro pubblico «La Festa del Diciannovesimo Giorno deve essere tenuta preferibilmente il primo giorno del mese bahá’í intendendo per giorno quello bahá’í che inizia al tramonto. Se ciò non è possibile per qualche valido motivo quale per esempio la coincidenza con il giorno in cui di norma vi è un incontro pubblico allora può essere tenute successivamente, ma comunque sempre entro lo stesso mese bahá’í, e nella data più vicina possibile.» (Dalla Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 8 agosto 1969. Bahá’í Journal of British Isles, novembre 1969) 813. La Festa deve essere tenuta il giorno prescritto prima del tramonto «Riguardo alla data delle Feste del Diciannovesimo Giorno e delle elezioni, il Custode consiglia la vostra Assemblea di spronare gli amici a tenerle il giorno prescritto, prima del tramonto. Se ciò fosse impossibile allora è permesso tenerle il giorno precedente...» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e del Canada, 24 dicembre 1939, La Festa del I9° Giorno, p. 7I, n. 28) 814. La Festa può essere celebrata durante i Giorni Intercalari ed anche durante il mese del digiuno «Quanto alla sua domanda relativa alla Festa del Diciannovesimo Giorno, Shoghi Effendi non ha nulla da obiettare a che gli amici scelgano di celebrarla in uno dei Giorni Intercalari. Possono farlo anche nel corso del mese del digiuno, purché si astengano da cibo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 2 agosto 1929, La Festa del 19° Giorno, p. 29, n. 28) 815. Alle alte latitudini è permesso regolarsi con l’orologio «Per quanto la celebrazione delle Feste, dei Giorni Sacri e del digiuno, dovrebbe seguire il sorgere ed il tramontare del sole, alle alte latitudini è permesso regolarsi con gli orologi.» (Dalla Casa Universale di Giustizia al Comitato Nazionale Insegnamento dell’Islanda, 28 ottobre 1971. Australian Bahá’í Bullettin, n. 213, p. 7, maggio 1972) 816. Giorno “più adatto” per la celebrazione della Festa «...Avete chiesto se rientra nella discrezionalità di un’Assemblea Spirituale Locale programmare le Feste in un giorno diverso dal primo del mese bahá’í, e fate rilevare che quando le Feste cadevano durante la settimana la partecipazione era molto bassa, mentre, se tenute di sabato molti più amici erano in grado di partecipare. Sembra evidente, perciò, che l’intento dell’Assemblea Locale, che aveva a cuore i membri della sua comunità, era di consentire la partecipazione alla Festa del Diciannovesimo Giorno a quanti più credenti possibile. Forse l’Assemblea ha basato la sua decisione sull’affermazione di ‘Abdu’l-Bahá, tratta dalla compilazione omonima, secondo cui lo “scopo” della Festa è “la concordia, per mezzo della quale i cuori degli amici possono diventare veramente uniti...”‘. Altri brani tratti dalla stessa compilazione sono: “Questa Festa è apportatrice di gioia; è la base dell’accordo e dell’unione; è la chiave dell’amicizia e dell’amore... “I credenti di Dio devono riunirsi e stare insieme nel massimo amore, gioia e fragranza.” “D’altra parte, poiché l’amato Custode espresse una preferenza, e considerò “più opportuno” che la Festa si tenesse il primo giorno di ogni mese, la Casa di Giustizia spera che ovunque gli amici si adoperino per programmare così la Festa ed organizzino i loro affari personali in modo da essere in grado di parteciparvi. Come per molti aspetti della nostra amata Fede, questa è una questione di graduale maturazione dei bahá’í e delle istituzioni. La Casa di Giustizia pensa che dobbiate amorevolmente guidare le Assemblee Locali al riguardo, ma lasciare che decidano per il momento a loro discrezione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Messico, 10 ottobre 1985) C. Programma della festa del diciannovesimo giorno 817. Parte devozionale della Festa «È sorta confusione sul problema della parte devozionale della Festa del Diciannovesimo Giorno perché egli ha usato il termine “devozionale” una volta in senso lato, come di solito lo intendono i bahá’í, e cioè la riunione e la lettura degli insegnamenti che precede la fase amministrativa o consultativa della Festa del Diciannovesimo Giorno. Le due affermazioni non cambiano affatto il modo in cui svolgere questa Festa che, almeno in Oriente, viene sempre aperta con preghiere: dopo di che si leggono talvolta Tavole e brani scelti di Bahá’u’lláh, del Maestro o del Custode, o anche citazioni dalla Bibbia o dal Corano.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 11 aprile 1949. La Festa del 19° Giorno, p. 73, n. 37) 818. Traccia del programma devozionale «Circa la questione delle preghiere alla Festa del Diciannovesimo Giorno, non vediamo alcuna contraddizione nelle tre affermazioni del diletto Custode. In effetti descrivono tutte esattamente la stessa procedura, e cioè che la Festa si inizia con letture devozionali - vale a dire preghiere e meditazioni - dagli Scritti di Bahá’u’lláh, del Báb e del Maestro. Successivamente si possono leggere citazioni da altre Tavole, dalle Sacre Scritture di precedenti Dispensazioni e dagli scritti del Custode. È chiaro, comunque, che l’amato Custode non ha mai voluto che le sue parole siano lette durante la parte devozionale, frammischiate a quelle delle Sacre Scritture. In altri termini, se alla Festa del Diciannovesimo Giorno si debbano leggere brani del Custode, devono sempre seguire i passi delle Scritture e non essere mischiati a questi. Ciò non significa, comunque, che nelle parti successive della Festa non possa essere letto qualsiasi tipo di scritto utile alla consultazione.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia alle Mani della Causa, 25 agosto 1965, citato nella lettera della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 15 ottobre 1972) 819. Scritti che possono essere letti nella parte spirituale della Festa «Gli Scritti del Báb e di Bahá’u’lláh possono naturalmente essere letti in qualsiasi momento e luogo; anche gli Scritti di ‘Abdu’l-Bahá vengono liberamente letti durante la parte spirituale della Festa. Il Custode ha disposto che durante la parte spirituale della Festa non si leggano i suoi scritti. In altre parole, durante la parte spirituale delle Feste le letture devono essere limitate agli scritti del Báb, di Bahá’u’lláh e, in misura minore, del Maestro; ma durante quella parte della Festa non si devono leggere gli scritti del Custode. Gli scritti del Custode possono essere letti durante la parte amministrativa della Festa. Naturalmente non ci sono obiezioni al fatto che si leggano gli Scritti del Báb, di Bahá’u’lláh o di ‘Abdu’l-Bahá anche durante la parte amministrativa della Festa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 17 aprile 1956, Compilazione La Festa del Diciannovesimo Giorno, p. 49, n. 73) 820. Lettura dagli Scritti del Custode nelle Feste tenute in Persia «Riguardo alla validità di leggere passi dagli Scritti del diletto Custode alle Feste del Diciannovesimo Giorno in Persia, come lei giustamente puntualizza, è vero che il Custode in una lettera all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti ha stabilito che solo gli Scritti di Bahá’u’lláh ed ‘Abdu’l-Bahá devono essere letti durante la parte devozionale della Festa del Diciannovesimo Giorno... ... è bene ricordare che gli scritti in persiano di Shoghi Effendi sono in un genere unico e molti di essi, diversamente dalle lettere e dai messaggi in inglese inviati ai credenti occidentali, contengono suppliche, preghiere ed omelie di carattere devozionale che sono adatte per la parte spirituale delle Feste bahá’í.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 15 ottobre 1972) 821. È consigliabile leggere passi tratti dalle proprie Sacre Scritture «Egli pensa innanzitutto che, sebbene non vi sia certamente alcuna ragione di principio per cui non si debbano leggere durante la parte spirituale delle nostre Feste brani scelti da altre Scritture, tuttavia, dato che questa è un’occasione durante la quale i bahá’í si riuniscono proprio per approfondire la loro vita spirituale, in linea generale è consigliabile che durante la parte spirituale della Festa essi leggano passi tratti dalle proprie Sacre Scritture.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 18 febbraio 1954, La Festa del 19° Giorno, p. 75, n. 42, 1° capoverso) 822. Musica nelle Feste bahá’í È permesso far musica durante la parte spirituale, e in ogni altra parte, delle Feste del Diciannovesimo Giorno.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti (o Germania e Austria?), 30 giugno 1952. La Festa del 19° Giorno, p. 75, n. 41) 823. È consigliabile che i credenti facciano uso di inni, poemi e canti «Riguardo alla sua domanda sull’uso della musica durante le Feste del Diciannovesimo Giorno, egli desidera che lei rassicuri tutti gli amici che egli non solo approva tale abitudine, ma ritiene consigliabile che i credenti facciano uso, durante le loro riunioni, di inni composti dai bahá’í stessi, e anche di inni, poemi e canti basati sulle Parole Sacre,” (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 7 aprile 1935, La Festa del 19° Giorno, p. 68, n. 19) 824. Musica strumentale durante le Feste «Durante le Feste bahá’í si può fare uso di musica strumentale. Non vi sono obiezioni ai battimani usati come dimostrazione di apprezzamento. Se un credente ha un impegno d’insegnamento per la stessa sera della Festa del Diciannovesimo Giorno, sta a lui giudicare qual’è l’impegno più importante.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 20 agosto 1956, La Festa del 19° Giorno, p. 77, n. 45) 825. Shoghi Effendi ha stabilito uno spazio per la consultazione «…Nel Bayán Arabo il Báb ha invitato i Suoi seguaci a riunirsi una volta ogni diciannove giorni per mostrare ospitalità e amicizia. Bahá’u’lláh qui lo conferma e rileva il ruolo unificatore di tali occasioni. Dopo di Lui ‘Abdu’l-Bahá e Shoghi Effendi hanno gradualmente spiegato il significato istituzionale di questa ingiunzione. ‘Abdu’l-Bahá ha sottolineato l’importanza della Festa. Shoghi Effendi, oltre ad approfondirne ulteriormente gli aspetti devozionale e sociale, ne ha sviluppato l’elemto amministrativo e, nell’istituire sistematicamente la Festa, ha previsto un periodo di consultazione sugli affari della comunità bahá’í, che comprende anche la condivisone di notizie e messaggi. (Casa Universale di Giustizia: “Note al Kitáb-i-Aqdas, p. 191/2). 826. La consultazione nella Festa del Diciannovesimo Giorno «I bahá’í devono imparare a dimenticare i personalismi e a superare il desiderio - così naturale - di parteggiare e di lottare per qualcuno. Devono anche imparare a servirsi davvero del grande principio della consultazione. Alla Festa del Diciannovesimo Giorno c’è una parte apposita perché la comunità esprima i propri punti di vista e dia suggerimenti all’Assemblea; l’Assemblea e i credenti devono attendere con trepidazione questo felice momento di discussione, senza temerlo né sopprimerlo. Allo stesso modo i membri dell’Assemblea devono consultarsi a fondo e, nelle loro decisioni, anteporre gli interessi della Causa e non i personalismi, facendo prevalere il volere della maggioranza.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Germania e Austria, 30 giugno 1949, La festa del 19° Giorno, p. 73, n. 38) 827. Vendita di oggetti alla Festa del Diciannovesimo Giorno «Riguardo alla vendita di oggetti durante la Festa del Diciannovesimo Giorno, lasciamo a voi la decisione, purché si tenga presente di non fuorviare lo scopo principale della Festa e d’evitare qualsiasi pressione sugli amici affinché acquistino. Questa non deve diventare un’abitudine e meglio che non venisse effettuata durante le Festa vera e propria, bensì prima o dopo.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Panama, 1 aprile 1968) XX. FIRESIDE 828. I fireside sono più efficaci della pubblicità «... Vorrei osservare che nel mondo intero ci si è accorti che il metodo più efficace per insegnare la Fede è il fireside tenuto a casa. Ogni bahá’í, per suo diritto spirituale di nascita, deve insegnare, e l’unica maniera in cui può farlo più efficacemente è invitando a casa propria, ogni 19 giorni, gli amici ed attrarli gradualmente alla Causa. Quando le persone sono entrate in confidenza con il pioniere e essi con loro, allora gli si può insegnare e confermare nella Fede. Questo metodo è di gran lunga più efficace della pubblicità sui giornali, conferenze pubbliche, ecc. Il Custode incoraggia tutti i credenti del mondo, inclusi quelli sui fronti interni, ad impegnarsi in questo metodo di insegnamento.» (Da una lettera scritta a nome del Custode al Gruppo di Key West, Florida, 31 Mirza 1955. Bahá’í News, n. 292, pp. 9-10) 829. Si deve tenere un fireside in casa ogni 19 giorni «Gli amici devono rendersi conto delle loro responsabilità individuali. Tutti, uomini e donne, devono tenere un fireside ogni 19 giorni nella propria casa, invitando nuove persone per parlare di qualche aspetto della Fede e discuterne. Se ciò viene fatto con l’intento di mostrare l’ospitalità e l’amore bahá’í, allora i risultati ci saranno. 830. Il servizio prestato una volta dai preti è il servizio che ciascun bahá’í è tenuto a rendere personalmente alla propria religione «Bisogna incoraggiare i credenti a insegnare personalmente nelle proprie case. Bahá’u’lláh ha imposto ai bahá’í il sacro obbligo di insegnare. Noi non abbiamo preti e perciò il servizio che nelle religioni di un tempo prestavano i preti è il servizio che ciascun bahá’í è tenuto a rendere personalmente alla propria religione. È l’individuo che deve illuminare le nuove anime, confermarle, risanare quelle che sono state ferite e si sono affaticate lungo la strada della vita e dar loro da bere dal calice della vita eterna - la conoscenza della Manifestazione di Dio nel Suo Giorno.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ai Bahá’í del Benelux, 5 luglio 1957, Insegnamento, p. 47, n. 113) 831. Quella casa è un giardino di Dio «Sii benedetto per aver aperto la porta della tua casa alla gente, perché venga e senta del Regno... Sappi che ogni casa in cui si lodi e si preghi Iddio e venga proclamato il Suo Regno, è un giardino di Dio e un paradiso della Sua felicità.» (‘Abdu’l-Bahá: Tablets of ‘Abdu’l-Bahá, vol. I, p. 68) 832. Il fireside in casa è un esempio di meta individuale «...incombe ora ad ogni bahá’í di prefiggersi mete individuali d’insegnamento. L’ammonimento di ‘Abdu’l-Bahá di guidare ogni anno almeno un’anima alla Fede e l’esortazione di Shoghi Effendi di tenere ogni mese bahá’í un fireside nella propria casa, sono esempi di mete individuali. Molti sono capaci di fare anche di più, ma questo solo assicurerà al Piano la finale e completa vittoria.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del Mondo, 16 novembre 1969. Messages from the Universal House of Justice, 1968-1973, p. 35) 833. Bisogna aiutare i nuovi credenti a diventare “veri bahá’í” - Poi introdurli nella comunità «Uno dei modi migliori d’insegnare è quello che gli Americani chiamano “fireside”, ovvero un piccolo gruppo di suoi amici che si riuniscano a casa sua ed a cui lei può presentare pochi credenti che abbiano gli stessi interessi e possano aiutarli a confermarsi. Quando ne avrà fatto dei veri bahá’í, allora li introduca nella comunità e permetta che vengano accettati. In tal modo, finché la loro fede non sarà veramente salda, saranno protetti dalle prove.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 18 Mirza 1950) 834. Lo Spirito Santo vivifica gli amici - Devono diventare canali per la sua diffusione «...Sembra che il metodo di insegnare detto “fireside” produca risultati migliori, quando ciascuno invita a casa gli amici ogni 19 giorni e li avvia alla Fede. Un’intima amicizia e l’affettuoso servizio toccano il cuore e quando il cuore è toccato, allora vi può entrare lo spirito. È lo spirito che vivifica e gli amici devono divenire canali per la sua diffusione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 27 gennaio 1957, Insegnamento, p. 46, n. 109) XXI. IL FONDO BAHÁ’Í A. Contribuzioni - Responsabilità dei Bahá’í 835. Il donare e l’essere generosi «...Il donare e l’essere generosi sono attributi Miei; beato colui che s’adorna delle Mie virtù.» (Bahá’u’lláh, Le Parole Celate, n. 49 dal persiano) 836. Dio chiede a ciascun’anima in proporzione alle sue capacità «...Dio chiede a ciascun’anima in proporzione alle sue capacità. Questa contribuzione deve giungere da tutte le città ed i villaggi e da tutti i credenti di Dio... Chiunque compia una buona azione, Dio gliela ricambierà dieci volte tanto. Non v’è dubbio che il vivente Signore assisterà e confermerà le anime generose.» (‘Abdu’l-Bahá agli amici orientali ed occidentali. Star of the West, vol. 6, n. 17, p° 139) 837. Responsabilità di ogni bahá’í «...Ogni bahá’í, per quanto povero possa essere, deve capire quale grande responsabilità egli debba assumersi a questo proposito, e deve convincersi che il suo progresso spirituale di credente nell’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh dipenderà in gran parte dalla misura con cui egli dimostra, con i fatti, la sua prontezza nel dare un appoggio materiale alle istituzioni Divine della Fede.» (Da una lettera del 17 luglio 1937 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India. Istruzioni ai credenti bahá’í, p. 65, n. 74) 838. Non si possono fissare limiti alle contribuzioni delle persone «... Non possono porsi limiti alle contribuzioni di una persona al fondo nazionale. Più uno può dare, meglio è, specialmente quando tali offerte richiedano di sacrificare altri bisogni e desideri da parte del donatore. Quanto più duro sarà stato il sacrificio, tanto più meritevole esso sarà, naturalmente, agli occhi di Dio. Ed infatti, dopo tutto, non conta tanto l’entità dell’offerta, quanto la misura delle rinunce che tale offerta ha comportato...» (Da una lettera del Custode ad un credente, 31 dicembre 1935, Istruzioni ai credenti Bahá’í, p. 64, n. 73) 839. Un servizio che ogni credente può rendere «...Contribuire al Fondo è un servizio che ogni credente, povero o ricco che sia, può rendere, perché si tratta di una responsabilità spirituale che prescinde dall’ammontare della contribuzione. Sono la misura del sacrificio fatto dal donatore, l’amore con cui fa la contribuzione, e l’unità di tutti gli amici in questo servizio, che attirano le confermazioni spirituali... Gran parte dell’attuale rapida espansione della Fede si sta verificando in aree poverissime, dove i credenti, per quanto si sacrifichino, non sono in grado di raccogliere fondi sufficienti per sostenere il lavoro. Eppure è in queste aree che si raccolgono i maggiore frutti nell’insegnamento, ed una somma di denaro spesa qui moltiplicherà per dieci, e perfino per cento volte, i risultati che si possono ottenere in altre parti del mondo. Tuttavia, nei mesi passati, la Casa Universale di Giustizia non ha potuto accogliere diversi appelli di assistenza provenienti da quelle aree per la scarsa consistenza del Fondo Internazionale. Pertanto, la meta di ogni comunità locale e nazionale deve essere non solo quella di divenire autosufficiente, ma di spendere i propri fondi con tale saggezza ed economia da essere in grado di contribuire in maniera concreta al Fondo Internazionale bahá’í così da dare alla Casa Universale di Giustizia la possibilità di aiutare il lavoro nelle aree fruttifere ma povere, di assistere le nuove Assemblee Nazionali ad iniziare le loro attività, di contribuire alle più importanti imprese internazionali...» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í Orientali ed Occidentali, 18 dicembre 1963, Wellspring of Guidance, pp. 19-20) 840. Commercio, agricoltura ed industria benedetti più volte «In breve, o amici di Dio, siate certi che, in cambio di questa contribuzione, i vostri commerci, i vostri lavori agricoli e le vostre industrie saranno benedette molte volte...» (‘Abdu’l-Bahá agli amici orientali ed occidentali. Star of the West, vol. 6, n. 17, p. 139) 841. Solo i credenti hanno il privilegio di contribuire «La schiacciante maggioranza dei bahá’í del mondo è povera, ma è ai credenti e solo ai credenti che Bahá’u’lláh ha concesso il dono di contribuire con mezzi materiali al progresso della Sua Fede. Non è importante l’ammontare della contribuzione, ma la misura di sacrificio che comporta, poiché è questo che attrae le confermazioni di Dio.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali che ricevono assistenza dal Fondo Internazionale Bahá’í) 842. Non si deve indebitarsi per contribuire al Fondo «Anche se Shoghi Effendi esorta ogni credente a fare il massimo sacrificio possibile al fine di dare un contributo per il fondo dell’Assemblea Nazionale, tuttavia sconsiglia agli amici di indebitarsi per questo scopo. Ci viene richiesto di dare ciò che abbiamo, non ciò che non possediamo, specialmente se un tale atto è causa di sofferenza per altre persone. A questo proposito dobbiamo essere giudiziosi e saggi e confidarci con altri devoti bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 4 maggio 1932. Compilazione Istruzioni ai credenti Bahá’í, p. 59, n. 67) B. Chi può contribuire 843. Caratteristiche che distinguono la Causa di Dio «Una delle caratteristiche che distinguono la Causa di Dio è il suo principio di non accettare contribuzioni finanziarie per i propri scopi da non bahá’í. Sostenere il Fondo bahá’í è una benedizione riservata da Bahá’u’lláh ai Suoi seguaci dichiarati. Questa benedizione impone ai soli credenti la piena responsabilità per il sostegno finanziario della Fede ed ognuno di essi è chiamato a fare il massimo sforzo per assicurare che sia mantenuto ed aumentato un costante e generoso flusso di mezzi per venire incontro alle crescenti necessità della Causa. Molte comunità bahá’í attualmente dipendono dall’aiuto esterno, e per esse la meta deve essere quella di divenire autosufficienti, fiduciose che il Signore Generoso, con l’aumentare dei loro sforzi le metterà sicuramente in grado di offrire beni materiali per il progresso della Sua Fede, così come offrono la loro devozione, le loro energie ed il loro amore.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del Mondo, Naw-Rúz 1974. Piano Quinquennale, p. 11) 844. Donare al Fondo è un privilegio spirituale «Donare al Fondo, quindi, è un privilegio spirituale, negato a coloro che non hanno accettato Bahá’u’lláh ed a cui nessun credente deve rinunciare. È una responsabilità, e contemporaneamente una fonte di doni. Questo è un aspetto della Causa che - riteniamo - è parte essenziale degli insegnamenti di base e dell’approfondimento dei nuovi credenti. Il valore della contribuzione sta nel grado di sacrificio del donatore, nello spirito di devozione con cui essa viene fatta e nell’unità degli amici in questo servizio; tutto ciò attrae le confermazioni di Dio e accresce la dignità e l’amor proprio degli individui e della comunità.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 7 agosto 1985) 845. Un’anima che accetta Bahá’u’lláh diventa compagna di lavoro nella Causa di Dio «Vi è un aspetto profondo nella relazione fra il credente ed il Fondo, che prescinde completamente dalla sua condizione economica. Quando un’anima accetta Bahá’u’lláh quale Manifestazione di Dio per quest’epoca ed entra nel Patto Divino, quell’anima progressivamente deve portare la propria vita ad essere in armonia con lo scopo di Dio: egli diventa un compagno di lavoro nella Causa di Dio e riceve la munificenza d’offrire i suoi beni materiali, sia pure scarsi, per il lavoro della Fede.» (Ibidem) 846. È permesso contribuire solamente a chi palesemente afferma di riconoscere Bahá’u’lláh «...Poiché è permesso di contribuire finanziariamente alla costruzione dell’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh solamente a coloro che palesemente hanno affermato di riconoscerLo, è evidente che a questi pochi privilegiati si richiede di più, molto di più. Le nostre responsabilità in questo campo sono molto grandi, ma commisurate in verità alla munificenza d’essere i portatori del Nome di Dio in questo Giorno.» (Dal Messaggio della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del mondo, Ri?ván 1966) 847. Essi devono creare un senso di appartenenza «Come è già stato messo in evidenza in varie comunicazioni inviatevi, è importante che l’Assemblea Nazionale trovi strade e mezzi per creare nel cuore dei credenti un senso d’appartenenza. Uno dei modi in cui si può farlo è portare alla loro attenzione le necessità del Fondo.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a varie Assemblee Spirituali Nazionali, 9 febbraio 1967) 848. Contribuzioni di figli di genitori non bahá’í o di uno solo bahá’í «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la vostra lettera in cui chiedete se ai figli di genitori non bahá’í o di uno solo bahá’í sia consentito di contribuire ai fondi e abbiamo avuto l’incarico di dirvi che in entrambi i casi, se il fanciullo vuole essere bahá’í ed i suoi genitori non sono contrari, li si deve trattare come qualsiasi altro fanciullo bahá’í. Se invece i genitori sono contrari a che il figlio sia bahá’í, la sua contribuzione può essere accettata per fini caritatevoli incluso il sostegno a scuole bahá’í che sono frequentate da alunni bahá’í e non.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India, 31 agosto 1975) 849. Vendita di oggetti a beneficio dei Fondi bahá’í «Circa la vendita di oggetti personali a beneficio dei fondi bahá’í, cominciamo con il principio che ogni credente può vendere a chiunque servizi o beni personali e fare del ricavato ciò che vuole, incluso darne parte o tutto per scopi bahá’í. Nel far ciò, comunque, non deve informare i non bahá’í che la vendita è fatta a beneficio dei fondi, poiché un altro principio stabilisce che per nessuno scopo bisogna sollecitare fondi da non bahá’í a nome della Fede. Ciò include la vendita di cibi e di biglietti d’ingresso a spettacoli.» (Da una lettera scritta a nome della Casa universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Panama, 15 gennaio 1984) 850. Inopportunità per un’Istituzione bahá’í di sponsorizzare una vendita aperta al pubblico a beneficio dei fondi «Non è opportuno che un’istituzione bahá’í sponsorizzi una vendita pubblica di oggetti personali di credenti a beneficio dei fondi. Ciò non vuol dire che un’Assemblea non possa vendere a non bahá’í oggetti al giusto valore di mercato, ma piuttosto che non bahá’í non debbano essere indotti a comprare oggetti, posti in vendita per incrementare i fondi, nella consapevolezza che il ricavato sarà utilizzato per scopi bahá’í.» (Ibidem) 851. Vendita all’asta fra bahá’í - Contribuire al Fondo è una responsabilità spirituale «Non vi è obiezione che gli amici organizzino fra bahá’í una vendita all’asta allo scopo di devolvere il ricavato ai fondi, né che vendano a non bahá’í beni di loro proprietà al giusto valore di mercato per devolvere i proventi ai fondi, purché tale proposito non sia comunicato agli acquirenti al momento della vendita. La Casa di Giustizia ritiene comunque importante che gli amici non perdano mai di vista il fatto che contribuire ai fondi della Fede è una responsabilità spirituale ed un privilegio di profondo significato nella vita spirituale del credente, e bisogna stare attenti di non rendere banale questo aspetto della vita bahá’í o trattarlo in maniera indecorosa. Nello stesso tempo le Assemblee non devono raffreddare l’entusiasmo di quegli amici che, avendo scarse risorse finanziarie, escogitano modi fantasiosi di procurarsi denaro per il lavoro della Fede. Poiché la vostra Assemblea sta considerando di sponsorizzare direttamente una vendita all’asta, la Casa di Giustizia suggerisce di accertarsi che ciò sia legalmente permesso, perché sappiamo che in alcuni paesi essa è legale solo se condotta da un venditore con la licenza.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Cile, 8 luglio 1984) 852. Lotterie «Sull’organizzazione di lotterie non vi è alcuna specifica menzione nel Kitáb-i-Aqdas e la Casa Universale di Giustizia non ha legiferato in materia. Comunque, la Casa di Giustizia non ha legiferato in materia. Comunque, la Casa di Giustizia non ritiene consigliabile ora che le istituzioni bahá’í raccolgano fondi con questo sistema.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Panama, 15 gennaio 1984) 853. Direttive per la costituzione di un’impresa d’affari di proprietà di bahá’í «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la vostra lettera del 15 febbraio concernente il progetto di un gruppo di bahá’í di costituire una società privata, le cui azioni sarebbero di proprietà ed i cui profitti andrebbero agli amici ed alla Fede. Siamo stati incaricati di trasmettervi i suoi consigli. Naturalmente, il vostro obiettivo di procurare fondi alla Fede è lodevole. Come potete intuire, nel passato altre proposte simili sono state sottoposte alla Casa di Giustizia, e le seguenti direttive, tratte Da una lettera del ad un credente, vi potranno essere utili: Riguardo alla costituzione di una società che lei ed altri amici avete suggerito, la Casa Universale di Giustizia... ha deciso che per il momento le istituzioni bahá’í non vengano coinvolte in un affare come quello proposto. Se gli amici, comunque, intendono mettersi spontaneamente in un affare vantaggioso allo scopo di beneficiarne essi stessi ed altri, ciò torna a loro merito e non vi sono obiezioni. Se questo affare, come da lei proposto, dovesse essere intrapreso - e in linea di principio non vi è nulla di male - sarebbe opportuno consigliare i bahá’í che vi partecipano ad accostarvisi sulla base della sua attuabilità come progetto d’affari e a non sottovalutare la possibilità di una perdita finanziaria. La Casa Universale di Giustizia ritiene che le istituzioni della Fede non debbano esservi coinvolte, né promuovere simili affari privati. Né è permesso l’utilizzo di dotazioni nazionali quali elementi ausiliari per l’affare in questione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Giamaica, 5 aprile 1982) 854. Motivi per non accettare donazioni da non bahá’í per l’amministrazione della Fede «Egli vuole che sottolinei ancora una volta che, in nessuna circostanza, i credenti possono accettare da non bahá’í aiuti finanziari da usarsi per specifiche attività amministrative della Fede - come il fondo per la costruzione del Tempio - o per altri fondi bahá’í locali o nazionali. Il motivo è duplice: primo, perché le istituzioni che i bahá’í stanno gradualmente edificando sono da considerarsi doni di Bahá’u’lláh al mondo; secondo, perché l’accettare fondi da non credenti per specifici usi bahá’í trascinerebbe i bahá’í, prima o poi, in complicazioni e difficoltà imprevedibili, arrecando così un danno incalcolabile al corpo della Causa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 12 luglio 1938. Compilazione, Istruzioni ai credenti Bahá’í, p. 78, n. 95) 855. Istruzioni sull’accettazione di fondi da parte del Governo ed altre fonti non bahá’í «Il punto fondamentale da tenere presente quando si debba decidere se accettare o meno fondi da non bahá’í, in occasione di eventuali offerte fatte da persone che conoscono bene la Fede, è il seguente: è assolutamente proibito accettare da non bahá’í contribuzioni destinate al lavoro della Causa. Tuttavia, poiché - oltre al lavoro di diffusione della Fede e di instaurazione delle sue istituzioni - le Assemblee Spirituali sono impegnate anche in attività a carattere umanitario, si possono accettare contribuzioni da non bahá’í per destinarle a tali attività. Infatti, sebbene non si facciano mai richieste di fondi ai non bahá’í, talvolta capita che una persona, che ha una grande ammirazione per la Fede, insista per contribuire. In questi casi la contribuzione può essere accettata con l’espressa clausola che sarà utilizzata solo per scopi caritatevoli ed umanitari. Governi e istituzioni pubbliche occupano una posizione speciale, perché, ovviamente, sono spesso desiderose d’assistere coloro che sono impegnati in servizi umanitari. Quindi, se un’Assemblea Spirituale intraprende una specifica attività umanitaria per la quale il governo di norma contribuisce finanziariamente, l’Assemblea può accettare l’aiuto. L’attività da voi citata - un convegno da tenersi nella Giornata dei Diritti dell’Uomo per promuovere uno degli scopi delle Nazioni Unite - è un caso del genere; quindi non vi è alcuna obiezione che accettiate dall’INAC fondi necessari alle spese per la stampa dei biglietti di invito al convegno. Anche per quanto riguarda scuole ed altre istituzioni che svolgono servizi per la comunità, si può accettare l’assistenza governativa; ma in tal caso è bene che l’Assemblea si renda conto che l’accettazione di questi contributi spesso comporta l’obbligo di sottostare ad un certo grado di controllo governativo e pertanto occorre valutare attentamente questi punti.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Panama, 6 Mirza 1983) 856. Una persona che trae il suo sostentamento dalla carità pubblica deve contribuire ai Fondi bahá’í? «Riguardo alla sua domanda se una persona che trae i mezzi di sostentamento dalla carità pubblica deve contribuire ai Fondi bahá’í. Ciò è praticamente impossibile, perché una persona che dipende tanto dalla comunità non può essere di molto aiuto agli altri. In genere non ha abbastanza neanche per sé. In linea di principio, comunque, questa è una questione secondaria. Le donazioni alla Causa sono libere. Sta ad ognuno giudicare se si è nelle condizioni di contribuire e se si desidera farlo; come si è avuto il denaro è irrilevante. Un povero può essere più disposto di un ricco a spartire con altri, e, se lo fa, il suo sacrificio è più grande. Il dono di un ricco può non essere un sacrificio, ma quello di un povero sicuramente lo è.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 9 Mirza 1932) C. Il tesoriere e l’Assemblea Spirituale 857. Fidatezza - Requisito essenziale per i responsabili della custodia dei Fondi «La fidatezza è uno dei requisiti essenziali per tutti i responsabili della custodia dei fondi della Fede. Come Bahá’u’lláh ha sottolineato, essa è una delle più basilari e vitali fra tutte le virtù umane e il suo esercizio ha un’influenza diretta e profonda sulla disponibilità dei credenti a contribuire al Fondo.» (Da un memorandum di commenti e suggerimenti allegato alla lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 7 agosto 1985. Compilazione La linfa vitale, p. 11) 858. Grande responsabilità dei membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale - Necessità di due firme per il prelievo di fondi «Data la grande responsabilità posta dagli elettori sulle spalle dei membri delle Assemblee Nazionali, abbiamo raccomandato loro di gestire i Fondi Nazionali con la massima cura, soprattutto perché essi sono per lo più il frutto dei sacrifici degli amici. Sta naturalmente alla vostra discrezione come delegare ad altre persone i principali compiti giornalieri della vostra Assemblea Nazionale, vi raccomandiamo seriamente di riconsiderare le risoluzioni alle quali ci riferiamo e che prevedono la necessità di due firme, una delle quali di un membro della vostra Assemblea Nazionale, per il prelievo di fondi.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 26 agosto 1973, tratta dalla compilazione The Need for Care in Handling the Bahá’í Funds, parzialmente in La linfa vitale, p. 11) 859. Il tesoriere di un’assemblea non deve mai confondere i propri fondi con quelli della Fede «….il tesoriere dell’assemblea spirituale bahá’í, anche se transitoriamente apre un fondo a proprio nome, deve aver la maggiore cautela di non confondere mai i propri con quelli della Fede o di permettere che i fondi della Fede siano soggetti ai cambiamenti della sorte così frequenti nelle costumane.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a un credente del 8 giugno 1971: Ibidem) 860. L’Assemblea Locale di una grossa comunità può nominare un comitato per aiutare il tesoriere «Riguardo ai fondi locali suggeriamo a tutte le Assemblee Spirituali Locali delle grosse comunità, fino al momento in cui gli amici avranno maturato l’abitudine di contribuire regolarmente e liberamente, di nominare un piccolo comitato che aiuti il tesoriere ad assolvere i propri compiti. Tali comitati potrebbero essere nominati dopo consultazione con il membro del Corpo Ausiliare o con il suo assistente dell’area. È necessaria molta attenzione nella nomina dei membri dei comitati: oltre ad essere fidati e coscienziosi, essi devono avere piena consapevolezza dell’importanza di mantenere la segretezza delle contribuzioni ai fondi.» (Dal memorandum di commenti e suggerimenti allegato alla lettera della Casa Universale di Giustizia, 7 agosto 1985 a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali) 861. Funzioni dei comitati di tesoreria «Si prevede che questi Comitati di Tesoreria potrebbero svolgere diverse funzioni: - Dare al Tesoriere un’assistenza generale secondo le necessità; per esempio i membri del Comitato potrebbero emettere ricevute o acconti. - Preparare per la Festa del Diciannovesimo Giorno o per specifiche riunioni interventi ispiratori e dibattiti per educare gli amici all’importanza spirituale e pratica della contribuzione ai fondi. - Ricevere doni in natura e manufatti. Il comitato sarebbe responsabile della loro vendita e della consegna del ricavato al Tesoriere locale. - Ricevere dagli amici le promesse scritte delle contribuzioni in denaro o in natura - ai fondi locali o nazionali, nonché aiutare per la loro riscossione.» (Ibidem) 862. Comitato Nazionale di Tesoreria «Per quanto riguarda il fondo nazionale, in quelle aree dove ci sono problemi tipo la mancanza di servizi bancari, servizi postali inaffidabili e - in generale - difficoltà di comunicazioni, sarebbe consigliabile che l’Assemblea Spirituale Nazionale nominasse un comitato nazionale che aiuti il Tesoriere nazionale in maniera analoga a quella sopra indicata per le Assemblee Spirituali Locali . Inoltre, può anche rivelarsi necessario sovvenzionare - prelevando la somma dal fondo nazionale - una o più persone fidate, a seconda della grandezza della comunità nazionale, per recarsi nelle aree rurali e incontrare i Comitati Locali di Tesoreria, aiutarli nell’espletamento delle loro funzioni, illustrare le necessità del fondo nazionale, prelevare da quelle aree le donazioni per il fondo e trasmetterle al Tesoriere nazionale.» (Ibidem) 863. Il Tesoriere è l’amministratore eletto per la tesoreria, ma tutti i membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale ne sono responsabili «L’Assemblea Spirituale Nazionale ha la responsabilità di garantire che le contribuzioni ricevute siano correttamente quietanzate e che sia presa debita e soddisfacente nota di tutte le entrate e le uscite. Anche se il Tesoriere è di norma l’amministratore di tale sacro dovere, ciò non significa che gli altri membri siano di conseguenza sollevati da tutte le responsabilità, o privati del loro diritto di verificare i dettagli relativi alla corrente conduzione dell’Assemblea in tutti i suoi aspetti. Questo diritto e responsabilità di cui è investito ciascun membro dell’Assemblea, non invalidano la segretezza delle contribuzioni bahá’í, perché le informazioni note al tesoriere o agli altri membri dell’Assemblea sono da ritenersi strettamente confidenziali.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 11 gennaio 1977. Compilazione The Need for Care in Handling Bahá’í Funds) 864. Insegnare la fidatezza per mezzo degli Scritti - Spiegare alle persone che saranno responsabili del denaro che maneggiano «I penosi problemi relativi al cattivo uso dei fondi descritti nella vostra lettera possono alla lunga essere risolti attraverso un processo di amorevole educazione degli amici. Attraverso la diffusione fra i credenti di appropriati passi degli Scritti della Fede, l’attenta preparazione di articoli su questo tema basati sui Testi Sacri e pubblicati sul vostro notiziario, discorsi e conferenze, scuole estive ed altre riunioni bahá’í, discussioni con gli amici su questi fondamentali argomenti in occasione di tali incontri, sarete in grado di raggiungere gradualmente il vostro obiettivo. È importante che in futuro l’Assemblea spieghi alle persone cui è affidato il denaro della Fede che l’Assemblea, avendo l’obbligo di proteggere i Fondi bahá’í, le considererà responsabili di tutte le somme che riceveranno e che quindi esse dovranno renderne debitamente conto, essere fedeli custodi del pegno di Dio, nella certezza che tanta onestà e fidatezza saranno largamente ricompensate dall’Alto.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 18 maggio 1980. Ibidem. Parzialmente nella Compilazione La linfa vitale, p. 11) 865. L’Assemblea Spirituale Nazionale deve richiedere un controllo annuale della contabilità del tesoriere «La Casa di Giustizia non ha fissato una procedura uniforme per i tesorieri bahá’í, in quanto i metodi di contabilità e le leggi che regolano la materia variano da paese a paese e da una situazione all’altra. Essa consiglia che, in fatto di questioni tecniche, il tesoriere dell’Assemblea Nazionale consulti un contabile di professione. Naturalmente l’Assemblea Spirituale Nazionale deve accertarsi che i libri contabili siano controllati ogni anno e a tale scopo può servirsi di una ditta non bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome della Casa universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 13 luglio 1981, Ibidem Compilazione La linfa vitale, p. 12) 866. Alcune istruzioni per i tesorieri «Tuttavia, in linea generale, la Casa di Giustizia ritiene che il tesoriere nazionale debba prestare particolare attenzione ad alcune questioni: 1) Esiste un rapporto fra Assemblea Nazionale, credenti e comunità locali. Il tesoriere nazionale può, con lo scambio di corrispondenza con i contribuenti al Fondo Nazionale e con i comitati che si servono del Fondo per il loro lavoro, essere un influente strumento per istituire legami di amorevole unità in seno alla comunità. 2) Il tesoriere deve assicurarsi di trasmettere regolarmente all’Assemblea Spirituale Nazionale resoconti finanziari esatti così che essa possa pianificare adeguatamente il lavoro nei limiti dei mezzi disponibili. 3) Il tesoriere ha la responsabilità di preparare la relazione finanziaria annuale in tempo perché l’Assemblea Spirituale Nazionale la prenda in esame prima di presentarla alla Convenzione. Egli deve preparare anche il bilancio annuale perché l’Assemblea Nazionale lo esamini e lo approvi. 4) Il tesoriere deve seguire attentamente l’uso dei Fondi in modo da poter avvertire tempestivamente l’Assemblea se essa rischia di eccedere nelle spese rispetto alla disponibilità. 5) Nella contabilità si deve fare in modo da tenere del tutto separati i Fondi vincolati da quelli a disposizione dell’Assemblea, in modo da evitarne l’involontario l’uso per spese diverse da quelle per le quali erano intesi. 6) Oltre ad annotare accuratamente le entrate e le uscite, il tesoriere deve vigilare affinché il patrimonio dell’Assemblea sia protetto e attivi e passivi siano debitamente registrati. 7) Il tesoriere deve raccomandare all’Assemblea di accantonare regolarmente una certa somma per provvedere alla riparazione e alla manutenzione delle proprietà della Fede, in modo che siano mantenute in buone condizioni, per evitare che il normale lavoro della Causa sia interrotto da improvvise richieste di ingenti somme per restauri. Di solito il compito di mantenere le proprietà è assegnato a un apposito Comitato o a Comitati, che l’Assemblea deve consultare perché suggeriscano la somma sufficiente da accantonare annualmente. 8) L’Assemblea Nazionale è libera di richiedere solo una firma sugli assegni di prelievo dal Fondo Nazionale, ma l’esperienza dimostra che la prassi migliore è quella di richiederne almeno due. Ciò a protezione non solo del Fondo ma anche del tesoriere. I Fondi della Fede sono un pegno sacro e le Assemblee devono essere meticolose nella loro gestione e contabilità. (Ibidem, compilazione La linfa vitale, pp. 12-13) 867. È consigliabile che l’Assemblea abbia una riserva finanziaria «Poiché rientra nella normalità che i livelli delle contribuzioni e delle spese fluttuino, è molto opportuno che un’Assemblea tenga un’adeguata riserva per superare periodi di alte spese e basse entrate. Ciò l’aiuterà ad evitare di fare agli amici appelli troppo frequenti per affrontare le emergenze finanziarie. Diversi dai regolari comunicati informativi, gli appelli lanciati frequentemente tendono a perdere il loro effetto. Nei momenti di emergenza, l’Assemblea può avere la necessità di attingere molto dalle sue riserve -come la vostra Assemblea ha fatto- ma, a tempo debito, sarà necessario ricostituirlo.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Francia, 12 febbraio 1987) 868. È dovere dell’Assemblea Nazionale non permettere che gli interessi nazionali siano messi in pericolo da considerazioni di carattere personale «...si deve sottolineare - e gli amici lo devono comprendere chiaramente - che gli interessi nazionali e i bisogni della Causa hanno la precedenza assoluta sui bisogni personali e privati. L’Assemblea Spirituale Nazionale ha il dovere di disporre del fondo nazionale in modo da non permettere che gli interessi nazionali della Fede siano messi in pericolo da considerazioni di carattere personale, che sono ovviamente transitorie se paragonate ai durevoli interessi della Causa di Dio. In casi rari ed eccezionali, quando un credente non abbia assolutamente alcun altro mezzo di sussistenza l’Assemblea Spirituale Nazionale può dare dal fondo nazionale un contributo per le sue spese, o rivolgere un appello speciale al corpo dei credenti a tale scopo. Spetta alla famiglia, alla comunità civile e all’Assemblea Locale provvedere a questi bisogni locali e privati dei singoli. Ma nel caso in cui nessuna di queste fonti abbia i mezzi per farlo, l’Assemblea Spirituale Nazionale può o dare dal fondo nazionale un contributo per le sue spese, o rivolgere un appello speciale al corpo dei credenti a tale scopo. Spetta alla famiglia, alla comunità civile e all’Assemblea Locale provvedere a questi bisogni locali e privati dei singoli. Ma nel caso in cui nessuna di queste fonti abbia i mezzi per farlo, l’Assemblea Spirituale Nazionale può ove sia convinta della gravità, dell’urgenza e della giustizia del caso - assegnare una parte del proprio fondo per questo scopo.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 17 luglio 1937. Istruzioni per i credenti Bahá’í, P. 74, n. 90) 869. L’Assemblea non deve sentire imbarazzo o vergogna nel rivolgersi agli amici. «L’Assemblea Nazionale non deve sentire imbarazzo o vergogna quando rivolge continui appelli agli amici, affinché diano esempio della loro fede e devozione alla Causa compiendo per essa sacrifici, o quando sottolinea che attraverso la rinuncia cresceranno spiritualmente; che il timore della povertà non deve trattenerli dal compiere sacrifici per il Fondo e che l’assistenza e la munificenza della Sorgente di tutti i beni e di tutte le ricchezze sono inesauribili e certi...» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad Assemblee Spirituali Nazionali selezionate, 9 febbraio 1967) «Un corollario al sacro dovere degli amici di contribuire ai Fondi della Fede è la diretta ed inevitabile responsabilità di ogni Assemblea locale o nazionale di educarli ai principi spirituali connessi alle contribuzioni. Non saper educare gli amici in questo aspetto della Fede equivale a privarli consapevolmente dei benefici spirituali derivanti dall’offrire sul sentiero di Dio.» (Dalla della lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali che ricevevano assistenza dal Fondo Internazionale Bahá’í, 13 aprile 1975) 870. Gli interessi generali e nazionali della Causa hanno la precedenza su quelli locali ma può essere opportuno sviluppare prima i fondi locali «L’amato Custode ha spiegato che gli interessi generali e nazionali della Causa hanno la precedenza su quelli locali; pertanto le contribuzioni ai fondi locali sono secondarie rispetto a quelle per i fondi nazionali. Tuttavia, la stabilità dell’Assemblea Nazionale si basa sulla solidità delle Assemblee Spirituali Locali, e, nell’educare gli amici a comprendere l’importanza dei fondi, spesso è più pratico ed efficace concentrarsi dapprima sullo sviluppo dei fondi locali e sul buon funzionamento delle Assemblee Spirituali Locali. Quindi gli amici, una volta compreso il principio ed imparato dalle esperienze a livello locale, comprenderanno molto più facilmente l’importanza del fondo nazionale e del lavoro dell’Assemblea Spirituale Nazionale.» (Dal Memorandum di commenti e suggerimenti della Casa Universale di Giustizia, op. cit.) 871. L’Assemblea ha l’obbligo di raccomandare ai credenti tutti i Fondi*, Internazionale, Continentale, Nazionale e Locale «Educare gli amici ad essere consapevoli che contribuire al fondo è un elemento fondamentale della vita bahá’í, l’Assemblea deve renderli edotti della prerogativa che il credente ha di contribuire direttamente a tutti i Fondi della Fede: internazionale, continentale, nazionale e locale.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 12 febbraio 1987) *(Vedi anche: ?uqúqu’lláh - Il Diritto di Dio) 872. Le contribuzioni possono essere inviate direttamente ad Haifa «Vogliate ricordare ai credenti delle vostre rispettive comunità che, oltre a contribuire al Fondo Internazionale tramite apposite donazioni al Fondo Nazionale, possono inviare contribuzioni direttamente ad Haifa; gli assegni devono essere pagabili al FONDO INTERNAZIONALE BAHÁ’Í. Ciò prosegue la linea di condotta dell’amato Custode, il quale scrisse che la partecipazione degli individui per mezzo di ‘contribuzioni direttamente inviate in Terra Santa era essenziale al di là della competenza delle Assemblee Nazionali o Locali.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 18 dicembre 1963) 873. Fondo Continentale «I credenti, sia a livello individuale che in seno alle loro Assemblee, non devono dimenticare la vitale importanza dei Fondi Continentali, che sostengono il lavoro delle Mani della Causa e dei loro Consigli Ausiliari. Questa divina istituzione, così assiduamente incoraggiata dal Custode e che ha già giocato un ruolo unico nella storia della Fede, è destinata a rendere servizi sempre più importanti negli anni a venire.» (Dal Messaggio della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í Orientali ed Occidentali, 18 dicembre 1963) 874. Le promesse possono essere un mezzo utile per incoraggiare le contribuzioni «Le promesse possono costituire un mezzo utile per incoraggiare le contribuzioni e per portare all’attenzione degli amici le necessità finanziarie della Causa. Questo metodo può aiutare particolarmente nelle situazioni in cui l’Assemblea Spirituale ha un importante compito da realizzare, come la costruzione di un ?a?íratu’l-Quds o l’istituzione di una scuola privata, e quindi la necessità di sapere in anticipo se siano disponibili i fondi per il progetto. Comunque, è del tutto contrario ai principi bahá’í esercitare qualsiasi pressione nel richiedere promesse o nel cercare di riscuoterle. Una volta ricevuto l’impegno, è consentito ricordarlo, in privato, a chi ha già espresso l’intenzione di contribuire e chiedere cortesemente se gli è possibile onorarlo, ma alle Assemblee deve essere chiaro che queste promesse non sono un’obbligazione in senso giuridico; il loro assolvimento è solo un fatto di coscienza. E non devono essere resi noti elenchi di chi ha fatto la promessa.» (Dal memorandum di commenti e suggerimenti della Casa Universale di Giustizia, op. cit.) 875. Nelle aree d’insegnamento alle masse gli amici devono essere coscienti delle benedizioni e delle responsabilità a loro riservate «...queste Assemblee non devono esitare, né essere timide nel parlare ai credenti del Fondo. Gli amici che risiedono nelle aree d’insegnamento alle masse - per quanto poveri o ignoranti possano essere - sono interamente membri alla pari della comunità bahá’í; devono conoscere le loro benedizioni e le loro responsabilità. I potenti di questo mondo rifiutano l’appello di Bahá’u’lláh, ed ora a noi uomini e donne comuni che Egli ha conferito l’inestimabile dono di erigere il Regno di Dio sulla terra. Servire Dio e la Sua Causa è l’essenza della vita di ogni vero credente e la contribuzione al Fondo è un aspetto vitale di tale servizio.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 29 dicembre 1970) 876. Riunioni “porta e compra”. «...In alcune parti dell’Africa, dove il grado di povertà degli amici è simile a quello esistente in certe zone del vostro paese, le Assemblee organizzano riunioni “porta e compra” nelle quali gli amici possono portare qualsiasi cosa, uova, frutta, ortaggi, altri generi alimentari o manufatti locali. Tutte queste cose vengono esposte davanti agli amici che possono comprarle a prezzi molto convenienti a beneficio dei Fondi. Gli amici devono comprendere che, mentre nessuna Assemblea o persona può forzare gli altri a dare alla Fede, questo dare è considerato nei nostri Insegnamenti un dovere spirituale ed un sacrificio, strettamente legati allo sviluppo spirituale del credente.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 27 novembre 1966) 877. L’Assemblea può vendere le contribuzioni in natura a mezzo di un banditore professionista «Ovviamente non vi è obiezione perché un’Assemblea venda, tramite un banditore professionista, le contribuzioni in natura ricevute, utilizzandone il ricavato per il fondo. Dipende dall’Assemblea decidere se è opportuno avere fra i bahá’í un amico che svolga questo compito, sia per la dignitosa atmosfera da mantenere che perché ciò potrebbe essere interpretato come una pressione sugli amici affinché contribuiscano, e questo naturalmente non sarebbe corretto. In linea generale, la Casa di Giustizia preferisce non incoraggiare questo sistema di vendita per i Fondi.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale e citata in una lettera all’Assemblea Spirituale Nazionale della Malaysia, 26 maggio 1982) 878. Divieto di imporre tasse e tributi a carico delle Assemblee Spirituali Locali «Riguardo alle contribuzioni al Fondo Nazionale, è vietato imporre tasse e tributi a carico delle Assemblee Locali, ma certamente potete informarle delle necessità del Fondo e suggerire una certa percentuale come guida per le contribuzioni. Nel far ciò, potete sottolineare che sostenere il Fondo Nazionale è un obbligo non solo dei singoli credenti, ma anche di tutte le Assemblee Locali, le quali, in ogni caso, possono fissare una percentuale dei loro introiti per le contribuzioni a questo Fondo. La Casa di Giustizia si rende conto del difficile compito di educare le Assemblee Locali ed i credenti sull’importanza di contribuire regolarmente e con sacrificio al Fondo ed è sicura che frequentemente ricordate loro il principio della partecipazione universale, come tutti gli altri aspetti della Fede, attingendo possibilmente dalle informazioni contenute nel vostro archivio di lettere circolari sul tema dei Fondi inviate di volta in volta dalla Casa di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali. (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 30 novembre 1977) 879. L’Assemblea Spirituale Locale decide autonomamente come utilizzare i fondi - L’Assemblea Spirituale Nazionale può dare solo suggerimenti «Quando un’Assemblea Spirituale Locale riceve una contribuzione, deve decidere come utilizzare quei fondi. L0Assemblea Spirituale Nazionale può desiderare di suggerirle vari modi in cui il denaro potrebbe essere speso più praticamente, ma la decisione finale spetta solo all’istituzione locale. Le Assemblee Locali sotto la loro giurisdizione per l’accantonamento di una certa percentuale o somma dei loro fondi locali a scopi specifici. Possono, comunque, suggerire che le Assemblee Locali diano il loro contributo finanziario al bilancio nazionale per progetti di carattere prioritario e che le comunità cerchino di coprire una parte di questo bilancio. Ovviamente, ogni Assemblea Nazionale è tenuta ad impedire che una istituzione sotto la sua giurisdizione utilizzi i fondi in modo contrario ai migliori interessi della Causa; ma casi del genere sono comunque rari...» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 17 ottobre 1985) 880. Sollecitare fondi da altri Paesi «Ci è stato richiesto di dirvi che l’attuale politica della Casa di Giustizia scoraggia le Assemblee Nazionali dall’appellarsi l’una all’altra per assistenza finanziaria, a meno che non sia inerente a progetti varati come meta di collaborazione fra le Assemblee interessate. Se un’Assemblea Nazionale ha adottato piani per specifici progetti d’insegnamento ed ha un effettivo bisogno di sostegno finanziario dall’esterno, invece di fare appelli ad altre Assemblee Nazionali, è bene che si rivolga al Corpo Continentale dei Consiglieri che prenderà in esame i piani e la richiesta e, nei limiti del possibile, provvederà all’assistenza attingendo ai fondi messi a loro disposizione dal Centro Mondiale.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 5 settembre 1982) 881. I bahá’í sono liberi di contribuire per progetti in qualunque paese «Riguardo alla raccolta di fondi in altri paesi, la Casa di Giustizia non desidera che le istituzioni bahá’í facciano appelli per fondi ai bahá’í di un’altra nazione, a meno che l’Assemblea Nazionale di quel paese non l’abbia permesso. Ciò non significa che i singoli non siano liberi di contribuire a progetti di qualsiasi paese vogliano. Per esempio, se un bahá’í di un altro paese partecipa alla conferenza di... e desidera dare contribuzioni per la vostra scuola, non vi sono obiezioni. Comunque, non si devono fare indiscriminati ed organizzati appelli per fondi a credenti di altri paesi senza il consenso dell’Assemblea Nazionale di quel paese. (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 6 giugno 1985) D. Fondi vincolati 882. Non disattendere la destinazione dei fondi vincolati «Occorre fare attenzione affinché non venga disattesa la destinazione dei fondi vincolati, in quanto il loro utilizzo per pagare le spese di particolari voci del vostro bilancio ha come conseguenza la riduzione, in ugual misura, dell’ammontare delle contribuzioni occorrenti per quelli. In effetti, questa pratica porterebbe al risultato che non vi è differenza fra una contribuzione vincolata ed una non vincolata. Per esempio: sarebbe sbagliato prelevare dal Fondo Nazionale l’ammontare di una contribuzione vincolata da un amico al Fondo Internazionale bahá’í, a meno che non sia stato esplicitamente così specificato. I fondi vincolati soltanto al Fondo Internazionale bahá’í devono essere inviati al Centro Mondiale in aggiunta a qualsiasi altra contribuzione fatta dal Fondo Nazionale.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 29 gennaio 1971) 883. Fondi vincolati per particolari spese o specifici progetti «Ci è stato chiesto di richiamare la vostra attenzione sul principio secondo il quale i fondi vincolati - quali quelli per l’acquisto o la manutenzione di proprietà, per speciali progetti d’insegnamento, ecc. - non devono essere utilizzati per altri scopi, ma tenuti in un conto speciale finché non vengano spesi per lo scopo per cui sono stati donati. Ciò vale per fondi provenienti dal Centro Mondiale, da credenti o da altre fondi. Nel caso il progetto per il quale i fondi sono stati donati venisse abbandonato, occorre restituire la contribuzione al donatore, a meno ch’egli non sia d’accordo che si utilizzino per altri scopi. Il pieno rispetto dei principi riguardanti il vincolo dei fondi è estremamente importante per vari motivi, incluso il mantenere la fiducia degli amici nelle questioni concernenti il Fondo.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 21 giugno 1979) 884. Casi di poca praticità o mancanza di saggezza di contribuzioni vincolate... «1) Sebbene il donatore, Assemblea o individuo, abbia il diritto di specificare lo scopo di qualsiasi contribuzione di fondi o donazioni di proprietà, tuttavia, se l’Assemblea Nazionale giudica una donazione poco pratica o poco saggio accettarla, non è obbligata a farlo. 2) se, dopo esservi consultati con il donatore, non giungerete ad un accordo da voi ritenuto necessario o non riuscirete ad ottenere che la donazione sia assegnata ad uno scopo più pratico, dovete restituirla al donatore.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 22 giugno 1980. Compilazione La linfa vitale, p. 41) 885. I proventi della vendita di proprietà acquistate con fondi vincolati conservano lo stesso vincolo «Riguardo proventi della vendita di proprietà bahá’í, se erano state acquistate utilizzando fondi generici della Fede e non esista alcun vincolo di contribuzione, l’unico principio da applicare è quello citato prima, e cioè che la comunità nazionale non deve restare - a seconda dei casi - senza un ?a?íratu’l-Quds, una dotazione o un terreno per il Tempio. Se la proprietà era stata donata o acquistata con fondi vincolati a questo specifico scopo, i proventi della vendita conservano lo stesso vincolo, a meno che il donatore non abbia specificato altrimenti. Se il donatore o i donatori sono in vita, o rifiutano di sciogliere il vincolo, i proventi devono essere utilizzati per lo stesso scopo. Nel caso quest’ultimo sia già stato conseguito (cioè, sia già stata acquistata un’altra proprietà), la somma in eccedenza deve essere utilizzata avendo riguardo per l’intenzione originale del o dei donatori, per esempio per mantenere o ingrandire la proprietà. In caso di dubbi, la questione deve essere sottoposta alla Casa Universale di Giustizia.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 21 agosto 1980) 886. È molto importante che la contabilità dei fondi vincolati sia corretta «La questione relativa alla corretta contabilità dei fondi vincolati è molto importante. I libri contabili di ogni Assemblea devono essere strutturati in modo da distinguere sempre chiaramente i fondi vincolati da quelli liberi a disposizione dell’Assemblea, per evitare il pericolo di mischiarli involontariamente e che l’Assemblea li utilizzi per uno scopo errato.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 6 agosto 1984) 887. Il donatore non ha diritto di modificare la destinazione dei Fondi, a meno che l’Assemblea non ne accetti la richiesta «L’amato Custode era molto drastico sul fatto che le contribuzioni ai Fondi bahá’í, offerte per scopi specifici, possano essere usate solo per quegli scopi, a meno che il donatore non consenta ad un cambio di destinazione. Se non è in grado di usare la contribuzione per lo scopo specificato, l’Assemblea può rifiutare di accettarla. Oppure può consultarsi con il donatore suggerendogli di svincolare la contribuzione per usi generici o di trasferirla ad altro scopo specifico, ma senza esercitare alcuna pressione per forzarne il consenso. D’altro canto, il denaro dato all’Assemblea è proprietà di quest’ultima anche se vincolato ad uno scopo specifico e il donatore non ha il diritto di modificarne unilateralmente la destinazione. Tuttavia l’Assemblea può, a propria discrezione, accettarne la richiesta in questo senso. (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 30 dicembre 1984. Compilazione La linfa vitale, p. 14) 888. L’Assemblea deve cercare di preservare il valore reale dei fondi affidateli - In particolare se trattasi di fondi vincolati «L’Assemblea è il fiduciario dei fondi che le sono stati affidati e quando li investe deve prima di tutto preoccuparsi di preservarne il valore reale. È auspicabile, inoltre, che ne tragga un buon profitto, ma questa è una questione di secondaria importanza che non va perseguita se si rischia di mettere in pericolo il valore del capitale. Ciò vale soprattutto per i fondi vincolati, per i quali l’Assemblea ha il dovere, verso il donatore o i donatori, di preservarne il valore fino a quando non saranno utilizzati per lo scopo stabilito. In questo caso, nell’eventualità di una svalutazione della moneta, un metodo per mantenere il valore reale di un fondo vincolato è quello di aggiungere al capitale tutti i profitti che ne sono stati tratti, anche se il donatore non aveva specificato che essi dovessero essere sommati alla sua contribuzione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 19 Mirza 1985. Compilazione La linfa vitale, p. 11) 889. Spesso è meglio che gli amici non specifichino i Fondi «In generale,anche se è meglio che gli amici non vincolino le contribuzioni, è chiaro che spesso è meglio consentire alle Assemblee di usare le contribuzioni senza alcun vincolo. Un’assemblea non è inoltre, obbligata ad accettare una contribuzione vincolata, ma se lo fa, dovrà rispettare detto vincolo.» (Da una lettera scritta dalla Casa Universale di Giustizia un’Assemblea Spirituale Nazionale il 21 agosto 1980, Ibidem) 890. Usare particolare attenzione a non violare il diritto di vincolo - Le contribuzioni vincolate devono essere assegnate dall’Assemblea a fondi separati «...bisogna usare particolare attenzione a non violare per nessun motivo il diritto dell’individuo di vincolare la sua contribuzione. È necessario, perciò, chiarire ai credenti ed alle Assemblee Spirituali Locali come debbano esprimere i loro vincoli, in modo che l’Assemblea Nazionale sappia se una contribuzione è fatta per coprire una qualche parte del bilancio nazionale o è una contribuzione separata che passa semplicemente attraverso l’Assemblea Nazionale. Secondo le affermazioni del Custode, si deve ritenere che una contribuzione vincolata - a meno di un’indicazione contraria - è da intendersi in aggiunta alle destinazioni espresse nel Fondo Nazionale.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 18 gennaio 1968) 891. Rispettare la riservatezza delle contribuzioni dei credenti, siano esse vincolate o meno «Come regola generale, gli amici devono capire che è più in armonia con gli elevati modelli descritti nei nostri insegnamenti offrire sempre le loro contribuzioni liberamente, coraggiosamente e generosamente con la totale consapevolezza di appoggiare la Causa di Dio in qualsiasi modo possa realizzarsi. Comunque, se per qualche motivo, desiderano limitare l’uso delle loro contribuzioni, o addirittura rendere note ad altri questa donazione, non glielo si deve impedire. Alla luce di quanto sopra, sarebbe utile spiegare questi suggerimenti a Mr.... e, se conferma il suo desiderio, non vi è obiezione a collocare una targa a nome della famiglia di... nel Centro Informativo bahá’í di... perché sappia che, se vuole ancora dare l’annuncio della contribuzione per il suo Hazíratu’l-Quds alla Festa del Diciannovesimo Giorno, non può farlo se non con il permesso del donatore, poiché quest’ultimo ha diritto alla riservatezza delle sue contribuzioni.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 30 dicembre 1979) XXII. IL PIÙ GRANDE NOME DI DIO A. Il più Grande Nome 892. Il più Grande Nome è il Nome del conforto, della protezione, ecc. «Il Più Grande Nome deve essere sulle labbra fin dal momento del risveglio nel primo mattino. Deve essere nutrito dal suo uso costante nelle invocazioni giornaliere, nelle preoccupazioni, nei contrasti, e deve essere l’ultima parola sussurrata la sera quando si mette la testa sul cuscino. È il nome del conforto, della protezione, della felicità, dell’illuminazione, dell’amore e dell’unità. “Io spero che tu possa comprendere il mistero celato ed il simbolo recondito del Più Grande Nome... L’uso del Più Grande Nome e l’affidarsi ad esso induce l’anima a spogliarsi del guscio della mortalità ed a procedere libera e rigenerata come una nuova creatura...» (‘Abdu’l-Bahá: United States Supplement to Bahá’í News, n. 80, p. 2, ottobre 1964) 893. I bahá’í possono salutarsi dicendo Alláh-u-Abhá «I bahá’í, quando si incontrano, possono salutarsi con Alláh-u-Abhá, se lo desiderano, ma devono avere l’accortezza di evitare qualsiasi cosa che, in un paese occidentale, possa apparire ai non bahá’í come una strana parola d’ordine orientale. Si deve essere molto fermi sui principi e sulle leggi, ma del tutto normali e naturali nei nostri comportamenti, così da attrarre gli estranei!” (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 17 luglio 1951) 894. Il Più Grande Nome è il Nome di Bahá’u’lláh «Il Più Grande Nome è il Nome di Bahá’u’lláh. ‘Yá Bahá’u’l-Abhá’ è un’invocazione che significa: ‘O Tu Gloria delle Glorie!’. Alláh-u-Abhá è un saluto che significa: ‘Dio il Più Glorioso’. Entrambi si riferiscono a Bahá’u’lláh. Con il Più Grande nome si intende che Bahá’u’lláh è apparso nel Più Grande Nome di Dio, in altre parole che Egli è la Suprema Manifestazione di Dio.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Australia e Nuova Zelanda, 26 dicembre 1941) 895. il Più Grande Nome è un’invocazione e un simbolo della nostra Fede «A proposito della sua domanda sul ‘Più Grande NomÈ: Il Più Grande Nome è un segno distintivo della Causa e un simbolo della nostra Fede. Il termine ‘Alláh-u-Abhá’, d’altra parte, è una forma di saluto bahá’í e significa ‘Dio il Più Glorioso’.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 8 dicembre 1941) 896. Uso del simbolo del Più Grande Nome - Non è appropriato applicarlo su oggetti di uso comune «La più importante considerazione da farsi deve sempre essere l’assoluta dignità nell’uso del Più Grande Nome. Pertanto non sarebbe opportuno porlo su bicchieri, posacenere, piatti e così via. Non vi sono, invece, obiezioni ad usarlo su targhe, ornamenti, gioielli od oggetti simili, che normalmente non sono di uso comune. La Casa di Giustizia ci ha incaricati di dirvi che occorre essere molto attenti perché venga accuratamente rappresentata la scrittura persiana, poiché qualsiasi modifica della sua forma riconosciuta può essere penosa per i credenti iraniani.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Belgio, 12 Mirza 1980) 897. Istruzioni sull’uso dei simboli del Più Grande Nome sulla cancelleria e nei quadri «...La Casa Universale di Giustizia ci ha incaricati di condividere con voi le seguenti raccomandazioni sull’uso dei simboli del Più Grande Nome. Nella lettera del 5 agosto 1949 scritta a suo nome ad un credente, il Custode ha detto: ‘È meglio non incoraggiare l’uso di questo simbolo sulla cancelleria e nelle pitturÈ. Nello stesso modo la Casa Universale di Giustizia in una lettera a un’Assemblea Spirituale Nazionale: “Desideriamo richiamare la vostra attenzione sul Più Grande Nome stampato nel retro delle buste della vostra lettera. Questo uso del Più Grande Nome non è opportuno e vi chiediamo di evitarlo”. (16 maggio 1971) In un’altra comunicazione riguardante lo stesso argomento, quanto segue venne scritto a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Nazionale: “...abbiamo avuto incarico di dirvi che non è opportuno utilizzare il simbolo del Più Grande Nome sulla cancelleria ufficiale di un’Assemblea Spirituale Locale” (6 novembre 1984) La Casa Universale di Giustizia non desidera fare un elenco di specifici usi del Più Grande Nome da evitare, ma la cosa più importante che gli amici devono comprendere è la grande sacralità di questo simbolo, che deve quindi essere utilizzato in maniera dignitosa ed appropriata...» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Hawaii, 3 giugno 1987) 898. L’uso degli adesivi non è incoraggiato «Riguardo all’adesivo con la scritta “World Fellowship” ed il simbolo dell’anello su di esso: egli non incoraggia l’uso di questo genere di cose.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 12 Mirza 1946. Compilazione Extracts Concerning Guidance on the use of the Greatest Name allegata alla suddetta lettera all’Assemblea Nazionale delle Isole Hawaii) 899. Pietre tombali Riferirsi al paragrafo n. 672 900. Simboli «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 22 giugno 1967 con acclusi gli schizzi dei simboli che taluni bahá’í vorrebbero porre all’interno delle loro automobili. L’uso di emblemi siffatti è lasciato interamente alla discrezionalità della vostra Assemblea Nazionale, tranne quello del Più Grande Nome, che non deve essere impiegato.» (Da una lettera scritta a nome della Casa universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 16 agosto 1967. Ibidem) 901. Fabbricazione e vendita di oggetti con il Più Grande Nome «Sebbene sia prescritto che il simbolo del Più Grande Nome non debba essere usato sulle pietre tombali, non abbiamo trovato alcuna istruzione che proibisca il suo uso su alcuni particolari oggetti, come gioielli, libri o opuscoli; tuttavia il Più Grande Nome non deve mai essere usato in modo poco dignitoso. Non è stato trovato nulla che proibisca ad un credente di fabbricare e vendere oggetti che riproducano il Più Grande Nome, purché sia usato in maniera dignitosa.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Giappone, 25 Mirza 1975) 902. Non è vietato usare nelle canzoni il Più Grande Nome, i nomi delle Manifestazioni o quelli delle Figure Centrali della Fede «Non abbiamo trovato nulla negli Scritti che proibisca l’uso del Più Grande Nome, dei Nomi delle Manifestazioni di Dio o delle Figure Centrali della nostra Fede nei versi di canzoni. Comunque, riteniamo che - quando vengono usati - si deve farlo con venerazione e rispetto, sia nella composizione dei versi che nel modo di presentarli.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 14 Mirza 1968) 903. Riproduzione del Più Grande Nome su gioielli per motivi commerciali «Quando singoli bahá’í riproducono in quantità limitata il Più Grande Nome su oggetti, tipo gioielli, ed hanno modo di venderli, in linea generale dovrebbero essere lasciati liberi di cimentarsi in questa attività senza che le istituzioni bahá’í interferiscano, tranne nei casi in cui - secondo l’opinione di queste - gli interessi della Fede venissero intaccati. Tuttavia, se gli amici intendono produrre e vendere tali oggetti su larga scala, devono prima ottenere il permesso dell’Assemblea Nazionale, che, in linea di massima, non dovrebbero avere difficoltà a concederlo, sempre che a suo giudizio gli interessi della Fede non vengono pregiudicati e siano mantenuti i necessari livelli di dignità e decoro. Nei casi in cui gli amici intendono utilizzare il luogo ove si tiene una cerimonia o un evento bahá’í - organizzati con il patrocinio di un’istituzione bahá’í - per esporre e vendere i loro prodotti, possono farlo se l’istituzione competente dà il permesso.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 15 ottobre 1978) 904. Distruzione di un quadro raffigurante il Più Grande Nome «Se è necessario distruggere un quadro raffigurante il Più Grande Nome, si può farlo con qualunque sistema. Non vi è nulla di inappropriato nell’uso di spille con il simbolo delle pietre da anello.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 5 gennaio 1957) 905. Recitare il Più Grande Nome 95 volte al giorno «Recitare il Più Grande Nome 95 volte al giorno non è assolutamente obbligatorio. Questa ed altre questioni simili saranno chiaramente e completamente spiegate quando l’Aqdas sarà pubblicato. Attualmente, comunque, gli amici devono evitare di porre su di esse un’eccessiva enfasi. Nel recitare il Più Grande Nome si devono usare le parole ‘Alláh-u-Abhá’ e non ‘Yá Bahá’ul-Abhá’.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 10 ottobre 1936) 906. Il Più Grande Nome o i quadri raffiguranti ‘Abdu’l-Bahá devono essere collocati in posizione dignitosa «È molto importante che il Più Grande nome o i quadri raffiguranti ‘Abdu’l-Bahá siano collocati in posizione dignitosa. Non devono essere posti sul pavimento, né, d’altro canto, tenuti al di sopra della testa di persone nelle fotografie. Una altezza adatta potrebbe essere all’incirca quella del petto.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 10 ottobre 1936) B. Simbolo raffigurato su anelli e gioielli 907. Il simbolo inciso sugli anelli è una forma del Più Grande Nome - Suo uso nei gioielli «In risposta alla vostra lettera del 2 novembre circa l’uso del Più Grande Nome su spille e ornamenti, citiamo qui di seguito il testo di una lettera che scrivemmo sullo stesso argomento nel 1964 ad un’altra Assemblea Spirituale Nazionale: “Il simbolo inciso sulle pietre degli anelli è una forma del Più Grande Nome. Mentre il diletto Custode ha richiamato l’attenzione sulla Sua sacralità, invitandoci a collocarlo sempre in una posizione dignitosa, non abbiamo trovato alcuna istruzione che proibisca l’uso dei simboli del Più Grande Nome su particolari oggetti, come gioielli, libri o opuscoli. ‘Riteniamo che gli amici usandolo debbano esercitare il massimo discernimento e buon gusto”.» (Dalla Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 15 febbraio 1967) 908. Ai bahá’í non è richiesto portare l’anello con il simbolo «È gentile da parte sua pensare di fare delle spille per i bahá’í, ma ritiene che ciò assomigli molto alle abitudini di club ed altre organizzazioni. Ai bahá’í, infatti, non è richiesto portare l’anello bahá’í, a meno che non vogliano farlo. Egli pensa che sia meglio non aggiungere altri mezzi di identificazione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 22 febbraio 1956) 909. Spiegazione dell’iscrizione sugli anelli «L’iscrizione sugli anelli bahá’í e il Simbolo del Più Grande Nome, Bahá, Che è la Manifestazione dell’essenza di Dio. È anche il simbolo dei tre livelli che rappresentano il Mondo di Dio, il Mondo della Rivelazione ed il Mondo della Creazione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 28 febbraio 1938) 910. Il significato delle stelle «All’orizzonte dell’Eterna Gloria sono sorte in pieno fulgore due luminose stelle: una a destra ed una a sinistra... questo è il mistero dell’apparizione della Bellezza di Abhá e dell’Eccelso (il Báb). E benché questi due diagrammi a destra ed a sinistra abbiano forma di stelle, rappresentano anche il corpo dell’uomo, con la testa, le due braccia e le due gambe, poiché ciascuno ha cinque punte.» (‘Abdu’l-Bahá: Bahá’í Scriptures, p. 479. ed. 1923) 911. Il Più Grande Nome - Un’invocazione «Egli inoltre mi prega di informarVi che il simbolo del Più Grande Nome rappresenta un’invocazione che può essere tradotta sia ‘Gloria delle GloriÈ, che ‘Gloria del Gloriosissimo’. La parola gloria usata in questo contesto è la traduzione del termine arabo ‘bahá’í’, il nome di Bahá’u’lláh.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 28 aprile 1935. Bahá’í News, n. 93, p. 1, luglio 1935) XXIII. ?A?ÍRATU’L-QUDS 912. ?a?íratu’l-Quds - Sua principale funzione «Riguardo all’uso del vostro ?a?íratu-l-Quds, vogliamo precisare che la sua principale funzione è quella di servire come quartier generale amministrativo nazionale della Fede nel vostro paese e che qualsiasi altra è da considerarsi secondaria. Se è possibile ed opportuno, i credenti possono di tanto in tanto trovarvi alloggio, ma ciò non deve essere visto come una facilitazione alberghiera. Il lavoro della Causa occupa per importanza il primo posto e non si deve permettere che alcunché interferisca con esso.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 23 ottobre 1963) 913. Non è corretto ballare nell’?a?íratu’l-Quds «Il diletto Custode mi ha chiesto di rispondere alle domande contenute nella vostra recente lettera circa l’appropriato uso dell’?a?íratu-l-Quds. Tenuto conto che nella maggior parte dei casi i bahá’í non hanno altro luogo di riunione nella città dov’è l’?a?íratu-l-Quds, ed esso è una costruzione con molte stanze, egli non trova nulla da obiettare se i giovani vi si riuniscono con i loro amici non bahá’í, ma non ritiene corretto che vi si balli. Vi si possono, invece, celebrare matrimoni e servizi funebri bahá’í. L’?a?íratu-l-Quds, anche se vi vengono celebrate le Feste ed i Giorni Sacri, non deve essere confuso con un Tempio; è il quartier generale amministrativo. Certamente in futuro sarà utilizzato per scopi puramente amministrativi, ma per il momento deve ricoprire il ruolo di vero Centro e punto di ritrovo della comunità bahá’í. (Lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale del Sud-America, 15 febbraio 1947) 914. ?a?íratu’l-Quds locali e nazionali «L’?a?íratu’l-Quds è un’Istituzione della Fede e, per quanto riguarda il suo uso, nessuna distinzione deve essere fatta fra quella Nazionale o Locale. Tranne che nell’ L’?a?íratu’l-Quds, può essere concesso ballare nelle scuole estive, ecc., ed è lasciata al comitato o all’Assemblea in carica la discrezionalità di effettuare tutti i preparativi necessari.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Messico, 27 giugno 1970) 915. Principi che regolano l’accettazione di doni Riferirsi al paragrafo n. 728 916. Accantonamento annuale di una somma da parte delle Assemblee Spirituali Nazionali per la manutenzione delle proprietà «Durante i piani precedenti sono già state acquistate molte proprietà. È importante che queste proprietà siano mantenute in buono stato. Le Assemblee Spirituali Nazionali devono accantonare ogni anno una somma del loro bilancio per la manutenzione delle proprietà nazionali, cosicché quando si renda necessaria una riparazione, i fondi siano disponibili e non si crei un’improvvisa crisi per il fondo nazionale. Nei limiti del possibile, alla manutenzione degli ?a?íratu’l-Quds locali ed altre proprietà locali devono provvedere gli amici locali. È anche importante che le proprietà della Fede siano utilizzate per gli scopi per cui sono state acquistate. Proprietà ben tenute e regolarmente usate non solo saranno un mezzo per migliorare la vita comunitaria bahá’í, ma accresceranno anche il prestigio e la dignità della Fede agli occhi del pubblico non bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblea Spirituale Nazionale, Naw-Rúz 1979. In Piano Settennale, p. 30) 917. Responsabilità dell’Assemblea Spirituale Nazionale di conservare e valorizzare le proprietà - Ogni bahá’í può dare il suo aiuto in molti modi «Alle Assemblee Spirituali Nazionali di tutto il mondo è stato richiesto di assumersi in maniera duratura la responsabilità di provvedere alla conservazione ed alla valorizzazione delle loro proprietà bahá’í, e devono instillare nella coscienza dei credenti l’importanza del loro ruolo nel mantenere i centri nazionali in condizioni rappresentative e piacevoli. Esistono vari modi con cui i bahá’í possono aiutare ad abbellire e curare i loro L’?a?íratu’l-Quds, non soltanto con le contribuzioni ma anche mettendosi a disposizione per pulire, pitturare, provvedere alle piccole riparazioni, lavorare nei giardini, ecc.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Uruguay, 20 giugno 1979) 918. Acquisto e vendita di ?a?íratu’l-Quds «La Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di accusare ricevuta della vostra lettera del 6 maggio 1981, riguardante la proposta di vendere il vostro ?a?íratu’l-Quds, e di comunicarvi quanto segue. La questione rientra interamente nella discrezionalità della vostra Assemblea Nazionale, la quale deve tener presente che non dovete restare senza Centro Nazionale; ciò comporta, prima di privarsi di quello vecchio, già l’acquisto del nuovo, o almeno d’aver la transazione per ottenerlo molto avanti e garantita. In risposta alla vostra domanda circa l’ubicazione del Segretariato dell’Assemblea Nazionale, ci è stato chiesto di dirvi che l’Assemblea deve operare dall’?a?íratu’l-Quds nazionale, ed è importante ed auspicabile che la Segreteria abbia sede il più vicino possibile ad esso, affinché i compiti d’ufficio possano essere svolti rapidamente. Perché li esaminiate, accludiamo gli estratti da recenti lettere su questo tema.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Nicaragua, 7 giugno 1981) 919. Il Centro Nazionale non deve essere usato per i bisogni dell’Assemblea Spirituale Locale - È preferibile che il segretario nazionale viva nell’ ?a?íratu’l-Quds «Non è necessario che il Centro Nazionale disponga di un salone per le riunioni pubbliche, né che vi sia uno spazio destinato alle sedute dell’Assemblea Spirituale Locale della città dov’è sistemato. La sua funzione essenziale è quella di essere la sede dell’Assemblea Spirituale Nazionale e deve disporre di adeguate strutture per il suo segretariato. Deve disporre di spazio adeguato e, sempre che l’Assemblea Nazionale lo reputi conveniente - non vi sono obiezioni a dare in affitto all’Assemblea Spirituale Locale una o due stanze, che ovviamente non sono parte essenziale dell’ ?a?íratu’l-Quds Nazionale. I criteri da scegliere per la ricerca dei nuovi locali sono di vostra pertinenza. Anche se non è obbligatorio che il segretario nazionale viva nel Centro Nazionale, ciò è generalmente da preferire. Se al momento fosse impossibile, non vi è alcuna obiezione che abiti nelle vicinanze. La condizione imprescindibile è che l’Assemblea Spirituale Nazionale abbia sede nell’ ?a?íratu’l-Quds Nazionale e che operi da lì.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Vergini, 22 luglio 1982) 920. L’Assemblea Spirituale Nazionale deve operare dall’ ?a?íratu’l-Quds Nazionale - In seguito, il segretario nazionale presterà servizio a tempo pieno «Il principio basilare è quello che un’Assemblea Spirituale Nazionale operi dall’ ?a?íratu’l-Quds Nazionale, che è la sua sede ufficiale. Durante i primi, formativi anni della Fede e l’edificazione dell’Ordine Amministrativo si è talvolta permesso al Segretario Nazionale, ma in questi casi si è sempre rispettato il principio secondo cui l’Assemblea Spirituale Nazionale opera alla sua sede che è l’?a?íratu’l-Quds ... L’obiettivo da raggiungere è porre rimedio a questa anomalia e far risiedere il segretario nazionale vicino, se non addirittura nell’?a?íratu’l-Quds. Inevitabilmente verrà il giorno in cui sarà necessario che il vostro segretario nazionali dedichi tutto il suo tempo al servizio dell’Assemblea Spirituale Nazionale ed allora diventerà indispensabile che operi dal Centro Nazionale.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Repubblica Dominicana, 9 febbraio 1976) 921. Sistemazione preferibile e norma bahá’í è che il Segretario Nazionale viva nell’ ?a?íratu’l-Quds - Non deve considerarsi un diritto di carica «Pur non essendo obbligatorio per il Segretario Nazionale risiedere al Centro Nazionale - e il credente eletto a tale importante carica non può certo reclamare questa residenza come diritto del suo ufficio -, è generalmente la sistemazione da preferire e, di fatto, una norma della prassi bahá’í. La cosa essenziale è che l’Assemblea Spirituale Nazionale abbia lì la sua sede di lavoro. Ciò ovviamente richiede la costante presenza del Segretariato, poiché tutta la posta dell’Assemblea deve arrivare e partire da quella sede, più tutti gli altri motivi già a vostra conoscenza. Comunque, la decisione finale compete alla vostra Assemblea Spirituale Nazionale e, se fosse realmente impossibile per il Segretario Nazionale vivere nell’ ?a?íratu’l-Quds, non vi è alcuna obiezione che risieda nelle vicinanze o in un luogo facile da raggiungere, specialmente, specialmente se si tratta di una sistemazione temporanea.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Regno Unito, 22 settembre 1974) 922. Un ?a?íratu’l-Quds regionale serve per la comunità locale e come luogo di riunione per i bahá’í di un’area più vasta «Un ?a?íratu’l-Quds regionale deve essere considerato come Centro Locale della comunità in cui sorge, ma, poiché deve anche servire come luogo di riunione per gli amici residenti in un’area più vasta, è necessario che disponga di una struttura più notevole di quella richiesta per un Centro Locale. In armonia con questo concetto, tale edificio può essere utilizzato per tenervi conferenze, istituti d’insegnamento, classi di approfondimento, ecc., per l’area più vasta. La possibilità che qualcuno viva nell’ ?a?íratu’l-Quds regionale è una questione che deciderà la vostra Assemblea. Comunque, di norma è auspicabile che il Centro disponga di un alloggio per chi vi risieda come custode della proprietà.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Suriname e Guyana Francese, 15 agosto 1982) XXIV. SALUTE, GUARIGIONE E ALIMENTAZIONE A. Guarigione spirituale e fisica 923. In caso di malattia, consultare medici competenti «Nel momento della malattia, rivolgetevi a medici competenti; non abbiamo abolito il ricorso a mezzi materiali, anzi lo abbiamo confermato con questa Penna che Dio ha fatto Oriente della Sua luminosa e gloriosa Causa.» (Bahá’u’lláh: Kitáb-i-Aqdas, par. 113) 924. Preghiere per la guarigione spirituale e fisica «...Le preghiere scritte per la guarigione riguardano sia quella spirituale che quella fisica. Quindi cantatele per entrambe. Se la guarigione è la cosa migliore per il paziente, si otterrà certamente. Per taluni malati, la guarigione causerebbe altre malattie. Quindi saggezza vuole che certe preghiere non vengano esaudite. O ancelle di Dio! Il Potere dello Spirito Santo guarisce sia le malattie fisiche che spirituali.» (‘Abdu’l-Bahá: Daily Lessons Received at ‘Akká, ed. 1976, p. 86) 925. Influenza del Più Grande Nome sulle cose sia spirituali che materiali «Che il Più Grande Nome eserciti influenza sia sulle cose materiali che spirituali è un fatto del tutto certo.» (‘Abdu’l-Bahá, da una Tavola ad un credente. Tratto da Selections from Bahá’í Writings on Some Aspects of Health, Healing, Nutrition and Related Matters, aprile 1984, p. 2) «O ancella di Dio! Continua a curare cuori e corpi cercando di far volgere gli ammalati verso il Regno Supremo e predisponendo il cuore ad ottenere la guarigione per mezzo del potere del Più Grande Nome e dello spirito dell’amore di Dio.» (Tavole di ‘Abdu’l-Bahá, vol. III, p. 629) 926. Due modi per guarire le malattie «Vi sono due modi per guarire le malattie, mezzi materiali e mezzi spirituali. I primi sono per opera del trattamento dei medici; i secondi consistono in preghiere offerte a Dio da persone spirituali e nel volgersi a Lui. Si devono usare e praticare entrambi i mezzi. Le malattie che insorgono per cause materiali devono essere trattate dai medici mediante rimedi sanitari; quelle dovute a cause spirituali scompaiono per opera di mezzi spirituali. Così una malattia causata da afflizione, timore, impressioni nervose si cura più efficacemente con un trattamento spirituale che con una terapia materiale. Quindi è bene seguire entrambi i tipi di trattamento: essi non si contraddicono. Perciò devi accettare anche i rimedi materiali, poiché anch’essi provengono dalla misericordia e dal favore di Dio, Che ha rivelato e palesato la scienza medica così che i Suoi servi possano giovarsi anche di questo tipo di trattamento. Devi prestare pari attenzione anche ai trattamenti spirituali, perché producono mirabili effetti . Ora se desideri conoscere il vero rimedio capace di guarire l’uomo da ogni infermità e di dirgli la salute del regno divino, sappi che tali sono i precetti e gli insegnamenti di Dio. Concentravi la tua attenzione.» (‘Abdu’l-Bahá. Antologia, pp. 147-148, n. 133) 927. Due processi di guarigione - Non è sufficiente la sola preghiera «Com’ella sa Bahá’u’lláh ha ordinato che in caso di malattia siano sempre consultati i medici più competenti. E questo è esattamente quanto il Custode le consiglia vivamente di fare, perché la preghiera da sola non basta. Per renderla più efficace dobbiamo ricorrere a tutti i vantaggi fisici e materiali che Dio ci ha concesso. Curare solamente per mezzo di forze spirituali è indubbiamente altrettanto inadeguato quanto ciò che i medici e i pensatori materialisti cercano vanamente di ottenere ricorrendo unicamente a mezzi e metodi meccanici. Il migliore risultato può ottenersi combinando i due procedimenti: spirituale e materiale.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 12 Mirza 1934, Spiritismo, Reincarnazione e Fenomeni Medianici, p. 21, n. 35) 928. Le guarigioni fisica e spirituale sono essenziali e complementari «In quanto alla sua domanda sulla guarigione spirituale. Questo tipo di cura costituisce, in effetti, uno dei metodi più efficaci per liberare una persona da dolori e sofferenze mentali o fisici. Nei Suoi discorsi della “Saggezza”, ‘Abdu’l-Bahá ne sottolinea l’importanza affermando che essa deve essere usata quale strumento essenziale per ottenere una completa guarigione materiale. Ma la cura spirituale non è né può essere un sostituto della cura materiale, di cui è peraltro un valido complemento. Entrambe sono in verità essenziali e complementari.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 16 febbraio 1935, Spiritismo, Reincarnazione e Fenomeni Medianici, p. 22. n. 36) 929. La guarigione materiale deve essere rafforzata da quella spirituale «In quanto alla sua domanda sulla guarigione spirituale. Come certamente sa, ‘Abdu’l-Bahá ne ha messo molto in evidenza l’importanza e la considerava, in effetti, una parte essenziale del processo materiale della guarigione. La guarigione materiale non può essere completa e durevole se non è rafforzata da una guarigione spirituale. E quest’ultima può essere ottenuta meglio mediante l’obbedienza alle leggi e ai comandamenti di Dio rivelati tramite le Sue Manifestazioni. Anche i credenti però possono essere d’aiuto guarendo gli altri. Ma il successo dei loro sforzi dipende interamente dalla loro scrupolosa fedeltà agli Insegnamenti nonché dal modo in cui li trasmettono agli altri. Secondo Bahá’u’lláh l’uomo non può essere guidato solamente e direttamente da Dio; deve invece cercare la guida tramite i Suo Profeti. Purché tale principio sia chiaramente compreso e spiegato, il Custode non vede perché gli amici non debbano cercare di guarire gli altri con mezzi spirituali. Ma tale cura deve essere fatta in nome di Bahá’u’lláh e in conformità con i Suoi insegnamenti, perché Dio e Dio solo è il Supremo e Onnipotente Medico e tutti gli altri sono solo strumenti nelle Sue mani.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 23 maggio 1935, Spiritismo, ecc. p. 22, n. 37) 930. Cura delle malattie - Non esistono “guaritori bahá’í” «Il Custode non sa nulla del suo metodo di cura e non gli interessa di scendere nei dettagli, perché non ha tempo per questi problemi. Ma per guidarla può esporre alcuni principi generali: non esistono guaritori bahá’í o metodi di cura bahá’í. Nel Suo Libro Santissimo (l’Aqdas) Bahá’u’lláh dice di consultare i migliori medici, in altre parole medici che abbiano studiato un sistema medico scientifico; non ci ha mai fatto credere che ci guarirà per mezzo di “guaritori”, bensì mediante la preghiera e l’assistenza della medicina e di terapie approvate. Ora, se il suo metodo di cura non è in contrasto con tali principi, e finché ella non cercherà di sostituire un medico regolare nel tentativo di curare gli altri, ma si limiterà ad aiutarli, mediante suggerimenti costruttivi - o qualunque altra cosa - e non assocerà questo aiuto al fatto di essere un diretto canale della grazia di Bahá’u’lláh, il Custode non vede perché ella non debba continuare ad assistere gli altri. Ma deve decidere in coscienza se, alla luce di quanto è stato detto, è realmente giustificato a proseguire. Pregherà che ella trovi guida e felicità...» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 8 giugno 1948, Spiritismo, ecc., p. 23, n. 38) 931. Associare direttamente alla Causa tali cose finirebbe col nuocerle «Giudica che l’atteggiamento che ella e l’Assemblea di Caracas avete assunto di fronte alle notevoli capacità curative di... sia giusto. Associare direttamente alla Causa tali cose finirebbe con il nuocere alla sua reputazione e con il presentarla sotto una luce sbagliata, perché i poteri di... - per i quali è certamente difficile trovare una spiegazione logica - non sono comuni fra i bahá’í, ma solo un fenomeno visibile (raramente) fra individui di ambiente religioso. In quanto al dire che essi siano una diretta ispirazione di Bahá’u’lláh, non possono certamente farlo. Possiamo solo essere grati che.. abbia realmente potuto aiutare persone che ne avevano estremo bisogno. Essendo ella una devota bahá’í, non c’è ragione che non debba essere conosciuta come tale; ma certamente ciò non deve essere in alcun modo connesso ai suoi poteri di guaritrice.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 30 settembre 1949, Spiritismo, ecc., p. 23, n. 39) 932. Fenomeno non unico «Il Custode ha già sentito parlare di notevoli poteri di guarigione di... e ha scritto agli amici che si sono messi in contatto con lui che egli pensa che ella sia naturalmente libera di usare questi poteri, finora per noi incomprensibili, ma non unici nella storia, per il bene degli altri, ma che è meglio non associare questo fenomeno direttamente con la Fede. In altre parole questa cara anima è bahá’í e siamo tutti orgogliosi che lo sia. Ma ella non deve dare l’impressione di essere una guaritrice bahá’í perché nella Fede non esistono cose del genere; deve dire invece di essere una credente bahá’í che pare Dio abbia voluto benedire con questo prezioso dono personale di essere spesso capace di guarire gli altri.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 26 ottobre 1949, Spiritismo, ecc., p. 24, n. 40) 933. Essere capaci di aiutare un’anima sofferente «Il Custode non vede perché ella non debba continuare ad aiutare gli ammalati. Come ha già scritto ad alcuni credenti a questo proposito, finché ella non dice di guarire come bahá’í o perché è bahá’í (e infatti non abbiamo ‘guaritori’ nella Causa), certamente non vi sono obiezioni a quello che fa. Al contrario essere capaci di aiutare un’anima sofferente è un grande dono di Dio.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 5 ottobre 1950, Spiritismo, ecc., p. 25, n. 43) 934. Dobbiamo fare in modo che la Fede non sia identificata con queste cose. «Egli pensa che la decisione della vostra Assemblea sulla dimostrazione di una guarigione spirituale durante una riunione bahá’í sia stata giusta. Dobbiamo fare in modo che la gente non sia ufficialmente portata ad identificare la Fede con queste cose. Quello che i credenti fanno in privato, che non contravvenga agli insegnamenti, è affare loro.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 25 giugno 1953. Spiritismo, ecc., p. 25, n. 44) 935. Non deve diventare un guaritore «Egli giudica che ella non debba fare nulla di speciale per il potere che si sente di aiutare gli ammalati. Ciò non significa che non debba servirsene quando se ne presenti l’occasione, come è accaduto di recente. Ma vuol dire che non deve diventare un ‘guaritorÈ come quelli dello Scientismo Cristiano, perché noi bahá’í non abbiamo guaritori.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 25 dicembre 1949, Spiritismo, ecc., p. 24, n. 41) 936. Guarigione dello Spirito Santo «Non abbiamo motivo di credere che la guarigione dello Spirito Santo non possa essere attratta da comuni mortali. Ma è una cosa rara, un mistero, un dono di Dio.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 26 Mirza 1950, Spiritismo, ecc., p. 24, n. 42) 937. Visitare gli ammalati «Dobbiamo tutti visitare gli ammalati. Essendo afflitti e sofferenti, ricevono un reale aiuto e beneficio dalla visita di un amico. La gioia è un’eccellente medicina per gli ammalati. In oriente vi è l’abitudine di visitare spesso il paziente incontrandolo individualmente. Gli orientali dimostrano la più grande gentilezza e compassione verso gli ammalati ed i sofferenti e ciò ha un effetto maggiore delle medicine. Dovete sempre avere pensieri di amore ed affetto quando fate visita agli ammalati ed ai sofferenti.» (‘Abdu’l-Bahá, The Promulgation of Universal Peace, ed. 1982, p. 204) 938. Per quanto critica e senza speranza sia una situazione, si deve consultare e seguire la terapia di un medico competente «Riguardo alla signorina...., Shoghi Effendi prova inesprimibile gratitudine per tutta la gentile assistenza che avete continuamente prodigata a suo padre in questa certo straziante, anzi, veramente disastrosa situazione che sta affrontando. Per quanto critica e senza speranza possa essere stata considerata dai medici la situazione di sua figlia, Lei ha fatto senz’altro bene a consigliarlo di portarla in ospedale in modo che fosse sottoposta alla migliore terapia che la scienza medica è in grado di offrire. Nel far ciò lei ha agito in piena conformità al consiglio così affettuosamente e ripetutamente dato da Bahá’u’lláh, secondo cui in caso di malattia si deve consultare sempre medici competenti e coscienziosi e seguire la terapia.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 18 giugno 1939, Selections from Bahá’í Writings on Some Aspects of Health and Healing, p. 7, giugno 1974) 939. Per una veloce guarigione occorrono forze sia spirituali che materiali «Nel Libro dell’Aqdas Bahá’u’lláh ci esorta a rivolgerci ad un medico e ad attenerci alle sue decisioni quando siamo colpiti da qualunque malattia. Per assicurare una pronta guarigione dei pazienti devono essere utilizzate forze materiali e spirituali; nessun parziale trattamento è sufficiente. Così lei deve pregare per suo figlio ed attenersi anche alle direttive dei medici che lo stanno curando.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 1 giugno 1933) 940. Le malattie fisiche non intaccano l’anima «Riguardo alle sue domande sulla condizione dell’anima durante le malattie, dai passi delle “Spigolature”‘ emerge in modo chiaro che le malattie fisiche, per quanto gravi siano, non portano alcun cambiamento nell’intrinseca condizione dell’anima. Come dice Bahá’u’lláh: “Lo spirito è stabile ed invariabile nel suo rango”. Il velo e l’ostacolo che s’interpone fra l’anima ed il corpo durante una malattia è la malattia stessa. Essa rivela un’instabilità nell’organismo, una mancanza di equilibrio nelle forze essenziali per il normale funzionamento del corpo umano.» (Da una lettera dell’8 Mirza 1936 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) 941. I bahá’í devono evitare di debilitarsi fisicamente e di subire crolli «...I bahá’í, malgrado il desiderio di offrire se stessi fino all’ultima briciola delle loro forze per servire la Causa, devono guardarsi dal debilitarsi completamente e dal subire crolli. Talvolta ciò può fare più male che bene, perché sono strettamente legati alla vita di altri... Non vi è dubbio che esista l’espiazione in conto di altri e le nostre sofferenze, talvolta, si accettano come un sacrificio a favore del prossimo. Ma dove tracciare la demarcazione è un mistero. Se Lei avesse più cura della sua salute ed accrescesse le sue riserve di energie, sarebbe certamente meglio per lei e per il suo lavoro. Allora il suo sensibile cuore che si strugge, nonostante possa ancora spesso soffrire per e con gli altri, sarà in grado di resistere meglio alle prove senza che Lei si estenui, cosa che non giova certamente al suo lavoro per la Causa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 25 ottobre 1949) 942. La guarigione spirituale del mondo di oggi è la sua primaria necessità - I bahá’í sono il lievito che deve far fermentare le masse «Per quanto grande possa essere la necessità di guarigione fisica, il supremo bisogno del mondo di oggi è la guarigione spirituale. La vita su questa terra è così relativamente breve e, allo stato attuale, carica di mille difficoltà e pericoli; invece, nel suo vero senso, la vita è eterna, e per essa la gente necessita di preparazione in questa epoca turbolenta. Il Suo lavoro per migliorare la salute della gente è una maniera meritoria di servire l’umanità, ma non lo si può mai paragonare al lavoro di illuminare le anime e le menti degli uomini con la Luce di Bahá’u’lláh. Il mondo brulica di milioni di persone ed i bahá’í sono un pugno, eppure sono il prezioso lievito che deve far fermentare le masse.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 8 maggio 1942) 943. Alcune malattie sono legate allo sviluppo spirituale del malato o di quello dei suoi cari «Il diletto Custode mi ha chiesto di assicurare lei ed i genitori del bambino che pagherà per la sua guarigione, fisica e spirituale. È difficile per noi comprendere queste disgrazie quando ci colpiscono. Coloro che sono saldi nella Fede sanno che la mano di Dio li protegge, e se qualche calamità di questa natura capita loro, certamente ci sarà una ragione, che può avere a che fare con lo sviluppo spirituale dell’interessato, con lo sviluppo spirituale ed il benessere dei suoi cari, o perfino col commuovere il cuore di non bahá’í, che saranno toccati dallo Spirito Divino per il modo in cui il bahá’í affronta una simile prova.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 23 luglio 1953) 944. La sofferenza fisica è necessaria all’esistenza ed è inevitabile «Riguardo alla Sua domanda sul significato della sofferenza fisica e la sua relazione con la guarigione mentale e spirituale: la sofferenza fisica è una necessaria compagna di tutta l’esistenza umana e, come tale, è inevitabile. Finché vi sarà vita sulla terra, in varie forme e gradi, vi sarà anche sofferenza. Ma, pur essendo un’ineluttabile realtà, può nondimeno essere utilizzata come mezzo per giungere alla felicità. Questa è l’interpretazione di essa data da tutti i profeti e santi, i quali - pur tra dure prove e dolori - si sentirono felici e contenti e sperimentarono quanto c’è di meglio e di più santo nella vita. La sofferenza è un memento ed una gioia. Ci stimola a meglio adattarci alle nostre condizioni ambientali e quindi ci conduce sulla via dell’automiglioramento. In ogni sofferenza si può trovare un significato ed una saggezza, ma non sempre è facile scoprire il segreto di quella saggezza. Talvolta, solo quando le nostre sofferenze sono passate, ne comprendiamo l’utilità. Ciò che l’uomo considera male finisce spesso per essere causa di infinite benedizioni. E ciò è dovuto al suo desiderio di conoscere più di quanto può. La saggezza di Dio è in verità imperscrutabile a tutti noi ed è inutile sforzarsi troppo cercando di scoprire ciò che per la nostra mente rimarrà sempre un mistero.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 29 maggio 1935) 945. Il Kitáb-i-Aqdas esorta i credenti a rivolgersi al medico per qualsiasi male fisico «Nel Libro dell’Aqdas Bahá’u’lláh raccomanda che, se siamo fisicamente malati, ci rivolgiamo ad un medico e seguiamo le sue prescrizioni. Le forze fisiche e spirituali devono essere usate entrambe per assicurare la veloce guarigione del paziente; un trattamento parziale non è sufficiente.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, giugno 1933) 946. È responsabilità dei credenti prendersi cura degli ammalati «O tu servo di Dio! Assistere gli ammalati è uno dei più grandi doveri. Per ogni anima che si ammala gli amici indubbiamente debbono offrire la loro vita (nel servizio) con la più grande bontà.» (Tavole di ‘Abdu’l-Bahá, vol. I p. 149. Citato in Selections from Bahá’í Writings on Some Aspects of Health and Healing, p. 1) B. Malattie Mentali 947. Poco si conosce della mente e del suo operare «Ben poco si conosce oggi della mente e del suo operare. Ma una cosa è certa: i bahá’í possono ricevere - e in effetti ricevono - un grandissimo aiuto e protezione in questo mondo, tale da sorprendere spesso i medici.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 9 aprile 1948, Spiritismo, ecc., p. 14, n. 21) 948. Le malattie mentali non influenzano il nostro spirito o il nostro intimo rapporto con Dio «È molto arduo essere affetti da qualsiasi malattia, specialmente se mentale. Comunque, dobbiamo sempre ricordare che queste malattie non hanno nulla a che fare con il nostro spirito o con il nostro intimo rapporto con Dio. È un vero peccato che finora si conosca così poco della mente, del suo operare e delle malattie che la affliggono; non vi è dubbio che come il mondo diventa più spirituale e gli scienziati comprendono la vera natura dell’uomo, più saranno scoperte cure umane e permanenti per le malattie mentali. Il Custode, per quanto con il cuore le possa essere vicino nella sua paura e sofferenza, non può dirle se l’elettroshock deve o meno essere usato, perché questa è una questione strettamente medica e di tali dettagli non esiste riferimento nelle nostre Scritture. Su detti metodi devono pronunciarsi i migliori scienziati e non i profani. Deve sempre ricordare - non importa quanto lei stesso o altri possiate essere afflitti dai disturbi mentali e dagli opprimenti ambienti di queste Istituzioni statali - che il suo spirito è sano, vicino al nostro Amato, e che nell’altro mondo godrà del felice e normale stato dell’anima. Speriamo che nel frattempo gli scienziati sperimentino migliori e stabili cure per i malati di mente. Purtroppo in questo mondo, tali malattie sono in effetti un pesante fardello da sopportare.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 12 aprile 1948, Selections from Bahá’í Writings on Some Aspects of Health and Healing, p. 8, giugno 1974) 949. Due tipi di malattie - La follia può essere curata con la preghiera «Le malattie sono di due tipi: fisica e spirituale. Prendi, per esempio, una mano ferita: se preghi affinché la ferita guarisca e non fai in modo che smetta di sanguinare, non otterrai lo scopo, perché in questo caso è necessario un rimedio materiale. Talvolta, se il sistema nervoso è paralizzato dalla paura, è necessario un rimedio spirituale. La follia, altrimenti incurabile, può essere curata con la preghiera. Spesso succede che il dispiacere faccia ammalare; anche questo può essere curato con mezzi spirituali.» (‘Abdu’l-Bahá: ‘Abdu’l-Bahá in London, p. 65) 950. Alcune serie deficienze fisiche o mentali, possono rendere incapaci a contrarre matrimonio «Gli Insegnamenti bahá’í non solo incoraggiano la vita fisica, considerandola la normale e naturale forma di esistenza per ogni persona sana, socialmente conscia e responsabile, ma eleva il matrimonio al rango di istituzione divina, in quanto il suo più importante e sacro scopo è quello della perpetuazione della razza umana - autentico fiore dell’intera creazione - e la sua elevazione al vero stadio destinato ad essa da Dio. Che esistano, comunque, persone che, a causa di alcune serie di deficienze fisiche o mentali, siano incapaci di contrarre matrimonio e godere delle benedizioni di una durata e riuscita vita coniugale, è più che evidente; ma esse costituendo solo una piccola parte del genere umano, sono quindi un’eccezione e la loro condizione non può assolutamente invalidare ciò che una saggia ed amorevole Provvidenza ha decretato sia la normale via per una esistenza sociale fruttuosa e costruttiva. Le esatte condizioni e circostanze che debbano consigliare o anche forse impedire che detti disabili affrontino un qualsiasi tipo di vita coniugale non vengono specificate negli Scritti bahá’í, ma saranno stabilite in seguito dalla Casa Universale di Giustizia. Nel frattempo, quei credenti che ritengono d’appartenere a questa categoria farebbero bene, prima di prendere qualsiasi definitiva decisione, a consultare medici esperti, coscienziosi e competenti, e ad attenersi alle loro raccomandazioni.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 15 aprile 1939. Dalla compilazione Some Aspects of Health, Healing, Nutrition...) 951. È permesso consultare psichiatri «A proposito del suo voler farsi vedere da uno psichiatra: nulla in contrario che lei tenti questa forma di trattamento, se il suo medico lo consiglia e nessun medico intelligente sarà mai prevenuto contro la Fede per le difficoltà incontrate da un paziente a causa di una malattia. Non c’è motivo di abusare delle sue energie fisiche e mentali costringendosi a lavorare per la Causa. Lasci che la sua mente riposi pensando all’amore infinito, alla misericordia ed alla indulgenza di Bahá’u’lláh e cessi di logorarsi nel dubbio se sta o non sta facendo la sua parte, fino a quando non avrà recuperato completamente la salute, ed è evidente che si trova già sulla buona strada! (Da una lettera del 26 Mirza 1945 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) 952. I bahá’í non devono diventare guaritori «Egli giudica che ella non debba fare nulla di speciale per il potere che si sente di aiutare gli ammalati. Ciò non significa che non debba servirsene quando se ne presenti l’occasione, come è accaduto di recente. Ma vuole dire che non deve diventare un guaritore come quelli dello Scientismo Cristiano perché noi bahá’í non abbiamo guaritori.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente il 25 dicembre 1949, Selections from Bahá’í Writings on Some Aspect of Health and Healing, Nutrition and Related Matters, A Compilation, p. 13) 953. La mente può essere aiutata dai medici, ma l’anima non trae alcun giovamento dalla psicoterapia «Riguardo agli aspetti generali del suo problema di natura psicologica, la Casa di Giustizia ci ha incaricato di citarle i seguenti passi dagli Scritti di Bahá’u’lláh: ‘Sappi che l’anima umana è al disopra ed indipendente da tutte le infermità del corpo o della mente... Allorché lascerà il corpo, però, mostrerà tale ascendenza e rivelerà tale influenza che nessuna forza terrena può uguagliarÈ. In una lettera scritta a nome dell’amato Custode troviamo anche il seguente passo: ‘Ricordi sempre, non importa quanto lei o altri siano afflitti da disturbi mentali..., che il suo spirito è sano, vicino al suo Amato, e nel mondo a venire godrà del felice e normale stato di animÀ. Ne consegue che l’anima non viene aiutata dalla psicoterapia. D’altro canto, considerata la sua comprensione dei fenomeni mentali che la affliggono e il suo sforzo di risolverne i problemi, è veramente opportuno consultare esperti professionisti, come consigliatole dalla sua Assemblea Nazionale... In un’altra lettera scritta a nome di Shoghi Effendi dal suo segretario, leggiamo quanto segue: ‘Poiché Bahá’u’lláh ci ha esortato ad avvalerci dell’aiuto di buoni medici, i bahá’í non solo possono ricorrere alla psichiatria, ma - quando è possibile - devono farlo.’ Inoltre, la mente, con tutte le sue aberrazioni, spesso può essere favorevolmente influenzata da persone di esperienza scientifica. La Casa Universale di Giustizia suggerisce che lei - con la preghiera quotidiana e specialmente osservando quella obbligatoria, attraverso lo studio degli Scritti, con la partecipazione attiva agli sforzi d’insegnamento e alle attività della comunità, e tramite il costante sacrificio per la Fede che ama tanto - possa fornire un complemento spirituale all’aiuto professionale che riceverà dagli esperti. Dovrebbe inoltre sforzarsi di dedicarsi a qualche utile occupazione o educare se stesso ad avere un’occupazione, poiché, secondo i nostri Insegnamenti, il lavoro è esso stesso un altro mezzo a nostra disposizione per avvicinarsi a Dio e capire meglio il Suo scopo per noi in questo mondo.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 6 aprile 1976) 954. Gli studi sulla mente sono all’inizio - Le cure dei disturbi mentali stanno progredendo «Non è facile sopportare per lunghi anni la malattia mentale da lei descritta. Ovviamente ha cercato l’aiuto di diverse persone con competenza scientifica e non trovando - a quanto pare - scarso giovamento durante tutti questi anni. Dovrebbe prendere in considerazione, se è possibile, di consultare i migliori specialisti di un centro medico in una delle maggiori città, dove potrà avere le più moderne diagnosi e terapie. Lo studio della mente, nella sua fisiologia o nelle patologie di cui può soffrire, muove ora i primi passi, ma molto può essere fatto per aiutarla a ridurre le sue sofferenze e consentirle una vita attiva. Nella terapia dei disturbi mentali gli ultimi dieci anni hanno visto importanti progressi da cui potrà trarre giovamento. La sua scoperta della Fede, con i relativi Scritti sulla salute ed i suoi grandi obiettivi per l’individuo e per tutta l’umanità, le ha infatti conferito una potente forza per avere una vita sana che la sostenga al massimo livello, qualunque possa essere la sua malattia. I migliori risultati terapeutici si ottengono mettendo insieme mezzi spirituali e mezzi materiali, di modo che lei possa superare la malattia per il potere combinato e prolungato della preghiera e di uno sforzo deciso.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 23 luglio 1984) 955. La malattia mentale non è spirituale «...la malattia mentale non è spirituale, anche se i suoi effetti possono ostacolare ed influenzare gli sforzi tesi al progresso spirituale. In una lettera scritta a nome del Custode ad un credente vi è questo passo: “Tali ostacoli [cioè malattie e difficoltà esterne], non importa quanto gravi ed insuperabili possano sembrare a prima vista, possono e devono essere alla fine superati attraverso il potere combinato e prolungato della preghiera e di uno sforzo deciso e continuo.” Tale sforzo può contemplare i consigli di accorti ed esperti medici, inclusi psichiatri. Lavorare per la Fede, servire coloro che possono aver bisogno di lei e dare tutto se stesso può esserle d’aiuto nella lotta contro le sue sofferenze. Un’attività utile è naturalmente quella d’impegnarsi ad insegnare la Causa, nonostante il personale senso di inadeguatezza, e quindi consentire alle Sue salutari parole di inondare la sua mente con la loro grazia e la loro forza positiva.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 15 giugno 1982) 956. I bahá’í devono evitare atteggiamenti pessimisti verso malattie mentali «Negli Insegnamenti bahá’í è detto molto chiaramente che, in caso di malattia, si deve far ricorso alle prescrizioni dei migliori medici disponibili. Questo naturalmente consente di scegliere ciò che si considera buono in campo medico. Se lei e la madre di... ritenete ch’essa stia migliorando con le cure del vostro medico e... è disposta ad aspettare e pazientare per vedere se ci saranno progressi, certamente non c’è nulla da obiettare a farlo. Come lei sa, esistono attualmente un gran numero di malattie e disturbi mentali, ed una cosa che i bahá’í non devono fare è assumere un atteggiamento pessimista nei loro riguardi. La forza della Fede è tale che, nonostante le nostre malattie, può sostenerci ad un livello più alto di quello delle persone che ne sono prive. Ciò non significa comunque che si debbano ignorare pareri e terapie mediche; al contrario, dobbiamo fare del nostro meglio per avere il parere di competenti medici specialisti.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 12 gennaio 1957) 957. Psichiatria «Nei nostri insegnamenti non c’è nulla su Freud e sui suoi metodi. La terapia psichiatrica in generale è indubbiamente un importante aspetto della medicina, ma dobbiamo credere che si tratta si una scienza in via di sviluppo e imperfetta. Dato che Bahá’u’lláh raccomanda di ricorrere all’aiuto di buoni medici, non solo i bahá’í sono sicuramente liberi di rivolgersi alla psichiatria per averne l’aiuto, ma, quando ve ne sia la disponibilità, sono tenuti a farlo. Questo non significa che gli psichiatri siano sempre saggi o abbiano sempre ragione; significa che siamo liberi di avvalerci di quanto di meglio la medicina possa offrirci.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 15 giugno 1950. Memorandum della Casa Universale di Giustizia: Conoscenza dell’Io e Psicologia, paragrafo n. 17) C. Medici 958. Benedetto è il medico che cura nel Nome di Dio «Beato il medico che cura le malattie nel Mio Nome santificato e amato.» (Da una Tavola di Bahá’u’lláh. Compilazione Selections from Bahá’í Writings on Some Aspects of Health, Healing, Nutrition and Related Subjects) 959. Sottoporsi a terapie ed obbedire ai medici è una ordinanza divina «È doveroso che ciascuno si sottoponga a un trattamento medico e segua le istruzioni del dottore, perché ciò è conforme all’ordinanza divina, ma in realtà chi risana è Dio.» (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, p. 152, n. 136) 960. Si deve obbedire al comando di Dio ed accettare il parere dei medici «Bisogna obbedire al comando di Dio ed accettare il parere dei medici. Tu hai intrapreso questo viaggio per osservare il Suo comando e non per guarire, poiché la guarigione è nelle mani di Dio e non in quella dei dottori.» (Da una Tavola di ‘Abdu’l-Bahá ad un credente. Compilazione Selections from Bahá’í Writings on Some Aspects of Health, Healing, Nutrition and Related Subjects) 961. La medicina è estremamente utile «Devi fare ogni sforzo per studiare la scienza della medicina. È estremamente utile e costituisce il più grande strumento per la diffusione della Causa. È assolutamente necessario che tu acquisisca questo dono. Sforzati giorno e notte per diventarne altamente qualificato. E quando vuoi curare rivolgi il tuo cuore al Regno di Abhá ed implora le confermazioni divine.» (Da una Tavola di ‘Abdu’l-Bahá ad un credente. Ibidem) 962. Il malato deve rivolgersi a medici esperti «...hai scritto della tua debole vista. Secondo l’esplicito testo divino il malato deve rivolgersi al medico. Questo decreto è perentorio e tutti sono tenuti ad osservarlo. Mentre ti trovi lì, dovresti consultare il più esperto e famoso oculista.» (Da una Tavola di ‘Abdu’l-Bahá ad un credente. Ibidem) 963. Il medico ha due poteri «O illustre medico!... Sia lodato Iddio, hai due poteri: intraprendere la guarigione fisica e la guarigione spirituale. Le cose relative allo spirito dell’uomo hanno un grande effetto sulle condizioni del suo corpo. Per esempio, devi allietare il paziente, dargli conforto e felicità e portarlo all’estasi e all’esultanza. Quante volte è accaduto che ciò ha prodotto una pronta guarigione. Perciò tratta gli ammalati con entrambi i poteri. I sentimenti spirituali hanno una sorprendente efficacia nel guarire le malattie nervose.» (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, p. 146, n. 130) 964. Quando curi un paziente rivolgiti alla Bellezza Benedetta «Quando curi un paziente rivolgiti alla Bellezza Benedetta e poi segui i dettami del tuo cuore. Dà rimedio al sofferente mediante gioia celestiale ed esultanza spirituale, cura chi è gravemente afflitto impartendogli beate liete novelle e risana il ferito per mezzo delle Sue fulgenti largizioni. Quando sei al capezzale di un paziente, conforta e allieta il suo cuore e rapisci il suo spirito tramite la forza spirituale. In verità, tale afflato celeste ravviva ogni osso putrescente e rinvigorisce lo spirito di ammalati e sofferenti.» (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, p. 147, n. 131) 965. È imperativo consultare un medico anche quando lo è lo stesso paziente «Secondo l’esplicito decreto di Bahá’u’lláh non bisogna discostarsi dal consiglio del medico competente. È imperativo consultarne uno anche quando il paziente sia un medico famoso ed eminente. In breve, il punto è che dovete preservare la salute consultando un medico valente.» (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, p. 151, n. 135) 966. Solo Dio ha il potere di dare la vera guarigione - Molti uomini sono morti della malattia in cui erano specialisti «La guarigione vera viene da Dio! Vi sono due cause di malattia; una materiale, l’altra spirituale. Se la malattia è del corpo, un rimedio materiale è necessario; se la malattia è dell’anima, occorre un rimedio spirituale. Se la benedizione santa è sopra di noi quando il rimedio vien dato, allora soltanto possiamo guarire; perché la medicina non è che il mezzo esteriore e visibile per il quale si ottiene dal cielo la guarigione. Se lo spirito non è guarito, la guarigione del corpo non ha importanza. Tutto è nelle mani di Dio e senza di Lui non possiamo avere la salute. Vi sono stati molti uomini che sono morti proprio della malattia sulla quale avevano fatto degli studi speciali. Aristotele, per esempio, che aveva fatto uno studio speciale sulla digestione, morì di una malattia di stomaco. Avicenna fu uno specialista per il cuore, ma morì proprio di un male di cuore. Dio è il medico compassionevole, il solo che ha la potenza di dare la vera guarigione.» (‘Abdu’l-Bahá: La Saggezza di ‘Abdu’l-Bahá, pp. 16-17) 967. Servire è pregare «“Questo è culto: servire l’umanità e provvedere ai bisogni del prossimo. Servire è pregare. Un medico, che assista l’ammalato con gentilezza, con amore, senza pregiudizi e con fede nella solidarietà della razza umana, rende lode a Dio.» (‘Abdu’l-Bahá: La Saggezza, p. 220) 968. I medici particolarmente dotati possono curare meglio di una madre amorevole «…Egli le è molto vicino in questo grande dolore che l’ha colpita. In questi frangenti, i veri servi di Dio devono essere rassegnati e cercare d’agire con saggezza, usando nel contempo tutti i mezzi disponibili per aiutare il loro amato bisognoso e sofferente per la malattia. Bahá’u’lláh ci dice che, in caso di malattia, dobbiamo pregare, ma nello stesso tempo rivolgerci a medici competenti attenendoci alle loro prescrizioni. Shoghi Effendi desidera che lei quindi scopra se suo figlio è veramente malato e, in caso positivo, segua allora le istruzioni del medico. Essendo degli esperti nel campo della medicina, essi possono curare meglio di quanto possa fare perfino una madre amorevole. Lei darà la sua assistenza pregando per lui e allo stesso tempo aiutando i medici a curarlo.» (Da una lettera scritta a nome del Custode a un credente, 9 aprile 1933, tratta dalla compilazione Selections from Bahá’í Writings on Some Aspects of Health, Healing, Nutrition and Related Subjects, pp.5-6) 969. Le forze liberate da Bahá’u’lláh sono destinate a rivelarsi attraverso i Suoi seguaci «Queste ricerche che ha così scrupolosamente condotto nel campo della medicina, e su un tema che confonde ancora la mente di tutti gli eminenti scienziati del mondo, non possono non essere di affascinante interesse e di gran valore per tutti i ricercatori di medicina. È significativo che lei, come credente, abbia intrapreso un lavoro di questo tipo, perché tutti noi sappiamo che le forze liberate in questo giorno dalla Manifestazione di Bahá’u’lláh sono destinate col tempo a rivelarsi attraverso lo strumento costituito dai Suoi seguaci, e in ogni campo d’attività umana immaginabile. È fervente speranza del nostro amato Custode che lei debba sempre più provare, attraverso le sue valide ricerche di medicina, d’essere uno di quei strumenti.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 29 novembre 1938) 970. I medici non devono lavorare nei 9 Giorni Sacri «Egli ritiene sia meglio che i medici bahá’í si astengano dal lavoro nei 9 Giorni Sacri, ma naturalmente ciò non significa che in quei giorni non debbano assistere i malati gravi ed intervenire in casi di emergenza.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India, 2 agosto 1946, Dawn of a New Age, p. 116) 971. Costumi corrotti «Il Custode considera molto ammirevole il suo atteggiamento nei riguardi del costume corrotto di accattare provvigioni dai colleghi medici e farmacisti. Quanto più i bahá’í saranno retti e nobili, tanto più impressioneranno gli altri con la vitalità spirituale della Fede in cui credono.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 20 ottobre 1953, Guida per una vita bahá’í, p. 104, n. 67) D. Malattie e Pratiche Mediche 972. La scienza medica progredirà notevolmente con il risveglio spirituale dell’uomo «‘Abdu’l-Bahá afferma spesso che la scienza medica farà grandi progressi. Con l’apparizione di ogni Rivelazione un nuovo intuito si crea nell’uomo e questo a sua volta si esprime con il progresso della scienza. Ciò è accaduto nelle Dispensazioni del passato ed oggi ne scopriamo i primissimi frutti. Quello che vediamo è comunque solo l’inizio. Con il risveglio spirituale dell’uomo questa forza si svilupperà e si manifesteranno meravigliosi risultati.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 14 gennaio 1932. Compilazione, Selections from Bahá’í Writings on Some Aspects of Health, Healing, Nutrition and Related Matters”, aprile 1984, p. 10) 973. Madri delegate e inseminazione artificiale «A proposito di madri delegate e di inseminazione artificiale, troverà importante il seguente estratto dalle dichiarazioni sull’argomento fatte dalla Casa Universale di Giustizia. Il diletto Custode, in una lettera scritta a suo nome ad un credente che faceva domande sullo stesso soggetto, disse ‘...non vi è nulla nei nostri insegnamenti su questo, quindi non vi è obiezione ad avere un bambino col mezzo dell’inseminazione artificiale, purché suo marito ne sia il padre. L’inseminazione artificiale è quindi permessa ad una moglie bahá’í a patto che suo marito sia il donatore.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad una credente, luglio 1978) Inoltre, dopo aver citato l’affermazione del Custode riportata sopra, il seguente commento è stato fatto in un’altra lettera: In considerazione di ciò, la Casa Universale di Giustizia ha stabilito che non è appropriato per un bahá’í donare il seme ad un ospedale per l’inseminazione artificiale di una donna che non sia sua moglie.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Australia, 25 maggio 1979) (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia al curatore di questa compilazione, 27 ottobre 1981) 974. Creazione artificiale della vita «Riguardo alla sua domanda sulla possibilità di creazione artificiale della vita per mezzo di un’incubatrice: si tratta di una questione che concerne essenzialmente la scienza e, come tale, deve essere indagata e studiata dagli scienziati.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 31 dicembre 1937. Compilazione Selections from Bahá’í Writings on Some Aspects of Health, Healing, Nutrition and Related Subjects) 975. Concepimento senza sperma «...Circa la possibilità che nel futuro si possa concepire senza bisogno di sperma, questa è una questione che rientra totalmente nel campo della scienza e che i futuri scienziati dovranno indagare.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 27 febbraio 1938) 976. Ipnotismo «L’ipnotismo ha un’influenza debole sul corpo, ma non porta ad alcun risultato. Tuttavia il potere del regno di Dio è grande; se puoi, sforzati di acquisirne una parte.» (Tavole di ‘Abdu’l-Bahá, vol. I, p. 169) 977. Autosuggestione e ipnotismo «Contro tutto ciò che rientra nell’ambito delle pratiche medianiche ‘Abdu’l-Bahá ci ha messi in guardia; ma in quanto alle forme di autosuggestione o di ipnotismo usate dalla scienza medica e da medici qualificati siamo liberi di avvalercene se crediamo che il medico che se ne serve è qualificato e non abuserà dei suoi diritti.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 15 febbraio 1957, Spiritismo, ecc., p. 16, n. 27) 978. Cancro «Il cancro è un flagello così terribile nel mondo di oggi! Ma nel momento in cui i credenti sono chiamati ad affrontare prove tanto amare, hanno la Fede che li sostiene, l’amore degli amici bahá’í li conforta e le gloriose parole di Bahá’u’lláh sull’immortalità che danno loro fiducia e coraggio. Veramente siamo benedetti perfino durante le nostre prove più severe.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 5 settembre 1949, Bahá’í News, n. 231, p. 1, maggio 1950) 979. Cancro – Non è definito una malattia spirituale «Non è autorevole la presunta dichiarazione di ‘Abdu’l-Bahá che il cancro sia una malattia spirituale. Questa affermazione non è autorevole e non deve essere diffusa». (Da una lettera scritta a nome del Custode a un credente, 10 luglio 1939, tratta dalla compilazione Il trono del tempio interiore, p. 87, §179) 980. Chiropratica «Non vi è nulla negli Insegnamenti riguardo la chiropratica come metodo terapeutico. Le persone, se lo desiderano e ne sono aiutate, sono libere di ricorrervi.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 10 febbraio 1951. Compilazione Selections from Bahá’í Writings on Some Aspects of Health, Healing, Nutrition and Related Matters, aprile 1984, p. 14) 981. Circoncisione «L’amato Custode dice che la questione della circoncisione non ha nulla a che vedere con gli Insegnamenti bahá’í ed i credenti sono liberi di regolarsi come credono.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 27 Mirza 1954, Ibidem) 982. Riferimenti a certi aspetti della professione medica non esistono negli Scritti sacri «Siamo stati colpiti dallo spirito della sua lettera del 15 Sultan con la quale chiedeva una guida su certi aspetti della professione medica. Il suo desiderio di evitare di fare, nei suoi studi di medicina, qualsiasi cosa che potrebbe essere contraria agli Insegnamenti bahá’í è encomiabile. Come ha acutamente osservato, la Casa Universale di Giustizia potrebbe ritenere inopportuno stabilire norme definitive su particolari questioni su cui non si trovano diretti riferimenti nei Sacri Testi. Fra queste vi sono l’eutanasia, e certi aspetti del controllo delle nascite e dell’aborto, e finché non giungerà il momento di legiferare in materia, queste questioni sono lasciate alla coscienza degli interessati che devono soppesare i pareri medici sul caso alla luce della guida generale degli Insegnamenti. La sua Assemblea Spirituale Nazionale è in possesso di specifiche informazioni riguardanti il controllo delle nascite e l’aborto che le potranno tornare utili.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 18 Mirza 1975) 983. Trapianti di cuore e reni «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 13 settembre 1968 nella quale vengono chieste istruzioni in merito ai trapianti di organi, quali il cuore ed i reni. In data 18 settembre 1968 abbiamo scritto come segue all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Argentina: “Non abbiamo trovato nulla di specifico negli Scritti sui trapianti di cuore o di altri organi, né riguardo al momento della morte, e la Casa Universale di Giustizia non intende fare - ora - alcuna dichiarazione su questi argomenti”.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 23 settembre 1968) 984. Donatori di organi, inclusi gli occhi «In risposta alla vostra lettera del 1° ottobre riguardo ai trapianti di organi ed ai bahá’í donatori, vi rimandiamo innanzi tutto alla nostra lettera del 3 Mirza 1967 nella quale vi abbiamo citato un passo Da una lettera del diletto Custode su questo argomento. Vi mandiamo anche il seguente tratto da una lettera scritta a nome del Custode dal suo segretario: “Non vi è nulla negli Insegnamenti che proibisca ad un bahá’í di lasciare i propri occhi ad un’altra persona o ad un ospedale; al contrario, sembra un’azione nobile”. La lettera da cui è stato estrapolato questo passo è datata 6 settembre 1946. La Casa di Giustizia non intende per ora andare al di là della spiegazione contenuta nelle suddette dichiarazioni.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 16 ottobre 1969) 985. Eutanasia (Soppressione pietosa) «Riguardo alle domande sull’eutanasia... la Casa di Giustizia ci ha chiesto di condividere con voi queste due dichiarazioni... Circa il punto di vista bahá’í sulla rimozione dei supporti artificiali della vita, in casi in cui le loro applicazione la prolunghi a malati inguaribili, non si è trovato nulla di specifico in materia dei Sacri Testi. In questi casi, le decisioni devono essere lasciate ai responsabili, incluso il paziente.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 31 Mirza 1979) “Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 18 Mirza 1974 nella quale chiedete il punto di vista bahá’í sull’eutanasia e sulla rimozione dei supporti artificiali della vita, in casi in cui la loro applicazione la prolunghi a malati inguaribili. In generale, i nostri insegnamenti affermano che solo Dio, il Dispensatore di vita, può disporre di essa come meglio crede e nulla di specifico abbiamo trovato in materia nei Testi Sacri, ma, in una lettera scritta a nome dell’amato Custode dal suo segretario sulle soppressioni pietose, o eutanasia legalizzata, è detto: “... anche questa è una questione su cui dovrà legiferare la Casa Universale di Giustizia”.» Finché la Casa Universale di Giustizia non prenderà in considerazione la legislazione sull’eutanasia, le decisioni sulle questioni alle quali vi riferite devono essere lasciate alla coscienza dei responsabili.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Alaska, 17 maggio 1974) (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’autore, 27 ottobre 1981) 986. In caso di autopsia il corpo umano deve essere trattato con rispetto «Riguardo alla sua domanda, un bahá’í - che per motivi di studio debba anatomizzare un corpo umano - deve tener presente che il corpo, essendo stato una volta il tempio dell’anima, va trattato con rispetto anche se fra i due non vi è più connessione.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 18 Mirza 1975) 987. Mezzi artificiali di mantenimento in vita «Con riferimento alla vostra lettera dell’1 luglio 1985, siamo stati incaricati di dirvi che, in generale, i nostri Insegnamenti affermano che solo Dio, il Dispensatore di vita, può disporre di essa come meglio ritiene. La Casa Universale di Giustizia non ha trovato nulla nei Sacri Testi circa il mantenimento o le rimozioni dei mezzi artificiali di vita nei casi di malattie debilitanti o in fase terminale. Quindi, fino a quando la Casa di Giustizia non legifererà in merito, viene lasciato alla coscienza dell’interessato se sottoscrivere o meno la sua intenzione di vivere.» (Da una lettera del 23 luglio 1985 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Locale) 988. Telepatia «Negli Insegnamenti non si fa cenno alla telepatia. È una questione che riguarda la psicologia.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 28 febbraio 1938. Compilazione Spiritismo, Reincarnazione, Fenomeni Medianici, p. 26, n. 48) 989. Prima di sottoporsi a operazioni serie, consultare più di un medico «Egli si è compiaciuto nel vedere che sta meglio e di certo pregherà per la sua completa guarigione. Prima di sottoporsi a qualsiasi seria operazione, è bene che consulti più di un medico qualificato.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 8 aprile 1954) 990. Proteggere la salute dormendo a sufficienza «Riguardo alla vostra domanda, vi sono pochissime persone che possono resistere senza dormire almeno otto ore. Se non siete di queste, dovete proteggere la vostra salute dormendo a sufficienza. Lo stesso Custode trova che la sua capacità di lavoro si indebolisce se non cerca di dormire un minimo di sette, otto ore.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi a due credenti, 15 settembre 1952) 991. È necessario salvaguardare la salute per servire la Causa «Deve sempre tenere a mente il consiglio di Bahá’u’lláh di prendersi la massima cura della salute, non certo perché essa è fine a se stessa, ma perché rappresenta un mezzo necessario per servire la Sua Causa. In caso di malattia, Egli ci dice con insistenza di rivolgerci ai medici più competenti. Adesso suo padre l’ha portato dai migliori specialisti di malattie nervose di... che tutti le hanno raccomandato di sospendere qualunque attività finché non sarà completamente guarito. È ora suo dovere come bahá’í, e specialmente come giovane credente che ha ancora grandi servigi da rendere alla Fede, di fare ogni sforzo per recuperare la salute, fiducioso che così facendo attrarrà le confermazioni di Bahá’u’lláh, senza le quali nessuna vera e durevole guarigione è possibile.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 17 luglio 1937) 992. Vaccinazione «Riguardo alla sua domanda sulla vaccinazione: si tratta di questioni tecniche che non sono state specificatamente menzionate negli insegnamenti e, di conseguenza, il Custode non può fare alcuna dichiarazione su di esse. Non vi è dubbio che, col tempo, la medicina compirà notevolissimi progressi ed i mezzi terapeutici diventeranno più perfetti.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 24 dicembre 1943, Bahá’í News, n. 173, p. 3, febbraio 1945) 993. Vivisezione «Riguardo alla domanda sulla vivisezione fatta dall’Assemblea di Auckland, negli Insegnamenti bahá’í non vi è nulla in merito, In futuro questioni simili saranno senza dubbio trattate dalla Casa Universale di Giustizia.» Lettere del Custode all’Australia e Nuova Zelanda, 1923-1957, p. 130) 994. Torturare gli animali - Quando il cuore degli uomini cambierà le ricerche mediche elimineranno il più possibile le sofferenze degli animali. «Il Custode condivide totalmente la sua repulsione per qualsiasi tortura degli animali. Comunque pensa che, poiché vi sono in tutto il mondo esseri umani torturati - spesso fisicamente e più spesso mentalmente - peggio degli animali, sia più importante per i bahá’í concentrarsi su ciò che libererà l’uomo dalla crudeltà e l’ingiustizia che lo opprimono, piuttosto che sugli animali. Una volta cambiati il cuore degli uomini, non vi sarà più crudeltà verso gli animali e la ricerca medica avverrà in modo da evitare, negli esperimenti, quanta più sofferenza possibile.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 27 dicembre 1952) 995. Durante la vivisezione gli animali devono essere bene anestetizzati «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la vostra lettera del 19 gennaio 1978 nella quale chiedete il punto di vista bahá’í sulla vivisezione di animali. All’amato Custode fu posta un’analoga domanda a cui il suo segretario rispose a suo nome il 29 novembre 1955: Poiché negli Insegnamenti bahá’í non ci sono definite e risolutive enunciazioni sulla vivisezione, questa è una materia sulla quale dovrà pronunciarsi in futuro la Casa Universale di Giustizia.» La Casa di Giustizia non intende, allo stato attuale, legiferare in merito. La questione è lasciata alla coscienza degli amici, che devono prendere le loro decisioni alla luce degli insegnamenti riguardanti gli animali e il come trattarli. A questo proposito, la Casa di Giustizia ci ha incaricato di dirvi che, in una Tavola in cui viene sottolineata la necessità di essere amorevoli verso gli animali, ‘Abdu’l-Bahá afferma che si possono effettuare operazioni su animali vivi a scopo di ricerche - anche se perciò venissero uccisi -, ma che devono essere bene anestetizzati con la massima cura perché non debbano soffrire.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale d’Italia. Compilazione Some Aspects of Health, Healing, Nutrition and Related Matters, aprile 1984, p. 16) 996. I peccati sono una possente causa di malattie fisiche «... È certamente vero che i peccati sono una possente causa di malattie fisiche. Se l’umanità fosse libera dalle contaminazioni del peccato e del traviamento e vivesse secondo un naturale, innato equilibrio, senza inclinare dovunque le sue passioni la sospingano, è innegabile che le malattie non avrebbero più la meglio, né si diversificherebbero con tale intensità. Ma l’uomo ha perversamente continuato a indulgere ai propri appetiti sensuali e non si è accontentato di cibi semplici. Nient’affatto: si è preparato cibi composti di molti ingredienti, di sostanze diverse le une dalle altre. La sua attenzione è stata assorbita in questo e nel perpetrare azioni vili e ignobili, egli ha abbandonato la temperanza e la moderazione di un modo naturale di vivere. Il risultato è stato il prodursi di malattie violente e diverse.» (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, p. 148, n. 134) E. Educazione materiale 997. Educazione materiale «... l’educazione è di tre specie: materiale, umana e spirituale. L’educazione materiale riguarda il progresso e lo sviluppo del corpo, assicurando i mezzi di sussistenza, le comodità materiali e gli agi.» (‘Abdu’l-Bahá: Le Lezioni di San Giovanni d’Acri, p. 23) 998. È essenziale prendersi cura dei bambini fin dai primi giorni di vita «A meno che fin dalla più tenera età non ci si prenda cura dei bambini, sia in senso materiale che spirituale, salute fisica e educazione si rivelerà estremamente difficile poter cambiare più tardi. Per esempio, se non si ha fin dalla nascita adeguata cura di un bambino, perché si sviluppi con un corpo sano ed una florida costituzione com’è necessario, il corpo rimarrà debole e qualunque cosa si faccia successivamente avrà scarso effetto. Proteggere la salute del bambino è essenziale, perché una buona salute porta ad avere intuito e buon senso, e allora, come impara scienze, arti, mestieri e buone maniere, svilupperà debitamente le sue capacità...» (‘Abdu’l-Bahá: da una Tavola non ancora tradotta) 999. Dare ai bambini il vantaggio di ogni utile genere di sapere «Nutrite i bambini, fin dall’infanzia, al petto della grazia celeste, allevateli nella culla dell’eccellenza, educateli nell’abbraccio della munificenza. Date loro il vantaggio di ogni utile genere di sapere. Fateli partecipi di tutte le nuove, rare e meravigliose arti e mestieri. abituateli a lavorare e ad ingegnarsi, e rendeteli avvezzi alla fatica.» (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, p. 126, n. 102) 1000. L’educazione e lo sviluppo del corpo assicurano forza e crescita «... l’educazione è di varie specie. Vi è l’educazione e lo sviluppo del corpo che assicurano forza e crescita.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, p. 330) 1001. Vi dovrebbe essere nel mondo un programma di sviluppo della gioventù «... Bahá’u’lláh considera l’educazione come uno dei fattori più fondamentali della vera civiltà. Questa educazione, però, per essere adeguata e fruttuosa, deve essere completa e prendere in considerazione non solo il lato fisico ed intellettuale dell’uomo, ma anche il suo aspetto spirituale ed etico. Questo deve essere il programma della gioventù bahá’í in tutto il mondo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 9 luglio 1931) 1002. Giochi. «I giochi non sono affatto proibiti; anzi, se sono atletici, devono essere incoraggiati.» (Da una lettera scritta a none di Shoghi Effendi ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 27 dicembre 1932) F. Dieta e alimentazione 1003. Curare le malattie con la dieta, ma non dimenticare le cure mediche «Non dimenticare la cura medica quando sia necessaria, ma smettila quando la salute sia ristabilita. Cura le malattie preferibilmente per mezzo della dieta ed evita l’uso dei medicinali; e se trovi quel che è necessario in una sola erba, non fare uso di un medicinale composto... Astieniti dalle medicine quando la salute sia buona, ma somministrale quando necessario.» (Bahá’u’lláh. Citato in Bahá’u’lláh e la Nuova Era, ed 1983, p. 162) 1004. Il pasto di una sola portata è più gradito agli occhi di Dio «Devono comportarsi sempre con moderazione; se il pasto è di una sola portata, è più gradito agli occhi di Dio; comunque, secondo le loro possibilità, devono fare in modo che questo singolo piatto sia di buona qualità.» (Bahá’u’lláh: Kitáb-i-Badí. Compilazione Selections from Bahá’í Writings on Some Aspects of Health, Healing, Nutrition and Related Subjects, ed. 1980, p. 106) 1005. Il latte della madre di norma è il migliore per il bambino «Fin dalla nascita al bambino deve essere procurata qualsiasi cosa sia di beneficio alla sua salute. Sappi questo: nei limiti del possibile il latte materno, è il migliore, il più gradevole ed il più adatto, per lui, a meno che la madre non si ammali o le venga a mancare del tutto.» (‘Abdu’l-Bahá: da una Tavola ad un credente. Ibidem) 1006. Astinenza dal mangiare carne animale «Quanto al mangiare o meno carne animale, sappi per certo che, all’inizio della Creazione, Dio stabilì il cibo di ogni essere vivente, e non è permesso mangiare diversamente da come è stato decretato. Per esempio, bestie da preda - come lupi, leoni e leopardi - sono dotati di terribili strumenti atti a dilaniare, quali unghie ad uncino e artigli; è evidente quindi che il cibo di queste bestie è la carne. Se tentassero di pascolare, i loro denti non reciderebbero l’erba, né potrebbero ruminare, mancando di molari. Allo stesso modo, Dio ha fornito ai quadrupedi erbivori denti tali che tagliano l’erba come falcetti e da ciò comprendiamo che il cibo di queste specie di animali è vegetale. Non possono inseguire e cacciare altri animali. Il falco ha il becco adunco ed artigli acuminati; il becco adunco gli impedisce di pascolare, quindi, anche il suo cibo è la carne. Venendo ora all’uomo, vediamo che egli non ha né denti aguzzi o taglienti come falcetti di ferro, né unghie acuminate o artigli. È quindi evidente che il cibo dell’uomo è cereali e frutta. Alcuni suoi denti sono come mole per macinare il grano e altri affilati per tagliare la frutta. Pertanto non ha bisogno di carne, né è obbligato a mangiarla; anche senza cibarsene avrebbe grande vigore ed energia. Per esempio, i Bramini indiani non mangiano carne e malgrado ciò non sono inferiori ad altri popoli in forza, potenza e vigore, per capacità sensoriali o virtù intellettuali. Invero, uccidere gli animali e mangiare la carne è contrario alla pietà ed alla compassione, e se ci si può accontentare di cereali, frutta, olio e nocciole, come pistacchi, mandorle e così via - sarebbe senza dubbio meglio e più gradevole.» (‘Abdu’l-Bahá: da una Tavola ad un credente. Ibidem) 1007. I quattro canini dell’uomo «Hai scritto riguardo i quattro denti canini dell’uomo, dicendo che essi - posti due nella mascella superiore e due un quella inferiore, ci sono per poter mangiare carne. Sappi che questi quattro denti non sono stati creati per mangiare carne, anche se possono essere utilizzati per questo. Tutti i denti dell’uomo sono fatti per mangiare frutta, cereali e vegetali. Quei quattro sono destinati a rompere gusci duri, come quelli delle mandorle. Tuttavia non è proibito o illecito mangiare carne, semmai il punto è questo: che è possibile per l’uomo vivere senza mangiarne e mantenersi ancora forte. La carne è nutriente e contiene gli elementi di erbe, semi e frutta; perciò talvolta è essenziale per gli ammalati e per recuperare la salute. Nella Legge di Dio non vi sono obiezioni a cibarsene quando è necessario. Pertanto, se la tua costituzione è debole e pensi che la carne ti sia utile, puoi mangiarla.» (‘Abdu’l-Bahá: da una Tavola ad un credente. Ibidem) 1008. ‘Abdu’l-Bahá ha detto che i bahá’í devono sviluppare la medicina così da curare le malattie con i cibi «... Il Báb ha detto che la gente di Bahá deve sviluppare la scienza della medicina a tal segno che cureranno le malattie tramite cibi. La ragione fondamentale di questo fatto è che, dovesse verificarsi uno squilibrio in uno degli elementi che compongono il corpo umano, alterandone la corretta proporzione relativa all’organismo nel suo insieme, ciò sfocerebbe inevitabilmente nell’insorgenza di una malattia. Se. per esempio, la componente grassa subisse un eccessivo incremento, o diminuisse la componente zuccherina, insorgerebbe una malattia. È compito del medico esperto determinare quale componente del corpo del paziente sia diminuita e quale aumentata. Quando lo abbia scoperto, egli deve prescrivere un cibo che contenga l’elemento carente in considerevoli quantità, per ristabilire l’essenziale equilibrio del corpo. Il paziente, quando la sua costituzione riacquisterà l’equilibrio, sarà liberato dalla malattia. Quando i medici valentissimi avranno sviluppato l’arte di guarire le malattie per mezzo di cibi, prescriveranno cibi semplici e proibiranno agli uomini di essere schiavi degli appetiti dei sensi, è certo che l’incidenza delle malattie croniche e complicate diminuirà e che la salute generale dell’umanità migliorerà di molto: è destino che ciò accada. Analogamente si avranno modificazioni universali nel carattere, nella condotta e nelle maniere degli uomini.» (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, pp. 149-151, n. 134) 1009. La scienza della medicina è ancora nella sua infanzia «Quale sarà il cibo del futuro” “Frutta e cereali. Verrà il momento in cui non si mangerà più carne. La scienza medica è ancora nella sua infanzia, eppure ha dimostrato che la nostra dieta naturale è costituita da ciò che cresce dalla terra. La gente svilupperà gradualmente il suo adattamento a questo cibo naturale.» (‘Abdu’l-Bahá: Ten Days in the Light of Akká, ed. 1979, pp. 8-9. Ibidem) 1010. Si devono uccidere gli animali per cibarsene? «Riguardo alla domanda se si debbano o meno uccidere animali per cibarsene, non vi è (per quanto ne so) alcuna esplicita affermazione negli Scritti sacri bahá’í a favore o contro. È certo comunque che sarebbe preferibile che l’uomo vivesse solo con una dieta vegetariana evitando così di uccidere gli animali. In ogni modo, questa è una questione molto controversa ed i bahá’í sono liberi di esprimere su di essa i loro punti di vista.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 9 luglio 1931) 1011. Molte malattie che colpiscono l’uomo, colpiscono anche gli animali - Gli animali si curano con il cibo e gli alimenti «La maggior parte delle malattie che colpiscono l’uomo, colpiscono anche gli animali; ma l’animale non si cura con medicine. Nelle montagne, nelle foreste, è la facoltà del gusto e dell’olfatto che agisce terapeuticamente per l’animale. Esso annusa le piante che crescono nei boschi, mangia quelle che attraggono il suo gusto e il suo olfatto, e guarisce. Quando il glucosio diminuisce nella sua costituzione, esso comincia a desiderare cose dolci; mangia erbe dal sapore dolce che piacciono al suo olfatto e gusto, ed è la natura che lo guida poiché - in tal modo - aumenta in esso il glucosio mancante facendogli riacquistare la salute. Appare quindi evidente che è possibile curarsi con cibi, con alimenti e frutta; ma siccome la scienza medica è tuttora imperfetta, ciò non è stato ancora completamente compreso. Quando la scienza medica giungerà alla perfezione, le cure verranno effettuate con i cibi, alimenti, frutta fragrante, verdure e con svariate acque dalle diverse temperature, calde o fredde.» (‘Abdu’l-Bahá: Le Lezioni di San Giovanni d’Acri, ed. 1976, p. 320) 1012. Mangiare carne di maiale non è proibito «Negli Insegnamenti bahá’í non è proibito mangiare carne di maiale.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente. Ibidem, 27 Mirza 1938) 1013. Il corpo è simile ad un cavallo e trasporta la personalità e lo spirito «... lei non deve trascurare la salute, ma considerarla il mezzo che le consente di servire. Il corpo è simile ad un cavallo e trasporta la personalità e lo spirito, e come tale deve averne la massima cura affinché possa fare il suo lavoro! Indubbiamente lei deve proteggere i suoi nervi e sforzarsi di prendere tempo, non solo per pregare e meditare, ma per riposarsi e rilassarsi veramente.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 23 novembre 1947) 1014. I profeti di Dio non sono immuni dalle sofferenze umane «….nel momento della sopportazione di questi eventi sfavorevoli ricordiamo che gli stessi profeti di Dio non sono immuni dalle sofferenze umane. Conoscono sofferenze, malattia e dolore. Si innalzano su queste cose con i Loro spiriti ed è ciò che anche noi dobbiamo cercare di compiere quando soffriamo. Le preoccupazioni di questo mondo passano e ciò che lasciamo è quanto abbiamo fatto delle nostre anime, è quindi a questo che dobbiamo pensare per diventare più spirituali nell’avvicinarsi a Dio, senza tener conto di quanto il corpo e la mente hanno passato.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente,5 agosto 1949, Bahá’í News, n, 231, Maggio 1950, p. 1) 1015. Nessuna specifica scuola di alimentazione o di medicina si richiama agli Insegnamenti bahá’í «Nessuna specifica scuola di alimentazione o di medicina si richiama agli Insegnamenti bahá’í. Ciò di cui disponiamo sono alcune guide, indicazioni e principi che saranno attentamente studiati dagli esperti e che indubbiamente, negli anni futuri, saranno preziose sorgenti di guida e ispirazione nello sviluppo di queste scienze mediche. Inoltre, a questo proposito il segretario del Custode ha dichiarato a suo nome che ‘È prematuro cercare ed elaborare i pochi riferimenti generali su salute e medicina delle nostra Sacre ScritturÈ. I credenti devono evitare di ricorrere a qualche particolare testo che va loro a genio e che potrebbero comprendere solo parzialmente o perfino in modo scorretto... Nel Kitáb-i-Aqdas Bahá’u’lláh ha affermato: ‘Quando siete malati, rivolgetevi a medici competenti. In verità, Noi non abbiamo abolito il ricorso a mezzi materiali, piuttosto li abbiamo confermati tramite questo tema in molte lettere a singoli credenti, con passi come questi: “...rivolgersi a medici competenti ed ubbidire alle loro ponderate decisioni”;... “ consultare immancabilmente e seguire la terapia di medici competenti e coscienziosi...” e consultare i migliori medici... dottori che hanno studiato metodi scientifici di medicina”. Da qui l’obbligo di consultare i medici e distinguere fra coloro che hanno una buona esperienza nel campo e coloro che ne sono privi, ma la Fede non deve essere associata ad alcuna particolare scuola teorica o pratica di medicina. È lasciato a ciascun credente decidere quale medico consultare, tenendo presente i principi sopra enunciati. In materia di diete, come per la medicina, la Casa Universale di Giustizia ritiene che i credenti debbano sapere che si dispone di una massa enorme di conoscenza scientifica come guida per le nostre abitudini e pratiche. Anche in questo caso, come in tutte le altre cose, i credenti devono tener presente i due principi di moderazione e cortesia quando esprimono le loro opinioni e decidono se rifiutare il cibo loro offerto o richiederne di speciale. Vi sono, naturalmente, casi in cui il credente è del tutto giustificato nell’astenersi dal cibo o nel mangiarne solamente di particolare per motivi medici, ma questa è una questione diversa, comprensibile per ogni persona ragionevole.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 24 gennaio 1977) 1016. Disponiamo di guida, indicazioni e principi che gli esperti studieranno attentamente in futuro «In materia di diete, come per la medicina, la Casa Universale di Giustizia ritiene che i credenti debbano sapere che ci dispone di una massa enorme di conoscenza scientifica come guida per le nostre abitudini e pratiche. Ma deve essere chiaramente compreso che nessuna specifica scuola di alimentazione o medicina si richiama agli Insegnamenti bahá’í. Ciò di cui disponiamo sono talune guide, indicazioni e principi che saranno attentamente studiati dagli esperti e che, negli anni futuri, saranno preziose fonti di guida e ispirazione nello sviluppo di queste scienze mediche. Inoltre, a questo proposito il segretario del Custode ha affermato a suo nome che ‘È prematuro cercare ed elaborare i pochi riferimenti generali su medicina e salute delle nostre Sacre ScritturÈ. I credenti devono evitare di ricorrere a qualche particolare testo che va loro a genio e che potrebbero comprendere solo parzialmente o perfino in modo scorretto.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 11 luglio 1978) 1017. I credenti devono cercare aiuto e consiglio dagli esperti - Gli Insegnamenti non dicono nulla su carne o pesce «In materia di salute, particolarmente riguardo a diete ed alimentazione, la Casa di Giustizia consiglia agli amici di ricorrere all’aiuto ed ai consigli di esperti e medici. Questo è ciò che Bahá’u’lláh ha raccomandato, senza indicare a quale scuola teorica o pratica debbano appartenere. Comunque, poiché lei ha chiesto informazioni su riferimenti del Vecchio Testamento sulla carne ed il pesce, la Casa di Giustizia ci ha chiesto di citarle i seguenti brani tratti Da una lettera del ad un credente scritta a nome del Custode dal suo segretario: “...non è detto negli insegnamenti se si debba mangiare il cibo cotto o crudo; se fare moto o meno; se far ricorso a specifiche terapie o no; né è proibito mangiare carne”.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 19 luglio 1977) XXV. GIORNI SACRI 1018. Due giorni sacri in cui non è proibito lavorare – Spiegazione del significato del Giorno del Patto «In risposta alla vostra lettera del 2 Dicembre 1984 nella quale chiedete spiegazioni sull’evento commemorato nel Giorno del Patto, la Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di trasmettervi il seguente passo Da una lettera scritta a nome dell’amato Custode: Il Giorno del Patto 26 novembre e il Giorno dell’Ascensione 28 novembre, rispettivamente anniversari della nascita e dell’ascensione di ‘Abdu’l-Bahá, devono essere celebrati dagli amici stando in compagnia, ma il lavoro non è proibito. In altre parole gli amici devono considerare obbligatoria la loro osservanza, ma non la sospensione del lavoro”. La spiegazione del perché il 26 novembre sostituì il 23 maggio, relativamente al giorno della nascita di ‘Abdu’l-Bahá, viene data dalla defunta Mano della Causa Hasan M. Balyuzi a pag. 523 del suo libro “ ‘Abdu’l-Bahá”: “‘Abdu’l-Bahá disse che per nessun motivo si sarebbe dovuto celebrare in questo giorno la ricorrenza della Sua nascita; era infatti il giorno della Dichiarazione del Báb e quindi collegato esclusivamente a Lui. Ma poiché i bahá’í supplicarono affinché venisse fissato un giorno in cui commemorarLo, Egli stabilì che il 26 novembre venisse osservato come il giorno della nomina del Centro del Patto..”. La Casa di Giustizia spera che quanto sopra possa aiutarvi a comprendere il significato di questa importante data nel calendario bahá’í.» (Da una lettera del 23 gennaio 1984 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia al Comitato Amministrativo per lo Zaire Meridionale) 1019. Sospensione delle attività amministrative bahá’í nei Giorni Sacri «Riguardo la vostra domanda sulla possibilità di tenere riunioni di consultazione nei Giorni Sacri, abbiamo avuto l’incarico di farvi partecipi di un brano della traduzione dal persiano della lettera del 3 gennaio 1929 scritta ad un credente dall’amato Custode: È preferibile che nelle festività bahá’í e nelle solenni commemorazioni le Assemblee, i Comitati e le altre Istituzioni bahá’í sospendano le loro attività. Comunque, ogni decisione definitiva in questa materia compete alla Casa Universale di Giustizia. La Casa Universale di Giustizia ritiene che questa direttiva del Custode sia ancora idonea per i tempi attuali. Deve esser chiaro comunque che, in caso d’emergenza che richieda la convocazione di riunioni di Istituzioni bahá’í nei nove giorni sacri della Fede, le stesse sono permesse. (Da una lettera del 21 luglio 1982 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’ Assemblea Spirituale Nazionale del Messico) 1020. Sospensione del lavoro delle Radio bahá’í nei nove Giorni Sacri - Speciali programmi possono essere presentati da volontari «La Casa Universale di Giustizia ha preso in esame la vostra richiesta d’informazioni del 18 aprile riguardo i Giorni Sacri bahá’í ed il funzionamento della Radio bahá’í di Labranza, e siamo stati incaricati di trasmettervi la sua risposta. Come ben sapete, non solo i bahá’í devono evitare di lavorare nei nove Giorni Sacri, ma in questi giorni anche i negozi e le aziende di proprietà di bahá’í devono restare chiusi. Se le norme di legge non obbligano la stazione radio ad andare in onda ogni giorno, la Radio bahá’í non deve effettuare regolari trasmissioni nei nove Giorni Sacri. Tuttavia, al fine di aiutare la Comunità bahá’í ad osservarli, la stazione può offrire in un dato momento uno speciale programma adatto allo scopo. Coloro i quali vorranno partecipare alla produzione ed alla messa in onda del programma avranno reso un servizio speciale. Poiché il giorno bahá’í inizia al tramonto e termina al tramonto successivo, avrete senza dubbio rilevato che nessun giorno del calendario gregoriano è totalmente occupato dall’osservanza di uno qualsiasi dei nove Giorni Sacri bahá’í; quindi esiste sempre la possibilità di trasmettere regolari programmi ogni giorno dell’anno gregoriano. Naturalmente la stazione informerà con buon anticipo gli ascoltatori del significato di ciascun Giorno Sacro, affinché gli stessi possano rendersi conto del motivo del suo silenzio in quel particolare Giorno. La Casa di Giustizia ritiene che questa conferma del carattere religioso della stazione sia uno strumento d’insegnamento, una fonte d’incoraggiamento per i credenti ed un modello per la loro emulazione.» (Da una lettera del 6 luglio 1986 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’ Assemblea Spirituale Nazionale del Cile) 1021. I negozi di proprietà di bahá’í devono rimanere chiusi durante i Nove Giorni Sacri -Nel Tempio Madre possono essere garantiti i servizi minimi essenziali «L’amato Custode ha affermato in modo assolutamente chiaro che l’ingiunzione di non lavorare nei nove Giorni Sacri è un fatto che attiene alla coscienziosa obbedienza di ciascun credente. Negozi ed altre imprese interamente sotto controllo bahá’í devono rimanere chiusi anche se nel loro personale siano presenti dei non bahá’í. È chiaro che nei Giorni Sacri il Tempio bahá’í deve restare aperto per il culto e quindi è permesso garantire i servizi minimi essenziali. Occorre effettuare nei giorni precedenti tutti quei lavori, quali pulizia e preparazione dell’edificio, che possono essere compiuti in anticipo ed eseguire nei Giorni Sacri solo quelli non anticipabili. Nel caso del Tempio non ha importanza se i lavoratori siano bahá’í o meno, poiché è dovere della Fede osservare, specialmente per rispetto delle proprie istituzioni, l’ingiunzione di cessare il lavoro nei Giorni Sacri.» (Da una lettera del 12 agosto 1977 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’ Assemblea Spirituale Nazionale di Panama) 1022. Eccezioni in caso di servizi richiesti da un contratto «Riguardo la vendita di tè o altre bevande in un cinema di proprietà di non bahá’í: quegli amici che hanno preso in affitto dal proprietario di un cinema un chiosco per la vendita di tali bevande devono fare il possibile per ottenere il permesso di tener chiuso nelle festività bahá’í. Comunque, se il permesso viene rifiutato non resta loro altra alternativa che obbedire. Diverso è il caso della panetteria di proprietà di un credente: nessuna giustificazione può esserci perché non rimanga chiusa durante le festività bahá’í, atteso che vi sono sempre panettieri non bahá’í presso cui il pubblico può comprare.» (Da una lettera del 28 febbraio 1937 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) 1023. Fare regali non è parte integrante di nessuno dei Giorni Sacri bahá’í - Non esiste comunque un divieto «Scambiarsi regali fra credenti o farne ai bambini non è parte integrante di nessuno dei nove Giorni Sacri bahá’í. Non esiste comunque un divieto in tal senso e - come Lei sa - è un’abitudine fra credenti persiani, come fra i bahá’í con cui ha parlato, scambiarsi regali in occasione del Naw-Rúz. Il desiderio suo e di suo marito di associare il momento del regalo al coinvolgimento dei suoi figli nella Fede di Bahá’u’lláh è degno di lode e certamente le sarà di aiuto il seguente passo tratto Da una lettera scritta il 26 dicembre 1941 dal segretario dell’ amato Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale di Australia e Nuova Zelanda: I giorni intercalari sono specificatamente dedicati all’ospitalità, allo scambio di doni, ecc. Bahá’u’lláh Stesso ha precisato che fossero utilizzati in questo modo, ma non ha dato alcun chiarimento in merito”. Nel Bahá’í World, vol. XV, pag. 691, leggiamo: Bahá’u’lláh ha designato quei giorni come ‘Ayyám-i-Há ed ha ordinato che debbano immediatamente precedere il mese di ‘Alá, che è il mese del digiuno. Egli ha ingiunto ai Suoi seguaci di dedicarli ai festeggiamenti, alla letizia ed alla carità.» (Da una lettera del 18 gennaio 1982 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente) 1024. Momento opportuno per riunioni di commemorazione « ...Riguardo la vostra domanda sul momento opportuno per celebrare o tenere le nostre riunioni di commemorazione: il momento deve essere fissato a partire dal tramonto. Il Maestro trapassò un’ora dopo la mezzanotte e cioè alcune ore dopo il tramonto; così il suo trapasso deve essere commemorato secondo l’ora solare e non quella legale. Lo stesso vale per l’ascensione di Bahá’u’lláh, il Quale trapassò circa 8 ore dopo il tramonto.» (Da una lettera del 12 agosto 1944 scritta a nome di Shoghi Effendi all’ Assemblea Spirituale Nazionale Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche) 1025. Naw-Rúz «…Questo giorno sacro, in cui il sole illumina in ugual misura l’intera terra, è chiamato equinozio, e l’equinozio è il simbolo della Manifestazione di Dio. Il Sole della Verità sorge sull’orizzonte della Misericordia Divina ed emana i suoi raggi. Questo giorno è consacrato alla sua commemorazione…» (Dai Discorsi di ‘Abdu’l-Bahá, 21 Mirza 1913. Star of the West, vol. 5, n° 1, p. 4) 1026. Naw-Rúz non ha niente a che vedere con la Festa del Diciannovesimo Giorno «Desidera far notare che se i credenti si riuniscono prima del crepuscolo di un determinato giorno non ha importanza se l’incontro continua dopo il tramonto; sarà sempre da considerarsi tenuto nel giorno in cui si cono riuniti. La festività del Naw-Rúz dovrebbe tenersi il 21 Mirza prima del tramonto e non ha niente a che fare con la Festa del Diciannovesimo Giorno. La Festa del Diciannovesimo Giorno svolge funzioni amministrative mentre il Naw-Rúz è il nostro Anno Nuovo, una festività di ospitalità e gioia.» (Da una lettera scritta per conto del Custode all’Assemblea Nazionale degli Stati Uniti il 5 luglio 1950) 1027. Naw-Rúz deve essere celebrato secondo l’equinozio di primavera «A proposito del Naw-Rúz: se l’equinozio di primavera cade il 21 Mirza prima del tramonto si dovrà celebrare in quel giorno. Se in un momento successivo, il Naw-Rúz cadrà, come stabilito da Bahá’u’lláh, il 22. Sarà compito della Casa Universale di Giustizia decidere quale dovrà essere considerato il luogo più idoneo…» (Da una lettera scritta per conto del Custode all’Assemblea Nazionale degli Stati Uniti il 15 maggio 1940: Bahá’í News, N. 138, p. 1. Settembre 1940) 1028. Cartoline per Naw-Rúz «Non vi è nessuna obiezione al fatto che i credenti, se lo desiderano, inviino cartoline per Naw-Rúz; lo può fare anche l’Assemblea Spirituale Nazionale a patto che non divenga un’abitudine.» (Da una lettera scritta per conto del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Australia e Nuova Zelanda il 14 Mirza 1947: Letters from the Guardian to Australia and New Zealand, 1923-1957, p. 65) 1029. Cessazione della celebrazione delle festività cristiane fra i bahá’í «Riguardo la celebrazione delle festività cristiane da parte dei credenti: è certamente preferibile e molto auspicabile che gli amici cessino di osservare fra di loro festività come il Natale e il Capodanno, e tengano invece le riunioni festive di questo tipo durante giorni intercalari ed a Naw-Rúz.» (Da una lettera del 19 Mirza 1938 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) 1030. I Giorni Sacri sono occasioni adatte per la fondazione di istituzioni e progetti di sviluppo economico e sociale «In breve, ogni nazione ha un giorno festivo stabilito che viene celebrato con gioia. Nelle sacre Leggi di Dio, in ogni ciclo e dispensazione, vi sono feste benedette e giorni festivi in cui non si lavora. In tali giorni non è permesso alcun tipo di occupazione, commercio, industria, agricoltura, ecc.; qualsiasi lavoro non è lecito. Tutti devono trascorrere una giornata piacevole, stare insieme, tenere grandi riunioni, diventare come un’assemblea, di modo che gli occhi di tutti possano riflettere l’identità nazionale, l’unità e l’armonia. Poiché si tratta di un giorno benedetto, esso non deve essere trascurato o rimanere senza risultati, limitandone i suoi frutti al mero piacere. In questi giorni benedetti occorre fondare istituzioni che possano essere di permanente beneficio ed utili per la gente, cosicché permanga nei ricordi della stessa e nella storia che un buon lavoro è stato inaugurato proprio in un certo giorno festivo. Quindi, le persone intelligenti dovrebbero indagare il mondo intorno a loro per scoprire quale importante affare, istituzione filantropica o fondazione sia maggiormente necessaria alla comunità in quel particolare giorno, affinché possa essere istituita. Per esempio, se essi ritenessero che la comunità abbisogna di moralità, allora in quel giorno potrebbero porre le fondamenta di buoni costumi. Se la comunità ha necessità di divulgare le scienze ed allargare il cerchio della conoscenza, in quel giorno essi dovrebbero procedere in quella direzione, vale a dire far convergere i pensieri delle persone verso quella causa filantropica. Se invece la comunità ha bisogno di estendere il commercio, l’industria o l’agricoltura, essi dovrebbero porre in essere gli strumenti affinché si possa raggiungere lo scopo. Se la comunità ha bisogno che agli orfani vengano forniti protezione, opportuno sostegno e cura, essi dovrebbero agire per il loro benessere, ecc.. Occorre perseguire quelle imprese che siano di beneficio per i poveri, i deboli e gli indifesi, affinché in quel giorno, attraverso l’unità e grandi riunioni, si possano ottenere risultati e dichiararsi e manifestarsi la sua gloria e le sue benedizioni... In tutte le dispensazioni dei profeti le opere filantropiche sono state limitate solo ai rispettivi popoli, eccetto piccole questioni, come la carità, che era permesso estendere ad altri. Ma in questa meravigliosa dispensazione dette opere sono dirette a tutta l’umanità, senza alcuna eccezione, perché è la manifestazione della misericordia di Dio. Quindi, ogni questione universale - cioè appartenente a tutta l’umanità - è divina; ed ogni questione settaria e speciale non ha carattere universale e perciò è limitata. In conclusione, la mia speranza è che ciascuno degli amici di Dio possa diventare come la misericordia di Dio per tutta l’umanità.» (‘Abdu’l-Bahá: Star of the West, vol.9, n.1, 8-9. Da una compilazione sullo sviluppo sociale ed educativo preparata dall’Ufficio per lo Sviluppo Sociale ed Educativo) XXVI. L’ISTITUZIONE DELL’?UQÚQU’LLÁH 1031. Il pagamento dell’?uqúqu’lláh purifica le proprietà, attrae prosperità e benedizioni «È chiaro ed evidente che il pagamento del Diritto di Dio è apportatore di prosperità, benedizione, onore e protezione divina. Ben venga a coloro che comprendono e riconoscono questa verità e male incolga chi non crede. A patto però che l’individuo osservi le ingiunzioni prescritte nel Libro con massima radiosità, letizia e spontanea acquiescenza. Vi incombe di consigliare gli amici di fare ciò che è giusto e degno di lode. Chi porge ascolto a questo appello lo farà a proprio vantaggio, e chi lo ignora renderà danno a se stesso. In verità il nostro Signore di Misericordia è Colui Che a tutto provvede, il Lodatissimo.» (Bahá’u’lláh: Compilazione della Casa Universale di Giustizia del giugno 1985 “?uqúqu’lláh” p.13 n.6) 1032. Dono che seguirà l’anima in ogni mondo di Dio «L’?uqúqu’lláh è in verità una grande legge. Incombe a tutti di fare questa offerta, perché è fonte di grazia, abbondanza e di ogni bene. È un dono che seguirà l’anima in tutti i mondi dei mondi di Dio, Colui Che tutto possiede, il Generosissimo.» (Ibidem, p.13 n.7) 1033. Moderazione nella prodigalità «Dite: Non inorgoglitevi per le ricchezze terrene che possedete. Riflettete sulla vostra fine e sulla ricompensa delle vostre opere qual’è stata ordinata nel Libro di Dio, l’Eccelso, il Potente. Benedetto il ricco che i possedimenti terreni non hanno avuto il potere di distogliere da Dio, il Signore di tutti i nomi. In verità egli è reputato fra gli uomini di maggiore distinzione al cospetto di Dio, il Benevolo, l’Onnisciente.» (Ibidem, p.21 n.25) 1034. Divieto di sollecitare l’?uqúqu’lláh « ...Non è assolutamente permesso chiedere l’?uqúq. Questo comandamento fu rivelato nel Libro di Dio per varie questioni necessarie che Dio dispose dipendessero dai mezzi materiali. Quindi, se qualcuno desidera partecipare con sommo piacere e gioia, anzi con insistenza, a tale benedizione, puoi accettare; altrimenti non ti è permesso.» (Ibidem, p.14 n.9) 1035. Fidatezza nell’?uqúqu’lláh «Se una persona acquisisce cento mithqál d’oro, diciannove spettano a Dio, il Creatore della terra e del cielo. Badate, o genti, a non privarvi di questo grande favore. Pur completamente indipendenti da voi e da tutto ciò che è nei cieli e sulla terra, vi abbiamo prescritto questa lettera. In verità in questo comandamento sono celati i misteri e benefici che trascendono la comprensione di chiunque eccetto Dio, Colui Che tutto sa e di tutto è informato. Dite, mediante questa ingiunzione Dio desidera purificare i vostri possedimenti e permettervi di assurgere a tali stadi che nessuno può raggiungere, tranne coloro che a Dio piaccia. In verità Egli è il Generoso, il Benigno, il Munifico. “O genti! Non agite proditoriamente in questioni di ?uqúqu’lláh e disponetene solo con il Suo permesso. Così ì è stato ingiunto nelle Sue Epistole e in questa Tavola gloriosa. “Chiunque non si comporti onestamente verso Dio sarà smascherato secondo giustizia, e chiunque compia le cose che gli sono state comandate su di lui discenderanno benedizioni divine dal firmamento della munificenza del suo Signore, l’Elargitore, il Munifico, il Generosissimo, l’Antico dei Giorni. In verità Egli desidera per voi cose che in questo momento vi sono imperscrutabili, ancorché le genti le scopriranno prontamente quando le loro anime spiccheranno il volo e gli ornamenti dei loro sollazzi terreni saranno riposti. Così vi ammonisce l’Autore della Tavola Preservata.» (Ibidem, pp.14-15 n.10) 1036. L’?uqúqu’lláh designato come Istituzione della Causa - Calcolo dell’equivalente di un mithqál d’oro « ...Nel calcolo dell’?uqúqu’lláh molti dettagli sono stati lasciati da Bahá’u’lláh al giudizio e alla coscienza del singolo credente. Per esempio, Egli esenta le suppellettili e gli arredamenti necessari, ma lascia che l’individuo decida quali oggetti siano necessari e quali no. Le contribuzioni ai fondi della Fede non possano essere considerati parte dell’?uqúqu’lláh; inoltre, se un credente deve l’?uqúqu’lláh, ma non può permettersi di pagarlo e contemporaneamente di offrire contribuzioni ai Fondi, il pagamento dell’?uqúqu’lláh deve avere la precedenza sulle contribuzioni. Ma se le contribuzioni al Fondo siano da considerare spese nel calcolo dell’ammontare del proprio patrimonio sul quale va pagato l’?uqúqu’lláh, questo è lasciato al giudizio del singolo alla luce delle circostanze specifiche. “Il segretario del Custode scrisse a suo nome che “un mithqál consiste di 19 nakhud. Il peso di 24 nakhud equivale a 4 grammi e 3/5. I calcoli possono essere fatti su questa base”. Diciannove mithqál equivalgono quindi a 69,191667 grammi. Una “oncia troy” equivale a 31,103486 grammi, per cui 19 mithqál equivalgono a 2,224563 once...» (Da una lettera del 16 settembre 1969 della Casa Universale di Giustizia ad un credente. Compilazione “?uqúqu’lláh” p.57 n.105) 1037. La promulgazione dell’?uqúqu’lláh è responsabilità delle Assemblee Spirituali - La Casa Universale di Giustizia determina l’uso dell’?uqúqu’lláh «Poiché, in accordo con l’ingiunzione contenuta nel Libro, l’?uqúqu’lláh è stato designato come una delle istituzioni della Causa, e poiché l’adempimento di questo obbligo è vincolante per la gente di Bahá, si ritiene opportuno che la vostra Assemblea Spirituale approfondisca i cari amici in Persia nel significato di questa importante responsabilità e promulghi gradualmente nell’intera comunità le ordinanze relative all’?uqúqu’lláh che sono formulate nel Suo chiaro Libro. Ovviamente secondo i Testi espliciti, non è permesso sollecitare l’?uqúqu’lláh, ma è responsabilità di quei Fiduciari della Causa di rivolgere ai cari amici appelli di carattere generale, così che essi possano essere meglio informati su questo obbligo essenziale. A Dio piacendo, tramite occasionali accenni della vostra Assemblea, essi acquisiranno il privilegio e l’onore di compiere quest’azione benefica - azione che attrae benedizioni celestiali, che serve quale mezzo di purificazione dei possedimenti terreni dei devoti amici e promuova le attività internazionali della gente di Bahá. È evidente a quei Fiduciari del Misericordioso che questa Istituzione, in virtù dell’esplicito Testo degli Scritti sacri, è l’Istituzione alla quale ogni cosa deve essere deferita, e che l’?uqúqu’lláh può essere usato per promuovere gli interessi della Causa in tutto il mondo bahá’í solo col permesso dell’Autorità nella Causa alla quale tutti devono rivolgersi.» (Da una lettera del 27 ottobre 1963 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Iran. Compilazione “?uqúqu’lláh “ pp.51-52 n.96) 1038. La contabilità personale deve tenere distinto l’?uqúqu’lláh dalle contribuzioni – L’?uqúqu’lláh ha la precedenza «Il pagamento dell’ ?uqúqu’lláh è uno degli obblighi spirituali essenziali che la meravigliosa Penna di Bahá’u’lláh ha stabilito nel Libro Più Santo. Sarebbe preferibile e più confacente se questi due conti, cioè le contribuzioni ai Fondi e i pagamenti dell’?uqúqu’lláh, fossero tenuti distinti. Questo significa che in primo luogo ella deve pagare l’?uqúqu’lláh e poi può, a sua discrezione, offrire le sue devote contribuzioni al Fondo Internazionale, attualmente utilizzato per il conseguimento delle mete del Piano Novennale.» (Da una lettera del 18 agosto 1965 della Casa Universale di Giustizia ad un credente. Compilazione “?uqúqu’lláh “ p.52 n.97) 1039. Quale segno di misericordia, le spese di funerale e i debiti hanno la precedenza sull’ ?uqúqu’lláh «Hai chiesto cos’abbia la precedenza: l’?uqúqu’lláh, i debiti del defunto o le spese per il funerale. Dio comanda che abbiano la precedenza le spese per il funerale; viene poi il pagamento dei debiti e infine il Diritto di Dio. In verità Egli è Colui Che pagherà la dovuta mercede, Colui che ricompensa tutti, il Generosissimo. Se le proprietà non coprono i debiti, il patrimonio deve essere ripartito in proporzione diretta ad ogni debito. La liquidazione dei debiti è un importantissimo comandamento esposto nel Libro. Ben venga a colui che ascende a Dio, senza obblighi verso l’?uqúqu’lláh e verso i Suoi servi. È evidente che l’?uqúqu’lláh ha la priorità su tutti gli altri impegni; tuttavia, quale segno di misericordia, Colui Che è l’Oriente della Rivelazione ha ordinato ciò che è stato rivelato in questa Tavola dalla Sua Penna vivificatrice e onnisciente.» (Bahá’u’lláh: Compilazione “?uqúqu’lláh “ p. 20 parzialmente n.22) 1040. Amministrazione fiduciaria dell’?uqúqu’lláh «I versamenti per l’?uqúqu’lláh non possono essere rimessi a chiunque. Queste parole sono state proferite da Colui Che è la Verità Sovrana. L’?uqúqu’lláh deve essere tenuto in custodia da persone fidate e inoltrato alla Sua santa corte tramite i Fiduciari di Dio.» (Ibidem, p.35 n.58) 1041. L’?uqúqu’lláh non si paga ogni anno sui beni complessivi «L’?uqúq non va imposto ogni anno sui beni complessivi. Le ricchezze di una persona possono ammontare a 100.000 sterline; come potrebbe essere tenuto a pagare l’?uqúq su questa proprietà ogni anno? Per esempio, qualunque sia l’incasso che hai avuto in un anno, devi detrarne le spese sostenute nel corso dell’anno e pagare l’?uqúq sul rimanente. I beni sui quali l’?uqúq è stato pagato l’anno precedente sono esenti da ulteriori pagamenti.» (‘Abdu’l-Bahá: Compilazione “?uqúqu’lláh “ p.40 parzialmente n.65) 1042. L’?uqúq non si paga sugli attrezzi e arnesi agricoli «L’?uqúq si applica su tutto ciò che si possiede. Ma chi lo abbia pagato su una data proprietà, la cui rendita sia pari alle sue necessità, non deve più pagarlo. L’?uqúq non va pagato sugli attrezzi e sugli arnesi agricoli, e sugli animali usati per arare la terra, nella misura in cui sono necessari.» (Ibidem, p.41 n.68) 1043. Valore dell’abitazione, dell’arredamento e degli strumenti di lavoro esentati dall’?uqúqu’lláh degli eredi «Riguardo la vostra domanda se gli eredi ai quali passano per eredità la residenza principale, l’arredamento e gli effetti personali del defunto siano esentati dal pagamento dell’?uqúq oppure no, egli ha detto: Poiché, secondo il Testo esplicito, all’abitazione, all’arredamento e agli strumenti di lavoro è stata accordata l’esenzione dall’?uqúq, di conseguenza, quando avviene il passaggio di proprietà, tali beni continuano ad essere esentati.» (Da una lettera del 29 settembre 1942 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Iran. Compilazione “?uqúqu’lláh “ p.49 n.88) 1044. Il pagamento dell’?uqúqu’lláh è un dovere spirituale vincolante - Conferisce prosperità e onore, assicura vera felicità «Il pagamento dell’?uqúqu’lláh è un dovere spirituale vincolante per la gente di Bahá. L’ingiunzione è formulata nel Libro Più Santo, e chiare e conclusive spiegazioni sono contenute in varie Tavole. Ogni devoto credente che è in grado di soddisfare le condizioni specifiche, deve pagare l’?uqúqu’lláh, senza alcuna eccezione. In realtà, secondo l’esplicito Testo del Libro Più Santo, l’inadempienza di questa ingiunzione è considerata un tradimento della fiducia, e il verdetto divino: “Chiunque si comporti disonestamente verso Dio sarà smascherato secondo giustizia” è un chiaro riferimento a queste persone. Il Centro del Patto ha affermato l’obbligo dell’?uqúq in questi termini: “Quale segno delle Sue infinite munificenze il Signore ha benignamente favorito i Suoi servi stabilendo un’offerta fissa di denaro [l’?uqúq], che Gli deve essere debitamente presentata, sebbene Egli, l’Unico Vero, e i Suoi servi siano sempre stati indipendenti da tutte le cose create”. Questa ponderosa ordinanza, come testimonia la Penna della Gloria, è investita da incalcolabili benefici e saggezza. Purifica i possedimenti, allontana perdite e disastri, conferisce prosperità e onore ed è apportatrice di crescita spirituale e benedizioni. È un sacrificio offerto e riferito a Dio, un atto di servizio che conduce alla promozione della Sua Causa. Come afferma il Centro del Patto, le offerte dell’?uqúq costituiscono una prova per i credenti e rendono gli amici saldi e risoluti nella fede e nella certezza. In breve, il pagamento dell’?uqúqu’lláh è una delle vincolanti responsabilità spirituali dei seguaci di Bahá’u’lláh e i relativi proventi spettano all’Autorità nella Causa alla quale tutti devono rivolgersi. Inoltre l’Antica Bellezza - magnificata sia la Sua lode - ha affermato che dopo l’insediamento della Casa Universale di Giustizia, le necessarie regole sarebbero state emanate a tal riguardo in conformità con quanto Dio ha inteso e che nessuno, eccetto l’Autorità alla quale tutti devono rivolgersi, ha il diritto di disporre di questo Fondo. In altri termini, quella parte delle ricchezze personali che è dovuta all’?uqúqu’lláh, appartiene al Centro Mondiale della Causa di Dio e non a chi la detiene. Perciò gli amici non devono seguire la propria volizione e il proprio giudizio usando un fondo accantonato per l’?uqúqu’lláh per altro scopo, foss’anche per contribuzioni caritatevoli della Fede. Speriamo ardentemente che tutti possano avere il privilegio di osservare questo sacro e benedetto obbligo che assicurerà il conseguimento della vera felicità e servirà a promuovere la realizzazione delle imprese bahá’í in tutto il mondo. In verità Dio è sufficiente a Se Stesso al di là delle necessità delle Sue creature.» (Da una lettera del 25 ottobre 1970 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Iran. Compilazione “?uqúqu’lláh “ p.53 parzialmente n.100) XXVII. ISTITUZIONI SPECIALI A. Definizione 1045. Definizione di Istituzione «Benché gli amici possano essere occupati in organismi della Causa chiamati istituzioni, tentativi di classificazione non sono utili, poiché ovviamente si chiama istituzione qualsiasi cosa che è stata istituita. Una parte delle istituzioni bahá’í riguarda l’amministrazione della Fede ai livelli internazionale, nazionale e locale; un’altra rappresenta funzioni basate su leggi emanate dalla Manifestazione. È sufficiente accettare ciò che ufficialmente è chiamato “istituzione”, osservando l’ambito delle appropriate applicazioni di quell’appellativo.» (Da una lettera del 20 giugno 1980 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente) 1046. Istituzioni relative al Custodiato «Secondo le “Ultime Volontà e Testamento” le istituzioni relative al Custodiato sono il corpo delle Mani della Causa e le nove Mani occupate nell’importante servizio d’aiutare nel suo lavoro il Custode. Come sapete, durante la sua vita, il Custode ha altresì autorizzato le Mani a nominare membri del Corpo Ausiliare per la protezione e la propagazione. Tuttavia, ciò non significa che l’istituzione dei Consiglieri, così come attualmente organizzata, sia - in senso stretto - un’istituzione relativa al Custodiato. Per comprendere questo tema nei suoi svariati aspetti Le consigliamo di studiare attentamente la lettera scritta il 24 aprile 1972 dalla Casa Universale di Giustizia ai Corpi Continentali dei Consiglieri ed a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali. Potrà trovare il passo attinente alle pagg.11-13 della compilazione intitolata “L’Istituzione dei Corpi Continentali dei Consiglieri” pubblicata dall’Assemblea Spirituale Nazionale dei Bahá’í del Canada.» (Da una lettera dell’1 dicembre 1982 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente) B. Il Custodiato 1047. Il Custodiato – Accettazione del – Un Giorno cui non seguirà la notte «Ritiene che se …medita più profondamente sui principi basilari della Rivelazione divina, anche lei potrà arrivare a comprendere il Custodiato. Quando mente e cuore hanno afferrato che Dio guida gli uomini attraverso un Portavoce, un essere umano, un Profeta infallibile e senza errore, diventa saltano la logica conseguenza di questa accettazione, accettare anche il rango di ‘Abdu’l-Bahá e dei Custodi. I Custodi sono la prova della maturità degli uomini nel senso che alla lunga sono talmente progrediti da avere un solo mondo che necessita di una conduzione mondiale degli affari umani. Nella sfera spirituale hanno anche raggiunto il punto in cui Dio può delegare a mani umane (il Custode), direttamente guidate dal Báb e da Bahá’u’lláh, come dichiara il Maestro nel Suo Testamento, gli affari della Sua Fede per questa Dispensazione. Questo è il significato del detto “questo è il giorno cui non seguirà la notte”. La guida divina, in questa Dispensazione, è dispensata a questo mondo, dopo l’ascensione del Profeta, prima con il Maestro e poi con i Custodi. Se qualcuno accetta la funzione di Bahá’u’lláh, non dovrebbe avere difficoltà alcuna accettare anche l’aver previsto una persona guidata divinamente per temi che riguardano la Sua Fede.» (Da una lettera scritta per conto del Custode a un credente il 25 novembre 1948: Bahá’í News, N. 232, p. 8, giugno 1950) 1048. La parola «Custodiato» usata con significati diversi «A proposito della sua prima domanda, è importante che quando si prende in considerazione negli scritti della Fede, i riferimenti al Custodiato, specialmente quando si cerca di comprendere la loro applicazione al presente, si realizzi che la parola “custodiato” è usata con diversi significati in svariati contesti. In alcuni di essi indica l’ufficio e le funzioni dello stesso Custode, in altre si riferisce alla successione del Custode, in altri ancora ha un significato ancora più vasto che comprende il Custode e le istituzioni collegate a lui collegate. Sarebbe non di meno piuttosto errato definire, oggi che non vi è nessun Custode, dire che le Mani della Causa sono membri dell’istituzione del Custodiato. Ne sarebbe attribuire tale designazione al Centro Internazionale d’Insegnamento, ai Consiglieri e ai membri dei Consigli Ausiliari e ai loro assistenti (Da una lettera scritta per conto della Casa Universale di Giustizia a un credente il 5 maggio 1977) 1049. Le prerogative e i compiti del Custode sono di tre tipi «La Casa Universale di Giustizia, nel riferirsi specificatamente all’ufficio e alla funzione dello stesso Custode, ritiene che le prerogative e i compiti che gli vengono attribuiti, sono di tre tipi. Per primo, come spiegato con una lettera a un credente e pubblicata in Wellsprings of Guidance vi è un certo numero di funzioni e di materie che il Custodiato condivide con la Casa Universale di Giustizia e che la Casa di Giustizia deve continuare a portare avanti. In secondo vi sono altre funzioni del Custodiato che, in assenza di un Custode, competono alla Casa Universale di Giustizia, per esempio, la direzione della Fede, la responsabilità della guida del lavoro delle Mani della causa di Dio assicurando il continuo svolgimento delle funzioni di protezione e propagazione competenti a quell’Istituzione e il diritto a amministrare l’?uqúqu’lláh. In terzo vi sono quelle prerogative e compiti che sono di esclusiva pertinenza del Custode e che perciò, in sua assenza, sono inoperanti all’infuori del fatto che il monumentale lavoro già svolto da Shoghi Effendi continua ad essere di inestimabile beneficio per la Fede. Tale funzione è quella dell’autorevole interpretazione degli Insegnamenti.« (Ibidem) 1050. Non spetta ai credenti limitare o giudicare l’infallibilità del Custode «A Shoghi Effendi fu chiesto diverse volte, durante il suo ministero, di definire la sfera della sua azione e della sua infallibilità. Le risposte che diede e che furono scritte a suo nome sono molto illuminanti. Egli spiega di non essere un’autorità infallibile nel campo dell’economia, della scienza e della tecnica, poiché la sua infallibilità è limitata a “questioni strettamente correlate alla Causa”. Puntualizza, inoltre, che “Egli non è, come il Profeta, onnisciente”, che la sua “infallibilità è relativa all’interpretazione della Parola Rivelata ed alla sua applicazione”, e che Egli è anche “infallibile nella protezione della Fede”. Inoltre, in una delle sue lettere, dà le seguenti istruzioni: “...Non spetta ai singoli credenti limitare la sfera di autorità del Custode, o giudicare quando devono obbedirgli e quando sono liberi di non accettare le sue decisioni. Un tale comportamento porterebbe ovviamente alla confusione ed allo scisma. È responsabilità del Custode, quale interprete nominato degli Insegnamenti, dichiarare quali questioni, relative agli interessi della Fede, richiedano da parte dei credenti completa e incondizionata obbedienza alle sue istruzioni”.» (Da una lettera del 22 agosto 1977 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente) 1051. L’interpretazione autorevole degli Insegnamenti, dopo ‘Abdu’l-Bahá, diritto esclusivo del Custode «Occorre tener sempre presente che l’interpretazione autorevole degli Insegnamenti fu, dopo ‘Abdu’l-Bahá, esclusivo diritto del Custode e ricadeva entro il “sacro e prescritto dominio” del Custodiato; quindi la Casa Universale di Giustizia non può e non violerà quel dominio. La sfera esclusiva della Casa Universale di Giustizia è quella di “pronunciarsi e deliberare in via definitiva su quelle leggi ed ordinanze non rivelate espressamente da Bahá’u’lláh”. Oltre questa fondamentale differenza nelle funzioni dei due pilastri gemelli dell’Ordine di Bahá’u’lláh, la Casa Universale di Giustizia - per quanto riguarda gli altri doveri relativi al Capo della Fede - condivide con il Custode la responsabilità dell’applicazione della Parola Rivelata, della protezione della Fede, come pure il dovere di “assicurare la continuità dell’autorità divinamente conferita che fluisce dalla Sorgente della Fede, salvaguardare l’unità dei suoi seguaci e mantenere l’integrità e la flessibilità dei suoi Insegnamenti”. In ogni modo, la Casa Universale di Giustizia non è onnisciente; analogamente al Custode, desidera che le si sottopongano dei fatti quando viene chiamata a dare un giudizio, e, come lui, può tranquillamente cambiarlo se ne emergono di nuovi.» (Ibidem) 1052. Differenza fra interpretazione autorevole e comprensione individuale «Nella nostra Fede viene fatta una chiara distinzione fra l’interpretazione autorevole e l’interpretazione o la comprensione cui ciascuno può arrivare individualmente attraverso lo studio dei suoi insegnamenti. Mentre quella è limitata al Custode, questa, secondo la guida dataci dal Custode stesso, non deve assolutamente essere soppressa. Di fatto ogni interpretazione individuale è considerata il frutto del potere razionale dell’uomo e apportatrice di una migliore comprensione degli insegnamenti, purché fra gli amici non sorgano dispute o discussioni e ciascuno comprenda e chiarisca che le opinioni individuali sono solo individuali; esse cambiano continuamente man mano che le persone crescono nella comprensione degli insegnamenti. Come Shoghi Effendi scrisse: “Approfondirsi nella Causa significa leggere gli Scritti di Bahá’u’lláh e del Maestro in modo così esauriente da essere capaci di offrirli agli altri nella loro forma pura. Molti hanno un’idea superficiale di ciò che significhi la Causa e quindi la presentano con ogni sorta di idee personali. Ma ora che essa è agli albori dobbiamo evitare di cadere in un simile errore e recar così offesa e danno al Movimento che adoriamo. Non vi sono limiti allo studio della Causa. Maggiormente ci applichiamo nella lettura degli Scritti, maggiore il numero di verità che vi scopriamo, più ci rendiamo conto di quanto fossero erronee le nostre precedenti nozioni”. Perciò, le intuizioni individuali, anche se illuminanti e utili, talvolta possono essere fuorvianti. Gli amici, quindi, devono imparare ad ascoltare le opinioni altrui senza lasciarsene intimidire o senza essere scossi nella loro fede e ad esprimere i propri punti di vista senza imporli agli altri bahá’í. La Causa di Dio è organica, cresce e si sviluppa come un essere vivente. Ha più volte affrontato crisi che hanno confuso i credenti, ma ogni volta la Causa, spinta dall’immutabile scopo di Dio, ha superato la crisi e raggiunto vette più alte.» (Da una lettera del 27 maggio 1966 scritta dalla Casa Universale di Giustizia ad un credente. Compilazione “Casa Universale di Giustizia”, p. 58, n. 43, lett. o) 1053. In questo Giorno Dio ha ordinato che la guida venga accordata all’uomo tramite istituzioni « ...Considerato che in questo giorno la guida - per bontà di Dio e per l’intrinseca natura della Rivelazione di Bahá’u’lláh - è stata accordata all’uomo tramite istituzioni di questo mondo, quali il Custodiato oggi e la Casa Universale di Giustizia in futuro, i singoli individui non sono abilitati ad interpretare gli Insegnamenti e non hanno alcun diritto di pretendere speciali ranghi.» (Da una lettera del 13 dicembre 1955 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1054. Futuri Custodi «Gli scritti menzionano e prevedono chiaramente futuri Custodi, ma non v’è alcuna promessa o garanzia che le linea dei Custodi continui per sempre; al contrario, vi sono chiare indicazioni che la linea potrebbe interrompersi. Tuttavia, nonostante questo, negli Scritti è ripetuto con insistenza il concetto della indistruttibilità del Patto e dell’immutabilità del Progetto di Dio per questi Giorni. Uno dei passi più singolari che fanno intravedere la possibilità di tale interruzione nella linea dei Custodi, si trova nel Kitáb-i-Aqdas: “Le donazioni dedicate alla carità sono devolute a Dio, il Rivelatore dei Segni. Nessuno ha il diritto di disporne senza il permesso di Colui Che è l’Oriente della Rivelazione. Dopo di Lui, questa autorità passerà agli Aghsán e dopo di loro alla Casa di Giustizia, se in quel momento sarà stata stabilita nel mondo, sì che usino queste donazioni a beneficio dei Luoghi che sono stati magnificati in questa Causa e per ciò che è stato loro ingiunto da Colui Che è il Dio della possanza e del potere. Altrimenti le donazioni spetteranno alla gente di Bahá che non parla senza il Suo permesso e non giudica se non conforme a ciò che Dio ha ordinato in questa Tavola – ecco, essi sono campioni di vittoria fra cielo e terra – affinché li usino come Dio, il Possente, il Munifico ha decretato nel Libro. [Il Kitáb-i-Aqdas, Casa Editrice Bahá’í, Roma 1995, paragrafo 42]» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia alle Mani della Causa, al Corpo dei Consiglieri Continentali e alle Assemblee Spirituali Nazionali del 7 dicembre 1969) 1055. Al Custode è assicurata la guida di Bahá’u’lláh e del Báb «Le istruzioni inviate a nome del Custode sono vincolanti come se fossero sue parole, nonostante - ovviamente - non lo siano effettivamente. L’infallibilità del Custode riguarda l’interpretazione della Parola Rivelata e la sua applicazione. Analogamente, occorre obbedire ciecamente a qualunque istruzione possa dare riguardo la protezione della Fede o il suo benessere, poiché egli è infallibile in materia. A lui, come chiaramente rivelato nelle Ultime Volontà e Testamento di ‘Abdu’l-Bahá, è assicurata la guida sia di Bahá’u’lláh che del Báb.» (Da una lettera del 20 agosto 1956 scritta a nome del Custode ad un credente) 1056. Il Custode è l’interprete della Parola: la Verità Divina è relativa «I testamenti di Bahá’u’lláh e del Maestro indicano chiaramente ed esplicitamente che l’Interprete della Parola era il Centro del Patto e ora il Custode. Non esistono altri Interpreti e nessuno può arrogarsi il diritto di interpretare; ciò è tassativamente proibito. La Verità Divina è relativa; ecco perché siamo invitati a indirizzare continuamente il ricercatore verso la Parola e perché le spiegazioni che diamo per facilitare il viaggio dell’anima di una persona devono basarsi sulla Parola - e sulla Parola soltanto.» (Da una lettera del 4 giugno 1957 scritta a nome del Custode all’ Assemblea Spirituale Nazionale del Canada. Parzialmente in compilazione “Insegnamento”, p. 47, n. 112) 1057. Il Custodiato non perde di significato o rango perché non c’è un Custode vivente «Per tutta la durata di trentasei anni del suo ministero, Shoghi Effendi operò senza la Casa Universale di Giustizia. Ora è la Casa Universale di Giustizia che deve operare senza il Custode, ma il principio della inseparabilità rimane. Il Custodiato non perde significato o rango nell’Ordine di Bahá’u’lláh perché non c’è un Custode vivente. Dobbiamo astenerci dai due estremi: uno è pensare che, assente un Custode, tutto ciò che è scritto o detto sul Custodiato e sulla sua posizione nell’Ordine Mondiale Bahá’í sia lettera morta e senza importanza; l’altro è quello di essere sopraffatti dal significato del Custodiato da sottovalutare la forza del Patto o di scendere a compromessi con un testo estremamente chiaro così da trovare, in qualche modo, un «Custode».» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia scritta a un credente il 27 maggio 1966) 1058. Il rango di Custode non potrà essere preteso prima del passare di mille anni «Il mio scopo è il seguente, che prima dello scadere di mille anni nessuno ha il diritto di pronunziare una sola parola e anche di pretendere il rango di Custode. Il Libro più Santo è il Libro cui tutti si devono rivolgere e in esso sono state rivelate le Leggi di Dio. Per quelle non menzionate nel Libro ci si rivolgerà alla decisione della Casa Universale di Giustizia…» (‘Abdu’l-Bahá- Persian and Arabic Tablets, Vol. III, pp. 499-501: citato dalla Casa Universale di Giustizia in una lettera del 9 Mirza 1965 all’Assemblea Spirituale Nazionale dei Paesi Bassi:Wellspring of Guidance, p. 47) C. La Casa Universale di Giustizia 1059. La Casa Universale di Giustizia è stata istituita dal Fondatore della Fede « ...In esso (Kitáb-i-Aqdas) Egli ordina formalmente l’istituzione della «Casa di Giustizia«…e chiama i suoi membri «Uomini di Giustizia», «Rappresentanti di Dio», « Fiduciari del Misericordiosissimo,...» (Bahá’u’lláh: citato in “Dio passa nel mondo”,Casa Editrice Bahá’í, Roma 2004, p.216) 1060. Vertici dell’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh «…Vi sono dichiarazioni del Maestro e del Custode che indicano che la Casa Universale di Giustizia, oltre ad essere la suprema istituzione legislativa della Fede, è anche l’istituzione a cui tutti si devono rivolgere, il vertice dell’Ordine Amministrativo Bahá’í e l’organo supremo del Commonwealth Bahá’í.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia del 27 maggio 1966 a un credente) 1061. Funzioni legislative «Il governo è il centro del potere esecutivo mentre quello legislativo è nelle mani di uomini ponderati e saggi. D’altronde se questi saldi pilastri e solide basi non sono complete e di vasta portata, come si può pensare che per la nazione vi sarà sicurezza e salvezza? Ma poiché in questi ultimi tempi tale eccellenza è rara, il governo e la nazione tutta hanno estremo bisogno di direttive giuste e perspicaci. È quindi della massima importanza formare un’assemblea di dotti che, eruditi nelle differenti scienze e capaci i di orientarsi fra le necessità presenti e future, risolva le problematiche con pazienza e fermezza. Tutti gli affari civili e la legislazione delle norme materiali relative ai sempre maggiori bisogni di un’umanità illuminata, competono alla Casa di Giustizia. Questa Casa di Giustizia sarà non solo un’istituzione legislativa secondo lo spirito e le necessità dei tempi, ma anche un comitato arbitrale per la composizione di tutti i dissidi che sorgano tra i popoli. Quando’essa sarà organizzata, i suoi membri si sforzeranno al massimo per l’instaurazione di una maggiore cordialità e unione fra le nazioni. Le Leggi di Bahá’u’lláh sono le immutabili e organiche leggi della Casa Universale di Giustizia. Sono le uniche basi su cui si potrà costruire la struttura di una legislazione complementare…Ripeto, di nuovo, che la Casa di Giustizia, sia nazionale o universale, detiene soltanto il potere legislativo e non quello esecutivo…» (Parole di ‘Abdu’l-Bahá citate in Star of the West, Vol.VII,n. 15, pp. 138,9) 1062. Il processo legislativo «Gli amici devono comprendere che la Casa Universale di Giustizia, prima di legiferare su qualsiasi materia, studia attentamente e approfonditamente sia i Testi Sacri sia gli scritti di Shoghi Effendi sull’argomento. Le interpretazioni scritte dall’amato Custode coprono una vasta gamma di soggetti e sono altrettanto vincolanti dei Testi stessi… ….L’unità della dottrina è mantenuta dall’esistenza dei testi autentici delle Scritture e dalle voluminose interpretazioni di ‘Abdu’l-Bahá e di Shoghi Effendi, dall’assoluto divieto per tutti di pronunciare interpretazioni “autorevoli” o “inspirate” e di usurpare la funzione di Custode. L’unità amministrativa è assicurata dalla Casa Universale di Giustizia.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dei Paesi Bassi del 9 Mirza 1965: Wellspring of Guidance, pp. 52,3) «Come già detto agli amici, lo studio attento degli Scritti e delle interpretazioni su qualsiasi materia su cui la Casa Universale di Giustizia si propone di legiferare, precede sempre i suoi atti legislativi. La Casa Universale di Giustizia, in secondo luogo, anch’essa munita di guida divina, è ben consapevole dell’assenza del Custode e si accosterà a determinati aspetti della legislazione soltanto quando certa della sua sfera di giurisdizione, una sfera che il Custode ha fiduciosamente descritto “definite chiaramente…» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a un credente del 27 maggio 1966: Ibidem, p. 84) «Conoscere qualche processo seguito dalla Casa Universale di Giustizia quando legifera, aiuterà senz’altro gli amici a comprendere questa relazione. Per prima cosa, naturalmente, si osserva la massima scrupolosità nello studio dei Testi Sacri, delle interpretazioni del Custode e si considerano i pareri di tutti i membri. Dopo una lunga consultazione si da il via al processo decisionale. Durante esso l’intera materia può essere riconsiderata. Quale risultato di questa riconsiderazione il giudizio finale può essere significativamente diverso dalla conclusione precedentemente favorita e può anche accadere di non legiferare per niente su qual particolare argomento in quel momento. (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a un credente del 7 dicembre 1969:Messages of The Universal House of Justice, 1968-1973, p. 40) 1063. Riveste funzioni generali di protezione e di amministrazione della Causa «La Casa Universale di Giustizia, oltre alla sua funzione legislativa, è stata anche investita con le funzioni più vaste di proteggere e amministrare la Causa, risolvendo problematiche oscure e decidendo su materie che hanno causato delle differenze….» (Ibidem, pp. 38,9) 1064. L’infallibilità della Casa Universale di Giustizia non è condizionata alla presenza del Custode «L’infallibilità della Casa Universale di Giustizia, operante nella sfera di sua competenza, non è condizionata alla presenza del Custode della Causa fra i suo16i membri. Benché nell’ambito dell’interpretazione i pronunciamenti del Custode siano sempre vincolanti, nell’ambito della partecipazione del Custode alla legislazione è sempre la decisione della Casa che deve prevalere. Questo è suffragato dalle parole del Custode: “L’interpretazione del Custode, operante nella sua sfera d’azione, ha la stessa autorità ed è altrettanto vincolante quanto le decisioni della Casa Universale di Giustizia, la quale ha il diritto esclusivo e la prerogativa di esprimere i giudizi e promulgare le decisioni finali su quelle leggi e ordinamenti che Bahá’u’lláh non abbia espressamente rivelati. Nessuna delle due istituzioni potrà né‚ vorrà mai violare il sacro dominio assegnato all’altra, né cercherà di sminuire la specifica e indubbia autorità di cui entrambe sono state divinamente dotate”.» (Da una lettera del 27 maggio 1966 scritta dalla Casa Universale di Giustizia ad un credente. Compilazione “La Casa Universale di Giustizia”, p. 52, lett. i) 1065. Alla Casa di Giustizia è conferita l’infallibilità «Riassumendo: l’infallibilità essenziale appartiene specialmente alle supreme Manifestazioni e l’infallibilità acquisita è concessa ad ogni anima santa. Ad esempio, la Casa Universale di Giustizia, se verrà stabilita nelle condizioni necessarie - con membri eletti da tutti i popoli -, sarà sotto la protezione e l’infallibile guida di Dio. Se questa Casa di Giustizia deciderà all’unanimità, o a maggioranza, su ogni problema non menzionato nel Libro, le decisioni e gli ordini saranno esenti dall’errore. Ora, i membri della Casa di Giustizia non hanno, individualmente, un’infallibilità essenziale; ma il corpo della Casa di Giustizia è sotto la protezione e l’infallibile guida di Dio: questa è chiamata infallibilità conferita.» (‘Abdu’l-Bahá: Le lezioni di San Giovanni d’Acri, pp. 219-220) 1066. Diritto della Casa di Giustizia di dedurre leggi sussidiarie dal Testo Originale «Quanto al bisogno di trarre deduzioni dagli Scritti, per aiutare la formulazione dei decreti della Casa di Giustizia, c’è il seguente testo scritto da ‘Abdu’l-Bahá: “Gli argomenti di maggiore importanza che costituiscono le fondamenta della Legge di Dio sono esplicitamente menzionati nel Testo, ma le leggi sussidiarie sono lasciate alla Casa di Giustizia. La saggezza di ciò è che i tempi non rimangono mai gli stessi, perché il cambiamento è una qualità necessaria e un attributo essenziale di questo mondo, del tempo e dello spazio. Perciò la Casa di Giustizia agirà in conformità. Non s’immagini che la Casa di Giustizia deciderà alcunché secondo i propri concetti e opinioni. Dio non voglia! La Suprema Casa di Giustizia prenderà decisioni e stabilirà leggi grazie all’ispirazione e alla confermazione dello Spirito Santo, perché è salvaguardata, custodita e protetta dall’Antica Bellezza e l’obbedienza alle sue decisioni è un sacro ed essenziale dovere nonché un obbligo assoluto, cui nessuno può sfuggire”.» (Da una lettera del 27 maggio 1966 scritta dalla Casa Universale di Giustizia ad un credente. Compilazione “La Casa Universale di Giustizia”, p. 54, lett. l) 1067. Nell’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh certe funzioni sono riservate a determinate istituzioni «Nell’Ordine di Bahá’u’lláh vi sono certe funzioni riservate a determinate istituzioni e altre che vengono condivise, anche se appartengono più specificamente alla competenza di una piuttosto che di un’altra. Per esempio, benché le Mani della Causa di Dio abbiano il compito specifico della protezione e della propagazione e siano specializzate in questa funzione, anche la Casa Universale di Giustizia e le Assemblee Spirituali hanno il dovere di proteggere ed insegnare la Causa - in verità l’insegnamento è un sacro obbligo che Bahá’u’lláh ha imposto a ogni credente. Similmente, benché dopo il Maestro l’autorevole interpretazione fosse stata affidata esclusivamente al Custode, e benché il potere legislativo sia compito esclusivo della Casa Universale di Giustizia, tuttavia queste due Istituzioni sono, secondo le parole di Shoghi Effendi, “complementari nella loro natura e scopo”. “Il loro fondamentale e comune obiettivo è quello di assicurare la continuità dell’autorità divinamente stabilita che fluisce dalla Sorgente della nostra Fede, di salvaguardare l’unità dei suoi seguaci e mantenere l’integrità e la flessibilità dei suoi insegnamenti”. Per quanto la Casa Universale di Giustizia non possa assumere alcuna funzione che appartenga esclusivamente al Custode, deve tuttavia continuare a perseguire lo scopo che condivide con il Custodiato.» (Ibidem. Compilazione “La Casa Universale di Giustizia”, p. 55,lett. m) 1068. Le decisioni e le leggi della Casa Universale di Giustizia sono ispirate e confermate dallo Spirito Santo- Questa esclusiva Autorità impedirà gli errori delle passate Dispensazioni «Dì, o gente: Invero la Suprema Casa di Giustizia è sotto le ali del vostro Signore, il Compassionevole, il Misericordioso; cioè è sotto la Sua protezione e le Sue cure e nel Suo rifugio, per cui Egli ha comandato ai saldi credenti di obbedire a questa istituzione benedetta, santificata, che tutti soggioga, la cui sovranità è ordinata da Dio e proviene dal Regno dei Cieli, e le cui leggi sono ispirate e spirituali. In breve, è qui la saggezza di deferire le leggi della società alla Casa di Giustizia. Anche nella religione dell’ Islam, non tutte le leggi erano state esplicitamente rivelate; nemmeno la centesima era inclusa nel Testo; esso conteneva riferimenti specifici a tutte le questioni di maggiore importanza, ma indubbiamente migliaia di leggi restavano indeterminate. Queste furono formulate da teologi di età successive in conformità con le leggi della giurisprudenza islamica, e dalle originali ordinanze i singoli teologi trassero deduzioni contrastanti, che furono poi tutte applicate. Oggi, questo processo di deduzione appartiene di diritto all’istituzione della Casa di Giustizia e, senza la sua approvazione, deduzioni e conclusioni di uomini dotti non hanno alcuna autorità. La differenza è precisamente questa: dalle conclusioni e approvazioni dell’istituzione della Casa di Giustizia - i cui membri sono eletti e conosciuti dalla comunità mondiale bahá’í - non sorgeranno divergenze, mentre conclusioni personali di dotti e studiosi porterebbero sicuramente a divergenze e ne conseguirebbero scismi, divisioni e dispersioni. L’unità del Mondo sarebbe distrutta, l’unità della Fede sparirebbe e l’edificio della Fede di Dio vacillerebbe”.» (Dalle Ultime Volontà e Testamento di ‘Abdu’l-Bahá, citato nella lettera 27 maggio 1966 scritta dalla Casa Universale di Giustizia ad un credente. Compilazione “La Casa Universale di Giustizia”, pp. 54-55, lett. 1) 1069. Il Patto è la forte corda cui tutti devono aggrapparsi «Per quanto grande possa essere la nostra incapacità di comprendere il mistero e le implicazioni del trapasso di Shoghi Effendi, la forte corda cui dobbiamo aggrapparci fiduciosi è il Patto. Il solenne e vigoroso linguaggio delle Volontà e Testamento di ‘Abdu’l-Bahá è in questo momento, come al momento del Suo trapasso, la salvaguardia della Causa: “Tutti dovranno fare riferimento al Libro Più Sacro e tutto ciò che non è specificatamente annotato in esso deve essere riferito alla Casa Universale di Giustizia. Tutto ciò che questo corpo deciderà, sia all’unanimità, sia a maggioranza, sarà in realtà la verità e il fine di Dio. Chiunque devia da esso appartiene invero a coloro che amano la discordia, danno prova di malizia e volgono le spalle al Signore del Patto”. E inoltre: “Tutti devono cercare la guida volgendosi al Centro della Causa e alla Casa di Giustizia. E colui che si rivolge a qualsiasi altra cosa è, in verità, in fatale errore”.» (Da una lettera del 27 maggio 1966 scritta dalla Casa Universale di Giustizia ad un credente. Compilazione “La Casa Universale di Giustizia”, p. 59, lett. p) 1070. La Casa Universale di Giustizia è “l’estremo rifugio di una civiltà vacillante «La Casa Universale di Giustizia, che il Custode disse sarebbe stata considerata dalla posterità come “l’estremo rifugio di una civiltà vacillante/, è oggi, nell’assenza del Custode, la sola istituzione infallibilmente guidata nel mondo alla quale tutti devono rivolgersi, e ad essa compete la responsabilità di assicurare l’unità e il progresso della Causa di Dio in accordo con la Parola rivelata. Vi sono dichiarazioni del Maestro e del Custode indicanti che la Casa Universale di Giustizia, oltre ad essere il più alto organo legislativo della Fede, è anche l’istituzione alla quale tutti devono volgersi ed è “l’apice” dell’Ordine Amministrativo Bahá’í, così com’è “il supremo organo della Confederazione bahá’í”. Il Custode ha specificato nei suoi scritti che la Casa di Giustizia ha alcune funzioni fondamentali come la formulazione dei futuri piani mondiali d’insegnamento, la conduzione degli affari amministrativi della Fede e la guida, l’organizzazione e l’unificazione degli affari della Causa nel mondo. Inoltre in “Dio passa nel mondo” il Custode fa la seguente dichiarazione: “Il Kitáb-i-Aqdas”.. non solo preserva per i posteri le leggi e le disposizioni basilari sulle quali deve poggiare il complesso del Suo futuro Ordine Mondiale, ma stabilisce, in aggiunta alla funzione di interpretazione che conferisce al Suo successore, le istituzioni necessarie attraverso le quali soltanto può essere salvaguardata l’integrità e l’unità della Sua Fede”. Egli ha inoltre scritto nella “Dispensazione di Bahá’u’lláh” che i membri della Casa Universale di Giustizia “e non già il corpo degli elettori diretti o indiretti, sono stati designati quali depositari della guida divina, che è nello stesso tempo linfa vitale e salvaguardia finale di questa Rivelazione”.» (Ibidem. Compilazione “La Casa Universale di Giustizia”, pp. 59-60, lett. p) 1071. I Successori prescelti di Bahá’u’lláh e di ‘Abdu’l-Bahá «….Hanno…con parole inequivocabili e vigorose, designato le due istituzioni gemelle della Casa Universale di Giustizia e del Custodiato come loro Successori prescelti, destinati a mettere in azione i principi, a promulgare le leggi, a proteggere le istituzioni, ad adattare la Fede, con senso di lealtà e spirito d’intelligenza, alle esigenze di una società in continuo progresso, e a dare infine compimento all’incorruttibile retaggio che i Fondatori della Fede hanno legato al mondo.« (Shoghi Effendi, L’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh, Casa Editrice Bahá’í, Roma 1982, p. 20) 1072. La Casa Universale di Giustizia ha compiti esecutivi, giudiziari e legislativi «Mentre in definitiva la principale funzione della Casa Universale di Giustizia sarà quella legislativa, essa ha una perenne responsabilità per le sue funzioni esecutive e giudiziali. Quindi non è esatto riferirsi ai membri della Causa di Giustizia come a “legislatori”, anche se è comprensibile il desiderio di adottare appellativi semplici piuttosto che complessi.» (Da una lettera del 19 maggio 1985 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Grenada) 1073. Impossibilità di nominare il successore di Shoghi Effendi o altre Mani della Causa «Come è stato già annunciato, la Casa Universale di Giustizia non può legiferare in modo da permettere la designazione di un successore di Shoghi Effendi, né‚ può legiferare in modo da permettere la nomina di altre Mani della Causa, ma deve fare tutto quello che è in suo potere per assicurare lo svolgimento di tutte le funzioni che essa condivide con queste due possenti istituzioni. Deve preparare il futuro e appropriato svolgimento delle funzioni della propagazione e della protezione che gli organi amministrativi condividono con il Custodiato e con le Mani della Causa. In assenza del Custode deve ricevere e spendere l’?uqúqu’lláh in conformità con la seguente disposizione di ‘Abdu’l-Bahá: “La cessione, totale o parziale, dell’?uqúq è lecita, ma solo col permesso dell’autorità nella Causa alla quale tutti devono rivolgersi”. Deve prevedere nella sua costituzione la rimozione di chiunque fra i suoi membri commetta una colpa “che danneggi il bene comune”. Soprattutto deve proclamare, con perfetta fede in Bahá’u’lláh, la Sua Causa e applicare la Sua legge, così che la Più Grande Pace sia fermamente instaurata in questo mondo e la fondazione del Regno di Dio sulla terra sia un fatto compiuto.» (Da una lettera del 27 maggio 1966 scritta dalla Casa Universale di Giustizia ad un credente. Compilazione “La Casa Universale di Giustizia”, p. 60, lett. p) D. Tribunale Supremo 1074. Elemento della Pace Minore «Il Tribunale Supremo è un aspetto del Superstato mondiale; al momento non possiamo prevedere l’esatta natura della sua relazione con tale Stato. Tribunale Supremo è la traduzione corretta; sarà un elemento determinante nell’instaurazione della Pace minore.» (Da una lettera scritta per conto del Custode a un credente il 19 novembre 1945: Bahá’í News, n. 210, agosto 1948, p. 3) 1075. Il Tribunale supremo adempirà al compito di instaurare la pace universale «….la questione della pace universale, a proposito della quale Bahá’u’lláh dice che bisogna istituire il Tribunale Supremo….Il Tribunale Supremo che Bahá’u’lláh ha descritto adempierà questo sacro compito con perfetta possanza e forza. E il Suo piano è questo: che le assemblee nazionali di ogni Paese e nazione – cioè i parlamenti – eleggano due o tre persone che siano le più squisite di quella nazione, e siano bene informate sulle leggi internazionali e sui rapporti fra i governi e consapevoli degli attuali essenziali bisogni dell’umanità. Il numero di questi rappresentanti deve essere proporzionale al numero egli abitanti del Paese. L’elezione di queste persone che sono scelte dall’assemblea nazionale, cioè dai parlamenti, dev’essere confermata dalla camera alta, dal congresso e dal consiglio dei ministri, nonché dal presidente o dal monarca, sì che esse possano essere gli eletti di tutta la nazione e del governo. Il Tribunale Supremo sarà composto da queste persone e tutta l’umanità perciò vi avrà parte, perché ciascuno di questi delegati rappresenterà pienamente la propria nazione. Quando il Tribunale Supremo impartirà un’ordinanza su una questione internazionale, all’unanimità o per voto di maggioranza, non vi saranno più pretesti per il querelante o spazio per le obiezioni dell’imputato. Nel caso uno dei governi o delle nazioni sia negligente o lento nell’esecuzione dell’inappellabile decisione del Tribunale Supremo, le altre nazioni insorgeranno contro di esso, perché colonne di questo Tribunale Supremo sono tutti i governi e le nazioni del mondo. Pensate quale solida base…!» (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, Casa Editrice Bahá’í, Roma 1987, pp. 286/7) 1076. La missione del Tribunale Supremo è prevenire le guerre «Un Tribunale Supremo sarà eletto dai popoli e dai governi di ogni nazione e i suoi membri, d’ogni paese e governo, si riuniranno in armonia. Tutte le dispute saranno portate innanzi a questo Tribunale la cui missione sarà di prevenire le guerre”. “Un Tribunale Supremo dovrà essere fondato dai popoli e dai governi di tutte le nazioni, un Tribunale composto di membri eletti da ogni paese e governo. I membri di questo Grande Consesso dovranno riunirsi in perfetta unità. Tutte le dispute di carattere internazionale dovranno essere sottoposte a questo Tribunale il cui compito consisterà nell’arbitrare qualsiasi dissidio che potrebbe essere causa di guerra. La missione di questo Tribunale sarebbe quindi quella di prevenire le guerre”. » (‘Abdu’l-Bahá: La Saggezza di ‘Abdu’l-Bahá, pp. 161-193) 1077. Esecutivo Internazionale – Un passo verso il Governo Mondiale Bahá’í «A proposito dell’Esecutivo internazionale menzionato da Shoghi Effendi nel suo “Verso un Nuovo Ordine Mondiale” si deve rilevare che questa affermazione non si riferisce assolutamente al futuro Commonwealth bahá’í, ma semplicemente a quel governo mondiale che anticiperà l’avvento e che condurrà alla fondazione dell’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh. La formazione di questo Esecutivo internazionale, che corrisponde ai capi o ai consigli esecutivi degli attuali sistemi di governo, non è altro che un passo verso il governo mondiale bahá’í del futuro e non deve essere quindi confuso con l’istituzione del Custodiato o con la Casa Universale di Giustizia.» (Da una lettera scritta per conto del Custode a un credente il 17 Mirza 1934) E. Mani della Causa di Dio 1078. L’Istituzione dei «dotti» «….l’amato Custode ha scritto il 4 novembre 1931: “In questo santi ciclo i ‘dotti’ sono, da un lato, le Mani della Causa di Dio e, dall’altro, gli insegnanti e i propagatori dei Suoi insegnamenti che pur non possedendo il rango di Mani, hanno raggiunto un’eminente posizione nel campo dell’insegnamento. In quanto ai ‘governanti’ ci si riferisce ai membri delle Assemblee Locali, Nazionali e ai componenti della Casa Universale di Giustizia. I compiti di ciascun’anima saranno definiti in futuro.»(Tradotto dal persiano). Le Mani della Causa di Dio, i Consiglieri e i membri dei Consigli Ausiliari rientrano nella definizione di ‘dotti’ data dall’amato Custode. Sono pertanto intimamente collegati è non è sbagliato riferirsi ai tre ranghi come a un’unica istituzione. Rimangono comunque istituzioni separate…» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia al Corpo dei Consiglieri Continentali e alle Assemblee Spirituali Nazionali del 24 aprile 1972: Messages from The Universale House of Justice, 1968-1973, p. 92) 1079. Le Mani della Causa di Dio non ereditano rango o titolo «…In questa dispensazione le Mani della Causa non ereditano rango o titolo. Al contrario sono persone santificate e i raggi della loro santità e spiritualità profondono luce sulla mente della gente. I cuori sono attratti dalla bellezza delle loro qualità morali, la sincerità delle intenzioni e il senso di equità e giustizia. Le anime sono involontariamente innamorate della rimarchevole moralità e delle lodevoli qualità; i volti si volgono spontaneamente ai loro segni e manifeste evidenze. Non è un titolo ottenibile da chiunque lo desideri né una carica onorifica dispensabili a chiunque. Le Mani della Causa sono le Mani di Dio. Chiunque sia promotore e servitore nel regno di Dio, sarà una Mano di Dio. L’oggetto è lo spirito e non la lettera della parole. Più uno si sacrifica, più sarà assistito nella Causa di Dio e tanto più sarà docile e umile, sarà vicino a Dio.» (‘Abdu’l-Bahá, Mahmoud’s Diary, pp., 29,30) 1080. Tavola rivelata per le Mani della Causa «La Mia lode ed i Miei saluti si posino sulle stelle del cielo della Tua Conoscenza – le Mani della Tua Causa – coloro che hanno ruotato attorno alla Tua Volontà, che non hanno profferito verbo se non con il Tuo permesso e che non si sono aggrappati a nulla tranne che all’orlo della Tua veste. Essi sono i servi la cui menzione e lode sono annotate nelle Sacre Scritture, nei Tuoi Libri e nelle Tue Tavole, ove sono esaltati i loro servigi, le loro vittorie e i loro nobili propositi. Per mezzo loro le insegne della Tua unità sono state innalzate nelle Tue città e nei Tuoi reami, e le bandiere della Tua santità sono state issate nel Tuo Regno. Essi non pronunciano una sola parola su qualsiasi argomento prima che Tu abbia parlato, poiché le loro orecchie sono tese all’ascolto del Tuo Comando e i loro occhi sono ansiosi di testimoniare lo splendore del Tuo Volto. Essi sono i servi che sono stati privilegiati, hanno ottenuto la Tua benevolenza e si sono levati nella Tua Causa. I popoli del mondo, gli abitatori del Regno, del Paradiso e del Superno Reame e, oltre a loro, la Lingua della Grandezza li salutano. Lode sia a Te, o mio Dio, ché mi hai aiutato a far menzione di loro, a elogiare loro e il loro rango nella Tua Causa e nei Tuoi giorni. Non v’è altro Dio all’infuori di Te, l’Estimatore, il Sapientissimo, il Saggio. (Tavola di Bahá’u’lláh, tradotta in Terra Santa, pubblicata nel Bahá’í News, n. 420, p. 2, Mirza 1966) 1081. Istituzione ausiliare del Custodiato «L’istituzione delle Mani della Causa nacque al tempo di Bahá’u’lláh e quando ‘Abdu’l-Bahá proclamò e fondò nel Suo Testamento, l’Ordine amministrativo, divenne un’istituzione ausiliare del Custodiato. I Consigli Ausiliari a loro volta, furono istituiti da Shoghi Effendi quali istituzioni ausiliare delle Mani della Causa.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ai Corpi Continentali dei Consiglieri e alle Assemblee Spirituali Nazionali del 24 aprile 1972: Messaggi dalla Casa Universale di Giustizia, 1968-1973, p. 92) 1082. Funzioni delle Mani della Causa «L’istituzione delle Mani della Causa di Dio, investite nei Sacri Testi della duplice funzione di proteggere e propagare la Fede, ha una particolare e vitale responsabilità. Nel loro ruolo di protettori della Fede, le Mani continueranno ad agire per espellere i Violatori del Patto e a riammettere i pentiti sinceramente, dietro approvazione, in ogni caso, della Casa Universale di Giustizia.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutti i seguaci di Bahá’u’lláh del mondo dell’ottobre 1963:Wellspring of Guidance, pp. 13-14) 1083. L’autorità di espellere e riammettere è esercitata dalle Mani della Causa «L’autorità di espellere e riammettere sarà esercitata dalle Mani della Causa di Dio, dietro approvazione per ogni caso della Casa Universale di Giustizia. Quando un membro del Corpo Continentale dei Consiglieri viene a sapere di una probabile violazione del Patto, il caso deve essere riportato immediatamente alla Mano della Causa disponibile per quell’area che lo esaminerà. Una copia della relazione sarà da inviarsi alle Mani della Causa in Terra Santa e agli altri membri del Corpo. Se non ci fosse alcuna Mano della Causa nell’area, la relazione sarà da inviarsi alle Mani della Causa in Terra Santa e per conoscenza, agli altri membri del Corpo e in tale caso saranno le Mani della Causa in Terra Santa che prenderanno in esame quel caso. Questa relazione dovrà contenere i particolari di quanto già fatto. La riammissione del Violatore seguirà una procedura similare. (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia al Corpo Continentale dei Consiglieri del 24 giugno 1968). 1084. Prerogative e obblighi delle Mani della Causa quando si consultano con i Corpi dei Consiglieri e le Assemblee Nazionali «Le Mani della Causa hanno prerogative e obblighi quando si consultano con i Corpi Continentali dei Consiglieri e le Assemblee Spirituali Nazionali o con qualsiasi altro soggetto che, dal loro punto di vista, sia coinvolto negli interessi della Causa…. ….La Casa Universale di Giustizia si rivolgerà loro per conferire speciali missioni per suo conto, per essere rappresentata durante occasioni bahá’í o meno e per essere informata del benessere della Causa….opereranno sempre più a livello intercontinentale, fattore che darà un formidabile impulso alla diffusione nel mondo bahá’í della ispirazione spirituale da loro veicolata perché sono i luogotenenti principali dell’embrionico Commonwealth mondiale di Bahá’u’lláh.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a i bahá’í del mondo del 24 giugno 1968:Wellspring of Guidance, pp. 142-143) 1085. Non è consono che servano nelle istituzioni amministrative «Il rango esaltato e le peculiari funzioni delle Mani della Causa di Dio fanno sì che non sia loro consono essere eletti o nominati nelle istituzioni amministrative o alle convenzioni nazionali. È inoltre, desiderio loro e della Casa Universale di Giustizia che siano libere di dedicare le proprie energie ai compiti vitali loro conferiti negli Scritti sacri….» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a i bahá’í del mondo del novembre 1964:Wellspring of Guidance, p. 42) 1086. Il rango e lo status delle Mani della Causa di Dio «Il rango e lo status delle Mani della Causa sono superiori a quelli delle Assemblee Nazionali. Quindi scrivendo riguardo le Mani, riferendosi alle Istituzioni della Fede, dopo il Custode*, devono essere menzionate le Mani e poi i corpi nazionali. Questi non devono male interpretare il vero rango delle Mani, solo perché il Custode attualmente ne ha limitato le funzioni, privilegiando quella di aiutare le istituzioni nazionali a raggiungere le mete della Crociata Decennale. Dette istituzioni, ove sia necessaria assistenza per l’insegnamento, ecc., devono rivolgersi alle Mani, di modo che Esse, insieme con i Corpi Ausiliari, possano dare la massima assistenza. (Da una lettera del 30 aprile 1957 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) - *(e la Casa Universale di Giustizia) F. Centro Internazionale d’Insegnamento 1087. Fondazione e compiti del Centro Internazionale d’Insegnamento «Adesso è il momento giusto per la fondazione del Centro Internazionale d’Insegnamento, viluppo permetterà contemporaneamente l’utilizzo delle attività delle Mani della Causa che vivono in Terra Santa e il suo futuro sviluppo, un legame sempre più stretto fra le Mani della Causa e l’istituzione dei Corpi Continentali dei Consiglieri e un poderoso rafforzamento del disbrigo delle sempre maggiori responsabilità della Casa Universale di Giustizia. I compiti assegnati sono i seguenti: - Coordinare, stimolare e dirigere le attività dei Corpi Continentali dei Consiglieri e fungere da unione con la Casa Universale di Giustizia: - Essere pienamente informati della situazione della Causa in tutto il mondo e redigere, con tale conoscenza, rapporti e raccomandazioni alla Casa Universale di Giustizia e dare consigli ai Corpi Continentali dei Consiglieri. - Essere ben attenti alle possibilità, esterne o interne alla comunità bahá’í, di aumento del lavoro di insegnamento nelle aree ricettive e bisognose e di sollecitare l’attenzione della Casa Universale di Giustizia e dei Corpi Continentali dei Consiglieri su di esse, facendo raccomandazioni sulle azioni. - Determinare e anticipare le necessità di letteratura, pionierismo e insegnanti viaggianti, redigere piani di insegnamento, regionali e globali, per l’approvazione della Casa Universale di Giustizia. Tutti le Mani della Causa saranno componente del Centro Internazionale d’Insegnamento. Ogni Mano sarà regolarmente informata delle attività del Centro per mezzo dei rapporti o copie dei verbali e le sarà possibile, ovunque risieda o viaggi, di dare suggerimenti, raccomandazioni o informazioni e, quando in Terra Santa, partecipare alla consultazione e alle altre attività del Centro.« (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ai bahá’í del mondo dell’8 giugno 1973) G. Corpi Continentali dei Consiglieri 1088. Compiti dei Corpi Continentali dei Consiglieri «….I loro compiti comprenderanno la direzione dei Consigli Ausiliari nelle aree di competenza, la collaborazione con le assemblee spirituali nazionali e aggiornare la Mani della Causa e la Casa Universale di Giustizia sulle condizioni della Causa in queste regioni.» «I consigli Ausiliari per la Protezione e la Propagazione si rapporteranno quindi con i Corpi Continentali dei Consiglieri che nomineranno o sostituiranno i componenti dei Consigli Ausiliari secondo le circostanze.» (Da una lettera del 24 giugno 1968 della Casa Universale di Giustizia la mondo bahá’í, Wellspring of Guidance, pp. 141,2) « I Consiglieri hanno la responsabilità di stimolare, consigliare e assistere le Assemblee Spirituali Nazionali e anche a lavorare con gli individui, i gruppi e le Assemblee Locali. ….se i Consiglieri ritengono che un’Assemblea Nazionale non lavori a dovere, non devono avere esitazione alcuna a consultarsi con l’Assemblea Nazionale amorevolmente e sinceramente.» (Da un messaggio della Casa Universale di Giustizia ai Corpi Continentali dei Consiglieri e alle Assemblee Spirituali Nazionali del 1 ottobre 1969:Messages of The Universal House of Justice, 1968-1973, pp. 30,32) 1089. Durata della funzione dei Consiglieri Continentali «Nel giugno 1979 abbiamo deciso di annunciare che la durata della funzione dei Consiglieri Continentali sarebbe stata di cinque anni a partire dal Giorno del Patto di quest’anno...» (Da una lettera del 3 novembre 1980 della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del Mondo. Note Bahá’í, anno 3, n. 30, 23 novembre1980). 1090. Rapporto fra i Consiglieri e le Assemblee Spirituali Nazionali «Il rapporto dei Corpi Continentali dei Consiglieri e le Assemblee Spirituali Nazionali seguirà il modello relazionale esistente fra la Casa Universale di Giustizia e le Assemblee Spirituali Nazionali, delineato dall’amato Custode in numerose comunicazioni. I Corpi Continentali dei Consiglieri decideranno come collaborare e consultarsi con le Assemblee Spirituali Nazionali nelle loro regioni nei limiti di tali istruzioni e di quelle complessive impartite dalla Casa Universale di Giustizia.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a un’Assemblea Spirituale Nazionale del 24 giugno 1968) 1091. Rapporto fra i Corpi dei Consiglieri e le Assemblee Spirituali Nazionali «L’affermazione che il Corpo dei Consiglieri è di rango superiore alle Istituzioni Nazionali della Fede ha tutta una serie di implicazioni. Il Corpo dei Consiglieri ha la specifica responsabilità di curare la protezione e la propagazione della Fede di una zona continentale nella quale è presente un certo numero di comunità nazionali bahá’í. Nell’adempiere a questi incarichi, non dà direttive né istruzioni alle Assemblee Spirituali o ai singoli credenti, ma detiene il rango necessario per essere adeguatamente informato e perché le Assemblee Spirituali tengano nella dovuta considerazione i suoi consigli e le sue raccomandazioni. Comunque l’essenza dei rapporti fra le Istituzioni bahá’í è amorevole consultazione e il comune desiderio di servire la Causa di Dio e non una questione di rango o di grado.» (Da una lettera del 27 Mirza 1978 a nome della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali. Notiziario dell’Assemblea Spirituale Nazionale dei Bahá’í d’Italia, anno IV, n. 51, e compilazione “I due rami dell’Ordine Amministrativo”, p. 49, n. 14) 1092. I Consiglieri ed i Membri dei Corpi Ausiliari sono esenti da responsabilità di carattere amministrativo «L’Assemblea Spirituale Nazionale ha la responsabilità di formulare i piani e di portarli avanti. I Corpi dei Consiglieri sono di rango superiore alle Istituzioni Nazionali della Fede e non hanno il compito di guidare l’applicazione dei piani. Questa estraneità, di per sé, permette loro di concentrarsi su temi generali e vitali della Causa e di dare una guida alle Assemblee Spirituali Nazionali, le quali sono oberate abitualmente da innumerevoli compiti e problemi del quotidiano lavoro ordinario della comunità. Inoltre, non avere responsabilità di carattere amministrativo consente ai Consiglieri ed ai membri dei Corpi Ausiliari di non essere coinvolti negli intralci che talvolta comporta lo svolgimento di compiti amministrativi e di accrescere la loro capacità di essere sorgenti di ispirazione e stimolo per gli amici.» (Da un riassunto di precisazioni della Casa Universale di Giustizia, basato sulla lettera 20 maggio 1970 scritta da questa Istituzione ad una Assemblea Spirituale Nazionale. Parzialmente in compilazione “I due rami dell’Ordine Amministrativo”, p. 55, n. 35) 1093. Unico comune obiettivo dei Consiglieri e delle Assemblee Spirituali Nazionali «I Consiglieri e le Assemblee Spirituali Nazionali hanno un unico comune obiettivo che è il servizio della Causa e la promozione e la protezione dei suoi interessi. Più stretta la collaborazione fra le due Istituzioni, più copiose le divine benedizioni elargite loro e alla comunità.» (Ibidem. Compilazione “I due rami dell’Ordine Amministrativo”, p. 47, n. 10) 1094. I Consiglieri seguono le orme delle Mani della Causa «Le Mani della Causa hanno gli essenziali compiti di propagazione e protezione della Fede. Pur avendo i Consiglieri un rango inferiore a quello delle Mani, sono nondimeno loro attribuite le medesime due responsabilità e ne seguono le orme.» (Ibidem) 1095. Complementarietà delle funzioni dei Consiglieri e delle Assemblee Spirituali «Poiché le funzioni di propagazione e di protezione della Fede rientrano fra i doveri delle Assemblee Spirituali, è necessario che fra esse e l’Istituzione dei Consiglieri vi siano consultazioni regolari, continue e complete. Non si deve presumere che questi due pilastri agiscano indipendentemente l’uno dall’altro e non abbiano bisogno dell’essenziale reciproco appoggio. In effetti le loro funzioni sono complementari.» (Ibidem. Compilazione “I due rami dell’Ordine Amministrativo”, p. 47, n. 10) 1096. Il buon funzionamento della società richiede la conservazione di ranghi e classi «È evidente dagli Scritti di Bahá’u’lláh, come pure da quelli di ‘Abdu’l-Bahá e dalle interpretazioni del Custode, che il buon funzionamento della società umana richiede la preservazione di ranghi e classi all’interno dei suoi membri. Gli amici devono riconoscere questo senza invidia e gelosia, e le persone di un certo rango non devono mai approfittare della loro posizione o reputarsi superiori agli altri...» (Da una lettera del 27 Mirza 1978 a nome della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali. Notiziario dell’Assemblea Spirituale Nazionale dei Bahá’í d’Italia, anno IV, n. 51 e compilazione “I due rami dell’Ordine Amministrativo”, p. 49, n. 14) 1097. Orgoglio e boriosa presunzione sono fra i peggiori peccati «Cortesia, riverenza, dignità, rispetto per l’altrui rango e le altrui attività sono virtù che contribuiscono all’armonia e al benessere di ogni comunità, mentre l’orgoglio e la boriosa presunzione sono fra i peggiori peccati. La Casa di Giustizia spera che tutti gli amici ricordino che lo scopo fondamentale nella vita di ogni anima deve essere quello di conseguire perfezione spirituale: ottenere il compiacimento di Dio. Il vero stadio spirituale di un’anima è noto soltanto a Dio; esso è assai diverso dal rango e dalle posizioni che gli uomini e le donne occupano nei vari settori della società. Chiunque abbia diretto il proprio sguardo ad ottenere il compiacimento di Dio accetterà con gioia e radiosità di spirito qualsiasi lavoro o rango gli venga assegnato nella Causa di Dio, e si rallegrerà di servirLo a qualsiasi condizione. Vi sono molti passi circa questo argomento negli Scritti sacri, e la Casa Universale di Giustizia spera che queste considerazioni aiutino gli amici ad esaminarli e a comprenderne il significato.» (Ibidem) 1098. Differenze di rango sono intese ad incanalare, non ad ostacolare il lavoro della Causa «...lo spirito trascendente di amorevole collaborazione che deve motivare e pervadere la condotta di tutte le Istituzioni e dei credenti, lavorino essi come membri di Istituzioni o come persone desiderose di promuovere gli interessi della Fede. Le differenze di rango, di funzioni e di procedure fra gli organismi della Amministrazione bahá’í sono intese ad incanalare, non ad ostacolare, il lavoro della Causa. La Casa Universale di Giustizia spera fervidamente che questi aspetti dell’Amministrazione siano correttamente giudicati nel contesto dell’umile servizio alla Perfezione Benedetta, che è il supremo obiettivo di tutti coloro che sono uniti sotto il vessillo del Più Grande Nome.» (Da una lettera del 10 ottobre 1983 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale. Compilazione “I due rami dell’Ordine Amministrativo”, p. 16) 1099. I Consiglieri devono lasciare ai Membri del Corpo Ausiliare ampia libertà d’azione «I Consiglieri di ciascuna zona continentale hanno un’ampia libertà d’azione nel portare avanti il loro lavoro. Ugualmente, tale libertà devono darla ai membri del Corpo Ausiliare nell’area a ciascuno assegnata. Pur se i Consiglieri debbano guidare con regolarità il lavoro dei Membri del Corpo Ausiliare, questi non hanno la necessità di attendere direttive: la natura del loro lavoro è tale che devono continuamente impegnarvisi come meglio ritengono, pur in assenza di specifici compiti da eseguire. Sopratutto i Membri del Corpo Ausiliare devono stabilire un caloroso ed amorevole rapporto fra essi stessi ed i credenti della loro area, di modo che le Assemblee Spirituali Locali si rivolgeranno spontaneamente a loro per ottenere consigli ed assistenza.» (Da una lettera del 1 ottobre 1969 della Casa Universale di Giustizia ai Corpi dei Consiglieri Continentali ed alle Assemblee Spirituali Nazionali) 1100. L’Assemblea pianifica e dirige i lavori‚ - I piani devono essere noti ai Consiglieri ed ai membri del Corpo Ausiliare «È l’Assemblea Spirituale Nazionale che pianifica e dirige i lavori, ma i suoi piani devono essere noti ai Consiglieri ed ai Membri del Corpo Ausiliare, poiché uno dei modi utili per assistere le Assemblee è stimolare continuamente i credenti a sostenerne i piani. Se un’Assemblea Spirituale Nazionale ha individuato una certa meta come preminente in un dato anno, i Membri del Corpo Ausiliare devono tenerla presente in tutti i loro contatti con i credenti, richiamando la loro attenzione sui piani dell’Assemblea e stimolandoli a sostenerli con entusiasmo.» (Ibidem) 1101. I Consiglieri possono riferire all’Assemblea Spirituale Nazionale, tramite i membri del Corpo Ausiliare, comportamenti riprovevoli di singoli credenti «I Consiglieri, direttamente o tramite uno o più membri del Corpo Ausiliare, possono comunicare all’Assemblea Spirituale Nazionale notizie sul comportamento di persone che va contro gli interessi della Fede. Come comunicare tali informazioni è lasciato alla discrezione dei Consiglieri. Qualsiasi questione connessa alla protezione della Fede è ovviamente preoccupazione primaria dell’Assemblea Nazionale, come pure dei Consiglieri.» (Da una lettera del 16 giugno 1982 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Vergini) 1102. Ogni Istituzione di questo Ordine Divino è un rifugio in più per una società vacillante «Ogni Istituzione di questo Ordine Divino è un rifugio in più per una popolazione confusa; ogni anima illuminata dalla luce del sacro Messaggio è un anello in più nell’unità dell’umanità, un servo in più che provvede ai bisogni di un mondo malato. Perfino se le comunità bahá’í, negli anni immediatamente a venire, dovessero trovarsi isolate dal Centro Mondiale o tra di loro - come talune lo sono già state -, i bahá’í non si fermeranno né‚ esiteranno: essi continueranno a perseguire i loro obiettivi, guidati dalle Assemblee Spirituali, dai Consiglieri, dai membri dei Corpi Ausiliari e loro assistenti...» (Da una lettera del 25 maggio 1975 della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali) H. Consigli Ausiliari per la Protezione e la Propagazione 1103. Due Consigli Ausiliari istituiti dal Custode con funzioni distinte ma complementari «Il messaggio dell’ottobre 1957 dell’amato Custode indica chiaramente che i due Consigli Ausiliari devono avere funzioni distinte ma complementari. In quel messaggio egli attribuisce al Consiglio per la Protezione “il compito specifico di vigilare sulla sicurezza della Fede” ed afferma che il Consiglio per la Propagazione avrebbe avuto “esclusivamente” il compito “d’assistere per l’avvenire la prosecuzione del Piano Decennale”. Si deve anche tener presente che queste istituzioni gemelle traggono le loro funzioni complementari dall’unica stessa sorgente, sono interdipendenti, e i loro membri agiscono come “delegati”, “assistenti” e “consiglieri” delle Mani della Causa di Dio, ed ora dei Corpi Continentali dei Consiglieri. Inoltre è chiaro che Shoghi Effendi era restio a specificare troppo dettagliatamente le questioni relative al funzionamento dei Consigli Ausiliari, preferendo lasciare che queste cose venissero risolte alla luce dell’esperienza.» (Da una lettera del 10 ottobre 1976 della Casa Universale di Giustizia al Centro Internazionale d’Insegnamento) 1104. Non è necessario che le aree di competenza dei Consigli per la Protezione e per la Propagazione siano le stesse «Disposizioni per il lavoro dei Consigli Ausiliari sono contenuti nel Regolamento della Casa Universale di Giustizia; vedansi a pag. 18, articolo X, de “La Costituzione della Casa Universale di Giustizia”. Comunque, non è necessario che le aree di competenza dei Consigli per la Protezione e per la Propagazione siano le medesime; esse possono sovrapporsi.» (Da una lettera del 3 agosto 1973 della Casa Universale di Giustizia alle Mani della Causa in Terra Santa) 1105. In casi eccezionali un solo membro di un Corpo può coprire un’area «È preferibile che ogni parte di ciascuna zona abbia un membro per la Protezione ed uno per la Propagazione; nondimeno, il Corpo dei Consiglieri può, a sua discrezione, assegnare ad un’area un membro di uno solo dei Consigli Ausiliari, se ritiene che ciò sia preferibile alla luce della situazione di quella regione.» (Dal memorandum 7 ottobre 1973 della Casa Universale di Giustizia alle Mani della Causa in Terra Santa) 1106. È consigliabile che il membro del Corpo Ausiliare risieda nell’area in cui presta il suo servizio «Come sapete, l’amato Custode ha ripetutamente sottolineato l’importanza delle visite dei membri del Corpo Ausiliare alle Assemblee ed ai Gruppi delle rispettive aree di competenza. Pur se i dettagli relativi alla nomina ed al funzionamento dei membri dei Corpi Ausiliari sono lasciati ai Consiglieri, questi - alla luce delle suddette istruzioni del Custode - devono prendere in considerazione, nel procedere ad una nuova nomina, l’opportunità che il credente nominato risieda nell’area in cui presterà il suo servizio.» (Da una lettera del 4 febbraio 1976 della Casa Universale di Giustizia al Centro Internazionale d’Insegnamento) 1107. Diverse funzioni dei membri dei due Consigli Ausiliari e delle Assemblee sono comuni «Nello svolgere le loro funzioni, i Membri dei due Consigli Ausiliari spesso promuoveranno la stessa azione; inoltre, molto del loro lavoro è comune - specialmente nel campo del consolidamento e dell’approfondimento - e i Corpi dei Consiglieri sono liberi di stabilire i limiti dei compiti assegnati a ciascun membro dei Consigli Ausiliari sì che si ottenga la massima collaborazione. L’esperienza ha dimostrato che abitualmente si hanno buoni risultati quando i Consiglieri si consultano su questi temi con i loro membri dei Consigli Ausiliari. Inoltre si deve tener presente che queste medesime funzioni sono svolte dalle Assemblee, nazionali e locali, e dai loro comitati, che in questo momento hanno la grande responsabilità di dare esecuzione ai piani d’insegnamento e di amministrare, consolidare e proteggere le comunità bahá’í. Perciò i membri del Corpo Ausiliare devono badare attentamente che il loro lavoro potenzi e completi quello delle istituzioni amministrative.» (Da una lettera del 10 ottobre 1976 della Casa Universale di Giustizia al Centro Internazionale d’Insegnamento. Parzialmente in compilazione “I due rami dell’Ordine Amministrativo”, p .25, n. 1) 1108. I membri dei Consigli Ausiliari devono incoraggiare all’unità gli amici e le Assemblee «I membri dei Consigli devono poi incoraggiare gli amici - sia singolarmente che come Assemblee - per mezzo di lettere e visite, e inculcare loro che la base fondamentale di tutte le loro attività è l’unità; devono esortarli ad essere uniti in tutte le circostanze, sì che il lavoro possa procedere con la confermazione dello Spirito Santo. Devono pure stimolarli a contribuire liberamente ai vari Fondi che sono stati fissati, essendo questi la linfa vitale della Comunità, ed il lavoro non può andare avanti se la linfa non circola costantemente.» (Da una lettera del 7 giugno 1954 scritta a nome di Shoghi Effendi alle Mani della Causa di Dio) 1109. I Consigli Ausiliari stimolano ed aiutano il lavoro d’insegnamento «Il Custode è certo che i Consigli Ausiliari... stimoleranno ed aiuteranno il lavoro d’insegnamento, che naturalmente include il lavoro del pionierismo, e saranno altresì di sostegno per le Assemblee Spirituali Nazionali spesso oberate di lavoro...» (Da una lettera del 20 giugno 1954 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale Americana. Dalla Compilazione “Auxiliary Board Members”, 25 Mirza 1969) 1110. Diretti contatti dei membri del Consiglio Ausiliare con singoli credenti ed Assemblee Locali «...I membri del Consiglio Ausiliare non sono solo liberi, ma sollecitati ad avere - in conformità agli scritti dell’amato Custode - diretti contatti sia con singoli amici sia con le Assemblee Spirituali Locali. È proprio a questo livello della struttura amministrativa della Fede che così spesso troviamo, purtroppo, debolezza ed inefficienza.» (Da una lettera del 15 dicembre 1965 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Uganda ed Africa Centrale). 1111. Gli amici sono liberi di rivolgersi ai membri di entrambi i Consigli Ausiliari «È stato chiesto come faranno le Assemblee Spirituali Locali e i credenti a sapere quali temi dovranno riferire e a quale dei membri dei Consigli Ausiliari. Pensiamo che ciò debba essere stabilito a livello locale alla luce dell’esperienza e che nel frattempo le Assemblee ed i credenti non debbano preoccuparsene indebitamente. Devono sentirsi liberi di rivolgersi ad entrambi i Consigli e se un membro dei Consigli Ausiliari ritiene che la questione debba invece essere deferita ad un suo collega, può farlo personalmente o suggerire all’Assemblea o al credente di farlo. È una situazione simile a quella - che essi ben conoscono - che si determinava quando veniva loro riferita una questione che era invece di competenza dell’Assemblea Spirituale Nazionale o di uno dei suoi comitati.» (Da una lettera del 10 ottobre 1976 della Casa Universale di Giustizia al Centro Internazionale d’Insegnamento. Parzialmente in compilazione “I due rami dell’Ordine Amministrativo, p. 25, n. 1) 1112. Doveri dei membri del Consiglio per la Protezione «La necessità di proteggere la Fede dagli attacchi dei suoi nemici non è in genere sentita dagli amici perché finora, specialmente in Occidente, tali attacchi sono stati saltuari; tuttavia sappiamo che essi aumenteranno e diventeranno concertati e totali. Gli scritti della nostra Fede prevedono chiaramente non solo l’intensificazione delle macchinazioni dei nemici interni, ma anche l’aumento dell’ostilità e delle opposizioni dei suoi nemici esterni, sia religiosi che laici, mentre la nostra amata Fede continua la sua marcia verso la vittoria finale. Perciò, alla luce degli ammonimenti di Shoghi Effendi, i Consigli Ausiliari per la Protezione devono “costantemente” tenere “l’occhio vigile” su coloro che “notoriamente sono nemici o che sono stati espulsi dalla Fede”, “indagare” con discrezione sulle loro attività, avvisare con intelligenza gli amici delle opposizioni che inevitabilmente si verificheranno, spiegare che nella Fede di Dio ogni crisi si è sempre dimostrata una benedizione nascosta, prepararli per le “dure contese” che sono “destinate a contrapporre l’Esercito della Luce alle forze dell’oscurità”, e, nel momento in cui l’influenza dei nemici si diffonderà e raggiungerà i fedeli, i membri di questi Consigli Ausiliari dovranno stare attenti ai loro intrighi che mirano ad “estinguere lo zelo ed a minare la lealtà” dei credenti e, adottando “sagge ed efficaci misure”, neutralizzarli ed arrestare la diffusione della loro influenza. Sopratutto, i membri dei Consigli per la Protezione devono dedicarsi ad approfondire fra gli amici la conoscenza del Patto ed accrescerne l’amore e la lealtà verso di esso; a rispondere con franchezza, in base agli insegnamenti, ad ogni dilemma che travagli i credenti; a promuovere la profondità e la forza spirituale della loro Fede e della loro certezza e ad incoraggiare tutto quello che può favorire lo spirito di amore e di unità nelle comunità.» (Ibidem. Parzialmente in compilazione “I due rami dell’Ordine Amministrativo, p. 17) 1113. Trattare i problemi morali nel momento in cui sorgono « ...Riteniamo che, invece di investigare nella vita personale dei credenti, i membri dei Consigli devono essere invitati a educare i credenti nei principi della Fede e che i problemi relativi a eventuali immoralità o irregolarità nella vita coniugale devono essere trattati solo quando sorgono. Questi problemi non devono essere ricercati.» (Da una lettera del 14 agosto 1967 della Casa Universale di Giustizia alle Mani della Causa in Terra Santa. Compilazione “I due rami dell’Ordine Amministrativo, p. 18) 1114. Compiti dei membri del Consiglio per la Propagazione «I compiti principali dei Consigli per la Propagazione sono di attrarre l’attenzione dei credenti sulle mete dei piani che sono stati lanciati, di stimolarli ed assisterli a promuovere il lavoro d’insegnamento nel campo della proclamazione, dell’espansione, del consolidamento e del pionierismo; di incoraggiare le contribuzioni ai Fondi e ad essere i portabandiera degli insegnamenti della Fede, guidandoli verso nuove conquiste nella diffusione del Messaggio di Dio fra i loro simili.» (Da una lettera del 14 agosto 1967 della Casa Universale di Giustizia alle Mani della Causa in Terra Santa) 1115. I membri dei Consigli Ausiliari sono esentati da responsabilità amministrative «I membri dei Consigli Ausiliari sono esentati da responsabilità amministrative compreso il servizio nei Comitati e quali delegati alla Convenzione Nazionale. Nel caso che un membro di una Assemblea Nazionale accettasse la nomina quale consigliere, l’Assemblea Nazionale la considererà motivo valido per accettarne le dimissioni dall’Assemblea, se un membro di un Consiglio Ausiliare fosse eletto all’Assemblea Nazionale, dovrà scegliere quale incarico svolgere.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblee Spirituali Nazionali del mondo bahá’í del novembre 1964) 1116. Il membro del Consiglio Ausiliario decide cosa riferire all’Assemblea Spirituale Locale: in genere, più libero è lo scambio d’informazioni fra le due istituzioni, meglio «In risposta alla vostra quarta domanda la Casa di Giustizia ci ha incaricato di dirvi che occorre un certo giudizio per decidere quali fatti siano da considerare di carattere “amministrativo”. Le immoralità compiute dai credenti, per esempio, diventano in genere motivo di azione amministrativa solo quando sono compiute in flagranza e si riflettono sul buon nome della Fede. Quando un credente si rivolge ad un assistente o ad un membro del Consiglio Ausiliare, quest’ultimo - a seconda del grado di riservatezza che intende osservare - deciderà se suggerirgli di prendere contatto con la sua Assemblea Spirituale, se dargli direttamente i consigli e, in entrambi i casi, se riferire la questione ai Consiglieri o all’Assemblea Locale. Analogamente, sta al Consigliere decidere se trattasi di una questione di cui debba informare l’Assemblea Nazionale. Tutto ciò, ovviamente, rientra nel principio generale secondo cui - tranne i fatti che devono rimanere riservati - più liberamente le informazioni vengono scambiate fra le istituzioni della Fede, meglio è.» (Da una lettera del 2 agosto 1982 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Vergini) 1117. I membri del consiglio si devono sentire responsabili verso Dio nell’esecuzione delle loro responsabilità «Ogni membro del Consiglio Ausiliare assegnato ad una specifica area in cui servire, deve mettersi in contatto con le Assemblee Spirituali Locali e con le altre località dell’area, incoraggiare e sostenere tutti questi centri nel raggiungimento delle mete del Piano, essere informati delle loro risorse e delle relative debolezze e sentirsi responsabili verso Dio nell’esecuzione delle loro responsabilità. Se dovesse perdere i contatti con un’assemblea o una località, deve di sua iniziativa trovare una soluzione soddisfacente al problema. Deve anche inviare regolarmente i suoi rapporti e le sue raccomandazioni ai Consiglieri.» (Da un riassunto di istruzioni preparato dalla Casa Universale di Giustizia, basato su una lettera di quell’Istituzione a un’Assemblea Spirituale Nazionale del 20 maggio 1970) I. Assistenti dei Membri del Consiglio Ausiliare 1118. Nomina degli assistenti dei membri del Consiglio Ausiliare «….abbiamo deciso di sviluppare ulteriormente tale istituzione dando a ogni Corpo dei Consiglieri Continentali la discrezionalità di autorizzare singoli membri dei Consigli Ausiliari, a nominare assistenti…. «La precisa natura dei compiti e la durata dell’incarico saranno decisi da ciascun Corpo Continentale separatamente. Lo scopo sarà quello di mobilitare e incoraggiare le Assemblee Spirituali Locali, richiamarne l’attenzione dei loro membri sull’importanza di avere riunioni regolari, incoraggiare le comunità locali a incontrarsi durante le Feste del 19° giorno e i Giorni Sacri, aiutare gli amici della comunità a comprendere gli Insegnamenti e, in generale, aiutare i Consigli Ausiliari a assolvere i propri compiti…» «….i credenti possono servire contemporaneamente come assistenti e membri delle istituzioni amministrative.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ai bahá’í del mondo, 7 ottobre 1973) 1119. Scopo primario degli assistenti è stimolare ed assistere i credenti «Una delle condizioni fondamentali per la diffusione del Messaggio di Bahá’u’lláh, per lo sviluppo della vita comunitaria bahá’í e per il sorgere di una diversa società è il notevole incremento del numero delle Assemblee Spirituali Locali... Diversi specifici passi sono già stati intrapresi dalla Casa Universale di Giustizia per il raggiungimento di questi obiettivi. Il più importante di questi passi è stato consentire ai membri dei Consigli Ausiliari di nominare assistenti, il cui scopo primario è quello di stimolare ed assistere i credenti nella formazione e consolidamento di Assemblee Spirituali Locali in tutte le località ove risiedano nove o più bahá’í, nonché quello di consigliare ed assistere dette Assemblee nell’assolvimento dei loro compiti divini. Gli effetti di tali nomine stanno cominciando a manifestarsi e senza dubbio porteranno sempre più frutti man mano che passano i mesi.» (Da una lettera del 6 agosto 1977 della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali) 1120. Un assistente può prestare la sua opera per due membri del Consiglio Ausiliare «Riguardo agli Assistenti, è evidente che i membri del Consiglio per la Propagazione ne hanno maggior bisogno. Tuttavia, ciò non deve inibire la loro nomina ed utilizzo da parte del Consiglio per la Protezione. Può darsi che in talune aree la nomina di un solo Assistente che assolva entrambe le funzioni sarà per il momento sufficiente, ma prevediamo che in appresso la situazione cambierà. Allo stato, il modo di intrattenere e coordinare i rapporti deve essere flessibile e subordinato alle condizioni locali.» (Da una lettera del 10 ottobre 1967 della Casa Universale di Giustizia al Centro Internazionale d’Insegnamento) 1121. La Casa di Giustizia preferisce che gli Assistenti non si ritirino dal lavoro amministrativo «Come sapete, la Casa di Giustizia, comunicando nell’ottobre 1973 ai bahá’í del mondo la sua decisione di autorizzare la nomina di credenti con l’incarico di assistere i membri del Consiglio Ausiliare nell’assolvimento dei loro compiti, affermò che tali credenti nominati avrebbero potuto servire allo stesso tempo sia come assistenti dei membri del Consiglio, che nelle istituzioni amministrative. Spesso il credente, la cui conoscenza degli Insegnamenti e la devozione alla Fede è tale da costituire una logica scelta per servire in un’Assemblea, diventa un candidato adatto anche per essere nominato assistente di un membro del Consiglio Ausiliare. La Casa di Giustizia auspica che gli assistenti non si ritirino dal lavoro amministrativo, ma anzi, dopo consultazione con la loro Assemblea Spirituale, lo svolgano; tuttavia sarebbe preferibile che il suggerimento di consultarsi venisse dal nominato e non dall’Assemblea Spirituale.» (Da una lettera del 31 gennaio 1982 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti. Parzialmente in “I due rami dell’Ordine Amministrativo”, p. 19) 1122. L’assistente opera individualmente e non in connessione con l’Assemblea Nazionale e deve favorire calorosi rapporti fra l’Assemblea Locale ed il membro del Consiglio «Nei rapporti fra assistenti ed Assemblea Spirituale Nazionale non devono sorgere problemi, perché le loro funzioni sono totalmente separate. Un assistente è nominato dal membro del Consiglio Ausiliare per aiutarlo in una determinata area del territorio ed opera come tale solo su quell’area. Gli assistenti, come i membri del Consiglio Ausiliare, operano individualmente e non come un corpo consultivo. Coloro i quali sono membri di un’Assemblea Nazionale o di un comitato nazionale non operano come assistenti in relazione a quella istituzione ed hanno lo stesso dovere - al pari di qualsiasi altro membro - di osservare la riservatezza delle sue consultazioni, nonché dei fatti considerati riservati dall’Assemblea. Un assistente può, ovviamente, essere membro di un’Assemblea Spirituale Locale, ma in questo caso il suo compito è di aiutarla a funzionare armoniosamente ed efficientemente nell’assolvimento dei suoi doveri, e ciò avrà scarso successo se dà all’Assemblea la sensazione di riferire privatamente al membro del Corpo Ausiliare ogni cosa essa faccia. Al contrario, deve fare tutto il possibile per favorire una calorosa ed amorevole collaborazione fra l’Assemblea Locale ed il membro del Consiglio.» (Da una lettera del 2 agosto 1982 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Vergini) 1123. Applicabilità del principio della riservatezza all’assistente che è anche membro di Assemblea‚-La maggior parte degli argomenti non sono riservati «Ogni istituzione della Fede ha certe questioni che ritiene debbano essere tenute riservate, ed ogni membro a conoscenza di una tale informazione ha l’obbligo di preservarne la riservatezza all’interno dell’istituzione in cui l’ha appresa. Dette questioni, comunque, rappresentano solo una piccola parte degli affari di qualsiasi istituzione bahá’í; la maggior parte degli argomenti sono di comune interesse e possono essere discussi apertamente con chiunque. In mancanza del requisito della riservatezza, le istituzioni devono cercare di evitare la formazione di una soffocante atmosfera di segretezza; d’altra parte, ogni credente deve sapere di poter confidare ad un’istituzione della Fede un problema personale avendo la certezza che esso rimarrà riservato. I membri di Assemblea, siano essi assistenti o meno, sono ovviamente nella condizione di ricevere come singoli individui informazioni confidenziali da diverse fonti. È un principio importante della Fede di non promettere ciò che non si può mantenere. Perciò, se un bahá’í riceve un’informazione riservata, sia in virtù della sua professione (come medico, avvocato, ecc.), sia permettendo ad un’altra persona di confidarsi con lui, ha il dovere di mantenerne la riservatezza.» (Da una lettera del 2 agosto 1982 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) J. Rapporti fra Consiglieri, Membri del Consiglio Ausiliare e Assistenti ed Assemblee Locali, Nazionali e Comitati 1124. L’autorità e la guida provengono dalle Assemblee:‚ Consiglieri, Membri del Consiglio Ausiliare ed Assistenti consigliano, stimolano ed assistono «L’autorità e la guida provengono dalle Assemblee, mentre la forza di realizzare il lavoro sta sopratutto nell’intero corpo dei credenti. Il compito principale dei Consigli Ausiliari è di assisterli per risvegliare e liberare quella forza. Questa è un’attività vitale e per svolgerla adeguatamente essi devono evitare di occuparsi del lavoro amministrativo. Per esempio, quando i membri del Consiglio Ausiliare destano in qualche credente il desiderio di levarsi come pioniere, devono indirizzarlo all’apposito comitato che provvederà ad organizzare il progetto. I Consiglieri ed i membri del Consiglio Ausiliare non devono organizzare direttamente progetti di pionierismo o insegnamento viaggiante. È chiaro quindi che i Consigli Ausiliari devono lavorare proprio alla base della comunità, e cioè con i singoli credenti, i gruppi e le Assemblee Spirituali Locali, allo scopo di consigliarli, stimolarli ed assisterli. I Consiglieri hanno il compito di stimolare, consigliare e assistere le Assemblee Spirituali Nazionali, oltre che lavorare anche con singoli credenti, gruppi ed Assemblee Locali.» (Da una lettera del 1 ottobre 1969 della Casa Universale di Giustizia ai Corpi Continentali dei Consiglieri ed alle Assemblee Spirituali Nazionali) 1125. Riunioni occasionali fra membro del Consiglio Ausiliare e Assemblea Spirituale Locale «L’Assemblea Spirituale Nazionale deve incoraggiare con ogni mezzo una stretta cooperazione fra il membro del Consiglio Ausiliare e le Assemblee Spirituali Locali, tuttavia la sua presenza non è necessaria in tutte le riunioni d’assemblea. Occasionalmente, per esempio quando l’Assemblea vuole discutere questioni relative al progresso della Causa in certe zone, la partecipazione alla seduta del membro del Consiglio Ausiliare sarebbe di aiuto, tuttavia tali questioni debbono essere lasciate alla discrezione dell’Assemblea Locale interessata. Naturalmente, se un membro del Consiglio ritiene necessario consultarsi con l’Assemblea Locale su un determinato argomento, può richiederle di tenere una specifica riunione in sua presenza.» (Da una lettera del 13 luglio 1986 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Birmania) 1126. Evitare che i rapporti fra membri del Consiglio Ausiliare e Assemblee Spirituali Locali siano intralciati da norme «...riteniamo importante sottolineare che i rapporti fra membri del Consiglio Ausiliare ed Assemblee Spirituali Locali non siano intralciati da norme; i metodi per accedere alle informazioni -verbali o altro - sono i più diversi... Detto rapporto non deve essere improntato su questioni di diritti e prerogative, ma su una cordiale ed amorevole collaborazione, nello spirito della seguente affermazione dell’amato Custode: “la nota fondamentale della Causa di Dio non è autorità dittatoriale, sebbene umile cameratismo, non potere arbitrario, ma spirito di franca e amorevole consultazione”.» (Da una memorandum del 7 ottobre 1970 della Casa Universale di Giustizia alle Mani della Causa di Dio in Terra Santa) 1127. Dei problemi che insorgono con i membri del Consiglio Ausiliare bisogna informare i Consiglieri «In linea generale, la Casa di Giustizia ritiene che - ove l’Assemblea Spirituale Nazionale abbia motivo di credere che l’opera di un membro del Consiglio Ausiliare stia facendo insorgere problemi nella comunità - sia preferibile riferire la questione ai Consiglieri, piuttosto che tentare un approccio diretto con detto membro. Tuttavia, se trattasi di un fatto strettamente personale, l’Assemblea potrebbe dapprima affrontare direttamente il problema con il membro del Consiglio nella speranza di poterlo risolvere in via confidenziale, fermo restando che di qualsiasi serio problema si debba comunque informare i Consiglieri. Ugualmente, se la questione è di scarsa importanza, essa può essere risolta direttamente senza richiedere l’intervento dei Consiglieri.» (Da una lettera del 25 ottobre 1977 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Pacifico sud-occidentale) 1128. Per la nomina dei membri del Consiglio Ausiliare i Consiglieri non hanno la necessità di consultarsi con l’Assemblea Spirituale Nazionale «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 28 novembre 1968, nella quale ci informate della nomina di... a membro del Consiglio Ausiliare e della questione insorta circa la necessità o meno che il Corpo Continentale dei Consiglieri si consulti con le Assemblee Spirituali Nazionali prima di procedere a tale nomina di un membro di una Assemblea Spirituale Nazionale. Dato che la decisione di accettare o meno detta nomina deve essere presa dall’interessato stesso, non riteniamo sussista alcun bisogno che il Corpo Continentale dei Consiglieri si consulti preventivamente con le Assemblee Spirituali Nazionali, tranne in casi veramente eccezionali che rientrano comunque nella sua discrezionalità. In ogni caso, il nominato è libero di consultarsi con la sua Assemblea Nazionale sull’opportunità dell’accettazione.» (Da una lettera del 17 dicembre 1968 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale d’Italia) 1129. Incoraggiare le riunioni fra Consiglieri, membri del Consiglio Ausiliare, membri di Assemblea Nazionale e membri di Comitati « ...nello svolgimento del Piano deve esservi la più stretta collaborazione fra l’Assemblea Spirituale Nazionale, i suoi Comitati e le Assemblee Spirituali Locali da un lato, assistenti dall’altro. Un aspetto di questa collaborazione potrebbe essere, circostanze permettendo, l’incontro dei Consiglieri e dei membri dei Consigli Ausiliari con l’Assemblea Nazionale e i suoi Comitati in una riunione in cui tutti - dato il loro inevitabile coinvolgimento nella realizzazione del Piano - possano venire a conoscerne i dettagli e dove, nello stesso tempo, possa generarsi lo spirito di corpo necessario per il successo del suo svolgimento.» (Da una lettera del 10 ottobre 1983 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale. Compilazione “I due rami dell’Ordine Amministrativo”, p.14) 1130. Scambio di informazioni fra membri del Consiglio Ausiliare e Comitati « ...è permesso e oltremodo auspicabile che fra i Comitati e i membri dei Consigli Ausiliari vi sia un diretto e regolare scambio di informazioni.» (Da una lettera del 6 luglio 1977 della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali) 1131. Rapporti e raccomandazioni dei membri del Consiglio Ausiliare sono da trasmettere ai Consiglieri e non alle Assemblee Nazionali o ai Comitati «Per quanto riguarda rapporti e raccomandazioni sulle azioni da intraprendere la procedura è del tutto differente. I membri del Consiglio Ausiliare devono inviare le loro relazioni ai Consiglieri e non direttamente alle Assemblee Spirituali Nazionali o ai Comitati Nazionali. È possibile che i Consiglieri non recepiscano o modifichino la raccomandazione, o che - nel caso venga accolta ed inoltrata all’Assemblea Nazionale - quest’ultima possa decidere di non tenerne conto. Se un membro del Consiglio Ausiliare dovesse fare le sue raccomandazioni direttamente ad un Comitato Nazionale, andrebbe perduto il beneficio della conoscenza e dell’esperienza in un campo più vasto di quello noto al membro del Consiglio stesso, e verrebbe altresì ostacolata e minata l’autorità sia dei Consiglieri che dell’Assemblea Nazionale. Analogamente, nonostante un membro del Consiglio Ausiliare possa e debba ricevere informazioni da parte delle Assemblee Nazionali e dei Comitati Nazionali, la sua principale fonte d’informazione sulla comunità dovrebbe essere costituita dal suo diretto contatto con le Assemblee Locali, i gruppi ed i singoli credenti. In tal modo i Consiglieri, come pure le Assemblee Nazionali, beneficiano di due indipendenti fonti d’informazione: da una parte i membri dei Consigli Ausiliari e dall’altra i Comitati Nazionali.» (Da una lettera del 1 ottobre 1969 della Casa Universale di Giustizia ai Corpi Continentali dei Consiglieri e alle Assemblee Spirituali Nazionali) 1132. Su questioni relative alla protezione della Fede le Assemblee Spirituali Nazionali devono rivolgersi al membro del Consiglio Ausiliare per la protezione «È dovere delle Assemblee Nazionali e Locali rivolgersi ai membri del Consiglio Ausiliare per la protezione non solo per fatti riguardanti potenziali violatori del Patto, ma anche per problemi di disunità all’interno della comunità, di rimozione del diritto di voto e per ogni altra questione in cui da parte delle istituzioni della Fede si reputino d’aiuto la guida ed i pareri del Consiglio per la protezione. Naturalmente il membro del Consiglio Ausiliare dovrà informarne il Corpo Continentale dei Consiglieri, i quali ultimi potranno intraprendere i passi a loro avviso necessari. Siete comunque liberi di riferire al Corpo Continentale dei Consiglieri ed ai membri del Consiglio Ausiliare per la protezione qualsiasi fatto che possa comportare problemi per la sicurezza della Fede nella vostra zona, e li troverete sempre disposti ad assistervi nel loro esame.» (Da una lettera del 1 ottobre 1979 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Venezuela) 1133. Le istituzioni amministrative possono richiedere ai membri del Consiglio Ausiliare di svolgere certi compiti «Le Assemblee Spirituali Nazionali, i Comitati Nazionali o le Assemblee Spirituali Locali possono chiedere direttamente a un membro dei Consigli Ausiliari di adempiere un servizio, come parlare durante una Scuola Estiva, apparire in televisione, ecc. Naturalmente sta al Consigliere Ausiliare decidere se la richiesta contrasta con gli altri suoi impegni.» (Da una lettera del 10 ottobre 1983 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un’Assemblea Spirituale Nazionale. Compilazione “I due rami dell’Ordine Amministrativo”, p. 15) 1134. I membri del Consiglio Ausiliare non solo insegnano, ma danno anche consigli e fanno rapporti sull’amministrazione «Talvolta le Assemblee fraintendono il significato dell’affermazione secondo cui i Consiglieri ed i membri dei Consigli Ausiliari si occupino del lavoro d’insegnamento e non di amministrazione; viene ritenuto che essi non possano dare consigli su questioni amministrative. Tale interpretazione è totalmente errata. Una delle cose che i Consiglieri ed i membri del Corpo Ausiliare devono osservare e su cui devono redigere rapporto è il giusto funzionamento delle istituzioni amministrative. L’affermazione che non si occupano assolutamente di amministrazione significa semplicemente che non devono amministrare. Essi non dirigono e non organizzano il lavoro d’insegnamento, né‚ decidono su questioni di conflitti o problemi personali. Tutte queste attività rientrano nell’ambito delle responsabilità delle Assemblee Spirituali. Tuttavia, se un membro del Consiglio Ausiliare trovasse scorretto il funzionamento di un’Assemblea Spirituale Locale, deve richiamare la sua attenzione indicandole i Testi adatti; ugualmente se, lavorando con la comunità, ritenesse che il lavoro d’insegnamento viene rallentato per l’inefficienza dei Comitati Nazionali, deve fare un rapporto dettagliato ai Consiglieri che a loro volta decideranno se informare o meno l’Assemblea Nazionale interessata. Analogamente, se i Consiglieri ritengono che un’Assemblea Spirituale Nazionale non funzioni correttamente, non devono avere esitazioni a chiedere di consultarsi con essa in modo franco e amorevole.» (Da una lettera del 1 ottobre 1969 della Casa Universale di Giustizia ai Corpi Continentali dei Consiglieri e alle Assemblee Spirituali Nazionali) 1135. Non è necessario informare l’Assemblea Spirituale Nazionale quando i membri dei Consigli Ausiliari collaborano con un’Assemblea Spirituale Locale «Non è necessario che il Corpo Continentale dei Consiglieri informi l’Assemblea Spirituale Nazionale se un membro del Consiglio Ausiliare collabora con un’Assemblea Spirituale Locale della loro regione. Si presume comunque che ci sia una relazione cordiale fra il Corpo Continentale dei Consiglieri e l’Assemblea Nazionale e che il Corpo Continentale dei Consiglieri condivida con l’Assemblea Nazionale quelle informazioni che ritengono necessarie allo svolgimento dei compiti dell’Assemblea Nazionale. ….non è necessario che un membro del Corpo Continentale dei Consiglieri o di un Consiglio Ausiliare ottengano il consenso dell’Assemblea Nazionale prima di consultare un’ Assemblea Spirituale Locale. Cortesia, rispetto e comprensione da parte delle istituzioni amministrative e dei Consiglieri e dei rispettivi Consigli Ausiliari, caratterizzeranno comunque le reciproche relazioni. Quando un membro del Consiglio Ausiliare desidera incontrare un’Assemblea Spirituale Locale, dovranno entrambe accordarsi con dovuto anticipo per un appuntamento in un momento di reciproco gradimento.» (Da una comunicazione della Casa Universale di Giustizia alle Mani della Causa di Dio in Terra Santa del 10 maggio 1970). 1136. Le Assemblee Spirituali Nazionali si dovrebbero avvalere dei servizi dei membri dei Consigli Ausiliari e dei loro assistenti «Le Assemblee Spirituali Nazionali in consultazione con i Consiglieri dovrebbero avvalersi dei servizi dei membri dei Consigli Ausiliari e dei loro assistenti che, con “gli insegnanti viaggianti selezionati dall’Assemblea Nazionale o dai suoi Comitati di Insegnamento, dovrebbero essere incoraggiati continuamente a condurre corsi di approfondimento…e a visitare regolarmente le Assemblee Spirituali del luogo”. I visitatori, siano membri dei Consigli Ausiliari, loro assistenti o insegnanti viaggianti “si dovrebbero incontrare durante queste occasioni non solo con le Assemblee locali ma, naturalmente, anche con i membri della comunità locale, collettivamente in incontri per tutti e se necessario, anche individualmente nelle loro case.» (Da una lettera scritta per conto della Casa Universale di Giustizia alle Assemblee Spirituali Nazionali il Naw-Rúz 1979 e che cita una lettera del 2 febbraio 1966 scritta a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali impegnate nel lavoro di insegnamento alle masse) XXVIII. L I N G U E 1137. Concesso il permesso di imparare le diverse lingue «Il Signore ha concesso a chiunque lo desideri il permesso di imparare le diverse lingue del mondo onde poter diffondere il Messaggio della Causa di Dio in Oriente e in Occidente, far menzione di Lui fra le tribù e i popoli del mondo in tal guisa che i cuori rivivano e le ossa putrescenti ne siano vivificate.» (Bahá’u’lláh, Il Kitáb-i-Aqdas, Casa Editrice Bahá’í, Roma 1995, p. 55) 1138. L’estrema importanza di una lingua ausiliaria «Oggi il più grande bisogno dell’umanità è che cessino le incomprensioni esistenti fra le nazioni. Il che può ottenersi per mezzo dell’unità delle lingue. Se non si realizzerà l’unità delle lingue, la Più Grande Pace e l’unità del mondo umano non potranno essere completamente organizzate e instaurate, perché funzione del linguaggio è descrivere i misteri e i segreti dei cuori umani. Il cuore è come uno scrigno e il linguaggio ne è la chiave. Solo usando la chiave possiamo aprire lo scrigno e guardare le gemme che contiene. Perciò la questione della lingua ausiliaria internazionale è della massima importanza. Con questo mezzo diventano possibili un’educazione ed un’istruzione internazionali e possono essere acquisite le testimonianze e la storia del passato. La conoscenza dei fatti del mondo umano dipende dalla lingua. La spiegazione dei divini insegnamenti può avvenire solo attraverso questo mezzo. Finché perdurerà la diversità delle lingue e l’incomprensione di quelle diverse dalla propria, questi gloriosi fini non potranno essere realizzati. Quindi, il primo vero servizio da compiere per il mondo dell’uomo è istituire questo mezzo internazionale ausiliare di comunicazione, che diventerebbe motivo di tranquillità per l’umano consesso. Per mezzo di tale lingua scienze ed arti si diffonderanno fra le nazioni ed essa dimostrerà di essere strumento di progresso e sviluppo di tutte le razze.» (‘Abdu’l-Bahá: “The Promulgation of Universal Peace”, Bahá’í Publishing Trust 1982, pp.60-61. Parzialmente in compilazione “La Pace”, p. 28, n. 29) 1139. I discorsi di un uomo, ne rivelano il cuore «I discorsi infruttuosi affaticano e appesantiscono una persona…. I discorsi di un uomo, ne rivelano il cuore. Qualunque mondi il cuore attraversi, la conversazione di un uomo girerà intorno al suo centro. Dalle sue parole si comprenderà quale mondo attraversi, se è volto all’alto, verso il regno della luce, o al basso, verso l’infimo, se cosciente o inconsapevole, se allerta o addormentato, vivo o morto. Per questa ragione Sua Santità ‘Alí disse: “L’uomo è nascosto dietro alla sua lingua. Egli parla secondo il contenuto del cuore.» (Parole di ‘Abdu’l-Bahá, 25 luglio 1914:Star of the West, Vol. VIII n. 2, pp-24/5) 1140. Esperanto «Sul tema dell’esperanto: deve essere chiaro ai credenti che se l’insegnamento di tale lingua è stato più volte incoraggiato da ‘Abdu’l-Bahá, non vi sono riferimenti Suoi o di Bahá’u’lláh che ci facciano ritenere che essa si svilupperà necessariamente nella lingua ausiliari internazionale del futuro. Bahá’u’lláh ha specificato nei Suoi scritti che tale lingua potrà essere scelta fra quelle esistenti o che ne sarà creata una completamente nuova per essere usata quale mezzo di comunicazione tra le nazioni e ipopoli del mondo. In virtù di questa scelta finale, si raccomanda ai bahá’í di studiare l’esperanto unicamente per il fatto che il suo apprendimento potrà considerevolmente agevolare le comunicazioni fra i singoli, i gruppi e le Assemblee nel mondo bahá’í nel momento attuale dell’evoluzione della Fede.» (Da una lettera scritta per conto di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e del Canada il 4 giugno 1937:Bahá’í News, N. 109, luglio 1937, p. 11) 1141. L’attuale necessità di una lingua ausiliaria «Ciò a cui Bahá’u’lláh fa riferimento nell’Ottava Foglia del Più Eccelso Paradiso è molto lontano nel futuro: esattamente per il momento in cui il mondo sarà realmente un solo paese ed una lingua unica una ragionevole possibilità. Questo non contraddice comunque le Sue istruzioni circa la necessità immediata di una lingua ausiliaria.» (Da una lettera del 16 Mirza 1946 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) 1142. L’esperanto si diffonderà «Hai scritto a proposito dell’Esperanto. Questa lingua si diffonderà e diverrà universale fino a un cero punto, ma poi una lingua ancora più completa di questa o essa stessa che subirà alcuni cambiamenti e modifiche, sarà adottata e diverrà universale…» (‘Abdu’l-Bahá, Tablets of ‘Abdu’l-Bahá, Vol. III, p. 692) 1143. La lingua persiana «Acquisisci il persiano, così da apprendere i significati delle parole divine e conoscere i misteri divini, sviluppare l’eloquenza e tradurre le benedette Tavole di Bahá’u’lláh. Nel corso di questo ciclo, la lingua persiana diverrà celebre, anzi tutti la studieranno in tutto il mondo.» (Ibidem, Vol. ii, p. 360) XXIX. LEGGI E ORDINANZE A. Introduzione 1144. L’obbedienza alle Leggi di Bahá’u’lláh imporrà talvolta sofferenze e prove «In taluni casi, l’obbedienza alle Leggi di Bahá’u’lláh imporrà necessariamente delle sofferenze. Nessuno, diventando bahá’í, deve pensare che la sua fede non sarà sottoposta a prove, le quali - a causa della nostra limitata comprensione di tali questioni – potranno sembrare talvolta insopportabili. Ma noi sappiamo che Bahá’u’lláh Stesso ha assicurato i credenti che non saranno mai chiamati ad affrontare prove più grandi della loro capacità di sopportazione.» (Da una lettera del 7 settembre 1965 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1145. Determinate Leggi sono oggi universalmente e attivamente applicabili «ritiene sia suo compito chiarire che le Leggi rivelate da Bahá’u’lláh nell’Aqdas sono, quando praticabili e non contrastanti con le leggi civili del luogo, assolutamente vincolanti per ogni singolo credente o istituzione bahá’í in Oriente e in Occidente. I credenti devono considerare oggi applicabili universalmente e attivamente determinate leggi, come il digiuno, le preghiere obbligatorie, il consenso dei genitori al matrimonio, l’astensione dagli alcolici, la monogamia. Oltre sono state concepite in anticipo su una condizione sociale destinata a emergere dalle prevalenti condizioni caotiche odierne. Quando sarà pubblicato l’Aqdas questo tema sarà ulteriormente chiarito e approfondito. Su ciò che non è formulato nell’Aqdas, su dettagli di secondaria importanza che nasceranno con l’applicazione delle leggi già formulate da Bahá’u’lláh, sarà la Casa Universale di Giustizia a esprimersi. Questa istituzione potrà arricchire ma mai invalidare o modificare minimamente ciò che è stato formulato da Bahá’u’lláh. Neppure il Custode ha alcun diritto a alleggerirne gli effetti vincolanti e tanto meno a abrogare quanto previsto in un Libro così sacro e fondamentale.» (Da una lettera scritta per conto di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Stati Uniti e Canada, l’11 agosto 1935) 1146. Leggi governanti l’esistenza fisica e materiale «Come esistono leggi che governano l’esistenza fisica che, per evitare malattie, richiedono di fornire al corpo determinate vivande, mantenerlo a una temperatura costante e così via, esistono anche leggi che presiedono all’esistenza spirituale. Tali leggi sono rivelate all’umanità in alcune ere, dalle Manifestazioni di Dio e obbedire ad esse è di vitale importanza se ogni essere umano e di conseguenza, l’umanità deve crescere correttamente e armoniosamente. Ancora di più, questi due aspetti sono interdipendenti. Se un individuo viola le leggi spirituali del suo sviluppo provocherà danni non solo per sé ma anche alla società di cui fa parte. La società, allo stesso tempo, influenzerà moltissimo l’individuo che deve vivere nei suoi ambiti.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a un credente; estratti a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 6 febbraio 1973; Messages from The Universal House of Justice, 1968-1973, pp. 105/6) 1147. È difficile seguire le leggi di Bahá’u’lláh «Come lei sottolinea, è difficile seguire le leggi di Bahá’u’lláh nella società attuale i cui usi consolidati, si differenziano nettamente dai modelli della Fede. Vi sono comunque alcune leggi fondamentali per il buon funzionamento della società che devono essere applicate in tutte le circostanze. Ben consapevole della fragilità umana, Bahá’u’lláh ha previsto che altre leggi siano da applicarsi gradualmente ma anche queste, una volta in vigore, saranno da seguirsi o, in caso contrario, la società non si riformerà ma cadrà in condizioni sempre peggiori. È la sfida dei bahá’í obbedire alla legge di Dio durante l’esistenza e portare gradualmente il resto dell’umanità alla sua accettazione.» (Ibidem, p. 106) 1148. Punizioni decise dalla Casa di Giustizia «Lei esprime stupore per il riferimento del Custode alla “necessaria punizione da parte della società”, Nel Kitáb-i-Aqdas, Bahá’u’lláh proibisce l’immoralità sessuale e nelle appendici del Libro stabilisce che i vari gradi di reati sessuali e le relative punizioni devono essere decisi dalla Casa Universale di Giustizia. A questo proposito si deve comprendere che vi è una distinzione nella Fede tra gli atteggiamenti che caratterizzano le relazioni tra gli individui, per esempio, amorevole tolleranza, perdono e preoccupazione per i propri peccati e non per quelli degli altri, e quelli da dimostrarsi da parte delle Assemblee Spirituali, il cui compito è di amministrare con giustizia la legge di Dio.» (Ibidem, p. 110) 1149. Bisogna obbedire alle leggi, ma non per paura della punizione «È dovere vitale e pressante delle Assemblee, sia Nazionali che Locali, non solo applicare le Leggi di Bahá’u’lláh con giustizia e fermezza, ma anche accrescere la comprensione e la devozione dei credenti verso di esse. In tal modo questi ultimi obbediranno non per paura della punizione, ma per amore di Bahá’u’lláh e perché la loro vita è stata trasformata e riorientata sul Sentiero di Dio.» (Da una lettera del 11 ottobre 1965 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1150. Obbedienza alle ordinanze, anche se all’inizio non se ne vede la necessità «Spesso ci è difficile fare alcune cose perché sono diverse dalle nostre abitudini, e non perché in sé‚ stesse siano particolarmente difficili. Nel suo caso, e in verità nel caso della maggior parte dei bahá’í che accettano attualmente - da adulti - questa gloriosa Fede, alcune ordinanze, quali il digiuno e la preghiera quotidiana, sono all’inizio senza dubbio difficili da capire e da seguire. Ma dobbiamo sempre ricordare che esse sono date a tutti gli uomini per i futuri mille anni. Per i bambini Bahá’í che in casa sono testimoni dell’osservanza di queste regole, esse diventeranno naturali e necessarie quanto lo fu per una più pia generazione di Cristiani l’andare in chiesa la domenica. Bahá’u’lláh non ci avrebbe dato queste leggi se non ci fossero di grande beneficio e - come bambini che hanno buon senso sufficiente da rendersi conto della saggezza di ciò che fa il padre per il loro bene - dobbiamo accettare di ubbidire anche se all’inizio non possiamo comprenderne la necessità. Ubbidendo a queste ordinanze cominceremo gradualmente ad osservare in noi stessi i benefici che da esse scaturiscono.» (Da una lettera del 16 Mirza 1949 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente. Compilazione “Guida per una vita bahá’í”, pp. 98-99, n. 56) . 1151. Da bahá’í non si può continuare a bere - Occorre farlo comprendere gradualmente «Le persone non devono essere incoraggiate ad entrare nella Causa sulla base di false affermazioni. Da bahá’í, non possono continuare a bere ed occorre che lo si faccia loro comprendere gradualmente dopo che sono diventati credenti o, meglio, membri registrati della comunità. Non possiamo pretendere che le persone siano dei credenti ben consapevoli ed istruiti già prima di entrare nella Causa, ma prima o poi dovranno pur accettare certi elementi fondamentali ed essere disposti a sforzarsi per tenervi fede.» (Da una lettera del 16 giugno 1948 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) 1152. È ingiusto richiedere agli aspiranti l’accettazione preventiva di tutte le leggi della Fede «Il Custode condivide pienamente la sua opinione secondo la quale sarebbe sommamente insensato ed ingiusto richiedere a coloro che hanno manifestato l’intenzione di entrare nella comunità l’accettazione preventiva di tutte le leggi della Fede. Tale richiesta non potrebbe mai essere messa in atto, perché vi sono molte leggi nell’Aqdas con cui perfino i più vecchi e confermati credenti non hanno ancora familiarità. Come lei giustamente sottolinea, il processo per diventare bahá’í è evolutivo e richiede considerevole tempo e notevole sforzo da parte del nuovo credente. Questioni come il ritiro dalla Chiesa e l’astensione dalle bevande alcoliche non possono essergli imposte, ma spiegategli gradualmente, in modo che egli stesso possa convincersi della verità che sta alla base di queste ordinanze della Causa.» (Da una lettera del 17 febbraio 1938 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) 1153. Differenza fra consiglio (esortazione, suggerimento) e ingiunzione vincolante «Passiamo ora alle sue domande su come stabilire se un particolare passo degli Scritti del Maestro abbia carattere di esortazione o sia un’affermazione assolutamente vincolante. Così come per gli Scritti di Bahá’u’lláh, il testo stesso della Tavola rivela se trattasi di esortazione, consiglio o suggerimento, oppure se costituisce comando assoluto e vincolante. Ovviamente, vi possono essere dei passi di dubbia comprensione per i quali occorre rivolgersi al Custode* per ottenere chiarimenti e l’esatta interpretazione.» (Da una lettera del 14 Mirza 1939 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) *(Ora, la Casa Universale di Giustizia) B. Aborto 1154. L’aborto al solo scopo di evitare la nascita di un figlio non voluto è rigorosamente proibito nella Causa «L’aborto al solo scopo di evitare la nascita di un figlio non voluto è rigorosamente proibito nella Causa. Vi possono essere, tuttavia, dei casi in cui l’aborto sarebbe giustificato per motivi terapeutici, ed allora la legislazione in merito è demandata alla Casa Universale di Giustizia. Al momento, comunque, Essa non intende legiferare su questa delicata questione, che viene quindi lasciata alla coscienza degli interessati, i quali devono attentamente vagliare i consigli medici alla luce dei principi generali degli insegnamenti.» (Da una lettera del 16 Mirza 1983 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Irlanda) 1155. Aborto e operazioni chirurgiche «Nella Causa aborto e operazioni chirurgiche allo scopo di prevenire la nascita di figli indesiderati sono proibiti, a meno che le circostanze non li giustifichino su base medica, nel qual caso, la decisione, attualmente, è lasciata alla coscienza degli interessati che devono accuratamente soppesare il parere sanitario alla luce della guida generale data dagli Insegnamenti. Oltre a ciò nulla è stato trovato negli Scritti riguardante metodi specifici o procedure da usare nella pianificazione familiare. Va tuttavia sottolineato che gli Insegnamenti affermano che l’anima compare al momento del concepimento, e che quindi sarebbe improprio usare un metodo il cui effetto equivarrebbe a provocare un aborto dopo che il concepimento ha avuto luogo.» (Da una lettera scritta per conto della Casa Universale di Giustizia a un credente il 23 maggio 1975) C. Adulterio 1156. La Fede riconosce l’impulso sessuale ma condanna le sue espressioni illegittime «La Fede Bahá’í riconosce il valore dell’impulso sessuale, ma ne condanna ogni espressione illegittima e impropria come il libero amore, la convivenza amorosa e simili che considera realmente dannose all’uomo e alla società in cui vive. Il corretto uso dell’istinto sessuale è un diritto naturale di ogni individuo ed è proprio per questo che è stata fondata l’istituzione del matrimonio. I bahá’í credono che l’impulso sessuale non vada soppresso ma regolato e controllato.» (Da una lettera scritta per conto di Shoghi Effendi a un credente il 5 settembre 1938:Messages from the Universal House of Justice, 1968-1973, p. 108, Compilazione “La Purezza”, p. 24/5) 1157. Sono proibite le relazioni sessuali fuori dal matrimonio «Mi riferisco alla domanda posta e relativa all’atteggiamento bahá’í verso i problemi sessuali in relazione al matrimonio. Gli insegnamenti bahá’í su questo tema, di grande peso e sul quale esistono vedute ampiamente differenti, sono molto chiari e precisi. Per dirla in breve, la concezione bahá’í del sesso è basato sulla convinzione che maschi e femmine devono rigorosamente praticare la castità non solo perché essa è di per sé altamente encomiabile dal punto di vista etico, ma anche perché è l’unica strada che porti alla felicità e al successo nella vita coniugale. Pertanto, fuori dal matrimonio, non è permesso alcun tipo di rapporto sessuale e chiunque violi questa regola non solo ne sarà responsabile davanti a Dio, ma incorrerà nella necessaria punizione da parte della società.» (Ibidem, p. 107) 1158. La relazione sessuale è consentita solo fra marito e moglie «L’insegnamento bahá’í sulla relazione sessuale è molto preciso. È consentito unicamente fra l’uomo e la donna che sia sua moglie….» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali del 6 febbraio 1973; estratto Da una lettera del per rispondere a una domanda di un credente, Ibidem) 1159. L’adulterio rallenta il progresso dell’anima «….ogni altra parola di Bahá’u’lláh e gli scritti di ‘Abdu’l-Bahá sono una lode della condotta etica e morale; ogni altra cosa è forma, è il calice in cui versare il puro spirito; senza lo spirito e l’azione che lo testimonia, è una forma senza vita.» «Quando ci rendiamo conto che Bahá’u’lláh afferma che l’adulterio è tanto grave da ritardare i progresso dell’anima nell’altra vita e che il bere distrugge la mente, e che non dovremmo permetterci neppure di pensarci, vediamo che i nostri insegnamenti in proposito sono molto chiari.» (Da una lettera scritta per conto di Shoghi Effendi a un credente il 30 settembre 1949, Living the Life, pp.15-16, World Center, novembre 1972, Compilazione “La Purezza”, p. 26) D. Controllo delle nascite 1160. Il problema del controllo delle nascite non è specificatamente affrontato negli Scritti «Quanto al problema del controllo delle nascite, né Bahá’u’lláh né ‘Abdu’l-Bahá hanno rivelato alcunché di diretto o esplicito in materia. Ma gli Insegnamenti bahá’í, studiati con cura, implicano che concetti quali il controllo delle nascite, per quanto non necessariamente errati e immorali per principio, vanno tuttavia scartati in quanto costituiscono un vero pericolo contro le basi della vita sociale. Bahá’u’lláh infatti esplicitamente rivela nel Suo libro delle Leggi che il vero scopo del matrimonio è la procreazione dei figli che, una volta cresciuti, possano conoscere Dio e riconoscere e osservare i Suoi Comandamenti e Leggi rivelati tramite i Suoi Messaggeri. Il matrimonio quindi, secondo gli Insegnamenti bahá’í, è prima di tutto un atto sociale e morale. Ha uno scopo che trascende gli immediati bisogni personali e gli interessi delle parti…» (Da una lettera scritta per conto di Shoghi Effendi a un credente il 14 ottobre 1935) 1161. Esplosione demografica, non ci sono riferimenti negli Scritti: momento nel quale l’anima appare nel corpo e altro… «In una lettera scritta per conto del Custode a una persona egli ha ulteriormente sottolineato che “lo scopo principale e sacro” del matrimonio è “la perpetuazione della razza umana…e la sua elevazione al vero stadio destinatole da Dio.» In un’altra lettera scritta per suo conto, si afferma: “lo scopo fondamentale del matrimonio è portare altre anime in questo mondo, per servire Dio e amarLo.» Non abbiamo trovato nei testi alcun riferimento specifico al problema dell’esplosione demografica e della sua relazione con il controllo delle nascite. Questo argomento naturalmente è adesso oggetto di preoccupazione e congetture da parte di molti. Uno studio dei nostri Insegnamenti tuttavia, indica che nel futuro non vi è dubbio che si registrerà un miglioramento generale dei livelli di vita e salute, ma vi sarà pure il pieno sfruttamento delle risorse, non utilizzate e ancora insospettate, del pianeta insieme al controllo e utilizzo delle sue fonti di nuovi materiali, con un grande aumento della produttività. Lei ha sollevato il punto relativo all’apparizione dell’anima umana. Ha ragione nelle sue deduzioni al riguardo, in quanto i nostri insegnamenti confermano chiaramente che l’anima dell’uomo incomincia ad esistere al momento del concepimento. Quanto al suo desiderio e quello di suo marito di evitare qualunque azione che possa evitare in modo permanente il concepimento dei figli, il solo testo che abbiamo finora trovato sull’argomento, è una lettera dell’amato Custode a un credente. La domanda ivi espressa era se fosse permesso, dopo aver avuto vari figli, che la moglie si sottoponesse a un’operazione chirurgica per prevenire ulteriori concepimenti. La sua risposta fu che questo atto è inaccettabile e indegno e coloro che lo commettono ne sono responsabili davanti a Dio. Quando al Custode fu chiesto se il ricorso al controllo delle nascite è un peccato nel caso in cui il numero dei figli impedisce al padre di far fronte all’obbligo di educarli, egli ha affermato che è dovere dei bahá’í mantenere la moderazione in tutte le cose e evitare metodi illegali.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a un credente del 31 luglio 1970) 1162. Quando esercitato per prevenire la procreazione di figli «Un altro credente dopo aver letto questa lettera ha chiesto all’amato Custode se tutti i metodi di controllo delle nascite a qualsiasi scopo fossero del tutto proibiti dagli insegnamenti bahá’í. Il segretario del Custode ha scritto a suo nome il 4 febbraio 1937 quanto segue: “Il Custode ha …esaminato con attenzione la sua domanda sul punto di vista bahá’í sul controllo delle nascite. ….non vi è alcun riferimento negli Scritti su questo argomento. Il massimo che si può dire è in riferimento a quanto Bahá’u’lláh ha rivelato riguardo alla natura, lo scopo e il carattere del matrimonio. Noi, in quanto bahá’í, non siamo quindi in condizione di condannare o confermare la pratica del controllo delle nascite. Il controllo delle nascite, tuttavia, quando sia esercitato allo scopo di prevenire deliberatamente la procreazione di figli è contro lo spirito della Legge di . Bahá’u’lláh, che definisce scopo primario del matrimonio l’educazione dei figli e crescerli spiritualmente nella Causa. La Casa Universale di Giustizia dovrà prendere in considerazione questo problema e dare il proprio verdetto su di esso.” La Casa Universale di Giustizia ritiene che non è ancora il momento di legiferare in materia e che queste istruzioni offrono agli amici guida sufficiente per il momento.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche del 31 luglio 1967) 1163. I coniugi devono decidere quanti figli avere «Negli Scritti sacri non vi è nulla di specifico sugli argomenti del controllo delle nascite, aborto o sterilizzazione, ma Bahá’u’lláh ha affermato che lo scopo principale del matrimonio è la procreazione di figli, ed è a questo scopo primario che l’amato Custode allude in molte delle sue lettere citate nella Compilazione. Ciò non implica che una coppia sia obbligata ad avere quanti figli può; il segretario del Custode ha chiaramente affermato a suo nome, in risposta a una domanda, che sta a marito e moglie decidere quanti figli vogliono avere. La decisione di non avere affatto figli vizierebbe lo scopo primario del matrimonio a meno che, naturalmente, non vi siano ragioni mediche a rendere necessaria tale decisione. Lei e suo marito non dovete quindi sentirvi obbligati ad allargare la vostre già numerosa famiglia. È una questione lasciata interamente alla vostra decisione, e vi sono molti metodi per prevenire il concepimento, inclusi l’auto disciplina e il controllo, ai quali potete ricorrere. La sterilizzazione invece ha un’azione ben più radicale di qualunque altro metodo, con implicazioni e risultati che vanno oltre quelli necessari allo scopo immediato di limitare le dimensioni della famiglia, e non è permessa nella legge bahá’í eccetto in casi rari in cui è resa necessaria da ragioni mediche.» (Da una lettera scritta per conto della Casa Universale di Giustizia a un credente il 28 gennaio 1977) 1164. La vasectomia non è permessa se comporta permanente sterilità «Riguardo la sua domanda sulla vasectomia: in linea generale non è permesso sottoporsi ad operazioni chirurgiche allo scopo di evitare figli indesiderati, ove tali operazioni comportano sterilità permanente. Ad ogni modo, possono sussistere circostanze che giustificherebbero la sterilizzazione, ma questo non sembra sia il suo caso.» (Da una lettera del 30 maggio 1974 della Casa Universale di Giustizia ad un credente) 1165. Legatura delle Tube «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la sua lettera del 29 aprile che chiede della legatura delle tube e ha notato che Lei conosce i principi generali bahá’í sull’argomento. Tuttavia ci ha chiesto di dirLe che in circostanze normali non è permesso sottoporsi a interventi chirurgici allo scopo di non avere altri figli se tale operazione comporta la sterilità permanente.» (Da una lettera scritta per conto della Casa Universale di Giustizia a un credente il 28 maggio 1978) 1166. Si considerino disponibilità, affidabilità e reversibilità dell’operazione. «È chiaro che è inaccettabile sottoporsi ad un’operazione chirurgica solo per evitare figli indesiderati. Tuttavia, come nel caso dell’aborto, potrebbero esservi delle circostanze in cui tale operazione sarebbe giustificata. I credenti chiamati a prendere tale decisione devono essere guidati dai principi bahá’í relativi, dal miglior parere professionale disponibile e dalla propria coscienza. Nel giungere a una decisione le parti devono anche prendere in considerazione la disponibilità, affidabilità e reversibilità di tutti i metodi di contraccezione.» (Da una lettera scritta per conto della Casa Universale di Giustizia a un credente il 25 ottobre 1971) 1167. Negli Scritti non esistono riferimenti circa la contraccezione al fine di evitare la trasmissione di caratteri indesiderabili «Riguardo la sua domanda se sia permesso al credente di limitare il numero dei suoi figli con l’uso di metodi contraccettivi al fine di evitare la trasmissione ereditaria di indesiderabili caratteri e tendenze familiari: il Custode desidera che la informi che su tale argomento non esistono negli Insegnamenti specifici riferimenti e, quindi, sulla questione dovrà esprimersi la futura Casa Universale di Giustizia.» (Da una lettera del 2 novembre 1938 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) 1168. Fecondazione in vitro e madri surrogate* «I quesiti da voi posti sui donatori di ovuli o di sperma nei casi di sterilità e sulla condizione dell’anima dell’embrione congelato sono relativi alla più ampia questione della posizione bahá’í nei confronti dei recenti passi avanti compiuti dalla scienza medica, che accrescono la probabilità del concepimento nei casi di sterilità. Il punto di vista bahá’í è molto equilibrato. Mentre da un canto si apprezza il valore delle nuove tecniche mediche che consentono a coppie senza figli di godere delle benedizioni di una famiglia, dall’altro gli insegnamenti stabiliscono quei limiti necessari a preservare la dignità dell’individuo e la santità del matrimonio. ...Quantunque l’inseminazione artificiale sia un procedimento molto differente dalla fecondazione in vitro, il principio enunciato dal Custode è unico e cioè: quale che sia il metodo, per essere accettabile dai bahá’í, la cellula uovo della moglie deve essere comunque fecondata dallo sperma del marito. Le implicazioni spirituali e sociali dell’utilizzo di madri surrogate per la gestazione dell’embrione, anche quando quest’ultimo sia il risultato della fecondazione dell’ovulo della moglie da parte dello sperma del marito e poi sia stato impiantato nell’utero di una terza persona, sono troppo di vasta portata perché tale procedimento possa essere consentito ai bahá’í.» (Da una lettera del 25 ottobre 1984 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un’Assemblea Spirituale Nazionale) *(Vedasi anche paragrafo n. 973: Madri surrogate e inseminazione artificiale) 1169. Valutare gli attuali rischi dei contraccettivi: sterilità permanente «Circa i metodi di controllo delle nascite, la Casa di Giustizia non intende fare commenti sull’efficacia o sui possibili rischi degli attuali agenti contraccettivi, e lascia che siano i singoli individui a decidere come regolarsi alla luce degli insegnamenti e dei migliori consigli medici disponibili...» (Da una lettera del 4 Mirza 1981 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente) 1170. Lettera ad un medico specializzato in ostetricia e ginecologia «Essendo lei un medico specializzato in ostetricia e ginecologia, le sue decisioni professionali in questo campo sono frequenti e difficoltose da prendere. In ogni singolo caso e ogni qual volta sia in gioco la permanente sterilità della paziente, solo il suo giudizio di medico e la sua coscienza di bahá’í dovranno guidarla verso quella corretta. Delle quattro categorie da lei elencate, solamente la prima - grave malattia della madre - rientra chiaramente nella liceità bahá’í. Nella seconda categoria, unicamente il grave difetto genetico, ma è ovvio che non tutti i difetti genetici possono rappresentare un valido motivo di intervento. La mancanza di mezzi sociali e finanziari e la previsione di andare incontro ad una gravidanza multipla - casi in cui è decisiva la richiesta della madre - non possono essere ragioni accettabili per una permanente sterilizzazione. Attualmente possono essere prese in considerazione, quali forme di controllo della fertilità familiare da parte di talune pazienti, solo quei metodi di intervento che sono reversibili e che non portano quindi necessariamente alla sterilità permanente. Nei casi in cui sono stati impiegati tali metodi, è stato possibile - attraverso un’operazione correttiva - aderire al desiderio delle pazienti di avere, per qualsivoglia motivo, altri figli.» (Da una lettera del 18 aprile 1982 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente) E. Alcol, Droghe e Tabacco 1. Alcol 1171. Le bevande alcoliche, sia leggere che forti, sono proibite se non prescritte da un medico «Riguardo l’uso di liquori: secondo il Libro dell’Aqdas sono proibiti sia quelli leggeri che quelli forti. Il motivo sta nel fatto che l’alcool porta fuori strada la mente e indebolisce il corpo. Se l’alcool facesse bene sarebbe venuto al mondo per mezzo della creazione divina e non per opera dell’uomo. Tutto ciò che è di beneficio per l’uomo esiste nella creazione. Ormai è stato scientificamente provato e stabilito che le bevande alcoliche sono dannose. Circa il significato del seguente passo delle Tavole: “Io ho scelto per te qualsiasi cosa è in cielo e sulla terra”, esso si riferisce a quelle cose che sono conformi allo scopo di Dio e non alle cose nocive. Per esempio, una delle cose esistenti è il veleno; possiamo affermare che il veleno debba essere usato dal momento che è stato creato da Dio? Ciò nonostante, le bevande inebrianti, se prescritte da un medico e se il suo uso è assolutamente necessario, sono permesse. In breve, spero che tu possa inebriarti con il vino dell’amore di Dio, trovare eterna beatitudine e ricevere inesauribile gioia e felicità. Tutti i tipi di vino portano alla depressione come effetto secondario, eccetto il vino dell’Amore di Dio.» (Da una Tavola di ‘Abdu’l-Bahá ad un credente, tradotta dal persiano) 1172. Il Kitáb-i-Aqdas proibisce di assumere qualsiasi cosa che confonda la mente «Riguardo la sua prima domanda sull’alcool e sull’alcolismo, Bahá’u’lláh - pienamente consapevole della grande disgrazia che comportano - li proibisce, così come proibisce ogni cosa che priva la mente delle sue facoltà, ovvero faccia ubriacare.» (Da una lettera del 15 febbraio 1926 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) 1173. Bere è proibito. Non ci sono scuse, neppure per i dolci «In nessuna circostanza i bahá’í possono bere. È proibito in modo così chiaro nelle Tavole di Bahá’u’lláh che non vi sono scuse neppure per un brindisi o per fiammeggiare un budino, praticamente in nessun caso.» (Da una lettera scritta per conto del Custode a un credente il 3 Mirza 1957, citata in una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Nazionale dell’Ecuador del 21 dicembre 1972) 1174. Aromi per dolci ed estratti «Lei ha chiesto se gli amici possono usare aromi da dolci come estratti al sapore di vaniglia, limone o rhum, in quanto essi hanno una certa percentuale di alcol e se i bahá’í possono lavorare in fabbriche che preparano tali estratti. Non abbiamo trovato alcun testo che proibisca agli amici di usare estratti aromatici nel cibo. Questa è una questione sulla quale più avanti, legifererà la Casa Universale di Giustizia, ma per il momento gli amici dovrebbero essere lasciati liberi di fare come credono. Lo stesso principio si applica a chi lavora fabbriche che preparano gli estratti.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a un credente del 7 aprile 1974) 1175. Proibiti i cibi aromatizzati con liquori «In riferimento alla sua domanda se piatti aromatizzati con liquori come brandy, rhum e altro, vanno classificati sotto la stessa categoria delle bevande inebrianti e quindi evitati dai credenti, il Custode desidera che tutti gli amici sappiano che tali cibi o bevande sono assolutamente proibiti.» (Da una lettera del 9 gennaio 1939 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) 1176. Alcol per rimedi casalinghi, nessuna istruzione che consenta il loro uso «Anche se è chiaro dagli Insegnamenti che l’uso dell’alcol è permesso se prescritto da un medico per uso terapeutico, non siamo riusciti a trovare alcun riferimento che ne permetta l’uso nella preparazione di rimedi casalinghi per semplici malattie.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador del 21 dicembre 1973) 1177. L’offerta di bevande alcoliche da parte dei bahá’í e delle Istituzioni bahá’í «In risposta alle domande poste sulla possibilità di offrire bevande alcoliche in diverse circostanze, la Casa Universale di Giustizia ha formulato le seguenti istruzioni. Il fatto che i bahá’í non debbano bere alcolici è chiarissimo e non occorre altro commento qui. In quanto all’offrire alcolici a non bahá’í: 1. Nessuna istituzione bahá’í deve servire alcolici a non bahá’í, per nessuna ragione. 2. Se un bahá’í intrattiene un ospite o un piccolo gruppo di ospiti, quale rappresentante ufficiale della comunità bahá’í, non deve offrire alcolici nella propria casa, ma deve decidere lui stesso se farlo o no nel caso il trattenimento abbia luogo in un ristorante. 3. Nessun bahá’í deve servire alcolici in una funzione o in un ricevimento da lui dato, come una festa nuziale o un party cui siano invitate più persone. 4. Quando un bahá’í intrattiene privatamente un ospite non bahá’í o un piccolo gruppo di ospiti nella propria casa, deve giudicare lui stesso se servire o no alcolici. Questo dipenderà in larga misura dalle abitudini del Paese in cui si trova, dalle persone intrattenute e dal rapporto tra l’anfitrione e i suoi ospiti. Ovviamente è meglio che i bahá’í non servano alcolici se possibile, ma essi devono sempre valutare la probabile reazione dell’ospite nelle circostanze del luogo e nella situazione particolare. In alcuni Paesi non offrire alcolici agli ospiti non è un problema; in altri sarebbe considerato un atto fuori dal comune e antisociale e immediatamente creerebbe un ostacolo ad ulteriori contatti. Non è bene farne un problema. 5. Se un bahá’í intrattiene privatamente un ospite o un piccolo gruppo di non bahá’í in un ristorante, è bene seguire gli stessi principi generali esposti al punto 4, con la differenza che non offrire bevande alcoliche in un luogo pubblico sarebbe più difficilmente comprensibile rispetto a una casa privata, ed il bahá’í deve giudicare di conseguenza. 6. Bevande alcoliche non devono essere servite in un ristorante o altro luogo pubblico il cui proprietario sia un bahá’í. 7. Se un bahá’í è impiegato presso terzi in un lavoro che comporta il servizio di bevande alcoliche, non è obbligato a cambiare lavoro. L’individuo è libero di decidere il da farsi alla luce della sua coscienza. Ovviamente questi tipi di lavoro variano da quello di barista a quello di commesso in un negozio dove si vende vino. Se il lavoro comporta un notevole impegno nel servire alcolici è meglio che il bahá’í ne cerchi un altro, se può.» (Istruzioni della Casa Universale di Giustizia, The Serving of Alcoholic Drinks by Bahá’ís and Bahá’í Institutions, allegate alla lettera 31 gennaio 1982 scritta a suo nome ad un credente. Note Bahá’í, anno 5, n. 1, gennaio 1987) 1178. Società d’affari fra bahá’í e non bahá’í «Poiché non sono stati trovati né‚ espliciti passi nei Testi, né‚ istruzioni dell’amato Custode su tale situazione, cioè la vendita di bevande alcoliche da parte di una ditta nella quale un bahá’í è socio di un non bahá’í, la Casa di Giustizia ritiene che attualmente non sia il caso di emanare regole ferree. Questo è un problema la cui soluzione va ricercata caso per caso alla luce dello spirito degli insegnamenti e della situazione contingente e, a meno che quest’ultima non stia arrecando nocumento al buon nome della Fede, deve essere lasciata alla coscienza del credente interessato, il quale naturalmente deve fare il possibile per dissociarsi da tale attività.» (Da una lettera del 10 ottobre 1983 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India) 1179. Ruolo dell’assemblea nei confronti di chi continua a bere «Si esortino amorevolmente, poi si ammoniscano con fermezza e infine si privino del diritto di voto quei credenti che continuano a bere. È lasciato alla discrezionalità dell’Assemblea Spirituale Locale, in consultazione con quella nazionale, il numero delle volte per esortare o ammonire una persona. La politica da adottare non è quella di privare i credenti dei diritti amministrativi in modo burocratico o automatico perché sarebbe ingiusto e poco saggio. La vostra Assemblea come quelle Locali devono ricordare agli amici con fermezza e coraggio i loro obbligo al riguardo, gestire con fermezza i casi flagranti e usarli come esempio affinché esercitino la loro influenza sugli altri credenti. Deve essere chiaro alle Assemblee Locali che devono cooperare con quei credenti affetti dall’abitudine del bere quando uno di loro promette di ridurre gradualmente e sistematicamente la quantità bevuta con lo scopo intenzionale di smettere completamente tale abitudine.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Africa sud occidentale del 12 novembre 1965) 1180. Alcolismo e Alcolisti Anonimi «Riguardo il problema dell’alcolismo, che è invero un terribile flagello dell’umanità, esso non deve mai divenire una fonte di disunità fra i credenti. In caso di malattia, il principio di Bahá’u’lláh è quello di consultare i migliori medici, seguirne i consigli e pregare. Se quindi lei ha consultato gli Alcolisti Anonimi, questa deve essere la sua linea di condotta. Ma se non ne è rimasto soddisfatto, è libero di consultare chiunque altro, applicando lo stesso principio. Faccia ciò che il medico (o l’esperto) le dice, e preghi.» (Da una lettera del 14 luglio 1963 della Casa Universale di Giustizia ad un credente) 1181. L’agente pubblicitario bahá’í deve far uso di saggezza per evitare la promozione di bevande inebrianti «La Casa di Giustizia... fa rilevare che, per quel che riguarda la pubblicità, il credente deve usare saggezza nel decidere ciò che sia lecito o meno. Per esempio, mentre una pubblicità specifica per vini non è ammissibile, non ci sarebbe nulla in contrario se un agente pubblicitario bahá’í approntasse una reclame nella quale fossero elencati i prezzi di vendita della merce di un supermercato, anche se in detto listino siano inclusi vini e liquori. Si tratta, quindi, di una questione di enfasi e saggezza. La Casa di Giustizia desidera che ogni decisione in merito venga lasciata, in primo luogo, al giudizio degli interessati; tuttavia, in caso di dubbio o se l’Assemblea Spirituale Nazionale ritiene che il buon nome della Fede possa essere denigrato, è necessario ovviamente che la stessa venga consultata e decida sul caso specifico. In considerazione delle esigenze della sua coscienza alla luce della legge bahá’í, a un agente pubblicitario bahá’í si potrebbe consigliare di far includere, in qualsiasi contratto egli stipuli, una clausola ad hoc che gli consenta il diritto di sollevare obiezioni nel caso dovessero sorgere difficoltà di questa natura.» (Da una lettera del 20 dicembre 1977 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente) 1182. Salvaguardare i diritti del genitore non bahá’í «Il battesimo di un figlio non deve essere causa di problemi per il genitore bahá’í, il quale non solleverà alcuna obiezione se la madre cattolica intende farlo. Analogamente, essa è libera in quell’occasione di servire champagne, ma naturalmente il genitore bahá’í non ne berrà.» (Da una lettera del 7 dicembre 1977 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) 2. Droghe 1183. Allucinogeni – una forma di intossicazione «Quanto alle cosiddette virtù “spirituali” degli allucinogeni…lo stimolo spirituale deve venire dal volgere il cuore a Bahá’u’lláh, e non con mezzi fisici quali droghe e stimolanti. Dalla descrizione fatta nella vostra lettera appare evidenti che gli allucinogeni sono una sorta di sostanza inebriante. Dato che agli amici, inclusi i giovani, viene rigorosamente richiesto di astenersi da ogni forma di intossicanti, e inoltre ci si aspetta che obbediscano coscienziosamente alla legge del loro paese, è ovvio che dovrebbero evitare l’uso di queste droghe. Per la pace e il benessere futuri del mondo una grandissima responsabilità sta nelle mani dei giovani oggi. Facciamo sì che i giovani bahá’í grazie al potere della Causa che abbracciano, siano esempio luminoso per i loro compagni.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti del 15 aprile 1965: National Bahá’í Review, n. 3, Mirza 1968) 1184. Uso di marijuana, LSD e altri prodotti psichedelici «In risposta alla vostra domanda del 24 ottobre 1967 di emettere dichiarazioni sull’uso di marijuana, LSD e altri prodotti psichedelici, abbiamo già informato l’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti che i bahá’í non devono far uso di sostanze allucinogene, inclusi LSD, pelote e sostanze similari, eccetto quando siano prescritte dal medico per uso terapeutico. Non devono neppure avere a che fare con esperimenti con queste sostanze. Anche se non abbiamo riferimenti diretti alla marijuana negli scritti bahá’í, poiché questa sostanza è derivata da quella che viene considerata una forma più leggera di cannabis, specie usata per produrre hashish, possiamo condividere con voi la traduzione dal persiano di una Tavola di ‘Abdu’l-Bahá sull’hashish: “Quanto all’hashish lei afferma che alcuni persiani si sono abituati a usarlo; Dio mio! Questo è il peggior intossicante, e la sua proibizione è rivelata in modo esplicito. Il suo uso provoca la disintegrazione del pensiero e il Torpore totale dell’anima. Come si può cercare questo frutto dell’albero infernale e, assumendolo, essere Condotti a esemplificare le caratteristiche di un mostro? Come si può usare questa droga proibita, e privarsi così delle benedizioni Del Misericordioso? L’alcol consuma la mente e conduce l’uomo a commettere assurdità, ma…il maledetto hashish divora la mente, raggela lo spirito, pietrifica l’anima, devasta il corpo e lascia l’uomo frustrato e perso.» (Dalla Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Hawai, 11 novembre 1967) 1185. Peyote «Chiunque sia coinvolto nell’uso del peyote va ammonito che nella Fede Bahá’í lo stimolo spirituale viene dal volgere il cuore a Bahá’u’lláh e non da mezzi fisici. Vanno quindi incoraggiati a abbandonare l’uso del peyote.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti del 9 novembre 1963: Alaska Bahá’í News, maggio 1972, p. 4) 1186. L’oppio distrugge la mente, la coscienza e le percezioni «Per quanto concerne l’oppio, si tratta di cosa abominevole ed esecranda e Dio ci protegga dalla punizione ch’Egli infligge a chi ne usa. Il Testo del Libro Santissimo lo proibisce nettamente e ne stigmatizza esplicitamente l’uso, e la ragione dimostra che fumare oppio è una sorta di demenza, mentre l’esperienza è là ad attestare che coloro che ne fanno uso sono completamente tagliati fuori dal regno umano. Possa Dio proteggere tutti dal perpetrare un’azione tanto orrenda da porre in ruina il fondamento stesso di tutto ciò che è umano e da spodestare per sempre dal suo rango chi la compie. Ché‚ l’oppio si afferra all’anima se che la coscienza si spegne, si distrugge la mente, vengono corrose le percezioni. Muta il vivente in morto, estingue il naturale fervore: nessun danno può immaginarsi maggiore di quel che l’oppio infligge. Felici coloro che mai nemmeno l’hanno nomato; ma pensa quanto sventurato è chi ne fa uso!» (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, pp. 144-145, n. 129) 1187. È proibito commerciare eroina o altri narcotici «È ovvio che i bahá’í non possono intraprendere un commercio di eroina o altre analoghe droghe proibite dalla Fede, eccezion fatta per quei medici o simili professionisti che potrebbero esservi legittimamente tenuti per assolvere ai loro doveri. Inoltre, in molti Paesi il commercio di narcotici è considerato un crimine e quindi, anche per tale motivo, è proibito ai bahá’í.» (Da una lettera del 17 ottobre 1978 della Casa Universale di Giustizia, citata in una compilazione su alcool e droga spedita ad un credente dal Centro Internazionale d’Insegnamento) 1188. Abbandonare il tabacco, l’alcool e l’oppio - Purezza e santità devono distinguere la gente di Bahá «Amati di Dio! Esperienza insegna come l’abbandonare il fumo, le bevande intossicanti e l’oppio conduca di molto a salute e vigore, a sviluppo e acutezza della mente e a rafforzamento del corpo. V’è un popolo* che rigorosamente rifugge da tabacco, da liquori e oppio; ebbene, tale gente è di molto superiore alle altre in vigore e coraggio fisico, in salute, bellezza e avvenenza. Un solo uomo dei loro può fronteggiarne dieci di altre tribù e ciò s’è dimostrato vero per tutti i componenti di quel popolo, e ciò significa che ogni singolo membro di tal comunità eccelle per ogni verso quelli delle altre comunità. Operate or dunque un possente sforzo a che il popolo di Bahá si distingua per le qualità che son più care al cuore di ‘Abdu’l-Bahá, purezza e santità; che le genti di Dio sorpassino ogni altro essere umano in tutto ciò che sia eccellente; che essi, sia all’esterno sia nell’intimo, siano a tutti superiori; che per purezza, immacolatezza, finezza e preservazione della salute siano all’avanguardia di color che sanno; e che per la loro libertà da asservimenti, la loro consapevolezza ed il loro autocontrollo, siano i primi fra i puri, i liberi e i saggi.» (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, p. 146, n. 129) *(Probabilmente ‘Abdu’l-Bahá alludeva ai Sikh). 3. Tabacco 1189. Il fumo è scoraggiato, ma non proibito «Riguardo le sue domande: negli insegnamenti bahá’í il fumo non è proibito e nessuno può imporne la proibizione; è fortemente scoraggiato essendo un vizio che non è né pulito né salutare. Comunque esso è un problema lasciato del tutto alla coscienza dell’individuo e non di capitale importanza, mentre l’uso dell’alcool è totalmente proibito e quindi non è lasciato alla discrezione del credente.» (Da una lettera del 19 aprile 1941 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) 1190. Il fumo non ha alcuna attinenza con la fermezza nel Patto «Il fumo non ha alcun attinenza con la fermezza nel Patto. Ai bahá’í viene consigliato di non fumare per motivi di salute ed igiene e non per qualche ragione spirituale. Ovviamente noi abbiamo caro ogni suggerimento e consiglio di ‘Abdu’l-Bahá circa la nostra condotta, ma poiché esso non è stato da Lui proibito, dobbiamo lasciare alla persona la libertà di decidere autonomamente.» (Da una lettera del 9 agosto 1944 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) 1191. Evitare di far pressione sui nuovi bahá’í perché smettano di fumare «Egli ritiene che non si debba insistere nei confronti dei nuovi bahá’í sulla necessità che smettano di fumare, specialmente perché la questione è strettamente discrezionale e molti bahá’í ancora fumano. Vi sono molte cose negli Insegnamenti che richiedono un duro sforzo da parte dei nuovi credenti, e quindi non dobbiamo - per intenderci - aggiungere degli ostacoli proprio all’inizio.» (Da una lettera del 4 dicembre 1954 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) 1192. Il fumo è dannoso per gradi «…voglio dire che agli occhi di Dio, fumare tabacco è cosa biasimevole e condannata, molto sporca, e i suoi effetti sono per gradi pericolosi. Per di più è fonte di spese e perdita di tempo, ed è un’abitudine pericolosa…» (‘Abdu’l-Bahá: Bahá’í World Faith, p. 335) 1193. Istruzioni sul fumo per singoli individui ed Assemblee «Diversi credenti, sentendo lo stesso fatto pronunciato dal Dr. ..., scrissero in merito all’amato Custode. Il segretario del Custode rispose a suo nome che i bahá’í non hanno il diritto di impedire ad alcuno di fumare; che i bahá’í sono liberi di fumare, ma è preferibile che non lo facciano; e che nessuna regola deve essere emanata sulla questione. L’uso del tabacco, come altre pratiche personali, deve essere soggetto al rispetto verso gli altri. I bahá’í, nella loro vita quotidiana, siano essi fumatori o meno, devono aver sempre presente i diritti del prossimo evitando qualsiasi cosa che possa arrecare sdegno. Alcuni credenti hanno anche sollevato la questione del fumo durante le riunioni bahá’í. Rientra nella facoltà delle Assemblee Spirituali Locali e Nazionali proibire di fumare nelle riunioni da loro organizzate. In una società in cui è consentito fumare, un’Assemblea può tranquillamente decidere di non frapporre ulteriori ostacoli davanti ai simpatizzanti, proibendo loro di fumare nelle riunioni pubbliche. D’altro canto, l’Assemblea potrebbe saggiamente avvertire gli amici di non fumare nelle riunioni d’insegnamento o nei fireside, se ciò porta disturbo a qualche simpatizzante. Nelle Feste del Diciannovesimo Giorno o nelle sedute di Assemblea o di Comitato, non è giusto che gli amici non fumatori debbano sopportare il fumo proprio in riunioni bahá’í dove è richiesta la loro presenza o ci si aspetti che vi partecipino. Se taluni non possono farne a meno, è bene organizzarsi di conseguenza facendo, per esempio, un’interruzione della riunione. È ovvio che sarebbe del tutto inopportuno fumare durante la parte devozionale di una Festa o in qualsiasi altra riunione di preghiera. È auspicabile che venga data la più vasta pubblicità agli effetti dannosi del fumo, sia nei riguardi dei fumatori che di coloro che sono costretti a respirare aria viziata, e che ciò serva a convincere tutti di quanta saggezza aveva ‘Abdu’l-Bahá nello scoraggiare fortemente i bahá’í dal fumare. In ogni modo, gli amici devono stare attenti a non andare al di là degli Insegnamenti in materia, cercando di far osservare al pari di una legge una questione su cui Bahá’u’lláh ha ritenuto saggio lasciare libertà di decisione.» (Da una lettera del 4 Mirza 1974 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) F. Crimine, criminali e detenuti 1194. Credenti accusati di crimini* «…a proposito di credenti accusati di crimini, sospettati di averli commessi o condannati dal tribunale. Il principio è di aver ben presente che ciascun caso che cada in una delle suddette categorie, deve essere trattato, nei suoi aspetti, singolarmente. Non si devono applicare regole frettolose o severe. …si deve comprendere che l’applicazione delle sanzioni bahá’í non è una risposta automatica a un verdetto del tribunale.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a un’Assemblea Spirituale Nazionale del 3 maggio 1967: Extracts Concerning Crime, Criminals, Prisoners and Related Subjects, a compilation.) (Vedere anche il n. 187) 1195. Le istituzioni bahá’í non possono allo stato applicare le leggi relative ai crimini - Tali casi sono trattati dalla magistratura civile «...avete citato violazioni delle leggi penali dello stato. Questi casi sono di competenza della magistratura civile, e possono essere o meno soggetti a provvedimenti amministrativi bahá’í a seconda della natura dell’offesa e dei suoi effetti sulla Fede. In linea generale, lo sviluppo dell’Ordine Amministrativo non è progredito al tal punto da consentire alle istituzioni bahá’í di applicare le leggi penali.» (Da una lettera del 7 maggio 1974 della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1196. Il problema della riabilitazione dei criminali viene lasciata agli esperti nel campo « ...Bahá’u’lláh ci ha dato dei principi morali e sociali di carattere generale che sono di guida per la nostra vita, ma viene lasciata agli esperti in quel campo il compito di sviluppare la loro applicazione riguardo la riabilitazione dei criminali, così come l’economia è lasciata agli economisti.» (Da una lettera del 3 settembre 1974 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia) 1197. Provvedimenti amministrativi per disobbedienza alla legge civile «Abbiamo ricevuto la vostra lettera... in cui chiedete informazioni sui provvedimenti amministrativi da adottare nei casi di disobbedienza alla legge civile. ...Riteniamo impossibile fare una categorica asserzione che sia sempre valida. Ogni caso dovrà essere deciso valutandone i pro e i contro.» (Da una lettera del 7 dicembre 1969 della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1198. Pena per l’incendio doloso - Leggi per una società più evoluta «Riguardo la vostra domanda sulla pena indicata nell’Aqdas per l’incendio doloso: la pena per il piromane è il rogo o la detenzione a vita; in altre parole trattasi della stessa pena per l’omicidio volontario. Non dobbiamo mettere in discussione dette leggi, ma studiare la Fede Bahá’í ed i suoi Insegnamenti nella loro interezza, renderci conto che la Legge di Dio per questo Giorno è una cura per le nazioni e che, quando in futuro esisterà una società tutta bahá’í e queste leggi potranno essere applicate, l’umanità potrà aver raggiunto un livello di evoluzione più elevato di adesso: allora la loro semplice minaccia sarà sufficiente nella maggior parte dei casi a proteggere la Comunità e ad evitare che vengano violate. » (Da una lettera del 15 febbraio 1957 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) 1199. Pena capitale e pazzia criminale «La questione relativa alla comminazione della pena capitale ai pazzi criminali deve essere decisa dalla Casa Universale di Giustizia. Tali persone, comunque, non essendo responsabili delle loro azioni, non patiranno alcuna conseguenza spirituale dagli atti commessi durante lo squilibrio mentale.» (Da una lettera del 25 agosto 1939 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) 1200. Proibizione del suicidio «Il suicidio è proibito nella Causa. Solamente Dio, Che è l’Artefice della vita, può toglierla e disporre di essa come meglio ritiene. Chiunque commetta suicidio danneggia la sua anima e, di conseguenza, soffrirà spiritualmente negli altri mondi dell’aldilà.» (Ibidem) G. Gioco d’azzardo 1201. Vendita o acquisto di biglietti di lotteria «Riesaminando il vostro verbale del 15 Mirza 1967, abbiamo notato che alla voce 25-8 il tesoriere suggerisce una lotteria come modo per disfarsi di un tappeto persiano che vi è stato donato da un credente. Non riteniamo che questo sia un sistema adatto per incrementare i fondi... In quanto alle persone interessate, abbiamo attentamente studiato gli Scritti di ‘Abdu’l-Bahá e Shoghi Effendi sull’argomento ed è evidente che tali questioni secondarie non sono trattate nei Testi Sacri. La Casa Universale di Giustizia non ha finora deciso se l’acquisto di biglietti di lotteria debba essere permesso o proibito.» (Da una lettera del 4 luglio 1967 della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1202. Corse ippiche, scommesse e lotterie «Sebbene non abbiamo trovato nessun passo che proibisca la proprietà di cavalli da corsa o le corse ippiche al fine di vincere premi in denaro o le scommesse fatte durante le gare, citiamo la traduzione di una Tavola di ‘Abdu’l-Bahá sulle corse ippiche: “Scommettere alle corse di cavalli è una perniciosa malattia. Si è visto quanta miseria ha causato in Europa. A migliaia di persone esse hanno provocato afflizione e pazzia. Gli amici di Dio devono impegnarsi in lavori che siano leciti e che attraggano benedizioni, di modo che l’aiuto e la bontà di Dio possa sempre circondarli” (Tradotto dal persiano). Non riteniamo ... che sia opportuno incrementare i fondi della Fede per mezzo di lotterie.» (Da una lettera del 20 giugno 1972 della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1203. Scommesse sui giochi di calcio, bingo e simili «Pur avendovi possibilmente già scritto circa la questione se le lotterie e le scommesse - tipo quelle sui giochi di calcio, bingo, ecc. - siano considerati giochi d’azzardo e quindi proibiti, ripetiamo che questa è una materia che dovrà essere esaminata nei suoi dettagli dalla Casa Universale di Giustizia. Nel frattempo, la vostra Assemblea Nazionale dovrà evitare di fare una pubblicazione su queste questioni e deve lasciare ogni decisione sul comportamento da adottare alla coscienza dei singoli amici.» (Da una lettera del 27 settembre 1972 della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1204. Bingo ed altri giochi d’azzardo per i Fondi «Riguardo la partecipazione al gioco del bingo di un’Assemblea Spirituale Locale allo scopo di contribuire ai Fondi, riteniamo sia inopportuno che i Fondi della Fede vengano incrementati per mezzo di giochi d’azzardo o lotterie.» (Da una lettera del 29 gennaio 1973 della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) H. Castità ed educazione sessuale 1205. L’educazione sessuale richiede saggezza e buon senso da parte dei genitori «La Casa di Giustizia evidenzia che l’educazione sessuale, specialmente la parte relativa agli aspetti fisiologici del sesso, è una materia delicata che richiede saggezza e buon senso da parte dei genitori, i quali possono dare informazioni ai loro figli e rispondere alle loro domande in conformità allo sviluppo raggiunto da ciascun figlio ed alle sue possibilità di comprensione. Si tratta, inoltre, di un tema che necessita di essere posto nel giusto contesto di sviluppo spirituale ed emozionale degli individui, della natura della famiglia e dello scopo della vita umana...» (Da una lettera del 25 settembre 1981 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1206. La gioventù bahá’í deve tener duro contro il lassismo e la degenerazione di una società permissiva « ...alla Causa di Dio deriverà immenso beneficio quando si osserverà che i bahá’í, ed in particolare i giovani, sono saldi contro il lassismo e la degenerazione di una società permissiva e che gli elevati standard di condotta che si sforzano di attuare sono fermamente radicati in principi spirituali, fonti di fiducia, amor proprio e vera felicità. D’altra parte, solo un gran danno deriverebbe alla Causa se i suoi seguaci venissero semplicemente travolti dalle attuali tendenze.» (Da una lettera del 23 novembre 1983 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente) 1207. Ogni credente deve decidere la sua linea di condotta secondo quanto ha devotamente capito dagli Scritti «Non è né‚ possibile né‚ consigliabile che la Casa Universale di Giustizia stabilisca un insieme di regole che prevedano ogni situazione. È invece compito di ogni credente decidere, in base a quello che egli ha devotamente capito dagli Scritti, quale debba essere esattamente la sua linea di condotta davanti alle situazioni che incontra nella vita quotidiana. Se vuole adempiere la sua vera missione nella vita come seguace della Perfezione Benedetta, deve modellare la sua vita secondo gli Insegnamenti. È impossibile che un credente consegua questo obiettivo semplicemente vivendo secondo un insieme di rigide norme. Egli riuscirà a realizzare il vero scopo della sua vita, quando questa sarà orientata verso il servizio a Bahá’u’lláh e quando ogni sua azione consapevole sarà compiuta nell’ambito di questo punto di riferimento. Perciò, ogni credente deve continuamente studiare le sacre Scritture e le istruzioni dell’amato Custode, sforzandosi sempre di conseguire una nuova e migliore comprensione del loro significato per lui e la società. Deve chiedere ferventemente a Dio la Guida, la saggezza e la forza per fare ciò che Gli è gradito e per servirLo sempre ed al meglio delle sue capacità.» (Da una lettera del 17 ottobre 1968 della Casa Universale di Giustizia ad un credente. Compilazione “La Purezza”, pag. 12 n. 3) 1208. I bahá’í non devono avere esitazione a chiedere i consigli delle Assemblee quando ne sentano la necessità ed imparare, per mezzo dello studio e della preghiera, ad acquisire una più chiara visione della loro missione «Non è necessario soffermarsi a lungo sulle implicazioni relative all’immacolata castità ed alla integrità del sacro vincolo maritale esposte nei nostri insegnamenti, poiché esse sono chiaramente sottolineate ed ampiamente studiate nei nostri testi e negli scritti dell’amato Custode. Questioni come l’età più adatta per il matrimonio o la maniera di far fronte agli impegni economici sono lasciate alla decisione del singolo individuo; gli amici, comunque, se lo ritengono necessario, non devono esitare a chiedere consigli alle loro Assemblee Locali. Poiché le sofferenze e le tensioni che affliggono l’umanità sono in aumento ed i freni morali vengono ad uno ad uno aboliti, i bahá’í devono imparare ad acquisire - tramite lo studio e la preghiera - una più chiara visione della loro missione; devono inoltre cercare seriamente di purificare la loro vita dalle influenze del lassismo e della promiscuità che caratterizzano la moderna società ed assicurare che il bel nome e l’integrità della Fede, da essi servita ed amata così fervidamente, rimangano totalmente incontaminati.» (Da una lettera del 22 maggio 1966 della Casa Universale di Giustizia a due credenti) 1209. Imparare a controllare gli impulsi animali e non ad esserne schiavi «Nel considerare l’effetto dell’obbedienza alle leggi nelle nostre vite, bisogna ricordare che lo scopo di questa vita è di preparare l’anima a quella futura. È in questa vita che essa deve imparare a controllare e a dirigere i propri impulsi animali e non ad esserne schiava. La vita in questo mondo è una successione di prove e di conquiste, di manchevolezze e di progressi spirituali. Talvolta la strada può sembrare molto dura, ma si può vedere ripetutamente che l’anima che obbedisce con fermezza alla legge di Bahá’u’lláh, per quanto arduo possa sembrare, cresce spiritualmente, mentre quella che viene a compromessi con la legge per avere la propria apparente felicità, si accorge di avere seguito una chimera: non raggiunge la felicità che aveva cercato, ritarda la propria crescita spirituale e spesso crea per sé stessa nuovi problemi.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad un credente, tratta Da una lettera del 6 febbraio 1973 a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali. Compilazione “Guida per una vita bahá’í”, pag. 110) 1210. Il bacio nella società moderna è moralmente dannoso «Quello che Bahá’u’lláh intende per castità certo non include il bacio oggi di moda nella società moderna. È dannoso per la morale dei giovani e spesso li porta a andare oltre, o sveglia appetiti che forse, in quel momento, non possono legittimamente soddisfare nel matrimonio e la cui repressione è per loro, fonte di tensioni. Il modello bahá’í è molto elevato, ancor più se paragonato alla morale totalmente corrotta del monto contemporaneo. Ma questo modello darà vita a persone più sane, felici e nobili e porterà a matrimoni più stabili.» (Da una lettera scritta a un credente per conto del Custode il 19 ottobre 1947) (Vedere anche il n. 1438) 1211. I bahá’í devono dare l’esempio e indicare la via al vero modello di vita «Il mondo di oggi, fra le altre cose, è sommerso da un’esagerata importanza attribuita all’amore fisico e da un oscuramento dei valori spirituali. I credenti devono quanto prima comprenderlo e innalzarsi oltre il livello dei contemporanei che, tipico di tutti i periodi storici di decadenza, attribuiscono un’enfasi esagerata sul lato puramente materiale dell’accoppiamento. Fuori dal normale e legittimo vincolo matrimoniale, devono cercare di stabilire legami di cameratismo e amore che sono eterni e basati sulla vita spirituale dell’uomo, non su quella fisica. Questo è uno dei tanti campi in cui i bahá’í devono cercare di dare l’esempio e indicare la via a un vero modello dell’esistenza umana, dove l’anima dell’uomo è esaltata e il corpo è lo strumento del suo spirito illuminato. Non è necessario aggiungere che questo non impedisce di vivere una vita sessuale perfettamente normale nel legittimo ambito del matrimonio.» (Da una lettera scritta a un credente per conto di Shoghi Effendi il 28 settembre 1941:Messages from The Universal House of Justice, 1968-1973, pp. 108/9) 1212. La castità prima del matrimonio deve essere assoluta, dopo il matrimonio implica l’assoluta fedeltà al coniuge prescelto. «Il problema che solleva sul posto che deve avere nella nostra vita un profondo legame amoroso che ci lega a qualcuno che non sia il nostro coniuge, trova una facile risposta alla luce degli insegnamenti. La castità implica prima e dopo il matrimonio, una vita sessuale casta e senza macchia. Prima del matrimonio assolutamente casta, dopo il matrimonio di assoluta fedeltà verso il coniuge. Fedele in tutti gli atti sessuali, fedele nelle parole e nei fatti.» (Ibidem) 1213. I giovani bahá’í devono studiare gli insegnamenti sulla castità per essere in grado di stabilire quali intimità sono permesse e quali no «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 19 giugno 1973 e possiamo comprendere i problemi che i giovani bahá’í affrontano quando cercano di vivere secondo gli standard bahá’í. Forse, è naturale che nello sconcertante ambiente amorale in cui stanno crescendo sentano la necessità di specifiche istruzioni su quali intimità siano permesse e quali no. Tuttavia, riteniamo che sarebbe del tutto assurdo che le istituzioni bahá’í diano dettagliate istruzioni sull’argomento. I giovani bahá’í devono studiare gli insegnamenti sulla castità e, con questi nella mente, devono evitare qualsiasi comportamento che possa innescare passioni che li tenterebbero a violarli. Nel decidere quali atti siano loro permessi alla luce di queste considerazioni, i giovani devono usare il proprio discernimento, seguendo la guida della loro coscienza ed i consigli dei genitori. Se i giovani bahá’í uniscono tale purezza personale ad un comportamento di irreprensibile tolleranza verso gli altri, essi scopriranno che coloro i quali possono averli criticati o persino derisi, arriveranno poi a rispettarli. Essi, inoltre, attenendosi a detti insegnamenti, pongono solide basi per una futura felicità matrimoniale.» (Da una lettera del 9 luglio 1973 della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Locale) 1214 .Insegnare ai giovani l’autocontrollo «….I giovani bahá’í da un lato devono apprendere la lezione dell’autocontrollo che, se esercitato, avrà senza dubbio un effetto salutare sullo sviluppo del carattere e della personalità, dall’altro devono essere invitati, anzi incoraggiati, a sposarsi in gioventù quando in pieno possesso del loro pieno vigore fisico. I fattori economici sono spesso, senza dubbio, un ostacolo a matrimoni precoci ma, nella maggior parte dei casi, sono solo una scusa e in quanto tale, non deve avere troppo risalto.» (Da una lettera scritta a un credente per conto di Shoghi Effendi il 13 dicembre 1940: Messages from The Universal House of Justice, 1968-1973,p. 109) 1215. Entrambi i sessi devono praticare la castità «Gli insegnamenti bahá’í sui rapporti sessuali sono molto chiari: sono permessi soltanto fra un uomo e una donna che sia sua moglie. A questo riguardo le facciamo conoscere estratti da quattro lettere scritte a nome del Custode che gettano luce su vari aspetti dell’argomento. Uno di essi contiene il paragrafo di cui lei parla nella sua lettera. (rif. paragrafi n. 1156 e 1157).» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad un credente, tratta Da una lettera del 6 febbraio 1973 a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali. Compilazione “Guida per una vita bahá’í”, pag. 111) 1216. La castità è uno dei concetti più difficili da capire in questa epoca permissiva «Quanto alla castità, si tratta di uno dei concetti più difficili da far capire in questa era tanto permissiva, ma i bahá’í devono compiere il massimo sforzo per attenersi ai modelli bahá’í, per quanto difficili essi possano sembrare all’inizio. Tali sforzi diverranno più facili se i giovani capiranno che le leggi e i modelli della Fede sono intesi a liberarli da indicibili difficoltà spirituali e morali, esattamente come una corretta comprensione delle leggi naturali dà loro la possibilità di vivere in armonia con le forze del pianeta. Nell’insegnare la castità ai giovani bahá’í, Lei può anche chiedere consiglio al Comitato Educazione.» (Da una lettera del 14 gennaio 1985 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente. Parzialmente in compilazione “La purezza”, pag.13, n.4) 1217. Figli nati fuori dal matrimonio «...in risposta alla vostra lettera dell’8 aprile 1981 nella quale richiedete una guida su come trattare problemi relativi a donne bahá’í che hanno avuto figli fuori dal matrimonio. La nascita di un figlio fuori dal matrimonio non impone, normalmente, la sospensione dei diritti amministrativi. Le questioni da considerare sono: l’eventuale flagrante immoralità della parte, il danno che potrebbe derivare alla Fede da tale condotta e l’eventuale rifiuto o trascuratezza della credente di migliorare il suo comportamento malgrado ripetuti ammonimenti. Se ritenete che le ragazze in questione stiano rispondendo alle esortazioni dell’Assemblea ed abbiano corretto la loro condotta, dovete considerare chiusa la faccenda e ripristinare i loro diritti amministrativi. La vostra Assemblea deve, naturalmente, porre in atto un opportuno programma di approfondimento degli amici e tentare di instillare loro, con pazienza e amore, il rispetto per le leggi bahá’í.» (Da una lettera del 6 maggio 1981 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1218. Nel campo della moralità sessuale la gente spesso sbaglia e manca di ideali - L’Assemblea Spirituale deve agire come un padre amorevole, piuttosto che come giudice «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la vostra lettera del 15 maggio 1986 nella quale chiedete se devono essere comminate le sanzioni amministrative a coppie non sposate, in cui una o entrambi le parti siano bahá’í e che abbiano avuto figli fuori dal matrimonio. Siamo stati incaricati di trasmettervi le seguenti istruzioni: Come è facile capire, i bahá’í sono esortati a condurre una vita casta e santa e, secondo le nostre Leggi, i rapporti sessuali sono permessi solamente fra un uomo ed una donna che sia sua moglie. Nel campo della moralità sessuale, come in altre sfere di comportamento, la gente spesso sbaglia e manca di ideali. È compito delle Assemblee Spirituali approfondire gli amici nella comprensione degli insegnamenti ed esortarli ad applicarli nella loro vita. Nel prendersi cura della sua comunità, un’Assemblea Spirituale deve agire in tali questioni come un padre amorevole piuttosto che come un giudice severo. Ciò nondimeno, se la condotta di un credente è palesemente e scandalosamente immorale, e quindi dannosa per il buon nome della Fede, l’Assemblea deve consigliarlo (o consigliarla), esortalo a modificare il suo comportamento, avvertirlo delle conseguenze cui andrebbe incontro nel caso tale condotta non venisse da lui corretta, ed infine privarlo dei suoi diritti amministrativi, ove il credente persista nel suo cattivo comportamento. La privazione rimane in vigore fino a quando il credente si pente delle sue azioni ed è in grado di convincere l’Assemblea Spirituale che egli ha rettificato la sua condotta.» (Da una lettera del 5 giugno 1986 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1219. Le istituzioni devono varare programmi atti ad approfondire i credenti nella loro comprensione ed a raggiungere gli alti standard di immacolata castità instillati da Bahá’u’lláh «...Nel loro profondo amore per Bahá’u’lláh, i bahá’í devono avere il desiderio di applicare nella propria vita ogni precetto spirituale, e nello stesso tempo avere pazienza, essere tolleranti e perdonare le mancanze degli altri. È compito delle istituzioni della Fede varare programmi atti ad approfondire i credenti nella comprensione degli insegnamenti, affinché possano seguirli con ardore e senza esitazione. Non vi è dubbio che lo standard di immacolata castità instillato da Bahá’u’lláh nei Suoi insegnamenti può essere raggiunto dagli amici solo quando essi si propongono con fermezza e coraggio come aderenti intransigenti al modo di vivere bahá’í, pienamente coscienti di rappresentare insegnamenti in totale antitesi alle forze corrosive che stanno distruggendo così tragicamente i valori morali dell’uomo. Le tendenze attuali della società moderna ed il suo conflitto con i nostri difficili principi di condotta morale, invece di influenzare i credenti compromettendo la loro decisione di aderire fermamente agli standard di purezza e castità posti dalla Fede, devono stimolarli ad assolvere con determinazione i loro sacri obblighi e così combattere le forze malvagie che stanno minando le fondamenta della moralità individuale.» (Da una lettera del 22 maggio 1966 della Casa Universale di Giustizia a due credenti) 1220. La masturbazione «Non abbiamo trovato negli Scritti sacri espliciti riferimenti alla masturbazione, ma ci sono diversi principi e insegnamenti che possono guidare un bahá’í a un corretto atteggiamento nei suoi confronti. In una lettera scritta a un credente per conto di Shoghi Effendi, si rileva che: “La Fede Bahá’í riconosce il valore dell’impulso sessuale, ma condanna le sue espressioni illegittime ed improprie quali il libero amore, la convivenza e altre, che considera tutte decisamente pericolose per l’uomo e per la società in cui vive. L’uso appropriato dell’istinto sessuale è diritto naturale di ogni individuo, ed è precisamente per questo scopo che è stato istituito il matrimonio. I bahá’í non credono nella soppressione dell’impulso sessuale ma nella sua regolamentazione e nel suo controllo”. Il segretario del Custode scrisse per suo conto, in risposta a un’altra lettera in cui si chiedeva se esistesse una qualche forma legittima con cui si potesse esprimere l’istinto sessuale se, per un qualsiasi motivo, non fosse stato possibile sposarsi o se altre circostanze come quelle economiche dovessero posticipare il matrimonio: “Con riferimento alla sua domanda se esiste una forma legittima di vita sessuale al di fuori del matrimonio, concordemente agli insegnamenti bahá’í nessun atto sessuale può essere considerato legittimo se non consumato fra persone legalmente sposate. Fuori dal matrimonio non vi può essere un legittimo o salutare uso dell’impulso sessuale. I giovani bahá’í da un lato devono apprendere la lezione dell’autocontrollo che, se esercitato, avrà senza dubbio un effetto salutare sullo sviluppo del carattere e della personalità, dall’altro devono essere invitati, anzi incoraggiati, a sposarsi in gioventù quando in pieno possesso del loro pieno vigore fisico. I fattori economici sono spesso, senza dubbio, un ostacolo a matrimoni precoci ma, nella maggior parte dei casi, sono solo una scusa e in quanto tale, non deve avere troppo risalto”. In un’altra lettera a un credente scritta per conto del Custode, il segretario scrive: “Tra i numerosi malanni che affliggono la società in un momento in cui il livello spirituale è molto basso, vi è la questione dell’immoralità e dell’enfatizzazione del sesso….” Questo indica quanto l’intero problema del sesso e quelli ad esso relativi hanno assunto un’importanza spropositata nel pensiero della società contemporanea. Da quanto si comprende nella Fede su ciò, la masturbazione, chiaramente non è un uso proprio dell’istinto sessuale. Inoltre, come lei ha indicato, comporta fantasie mentali, mentre Bahá’u’lláh nel Kitáb-i-Aqdas ci ha esortato a non indulgere alle nostre passioni, e in una delle Sue famose Tavole ‘Abdu’l-Bahá ci incoraggia a tenere puri i “nostri pensieri segreti”. Naturalmente molti pensieri distorti ci vengono in mente senza che lo vogliamo e sono unicamente frutto di debolezza e non sono da biasimarsi a meno che non divengano pensieri fissi o, ancora peggio, siano espressi in atti impropri. Nell’ Avvento della Giustizia Divina, il Custode, quando descrive modelli morali a cui i bahá’í devono attenersi individualmente nella loro vita comunitaria dice: “Tale vita casta e santa, la modestia, la purezza, la temperanza, il pudore, la purezza d’animo che vi sono implicite, comporta né più né meno l’esercizio della moderazione in tutto quanto riguarda l’abbigliamento, il linguaggio, i divertimenti, e le occupazioni artistiche e letterarie. Impone una diuturna vigilanza nel controllo dei desideri carnali e inclinazioni corrotte”. Quindi il suo problema è tale che lei deve continuare a lottare contro di esso con determinazione e con l’aiuto della preghiera. Ricordi però che è solo una delle molte tentazioni e manchevolezze che un essere umano deve sforzarsi di vincere nel corso della vita, e Lei non deve aumentarne le difficoltà dandovi troppa importanza. Le suggeriamo di vederlo nell’ambito dell’intera gamma di qualità che un bahá’í deve sviluppare nel carattere. Sia vigile contro le tentazioni, ma non permetta che le richieda una parte eccessiva d’attenzione. Piuttosto si concentri sulle virtù che deve sviluppare, i servigi che deve cercare di rendere e soprattutto su Dio e i Suoi attributi, e dedichi le sue energie a vivere una piena vita bahá’í in tutti i suoi molteplici aspetti.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a un credente, copia della quale fu inviata al compilatore con una lettera dell’8 Mirza 1981) I. Omosessualità 1221. Atti immorali «Tra i numerosi malanni che affliggono la società in un momento in cui il livello spirituale è molto basso, vi è la questione dell’immoralità e dell’enfatizzazione del sesso. Secondo gli Scritti di Bahá’u’lláh, l’omosessualità è spiritualmente condannata. Ciò non significa che persone che ne sono afflitte non debbano essere aiutate o trattate con comprensione. Ciò significa che non dobbiamo credere che sia un modo di vivere permesso che è, purtroppo, un atteggiamento molto diffuso al giorno d’oggi. Dobbiamo combattere i mali della società con mezzi spirituali, medici e sociali. Dobbiamo essere tolleranti ma senza compromessi, comprensivi ma irremovibili nel nostro punto di vista. Le persone hanno bisogno, per affrontare questo tipo di problema, come in ogni altra occasione, di una maggiore comprensione e stabilità spirituale e naturalmente, noi bahá’í crediamo che alla fine ciò sarà data all’umanità con gli Insegnamenti della Manifestazione di Dio per questo giorno.» (Da una lettera scritta per conto del Custode a un credente il 21 maggio 1954) (Vedere anche i n. 185, 1221-1230) 1222. Omosessualità e transessualità «Vari problemi sessuali come l’omosessualità e la transessualità, possono avere aspetti medici e in questi casi, si deve indubbiamente fare ricorso all’assistenza medica migliore. Ma è chiaro dagli insegnamenti di Bahá’u’lláh che l’omosessualità non è una condizione alla quale ci si deve rassegnare, bensì una distorsione della sua natura che va controllata e superata. Ciò può richiedere una dura lotta, ma può essere la stessa di una persona eterosessuale per controllare i propri desideri. L’esercizio dell’autocontrollo in questo, come in molti aspetti della vita, ha un effetto benefico sul progresso dell’anima. Si deve anche ricordare che sebbene il matrimonio sia altamente desiderabile e Bahá’u’lláh lo raccomanda fortemente, non è lo scopo principale dell’esistenza. Se qualcuno deve aspettare a lungo prima di trovare un coniuge o se, alla fine, lui o lei rimangono liberi, ciò non significa che siano incapaci di raggiungere il proprio scopo nella vita.» (Da una lettera scritta a un credente dalla Casa Universale di Giustizia il 12 gennaio 1973: Messages from The Universal House of Justice, 1968-1973, pp.1 10/1) 1223. Può superare questa menomazione con consigli, aiuto medico e la preghiera «Non importa quanto devoto e bello possa essere l’amore tra persone dello stesso sesso, lasciare che si esprima in atti sessuali è errato. Non è una scusante dire che è ideale. Immoralità di ogni sorta sono in effetti proibite da Bahá’u’lláh e come tali, Egli considera le relazioni omosessuali, oltre al fatto che sono contro natura. Esserne afflitti è un grosso peso per un’anima coscienziosa. Ma tramite il consiglio e l’aiuto dei medici, con uno sforzo forte e determinato, attraverso la preghiera, un’anima può superare questa inferiorità. Dio giudica ogni anima secondo i suoi meriti. Il Custode non può dirle quale sarebbe l’atteggiamento di Dio nei confronti di una persona che vive una buona vita sotto molti aspetti, ma non sotto questo. Tutto ciò che può dirle è che è proibito da Bahá’u’lláh, e che chi ne viene affetto deve lottare e ancora lottare per vincerla. Dobbiamo sperare nella misericordia di Dio ma non approfittarne.» (Da una lettera scritta a un credente per conto di Shoghi Effendi il 26 Mirza 1950). 1224. La legge bahá’í protegge e rafforza il matrimonio «Rifuggiamo per la vergogna, dal trattare il tema dei ragazzi. Temete il Misericordioso, o popoli del mondo! Non perpetrate ciò che vi è proibito nella Nostra Santa Tavola e non siate di coloro che vagano inquieti nel deserto dei loro desideri.» (Bahá’u’lláh: Il Libro più Santo, Roma 1995, Casa Editrice Bahá’í, par. 107) «Nell’originale arabo, in questo contesto, il vocabolo qui tradotto “ragazzi” implica la pederastia. Shoghi Effendi ha interpretato questo accenno come una proibizione di tutti i rapporti omosessuali. Gli insegnamenti bahá’í sulla moralità sessuale si fondano sul matrimonio e sulla famiglia come solida base dell’intera struttura della società umana e sono designati a proteggere e rafforzare quell’istituzione divina. Perciò la legge bahá’í limita i rapporti sessuali leciti a quelli fra uomo e la donna con la quale è sposato.» (Casa Universale di Giustizia:Note al Kitáb-i-Aqdas (Il Libro Più Santo), p. 214, n. 134, edizione citata) 1225. La questione non sta nel fatto se un omosessuale praticante può essere un bahá’í, ma se può risolvere il suo problema attraverso gli insegnamenti «Gli insegnamenti bahá’í sulla moralità sessuale pongono nel matrimonio e la famiglia la pietra angolare dell’intera struttura della società e sono designati a proteggere e rafforzare quella divina istituzione. Ecco perché le Leggi bahá’í limitano i rapporti sessuali leciti a quelli fra un uomo ed una donna uniti in matrimonio. Di conseguenza, la questione non è tanto se un omosessuale può essere un bahá’í, quanto se - essendo diventato bahá’í - un omosessuale può risolvere il suo problema attraverso la conoscenza degli insegnamenti e la fiducia in Bahá’u’lláh.» (Da una lettera del 14 Mirza 1973 della Casa Universale di Giustizia ad un credente) 1226. Pur riconoscendo l’origine divina dell’impulso sessuale nell’uomo, la religione insegna che esso deve essere controllato «...Qualsiasi azione o attività compiuta da un credente e contraria ai nostri insegnamenti sarà sicuramente nociva al futuro spirituale della persona interessata, e può dare ai non bahá’í una cattiva impressione dei principi della nostra Fede. Consideri, invece, quanto importante sia che un credente rifletta nelle sue azioni le caratteristiche redimenti della Causa che ha abbracciato. Shoghi Effendi ha messo in evidenza quanto segue: “Non è con la forza del numero, né‚ con la semplice esposizione di un insieme di nuovi e nobili principi, né‚ per mezzo di un’organizzata campagna d’insegnamento - per quanto universale ed elaborata possa essere -, né‚ perfino con la devozione della nostra fede o l’euforia del nostro entusiasmo, che possiamo sperare alla fine di rivendicare agli occhi di una critica e scettica epoca il supremo diritto della Rivelazione di Abhá. Una cosa ed una cosa soltanto assicurerà infallibilmente e da sola l’indubbio successo di questa sacra Causa e cioè la misura in cui la nostra intima vita ed il nostro personale carattere sapranno rispecchiare nei suoi molteplici aspetti lo splendore di quegli eterni principi proclamati da Bahá’u’lláh”. Pur riconoscendo l’origine divina e la forza dell’impulso sessuale nell’uomo, la religione insegna che esso deve essere controllato, e la Legge di Bahá’u’lláh limita le sue espressioni nel rapporto matrimoniale. Quindi l’omosessuale non sposato si trova nella stessa condizione di chiunque altro non sia sposato; la Legge di Dio gli richiede di praticare la castità. Anche se Lei pensa che il conflitto tra sensualità e spiritualità è superiore alla sua possibilità di sopportazione, la sua affermazione - Io so di essere un bahá’í - è un elemento positivo nella battaglia che deve intraprendere. Ogni credente deve ricordare che una caratteristica essenziale di questo mondo fisico è far fronte costantemente a prove, tribolazioni, avversità e sofferenze e che, superandole, conseguiamo il nostro sviluppo morale e spirituale; che dobbiamo cercare di compiere in futuro ciò che non ci è riuscito di fare in passato; che questo è il modo in cui Dio mette alla prova i Suoi servi e che dobbiamo considerare ogni fallimento o manchevolezza come un’opportunità per un nuovo tentativo e per acquisire una più piena consapevolezza della volontà e dello scopo di Dio.» (Da una lettera del 9 gennaio 1977 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente) 1227. Dio ci assicura la Sua guida quando ci sforziamo di obbedirGli «Certamente il problema che sta affrontando è difficile. Comunque, lei è in grado di risolverlo, poiché Bahá’u’lláh ci ha assicurato che Dio “non agirà mai ingiustamente verso alcuno, né‚ imporrà ad un’anima un compito superiore alle sue forze” (1). E ancora: “Chi possiede le qualità espresse nel versetto: ‘Chiunque compia sforzi per Noi’, godrà della benedizione conferita dalle parole: ‘Sul Nostro cammino lo guideremo sicuramentÈ” (2). Abbia fiducia che con l’aiuto di medici, con la preghiera e la meditazione, con l’altruismo ed occupando quanto più tempo possibile nel servire la Causa nella sua comunità, potrà alla fine risolvere il suo problema.» (1) Bahá’u’lláh: Spigolature, LII, pag. 118. (2) Bahá’u’lláh: Il Libro della Certezza, pag. 205. (Da una lettera del 9 gennaio 1977 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente) 1228 Occorre fare uno sforzo per resistere agli impulsi ostinati, rivolgendosi agli Scritti sacri per distogliere i propri pensieri «La Casa di Giustizia osserva che, malgrado nella letteratura bahá’í si parli poco specificatamente delle cause dell’omosessualità, esistono invece molti passi che riguardano la natura dell’uomo, la sua intima vita e la sua crescita, nonché la maniera per vivere una vera vita bahá’í. Se Lei è sinceramente deciso a risolvere il suo problema, deve determinarsi a resistere agli impulsi ostinati ogni volta che insorgono, e la Casa di Giustizia ritiene che non vi sia modo migliore che rivolgersi agli Scritti per deviare i nostri pensieri su canali spirituali, concentrandoli forse su ciò che possiamo fare per aiutare gli altri a scoprire la Fede Bahá’í. Più ci teniamo occupati insegnando la Causa e servendo in tal modo il nostro prossimo, più forti diventiamo nel resistere a ciò che è contrario al nostro essere spirituale. L’esistenza fisica dell’uomo su questa terra è un periodo durante il quale l’esercizio morale del suo libero arbitrio è sottoposto a prove al fine di preparare la sua anima per gli altri mondi di Dio, e quindi dobbiamo accettare volentieri afflizioni e tribolazioni considerandole opportunità per il progresso della nostra componente eterna. La Casa di Giustizia osserva che gli omosessuali non sono l’unico segmento della società che ha questo gravoso compito quotidiano: ogni essere umano è assalito da intimi impulsi, quali l’orgoglio, l’avarizia, l’egoismo, i lascivi desideri eterosessuali o omosessuali, solo per nominarne qualcuno che deve essere vinto; e vincerli dobbiamo se vogliamo adempiere allo scopo della nostra umana esistenza.» (Da una lettera del 16 luglio 1980 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente) 1229. Le relazioni omosessuali sovvertono lo scopo della vita umana «Vi dovrebbe essere un reale incentivo affinché Lei possa affrontare coraggiosamente i problemi relativi alla situazione descritta nella sua lettera e per decidersi fermamente a cambiare il suo modo di vivere. Ma Lei deve avere il desiderio di farlo. Sia Lei che il suo amico bahá’í dovete prima di tutto riconoscere che una relazione omosessuale sovverte lo scopo della vita umana e che, se compirete sforzi risoluti per vincere le ostinate tendenze che promuovono questa pratica - così ripugnante al pari di altre depravazioni sessuali -, il Creatore di tutta l’umanità aiuterà entrambi a ritornare sul sentiero che porta alla vera felicità.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 23 agosto 1982) 1230. Omosessualità, immoralità e adulterio sono proibiti nella Fede «Il problema di come trattare con gli omosessuali è di grande difficoltà. L’omosessualità è proibita nella Fede Bahá’í dallo Stesso Bahá’u’lláh, così come lo sono l’immoralità e l’adulterio. Se si ha l’intenzione di imporre pesanti sanzioni alle persone vittime di questa anormalità, per quanto ripugnante possa apparire agli altri, allora sarebbe giusto imporre egualmente pesanti sanzioni a qualsiasi bahá’í che supera i limiti morali stabiliti da Bahá’u’lláh. È ovvio che attualmente questo creerebbe un’impossibile e ridicola situazione. Egli ritiene, quindi, che gli amici che vivono in palese immoralità debbano essere assistiti e, se possibile, trattenuti dal compiere atti del genere, per mezzo di amorevoli consigli e ripetuti avvertimenti. Se le loro attività superano ogni limite e diventano di pubblico scandalo, allora l’Assemblea può valutare l’opportunità di privarli del diritto di voto. In ogni modo, egli non consiglia questa linea di condotta e ritiene che debba essere messa in pratica solo in casi veramente flagranti.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 20 agosto 1955) J. Leggi del matrimonio 1. Consenso dei genitori 1231. Conoscere il carattere è una responsabilità dei fidanzati e dei genitori «La legge bahá’í responsabilizza i fidanzati e poi i loro genitori, che devono acconsentire alle nozze, affinché comprendano il carattere dei due contraenti il matrimonio. L’obbligo dell’Assemblea Spirituale Locale è quello di accertarsi che tutte le procedure civili e religiose per il matrimonio bahá’í siano state espletate, dopo di che, l’Assemblea non può negare di compiere la cerimonia matrimoniale e neppure ritardarla.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti del 30 Mirza 1967) 1232. Si deve diventare profondamente familiari con il carattere l’uno dell’altra «Il matrimonio bahá’í è la dedizione delle due parti fra di loro e il reciproco attaccamento di cuore e di mente. Ciascuno deve quindi, con grande cura, divenire profondamente familiare con il carattere dell’altro o dell’altra affinché il vincolante legame che li unisce duri per sempre. Il loro scopo dev’essere il seguente: divenire amorevoli compagni e camerati sempre e continuamente nel tempo fino all’eternità… Il vero matrimonio bahá’í è questo, marito e moglie devono essere uniti fisicamente e spiritualmente, perché migliorino la vita spirituale l’uno dell’altro e possano godere di unità infinita nei mondi di Dio. Questo è il matrimonio bahá’í.» (Ibidem) 1233. La legge che richiede il consenso dei genitori deve spronare i giovani a considerare il matrimonio una cosa seria «Bahá’u’lláh afferma categoricamente che il consenso dei genitori deve essere ottenuto prima che il matrimonio venga celebrato e che, senza dubbio, ha in sé‚ una grande saggezza. Come minimo dissuade i giovani dallo sposarsi senza aver considerato a fondo la questione. È proprio in conformità a questo insegnamento della Causa che Shoghi Effendi Le ha telegrafato che deve ottenere il consenso dei suoi genitori. Personalmente credo che, se Lei manterrà il suo amore a livello di pura e stretta amicizia e continuerà i suoi studi fino alla loro conclusione, si troverà in una migliore posizione per giudicare e forse darà tempo ai suoi genitori di considerare meglio la questione. Il tempo accomoda sempre le cose e appiana dispute, la cui soluzione non può essere favorita da brevi sforzi e accese discussioni.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente il 29 maggio 1929) 1234. Il consenso dei genitori è richiesto per gli adulti, per un secondo matrimonio, nonché per bahá’í e non bahá’í «Riguardo il consenso dei genitori al matrimonio: esso è richiesto sia prima che dopo il compimento dei ventuno anni di età da parte dell’uomo o della donna. È richiesto altresì nel caso di secondo matrimonio, sia che il primo si è sciolto per la morte di uno dei coniugi o per divorzio. Esso è pure vincolante a prescindere che i genitori siano bahá’í o meno, che siano bendisposti o contrari alla Causa. Nel caso che entrambi i genitori siano deceduti, non è richiesto il consenso di un tutore.» (Da una lettera del 10 ottobre /1936 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) 1235. La legge del consenso dei genitori rafforza i rapporti familiari «Bahá’u’lláh ha chiaramente stabilito che nel matrimonio bahá’í è richiesto il consenso di tutti i genitori viventi. Questo vale siano i genitori bahá’í o no, divorziati da anni o no. Questa grande legge Egli ha formulato per rafforzare il tessuto sociale, per consolidare i legami familiari, per infondere nel cuore dei figli gratitudine e rispetto verso coloro che hanno dato loro la vita e avviato le loro anime nel viaggio eterno verso il Creatore. Noi bahá’í dobbiamo capire che nella società moderna si sta verificando esattamente il processo opposto: i giovani si curano sempre meno del volere dei genitori, il divorzio è considerato un diritto naturale ed è ottenuto con i pretesti più futili, ingiustificabili e meschini. Le persone separate, specialmente se una di loro ha ottenuto la piena custodia dei figli, tendono a sminuire l’importanza del compagno anche se questo, in quanto genitore, è altrettanto responsabile per aver messo al mondo i figli. I bahá’í devono combattere quelle forze corrosive che stanno rapidamente distruggendo la vita familiare, la bellezza delle relazioni familiari e la struttura morale della società, attraverso un’osservanza rigida delle leggi e degli insegnamenti bahá’í.» (Da una lettera del 25 ottobre 1947 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Stati Uniti e Canada. Compilazione “Una fortezza di benessere”, pag. 41-42) 1236. La legge del consenso dei genitori influenza le basi della società umana «In molti casi di violazione delle leggi sul matrimonio i credenti considerano la legge della richiesta del consenso dei genitori un mero fatto amministrativo e sembrano non comprendere che è una legge di grande importanza che influenza le basi della società umana. Ancor di più sembrano non apprezzare che nella Fede Bahá’í gli aspetti amministrativi e quelli spirituali siano complementari e che le leggi sociali della Fede sono vincolanti esattamente come quelle puramente spirituali.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti del 29 agosto 1965: Canadian Bahá’í News, n. 265, Febbraio 1973, p. 11) 1237. Il consenso di tutti i genitori viventi pone loro una grave responsabilità «È assolutamente vero che l’ingiunzione di Bahá’u’lláh che il consenso di tutti i genitori viventi pone loro una grande responsabilità. Quando i genitori sono bahá’í devono naturalmente, agire con obiettività nel negare o garantire il loro assenso. Non possono sfuggire a questa responsabilità semplicemente avallando il desiderio dei figli né devono essere sviati dal pregiudizio; ma, che siano o meno bahá’í, la decisione dei genitori è vincolante, qualunque sia la motivazione addotta. I figli devono comprendere che dare o negare il consenso è un compito dei genitori. Devono rispettare, nei loro cuori, coloro che li hanno generati e il cui compiacimento devono continuamente sforzarsi di ottenere.» (Dalla Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti del 1 febbraio 1968) 1238. I genitori possono chiedere consiglio all’Assemblea Spirituale, ma la decisione finale spetta a loro «In risposta alla vostra lettera del 9 Mirza 1979 nella quale viene richiesto un commento su un punto del verbale di un’Assemblea Spirituale Locale circa il consenso dei genitori al matrimonio, la Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di dirvi che, pur essendo possibile che essi chiedano consiglio ad un’Assemblea - la quale è libera di darlo - la decisione finale spetta a loro e l’Assemblea non può assumersi quella responsabilità. » (Da una lettera del 5 aprile /1979 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1239. L’opposizione di membri della famiglia diversi dai genitori non inficia la validità del matrimonio «A questo proposito, il Custode ritiene necessario attirare la vostra attenzione sul fatto che la validità di un matrimonio bahá’í è condizionato solo dal consenso dei due nubendi e dei loro genitori. Cos, nel caso che altri membri della vostra famiglia disapprovino l’unione di vostra sorella con il sig. ...., ciò non potrà mai invalidare il loro matrimonio. L’approvazione dei vostri genitori è sufficiente anche se il resto della famiglia vi si oppone violentemente. » (Da una lettera del 31Mirza 1937 scritta a nome di Shoghi Effendi ad una coppia bahá’í) 1240. Matrimonio con un non bahá’í: si richiede il consenso di tutti i genitori «A proposito della domanda se è necessario avere il consenso dei genitori del coniuge che non è bahá’í nel matrimoni o con un bahá’í: Bahá’u’lláh ha stabilito che il consenso di tutti i genitori è necessario per promuovere l’unità e evitare conflitti e non menzionando l’Aqdas eccezioni alla regola, il Custode ritiene che in qualsiasi circostanza è richiesto il consenso di tutte due le parti.» (Da una lettera scritta per conto del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale di Stati Uniti e Canada il 12 agosto 1941) 1241. Il figlio/a può richiedere ai genitori di riconsiderare la loro decisione‚ - Assistenza dell’Assemblea «Dalla Sua lettera emerge chiaramente che ha compreso la necessità del consenso dei genitori alla celebrazione del matrimonio bahá’í e che essi possono concederlo o negarlo per motivi loro. Se capita che in un primo momento i genitori neghino il loro consenso, non v’è nulla di male che il figlio chieda loro di riconsiderare la decisione, tenendo presente che deve comunque conformarvisi. Il figlio, d’altra parte, può non avere l’intenzione di portare avanti la questione: è lasciato interamente al suo vaglio delle circostanze chiedere o meno che i genitori riconsiderino la loro decisione. Vi sono stati casi in cui le parti hanno fatto appello a istituzioni bahá’í (locali e nazionali) per assisterli nella rimozione di qualche malinteso che possa impedire una positiva decisione dei genitori. Tuttavia non esistono regole rigide in materia; ogni caso deve essere esaminato secondo le circostanze del momento.» (Da una lettera del 28 ottobre /1984 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente) 1242. Il consenso dei genitori è spesso negato per motivi bigotti «…la legge bahá’í richiede il consenso dei genitori al matrimonio. Troppo spesso oggi, tale consento è negato dai genitori non bahá’í per motivi bigotti o pregiudizi razziali; abbiamo però continuamente constatato il profondo effetto su questi genitori provocato dalla fermezza dei giovani nell’obbedienza alla legge bahá’í con il risultato che alla fine, in molti casi viene dato il consenso ma che anche il carattere dei genitori viene cambiato e rafforzato il loro rapporto con i figli. Rimanendo quindi saldi nella legge bahá’í malgrado tutte le difficoltà non solo rafforziamo il nostro carattere, ma influenziamo anche quello degli altri.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a un credente con copia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali del 6 febbraio 1973: Messages from The Universal House of Justice, 1968-1973, pp. 106-107) 1243. Se i genitori sono viventi, se ne deve ottenere il consenso «A proposito della vostra domanda sull’applicazione della sanzione della perdita del diritto di voto a coloro che si sposano senza il consenso dei genitori, essa dovrà essere applicata da ora in avanti. La legge dell’Aqdas è esplicita e non si presta assolutamente ad ambiguità alcuna. Finché i genitori sono in vita, se ne deve ottenere il consenso che non è condizionato dal loro rapporto con i figli. Se il domicilio dei genitori non è legalmente noto, in altre parole, se sono legalmente deceduti, allora non è ovviamente necessario per i figli ottenerne il consenso. Il problema non è se il figlio conosce l’esatta residenza dei genitori, è un problema legale, se i genitori sono vivi allora deve essere loro richiesto. (Da una lettera scritta per conto del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada il 26 giugno 1956, Bahá’í News, n, 335, gennaio 1959, p. 2) 1244. Circostanze per cui non è richiesto il consenso dei genitori al matrimonio «In risposta alla vostra lettera sul problema di…che non è in grado di rintracciare il padre naturale del fidanzato, siamo lieti di offrirvi la seguente guida: Le uniche circostanze per cui non è necessario richiedere il consenso dei genitori al matrimonio bahá’í sono le seguenti: 1. Il genitore è morto. 2. Se l’assenza del genitore si è protratta fino a che può essere dichiarato legalmente morto. 3. Se il genitore è dichiarato malato di mente e quindi legalmente incapace di esprimere un consenso 4. Se il genitore è un violatore del Patto. 5. Nella legge bahá’í è possibile, in casi assai rari, riconoscere che esiste disunione. Tutti questi casi devono essere riferiti alla Casa Universale di Giustizia Il problema è quindi ridotto alla semplice questione se la vostra Assemblea Nazionale accetta che il domicilio del suocero della signorina… non può essere rintracciato e che perciò, con vostra soddisfazione, possa essere considerato legalmente deceduto. Dovrete anche naturalmente accertare che la signorina…abbia compiuto tutto il possibile per rintracciare il padre del fidanzato.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Alaska del 30 maggio 1971) 1245. Non è possibile per un vero credente ritirarsi dalla Fede per non rispettare una legge di Bahá’u’lláh «La responsabilità dei genitori, nell’accordare il consenso al matrimonio dei loro figli, è un fatto di coscienza e quindi non sono previste sanzioni in merito. D’altra parte, la legge bahá’í che richiede ai figli di ottenere per sposarsi il consenso dei genitori prevede certe sanzioni e, come sapete, si tratta di disposizioni stabilite nel Kitáb-i-Aqdas e nelle istruzioni dell’amato Custode. Talvolta le Leggi di Bahá’u’lláh possono procurare delle prove alla fede del credente e la questione sta nell’affrontarle o meno. Come vi è noto, a un vero credente non è consentito ritirarsi dalla Fede per non rispettare una Legge di Bahá’u’lláh.» (Da una lettera del 22 agosto /1968 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti. Parzialmente in compilazione “Una fortezza di benessere”, pp. 43-44) 1246. Consenso dei genitori al matrimonio, non alla cerimonia religiosa bahá’í «1. La Sua comprensione sul rifiuto del consenso da parte di uno o più genitori prima del matrimonio bahá’í è esatta; in buona sostanza, se il consenso non viene dato, il matrimonio non può aver luogo. 2. Il principio della Legge bahá’í che richiede il consenso dei genitori al matrimonio afferma che i genitori acconsentono al matrimonio di un uomo con una determinata donna. Esso non richiede che i genitori debbano acconsentire alla celebrazione di qualche particolare cerimonia. Ovviamente, se i genitori sono bahá’í è scontato che il matrimonio sarà celebrato con cerimonia bahá’í. Invece, potrebbe essere difficoltoso per dei genitori non bahá’í acconsentire che il proprio figlio o la propria figlia si sposi con la cerimonia religiosa bahá’í e, in questi casi, è importante fare un distinguo del principio. In altre parole, se i genitori non bahá’í acconsentono al matrimonio della coppia, si può effettuare la cerimonia bahá’í, a meno che essi vi si oppongano espressamente, nel qual caso il matrimonio non può aver luogo.» (Da una lettera del 23 luglio 1984 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente) 1247. Occorre effettuare ogni ragionevole ricerca per rintracciare i genitori:‚ l’Assemblea responsabile deve avere la certezza che ciò sia stato fatto «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la vostra lettera dell’8 maggio 1986 in cui viene illustrato il problema della signorina ... circa il consenso al suo matrimonio da parte del padre adottivo. Siamo stati incaricati di trasmettervi la sua risposta. Sembra chiaro che la signorina ... abbia un esile legame con il genitore naturale. Ciò nondimeno, malgrado la di lui lunga assenza e la mancanza di qualsiasi suo rapporto sia con la moglie che con la figlia, la signorina ... è tenuta a fare - pur se con discrezione - ogni sforzo, incluso quello di contattare persone, ditte o agenzie e, se necessario, pubblicando perfino degli annunci nei quotidiani, al fine di accertare dove si trovi. Se occorre, l’Assemblea Locale o Nazionale può offrire la sua assistenza alla coppia. Quando l’Assemblea riterrà che ogni ragionevole via di ricerca sia stata battuta senza alcun risultato, allora potrà dare il permesso alla celebrazione del matrimonio.» (Da una lettera del 2 giugno /1986 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1248. Si può chiedere ad altre persone di avvicinare i genitori a nome dell’interessato/a‚ «Se il padre è stato dichiarato mentalmente incapace, non è richiesto alcun consenso; in caso contrario, esso deve essere ottenuto. Se la giovane è turbata al pensiero di avvicinare direttamente il padre, può chiedere ad altri che lo facciano a suo nome; da parte nostra vi suggeriamo anche che l’Assemblea Locale assista all’incontro.» (Da una lettera del 18 agosto 1968 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1249. I matrimoni sono concepiti per favorire unità e armonia‚ - Genitori e figli allontanatisi gli uni dagli altri potrebbero riconciliarsi «Egli ritiene che il matrimonio innanzi tutto deve essere deciso dai due giovani. Se la giovane bahá’í da Lei menzionata desidera sposare il figlio dell’ indù... ed i genitori di entrambi acconsentono al matrimonio, non v’è alcun impedimento alla loro unione, purché siano rispettate le Leggi bahá’í. Il Custode suggerisce che sia lo stesso giovane a cercare suo padre, a spiegargli che vuole sposare civilmente una ragazza bahá’í e che al rito civile seguirebbe nel suo interesse una breve cerimonia bahá’í, ed a chiedergli infine il suo permesso e la sua benedizione. Come Bahá’u’lláh Stesso dice, i matrimoni sono concepiti per favorire unità e armonia nel mondo, non dissensi e separazioni. Sarebbe una meravigliosa opportunità che questo matrimonio potesse riportare insieme il padre ed il figlio, da tempo allontanatisi l’uno dall’altro, almeno in un momento di amichevole e filiale contatto. Per vivere secondo le Leggi bahá’í nella nuova era in cui stiamo entrando, dobbiamo fare dei sacrifici. Se i bahá’í stessi non fanno sacrifici per la loro Fede, chi li dovrebbe fare? Spesso può essere difficile, ma i risultati si vedranno in una più rapida diffusione della Causa e in una più forte unità nella stessa Comunità.» (Da una lettera del 12 Mirza 1953 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) 1250. Istruzioni per il consenso in relazione a figli adottati «Riguardo la questione dei figli adottati, occorre ottenere il consenso di tutti i genitori naturali ogni qual volta ciò sia legalmente possibile, ma nessun tentativo di rintracciarli deve essere effettuato se ciò contravviene alle disposizioni del certificato di adozione o alle leggi del paese. Se non esiste alcuna restrizione legale per avvicinare i genitori naturali e se è legalmente stabilito che l’uomo in questione è il padre, il figlio deve ottenerne il consenso, sempre che sia in vita. Se il presunto padre è scomparso in modo tale da poterne legalmente presumere la morte, allora il consenso non è richiesto. Inoltre, ove il presunto padre naturale neghi di esserlo, si applicano i seguenti principi: se il suo nome compare sul certificato di nascita del figlio e le leggi del paese presuppongono che il nome ivi indicato sia quello del padre, allora - ai fini dell’acquisizione del consenso - si deve considerarlo come tale. Se il nome indicato sul certificato di nascita non consente una definitiva presunzione di paternità e se l’uomo in questione ha sempre negato di essere il padre, il figlio non ha l’obbligo di ottenere il consenso di quest’ uomo, a meno che - nonostante il suo diniego - non sia stato legalmente stabilito che egli sia il padre.» (Da una lettera del 24 ottobre/1965 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1251. Figli adottati e particolare importanza del loro rapporto con i genitori naturali «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 13 novembre 1973 dalla quale si evince la sua preoccupazione che la disposizione della Legge bahá’í sul matrimonio richiedente il consenso dei genitori naturali viventi possa creare una doppia regola nella sua famiglia a causa della presenza di figli adottivi e propri. Ci rendiamo conto della sua preoccupazione e concordiamo con la sua lodevole aspirazione di conseguire l’unità nel suo gruppo familiare. Comunque, tale unità non ha motivo di essere messa in pericolo a causa del consenso al matrimonio che i suoi figli adottivi devono richiedere ai loro genitori naturali. Proprio come non è implicito che l’amore per una persona faccia diminuire quello per un’altra, così non è inevitabile che l’unità tra il figlio ed i genitori adottivi distrugga o riduca quella tra il medesimo ed i genitori naturali, o viceversa. Il carattere ed i sentimenti delle persone interessate avranno certamente un effetto su ciò. Lei altresì ritiene che - tranne che esista un concetto più ampio del significato di “genitore naturale” - la legge crea disarmonia. Forse già la sua Assemblea Nazionale le ha citato il seguente passo tratto Da una lettera scritta dal segretario dell’amato Custode a suo nome, ma da parte nostra vogliamo attirare la sua attenzione su quella parte che abbiamo sottolineato, poiché fa riferimento alla particolare importanza dei rapporti fra i figli ed i loro genitori naturali. Bahá’u’lláh ha chiaramente stabilito che nel matrimonio bahá’í è richiesto il consenso di tutti i genitori viventi... Questa grande legge Egli ha formulato per rafforzare il tessuto sociale, per consolidare i legami familiari, per infondere nel cuore dei figli gratitudine e rispetto verso coloro che hanno dato loro la vita e avviato le loro anime nel viaggio eterno verso il Creatore. In breve, l’amore per i genitori adottivi e l’unità con la loro famiglia non deve escludere l’amore del figlio verso i suoi i genitori naturali, pur se è probabile che il figlio diventerà maggiormente parte integrante della famiglia in cui vive e cresce. Naturalmente, ove le leggi del paese o l’atto di adozione proibiscano futuri contatti fra il figlio adottato ed i suoi genitori naturali, la Legge Bahá’í non impone di ottenere il loro consenso al matrimonio. In ogni caso i figli, anche se non obbligati a farlo, possono chiedere il consenso ai loro genitori adottivi.» (Da una lettera del 11dicembre1973 della Casa Universale di Giustizia ad un credente) 1252. Legge unica sull’adozione «Ci avete dato notizia nella vostra del 23 luglio della legge unica sull’adozione che separa il cognome dei genitori naturali da quello dei genitori adottivi e del figlio e ci chiede come comportarsi con la legge bahá’í sul matrimonio che richiede il consenso dei genitori naturali. Nei casi in cui questa legislazione proibisce che venga reso noto il cognome dei genitori naturali, il figlio non ha obblighi di ricercarne il consenso al matrimonio, ma in quei casi ove fosse possibile conoscerli, se ne deve ottenere il consenso premesso che nella legge o nel contratto di adozione niente gli impedisca di farlo.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Australia del 7 agosto 1966: Bahá’í Bulletin of Australia; n. 145, settembre 1966, p. 2) 1253. Il compito dell’Assemblea è verificare che il consenso sia dato liberamente. È preferibile che sia scritto anche se non è richiesto dalla legge «Nella Fede Bahá’í è un diritto di tutti di scegliere senza costrizioni il futuro coniuge ed è libertà incondizionata dei genitori esercitare il diritto di dare o rifiutare il consenso. Se è preferibile avere un consenso scritto da tutti e due i genitori non è comunque richiesto dalla legge bahá’í. L’Assemblea Spirituale responsabile deve appurare che i consensi siano dati liberamente e non insistere su un documento scritto. La sicura prova di un consenso verbale è più che sufficiente; alcuni genitori danno liberamente il consenso verbale ma si rifiutano di metterlo per iscritto.» (Da una lettera scritta per conto della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Guyana l’11 aprile 1978). 1254. Se i genitori non nominano il futuro coniuge nella lettera di consenso «La legge bahá’í relativa al matrimonio richiede fondamentalmente, che le parti che vogliono sposarsi ottengano il consenso di tutti i genitori naturali viventi. La responsabilità dei genitori nel dare il consenso è inoltre, libera e incondizionata, ma nel compiere il loro dovere sono responsabili della decisione verso Dio. Se i genitori nella loro lettera di consenso, come dite, non nominano una particolare futura sposa, la Casa di Giustizia, ha stabilito che è accettabile e che sarà possibile condurre una cerimonia di matrimonio bahá’í in base a tale lettera.» (Da una lettera scritta per conto della Casa Universale di Giustizia a un credente il 9 ottobre 1975) 2. Fidanzamento bahá’í 1255. Prima dovete scegliere «In quanto al quesito sul matrimonio secondo la legge di Dio: anzitutto sta a te scegliere una persona che ti piaccia, poi la cosa dipende dal consenso del padre e della madre. Ma prima che tu abbia fatto la tua scelta, essi non hanno diritto di interferire.» (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, Casa Editrice Bahá’í, Roma 1987, p. 116) 1256. Periodo del fidanzamento e suo annuncio «La legge del Kitáb-i-Aqdas relativa al periodo del fidanzamento non è ancora applicabile dai credenti occidentali e non è quindi richiesto che le parti che si sposano ottengano il consenso dei genitori prima dell’annuncio del loro fidanzamento. Non è comunque fuori luogo informare i credenti che sarebbe saggio ottenerlo in modo da evitare imbarazzi se il consenso fosse negato.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Australia del 17 gennaio 1971: Australian Bahá’í Bulletin, febbraio 1971, n. 198) 1257. Se le due parti sono persiane, il fidanzamento non dovrà superare novantacinque giorni «….la Casa Universale di Giustizia ci ha comunicato di dirvi che secondo quanto stabilito dalla legge sul matrimonio del Kitáb-i-Aqdas l’intervallo di tempo fra il fidanzamento e il matrimonio non deve superare i novantacinque giorni è obbligatoria per i credenti persiani ovunque risiedano e se i due sposi sono persiani. La legge non è comunque applicabile se uno dei due sposi è un credente occidentale. (Da una lettera scritta per conto della Casa Universale di Giustizia a un’Assemblea Spirituale Nazionale il 31 ottobre 1977) 1258. Il periodo di novantacinque giorni inizia quando le parti hanno fatto promessa di matrimonio «In linea di principio, secondo quanto scritto da ‘Abdu’l-Bahá, il periodo di novantacinque giorni deve iniziare quando le due parti hanno fatto promessa di matrimonio e lo stesso è stato concordato. Quindi, anche se possibile, la rottura di un fidanzamento dovrebbe accadere raramente. Quando i motivi della rottura o del prolungamento del periodo di fidanzamento sono validi, l’Assemblea deve fornire tutta l’assistenza possibile alle parti interessate per rimuovere le loro difficoltà e per facilitare la loro osservanza dell’ordinanza del Libro. In ogni modo, se a giudizio dell’Assemblea l’interruzione, il prolungamento o il ripristino del fidanzamento rispecchiano una intenzionale inosservanza della Legge del Libro, allora essa deve consultarsi accuratamente sul caso e mettere in atto ogni sua decisione...» (Traduzione da una lettera del 29 giugno1971 della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1259. La rottura del fidanzamento non viola la legge bahá’í « ...la rottura del fidanzamento, sebbene non sempre consigliabile, non viola la Legge Bahá’í sul matrimonio.» (Da una lettera del 11 novembre1969 della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1260. È proibito annunciare il matrimonio prima che inizi il periodo dei novantacinque giorni «...È ugualmente proibito annunciare il matrimonio prima di novantacinque giorni dalla sua celebrazione.» (Domande e Risposte: supplemento al Kitáb-i-Aqdas, opera citata ) 1261. Non è lecito fidanzarsi con una fanciulla prima della sua maturità «Non è lecito fidanzarsi con una fanciulla prima che essa abbia raggiunto la maturità.» (Sinossi e Codificazione del Kitáb-i-Aqdas, pag. 50) 3. Matrimonio bahá’í 1262. Gli insegnamenti bahá’í innalzano il matrimonio al rango di divina istituzione; pur tuttavia vi è una piccola fetta di genere umano che non dovrebbe sposarsi‚ «Gl’insegnamenti bahá’í non solo incoraggiano la vita matrimoniale, considerandola come il modo naturale e normale di esistenza di ogni persona sensata, sana, socialmente consapevole e responsabile, ma innalzano il matrimonio allo status di divina istituzione, i cui primari e sacri scopi sono la perpetuazione della razza umana – vero fiore dell’intera creazione - e la sua elevazione all’effettivo rango destinatole da Dio. È perfino troppo evidente, comunque, che esistono certe persone le quali, a causa di talune serie deficienze fisiche o mentali, non sono nelle condizioni di contrarre matrimonio e godere delle benedizioni di una duratura e riuscita vita matrimoniale; ma esse, costituendo solo una piccolissima fetta di umanità, rappresentano quindi semplicemente un’eccezione e la loro condizione non può assolutamente invalidare ciò che una Saggia ed Amorevole Provvidenza ha decretato essere il normale modo di una fruttifera e costruttiva esistenza sociale. Gli Scritti bahá’í non specificano le esatte condizioni e circostanze che debbano consigliare o perfino impedire a dette persone incapaci qualsiasi forma di vita matrimoniale, condizioni e circostanze che dovranno essere successivamente definite dalla Casa Universale di Giustizia. Nel frattempo, quei credenti che ritengono di rientrare nella suddetta categoria di persone farebbero bene, prima di prendere autonomamente qualsiasi decisione definitiva, a consultare medici esperti, coscienziosi e competenti, ed attenersi alle loro raccomandazioni. Questo è ciò che il Custode le consiglia di fare, ed egli pregherà affinché lei possa essere guidato nel prendere la giusta decisione in questa certamente delicata e vitale questione che sta affrontando. Se la sua malattia è causata da qualche debolezza costituzionale e predisposizione ereditaria, questa è una domanda da porre ad esperti in medicina, sebbene medici provetti possono talvolta trovare molto difficile, se non del tutto impossibile, dare una risposta certa e definitiva.» (Da una lettera del 15 aprile 1939 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) 1263. L’istituzione del matrimonio così come concepita e stabilita da Bahá’u’lláh costituisce la base della vita sociale «Deve essere innanzi tutto chiaramente rimarcato che l’istituzione del matrimonio, così come concepita e stabilita da Bahá’u’lláh, è estremamente semplice anche se di vitale importanza sociale, costituendo esso la vera base della vita sociale. Paragonato alla concezione ed alle forme presenti nelle attuali religioni, il matrimonio bahá’í è praticamente privo di qualsiasi cerimonia. Non esiste un sacerdozio officiante. Le due parti contraenti appaiono semplicemente davanti all’Assemblea Spirituale ed esprimono il loro desiderio di essere uniti con il vincolo del matrimonio, pronunciano una breve formula davanti i suoi membri e sottoscrivono il certificato di matrimonio. Nella Causa non esiste ciò che comunemente viene chiamato “Aqid”. La presenza delle due parti davanti all’Assemblea ha solamente una valenza di carattere amministrativo, mentre il vincolo che ne segue ha un valore spirituale e sacro. Io concepisco solo il mero atto di comparire davanti l’Assemblea, non il matrimonio stesso che nella sua essenza è naturalmente un atto di unione morale e spirituale.» (Da una lettera del 6 luglio 1935 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India) 1264. L’aspetto fisico dell’unione coniugale è subordinato agli scopi ed alle funzioni spirituali e morali «L’Istituzione del matrimonio, creata da Bahá’u’lláh, attribuisce la debita importanza all’aspetto fisico dell’unione coniugale, che però considera in subordine rispetto agli scopi e alle funzioni morali e spirituali di cui l’onnisciente e amorosa Provvidenza l’ha investita. Solo quando si riconosca il dovuto peso di ciascuno di questi differenti valori, e si subordini il materiale al morale, e il carnale allo spirituale, si possono evitare quegli eccessi e quel lassismo nelle relazioni coniugali che la nostra società ha la sventura di conoscere, e la vita familiare riacquisterà la sua autentica purezza, svolgendo la vera funzione per cui Iddio l’ha istituita.» (Da una lettera del 8maggio1939 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente. Compilazione “Vita familiare”, pag. 99, n. 56) 1265. Il matrimonio fra due bahá’í può costituire una potente energia nella vita degli altri «Egli augura ad entrambi ogni felicità per il prossimo matrimonio e spera che esso non sia solo una benedizione per ambedue, ma anche per la Fede. Un matrimonio fra due anime, consce del Messaggio di Dio per questo giorno, dedicate al servizio della Sua Causa, che lavorano per il benessere dell’umanità, può costituire una potente energia nella vita del prossimo, esempio ed ispirazione per gli altri bahá’í ed anche per i non credenti.» (Da una lettera del 4 agosto 1943 scritta a nome del Custode ad un credente) 1266. L’unione bahá’í deve essere una vera e durevole relazione «Orbene, quando la gente di Bahá s’impegna in matrimonio deve congiungersi in un rapporto autentico, in un incontro degli spiriti e dei corpi, sì che tale unione si perpetui in ogni fase della vita e in tutti i mondi di Dio: questa vera unità è uno sprazzo dell’amor di Dio.» (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, Casa Editrice Bahá’í, Roma 1987, p. 116) 1267. Dovere morale di sposarsi, che non è però un obbligo «….Naturalmente, in circostanze normali, ognuno deve considerare il dovere morale di sposarsi. Questa è la ragione per la quale Bahá’u’lláh ha incoraggiato i credenti a farlo. Ma il matrimonio non è un obbligo. In ultima analisi tocca all’individuo decidere se desidera condurre una vita familiare o scegliere il celibato.» (Da una lettera del Custode a un credente del 3 maggio 1936 e citata dalla Casa Universale di Giustizia in una lettera a un credente del 6 febbraio 1973: Messages of The Universal House of Justice, 1968-1973, pp. 109-110) 1268. Bahá’u’lláh consiglia il matrimonio perché è un modo di vivere giusto e naturale «Ritiene che il suo desiderio di sposarsi sia naturale e pregherà perché possa trovare una compagna adatta con quale essere felicemente unito nel servizio alla Fede. Bahá’u’lláh ha consigliato il matrimonio a tutta la gente perché è un modo di vivere giusto e naturale. Egli ha anche dato una forte rilevanza alla sua natura spirituale che, senza precludere alcuno degli aspetti materiali, è l’aspetto essenziale del matrimonio. Che due persone trascorrano l’esistenza amorevolmente e in armonia è di gran lunga assai più importante del fatto che siano consumati dalla passione reciproca. Il primo è una solida roccia a cui appigliarsi in caso di necessità, il secondo è una cosa puramente temporanea destinata a svanire in qualsiasi momento.» (Da una lettera scritta per conto del Custode a John Stearns, il primo pioniere in Ecuador, il 20 gennaio 1943) 1269. La Fede Bahá’í non prevede alcuna forma di “prova matrimoniale” «Riguardo i tre tipi di “cameratismo matrimoniale” che Lei indica nella sua lettera, il primo, riguardante la convivenza fuori dal matrimonio sia per prova che su base immorale, non è ovviamente accettabile dagli insegnamenti bahá’í ed è inoltre una trasgressione che, se persistente, potrebbe comportare la privazione del diritto di voto. Il secondo, e cioè un matrimonio in cui la coppia conviene in anticipo di non avere mai figli, ed il terzo, ovvero un matrimonio in cui la coppia decide di non aver figli prima di avere la certezza di voler mantenere il vincolo matrimoniale, avendo essa preso in considerazione la possibilità di un divorzio consensuale prima della nascita di figli, sono situazioni private che potrebbero non venire a conoscenza di chi non abbia una particolare familiarità con il marito o la moglie. Pertanto, tranne il primo tipo di cameratismo matrimoniale, questi ultimi non costituiscono flagrante immoralità e non devono far sorgere alcuna questione circa la privazione del diritto di voto. Ciò nonostante essi sono contrari allo spirito della Legge bahá’í. Gl’Insegnamenti bahá’í non prevedono alcuna forma di “prova matrimoniale”. Una coppia deve approfondire il reciproco carattere e cercare di conoscersi prima che decida di sposarsi, e quando convola a nozze deve farlo con l’intenzione di stabilire un legame eterno. Essa, inoltre, deve rendersi conto che lo scopo primario del matrimonio è la procreazione dei figli. Una coppia fisicamente non in grado di avere prole può ovviamente sposarsi, poiché la procreazione non è l’unico scopo del matrimonio. Comunque è contrario allo spirito degli Insegnamenti che una coppia decida volontariamente di non avere mai figli.» (Da una lettera del 3 novembre1982 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente) 1270. Convivenza extramatrimoniale «Quando vengono presi in esame casi di coppie che convivono fuori dal matrimonio, è importante distinguere quelle che iniziano tale convivenza dopo essere diventate bahá’í da quelle che erano già in tale condizione prima di accettare la Fede. La Casa di Giustizia è certa che la vostra Assemblea è a conoscenza che ai bahá’í non è permesso iniziare tale immorale relazione e che qualsiasi credente che lo faccia deve essere consigliato ed avvertito dall’Assemblea affinché corregga il suo comportamento, troncando la relazione o sposandosi in conformità alla Legge bahá’í. Se, dopo ripetuti avvertimenti, i credenti interessati non obbediscono, allora l’Assemblea non ha altra scelta che privarli del diritto di voto. La situazione di coloro che, già prima di accettare la Fede, convivevano fuori dal matrimonio è meno delineata e la Casa di Giustizia ci ha incaricato di inviarvi il seguente sommario di principi che stato preparato in risposta ad una simile domanda posta da un’altra Assemblea Spirituale Nazionale. 1. In linea generale, i matrimoni celebrati prima che le parti abbiano accettato la Fede sono riconosciuti validi dalla Legge bahá’í, e in tal caso non è permessa un’ulteriore cerimonia bahá’í. Questo principio è applicabile a prescindere che il matrimonio sia stato celebrato secondo il rito civile, religioso o in base a costumi tribali. 2. Una coppia che, al momento dell’accettazione della Fede di uno dei due o di entrambi, convive come marito e moglie non è considerata sposata secondo la Legge bahá’í, e quindi o celebra il matrimonio in sua conformità o cessa la convivenza. In altre parole, l’Assemblea deve trattare il caso come qualunque altra situazione di condotta immorale, spiegando le esigenze della legge, dando ripetuti avvertimenti, e, alla fine, privando del diritto di voto il trasgressore che persiste nella disobbedienza. 3. A causa di insolite situazioni esistenti in certi paesi o in taluni casi, può accadere talvolta che una persona diventi bahá’í mentre vive in una condizione che non rientra chiaramente in una o l’altra delle suddette definizioni. Ciò si verifica, per esempio, quando una coppia ha stabilito solidi legami di unione e le parti vivono insieme in modo tale da sembrare sposati ed esserlo considerati da coloro che li circondano; l’unione ha resistito alla prova del tempo e possono esservi perfino dei figli, tuttavia essa non è realmente sposata in nessuno dei modi sopra definiti. Il principio da seguire in questo caso è di non intromettersi nella vita di codeste persone e non insistere perché distruggano quei legami che hanno stabilito prima di diventare credenti, ma accettare la loro unione come matrimonio conforme alla Legge bahá’í. Il Custode sostenne questo principio nelle situazioni esistenti in certi paesi cattolici dove, a causa dei rapporti fra stato e chiesa, il divorzio è impossibile e nessuna delle due parti può di nuovo legalmente sposarsi con un’altra persona. Ove sia possibile per una tale coppia regolarizzare la sua posizione con un matrimonio civile, è bene che lo faccia, ma non è necessario, né‚ le è permesso effettuare la cerimonia bahá’í, poiché secondo la Legge bahá’í essa è già unita in matrimonio.» (Da una lettera del 7 settembre1981 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Panama) 1271. La differenza fondamentale fra le due categorie relazionali «La differenza fondamentale fra le due categorie relazionali è che il matrimonio secondo la legge comune è considerato dalle parti coinvolte un impegno solenne con la semplice intenzione di formare una famiglia ma che, per complicazioni legali, non può essere debitamente registrato, mentre in una convivenza e simili situazioni, le parti iniziano e mantengono la relazione per provare o altre basi immorali e sono ambedue condannate nei nostri Insegnamenti. Riteniamo che applicando i principi in ciascun caso voi citate nella lettera, potrete educare gradualmente, con saggezza, gentilezza e amore, gli amici nelle basi dei nostri Insegnamenti così che possano superare le loro difficoltà morali.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Paraguay del 21 novembre 1967) 1272. La Fede accetta, in alcuni casi, unioni che sono “immorali ma accettate” dalla società in cui vive la gente «Come vedrete, la Fede Bahá’í accetta come marito moglie quelle coppie che prima di diventare bahá’í hanno avuto un matrimonio valido, civile, religioso o secondo regole tribali anche se in un ambito di poligamia. Inoltre, la Fede accetta in certi casi unioni che sono “immorali ma accettate”dalla società in cui vive la gente. In tutti questi casi, poiché l’unione è accettata dalla Fede, non c’è bisogno che la coppia abbia una cerimonia matrimoniale bahá’í anche perché, come afferma il Custode, “il matrimonio bahá’í è qualcosa che si compie quando ci si unisce per la prima volta, non tanto tempo dopo che l’unione ha avuto luogo”. Comunque, se la coppia, ora divenuta bahá’í, desidera avere un incontro con i loro amici durante il quale vengono recitate preghiere e letti scritti sacri in favore del loro matrimonio, non vi sono obiezioni, sebbene sia ben chiaro che tale evento non costituisce una cerimonia matrimoniale.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Perù del 23 giugno 1969) 1273. La legalizzazione di una situazione esistente non richiede il matrimonio bahá’í «Il problema della legalizzazione di una situazione secondo la legge civile è separato e dipende in larga misura, da quanto richiede la legge. Se una coppia, la cui unione è riconosciuta dalla Fede ma non è valida per la legislazione civile, desidera fare il matrimonio civile, lo possono sicuramente fare. È una semplice ratifica della posizione civile e non richiede che venga anche celebrato il matrimonio bahá’í. (Ibidem) 1274. Differenza fra il matrimonio secondo la legge comune e la convivenza «Abbiamo considerato la vostra lettera del 25 ottobre con domande relative all’applicazione nella vostra nazione, delle leggi bahá’í sul matrimonio. Il problema da voi descritto è abbastanza comune in tutte le nazioni dell’America Latina e durante la vita del Custode furono sollevate molte problematiche dalle Assemblee Nazionali che a quell’epoca, vi operavano. Le risposte del Custode indicavano una distinzione fra le unioni di convivenza basate su una flagrante immoralità e quelle contratte sulla base di legge comune a causa delle contemporanee relazioni fra le chiese e la legislazione in quella o in altre regioni. Mentre il primo tipo di unione è immorale e quindi intollerabile, il secondo tipo, se contratta prima di diventare bahá’í può essere accettata dall’istituzione della Fede senza che la persona debba sciogliere tali vincoli.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Paraguay del 21 novembre 1967). 1275. Convivenza e relazione palesemente immorale «Riguardo alla convivenza e alla manifesta immoralità, vi citiamo due passi tratti da lettere scritte per conto del Custode: “Il Custode mi ha dato istruzioni di scrivervi che la convivenza, dove non vi sia un matrimoni legale o religioso, è una relazione immorale e che non possiamo accettare quali credenti coloro che apertamente si comportano così”. (Alle Assemblee Spirituali Nazionali dell’Argentina, della Bolivia, del Cile, del Paraguay e Uruguay, del 26 settembre 1957) “Per quanto riguarda le manifeste relazioni immorali, quali la convivenza fra un uomo e la sua compagna, dovrebbe essere sottoposto alla sua attenzione amorevolmente e si dovrebbe incitare a sposare la usa compagna se libero di farlo o di porre fine alla sua condotta di forte detrimento per la Fede e per il suo progresso spirituale.» (Alle Assemblee Spirituali Nazionali dell’America Centrale del 9 febbraio 1957) (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Paraguay del 21 novembre 1957) 1276. Violazione della legge sul matrimonio, verificare che i bahá’í ne siano informati «…Al momento la vostra Assemblea dovrebbe seguire le istruzioni fornite dall’amato Custode, tenendo ben presente che la sospensione del diritto di voto non è una procedura automatica. In tutti i casi matrimoniali, come quelli che elencate, la prima cosa che la vostra Assemblea deve fare è appurare se il bahá’í in questione, era ben informato dei requisiti necessari al matrimonio bahá’í e delle sue conseguenti responsabilità. Nei casi che prevedono la non osservanza di altre leggi bahá’í, oltre quella del matrimonio, dove procedere con cautela nell’imporre questa severa sanzione.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada del 14 aprile 1965) 1277. Informazione errata fornita dall’Assemblea «Allo stesso modo, dovete tener conto delle buone intenzioni del credente se ha agito concordemente a un’informazione o un consiglio errato datogli dall’Assemblea Locale o da un’altra istituzione bahá’í.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti dell’11 ottobre 1965) 1278. I bahá’í che non conoscono la legge rientrano in un’altra categoria «Nella fase attuale dello sviluppo della comunità bahá’í, coloro che per ignoranza non hanno compiuto il matrimonio bahá’í rientrano in una categoria diversa da quelli che volontariamente hanno infranto la legge. I secondi devono fare una cerimonia bahá’í per riacquistare il diritto di voto, ma i primi devono essere trattati come quei bahá’í sposatisi prima di entrare nella Fede e quelli che si sono sposati senza la cerimonia bahá’í prima dell’applicazione della legge: sono da considerarsi sposati e non devono fare la cerimonia bahá’í.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti del 20 gennaio 1966) 1279. Siate pazienti e tolleranti nell’applicazione delle leggi agli indigeni: non impicciatevi della vita personale degli individui «Vi sono comunque, come rileverete dalla lettera del 21 novembre all’Assemblea Nazionale del Paraguay, situazioni che non possono essere accettate dalla Fede Bahá’í e quando qualcuno che vive in tale situazioni di immoralità, deve modificare la usa condotta o essere soggetto alla perdita dei diritti amministrativi. Desideriamo comunque sottolineare che, sebbene l’immoralità sia condannata negli Insegnamenti, solo quella manifesta è per il momento sanzionabile. Non impicciatevi degli affari delle persone e solo nei casi di manifesta immoralità dovrete applicare delle sanzioni e solo quando avrete spiegato pazientemente ai credenti interessati le leggi bahá’í coinvolte e dato loro ampio tempo per pentirsi. Particolarmente nell’applicazione di queste leggi agli indigeni dovrete essere pazienti e tolleranti. L’enfasi dev’essere posta sull’educazione e non sulla rigida e immediata applicazione della legge. Quando qualcuno già bahá’í viola consapevolmente le leggi sul matrimonio, e soggetto a perdere i suoi diritti amministrativi. Con l’eccezione dei casi menzionati nel paragrafo n. 4 i suddetti credenti che desiderano sposarsi devono fare la cerimonia bahá’í e questo vale anche se uno solo dei coniugi lo è.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Perù del 23 giugno 1969) 1280. La bigamia non è permessa «La situazione in cui lei si trova è decisamente difficile e delicata, ma non meno gravi e del tutto vitali sono le responsabilità che essa comporta e che lei, credente fedele e leale, deve assumersi totalmente e in piena coscienza. Il Custode dunque, mentre è pienamente conscio delle circostanze particolari del suo caso, per quanto profonda possa essere la sua comprensione per lei in questo dilemma, carico di sfide, davanti al quale lei è dolorosamente posto, non può, alla luce delle enfatiche ingiunzioni contenute negli Insegnamenti, né ratificare la sua richiesta di contrarre un secondo matrimonio mentre la sua prima moglie è in vita ed unita a lei dai sacri legami del matrimonio, né suggerire o approvare che lei divorzi solo per avere il permesso di sposare una seconda moglie. In effetti, gli insegnamenti bahá’í non solo precludono la possibilità della bigamia ma, pur permettendo il divorzio, lo considerano un atto biasimevole cui fare ricorso solo in circostanze eccezionali e quando siano presenti questioni gravi, che vanno al di là, ad esempio, di considerazioni sulla attrazione fisica o compatibilità e armonia sessuale. L’istituzione del matrimonio, così come Bahá’u’lláh l’ha stabilita, mentre dà la dovuta importanza all’aspetto fisico dell’unione maritale, lo considera subordinato rispetto agli scopi e funzioni morali e spirituali di cui è stato investito da una Provvidenza tutta saggezza e amore. Solo quando si dà a questi diversi valori l’importanza che meritano, e solo a condizione di subordinare il lato fisico a quello morale, il lato carnale a quello spirituale, è possibile evitare quegli eccessi e quel lassismo nelle relazioni coniugali che la nostra era decadente sta tristemente sperimentando, ed è possibile riportare alla purezza originaria la vita familiare, realizzando la vera funzione per la quale è stata istituita da Dio.» (Da una lettera dell’8 maggio 1939, scritta per conto del Custode a un credente che, avendo sposato la moglie per compassione, desiderava avere il permesso di sposare una seconda donna di cui era innamorato, affermando che la prima moglie acconsentiva a questa unione, Il Divorzio, Casa Editrice Bahá’í, Roma 1995, p. 11-12) 1281. Requisiti bahá’í relativi ai matrimoni con seguaci di altre religioni «Nella vostra lettera dell’1 luglio 1979 avete richiesto alla Casa Universale di Giustizia quali fossero i requisiti bahá’í relativi ai matrimoni con seguaci di altre Fedi. La Casa di Giustizia ci ha incaricato di inviarvi il seguente sommario. 1. Nel matrimonio fra un bahá’í e un non bahá’í, se quest’ ultimo desidera la cerimonia prevista dalla propria religione, il bahá’í può prendervi parte alle seguenti condizioni: 1.1 - che tutti gli interessati, compreso il sacerdote officiante, siano a conoscenza che egli è bahá’í; 1.2 - che la cerimonia non implichi la rinuncia alla sua fede; 1.3 - che non faccia promessa solenne di agire in maniera contraria ai principi bahá’í (come quella di educare i figli secondo i principi di un’altra religione); 1.4 - che la cerimonia sia tenuta nello stesso giorno di quella bahá’í, non importa se prima o dopo. 2. Se la legge del paese richiede una cerimonia civile oltre alle due religiose, tutte e tre le cerimonie devono essere tenute nello stesso giorno. 3. Se un bahá’í si sposa con cerimonia di un’altra religione e viola i suddetti requisiti, è soggetto alla perdita del diritto di voto. 4. In caso di perdita del diritto di voto, esso può essere ripristinato qualora l’Assemblea sia convinta del pentimento del credente e sempre che sussistano le seguenti condizioni: 4.1 - se il bahá’í ha dissimulato la sua Fede o ha fatto un giuramento contrario ai principi bahá’í essendo la cerimonia dipendente da tali atti, egli deve annullare il matrimonio. Solo allora il suo diritto di voto potrà essere ripristinato, e se vuole sposarsi ancora con la stessa donna potrà farlo solamente se il matrimonio viene celebrato in conformità alla Legge bahá’í; 4.2 - se il bahá’í ha dissimulato la sua Fede o ha fatto un giuramento contrario ai principi bahá’í, ma la cerimonia effettuata secondo un’altra religione non imponeva tali atti, allora non è necessario annullare il matrimonio; occorre però che il bahá’í informi ufficialmente le competenti autorità che egli era bahá’í all’epoca del matrimonio e che ritratti il suo giuramento. Ottemperando a queste incombenze si potrà ripristinare il diritto di voto a condizione che la cerimonia bahá’í venga effettuata subito dopo tale ripristino; 4.3 - se il bahá’í non ha dissimulato la sua Fede, né‚ ha fatto alcun giuramento contrario ai principi bahá’í e la trasgressione è consistita solo nel non aver effettuato la cerimonia bahá’í nello stesso giorno di quella non bahá’í (o di quella civile), il suo diritto potrà essere ripristinato a condizione che subito dopo venga effettuata la cerimonia bahá’í. 5. L’effettuazione della cerimonia bahá’í, che permetterebbe il ripristino del diritto di voto, è soggetta agli stessi requisiti di qualsiasi altro matrimonio bahá’í; quindi, se il credente si è sposato con rito civile o di un’altra religione senza effettuare la cerimonia bahá’í e senza aver ottenuto il consenso dei genitori, l’Assemblea, prima di permettere la celebrazione del matrimonio con cerimonia bahá’í, deve essere certa che sia stato liberamente concesso il suddetto consenso. 6. Se il bahá’í si sposa civilmente o con rito di altra religione, l’Assemblea può giustificare tale mancanza se ha la certezza che ciò si sia verificato solamente per effettiva ignoranza della Legge bahá’í. In questo caso si considera la persona come sposata prima di aver accettato la Fede e pertanto non è necessario o comunque possibile effettuare la cerimonia bahá’í.» (Da una lettera del 15 luglio 1980 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Grecia) 1282. Matrimoni misti «Riguardo la vostra domanda sui matrimoni misti, cioè fra bahá’í e non bahá’í: in questi casi il credente deve insistere affinché la cerimonia bahá’í, per quanto lo riguarda, venga effettuata nella sua interezza, ma deve dare anche piena libertà all’altra parte contraente di effettuare il rito non bahá’í - sia esso mussulmano, cristiano o altro - purché quest’ ultimo non invalidi l’atto di matrimonio bahá’í.» Questo è il principio generale che la vostra Assemblea Nazionale deve spiegare agli amici.» (Da una lettera del 16 aprile 1936 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Iraq) 1283. Esigenze del matrimonio cattolico romano con i non cattolici «Desideriamo informarvi di una recente direttiva del papa Paolo VI che liberalizza l’atteggiamento dei cattolici romani verso il matrimonio con i non cattolici. È ora possibile per i cattolici contrarre “matrimoni misti” e non si deve insistere sull’esigenza di crescere la prole nella religione cattolica romana. L’Assemblea Spirituale Nazionale italiana relaziona su un recente matrimonio tra un bahá’í e una cattolico nel quale il sacerdote officiante il matrimonio cattolico non ha richiesto una dichiarazione scritta bensì l’impegno della coppia di crescere religiosamente la prole. Questo liberalismo da parte della Chiesa cattolica romana non inficia, naturalmente, le leggi bahá’í sul matrimonio, compreso l’obbligo di chiarire a tutti che uno è un bahá’í e di non contrarre impegni contrari ai principi della Fede. Troverete quindi, nel caso di matrimonio fra un bahá’í e un cattolico meno difficoltà di prima se si troverà un sacerdote cattolico della recente convinzione liberale.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador scritta il 9 gennaio 1967) 1284. Il matrimonio, non essendo in realtà celebrato da alcuno, non può aver luogo nel caso che il non bahá’í rifiuti di recitare il versetto stabilito e il bahá’í non può sposare quella persona «Il matrimonio bahá’í, in realtà, non viene celebrato da alcuno, poiché non esiste una figura equivalente al ministro della Chiesa. La coppia stessa celebra il matrimonio recitando, ciascuna delle due parti, in presenza di almeno due testimoni, il prescritto versetto: “noi tutti, in verità, ci atteniamo alla volontà di Dio”. La cerimonia è soggetta al controllo di un’Assemblea Spirituale, la quale ha la responsabilità di assicurarsi che tutti i requisiti della Legge bahá’í - come per esempio il consenso dei genitori - siano stati soddisfatti; inoltre alla stessa devono essere graditi i testimoni ed infine ha il compito di stilare il certificato di matrimonio. La sincerità con cui viene recitato il sacro versetto è una questione che riguarda la coscienza di coloro che lo pronunciano. Secondo l’esplicito testo del Kitáb-i-Aqdas, lo sposo e la sposa - in presenza di testimoni - devono recitare il prescritto versetto: questo è un requisito essenziale della cerimonia bahá’í. Pertanto, se un bahá’í sta sposando un non bahá’í e quest’ ultimo, per qualsiasi motivo, rifiuta di recitare tale versetto, il matrimonio non può aver luogo.» (Da una lettera del 23 maggio 1985 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Norvegia) 1285. Matrimonio fra un bahá’í e un ateo «Le leggi relative al matrimonio bahá’í sono inserite nella “Sinossi e Codificazione del Kitáb-i-Aqdas” alla sezione C, Leggi relative allo stato giuridico personale che comincia a pagina 49 (edizione italiana, Casa Editrice Bahá’í, Roma 1975). Nessun matrimonio bahá’í sarà valido senza che ambo le parti recitino i versetti prescritti.» (Da una lettera scritta per conto della Casa Universale di Giustizia il 19 dicembre 1974, all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador in merito a un ateo d’accordo con la cerimonia bahá’í ma che, non credendo in Dio, desiderava non ripetere il versetto usando il nome di Dio.) 1286. Matrimonio per procura «Per rispondere alla vostra lettera del 19 ottobre che chiedeva se un giovane credente sotto la vostra giurisdizione poteva sposarsi per procura, tale proposta di matrimonio per procura non è da noi approvata.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti del 26 ottobre 1967) 1287. La cerimonia indù è possibile per un bahá’í a condizione che… «Per quanto riguarda un matrimonio fra un indù e un bahá’í, la cerimonia è possibile solo se tutti i partecipanti, compreso l’officiante, sono consapevoli che il bahá’í rimane tale anche se prende parte alla cerimonia indù per rispetto del coniuge.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India del 4 maggio 1970: Circolare alla Festa del 19° Giorno dell’India del 2 febbraio 1971, p. 7) 1288. Matrimoni interrazziali «A proposito della vostra domanda sulla natura e il carattere del matrimonio bahá’í. Come avete giustamente rilevato, tale matrimonio è condizionato dal pieno consenso dei quattro genitori. Anche la vostra dichiarazione allo stesso proposito che il principio dell’unità del genere umano impedisce a ogni vero bahá’í di considerare le differenze razziali un ostacolo all’unione è in piena sintonia con gli insegnamenti della Fede su questo tema. Sia Bahá’u’lláh che ‘Abdu’l-Bahá non hanno mai disapprovato o scoraggiato l’idea del matrimonio interrazziale. Gli Insegnamenti bahá’í, per la loro natura, trascendono effettivamente ogni limite imposto dalla razza e in quanto tale non può e non deve mai essere confuso con una particolare scuola di filosofia della razza.» (Da una lettera del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e del Canada del 27 gennaio 1935: Bahá’í News, n. 90, p. 1, Mirza 1935) 1289. Matrimonio fra parenti «La Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di riscontrare la vostra lettera del 15 dicembre 1980 nella quale chiedete quali proibizioni esistono nei matrimoni fra parenti, oltre a quella di sposare la propria matrigna, e di dirvi che non ritiene ancora opportuno emanare regolamenti in tema di matrimonio fra persone imparentate. Allo stato attuale, quindi, la decisione è lasciata alla coscienza del singolo bahá’í, il quale comunque deve obbedire alle leggi civili. Si deve anche prestare la dovuta considerazione ai costumi ed alle tradizioni di ciascun paese, affinché qualsiasi azione in tal senso non si rifletta negativamente sulla Fede.» (Da una lettera del 15 gennaio 1981 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1290. La cerimonia matrimoniale per due non bahá’í «Non vi sono ostacoli che due non bahá’í compiano, se lo desiderano, la semplice cerimonia bahá’í. Dimostriamo anzi, in un altro modo, la nostra liberalità.» (Da una lettera scritta per conto di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e del Canada il 25 ottobre 1947: Bahá’í News, n. 202, dicembre 1947, p. 2) 1291. La cosiddetta Tavola del Matrimonio «A proposito della vostra domanda relativa alla cosiddetta Tavola del Matrimonio stampata a pagina 47 del supplemento al Libro di Preghiere in inglese, essa non è una Tavola, ma un discorso attribuito al Maestro da Mirza Ahmad Sohrab. Fu pronunciato intorno al dicembre 1918 al matrimonio di Sohrab. Non è da considerarsi una scrittura bahá’í perché “non dobbiamo considerare scrittura tutto ciò di cui non possediamo il testo originale”, come stabilito dall’amato Custode. Gli amici possono usare questo discorso ma non è da considerarsi una scrittura.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Nazionale dell’Africa Meridionale e Occidentale del 18 gennaio 1971: Bahá’í Journal of the United Kingdom, n. 218, agosto 1973, p. 2) 1292. L’organizzazione del matrimonio è demandata totalmente ai due sposi‚ «Un’Assemblea, in relazione a qualsiasi attività degli amici, ha il dovere primario di proteggere il buon nome della Fede, tuttavia deve prestare grande attenzione a non limitare inutilmente l’individuale libertà di azione. Normalmente la sontuosità della cerimonia matrimoniale, il luogo in cui si debba tenere e le persone da invitare sono questioni lasciate totalmente alla discrezione di entrambi gli sposi ed un’Assemblea è tenuta a fare delle obiezioni in merito solo se è del tutto certa che la Causa ne possa ricevere effettivo nocumento. In ogni matrimonio bahá’í, sia stato esso rinviato o meno, la data sul certificato di matrimonio deve essere quella in cui si è effettuata la cerimonia.» (Da una lettera del 20 gennaio 1966 della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1293. I credenti non dovrebbero partecipare ai matrimoni dei bahá’í che si sposano contrariamente alla legge bahá’í «La Casa Universale di Giustizia, in seguito alla vostra lettera del 5 settembre 1947, coglie l’opportunità di considerare la domanda sui bahá’í che partecipano ai matrimoni dei credenti che si sposano contrariamente alla legge bahá’í e ci incarica di rispondervi. Se è già noto che un credente viola tale leggi, non è consono che gli amici partecipino alla cerimonia perché irriverente nei confronti delle leggi bahá’í. Se però, senza rendersene conto gli amici partecipano a tale cerimonia e nel corso di essa emerge tale violazione, non ne devono fare un problema.» (Da una lettera scritta per conto della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Nuova Zelanda l’11 novembre 1974: Australian Bahá’í Bullettin, n. 243, settembre 1975, p. 4) 1294. La promessa di matrimonio in presenza di due testimoni dell’Assemblea costituisce la parte obbligatoria di una cerimonia bahá’í‚ «Una volta ottenuto il consenso dei genitori, l’unico altro requisito per la cerimonia è la recitazione da parte di entrambi gli sposi, in presenza di due testimoni, del versetto specificatamente rivelato: “Noi tutti, in verità, ci atteniamo alla volontà di Dio”. Dai seguenti passi tratti da lettere scritte dal segretario del Custode emerge l’auspicio che la cerimonia matrimoniale bahá’í sia semplice: “Secondo l’Aqdas non esiste alcun rituale ed il Custode si preoccupa molto perché al momento nulla venga introdotto, né‚ si stabilisca alcuna forma generalizzata. Egli ritiene che la cerimonia debba essere quanto più semplice possibile...” “L’unica parte obbligatoria di una cerimonia matrimoniale bahá’í è la promessa di matrimonio, e cioè la frase che lo sposo e poi la sposa devono pronunciare in presenza di testimoni dell’Assemblea”.» (Da una lettera del 23 luglio 1984 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente) 1295. Chiarimenti sul luogo della cerimonia matrimoniale «In risposta alla vostra lettera del 6 febbraio 1986 siamo stati incaricati dalla Casa Universale di Giustizia di inviarvi i seguenti Chiarimenti:- Nel matrimonio fra due bahá’í, la cerimonia non può essere tenuta nel luogo di culto di un’altra religione, né‚ alla semplice cerimonia bahá’í devono essere aggiunte formalità proprie di altre religioni. - Nel matrimonio fra un bahá’í e un non bahá’í e qualora la cerimonia religiosa di quest’ultimo debba tenersi in aggiunta a quella bahá’í, entrambe le cerimonie - se richiesto - possono essere tenute nel luogo di culto dell’altra religione, purché eguale rispetto sia attribuito ad entrambe. In altre parole, la cerimonia bahá’í - così sostanzialmente semplice - non deve essere considerata come una mera formalità aggiuntiva alla cerimonia dell’altra religione; - le due cerimonie siano chiaramente distinte, cioè non devono essere mischiate in un’unica cerimonia.» (Da una lettera del 26 febbraio 1986 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’ Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1296. I testimoni possono essere due persone degne di fiducia e accettabili dall’Assemblea: si rende possibile il matrimonio bahá’í per pionieri solitari e in luoghi remoti «….La sola necessità, rimane comunque, che gli sposi pronuncino davanti a due testimoni la formula: “In verità siamo soddisfatti della volontà di Dio”. I due testimoni possono essere scelti dalla coppia o dall’Assemblea Spirituale, ma devono comunque essere ben accetti dall’Assemblea; possono essere il presidente e il segretario o altri due membri dell’Assemblea, o altri due, bahá’í o no, o una combinazione di questi casi. L’Assemblea può decidere che tutti i certificati matrimoniali che rilascia siano firmati dal presidente o dal segretario, ma è una cosa differente e non ha niente a che vedere con la cerimonia e i due testimoni. ….affermate che i due testimoni al matrimonio bahá’í devono essere bahá’í. Anche se questa è la pratica usuale, non è essenziale. I testimonio possono essere due persone degne di fiducia la cui testimonianza sia accettata dall’Assemblea Spirituale sotto la cui giurisdizione avviene il matrimonio. Questo rende possibile a un pioniere solitario e in un luogo remoto, di condurre la cerimonia bahá’í.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Svizzera dell’8 agosto 1969) 1297. Due obblighi fondamentali sull’educazione dei bambini «In tutti i casi di matrimonio di un bahá’í con un seguace di un’altra religione, i bahá’í hanno due obblighi fondamentali: a. Non deve educare o impegnarsi a farlo, la prole in una religione che sia diversa dalla sua. b. Deve fare tutto il possibile per educare la prole negli insegnamenti bahá’í. ….Tenendo in mente l’obbligo di un genitore bahá’í di offrire al figlio un’educazione bahá’í, non vi sono obiezioni che il bambino, anche un bambino bahá’í, partecipi, se del caso, alla scuola parrocchiale.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti del 10 maggio 1966) 1298. La cerimonia bahá’í deve essere più semplice possibile «A proposito di una sua domanda in una lettera sul matrimonio bahá’í. Come lei sa non vi è alcun rituale e il Custode, secondo quanto stabilito dell’Aqdas, è preoccupato che oggi non ne vengano introdotti alcuni e che non si creino formalismi in genere. Ritiene che la cerimonia debba essere il più possibile semplice, usando i coniugi le parole stabilite da Bahá’u’lláh e, se desiderato, che vengano letti passi dagli scritti e preghiere. Non ci deve essere commistione fra le antiche forme e le nuove, semplici, di Bahá’u’lláh. I bahá’í non si devono sposare in chiesa o in altri luoghi riconosciuti come luoghi di culto dai seguaci di altre religioni…» (Da una lettera scritta per conto del Custode a un credente il 13 Mirza 1944) 1299. Significato di consumazione del matrimonio «La Casa Universale di Giustizia ci ha chiesto di rispondere in questo modo alla sua lettera del 24 giugno che formulava domande sul principio che la cerimonia bahá’í e quella on altre forme dovessero aver luogo lo stesso giorno. 1. In una lettera scritta per suo conto, l’amato Custode stabilì che questo requisito è necessario per la prescrizione della legge bahá’í che prevede che il matrimonio venga consumato entro ventiquattro ore dal momento della cerimonia. 2. Entrambe le cerimonie devono avvenire prima della consumazione del matrimonio e sia le due cerimonie che la consumazione devono avvenire nell’ambito di ventiquattro ore. Poiché la Casa di Giustizia non desidera al momento aggiungere niente altro, rimane a discrezione della vostra assemblea stabilire quando cominciano le ventiquattro ore.» (Scritto per conto della Casa Universale di Giustizia a una Assemblea Spirituale Nazionale il 31 luglio 1979) «La consumazione da parte della coppia del matrimonio,come dice in modo adatto, è qualcosa di intimo e privato fuori dal giudizio degli altri. Anche se la consumazione implica generalmente una relazione sessuale, la legge bahá’í che richiede la consumazione entro ventiquattro ore dal matrimonio, può essere considerata compiuta se la coppia ha iniziato la coabitazione con l’intento di dar vita a una relazione familiare.» (Da una lettera scritta per conto della Casa Universale di Giustizia a un credente il 28 luglio 1978) 1300. La consumazione del matrimonio deve avvenire entro ventiquattro ora dal momento della cerimonia bahá’í «Nei casi in cui ci sia un’altra cerimonia oltre quella bahá’í. Gli amici devono ricordare che secondo la legge bahá’í la consumazione del matrimonio deve avvenire entro ventiquattro ore dalla cerimonia matrimoniale bahá’í. Se oltre a quella bahá’í devono esserci altre cerimonie, tutte devono precedere la consumazione del matrimoni ed essa compresa, avvenire nel periodo di ventiquattro ore. Si dovrà osservare inoltre, quanto prescrive la legge civile a proposito dell’ordine di celebrazione delle diverse cerimonie.» (Dalla Casa Universale di Giustizia al Centro Internazionale di Insegnamento l 17 febbraio 1976)i 1301. Trascrizione del matrimonio bahá’í, l’individuo agisce unicamente per conto dell’Assemblea «…nel trascrivere i matrimoni bahá’í è meglio menzionare che la cerimonia è stata eseguita dell’Assemblea perché è la cosa giusta da fare e che un individuo, in questa occasione, agisce unicamente per suo conto. Poiché il funerale non è una cerimonia legale si può accordare maggiore flessibilità specialmente se la famiglia del defunto desideri che venga officiata da un particolare amico bahá’í.» (Da una lettera scritta per conto del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale di Stati Uniti e Canada il 20 luglio 1946: Bahá’í News, n 188, p. 3, ottobre 1946) K. Divorzio 1302. Atteggiamento della società contemporanea nei confronti del divorzio «La Casa Universale di Giustizia ha rilevato con sempre maggiore preoccupazione che alcune componenti della comunità mondiale bahá’í riflettono l’atteggiamento indisciplinato della società contemporanea nei confronti del divorzio. I nostri insegnamenti in materia sono chiari e in netto contrasto con l’atteggiamento vago e superficiale della “società permissiva” ed è vitale che la comunità bahá’í li metta in pratica.» (Da una lettera scritta per conto della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali del 18 gennaio 1980) 1303. Non esistono motivi di divorzio nella Fede: esso deve essere preso in considerazione solo se vi è una forte “avversione” verso il proprio partner «Riguardo la definizione del termine “avversione” in relazione alla legge bahá’í sul divorzio, la Casa Universale di Giustizia rileva che per il divorzio bahá’í non esistono specifici “motivi”, analoghi a quelli previsti da varie leggi civili. La legge bahá’í permette il divorzio, ma - come Bahá’u’lláh e ‘Abdu’l-Bahá hanno chiaramente affermato - esso è aborrito e, pertanto, da parte di ogni credente si deve fare il possibile per evitarlo. I bahá’í devono essere pienamente consapevoli della santità del matrimonio e sforzarsi di farne un eterno legame di unità e armonia. Ciò richiede impegno, sacrificio, saggezza e abnegazione. Un bahá’í deve prendere in considerazione la possibilità di divorziare solo se la situazione è intollerabile e se sente una forte ripugnanza nell’essere sposato con l’altro partner. Questi sono i punti di riferimento che ci devono venire in aiuto. Non si tratta di una legge, ma di un’esortazione. È la meta a cui dobbiamo tendere.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente il 3 novembre 1982 ) 1304. I giovani devono essere così approfonditi negli Insegnamenti da aborrire il solo pensiero di divorziare «Dal punto di vista dell’Assemblea Spirituale, tuttavia, la questione è alquanto differente. Essa deve sempre preoccuparsi che i credenti della sua comunità stiano approfondendo la loro comprensione del concetto bahá’í di matrimonio, specialmente i giovani, affinché il solo pensiero del divorzio venga da loro aborrito. Quando all’Assemblea Spirituale viene presentata una domanda di divorzio, la prima cosa da fare è tentare di riconciliare la coppia ed assicurarsi che conosca gl’insegnamenti bahá’í in materia. Dio piacendo, avrà successo ed eviterà di dare inizio all’anno di pazienza. Tuttavia, se l’Assemblea non è in grado di persuadere la parte interessata a ritirare la domanda di divorzio, dovrà dedurre che - dal suo punto di vista - esiste un’inconciliabile antipatia e quindi non ha altra alternativa se non quella di fissare la data d’inizio dell’anno di pazienza. Durante tale anno la coppia ha la responsabilità di cercare di appianare le sue divergenze e l’Assemblea ha il dovere di aiutarla ed incoraggiarla. Qualora, però, l’anno di pazienza abbia termine senza che sia stata possibile la riconciliazione, deve essere concesso il divorzio bahá’í con data uguale a quella del divorzio civile, ove quest’ultimo non sia stato già concesso.» (Ibidem) 1305. La parte che ha causato il divorzio sarà vittima di terribili calamità «Si può notare, quindi, che “avversione” non è uno specifico termine legale che necessita di essere definito. Infatti tanti altri termini sono usati nella Legge bahá’í per descrivere la situazione che può portare al divorzio, quali “antipatia”, “risentimento”, “estraniamento”, “impossibilità di instaurare armonia” e “incompatibilità”. I testi, comunque, mettono in evidenza che il divorzio è fortemente condannato e deve essere visto come “l’ultima risorsa” in caso di “rare e pressanti circostanze”; inoltre il partner “causa del divorzio” sarà “indiscutibilmente vittima di terribili calamità”.» (ibidem) 1306. Gli amici si devono astenere rigorosamente dal divorziare «Era assai facile in Persia ottenere il divorzio, un tempo. Tra la gente della passata Dispensazione, un nonnulla poteva essere cagione di divorzio. Ma poi che la luce del Regno ebbe sfolgorato, le anime furono risvegliate dallo spirito di Bahá’u’lláh, e così rifuggirono dal divorzio. Oggi in Persia, ove non esista una ragione impellente che impedisca ogni armonia, gli amici non divorziano. Solo in circostanze rare come queste si danno taluni casi di divorzio. Ora gli amici in America devono vivere e agire in questo modo. Essi devono astenersi scrupolosamente dal divorziare, a meno che non sorga qualcosa che li costringa a dividersi per reciproca avversione, nel qual caso, informatane l’Assemblea Spirituale, possono decidere di separarsi. Ma poi sono tenuti a pazientare e ad attendere per un anno intero. Se durante quest’anno non rinasce tra loro l’armonia, il divorzio potrà avere luogo. Non sia mai che alla minima divergenza o corruccio fra i coniugi, il marito mediti di unirsi a un’altra donna o, Dio non voglia, la moglie pensi anch’essa a un altro sposo: questo è contrario al criterio dei valori spirituali e della vera castità. Gli amici di Dio devono così vivere e comportarsi, e mostrare tale eccellenza di carattere e di condotta, da strabiliare gli altri. L’amore tra marito e moglie non deve essere puramente fisico, ma spirituale e celestiale: si reputino queste due anime un’anima sola. Sarebbe ben difficile dividere un’anima! Certo, ben difficile! In breve il Regno di Dio si fonda sull’armonia e sull’amore, sull’unità, sulle relazioni e sull’unione, non sulle divergenze, specie tra marito e moglie. E se dei due uno sarà cagione di divorzio, questi indiscutibilmente si troverà in gran disdetta, cadrà vittima di terribili sventure e conoscerà amari rimorsi.» (‘Abdu’l-Bahá:Estratti dai testi bahá’í che sconsigliano il divorzio,Compilazione Salvaguardare i Matrimoni Bahá’í, Casa Editrice Bahá’í, Roma 1995, pp. 26/7) 1307. Il divorzio è condizionato dall’approvazione e dal permesso dell’Assemblea Spirituale «In quanto al divorzio, il Custode ha affermato che esso è sconsigliato, deprecato e contrario al divino beneplacito. L’Assemblea deve diffondere fra gli amici ciò che la Penna di ‘Abdu’l-Bahá ha rivelato in merito, così che tutti lo abbiano bene in mente. Il divorzio è condizionato dall’approvazione e dal permesso dell’Assemblea Spirituale. In tali circostanze i membri dell’Assemblea devono, indipendentemente e accuratamente, compiere indagini e studi assai accurati. Se sussistono ragioni valide per divorziare, se la riconciliazione si dimostra del tutto irrealizzabile, se l’antipatia è violenta ed è impossibile eliminarla, allora l’Assemblea potrà approvare il divorzio.» (Shoghi Effendi:Estratti dai testi bahá’í che sconsigliano il divorzio,Compilazione Salvaguardare i Matrimoni Bahá’í, Casa Editrice Bahá’í, Roma 1995, pp. 28/9) 1308. Si deve tener conto del futuro dei figli «Gli è molto dispiaciuto di sapere che lei e suo marito siete ancora così infelici insieme. Quando i coniugi non riescono a stare bene assieme, ciò è sempre fonte di dolori nella vita; tuttavia il Custode pensa che lei e suo marito, quando meditate di divorziare, dobbiate tener conto del futuro dei vostri figli e dell’influenza che questo importante passo da parte vostra avrà sulla loro vita e sulla loro felicità. Se avete bisogno di consigli e consultazione, vi suggerisce di rivolgervi alla vostra Assemblea locale; gli amici bahá’í faranno sicuramente tutto il possibile per consigliarvi e aiutarvi, proteggere i vostri interessi e quelli della Causa.» (Shoghi Effendi:Estratti dai testi bahá’í che sconsigliano il divorzio,Compilazione Salvaguardare i Matrimoni Bahá’í, Casa Editrice Bahá’í, Roma 1995, pp. 34/5) 1309. Il divorzio riguarda l’avvenire dei bambini ed il loro futuro atteggiamento verso il divorzio «Non c’è dubbio: i credenti in America, forse inconsciamente influenzati dall’estrema rilassatezza morale prevalente e dalla leggerezza verso il divorzio – la cui frequenza sembra crescere sempre più – non considerano il problema con sufficiente serietà e sembrano non comprendere che Bahá’u’lláh, pur permettendolo, lo accetta solo come estremo rimedio e lo condanna fermamente: Fra gli elementi da prendere in considerazione nei casi di divorzio, non si può ignorare la presenza dei figli, perché ciò sicuramente pone un più pesante fardello di responsabilità morale su quell’uomo e quella donna che considerino una tale decisione. In simili circostanze il divorzio riguarda non solo loro e i loro desideri e sentimenti, ma anche l’avvenire dei bambini ed il loro futuro atteggiamento verso il matrimonio. (Shoghi Effendi:Estratti dai testi bahá’í che sconsigliano il divorzio,Compilazione Salvaguardare i Matrimoni Bahá’í, Casa Editrice Bahá’í, Roma 1995, p. 35) 1310. Talvolta scopriamo che non abbiamo acquistato né libertà né felicità «Gli è dispiaciuto molto sentire che lei medita di divorziare da suo marito. Come certo sa, Bahá’u’lláh vede il matrimonio come un vincolo oltremodo sacro; per i bahá’í il divorzio è consigliabile solo in circostanze veramente eccezionali e intollerabili. Il Custode non le dice di non divorziare; ma la esorta a riflettere in spirito di preghiera, non solo perché ella crede in Dio e desidera obbedire alle Sue leggi ma anche perché vuole il benessere e la felicità dei suoi figli, se proprio le sia impossibile superare le restrizioni che ha finora sentito nel matrimonio e fare un tentativo insieme. Spesso pensiamo che la nostra felicità si trovi in una certa direzione; ma se per seguirla dobbiamo pagare un prezzo troppo alto, talvolta scopriamo alla fine che non abbiamo acquisito né libertà né felicità, ma solo una nuova situazione di frustrazione e delusione. (Shoghi Effendi:Estratti dai testi bahá’í che sconsigliano il divorzio,Compilazione Salvaguardare i Matrimoni Bahá’í, Casa Editrice Bahá’í, Roma 1995, pp. 36/7) 1311. La Causa e il servizio non possono essere motivi di divorzio «Shoghi Effendi desidera che aggiunga questa nota a proposito del vostro matrimonio; egli pensa che nessuno credente, per nessuna ragione debba mai servirsi della Causa o del servizio ad essa quale pretesto per abbandonare il coniuge; come sappiamo, Bahá’u’lláh sconsiglia vivamente il divorzio e solo motivi di estrema gravità lo giustificano.» (Da una lettera scritta per conto di Shoghi Effendi a un credente il 7 aprile 1947, Compilazione Il Divorzio, Casa Editrice Bahá’í, Roma 1995, p. 14) 1312. Si deve fare qualsiasi sforzo per salvare il matrimonio – Nel caso dei pionieri è ancora più importante «Egli si è rammaricato molto nel sentire che il suo matrimonio sembra essere un completo fallimento. Non occorre che le dica che lei, come ogni bahá’í, deve fare qualsiasi sforzo pur di salvare il proprio matrimonio per amor di Dio, piuttosto che per amore di se stessi. Nel caso di pionieri, ciò è ancora più importante, perché si trovano davanti agli occhi di tutti. Ma in queste questioni non è né opportuno né giusto che il Custode eserciti pressioni sugli individui. Egli può solo invitare lei….a provare ancora;ma che non siate in grado di affrontare questa prova è, naturalmente, un fatto personale.» (Da una lettera scritta per conto di Shoghi Effendi a un credente il 13 gennaio 1956, Compilazione Il Divorzio, Casa Editrice Bahá’í, Roma 1995, pp. 16/17) 1313. Si deve conservare la famiglia bahá’í «Quando c’è una famiglia bahá’í, gli interessati devono fare tutto quello che possono con ogni mezzo per preservarla, perché negli Insegnamenti il divorzio è fermamente condannato, mentre l’armonia, l’unità e l’amore sono sostenuti quali supremi ideali nei rapporti umani. Questa vale per tutti i bahá’í, pionieri o meno. (Da una lettera scritta per conto di Shoghi Effendi a un’Assemblea Spirituale Nazionale il 9 novembre 1956, Compilazione Il Divorzio, Casa Editrice Bahá’í, Roma 1995, p. 17) 1314. Un anno di pazienza se al momento del matrimonio si fosse o meno bahá’í «Con riferimento al divorzio bahá’í come indicato nella vostra del 12 giugno: i bahá’í (so sia uno dei coniugi o entrambe) devono seguire la legge bahá’í relativa al divorzio, vale a dire un anno di pazienza e non essere negligenti su questa legge divinamente ordinata. Il fatto che fossero e meno bahá’í al momento del matrimonio non significa niente.» (Da una lettera scritta per conto del Custode all’Assemblea Nazionale delle Isole Britanniche il 12 giugno 1952) 1315. Se la legge locale non prevede il divorzio, i bahá’í ne sono vincolati «In risposta alla domanda da voi sollevata con la vostra del 5 giugno in materia di divorzio: il Custode afferma che se in una nazione, a causa dell’intesta fra lo Stato e la Chiesa, il divorzio è illegale, anche i bahá’í sono vincolati da questa legge. Al momento non si ponga per alcuna ragione una problematica con nessun governo. Ciò significa che non è consentito a un credente ottenere il divorzio fuori, per dire, dalla Colombia, risposarsi all’estero e quindi ritornarvi, dove il suo divorzio sarebbe illegale. (Da una lettera scritta per conto del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale del Sud America l’11 luglio 1951) 1316. Se una delle parti non è sana di mente «Abbiamo esaminato la vostra lettera del 21 gennaio 1964 con la quale avete richiesto istruzioni su come procedere nel divorzio bahá’í se una delle parti non è sana di mente. Ai coniugi, lungi dal dover vivere insieme durante l’anno di pazienza, è di fatto vietato di farlo. Il divorzio bahá’í deve essere gestito dall’Assemblea Locale o da quella nazionale, entrambe a discrezione della vostra Assemblea.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Colombia del 23 febbraio 1964) 1317. I bahá’í che si propongono di divorziare devono consultarsi con l’Assemblea Locale o con quella Nazionale «È comunque necessario che i bahá’í che si propongono di divorziare siano consapevoli di doversi consultare con la loro Assemblea Locale o con quella Nazionale che deve necessariamente trascorre un anno di pazienza prima che il divorzio sia effettivo e che l’Assemblea ha delle responsabilità verso la coppia coinvolta delle quali sarà informata nel corso della consultazione con l’Assemblea.» ((Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti del 16 aprile 1967) 1318. I credenti devono essere a conoscenza che la Legge bahá’í, pur permettendo il divorzio, lo disapprova «Naturalmente è importante che gli amici comprendano che, sebbene la Legge bahá’í permetta il divorzio, esso è pur nondimeno disapprovato e bisogna sforzarsi per evitarlo. Esiste sempre la speranza che, durante l’anno di pazienza, si riaccenda l’affetto fra la coppia rendendo il divorzio non più necessario. Perciò, pur essendo permessi i normali rapporti sociali tra ciascuno dei partner con membri di entrambi i sessi, è del tutto contrario allo spirito degli insegnamenti che l’uno o l’altra parte corteggi un nuovo partner durante l’anno di pazienza. Ciò dovrà essere chiarito alla coppia, la quale sarà esortata a comportarsi da bahá’í. In ogni caso, queste non sono circostanze che devono indurre l’Assemblea ad applicare sanzioni ove uno dei due coniugi o entrambi disattendano il predetto principio. Naturalmente, se una delle parti si comporta in modo scandalosamente immorale, la questione si dovrà trattare come qualsiasi altro caso del genere, ma dai vostri cablogrammi comprendiamo che questa non è la situazione di quello che state affrontando.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale del 15 febbraio 1973) 1319. L’Assemblea deve convincersi dell’esistenza di un’inconciliabile avversione prima di fissare la data di inizio dell’anno di pazienza «Riguardo il caso della coppia sposata e separata che vuole fissare retroattivamente la data d’inizio dell’anno di pazienza, siamo stati incaricati di dirvi che le conclusioni espresse nel quarto paragrafo della vostra lettera sono corrette; infatti, l’Assemblea Locale deve avere la convinzione, prima di fissare la suddetta data, che esista un’inconciliabile avversione. Pur avendo l’Assemblea Locale o Nazionale la possibilità di chiedere consiglio al Corpo Continentale dei Consiglieri o ai suoi singoli membri ed essere grata della loro assistenza, è sua responsabilità condurre proprie indagini e pervenire ad una decisione. Le Assemblee sono ovviamente scoraggiate dall’effettuare inutili sondaggi nei particolari della vita privata, limitando l’esame di un problema di divorzio a quanto necessario per accertare se esista o meno la sopradetta avversione. Quando un’Assemblea Spirituale riceve una domanda di divorzio bahá’í, suo primo dovere è cercare di far riconciliare la coppia; se ciò non è possibile e la coppia si separa, ulteriori tentativi di riconciliazione devono essere effettuati durante l’anno seguente. Pur essendoci circostanze che consentono di fissare retroattivamente la data d’inizio dell’anno di attesa, la situazione da voi descritta - marito che parte allo scopo di trovare lavoro - non può essere considerata una di quelle.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale il 30 maggio 1983) 1320. Procedura da seguire da parte dell’Assemblea al ricevimento di una domanda di divorzio «In breve, il primo dovere dell’Assemblea Spirituale, al ricevimento di una domanda di divorzio, è cercare di far riconciliare la coppia. Se perviene alla conclusione che ciò non sia possibile, allora deve fissare la data d’inizio dell’anno di pazienza, la quale potrebbe coincidere con il giorno in cui l’Assemblea ha preso detta decisione, a meno che la coppia viva ancora insieme; in tal caso la data deve essere posposta a quella dell’effettiva separazione dei coniugi. Se la coppia si era già separata qualche tempo prima, l’Assemblea può retrodatare l’inizio dell’anno; comunque, la data più antecedente che può essere fissata è quella in cui la coppia si è separata l’ultima volta con l’intenzione di ottenere il divorzio.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Olanda l’11 settembre 1986) 1321. La fissazione della data d’inizio dell’anno di pazienza non è automatica «...La fissazione della data d’inizio dell’anno di pazienza non è automatica. L’Assemblea deve prima stabilire se sussistano i motivi per il divorzio bahá’í e fare ogni sforzo per riconciliare le parti; se riterrà che l’avversione fra esse è inconciliabile, allora potrà fissare la data d’inizio dell’anno d’attesa...» (Da una lettera del 7 settembre 1970 scritta dalla Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1322. L’inizio dell’anno di pazienza coincide normalmente con la notifica all’Assemblea della separazione dei coniugi con l’intenzione di divorziare «L’anno di pazienza comincia normalmente quando uno dei coniugi notifica all’Assemblea la sua separazione dall’altro con l’intenzione di divorziare. Tuttavia l’Assemblea può fissarne l’inizio ad una data antecedente, purché sia certa che tale data rifletta quella di effettiva separazione e vi sia un valido motivo per farlo.» (Da una lettera del 26 agosto 1965 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1323. Doveri dell’Assemblea o del Comitato circa le procedure di divorzio‚ «Nei paragrafi iniziali della vostra lettera parlate del vostro Comitato che decide sugli accordi di divorzio, e la Casa di Giustizia ritiene che l’uso della parola “decidere” può essere alla base di alcuni problemi che il comitato sta affrontando. In un paese come il Regno Unito, dove il divorzio è soggetto alla legge civile, la funzione dell’Assemblea (o del suo comitato) nella trattazione dei casi di divorzio non è essenzialmente decisionale. Il suo primo dovere è tentare di far riconciliare la coppia. Se reputa che non è in grado di farlo, allora fissa l’inizio dell’anno d’attesa, nel corso del quale prosegue - circostanze permettendo e con saggezza - nei suoi tentativi di riconciliazione. Uno dei compiti del comitato è controllare che i requisiti della Legge bahá’í sull’anno di attesa non siano violati, cioè a dire che le due parti vivano separate e che vengano prese adeguate misure per il sostegno finanziario della moglie e dei figli. Come vedrete dagli allegati, questa è una materia che necessita di essere esaminata nel suo merito caso per caso. Se la questione può essere risolta amichevolmente fra le parti, va benissimo; altrimenti, il principio basilare della Legge bahá’í è che il marito ha la responsabilità del mantenimento della moglie e dei figli non sposati, e ciò fino all’ottenimento del divorzio. Vi possono essere, tuttavia, casi in cui il capo-famiglia sia rappresentato dalla moglie o in cui entrambi i coniugi producano reddito. L’Assemblea non deve ignorare tali situazioni particolari e procedere a delle modifiche semplicemente perché è iniziato l’anno d’attesa. L’applicazione di questi principi non deve assumere i connotati di una decisione che l’Assemblea richiederà alla coppia di accettare, ma quelli di un accordo amichevole cui la coppia perverrà e che presenterà al Tribunale per l’approvazione. Se l’Assemblea non è in grado di far giungere la coppia ad un accordo, dovrà lasciare la questione alla decisione del tribunale civile.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Regno Unito il 24 febbraio 1983) 1324. Corteggiamento durante l’anno di pazienza «Sussiste sempre la speranza che, nel corso dell’anno di pazienza, risorga l’affetto nella coppia ed il divorzio non sia più necessario. Pertanto, pur essendo permessi i normali rapporti sociali fra ciascuno dei partner con i membri dell’altro sesso, è del tutto contrario allo spirito degli insegnamenti che durante l’anno di pazienza l’uno o l’altro dei coniugi corteggi un nuovo partner. Ciò, se necessario, occorre chiarirlo alla coppia, che sarà esortata a comportarsi da bahá’í. Comunque, queste non sono circostanze da indurre l’Assemblea ad applicare sanzioni, ove uno dei due o entrambi disattendano questo principio. Naturalmente, se una delle due parti si comporta in modo scandalosamente immorale, la questione dovrà essere trattata come qualsiasi altro caso del genere.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad un credente del 6 Mirza 1974) 1325. Compendio sulla fissazione della data di separazione «1. Il primo compito dell’Assemblea Spirituale Nazionale è tentare di far riconciliare la coppia; tuttavia, se essa ritiene che ciò sia impossibile ed esista un’inconciliabile avversione fra i coniugi, deve allora fissare l’inizio dell’anno d’attesa. L’Assemblea, nel suo tentativo di riconciliazione, può incontrarli insieme o separatamente. Ove esistano validi motivi, l’Assemblea può fissare una data retroattiva quale inizio dell’anno d’attesa, ma tale data non può essere in ogni caso antecedente a quella in cui la coppia si è effettivamente separata con l’intenzione di ottenere il divorzio. 2. Nel corso dell’anno d’attesa devono continuare i tentativi di riconciliazione. Il divorzio, pur permesso nella Fede Bahá’í, è aborrito e si spera sempre che durante tale anno la coppia possa riconciliarsi evitando così il divorzio. 3. Atteso quanto sopra, rientra ancor più nello spirito della Legge bahá’í procrastinare l’avvio della procedura civile (ove la legge del paese lo richieda) alla fine dell’anno d’attesa. Tuttavia, se tale rinvio comporta un’ingiustizia o un pregiudizio legale al divorzio civile, è permesso naturalmente avviare la procedura civile durante l’anno d’attesa. 4. Nella maggior parte dei paesi è previsto il divorzio civile e, in tal caso, il divorzio bahá’í non produce i suoi effetti finché non si sia ottenuto quello civile. Se ciò avviene nel corso dell’anno d’attesa, allora il divorzio bahá’í ha efficacia a partire dalla data del civile. Se la coppia si riconcilia prima di ottenere il divorzio civile, pur essendo già trascorso l’anno d’attesa, essa deve semplicemente informare l’Assemblea Spirituale e riprendere il suo status coniugale. 5. Nel caso si sia effettivamente ottenuto il divorzio civile prima della fine dell’anno d’attesa e la coppia si sia riconciliata nello spazio di tempo intercorrente fra la sua dichiarazione e la fine di detto anno, essa naturalmente - alla luce della Legge bahá’í - è ancora sposata e necessita solo del matrimonio civile per ripristinare il legame matrimoniale. 6. I coniugi che hanno chiesto di divorziare devono vivere in residenze separate durante l’anno d’attesa. Qualsiasi loro coabitazione pone fine a detto anno; pertanto, se successivamente viene richiesto un altro divorzio, l’Assemblea deve fissare una nuova data d’inizio dell’anno d’attesa. 7. Nel corso dell’anno d’attesa il marito ha il dovere di provvedere al mantenimento della moglie e dei figli. 8. È responsabilità dell’Assemblea assistere la coppia divorziata affinché pervenga ad un amichevole componimento dei loro affari finanziari e ad un accordo per la custodia ed il mantenimento dei figli, invece di lasciare che dette questioni vengano risolte con una causa giudiziaria. Solo se l’Assemblea non è in grado di far raggiungere un accordo alla coppia, quest’ultima può far ricorso alla legge civile. Queste sono le linee guida generali che la vostra Assemblea deve tener presente nei casi di divorzio...» (Da una lettera del 20 giugno 1977 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1326. Impossibilità di ridurre il periodo d’attesa «Non è possibile ridurre il periodo d’attesa, poiché trattasi di una condizione del Kitáb-i-Aqdas. L’Assemblea Spirituale Nazionale comunque può, se le circostanze lo giustificano, retrodatare l’inizio dell’anno, purché non sia fissato anteriormente alla data in cui le parti si sono effettivamente separate allo scopo di ottenere il divorzio. Nel caso da voi citato non è chiaro se le parti hanno convissuto nel periodo fra giugno 1975 e la data del 15 gennaio da voi fissata come inizio dell’anno d’attesa. Se le parti, durante questo periodo, hanno vissuto in residenze separate, allora potreste considerare la prima data come inizio dell’anno.» (Da una lettera del 18 luglio 1976 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1327. Obbligo dell’Assemblea a prendere in considerazione la domanda per l’anno d’attesa «Un’Assemblea ha l’obbligo di prendere in considerazione la domanda per l’anno d’attesa presentata da uno dei coniugi, sia che l’altro voglia o meno il divorzio. In questo caso specifico dovete quindi seguire la normale procedura.» (Da una lettera del 28 luglio 1985 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1328. Durante il periodo di separazione legale è sconveniente dare appuntamenti con l’intento di corteggiare «La Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di farvi pervenire la sua risposta alla vostra lettera dell’8 Ottobre riguardante la questione degli appuntamenti dati da una delle parti durante il periodo di separazione legale. Pur non essendo proibito ad una donna bahá’í avere incontri occasionali in spirito d’amicizia con un uomo legalmente separato dalla moglie, l’appuntamento con lo scopo di corteggiarlo - sia pure evitando rapporti interpersonali scandalosi - va oltre i limiti della convenienza bahá’í, poiché ha riflessi negativi sulla rigida moralità richiesta ai bahá’í. Occorre consigliare l’amica di interrompere il rapporto una volta che esso appaia andare oltre la semplice amicizia, poiché l’uomo non bahá’í è - come correttamente da voi affermato - ancora sposato; durante la separazione legale sussiste sempre la speranza e la prospettiva della ricomposizione del suo matrimonio, una possibilità che non deve essere ostacolata dalla presenza di un’altra donna. In casi come questo, ove sia necessario intervenire per l’implicazione di una donna bahá’í, sono comunque necessari consigli piuttosto che sanzioni.» (Da una lettera del 6 dicembre 1981 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1329. I coniugi, durante l’anno d’attesa, possono ritirare la domanda di divorzio in qualsiasi momento «Nel divorzio bahá’í non rientra nella discrezione delle parti prolungare l’anno d’attesa e richiederlo “nel momento in cui lo ritengano più opportuno”. Se nel frattempo non interviene alcuna loro riconciliazione, il divorzio diventa definitivo alla fine di detto anno, a meno che quello civile non venga prorogato oltre. I coniugi, durante l’anno d’attesa, possono comunque ritirare la loro domanda di divorzio bahá’í in qualunque momento e, se successivamente dovessero richiedere ancora di divorziare, occorrerà computare un nuovo anno.» (Da una lettera del 4 novembre 1974 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’ Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1330. Non interferimento dell’Assemblea negli affari coniugali, tranne che su richiesta dei credenti «...In una comunità bahá’í non vi devono essere intrusioni negli affari coniugali di una coppia, a meno che e finché le parti stesse non sottopongano i loro problemi all’Assemblea. Prima, non è compito dell’Assemblea dare consigli ai coniugi. Questi non sono che due o tre esempi aventi lo scopo di spiegare che non debbono essere aggiunti commenti alle citazioni.» (Da una lettera del 22 Mirza 1968 della Casa Universale di Giustizia all’ Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1331. Nessuna Legge bahá’í prevede la perdita del diritto di voto in caso di divorzio civile ottenuto prima della fine dell’anno d’attesa « ...Nessuna Legge bahá’í prevede la perdita del diritto di voto in caso di divorzio civile ottenuto prima della fine dell’anno d’attesa. È preferibile naturalmente che la relativa procedura non venga avviata o completata prima dello spirare dell’anno, a meno che non sussistano particolari circostanze che la giustifichino. Se un bahá’í dovesse comunque sposare un’altra persona prima della fine dell’anno d’attesa, occorrerà sospendere il suo diritto di voto, poiché per la Legge bahá’í viene considerato sposato, sia che sia stato ottenuto o meno il divorzio civile. D’altro canto, se il partner non bahá’í, avendo ottenuto il divorzio civile, contrae un nuovo matrimonio nel corso dell’anno d’attesa, il partner bahá’í è esonerato dalla necessità di attendere ulteriormente.» (Da una lettera del 20 agosto 1974 della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1332. Annullamento del divorzio «….un divorzio o un annullamento è richiesto solo quando il coniuge bahá’í rinnega la sua fede. Quando il reintegro richiede un divorzio o l’annullamento di un matrimonio contratto in modo non conforme, non è necessario l’anno di pazienza perché non è applicato il divorzio bahá’í. Lo scopo dell’anno di pazienza è quello di mantenere una relazione coniugale valida, dall’inizio, agli occhi dei bahá’í e al momento in crisi. Un matrimonio bahá’í compiuto in un secondo momento e fatto per adempiere alla legge bahá’í e nel completo spirito della cerimonia bahá’í non deve considerarsi una beffa ma la conferma di un’unione contratta al di fuori della legge bahá’í.» ((Da una lettera del 27 gennaio 1969 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1333. Rimborso delle spese matrimoniali «A proposito del….divorzio: Non ha diritto alcuno di chiedere alla moglie il rimborso delle spese sostenute per il matrimonio. Nell’Aqdas è chiaro che il marito deve non solo restituire la dote, ma anche sostenere la moglie fino a che il divorzio non sia completo. Per questo motivo non le è richiesto di rifondere le spese del matrimonio, ecc. …» (Da una lettera scritta per conto di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India: Dawn of a New Day, p. 118) 1334. Non è saggio annunciare un nuovo matrimonio finché il divorzio non sia ottenuto «Non rientra nello spirito della legge bahá’í annunciare nuovi programmi matrimoniali quando lei o lui siano ancora sposati legalmente con un altro. Non ci sono obiezioni a sollecitare gli amici di non spingersi fino a richiedere il consenso dei genitori prima che il divorzio sia definitivo, ma non sono applicabili sanzioni per rafforzare questa esortazione.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Australia del 17 gennaio 1971: Australian Bahá’í Bulletin, n. 198, febbraio 1971, p. 8) 1335. Istruzioni sul mantenimento economico nei casi di divorzio «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la vostra lettera del 9 dicembre 1982 nella quale richiedete consigli sulla responsabilità delle Assemblee Spirituali Bahá’í in tema di mantenimento economico nei casi di divorzio. Siamo stati incaricati di trasmettervi la seguente risposta. In taluni casi, generalmente quelli relativi ai credenti iraniani, il cui matrimonio non è riconosciuto dalla legge civile e per il quale quindi non vi può essere divorzio civile, il divorzio deve essere pronunciato solamente dall’Assemblea Spirituale. Accludiamo alla presente un sommario scritto a nome della Casa di Giustizia in risposta a domande poste sull’argomento, che dovrebbe esservi d’aiuto nell’eventualità si dovessero verificare tali casi in Canada. In linea generale, in Canada, una coppia bahá’í in via di divorzio deve ottenere anche il divorzio civile, la cui sentenza generalmente si pronuncerà pure sulle questioni inerenti la divisione delle proprietà, il mantenimento e la custodia dei figli. La funzione dell’Assemblea Spirituale in tali aspetti sussidiari del divorzio è quindi consultiva piuttosto che giudiziaria. Al fine di impedire dispute fra bahá’í davanti ai tribunali, l’Assemblea deve cercare di far raggiungere alla coppia un amichevole accordo sulle predette questioni, accordo che potrà essere sottoposto all’approvazione del tribunale. Se gli sforzi dell’Assemblea risulteranno vani, allora occorrerà lasciare tutte le decisioni al tribunale civile. Una volta che il tribunale abbia pronunciato la sentenza di divorzio con le relative disposizioni, è obbligo di entrambi le parti - da buoni bahá’í - attenervisi e, se l’una o l’altra mostra trascuratezza nella loro osservanza, l’Assemblea deve ricordarle i suoi doveri e premere affinché vengano adempiuti. La parte che ha subito il torto deve essere comunque lasciata libera di adire le autorità civili per farne rispettare le decisioni. Purtroppo ciò risulta notoriamente difficile, specialmente quando le parti abbiano successivamente fissato la residenza in paesi diversi. È in questo caso che l’opera dell’Assemblea Spirituale, rafforzando le decisioni del tribunale civile, può essere spesso d’aiuto. Tranne che in circostanze di particolare gravità o quando la parte responsabile non obbedisce alla decisione del tribunale circa il mantenimento dei figli, l’Assemblea non deve prendere in considerazione l’applicazione di sanzioni per la mancata acquiescenza su tali questioni. La coattiva imposizione deve essere di norma lasciata al tribunale civile. La Casa di Giustizia ritiene che quanto sopra debba soddisfare la vostra richiesta di consigli nella vostra collaborazione con l’Assemblea Spirituale Nazionale di... in merito al divorzio di... e di.... Nel caso di... e di..., dite che è improbabile che, a seguito del divorzio, sia pendente un giudizio civile relativo al mantenimento economico della moglie da parte del marito. La Casa di Giustizia afferma che nella Legge bahá’í non esiste alcun generico obbligo per il marito di continuare a mantenere la moglie al termine dell’anno d’attesa e dopo aver ottenuto il divorzio. Pertanto, in assenza di una decisione giudiziale o di un accordo fra le parti registrato dall’Assemblea Spirituale, per quest’ultima non v’è nient’altro da fare per il caso in questione.» (Da una lettera del 13 gennaio 1983 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’ Assemblea Spirituale Nazionale del Canada) 1336. È preferibile che la coppia trovi un accordo amichevole riguardo la custodia dei figli‚ - Il marito ha l’obbligo di mantenere moglie e figli fino alla dichiarazione di divorzio; successivamente tale obbligo permane solo per i figli «Le seguenti istruzioni sono riassunte quale guida della Casa Universale di Giustizia per le Assemblee Spirituali ed i singoli credenti, affinché essi possano pervenire alle decisioni in conformità allo spirito della Legge bahá’í, sia per il raggiungimento di un accordo amichevole da presentare poi ai tribunali civili, sia per prendere l’opportuna decisione quando non è previsto il divorzio civile. 1. Le decisioni devono essere prese alla luce delle particolari circostanze del singolo caso. Le istruzioni seguenti sono di carattere generale e - per quanto possibile - devono essere poste in essere, meno che sussistano validi motivi per non farlo. 2. Custodia dei figli 2.1 È preferibile che la coppia raggiunga un accordo amichevole riguardo la custodia dei figli e lo sottoponga poi all’Assemblea per l’approvazione. Normalmente, nel caso di figli molto piccoli, la custodia viene assegnata alla madre, a meno che non sussistano validi motivi che lo sconsiglino. 2.2 A prescindere da quale genitore ha ottenuto la custodia, i figli devono essere educati in modo tale da manifestare un decoroso comportamento bahá’í e il dovuto riguardo verso entrambi i genitori. Equi e pratici accordi devono essere presi per salvaguardare i diritti del genitore che non ha la custodia, affinché possa incontrarsi con i figli e trascorrere del tempo con loro. 2.3 Di norma gli accordi sulla custodia dei figli restano validi fino alla loro maggiore età, a meno che naturalmente non intervengano nuove circostanze che richiedano una revisione degli stessi. 3. Mantenimento economico 3.1 Il marito ha l’obbligo di mantenere moglie e figli fino alla dichiarazione del divorzio bahá’í, che normalmente ha luogo alla fine dell’anno d’attesa, tranne che detto obbligo non venga postergato fino all’ottenimento del divorzio civile. 3.2 Dopo aver ottenuto il divorzio il padre continua ad essere obbligato al mantenimento dei figli, ma non della moglie.» (The Universal House of Justice: Considerations Affecting Custody of Children and Provision of Financial Support in Cases Not Adjuticated in Civil Law, riassunto del 5 gennaio 1983) 1337. Mantenimento della moglie durante l’anno di pazienza e dopo il divorzio‚ - «L’Assemblea deve incoraggiare il marito ad adempiere al suo dovere di pagare la somma di denaro stabilita. La Casa di Giustizia ha scritto il 5 aprile 1970 ad un’altra Assemblea Spirituale Nazionale nel modo seguente: “L’unica condizione prevista dalla Legge bahá’í riguardo il mantenimento della moglie è quella che fa obbligo al marito di mantenerla durante l’anno d’attesa. Ciò non significa, comunque, che successivamente sia proibito. Tutte queste questioni richiederanno in futuro un’opportuna legislazione; per il momento è dovere dell’Assemblea preparare un amichevole ed equo accordo economico fra le parti, che deve ovviamente tener conto della loro situazione finanziaria e delle relative responsabilità”. Pur essendo ovvio che l’Assemblea deve incoraggiare il marito ad adempiere ai suoi doveri bahá’í pagando la somma stabilita, la questione del mantenimento può essere decisa dal tribunale quando viene richiesto il divorzio civile e, in tal caso, la moglie sarà in grado naturalmente di invocare qualsiasi risarcimento legale. Allo stato attuale, comunque, l’Assemblea Spirituale Nazionale di norma non deve applicare sanzioni nei confronti della parte inadempiente.» (Da una lettera del 6 febbraio 1978 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada) 1338. Divieto di picchiare la moglie «Gl’insegnamenti bahá’í affermano chiaramente che il marito non deve picchiare la moglie. Per quanto riguarda il divorzio, esso, pur essendo permesso da Bahá’u’lláh, è del tutto scoraggiato e bisogna fare ogni sforzo per evitarlo. Nella società bahá’í l’unico motivo di divorzio è un’inconciliabile avversione fra i coniugi.» (Da una lettera del 27 ottobre1986 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente) XXX. AMORE E UNITÀ 1339. L’amore: rimedio migliore per l’odio «Il rimedio migliore per l’odio è l’amore, poiché l’odio è assenza d’amore! Da questo punto di vista, Ella deve mostrare l’amore di Dio agli altri, bahá’í e non-bahá’í, e quindi agire per dissipare le tenebre dal mondo. Questo è ciò che l’amato Maestro si aspetta dai Suoi servi.» (Da una lettera del 12 ottobre 1949 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1340. L’amore: principio guida del comportamento dei credenti verso gli altri «...Se il vero amore, e cioè quello basato sull’amore di Dio, si manifestasse fra gli amici, la Causa si diffonderebbe molto rapidamente. L’amore è il principio che deve guidare il comportamento di un credente nei confronti di un altro ed esso non viene cambiato dall’ordine amministrativo. Sfortunatamente, però, gli amici talvolta fanno una certa confusione nei rapporti reciproci comportandosi come un’intera assemblea spirituale e, invece di essere indulgenti, amorevoli e pazienti, manifestano la disciplina, la giustizia e l’imparzialità che tale istituzione deve applicare.» (Da una lettera del 18 Mirza 1950 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1341. Amando Dio diventa possibile amare tutti gli uomini «Non dobbiamo mai prendere una frase degli Insegnamenti e isolarla da tutto il resto: ciò non significa che non dobbiamo amare, ma che dobbiamo assurgere a un piano spirituale dove Dio viene per Primo e le grandi passioni umane non hanno il potere di distoglierci da Lui. Vediamo continuamente persone che o per la forza dell’odio o per l’appassionato attaccamento che hanno verso un’altra persona, sacrificano un principio o si precludono la Via di Dio. Sappiamo che l’assenza della luce è la tenebra, ma nessuno può affermare che la tenebra non è vera. Essa esiste quantunque si tratti soltanto dell’assenza di qualcos’altro. Perciò anche il male esiste e non possiamo chiudere gli occhi davanti ad esso, ancorché si tratti di una esistenza negativa. Dobbiamo cercare di sostituirlo con il bene e se vediamo che non riusciamo a influenzare una persona malvagia, allora dobbiamo schivarne la compagnia, perché è malsana. Dobbiamo amare Dio, e solo a questa condizione è possibile un generale amore verso tutti gli uomini. Non possiamo amare ogni essere umano per sé‚ stesso, ma il nostro sentimento verso l’umanità deve essere motivato dall’amore per il Padre che ha creato tutti gli uomini. La Fede Bahá’í insegna che l’uomo è stato sempre potenzialmente uomo, anche quando attraversava gli stadi più bassi dell’evoluzione. Poiché dispone di maggiori e più sottili poteri rispetto ad un animale, quando si volge verso il male diventa molto più cattivo di questo.» (Da una lettera del 4ottobre1950 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Parzialmente in compilazioni “Spiritismo - reincarnazione - fenomeni medianici”, pag. 30, n. 65, e “Guida per una vita bahá’í”, pag. 102, n. 62) 1342. Il tipo di amore da coltivare «Ella dice che a volte si sente fortemente attratto verso persone mai conosciute prima; questo è sicuramente il tipo di amore che ogni bahá’í dovrebbe coltivare, poiché noi bahá’í dobbiamo amare tutti gli esseri umani, credenti o non, estranei o amici che siano. L’amore che Bahá’u’lláh auspica per noi è un amore che abbraccia l’intera umanità. Il motivo per cui una persona sente attrazione è dovuto ai doni e alle qualità di cui l’anima è dotata, doni che esercitano una potente e latente influenza.» (Da una lettera del 20 novembre1937 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1343. Spiegazione di ‘Abdu’l-Bahá sul significato delle parole di Bahá’u’lláh riguardo l’amore per l’umanità‚ «Riguardo il significato delle parole di Bahá’u’lláh sull’amore per l’umanità, il Maestro ha più volte chiarito che l’uomo deve amare la sua famiglia, quindi la sua città natale, poi la sua provincia, indi la sua nazione; egli comunque non deve fermarsi a questo punto acquisendo un gretto nazionalismo, ma accrescere il suo amore per tutto il mondo e per l’umanità in generale. I bahá’í amano il loro paese, ma devono amare anche il mondo e cioè gli altri popoli.» (Da una lettera del 5 luglio 1950 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1344. Maggiore importanza dei rapporti spirituali rispetto alle regole e alle norme «[Il Custode] la incoraggia a prodigarsi al massimo per promuovere l’unità e l’amore fra i membri della sua Comunità, perché ciò sembra della massima necessità. Spessissimo, nel desiderio di amministrare la Causa, le giovani comunità perdono di vista il fatto che i rapporti spirituali sono di gran lunga più importanti e fondamentali delle regole e delle norme necessarie per la conduzione degli affari della comunità.» (Da una lettera del 4ottobre1950 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Guida per una vita bahá’í”, pag. 102, n. 63) 1345. Necessità dei popoli del mondo di vedere l’amore generato dalla Fede nei cuori dei credenti‚ «Ai popoli del mondo non solo necessitano le leggi e i principi della Fede Bahá’í; essi hanno un disperato bisogno di vedere l’amore dalla stessa generato nei cuori dei suoi seguaci e di condividere quell’atmosfera di tolleranza, comprensione, pazienza e pronta gentilezza, che devono essere motivo di distinzione di una Comunità bahá’í.» (Da una lettera del 5dicembre1942 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1346. La malefica e tumultuosa influenza delle forze oscure del mondo colpisce tutti‚ «I credenti, al fine di aver meglio coscienza di sé‚ stessi, devono rendersi conto che nel mondo le forze negative sono così prevalenti e forti che la loro malefica e tumultuosa influenza viene percepita da tutti. Essi, quindi, in tutta consapevolezza, devono sforzarsi di essere più amorevoli, più uniti, più devoti e religiosi di prima, al fine di combattere contro l’atmosfera dell’attuale società che è fredda, alienante, incurante delle cose giuste e sbagliate, ed anche di Dio.» (Da una lettera del 20 Mirza 1946 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada) 1347. Pregare per proteggersi dalla contaminazione della società «Gli amici devono sempre ricordare che, in un certo qual modo, sono come soldati in battaglia. Il mondo si trova attualmente in una condizione spirituale estremamente oscura; odio e pregiudizio di ogni sorta lo riducono letteralmente a pezzi. D’altra parte noi siamo i custodi delle forze opposte, forze di amore, di unità, di pace e di integrazione, e dobbiamo stare costantemente in guardia, sia come singoli individui che come assemblee o comunità, affinché per nostro tramite non entrino fra noi queste forze distruttive e negative. In altre parole, dobbiamo stare attenti che, anche del tutto inconsciamente, l’oscurità della società non si rifletta nelle nostre azioni e nei nostri atteggiamenti. L’amore reciproco, la profonda sensazione di far parte di un nuovo organismo e di essere gli araldi dell’aurora di un Nuovo Ordine Mondiale devono continuamente animare la nostra vita bahá’í, e dobbiamo pregare per essere protetti dalla contaminazione della società così malata di pregiudizi.» (Da una lettera del 5 febbraio1947 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Locale di Atlanta. Compilazione “Guida per una vita bahá’í”, pag. 95, n. 49) 1348. Ai credenti necessita eroismo «In verità, questi sono i giorni in cui ai credenti si richiede eroismo. abnegazione, coraggio, indomabile speranza e fiducia sono le caratteristiche che devono rivelarsi in essi, perché questi stessi attributi non possono che attrarre l’attenzione del pubblico inducendolo a domandarsi che cosa rende queste persone così sicure, fiduciose e piene di devozione in un mondo irrimediabilmente caotico e disorientato. Con il passare del tempo saranno le caratteristiche dei bahá’í che attireranno sempre più l’attenzione dei loro concittadini. Essi devono mostrare di essere al di sopra degli odi e delle recriminazioni che riducono a brandelli il cuore dell’umanità, manifestando con azioni e parole la loro fede profonda nella futura unificazione pacifica dell’intera razza umana.» (Da una lettera del 26 ottobre 1941 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Guida per una vita bahá’í”, pag. 84, n. 23) . 1349. Il piano di Dio non coincide sempre con i progetti e le politiche dell’uomo‚ « ...I sistemi e i metodi di Dio non coincidono necessariamente con i progetti e le politiche dell’uomo. Da parte nostra dobbiamo sforzarci al massimo affinché la Fede di Dio possa essere ampiamente proclamata e fermamente stabilita, ma non dobbiamo mai essere portati a pensare che tale trionfo dipenda solamente o principalmente dai nostri sforzi, per quanto efficaci, uniti e fruttuosi possano essere. Noi siamo solamente strumenti nelle mani dell’Onnipossente e sarebbe proprio un segno di miopia se ritenessimo di essere i controllori della divina struttura della Causa.» (Da una lettera del 10 febbraio 1934 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1350. Divisi si è nell’errore; uniti si è nel giusto «Al tempo di Bahá’u’lláh, in Persia, alcuni eminenti insegnanti della Causa si divisero sulla questione del Suo rango e alla fine Gli scrissero affinché facesse da arbitro. In risposta Bahá’u’lláh disse che se essi fossero stati uniti, entrambe le parti sarebbero state nel giusto, mentre divisi restavano nell’errore. Il Maestro spesso negò a Sé Stesso qualsiasi rango, proprio per mantenere l’unità degli amici, essendo questo il Suo primario obiettivo.» (Da una lettera del 20 aprile 1931 scritta a nome di Shoghi Effendi all’ Assemblea Spirituale Locale di Yonkers) XXXI. SERVIZIO MILITARE 1351. Divieto di arruolamento volontario in corpi dove esiste il rischio di uccidere‚ «I bahá’í non possono arruolarsi volontari in qualsiasi corpo delle Forze Armate dove eventualmente dovrebbero obbedire all’ordine di uccidere altri esseri umani.» (Da una lettera del 2 agosto 1971 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Figi) 1352. I bahá’í non sono obiettori di coscienza «La posizione dei bahá’í non è di disobbedienza al Governo o di volersi sottrarre alla difesa del paese, se attaccato; non riteniamo giusto uccidere i nostri simili, né‚ vogliamo esservi coinvolti. Non siamo affatto obiettori di coscienza: noi intendiamo prestare servizio, ma vogliamo essere classificati come non combattenti, atteso che negli U.S.A. esiste una legge che tutela tale nostro atteggiamento. Se Ella desidera consultarsi in merito, potrà rivolgersi all’Assemblea Spirituale Nazionale che sarà in grado di darle i consigli più precisi e applicabili attualmente, poiché la questione si pone di continuo.» (Da una lettera del 15 luglio 1952 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1353. Vari modi di prestare aiuto in tempo di guerra «È tuttora sua [del Custode] ferma convinzione che i credenti, pur esprimendo la loro prontezza a obbedire senza riserve a qualsiasi ordine che le autorità possano emanare riguardo il servizio militare in tempo di guerra, devono anche - non essendo ancora scoppiate le ostilità - richiedere al governo l’esenzione dal servizio attivo quale combattente, precisando che la richiesta non è dettata per niente da motivazioni egoistiche, ma solamente dalla volontà di obbedire agli Insegnamenti della propria Fede, la quale fa loro obbligo morale di non commettere atti che li possano coinvolgere in una diretta ostilità con esseri umani di qualunque altra razza o nazione. Gl’Insegnamenti bahá’í, infatti, condannano fortemente e in modo inequivocabile qualsiasi forma di violenza fisica, e la guerra ovviamente è forse la peggiore forma che tale violenza può assumere. Esistono molti altri modi con cui i credenti possono prestare il loro aiuto in tempo di guerra arruolandosi in corpi non combattenti che espletano servizi non implicanti diretto spargimento di sangue, come servizio ambulanze, servizi precauzionali antiaerei, lavori d’ufficio o amministrativi; ed è in tali tipi di servizio nazionale che dovrebbero arruolarsi volontari. Non importa che espletando dette attività sarebbero esposti a pericoli, sia in patria che al fronte, poiché il loro desiderio non è proteggere la propria vita, ma evitare qualsiasi intenzionale omicidio. Gli amici devono considerare loro preciso dovere, quali leali membri della Fede, far domanda per tale esenzione, anche se sussistono scarse possibilità di ottenere il consenso delle autorità. È della massima importanza che, in tempi di agitazione ed emergenza nazionale come quelli che stanno ora attraversando tanti paesi del mondo, i credenti non si facciano trascinare dalle passioni che agitano le masse, non agiscano in modo tale da deviare dal sentiero della saggezza e della moderazione e non siano portati a violare - sia pure con riluttanza e indirettamente - lo spirito e la lettera degli Insegnamenti.» (Da una lettera del 4 giugno 1939 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche) 1354. I bahá’í riconoscono il diritto e il dovere degli Stati di proteggere i loro popoli «...i bahá’í riconoscono il diritto e il dovere dei governi di usare la forza per far rispettare la legge e per proteggere i loro popoli. Quindi, per un bahá’í, lo spargimento di sangue per tale scopo non è fondamentalmente sbagliato. La Fede Bahá’í traccia una netta distinzione fra il dovere di un individuo di perdonare e di “essere ucciso piuttosto che uccidere” e il dovere della società di difendere la giustizia. Questo argomento è spiegato da ‘Abdu’l-Bahá in “Le Lezioni di San Giovanni d’Acri”. Nelle attuali condizioni del mondo i bahá’í cercano di portarsi fuori dai micidiali conflitti che stanno infuriando fra gli uomini e di evitare spargimenti di sangue in tali lotte, ma ciò non vuol dire che sono pacifisti assoluti. Questo punto è spiegato nel seguente passo scritto il 21 novembre 1935 dal segretario del Custode a suo nome: “Riguardo i pacifisti assoluti, o obiettori di coscienza alla guerra: il loro modo di pensare, dal punto di vista bahá’í, è del tutto antisociale e la loro esaltazione della coscienza individuale porta disordine e caos nella società. I pacifisti estremisti sono quindi molto simili agli anarchici, nel senso che entrambi questi gruppi attribuiscono un’eccessiva enfasi sui diritti e i meriti del singolo individuo. La concezione bahá’í della vita sociale si basa essenzialmente sulla subordinazione della volontà individuale a quella della società; essa, comunque, non reprime l’individuo, né‚ lo esalta al punto da farne una creatura antisociale o una minaccia per la società. Come in ogni cosa, segue un .aureo equilibrio. La società può funzionare solo se la minoranza segue la volontà della maggioranza. L’altra principale contestazione nei confronti degli obiettori di coscienza è che il loro metodo per l’instaurazione della pace è oltremodo infruttuoso. La non cooperazione è una filosofia troppo passiva per diventare un efficace mezzo di ricostruzione sociale. Il loro rifiuto di portare armi non può mai far instaurare la pace. Deve sussistere prima una spirituale vivificazione e niente, eccetto la Causa di Dio, può effettivamente portarla al cuore di ogni uomo”. Un’ulteriore citazione che può essere d’aiuto a questo caro amico per comprendere tale questione è il passo sull’instaurazione della Pace Minore a pag.45 de “Il Segreto della Civiltà Divina”.» (Da una lettera del 9 febbraio 1967 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1355. È dovere di leale e devoto cittadino offrire servizi al proprio paese «[Il Custode] ha preso nota che da parte della vostra Assemblea sono stati richiesti consigli circa le forme di servizio nazionale che gli amici potrebbero prestare volontariamente nei momenti d’emergenza. Egli ritiene che, pur se i credenti devono fare il possibile per ottenere dalle autorità l’esonero dal servizio militare attivo come combattenti, è nel contempo loro dovere - quali leali e devoti cittadini - offrire i loro servizi al proprio paese in qualunque campo che non comporti specificatamente azioni aggressive o sia prettamente militare. Queste forme di impiego a favore della nazione - come il servizio di prevenzione antiaereo, servizio ambulanza, o altre attività a carattere umanitario e civile - sono i servizi più adatti che gli amici possono e devono offrire spontaneamente, poiché, oltre a non implicare alcuna violazione dei principi contenuti negli Insegnamenti, costituiscono un servizio sociale e umanitario che la Causa considera sacro e ingiunge calorosamente.» (Da una lettera del 27 novembre1938 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche) 1356. Evitare attività “aggressive o prettamente militari” «Dallo studio delle lettere dell’amato Custode si evince con chiarezza il suo desiderio che gli amici si astenessero da attività “specificatamente aggressive o prettamente militari”. Per quanto riguarda occupazioni di diversa natura, risulta oltremodo difficile nella società moderna evitare attività lavorative che a lungo andare non siano nocive all’umanità.» (Da una lettera del 29 novembre1967 della Casa Universale di Giustizia a un credente) 1357. Arruolamento nelle forze armate purché non in servizi combattenti‚ «...non vi è alcuna obiezione per un bahá’í al suo arruolamento volontario nelle forze armate al fine di conseguire esperienza in attività commerciali o professionali, purché - così facendo - non sia obbligato ad intraprendere un servizio combattente. Allo stesso modo non vi è obiezione alcuna se un bahá’í vuole iniziare o continuare la carriera nelle forze armate, ammesso che così facendo non sia obbligato al servizio attivo di combattimento.» (Da una lettera del 13 gennaio 1981 della Casa Universale di Giustizia a una Assemblea Spirituale Nazionale) 1358. Professioni utili all’umanità durante il servizio nazionale: dovere dell’Assemblea Spirituale nazionale di consigliare i giovani «Allorquando giunge il momento di prestare servizio militare o paramilitare, i bahá’í devono fare il possibile per evitarlo. Tuttavia, se esso è obbligatorio, gli amici devono ugualmente adoperarsi per essere impegnati solo in servizi non combattenti. Nel caso il Servizio Nazionale preveda - come in Guyana - addestramenti in attività o professioni utili all’umanità, come quelle connesse all’agricoltura, gli amici possono naturalmente arruolarsi volontari in tali servizi, purché sia certo che il loro addestramento non comporti un’eventuale futura chiamata alle armi come combattenti. Se si è obbligati ad effettuare un addestramento di tipo militare, gli amici devono cercare di farsi assegnare ad unità non combattenti, come servizi barellieri, corpi sanitari, ruoli amministrativi e altri essenziali uffici dell’organizzazione militare, dove non siano costretti ad a uccidere. Spetta quindi alla vostra Assemblea Spirituale Nazionale decidere se il programma del Servizio Nazionale della Guyana sia permesso ai giovani bahá’í e, in caso positivo - come volontari o meno -, quali passi possono essere intrapresi affinché prestino servizio come non combattenti.» (Da una lettera del 14 settembre 1975 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Guyana, Suriname e Guyana Francese) 1359. I bahá’í non pretendono impieghi sicuri nei momenti di crisi nazionale‚ «Riguardo la Vostra domanda sul servizio militare, il Custode non vede alcuna ragione perché il credente in questione non debba proporre il caso e insistere per la sua soluzione. Essendo diventato un seguace di Bahá’u’lláh, non può condividere l’idea di uccidere i propri simili; egli deve avere il diritto di spiegare la sua posizione e chiedere di essere esonerato dal servizio combattente. In questi casi i bahá’í devono assolutamente far presente che non hanno paura per la loro incolumità e non chiedono di essere assegnati in luoghi sicuri nei momenti di crisi nazionale; al contrario sono pronti a prestare durante i tormenti della guerra qualsiasi servizio, per quanto pericoloso, a favore del prossimo.» (Da una lettera del 25 febbraio 1951 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche) XXXII. M U S I C A 1360. La musica è una scala sulla quale le anime salgono «Vi abbiamo consentito d’ascoltare musica e canti. Ma attenti che questo ascolto non vi sospinga a varcare i limiti della decenza e della dignità. Gioite nella gioia del Mio Più Grande Nome pel quale i cuori sono incantati e le menti dei prescelti avvinte. Abbiamo fatto della musica una scala sulla quale le anime salgano al regno dei cieli. Non tramutatela in ali per l’ego e la passione. Cerco rifugio in Dio acciocché non siate tra gl’ignoranti.» (Bahá’u’lláh: citato dal Kitáb-i-Aqdas. Compilazione “Musica”, pag. 3, n. 2-3) 1361. La musica è un mezzo importante per l’educazione e lo sviluppo dell’umanità «La musica è un mezzo importante per l’educazione e lo sviluppo dell’umanità, ma l’unico vero modo è tramite gl’Insegnamenti di Dio. La musica è come questo cristallo che è perfettamente puro e levigato. È esattamente come questo puro calice che è davanti a noi, e gl’Insegnamenti di Dio, le parole di Dio, sono come l’acqua. Quando il cristallo e il calice sono assolutamente puri e trasparenti, e l’acqua è perfettamente fresca e limpida, allora essa infonde la Vita; perciò gl’Insegnamenti di Dio, siano essi in forma di inni o meditazioni o preghiere, quando siano cantati in modo melodioso, sono molto toccanti.» (Dai discorsi di ‘Abdu’l-Bahá; citato in “Star of the West”, vol. XV, pag. 130. Compilazione “Musica”, pag. 7, n. 16) 1362. Insegnare la musica a scuola «...L’arte della musica è divina ed efficace. È il cibo dell’anima e dello spirito. Lo spirito dell’uomo è innalzato dal potere e dal fascino della musica. Essa ha un influsso e un effetto meravigliosi sul cuore dei bimbi, perché i loro cuori sono puri e le melodie hanno una grande influenza su di loro. I talenti nascosti di cui i cuori di questi bambini sono dotati si esprimono tramite la musica. Perciò dovete sforzarvi di farli diventare bravi e di insegnar loro a cantare con perfezione ed efficacia. Tutti i bambini devono conoscere un po’ di musica, perché senza conoscere quest’arte è impossibile gustare bene le melodie strumentali e vocali. Quindi è necessario che essa venga insegnata a scuola, affinché le anime e i cuori degli allievi siano ravvivati e rallegrati e la loro vita sia illuminata dalla gioia.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace”, p. 52) 1363. La musica è una scienza encomiabile «O servo di Bahá! Presso la Soglia dell’Onnipotente la musica è reputata encomiabile quanto la scienza, sì che in vaste riunioni e congregazioni tu possa cantare con dolcissimi accenti i versetti di Dio e nel Mashriqu’l-Adhkár innalzare inni di lode tali da estasiare le Schiere Celesti. Perciò pensa quanto è ammirata e lodata l’arte della musica. Se puoi, cerca d’usare melodie, canti e canzoni spirituali, e d’armonizzare la musica terrena alla melodia del cielo. Allora vedrai quant’è grande l’influenza della musica e quale gioia e quale vita celestiale essa infonda. Intona queste melodie e canzoni in modo da colmare di gioia e d’estasi gli usignoli dei misteri divini. (‘Abdu’l-Bahá: da una Tavola a un credente recentemente tradotta. Compilazione “Musica”, pag. 6, n. 14) 1364. La musica è arte «La musica, in quanto arte, è uno sviluppo culturale naturale e il Custode non pensa che si debba coltivare una “Musica bahá’í” più di quanto non si stia cercando di sviluppare una scuola di pittura o di letteratura bahá’í. I credenti sono liberi di dipingere, scrivere e comporre come i loro talenti li ispirano. Se qualcuno scrive musica, incorporandovi le sacre Scritture, gli amici sono liberi di usarla, ma non dovranno mai ritenere che quella musica sia un requisito essenziale delle riunioni bahá’í. Più lontani gli amici si tengono da ogni forma prestabilita, meglio, perché essi devono rammentare che la Causa è assolutamente universale e ciò che può sembrare una bella aggiunta al modo di celebrare una Festa o altro, forse potrebbe risuonare, alle orecchie del popolo di un altro paese, come un suono sgradevole, e viceversa. Finché gli amici fanno musica per la musica, va bene, ma non devono considerarla musica bahá’í.» (Da una lettera del 20 luglio 1946 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada. Compilazione “Musica”, pag. 11, n. 23) 1365. Mettere preghiere in musica «Non vi è nulla di male mettere delle preghiere in musica e gli amici sono liberi di cantarle all’unisono. Infatti, dando per scontato che la musica sia appropriata e che i credenti non ne facciano un rituale, è altamente degno di lode cantare in coro versetti rivelati da Bahá’u’lláh e dal Maestro... Siamo pure certi che gli amici tengono sempre presente che le preghiere - lette, salmodiate o cantate - debbono essere pronunciate sempre con giusto senso di riverenza.» (Da una lettera del 6 febbraio 1973 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Australia) 1366. Cantare preghiere all’unisono «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 22 gennaio 1973 in cui chiedete se sia corretto che cori o gruppi di persone cantino preghiere all’unisono. Rispondendo a un’analoga lettera dell’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Uganda e dell’Africa Centrale sui canti collettivi nel corso di funzioni tenute nel Tempio, abbiamo detto quanto segue: “Il canto di una congregazione durante una funzione nel Tempio non deve essere confuso con la preghiera collettiva prescritta da Bahá’u’lláh per i defunti...» “Riguardo il canto nel Tempio, dobbiamo ricordare ciò che Bahá’u’lláh dice nel Kitáb-i-Aqdas riguardo alla necessità per i visitatori del Tempio di stare seduti in silenzio ad ascoltare il canto dei versetti di Dio...» A proposito del desiderio degli Africani di cantare, è opportuno incoraggiare questa loro attitudine. Il Custode ha spiegato questo principio in una lettera scritta a suo nome dal suo segretario: “Shoghi Effendi esorta ad incoraggiare nell’Auditorio il canto in coro di uomini, donne e bambini, ed evitare scrupolosamente nelle funzioni bahá’í rigide formalità.» (Ibidem. Bahá’í News, settembre 1931) 1367. Non è opportuno mettere in musica le preghiere obbligatorie «Non abbiamo trovato nulla che proibisca di mettere in musica le preghiere obbligatorie. Tuttavia, tenuto conto della loro speciale natura, riteniamo inopportuno farlo.» (Da una lettera del 6 maggio 1966 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1368. Impossibilità di prevedere, trovandoci agli albori della cultura bahá’í, forme e caratteristiche future delle arti‚ «Riguardo i suoi piani futuri: Il Custode ritiene che, costituendo la musica il suo mezzo di sussistenza e la sua carriera, Ella debba valutare attentamente se sia necessario per il suo futuro continuare la sua preparazione in questo campo. Se pensa di non poter decidere da solo, cerchi pure consiglio della sua Assemblea Spirituale. Inoltre ha chiesto quale possa essere la sorgente d’ispirazione dei musicisti e compositori bahá’í: la musica del passato o la Parola di Dio? Non possiamo proprio prevedere, trovandoci agli albori della cultura bahá’í, quali forme e caratteristiche avranno, ispirate da questa Possente Nuova Rivelazione, le arti nel futuro . Tutto ciò di cui possiamo essere certi è che saranno meravigliose; avendo ogni Religione dato luogo a una cultura che è fiorita in differenti forme, così pure possiamo aspettarci la medesima cosa per la nostra amata Fede. È prematuro allo stato attuale cercare di capire quali saranno dette forme.» (Da una lettera del 23 dicembre 1942 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1369. Utilizzare con rispetto il Più Grande Nome e i Nomi delle Manifestazioni di Dio e delle Figure Centrali‚ «Non abbiamo trovato nulla negli Scritti che proibisca l’uso del Più Grande Nome, dei Nomi delle Manifestazioni di Dio o di quelli delle Figure Centrali della nostra Fede nei testi di pezzi musicali. Comunque, riteniamo che - allorquando si utilizzino - occorra farlo con riverenza e rispetto, sia nel modo in cui vengono inseriti nei testi, sia nel modo di presentarli.» (Da una lettera del 14 Mirza 1968 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1370. Utilità della musica prima di un discorso «La musica è un’arte importante. Essa esercita una grande influenza sullo spirito umano. Le melodie musicali non sono che un fenomeno delle vibrazioni eteriche, perché la voce è solo l’espressione di certe vibrazioni, che, giunte al timpano, stimolano il nervo dell’orecchio. Perciò, le melodie musicali sono effetti peculiari prodotti o derivati dalle vibrazioni; ma hanno un profondo effetto sullo spirito. In verità, benché la musica sia un fenomeno fisico, tuttavia il suo straordinario effetto è spirituale e la sua più stretta attinenza è col reame dello spirito. Se si desidera pronunciare un discorso, questo risulterà più efficace dopo melodie musicali. Gli antichi greci, come i filosofi persiani, usavano pronunciare i loro discorsi nel modo seguente: dapprima suonavano alcune melodie musicali e quando l’uditorio raggiungeva una certa ricettività deponevano gli strumenti musicali e incominciavano subito il discorso. Tra i più rinomati musicisti della Persia ve ne fu uno, di nome Barbod; ogni volta che il Ministero perorava a corte un grave problema, senza riuscire a convincere il Re, la questione era subito affidata a Barbod, per cui egli andava a corte col suo strumento, suonava la musica più adatta e commovente, e raggiungeva immediatamente lo scopo, perché il Re era subito toccato dalle melodie: sentimenti di generosità lievitavano entro il suo cuore ed egli cedeva. Potete provare a far questo: se avete un grande desiderio e volete ottenere lo scopo, provate a farlo con un vasto uditorio dopo l’esecuzione di un grande assolo, ma dovete farlo con un uditorio sensibile alla musica, perché vi sono persone simili a pietre e la musica non può commuovere le pietre. Per questa ragione il Santissimo Davide cantava i salmi con dolci melodie nel Santo dei Santi a Gerusalemme. In questa Causa l’arte della musica è straordinariamente importante. La Perfezione Benedetta, quando giunse alla caserma (Akká), ripeté quest’affermazione: “Se tra i Nostri seguaci più prossimi ci fosse stato qualcuno capace di suonare uno strumento musicale, cioè flauto o arpa, o di cantare, avrebbe affascinato tutti”. In breve, le melodie musicali hanno un ruolo importante nelle associazioni, o nei caratteri esteriori e interiori, o nelle qualità dell’uomo, perché ispirano o animano la sensibilità, sia materiale che spirituale. Quanta forza propulsiva c’è in tutti i sentimenti d’amore! Quando l’uomo è attaccato all’Amor di Dio, la musica ha un grande effetto su di lui.» (‘Abdu’l-Bahá: “Table Talk”, Akká, luglio 1909, citata nella compilazione “Musica”, pp. 7-8, n. 16) 1371. La musica aiuta a comunicare con l’anima «Il Custode apprezza gl’inni che lei sta componendo in modo così bello. Certamente essi contengono le realtà della Fede e l’aiuteranno a trasmettere il Messaggio ai giovani. La musica ci aiuta a smuovere lo spirito umano; è un mezzo importante che ci aiuta a comunicare con l’anima. Il Custode spera che con quest’aiuto lei potrà trasmettere il Messaggio alla gente e avvincere il loro cuore.» (Da una lettera del 15 novembre1932 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Citata in compilazione “Musica”, pp. 10-11, n. 19) XXXIII. IL NUMERO NOVE 1372. Importanza che riveste il numero nove per i bahá’í «I bahá’í tengono in grande considerazione il numero nove per due motivi: primo, perché viene ritenuto dai numerologi segno di perfezione. Il secondo e più importante motivo deriva dal fatto che esso costituisce il valore numerico della parola “Bahá” (B=2, h=5, a=1, e vale pure 1 l’accento posto alla fine della parola; la “a” dopo la “B” non viene scritta in persiano e quindi non si conta). Nelle lingue semitiche - come l’arabo e l’ebraico - ogni lettera dell’alfabeto ha un valore numerico e così, invece di usare figure per denotare i numeri, vengono utilizzate lettere e insiemi di lettere. In tal modo ogni parola ha sia un significato letterale che un valore numerico. Questa pratica non è più in uso, ma al tempo di Bahá’u’lláh e del Báb era assai in voga fra le persone istruite e si è riscontrato che è molto usata nel Bayán. Poiché la parola Bahá corrispondeva anche al numero nove, poteva essere usata al posto di quest’ultimo. Oltre ai suddetti, il numero nove non ha altri significati. È abbastanza comune che i bahá’í lo usino quando occorre scegliere un numero a caso.» (Da una lettera del 19 febbraio 1932 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1373. Il numero nove è considerato sacro dai bahá’í «Il numero nove, che di per sé‚ è il numero della perfezione, viene considerato sacro dai bahá’í perché simboleggia la perfezione della Rivelazione bahá’í, che è la nona nella linea delle religioni esistenti, l’ultima e più completa Rivelazione che l’umanità abbia mai conosciuto. L’ottava è la religione del Báb e le restanti sette sono: Induismo, Buddismo, Zoroastrismo, Giudaismo, Cristianesimo, Islam e la religione dei Sabei. Queste religioni non sono le sole vere religioni apparse nel mondo, ma le uniche ancora esistenti. Vi sono sempre stati Profeti e Messaggeri divini, molti dei quali sono menzionati nel Corano.» (Da una lettera del 28 luglio 1936 scritta a nome del Custode a un credente) 1374. Il numero nove simboleggia la perfezione e le nove grandi religioni mondiali e rappresenta il valore numerico della parola Bahá‚ «Circa il significato del numero nove, la sua importanza come simbolo così spesso usato dai credenti deriva da tre motivi: primo, esso simboleggia le nove grandi religioni mondiali, incluse le Rivelazioni Bábí e bahá’í, delle quali abbiamo una ben definita conoscenza storica; secondo, rappresenta il numero della perfezione, essendo il numero singolo più alto; terzo, costituisce il valore numerico della parola “Bahá”.» (Da una lettera del 9 luglio 1939 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1375. Il nove, come cifra più alta, è simbolo di comprensività e culmine‚ «Riguardo le sue diverse domande: dobbiamo evitare di dare l’impressione di essere legati a strane teorie religiose; d’altra parte, i nove lati dei templi e la stella a nove punte richiedono una spiegazione, e [il Custode] ritiene migliore la seguente: nove è la cifra più alta, dunque simboleggia comprensività e culmine; inoltre, la ragione per cui viene utilizzato nella forma architettonica dei templi deriva dal fatto che costituisce il valore numerico della parola “Bahá” (nella numerologia connessa all’alfabeto arabo), e Bahá è il nome del Rivelatore della nostra Fede, Bahá’u’lláh. La stella a nove punte non fa parte dei nostri Insegnamenti, ma viene usata solo come emblema rappresentante il nove. Parlando alle persone delle nove religioni del mondo, cioè di quelle tuttora esistenti, non dobbiamo addurre ciò come spiegazione del perché i templi hanno nove lati. Questa potrebbe essere stata l’idea, per la verità molto simpatica, di un architetto e che incidentalmente può essere menzionata; ma i templi hanno nove lati per la connessione del numero nove con la perfezione, l’unità e “Bahá. Il Custode pensa che la questione secondo cui le religioni oggi esistenti sono esattamente nove può risultare polemica con intellettuali e studiosi di religione, e quindi sarebbe meglio evitarla. Egli non vuole che gli amici siano rigidi su questi argomenti, ma usino giudizio e tatto, perché talvolta un’affermazione può risultare giusta per un tipo di mentalità e sbagliata per un’altra. A rigor di termini, è la stella a cinque punte il simbolo della nostra Fede, perché utilizzata dal Báb e da Lui Stesso spiegato. Tuttavia il Custode non reputa saggio o necessario complicare le nostre spiegazioni sui templi aggiungendo questa ulteriore notizia.» (Da una lettera del 28 ottobre 1949 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1376. Il Báb utilizzava il valore numerico delle parole per simboleggiare concetti spirituali «Il Báb fece uso del valore numerico delle parole per simboleggiare concetti spirituali. La traduzione persiana di “Lettere del Vivente” è “Hurúf-i-Hay”; esse furono i primi diciotto discepoli del Báb e il valore numerico della parola “Hay” è diciotto. Queste diciotto Lettere e il Báb, costituiscono il primo “Vahid” della Rivelazione. La parola “Vahid” ha valore numerico diciannove e significa “Unità”. Essa simboleggia l’unità di Dio e quindi il numero diciannove stesso è simbolo di tale unità; inoltre detto numero fu usato dal Báb come base del Suo calendario. Nella Sinossi e Codificazione del Kitáb-i-Aqdas si fa riferimento a diciannove o novantacinque mithqáls d’oro o d’argento in relazione alle leggi del matrimonio e dell’?uqúqu’lláh.» (Da una lettera del 13 novembre 1980 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente) 1377. Superstizione connessa al numero tredici «Talune supposizioni riguardanti numeri fortunati o sfortunati sono puramente immaginarie. La superstizione relativa al numero tredici ha la sua origine nel fatto che Gesù Cristo fu circondato da dodici apostoli e che Giuda Iscariota fu il tredicesimo membro di quel consesso. Questa è la fonte della superstizione, ma essa è puramente immaginaria. Sebbene Giuda fosse apparentemente un discepolo, in realtà non lo fu. Dodici è l’originale numero indicante importanza e completezza. Giacobbe ebbe dodici figli, da cui discesero dodici tribù. I discepoli di Gesù furono dodici e così anche gli Imám di Mu?ammad. I segni zodiacali e i mesi dell’anno sono pure dodici, ecc.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, pp.196-197, ed.1982) XXXIV. OPPOSIZIONE 1378. Non temere le opposizioni se la vita interiore è sana e vigorosa «Non bisogna temere le opposizioni esterne se la vita interiore è sana e vigorosa. Il nostro Padre Celeste, se volgiamo a Lui i nostri cuori, ci darà sempre la forza per far fronte e superare le prove, e le difficoltà - se affrontate col giusto spirito - ci faranno solo contare su Dio più fermamente e completamente.» (Da una lettera del 14 febbraio 1925 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1379. L’Assemblea Spirituale Nazionale decide se confutare gli attacchi e le critiche «Secondo il Custode, spetta all’Assemblea Spirituale Nazionale prendere in considerazione l’opportunità di confutare gli attacchi e le critiche della stampa contro la Causa. Essa deve decidere, direttamente o tramite i suoi comitati, sull’opportunità di rispondere a simili attacchi, e deve anche esaminare attentamente e approvare qualunque dichiarazione gli amici vogliano rilasciare ai giornalisti a tale scopo. Solo attraverso un’opera di supervisione e di controllo di tutte le attività bahá’í riguardanti la stampa, gli amici possono sperare di evitare equivoci e confusione nella propria mente e nella mente del pubblico che potranno raggiungere tramite la stampa.» (Da una lettera del 28 settembre 1938 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Crisi e Vittoria”, pag. 68, n. 93) 1380. La piena affermazione della Causa deriverà dalla vittoria sulle forze dell’opposizione «Il Custode ha letto con moltissimo interesse la sua lettera del 18 maggio, tuttavia è stato veramente addolorato dalla notizia della continua e malvagia opposizione che i nemici della Causa, e sopratutto il clero, stanno facendo contro i credenti di Lima. Comunque egli desidera che ella raccomandi agli amici di non sentirsi minimamente scoraggiati e demoralizzati, ma di perseguire con rinnovata determinazione, unità e vigore il loro sacro compito di diffondere e instaurare la Fede, fiduciosi nel glorioso destino che li attende. Più numerose e accanite le persecuzioni, più profonda dovrà essere la loro fede nell’incomparabile missione affidata loro da Bahá’u’lláh e maggiore il loro zelo nel contribuire ad affrettarne la completa realizzazione. Questa Causa, come ogni Causa Divina, non potrà affermarsi pienamente a meno che non incontri e non vinca valorosamente le forze dell’opposizione che l’aggrediscono. La storia della Fede ne è sufficiente prova. Agli eletti di Dio sono sempre toccate in sorte afflizioni e tribolazioni, e così sarà in futuro. Ma le dovranno considerare una benedizione nascosta, perché per mezzo di esse la loro fede verrà risvegliata, purificata e rafforzata. Bahá’u’lláh paragona siffatte affliggenti tribolazioni all’olio che alimenta la lampada della Causa di Dio. Pertanto, nell’affrontare le persecuzioni gli amici non devono assumere un atteggiamento di semplice rassegnazione: le accolgano invece di buon animo e le usino come strumenti di elevazione spirituale e di promozione della Causa. Via via che la Fede si rafforza e attrae la sincera attenzione e la considerazione del mondo esterno, gli amici devono aspettarsi un corrispondente, se non maggiore, incremento delle forze dell’opposizione secolare e religiosa che si sono coalizzate da ogni direzione per scalzare le basi stesse della sua esistenza. Per noi credenti il risultato finale di questa lotta, che sarà veramente titanica, è chiaro. Questa Fede nata da Dio e guidata dal Suo onnipresente spirito divino alla fine non potrà che trionfare e insediarsi saldamente, per quanto persistenti e insidiose siano le forze con cui dovrà combattere. Gli amici devono avere fiducia e agire con massima saggezza e moderazione e sopratutto devono astenersi da qualunque atto di provocazione. Il futuro è sicuramente loro.» (Da una lettera del 24 giugno 1936 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Crisi e Vittoria”, pp. 28-29, n. 30) 1381. Grande amore e gentilezza da parte della moglie bahá’í verso il marito nonostante la sua opposizione alla Fede «Il Custode... è molto addolorato di apprendere la dura opposizione che Ella sta incontrando da parte di suo marito per aver abbracciato la Causa. Egli comprende benissimo la terribile condizione che sta affrontando, ma è certo che Bahá’u’lláh la sta guidando lungo la retta via, assistendola e temprandola continuamente nei suoi sforzi tendenti a risolvere questo serio e difficile problema della sua vita. La fedele e incrollabile lealtà e devozione da lei così splendidamente dimostrate nel suo atteggiamento verso la Fede sono veramente eccezionali e degne della più alta lode e ammirazione. Le ostilità che la stanno facendo soffrire hanno questo grande vantaggio: accrescere la sua fede nella Causa e ravvivare e rincuorare le sue energie al suo servizio. Ella deve quindi rallegrarsi e accogliere di buon grado quelle sofferenze, poiché servono a renderla più consapevole di essere membro del Nuovo Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh. Il Custode desidera che io le raccomandi di pazientare e confidare e, sopratutto, di contraccambiare con massimo amore e gentilezza tutta l’ostilità e l’odio che riceve da suo marito. Per i bahá’í un atteggiamento conciliante ed amichevole, in questi casi, non solo un dovere, ma anche la maniera più efficace per conquistare alla Causa la simpatia e l’ammirazione di antichi oppositori e nemici. In effetti l’amore è il più potente elisir capace di trasformare le persone più meschine e grette in anime celestiali. Valga il suo esempio quale ulteriore conferma della verità di questo bel insegnamento della nostra Fede.» (Da una lettera del 6 dicembre 1935 scritta a nome di Shoghi Effendi a una credente. Parzialmente in compilazione “Vita familiare”, pag. 97, n. 52) 1382. Come rieducare la nostra sconvolta società ed eliminare la guerra «...Il Custode si è molto rallegrato nel constatare che Ella si sta impegnando a presentare la Causa fra le Associazioni pacifiste, portandole gradualmente a conoscenza dei nostri principi relativi al tema importantissimo della pace. Più presto apprezzeranno il significato del Messaggio di Bahá’u’lláh, più presto saranno in grado di realizzare i loro obiettivi e le loro speranze, nonché di rieducare la nostra sconvolta società. In realtà la guerra non è altro che il risultato dell’attuale violenza. Se desideriamo la fine di tale devastante conseguenza, dobbiamo risalire alle cause essenziali e porre rimedio a quel male. Se vogliamo una pace durevole dobbiamo eliminare gli odi, il gretto nazionalismo, le diffidenze, l’esaltazione delle proprie ricchezze, come pure le differenze economiche, sociali e religiose che ora prevalgono nel mondo. E null’altro può farci ottenere ciò se non gl’Insegnamenti di Bahá’u’lláh, poiché essi cambiano il cuore dell’uomo e prescrivono inoltre norme definitive che renderanno sana e pacifica la società.» (Da una lettera dell’ 11 maggio 1932 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1383. I più accaniti oppositori della Causa sono spesso Chiesa e clero «È strano e doloroso ad un tempo che sempre, in ogni epoca, la Chiesa e il clero debbano essere i più accaniti oppositori di quella stessa Verità che essi continuamente esortano i propri seguaci a essere pronti a ricevere! Si sono così tenacemente attaccati alla forma, che hanno perso di vista la sostanza! Tuttavia, le accuse come quelle che il suo pastore ha pubblicamente mosso contro di lei e contro la Fede Bahá’í non possono comunque nuocere alla Causa; al contrario servono solo a spargerne il nome dappertutto e a farla conoscere come religione indipendente.» (Da una lettera del 7 febbraio1945 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Quando i venti impetuosi soffiano”, pag. 22, n. 37) . XXXV. ORGANIZZAZIONI NON BAHÁ’Í 1384. La semplice adesione alla Fede non è sufficiente «Per quanto concerne l’adesione alla Fede, o una persona diventa bahá’í e accetta Bahá’u’lláh come Manifestazione Divina per quest’epoca o meno. Come affermato dal Custode, i principi della Fede Bahá’í sono molto semplici e non permettono alcuna variazione. In altre parole, se qualche membro del Movimento... vuole diventare bahá’í, sarà il benvenuto; ma può diventarlo solo accettando Bahá’u’lláh come Divina Manifestazione e, naturalmente, di conseguenza il Báb come Precursore, ‘Abdu’l-Bahá come Centro del Patto, e l’attuale Ordine Amministrativo. Quando una persona ha raggiunto il mare dell’immortalità, non ha alcun interesse a cercare altrove...» (Da una lettera del 24 luglio 1953 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale del Giappone) 1385. Adesione a organizzazioni non bahá’í «Riguardo l’associazione con la World Fellowship of Faiths e Kindred Societies, Shoghi Effendi desidera riaffermare e delucidare il principio generale che le rappresentanze bahá’í elette, come pure i singoli credenti, devono evitare qualsiasi atto o parola che implichi un allontanamento dai principi spirituali, sociali e amministrativi stabiliti da Bahá’u’lláh. L’adesione formale a organizzazioni i cui programmi o le cui politiche non siano pienamente conciliabili con gli Insegnamenti è naturalmente fuori discussione... Fare semplicemente un discorso durante riunioni occasionali su un tema in armonia con lo spirito degli insegnamenti non costituisce accettazione da parte del relatore bahá’í dell’intero programma del Fellowship. Dobbiamo cogliere e salutare di buon grado ogni opportunità che si presenta, per quanto modesta possa essere, al fine di dare la massima pubblicità alla Causa e per dimostrare la sua globalità, la sua posizione liberale, la sua indipendenza e purezza, senza impegnarci con parole o azioni in programmi o politiche che non siano strettamente conformi ai principi della Fede. Shoghi Effendi spera che questo criterio guiderà la vostra distinta Assemblea nel trattare con le varie associazioni, le quali sempre più cercheranno in futuro di sostenere singoli bahá’í ed Assemblee per il raggiungimento dei loro fini.» (Da una lettera del 17 giugno 1933 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada) 1386. Differenza fra associazione e adesione «Non deve esserci confusione fra i termini adesione e associazione. Mentre l’adesione a organizzazioni ecclesiastiche non è permessa, l’associazione con queste non solo è da tollerare, ma perfino da incoraggiare. Non v’è modo migliore per dimostrare l’universalità della Causa. Bahá’u’lláh, infatti, esorta i Suoi seguaci ad associarsi con tutte le religioni e le nazioni con grande amicizia e amore. Questo è il vero spirito del Suo Messaggio all’umanità.» (Da una lettera dell’ 11 dicembre 1935 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada) 1387.Bahá’í aderenti a chiese, sinagoghe, massoneria e simili «Riguardo la questione dei bahá’í aderenti a chiese, sinagoghe, Massoneria, ecc., gli amici devono rendersi conto che - avendo ora la Fede superato i cent’anni, con le sue istituzioni che rapidamente iniziano, per così dire, a vivere - le differenziazioni stanno diventando sempre più nette, e quindi risulta più evidente di prima la necessità che essi sostengano con tutto sé‚ stessi le proprie istituzioni rompendo ogni legame con quelle del passato. Gli occhi dei popoli del mondo incominciano a puntarsi su di noi e, peggiorando le sorti dell’umanità, i non bahá’í ci guarderanno con attenzione sempre maggiore per vedere se diamo un sincero appoggio alle nostre istituzioni; se siamo o no la gente della nuova creazione; se viviamo all’altezza delle nostre convinzioni, principi e leggi, tanto nei fatti quanto nelle parole. Non saremo mai abbastanza solleciti, mai abbastanza esemplari. Esiste un altro aspetto di questa questione su cui gli amici devono seriamente riflettere, e cioè: mentre organizzazioni come la Massoneria potrebbero essere state nel passato del tutto immuni da inquinamenti politici, nell’attuale continuo mutamento del mondo e nello straordinario modo in cui le cose vengono corrotte e contaminate dal pensiero e da influenze politiche, non v’è alcuna garanzia che tali associazioni non possano gradualmente o improvvisamente diventare uno strumento politico. Meno i bahá’í avranno a che fare quindi con tali faccende, meglio sarà.» (Da una lettera del 5 agosto 1955 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche. Parzialmente in compilazione “Eccellenza in ogni cosa”, pag. 67, n. 52) 1388. Obbligo per i bahá’í di ritirarsi dalla massoneria e da altre società segrete‚ «Riguardo la Massoneria, il Custode ritiene fermamente che ora i bahá’í devono imparare a pensare su basi internazionali e non locali. Ogni credente, malgrado si renda conto di appartenere ad una grande famiglia spirituale, spesso - come membro del Nuovo Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh - non perviene alla logica conclusione che, se i bahá’í del mondo, singolarmente presi, fossero membri di vari tipi di società, di chiese o partiti politici, l’unità della Fede verrebbe distrutta; essi inevitabilmente sarebbero coinvolti in dottrine e politiche in qualche modo contrastanti con i nostri Insegnamenti e spesso si troverebbero contro altri gruppi di persone nel mondo, contro un’altra razza o altra corrente religiosa. Pertanto, ovunque, tutti i bahá’í sono esortati a rinunciare alle loro vecchie adesioni e a ritirarsi dalla Massoneria o altre Società segrete al fine di essere totalmente liberi di servire, come Corpo unito, la Fede di Bahá’u’lláh. Gruppi quali la Massoneria, per quanto alto possa essere lo standard locale, in altri paesi stanno per essere gradualmente influenzati dai problemi che attualmente dividono le nazioni. Il Custode desidera che i bahá’í si liberino da qualsiasi cosa che possa in qualche modo, ora o in futuro, compromettere il loro status indipendente di bahá’í e la natura transnazionale della loro Fede.» (Da una lettera del 17 febbraio 1956 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1389. Motivo per cui si richiede di ritirarsi dalla Chiesa, dalla Sinagoga, ecc.‚ «Il nocciolo della questione non è che la Massoneria sia essenzialmente qualcosa di deplorevole, perché essa ha senza dubbio ideali e principi molti alti e nel passato ha avuto una buonissima influenza. Il motivo per cui il Custode ritiene necessario che i bahá’í si dissocino dalla Massoneria e - aggiungo io - da altre associazioni segrete sta nel fatto che noi costituiamo i mattoni del Nuovo Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh...: i bahá’í devono essere assolutamente indipendenti ed essere identificati soltanto per i propri insegnamenti. Ecco perché viene loro richiesto di ritirarsi dalla chiesa, dalla sinagoga o da qualunque altra organizzazione religiosa del passato di cui potrebbero aver fatto parte, e anche per non aver nulla a che fare con società segrete, movimenti politici, ecc. Ciò protegge e rafforza la Causa e riafferma davanti a tutto il mondo il suo carattere indipendente. Un altro motivo è da attribuire alle tremende influenze politiche del mondo di oggi che sfortunatamente penetrano sempre più profondamente nella mente degli uomini, per cui movimenti che nel passato non erano per niente influenzati dalla politica, ora un po’ dovunque si stanno inquinando con prese di posizione e problemi di carattere politico; pertanto è della massima importanza che i bahá’í si ritirino da essi al fine di proteggere la Fede. Il Custode ritiene che Ella, da persona intelligente e da bahá’í, si renderà conto di questa necessità. Solo vivendo tutti secondo i principi generali, possiamo saldare il tessuto della Fede in tutto il mondo in un’unità più compatta. Egli capisce bene che certe persone resteranno maggiormente turbate di altre da tale richiesta, come si è verificato in Inghilterra con alcuni vecchi bahá’í che erano massoni fin dalla loro adolescenza; ma, poiché è suo dovere proteggere la Fede, egli può fare appello solo ai bahá’í per assisterlo in questo compito, considerando in dette questioni il bene generale piuttosto che i loro sentimenti personali, per quanto profondi possano essere.» (Da una lettera del 12 febbraio/1956 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1390. Dimissioni dalla massoneria «Riguardo la sua domanda sulla Massoneria, egli ritiene che la cosa più onesta e coraggiosa che ella possa fare è informare la sua loggia di non considerarsi più, per motivi strettamente personali, un massone e che gradirebbe avere il suo nome cancellato dalla loro lista. Se la loggia dovesse premere per avere spiegazioni, cosa che egli considera improbabile, poiché ogni essere umano è libero in questo mondo di fare ciò che vuole, lei potrebbe precisare che, tenuto conto dell’attuale caotico periodo che il mondo sta attraversando - con tante varie correnti e controcorrenti di pensiero politico e pregiudizi di ogni sorta, razziali, religiosi, ecc., che tempestano la mente dell’uomo -, vuole sciogliersi da qualunque legame con il passato e stare da solo, libero con le proprie idee. Egli non pensa che tale spiegazione porterà nocumento ai massoni o ai loro amici, né‚ farà sorgere in loro sentimenti di astio contro la Fede, che certamente non verrà affatto coinvolta.» (Da una lettera del 26 Mirza 1956 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1391. Obbligo dei credenti di dissociarsi da organizzazioni segrete «...In linea generale gli amici non devono entrare in società segrete. È certamente molto meglio che i credenti si dissocino da tali organizzazioni...» (Da una lettera del 2 Mirza 1951 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Germania e Austria) 1392. Incompatibilità fra essere bahá’í ed essere teosofo «Un bahá’í non può essere allo stesso tempo un teosofo; diversi teosofi sono diventati credenti molto illuminati, ma poiché noi non crediamo alla reincarnazione non possiamo ovviamente essere allo stesso tempo bahá’í e teosofi.» (Da una lettera del 28 giugno 1950 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India) «Riguardo ai teosofi e alle loro attività: malgrado essi ovviamente cerchino di copiare e rivendicare a sé‚ stessi alcuni principi della Causa, tuttavia il Custode ritiene che non sarebbe di alcun vantaggio opporsi a loro contestandone gli argomenti. Il miglior comportamento che attualmente gli amici possono adottare in questi casi è di non badare e perfino di ignorare i loro avversari. Tale è stato sempre il suo consiglio per gli amici, sia orientali che occidentali.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India, tratta da “Dawn of a New Day”, pp. 64-65) 1393. Organizzazione per un Governo mondiale «Nessun divieto esiste per i bahá’í di associarsi a organizzazioni come l’Organizzazione per un Governo mondiale... Tuttavia, occorre assicurarsi che queste organizzazioni siano del tutto neutrali nelle loro opinioni politiche e quindi né‚ filo-orientali, né‚ filo-occidentali.» (Da una lettera del giugno 1950 scritta a nome del Custode a un credente) «I bahá’í non devono ovviamente appartenere a club o società che pratichino qualsiasi forma di discriminazione.» (Da una lettera del 23aprile1957 scritta da Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale del Sud- America) 1394. Società Nuova Storia «Riguardo a..., deve essere gentilmente ma fermamente ammonito dalla vostra Assemblea che non può essere considerato spiritualmente un bahá’í e contemporaneamente avere legami con nemici dichiarati della Fede come la Società Nuova Storia; egli deve quindi smettere di sostenerne il lavoro e avere a che fare con loro. In caso contrario, si troverebbe a essere totalmente privato della sua adesione alla Causa bahá’í; in altre parole, non perderebbe solo il suo diritto di voto, ma verrebbe espulso dalla Fede.» (Da una lettera del 24 gennaio 1957 del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1395. Organizzazioni sociali, lavori di assistenza «[Il Custode] ritiene che, sebbene il suo [del credente] desiderio di essere attivamente partecipe dei pericoli e delle miserie che affliggono oggi tanti milioni di persone sia un naturale e nobile impulso, non può esserci alcun paragone fra il valore del lavoro bahá’í e qualsiasi altra forma di servizio all’umanità. Se i bahá’í avessero la possibilità di valutare con esattezza il loro operato vedrebbero che, mentre altre forme di lavoro assistenziale risultano superficiali, alleviando nel migliore dei casi le sofferenze e le malattie dell’uomo per breve tempo, il lavoro che essi stanno compiendo consiste nel gettare nel mondo le fondamenta del nuovo Ordine spirituale basato sulla Parola di Dio, operando in conformità alle leggi da Lui prescritte per quest’epoca. Nessun altro può assolvere tale compito, se non coloro che hanno perfettamente capito il significato del Messaggio di Bahá’u’lláh; quasi tutte le persone coraggiose e sincere possono invece svolgere opere assistenziali, ecc. I credenti stanno costruendo un rifugio per l’umanità; questo è il loro supremo sacro compito e devono dedicarvi ogni momento possibile.» (Da una lettera scritta a nome del Custode a un credente. Tratta da “Principles of Bahá’í Administration”, p. 24) 1396. Appartenenza a organizzazioni religiose non bahá’í «Riguardo l’appartenenza ad associazioni religiose non bahá’í, il Custode desidera sottolineare nuovamente il principio generale già comunicato alla vostra Assemblea ed anche a singoli credenti, secondo il quale nessun bahá’í che vuole essere un sincero sostenitore degli eminenti principi della Causa può accettare di diventare membro di una qualsiasi organizzazione ecclesiastica non bahá’í. Tale atto, infatti, implicherebbe necessariamente solo una parziale accettazione degl’Insegnamenti e delle leggi della Fede e un incompleto riconoscimento del suo status indipendente; equivarrebbe quindi a un atto d’infedeltà verso le verità che essa racchiude, dal momento che è troppo ovvio che nella maggior parte dei suoi presupposti la Causa di Bahá’u’lláh si discosta completamente da superati credi, cerimonie e istituzioni. Essere bahá’í e nello stesso tempo essere membro di un’altra istituzione religiosa è semplicemente una contraddizione che nessuna persona sincera e razionale può assolutamente accettare. Seguire Bahá’u’lláh non significa accettare alcuni Suoi insegnamenti e rifiutarne altri. La fedeltà alla Sua Causa deve essere senza compromessi e sincera...» (Da una lettera del 15 giugno 1935 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Stati Uniti e Canada) 1397. Insegnamento in scuole missionarie «[Il Custode] non ritiene vi siano obiezioni al suo insegnamento in una scuola missionaria, a condizione che sia chiaro che Ella è un bahá’í e che non abbia l’obbligo d’insegnare la loro religione agli alunni. Esistono oggigiorno in diverse parti del mondo molte persone, non appartenenti alla Chiesa, impegnate in lavori di missione: ovunque siano possibili tali tolleranti rapporti non vi saranno certo obiezioni da parte nostra. Naturalmente sarebbe meglio se Ella potesse ottenere un lavoro in cui fosse completamente indipendente da tali rapporti...» (Da una lettera del 1 febbraio1954 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1398. Astensione da attacchi contro la Chiesa «Il Custode è d’accordo con lei che i bahá’í devono stare molto attenti a non criticare, né‚ tanto meno attaccare la Chiesa. Poiché crediamo che la Chiesa di Roma sia, per così dire, la diretta erede degli Insegnamenti di Cristo, per quanto questi possano essere stati corrotti da dottrine umane, non ci è certo di beneficio mostrare antagonismo verso di essa. Noi sappiamo che è superata. Occorre tatto!» (Da una lettera del 22Mirza1950 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1399. Un bahá’í non può essere spiritista « ...il Custode ritiene necessario chiarire assolutamente che far parte di un’organizzazione bahá’í esclude la possibilità di confluire in qualsiasi altra associazione religiosa o politica, anche se non implichi un totale ripudio dei principi e delle dottrine bahá’í. Sarebbe proprio impossibile conciliare gl’insegnamenti della Fede con i punti di vista e i concetti propugnati da altri gruppi, sia religiosi che politici. Alla luce di ciò, appare del tutto logico che un bahá’í non può essere allo stesso tempo uno spiritista. Non che le idee dello spiritismo siano in diretta opposizione con gl’insegnamenti bahá’í - e in effetti esso ha molti buoni concetti -, ma ciò non è una giustificazione sufficiente perché un credente accetti di diventare membro di »un’organizzazione spiritista. Pur se Shoghi Effendi la esorta a dissociarsi dagli spiritisti, desidera comunque che ella agisca con cautela e saggezza. È bene che il suo distacco dagli spiritisti avvenga con gradualità e in modo da non far sorgere antagonismo da parte dei suoi amici e parenti. Un cambiamento troppo improvviso e brusco, infatti, sarebbe dannoso non solo a lei, ma anche a coloro che - tramite lei - sono stati attratti alla Causa...» (Da una lettera del 14 aprile 1934 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1400. Rapporti della Comunità bahá’í con le Nazioni Unite «Un notevole sviluppo nei rapporti fra la Bahá’í International Community e le Nazioni Unite si è concretizzato con l’accreditamento della Comunità come organizzazione non governativa in status consultivo con il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite. La Bahá’í International Community ha ora una rappresentanza permanente alle Nazioni Unite e mantiene un ufficio a New York.» (Dal Messaggio del Ri?ván 1973 della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del mondo) 1401. Tutti i movimenti sociali contengono una scintilla di verità «Attualmente esistono molti movimenti nel mondo con principi analoghi a quelli bahá’í; infatti possiamo quasi dire che i principi di Bahá’u’lláh sono stati ormai adottati da tutti i popoli di questo pianeta. Ma ciò che essi non comprendono, e che i bahá’í devono quindi insegnar loro, è che questi principi - per quanto perfetti - non saranno mai in grado di creare una nuova società a meno che e fin tanto che non saranno animati dallo spirito che da solo cambia il cuore e il carattere degli uomini, e quello spirito è il riconoscimento della loro origine divina in un insegnante mandato da Dio, cioè Bahá’u’lláh. Quando ciò verrà riconosciuto, i cuori degli uomini cambieranno, ed è proprio il cambiamento del cuore che necessita alla gente, non un semplice cambiamento di vedute intellettuali.» (Da una lettera del 17 novembre1945 scritta a nome del Custode ai giovani bahá’í di Lima, Perù) 1402. Divieto di cercare di ottenere aiuti finanziari da organizzazioni religiose‚ «La questione emersa nella vostra lettera del 9 gennaio 1985 è stata esaminata dalla Casa Universale di Giustizia e siamo stati incaricati di informarVi che i bahá’í - come tali - non devono cercare di ottenere assistenza finanziaria da organizzazioni religiose. Un esempio per chiarire: se una di queste concede borse di studio, un bahá’í può accettare tale assistenza come persona, non come bahá’í…. La Casa di Giustizia afferma che, mentre il sig. .... può continuare a ricevere il sussidio dalla Commissione Cattolica, gli altri rifugiati bahá’í non devono richiedere o ricevere assistenza da questa istituzione, ove la natura dell’aiuto differisca da quella sopra delucidata. Verrà il momento in cui la Fede Bahá’í sarà abbastanza forte da offrire assistenza finanziaria a Cattolici e ad altri; allora sarà possibile per i bahá’í usufruire delle agevolazioni della Commissione Cattolica. Allo stato attuale, però, non potendosi stabilire una mutua reciprocità, la Casa di Giustizia informa che non è dignitoso per i bahá’í far richiesta di tale assistenza.» (Da una lettera del 7 febbraio1985 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Perù) 1403. Iscrizione in sindacati «L’Alaska Public Employees Association sembra essere un tipo di organizzazione sindacale. Finché questa e altre associazioni, come quei gruppi da voi menzionati, non risultino affiliati a partiti politici e non siano coinvolti in attività di carattere politico, non vi è alcuna obiezione per i bahá’í di farvi parte, né di avere qualche carica in essi. Per quanto riguarda la partecipazione in elezioni di organizzazioni non bahá’í, aperte ai bahá’í ma utilizzanti metodi di elezione diversi da quelli bahá’í, i credenti non hanno la necessità di evitare le loro procedure elettorali. In tutte queste attività gli amici devono tener presente la seguente esortazione così chiaramente enunciata dall’amato Custode nella lettera datata 20 febbraio 1927 indirizzata all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada: “Pienamente consci delle ripetute affermazioni di `Abdu’l-Bahá secondo cui l’universalità è di Dio, i bahá’í nel mondo sono pronti, anzi ansiosi, di associarsi con parole ed azioni a qualsiasi organizzazione di uomini che, dopo accurato esame, ritengano soddisfacente ed esente da ogni sfumatura di faziosità e di politica, nonché interamente dedicata agli interessi dell’umanità... Essi devono sempre ricordare, comunque, lo scopo primario di tale collaborazione, cioè quello di assicurarsi per l’avvenire il riconoscimento da parte degli altri membri dell’organizzazione dell’importantissima necessità e del reale significato dell’odierna Rivelazione bahá’í”. (Da una lettera del 4gennaio1979 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Alaska) 1404. Partecipazione agli scioperi «Riguardo la partecipazione agli scioperi, allorché un credente - impiegato in uno stabilimento come sorvegliante di operai e che riteneva probabile uno sciopero nello stesso - chiese al Custode quale doveva essere il comportamento da tenere nel caso lo sciopero fosse stato proclamato, così rispose a suo nome il segretario nella lettera del 30 giugno 1937: “Riguardo la sua domanda circa l’atteggiamento bahá’í nei confronti dei problemi di lavoro: questi non possono essere sicuramente risolti - dice ‘Abdu’l-Bahá - per mezzo della pura forza della violenza fisica. Anche la non cooperazione, pur non accompagnata da atti di violenza, è inefficace. Il conflitto fra lavoro e capitale può essere meglio risolto attraverso metodi pacifici e costruttivi di cooperazione e consultazione. Si consiglia, quindi, ai bahá’í di evitare - per quanto possibile - ogni coinvolgimento in scioperi e lotte di lavoro, e particolarmente di desistere da tutti gli atti di violenza fisica che certamente vanno contro il vero spirito della Causa. La Fede di Bahá’u’lláh sostiene la pace, l’armonia e la cooperazione fra gli individui e le nazioni del mondo”.» (Da una lettera del 4aprile1973 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Lussemburgo) XXXVI. O R I E N T A L I 1405. Avvertimento relativo ai mussulmani orientali «Riguardo la vostra domanda su quali razze, con riferimento agli avvertimenti di ‘Abdu’l-Bahá, siano da considerare “Orientali” : Non vi è alcun dubbio che Egli pensasse in primo luogo ai popoli di cultura islamica del Vicino Oriente, i quali hanno tutti i motivi per guardare alla Fede con disprezzo, perché la giudicano una mera eresia o setta dell’Islam, e con odio, perché la reputano una potenziale minaccia alla supremazia della loro religione. Analogamente, proprio questi popoli del vicino oriente, in modo particolare quello persiano, sono stati continuamente esposti alla propaganda e al cattivo esempio di vecchi e nuovi Violatori del Patto, i quali provengono anche da quella stessa gente. Queste circostanze, unite al fatto che Bahá’u’lláh - al pari dei Profeti prima di Lui - apparve fra le popolazioni maggiormente bisognose di luce e quindi trovantesi al più basso livello morale, costituiscono i motivi non solo dei ripetuti avvertimenti di ‘Abdu’l-Bahá riguardanti gli orientali, ma anche purtroppo del comportamento così spesso sfortunatamente manifestato da loro stessi, che porta a giustificare ampiamente il nostro atteggiamento di grande precauzione e cautela nell’accoglierli fra di noi e nel considerare sincere le loro dichiarazioni. Shoghi Effendi inoltre ritiene che i mussulmani e i persiani dell’India siano da includere pure in questa categoria, in considerazione dei loro rispettivi retaggi religiosi e razziali.» (Da una lettera del 9 maggio 1947 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada) 1406. Il semplice nome di bahá’í non fa un bahá’í «...il Custode desidera che i bahá’í tengano presente i ripetuti consigli del Maestro affinché gli amici stiano in guardia nei rapporti con gli Orientali. Non solo non devono fidarsi di nessuno, a meno che la persona interessata non sia in possesso di qualche lettera di presentazione da parte dell’Assemblea cui appartiene, ma anche dopo che gli sia stato permesso di entrare nel gruppo bahá’í gli amici devono stare molto attenti nei rapporti con la stessa. Ciò non significa non essere gentili o esternare un costante sospetto, che gradualmente la allontanerebbe dalla Causa, ma stare in guardia affinché l’interessato non abusi della loro fiducia. Il caso di Ahmed Sohrab è un ottimo esempio di ciò che può fare un orientale. Mentre quest’ultimo pensa di agire con scaltrezza, un occidentale considera le sue azioni ingannevoli. Come Bahá’u’lláh afferma spesso nelle Sue Tavole, gli amici devono sviluppare il loro intuito, al fine di distinguere la persona buona da quella cattiva. Il solo nome di bahá’í non fa un bahá’í: anche il suo carattere deve essere bahá’í.» (Da una lettera del 18 dicembre 1932 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1407. Non tentare di convertire alla Fede gli orientali, cioè mussulmani del Medio Oriente, Pakistan e India‚ «Come regola generale gli amici non devono cercare di avere contatti con orientali (cioè mussulmani del Medio Oriente, Pakistan e India), siano essi studenti o meno. Tuttavia, se tali contatti avvengono durante normali avvenimenti sociali, o in altre occasioni, occorre mostrare cortesia e gentilezza nei loro confronti, ma evitare di fare qualsiasi tentativo per convertirli alla Fede, specialmente in questi giorni in cui la situazione politica è tanto confusa. Comunque, se queste persone dovessero mostrare un reale interesse verso la Fede e volessero dichiararsi, è necessario che l’Assemblea Spirituale Locale e il singolo insegnante prendano contatto con la vostra Assemblea Nazionale affinché a sua volta da parte vostra si possa contattare l’Assemblea Spirituale Nazionale del paese d’origine del richiedente, fornendole tutti i particolari del caso al fine di sapere se esiste qualche obiezione all’entrata nella Fede di quella specifica persona. Pur nondimeno, se si nutre il sospetto che - una volta dichiarato - l’orientale abbia l’intenzione di ritornare presto al suo paese d’origine, allora da parte vostra gli si richiederà di fare la sua dichiarazione alle competenti istituzioni amministrative del suo paese.» (Da una lettera del 18 gennaio 1968 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1408. Contatti fra bahá’í iraniani e musulmani iraniani «La Casa di Giustizia ritiene che gli amici, e qualche volta le istituzioni bahá’í, siano stati indotti a reagire in modo eccessivo alle istruzioni date di tanto in tanto sui contatti e sull’insegnamento ai musulmani provenienti dall’Iran o da altri paesi del Medio Oriente, portando agli estremi gli avvertimenti contenuti in tali istruzioni. Gli amici talvolta pensano che debbano totalmente evitare queste persone e che qualsiasi contatto con loro è da considerare una violazione della Legge bahá’í. Ci è stato richiesto di precisare che la Casa di Giustizia non ha mai proibito agli amici di avere contatti con musulmani iraniani, poiché tale proibizione assoluta sarebbe contraria allo spirito della Fede. Tuttavia, data la storia e l’attuale situazione della Fede in Iran, ha esortato gli amici in Occidente di agire verso queste persone con saggezza e prudenza. Infatti, la Casa di Giustizia ha in diverse occasioni chiarito la questione comunicando quanto segue alle Assemblee Spirituali Nazionali: “Le istruzioni dell’amato Custode circa l’insegnamento ai medio orientali devono essere oggi seguite ancor più scrupolosamente in considerazione della situazione attuale in Iran. In particolare, non si devono cercare i musulmani iraniani al fine di insegnar loro la Fede. Non si può, comunque, categoricamente affermare che gli amici non debbano avere alcun contatto con loro. Alcuni bahá’í hanno parenti iraniani mussulmani, altri hanno amici intimi che risiedono in occidente ed essi non devono rinunciare a queste amicizie. Allo stesso tempo i bahá’í iraniani vengono esortati, pur senza separarsi dai loro parenti e amici musulmani - un’azione che creerebbe animosità e li farebbe volgere contro la Fede -, a non cercare iraniani musulmani al fine di instaurare contatti amichevoli o insegnar loro la Fede”.» (Da una lettera del 6 Mirza 1983 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada) 1409. Casi in cui mussulmani iraniani possono essere presi in considerazione per l’entrata nella Fede «La Casa di Giustizia ritiene inoltre che vi siano molti casi in cui Mussulmani iraniani potrebbero essere presi in considerazione per la loro entrata nella Fede; per esempio, quando lo sposo o la sposa di un bahá’í ha mostrato interesse e sincerità e non si è mai opposto/a alla Causa. Un altro esempio ci è dato da un Iraniano residente in permanenza negli Stati Uniti o Canada che apparentemente non abbia altri motivi, come quello di diventare bahá’í, per risolvere i suoi problemi di visto. Tutte le proposte di adesione alla Fede debbono essere trasmesse alla Casa di Giustizia per l’approvazione, affinché - ove necessario - possa essere interessata l’Assemblea Nazionale dell’Iran. Naturalmente, anche in questi casi, l’accettazione non può avere sempre efficacia immediata. Occorre prendere in considerazione altri elementi: la reazione dei parenti in Iran potrebbe essere un fattore per determinare l’opportunità di tale accettazione. In questi casi, all’interessato si potrebbe spiegare che, sebbene abbia accettato la Fede nel suo cuore e venga considerato bahá’í, la sua entrata ufficiale in essa viene procrastinata a causa della situazione in Iran. Nel frattempo i bahá’í devono mantenere con questa persona amichevoli contatti e approfondirla nella sua conoscenza della Fede.» (Ibidem) 1410. Disponibilità verso gli iraniani mussulmani da parte di professionisti bahá’í‚ «Già diversi professionisti bahá’í sono stati avvicinati da iraniani musulmani per motivi professionali. Non sarebbe saggio che questi bahá’í si rendessero indisponibili da tale punto di vista. Tuttavia, i contatti socio-culturali devono aver luogo solo con l’approvazione della competente istituzione bahá’í.» (Ibidem) XXXVII. P A C E 1411. Promozione della pace da parte dei ministri della Casa di Giustizia «Primo: incombe ai ministri della Casa di Giustizia di promuovere la Pace Minore così che i popoli della terra siano sollevati dall’onere di spese esorbitanti. È cosa imperativa e assolutamente necessaria, poiché ostilità e conflitti sono alla radice di afflizioni e di calamità.» (Bahá’u’lláh: Tavole di Bahá’u’lláh rivelate dopo il Kitáb-i-Aqdas, p. 82) 1412. Quando e come saranno instaurate la Piccola e la Grande Pace «In quanto alla sua domanda sul quando e sul come la Piccola e la Grande Pace, menzionate da Bahá’u’lláh, saranno instaurate, dopo la prossima Guerra Mondiale: la sua opinione che la Pace Minore sortirà per effetto degli sforzi politici degli stati e delle nazioni del mondo e indipendentemente da qualsiasi diretto piano o sforzo dei bahá’í e che la Grande Pace sarà instaurata grazie ai credenti e all’azione diretta delle leggi e dei principi rivelati da Bahá’u’lláh e quando la Casa Universale di Giustizia funzionerà quale organo supremo del Superstato bahá’í - la sua idea a tal proposito è alquanto corretta e concorda in pieno con le dichiarazioni del Custode contenute nello Sviluppo della Civiltà Mondiale.» (Da una lettera del 14 Mirza 1939 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “La Pace”, p. 60, n. 64) 1413. Non vi può essere pace, a meno che il Messaggio di Bahá’u’lláh non penetri nei cuori degli uomini e non li trasformi «In verità, osservando l’oscurità crescente nel mondo di oggi possiamo capire perfettamente che se il Messaggio di Bahá’u’lláh non penetrerà e non trasformerà i cuori degli uomini, non ci sarà pace né‚ progresso spirituale nel futuro. È sua costante speranza che i credenti si comportino, singolarmente e nella vita comunitaria bahá’í, in modo tale da attrarre l’attenzione degli altri alla Causa. Il mondo desidera ardentemente non solo alti principi e ideali, ma soprattutto un luminoso esempio che i bahá’í possono e devono dare.» (Da una lettera del 22 febbraio1945 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazioni “Guida per una vita bahá’í”, p. 91, n. 39 e “Eccellenza in ogni cosa”, p. 65, n. 47) 1414. Predizioni sulla pace: profezia di Daniele «Ora, circa il versetto di Daniele “Benedetto colui che giungerà a milletrecentotrentacinque giorni”, di cui hai chiesto l’interpretazione: questi giorni devono essere contati come anni solari e non lunari. Poiché secondo questo calcolo sarà trascorso un secolo dall’alba del Sole della Verità, allora gl’Insegnamenti di Dio saranno stabiliti sulla terra e la Luce Divina inonderà il mondo da oriente a occidente; in quel giorno i fedeli gioiranno.» (`Abdu’l-Bahá: da una Tavola ad un amico curdo. The Passing of ‘Abdu’l-Bahá, p. 31, Shoghi Effendi e Lady Blonfield) «...I 1335 giorni sono calcolati secondo il calendario solare, ma nell’effettuare il calcolo occorre tener presente il sistema di computo del tempo usato al momento in cui furono fatte le profezie e trasformarlo in quello solare; ciò porta alla data del 1963. Una cosa importante i bahá’í devono capire: questa profezia si riferisce a un avvenimento all’interno e non all’esterno della Fede. Riguarda specificatamente la sua diffusione sulla faccia della terra e si avvererà quando essa sarà fermamente stabilita in tutti i territori vergini indicati nella Crociata Decennale e saranno raggiunte le altre mete della stessa. Quindi ci conviene lavorare giorno e notte per pervenire a questa gloriosa meta.» (Da una lettera del 4 maggio 1956 [e non 1946, perché a tale data la Crociata Decennale non era ancora iniziata, N.d.T.] scritta a nome del Custode a un credente: Alcuni estratti da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi sul tema delle profezie di Daniele: Compilazione del Centro Mondiale inviata al compilatore del volume) 1415. Prerequisiti della pace «Il prerequisito al reale successo è un’armoniosa convivenza. Quando gli amici avranno la pace in patria potranno insegnare alla gente a stare in pace fra nazioni e classi.» (Da una lettera del 27 aprile 1926 scritta a nome del Custode a un credente) 1416. Fluidi psichici non portano la pace «Posso aggiungere che egli non crede che esistano fluidi psichici o curativi, di qualunque gruppo di persone, che possano portare la pace. Indubbiamente la preghiera aiuterà il mondo, ma quel che occorre è che il sistema di Bahá’u’lláh sia accettato in modo di poter costruire l’Ordine Mondiale su nuove fondamenta, fondamenta divine!» (Da una lettera del 8 giugno 1948 scritta a nome del Custode a un credente. Compilazione “Spiritismo – Reincarnazione - Fenomeni Medianici”, p. 23, n. 38) 1417. Non esiste gioia più grande che divenire causa di pace «Si può immaginare dono più grande di questo, che un uomo, guardando dentro di s‚, scopra d’essere divenuto, per la grazia confermatrice di Dio, causa di pace e di benessere, di felicità e di vantaggio per il suo prossimo? No, in nome dell’unico vero Dio, non v’è gioia più grande, né‚ più completa delizia.» (‘Abdu’l-Bahá: Il Segreto della Civiltà Divina, p. 4) 1418. Volontà e azione sono necessarie per l’instaurazione della pace internazionale «Sappiamo tutti che la pace internazionale è bene, che è apportatrice di benessere e gloria per l’uomo, ma prima che essa possa essere instaurata occorrono volontà e azione. L’azione è essenziale. È questo un secolo di luce, quindi la capacità di agire è garantita all’umanità. I principi divini saranno inevitabilmente divulgati fra gli uomini finché non giunga il momento di agire. Indubbiamente è stato così e sicuramente oggi i tempi e le condizioni sono maturi per agire.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, ed.1982, p.121. Compilazione “La Pace”, p. 29, n. 32) 1419. Controllo di ogni mezzo che produca guerra «In breve, si deve controllare ogni mezzo che produca guerra e promuovere ogni causa che ne prevenga il verificarsi - sì che il conflitto fisico divenga impossibile. D’altro canto, ogni Paese deve essere correttamente delimitato, ne devono essere segnati gli esatti confini, assicurata l’integrità nazionale, protetta l’indipendenza permanente, e onorati dalla famiglia delle nazioni gli interessi vitali. Questi servizi devono essere resi da una Commissione internazionale imparziale. In questo modo sarà eliminata ogni causa di attrito e divergenza. E nel caso sorgesse una disputa fra loro, esse potrebbero fare un arbitrato davanti al Parlamento dell’Uomo, i cui rappresentanti devono essere scelti fra gli uomini più saggi e assennati di tutte le nazioni del mondo.» (‘Abdu’l-Bahá: Star of the West, vol. V, p.117. Compilazione “La Pace”, pp. 35-36, n. 43) 1420. Ciascun secolo ha la soluzione di un problema fondamentale «Ciascun secolo ha la soluzione di un problema fondamentale. Pur esistendo molti problemi, tuttavia uno di essi incomberà più grave e diverrà il più importante fra tutti... In questo luminoso secolo il più grande dono del mondo dell’umanità è la Pace Universale, che deve essere fondata, sì che il regno della creazione consegua compostezza, l’Oriente e l’Occidente - che comprendono i cinque continenti del globo - si uniscano in un reciproco abbraccio, l’umanità trovi riparo sotto la tenda dell’unità del mondo del genere umano e il vessillo della pace universale sventoli su tutte le regioni...» (‘Abdul’-Bahá Star of the West, vol. VII, p. 136. Compilazione “La Pace”, p. 36, n. 44) 1421. Non fermarsi finché la pace predetta dai Profeti di Dio non sia permanentemente stabilita «Il mondo è in gran tumulto e - questa è la cosa più penosa - ha imparato a tenersi lontano da Dio, l’Unico che possa salvarlo e alleviarne le sofferenze. Noi, cui è stato affidato il compito di somministrare il divino rimedio dato da Bahá’u’lláh, abbiamo il dovere di concentrare la nostra attenzione sull’adempimento di questa impresa senza fermarci fino al momento in cui la pace predetta dai Profeti di Dio non sia permanentemente stabilita.» (Da una lettera del 9 dicembre 1931 scritta a nome di Shoghi Effendi. Compilazione “La Pace”, p. 56, n. 54) 1422. Ignorare la soluzione bahá’í per la pace significa costruire fondamenta di sabbia « ...Il Custode è fermamente convinto che, se si agirà con perseveranza e di concerto, la causa della Pace alla fine trionferà su tutte le forze oscure che oggi minacciano il benessere e il progresso del mondo. Ma tentativi unicamente umani sono indubbiamente inefficaci, ove non siano ispirati e guidati dal potere della fede. Senza l’assistenza di Dio, concessa attraverso il messaggio di Bahá’u’lláh, non potrà mai essere instaurata una pace sicura e adeguata. Ignorare la soluzione bahá’í per la pace mondiale significa costruire fondamenta di sabbia. Accettarla e applicarla significa fare della pace non un semplice sogno o ideale, ma una realtà viva. Questo è il punto che il Custode desidera voi sviluppiate, e mettiate sempre più in evidenza, e suffraghiate con argomenti convincenti. Il programma bahá’í per la pace non, infatti, solo un modo per conseguire la meta. Non è neppure relativamente il migliore. È, in fin dei conti, l’unico strumento efficace per l’instaurazione del regno della pace in questo mondo. Questo atteggiamento non comporta un totale rifiuto delle diverse soluzioni offerte dai vari filantropi; ne indica soltanto l’insufficienza in confronto al Piano Divino per l’unificazione del mondo. Non possiamo sfuggire alla verità che alla fin fine nessuna cosa mondana, che non sia sorretta e sostenuta dal potere di Dio, potrà durare.» (Da una lettera del 25 settembre1933 scritta a nome di Shoghi Effendi. Compilazione “La Pace”, pp. 57-58, n. 58) 1423. L’unità del genere umano è assicurata da Bahá’u’lláh e nessuna forza potrà impedirla «Malgrado i nostri difetti e nonostante le formidabili forze dell’oscurità che oggi ci assediano, nella pienezza dei tempi l’unità del genere umano delineata e assicurata dall’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh sarà solidamente e permanentemente instaurata. Questa è la promessa di Bahá’u’lláh e a lungo andare nessuna forza sulla terra potrà impedirne o anche solo ritardarne il giusto adempimento. Perciò gli amici non si perdano d’animo, ma pienamente consapevoli della loro forza e del loro ruolo perseverino nei loro possenti sforzi per estendere e consolidare sulla terra il dominio universale di Bahá’u’lláh.» (Da una lettera del 6 novembre1933 scritta a nome di Shoghi Effendi. Compilazione “La Pace”, p. 58, n. 59) 1424. Gli insegnamenti di Bahá’u’lláh daranno origine a una coscienza e a un modo di vivere universali «Gli insegnamenti di Bahá’u’lláh daranno origine a un nuovo modo di vivere per l’umanità. I bahá’í devono sforzarsi di introdurre questo modo di vivere il più rapidamente possibile. Ora che finalmente la Fede sta emergendo e viene vista e rivista da tante persone, è necessario che i suoi aderenti vivano sotto ogni aspetto all’altezza dei suoi nobili ideali. In questo modo essi possono dimostrare che la Fede Bahá’í crea un nuovo modo di vivere, che conduce l’individuo a una completa associazione con la Volontà di Dio, comportando così l’instaurazione di una società pacifica e universale. Gli attaccamenti faziosi sono dell’uomo, mentre il servizio universale è di Dio. Il Custode è ora ansioso che tutti gli amici conseguano una coscienza universale e un modo di vivere universale.» (Da una lettera del 20 novembre1955 scritta a nome di Shoghi Effendi. Compilazione “La Pace”, pp. 61-62, n. 68) 1425. La pace verrà «È vero che ‘Abdu’l-Bahá fece affermazioni che collegavano l’instaurazione dell’unità delle nazioni al ventesimo secolo. Per esempio: ....La quinta luce è l’unità delle nazioni - unità che sarà senza dubbio stabilita in questo secolo, sì che tutti i popoli del mondo si reputeranno concittadini di una comune patria.... E nel Giorno Promesso, Shoghi Effendi così commenta un’analoga affermazione citata da Le Lezioni di San Giovanni d’Acri: .Questo è lo stadio al quale il mondo si sta ora avvicinando, lo stadio dell’unità mondiale, che, come `Abdu’l-Bahá ci assicura, sarà certamente instaurata in questo secolo. C’è anche questa affermazione tratta da una lettera del che il segretario dell’amato Custode scrisse a suo nome a un credente nel 1946: “...Tutto ciò che sappiamo è che la Pace Minore e la Più Grande Pace devono venire - la data esatta non la conosciamo.» Altrettanto dicasi della possibilità di una guerra futura; non possiamo affermare dogmaticamente che verrà o che non verrà - tutto quello che sappiamo è che l’umanità deve soffrire ed essere punita abbastanza da giungere a rivolgersi a Dio”.» (Da una lettera del 29 luglio 1974 della Casa Universale di Giustizia. Compilazione “La Pace”, p. 64, n. 71) 1426. Lo scopo della Fede è di eliminare la guerra e stabilire la pace e l’unità «...la Fede Bahá’í mira a eliminare tutte le guerre, compresa quella nucleare. Lo scopo fondamentale della nostra Fede è l’unità e l’instaurazione della pace. Questa meta, che è l’anelito dei popoli in un mondo che diventa sempre più insicuro, potrà essere conseguita solo per opera degli Insegnamenti di Bahá’u’lláh. Poiché solo i bahá’í possono offrire questi Insegnamenti all’umanità, gli amici devono badare attentamente a come spendono il tempo e le energie e guardarsi dall’aderire ad attività che li distraggano eccessivamente dalla loro principale responsabilità di trasmettere il Messaggio di Bahá’u’lláh.» (Da una lettera del 4 luglio 1982 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia. Compilazione “La Pace”, p. 65, n. 72) 1427. Disarmo nucleare «In questo momento, il tema del disarmo nucleare è diventato un problema essenzialmente politico, e dimostrazioni hanno luogo non solo negli Stati Uniti ma anche in Inghilterra e in altri Paesi occidentali. Scegliere il solo disarmo nucleare esula dalla posizione bahá’í e coinvolgerebbe la Fede nelle attuali dispute fra le nazioni. È chiarissimo che i bahá’í credono che sia essenziale il disarmo, non solo nucleare, ma anche biologico, chimico e di ogni altro tipo.» (Da una lettera del 12 gennaio 1983 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia. Compilazione “La Pace”, p. 65, n. 73) 1428. Transizione dall’attuale sistema di sovranità nazionali a un sistema di governo mondiale «In quanto alla transizione dall’attuale sistema di sovranità nazionali a un sistema di governo mondiale, la Casa Universale di Giustizia è del tutto d’accordo con la sua opinione che i bahá’í devono ora fare tutto il possibile per promuoverla. Ciò richiede parecchie attività correlate, che sono tutte fra le mete del Piano Settennale. Una è la fondazione, più sollecita possibile, in ogni parte del mondo di solide ed efficienti Assemblee Spirituali Locali, così che i ricercatori abbiano sempre un punto di riferimento cui rivolgersi per trovare una guida spirituale e per conoscere gli Insegnamenti della Fede. Una seconda attività è l’approfondimento dei credenti di tutte le età nella loro comprensione e nella loro obbedienza agli Insegnamenti. Un terzo aspetto è la proclamazione della Fede a tutti gli strati della società e in particolare alle persone autorevoli e ai più eminenti uomini di pensiero, così che coloro che detengono la direzione dei popoli imparino a conoscere in modo corretto la natura e i principi della Fede e giungano a rispettarla e ad applicarne i principi. Un quarto aspetto è la promozione degli studi bahá’í, sì che un numero crescente di credenti sia in grado di analizzare i problemi dell’umanità in ogni ambito e di mostrare come gli Insegnamenti li risolvono. Un quinto aspetto è lo sviluppo dei rapporti fra la Comunità Internazionale Bahá’í e le Nazioni Unite, sia direttamente con le più alte istituzioni dell’O.N.U., sia alla base nelle aree di sviluppo rurale, dell’educazione, ecc.. Come ella indubbiamente sa, il Custode ha indicato che la transizione dell’umanità dall’attuale condizione caotica allo stadio della Confederazione Mondiale Bahá’í sarà lunga e graduale. La formazione di un’Autorità Mondiale e l’inizio della Pace Minore sono fra le principali trasformazioni di questo processo e saranno seguite da altri stadi nello sviluppo della Fede, come Shoghi Effendi ha indicato nei suoi scritti. Indubbiamente, via via che questi sviluppi si verificheranno, grande influenza sull’andamento del progresso avranno i consigli che le istituzioni della Fede potranno offrire ai governi, il modello di amministrazione mondiale offerto dalla comunità bahá’í e i grandi progetti umanitari che saranno promossi sotto l’egida della Casa Universale di Giustizia.» (Da una lettera del 19gennaio1983 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia. Compilazione “La Pace”, pp. 65-66, n. 74) 1429. I bahá’í non sono pacifisti «È vero che noi bahá’í non siamo pacifisti, poiché approviamo l’uso della forza al servizio della giustizia e a sostegno della legge. Ma non crediamo che la guerra sia sempre necessaria e la sua abolizione è uno degli scopi essenziali e una delle più luminose promesse della rivelazione di Bahá’u’lláh. Il Suo specifico comando ai sovrani della terra : “Se uno di voi prendesse le armi contro un altro, insorgete tutti contro di lui, poiché questa non è altro che palese giustizia” (Tavola alla Regina Vittoria, La Proclamazione di Bahá’u’lláh, p. 27). L’amato Custode ha spiegato che l’unità del genere umano implica la fondazione di una confederazione mondiale, un sistema mondiale federale ....liberato dalla piaga e dalla sofferenza della guerra... nel quale la Forza si faccia serva della Giustizia..., il cui esecutivo mondiale .spalleggiato da un’armata internazionale...» garantirà .l’unità organica dell’intera Confederazione. Ovviamente questa non è guerra, bensì il mantenimento della legge e dell’ordine su scala mondiale. La guerra è la tragedia estrema della disunione fra le nazioni nell’assenza di un’autorità internazionale abbastanza potente da impedire loro di perseguire i propri limitati interessi. I bahá’í pertanto durante questi conflitti chiedono di servire il proprio Paese in qualità di non combattenti; ma indubbiamente serviranno in un’Armata internazionale come quella che Bahá’u’lláh prevede, quando essa sarà formata.» (Da una lettera del 11 settembre1984 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia. Compilazione “La Pace”, p. 67, n. 75) 1430. La Pace Minore sarà inizialmente un’unità politica «La principale missione per cui Bahá’u’lláh è apparso in questo momento della storia umana è la realizzazione dell’unità del genere umano e la fondazione della pace fra le nazioni; perciò tutte le forze che mirano al conseguimento di questi fini sono influenzate dalla Sua Rivelazione. Sappiamo, tuttavia, che la pace verrà per stadi. Prima verrà la Pace Minore, quando si conseguirà l’unità delle nazioni, poi verrà la Più Grande Pace - l’unità spirituale, nonché sociale e politica del genere umano, quando grazie agli sforzi dei bahá’í sarà instaurata la Confederazione Mondiale bahá’í, funzionante in stretto accordo con le leggi e le ordinanze del Più Santo Libro della Rivelazione bahá’í. In quanto alla Pace Minore, Shoghi Effendi ha spiegato che essa sarà inizialmente un’unità politica conseguita per decisione dei governi di varie nazioni; non sarà instaurata per l’azione diretta della comunità bahá’í. Ciò non significa, tuttavia, che i bahá’í se ne stiano appartati ad aspettare che la Pace Minore venga senza che essi operino per la pace dell’umanità. Al contrario, i bahá’í - ponendosi come meta finale la Più Grande Pace - sono costantemente impegnati nel costruire le fondamenta di una pace permanente, promuovendo i principi della Fede, che sono indispensabili al mantenimento della pace, e forgiando gli strumenti dell’Ordine Amministrativo Bahá’í, che - dice l’amato Custode - è il modello per la società del futuro. La Pace Minore attraverserà alcuni stadi: nella fase iniziale i governi agiranno di propria iniziativa senza che la Fede ne venga consapevolmente coinvolta; più tardi, quando agli occhi di Dio sarà giunto il momento, la Fede vi eserciterà un’influenza diretta nei modi indicati da Shoghi Effendi nella sua Meta di un Nuovo Ordine Mondiale. In quanto ai passi che porteranno a questo ultimo stadio, la Casa Universale di Giustizia deciderà certamente che cosa si dovrà fare, seguendo la guida degli Scritti, come il brano che lei cita dalle Tavole di Bahá’u’lláh a p. 82. Nel frattempo, i bahá’í continueranno indubbiamente a fare tutto il possibile per promuovere l’instaurazione della pace.» (Da una lettera del 31gennaio1985 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia. Compilazione “La Pace”, pp. 67-68, n. 76) XXXVIII. APPUNTI DEI PELLEGRINI 1431. Non si deve dare credito ad alcun racconto non avvalorato dai Testi «Hai scritto riguardo i pellegrini e i loro appunti. Non si deve dar credito ad alcun racconto che non sia avvalorato dai Testi. I racconti, anche se veri, creano confusione. Per la gente di Bahá soltanto i Testi hanno il crisma dell’autenticità.» (‘Abdu’l-Bahá: da una Tavola precedentemente non tradotta) 1432. Condividere gli effetti spirituali delle visite dei pellegrini «Riguardo gli appunti presi dai pellegrini ad Haifa, il Custode ha dichiarato che non intende ratificarne alcuno, al fine di non ampliare eccessivamente la letteratura consultata dai credenti... Ciò significa che gli appunti dei pellegrini non hanno l’autorevolezza delle lettere sottoscritte dal Custode. D’altro canto ogni pellegrino riporta informazioni e preziosissimi suggerimenti ed è privilegio di tutti gli amici condividere gli effetti spirituali di queste visite.» (Dalla una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, tratta da Bahá’í News, n. 281, p. 4, luglio 1954) 1433. Gli appunti dei pellegrini rappresentano delle voci e non hanno l’autorevolezza dei Testi Sacri‚ «Le istruzioni del Maestro e del Custode affermano chiaramente che gli appunti dei pellegrini rappresentano delle voci e non può essere attribuita loro l’autorevolezza e il potere vincolante dei Sacri Testi... Inoltre, il fatto che il protagonista delle esperienze trascritte sia un fidato e ben conosciuto credente, o che le affermazioni riportate assomiglino a quelle annotate da diversi pellegrini, non conferisce autorevolezza ai suoi appunti.» (Da una lettera del 23 gennaio 1980 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente) 1434. Uso personale degli appunti dei pellegrini «Shoghi Effendi ha più volte affermato che gli appunti dei pellegrini servono per uso personale e non hanno la benché minima autorevolezza. Tutto quanto egli desideri comunicare agli amici in generale verrà sempre riportato nelle sue lettere indirizzate a tutti i credenti.» (Da una lettera del 26 febbraio1933 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1435. Differenza fra Discorsi e Tavole «Shoghi Effendi ha stabilito il principio che i bahá’í non devono attribuire molta importanza ai discorsi che si dice essere stati pronunciati dal Maestro, a meno che non abbiano ottenuto in qualche modo la Sua approvazione. Bahá’u’lláh ha affermato chiaramente che solo le cose rivelate in forma di Tavole hanno un potere vincolante per gli amici. Le voci possono avere un qualche interesse, ma non possono vantare mai autorevolezza. Tale fondamentale insegnamento di Bahá’u’lláh tendeva a preservare la Fede dalla corruzione che aveva colpito l’Islam, che conferiva invece autorità vincolante a tutti i detti attribuiti a Mu?ammad. Essendo questo un principio basilare della Fede, non dobbiamo confondere Tavole che furono realmente rivelate e semplici discorsi attribuiti ai Fondatori della Causa. I primi hanno assoluta autorità vincolante, mentre i secondi non possono in alcun modo pretendere la nostra obbedienza; questi ultimi possono al massimo influenzare il comportamento di colui che li ha sentiti personalmente. Solo quei discorsi del Maestro che furono più tardi da Lui rivisti e corretti, o in qualche altra forma da Lui Stesso autenticati, come Le Lezioni di San Giovanni d’Acri, possono essere considerati al pari delle Tavole e quindi può essere loro attribuito il necessario potere vincolante. Tutti gli altri discorsi, come quelli inclusi nel diario di Ahmad o in quelli dei pellegrini, non ricadono in questa categoria e potrebbero essere considerati solamente materiale interessante da prendere per quello che valgono. Per questo motivo Shoghi Effendi non ha mai incoraggiato la pubblicazione di discorsi che non siano stati autenticati dallo Stesso Maestro. E quando la consentì senza l’indicazione della citazione, il Custode cercò di impedire che gli amici considerassero reali parole del Maestro cose che non fossero state da Lui Stesso autenticate.» (Da una lettera del 29 dicembre 1931 scritta a nome di Shoghi Effendi al Comitato Pubblicazioni degli Stati Uniti) 1436. Storie su ‘Abdu’l-Bahá «Il Custode vi esorta anche a non dare importanza alle storie che si raccontano su ‘Abdu’l-Bahá o a quelle a Lui attribuite dagli amici. Queste devono essere considerate alla stessa stregua degli appunti e delle impressioni dei pellegrini. Non è necessario che vengano taciute, ma non si deve dar loro importanza o riconoscimento ufficiale.» (Da una lettera del 2 ottobre 1935 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada) 1437. Considerare autentiche solo le Tavole firmate e sigillate‚ «Secondo gli Insegnamenti di Bahá’u’lláh nessuna autorevolezza può essere attribuita a una semplice voce, non importa come sia scaturita. Le Tavole che portano la firma o il sigillo di Bahá’u’lláh e del Maestro sono i soli scritti che hanno autorevolezza e che costituiscono la base del nostro credo. Tutte le altre forme di letteratura possono contenere elementi di interesse, ma non possono certo considerarsi autentiche. Questo è quanto Shoghi Effendi pensa circa i discorsi di ‘Abdu’l-Bahá che Ahmad Sohrab ha inserito nel suo libro, e tale è la sua posizione verso qualsiasi altro discorso riportato, a meno che naturalmente il Maestro non vi abbia apposto la Sua firma, conferendogli quindi l’autorevolezza di una Tavola, come nel caso de Le Lezioni di San Giovanni d’Acri il cui testo fu da Lui Stesso realmente corretto.» (Da una lettera del 18 novembre 1931 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1438. Appunti di pellegrini che riportano le parole del Maestro su abbracci e baci‚ «Gli appunti del pellegrino riportano le seguenti parole del Maestro: “Donne e uomini non devono abbracciarsi se non sono sposati, o non stanno per esserlo. Non devono baciarsi... Se vogliono salutarsi, o confortarsi vicendevolmente, possono prendersi per mano”. Nella lettera a un credente scritta il 19 ottobre 1947 a nome di Shoghi Effendi si dice: “Le parole del Maestro a..., che ella cita, possono certamente essere considerate il vero spirito degli insegnamenti sul sesso. Da parte nostra dobbiamo sforzarci di pervenire a questo nobile standard”.» (Da una lettera del 10 febbraio 1974 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1439. Appunti di Haifa raccolti da Mrs. Maxwell «Riguardo agli appunti di Haifa raccolti dalla cara signora Maxwell, sono da considerare esattamente alla stessa stregua di quelli dei pellegrini, e come tali non devono esservi obiezioni alla loro diffusione fra i credenti. Pur se queste note non costituiscono pronunciamenti ufficiali del Custode, e quindi gli amici non hanno l’obbligo di rispettarle, tuttavia non deve essere impedito ad alcuno di condividerle con i membri della Comunità. Sebbene non strettamente ufficiali, e talvolta imprecisi e fallaci, questi appunti - come l’esperienza ha dimostrato - possono essere di grande aiuto, guida e ispirazione per molti credenti, e il loro valore come tali deve essere pertanto riconosciuto senza difficoltà.» (Da una lettera del 28 aprile 1939 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) XXXIX. POLITICA E GOVERNI A. Politica 1440. Personaggi politici «Il Custode desidera attirare tramite voi l’attenzione degli amici affinché stiano molto attenti a non menzionare nei discorsi pubblici il nome di qualsiasi personaggio politico, sia per schierarsi a suo favore che contro. Questa è la prima cosa da tener presente; altrimenti verrebbero coinvolti in questioni politiche, e ciò risulterebbe infinitamente pericoloso per la Causa.» (Da una lettera del 12 gennaio 1933 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada. Citata in “Bahá’í News”, n. 72, aprile 1933, p. 3) 1441. Uomini politici e lavori di carattere non politico in istituzioni governative‚ «[Il Custode] pensa che la maggior parte degli attuali uomini politici non saranno mai disposti a dimenticare il loro lavoro, il loro prestigio e le loro ambizioni per abbracciare la Fede; tuttavia da parte nostra è consigliabile avere rapporti con tutte le persone di idee progressiste, occupino esse posti di governo o meno, perché così facendo diamo pubblicità alla Fede e possiamo incontrare anime ricettive. Non esiste alcuna preclusione per i bahá’í di svolgere lavori di carattere non politico in istituzioni governative.» (Da una lettera del 30 maggio 1947 scritta a nome del Custode a un credente) 1442. Nessun bahá’í può essere considerato repubblicano o democratico « ...nessun tipo di voto espresso da un elettore o incarico assunto da un funzionario statale implica necessariamente per un bahá’í accettazione dell’intero programma di un qualsiasi partito politico. Nessun bahá’í può essere considerato repubblicano o democratico. Egli è sopratutto il sostenitore dei principi enunciati da Bahá’u’lláh, con i quali - sono fermamente convinto - nessun programma di qualsivoglia partito politico è totalmente in armonia... » (Da una lettera del 26 gennaio 1933 di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada. Citata in “Bahá’í News”, n. 85, luglio 1934, p. 2) 1443. Votare nelle elezioni politiche «Riguardo il carattere non politico della Fede:... Gli amici possono votare, ove ciò non comporti la loro identificazione con un determinato partito. Scendere nell’arena dei partiti politici è certamente nocivo ai migliori interessi della Fede e danneggerebbe la Causa. I singoli individui devono sì esercitare il diritto di voto, ma stare anche lontano dai partiti politici, tenendo sempre presente di votare per i meriti della persona e non perché appartiene a questo o quel partito. La questione deve essere ben chiarita agli amici, che poi saranno lasciati liberi di usare discrezione e giudizio. Ma se qualcuno comincia a far politica partitica e lavora per la supremazia di un partito su un altro e continua farlo malgrado gli espressi richiami e gli ammonimenti dell’Assemblea, quest’ultima ha la facoltà di revocarne il diritto di voto nelle elezioni bahá’í.» (Da una scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada il 16 Mirza 1933) 1444. Evitare l’adesione a partiti politici «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 12 dicembre 1973 riguardante il problema di..., il quale dice di avere molte difficoltà a mantenere il suo lavoro di insegnante in una scuola pubblica senza essere iscritto in uno dei partiti politici ora al governo. Un analogo problema è sorto in diversi altri paesi, specialmente in Africa dove è in uso il sistema a partito unico. Pur sapendo che nel vostro paese esistono più partiti politici, riteniamo che vi possa tornare utile il sommario delle istruzioni che abbiamo fornito alle Assemblee africane, e che accludiamo alla presente. Riteniamo che il caso di... offra alla vostra Assemblea l’opportunità di fissare un appuntamento con i competenti funzionari di governo al fine di spiegar loro la posizione bahá’í sulla non interferenza negli affari politici, come pure sull’obbedienza e lealtà verso il governo. Il vostro approccio deve tendere a ottenere consigli su ciò che si possa fare nella specifica situazione di... per evitare in casi simili qualsiasi adesione a partiti politici, mostrando al tempo stesso la massima lealtà verso il governo. Ciò darà certamente alla vostra Assemblea un’altra opportunità di proclamare la Fede e i suoi principi nonché di cercare di ottenere il rispetto e la comprensione dei funzionari governativi.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Bolivia del 28 dicembre 1973) 1445. Istruzioni per i bahá’í residenti in paesi la cui struttura politica è basata sul sistema a partito unico «1. L’amato Custode ha ripetutamente enfatizzato il principio di non iscriversi ad alcun partito politico. Ne L’Avvento della Giustizia Divina, parlando della rettitudine di condotta che deve manifestarsi nella comunità bahá’í, egli dice: “Deve caratterizzare l’atteggiamento di ogni leale credente, il quale perciò non accetterà posizioni politiche, non aderirà a partiti politici, non prenderà parte a controversie politiche e non si iscriverà a organizzazioni politiche...». 2.a. Se l’Assemblea Spirituale Nazionale è convinta che, sulla base delle leggi del paese, non è obbligatorio iscriversi al partito, ma ciò viene favorito con la persuasione, l’incoraggiamento e l’incentivo di ottenere privilegi, o perfino con minacce, allora i bahá’í devono evitare l’iscrizione, qualunque possano essere i sacrifici cui andranno incontro. 2.b. Se, invece, viene accertato dall’Assemblea Spirituale Nazionale che la legge richiede a ogni cittadino di appartenere al partito, i bahá’í possono pagare la quota dovuta per l’iscrizione senza accettarla. Nessuna obiezione che le relative ricevute contengano l’indicazione dell’avvenuta contribuzione. 2.c. Se l’alternativa di cui al punto 2b non è possibile, i bahá’í non hanno altra scelta che iscriversi, senza comunque diventare un membro attivo del partito, assumendo per esempio delle cariche.» (Dal Sommario delle istruzioni della Casa Universale di Giustizia allegato alla suddetta lettera 28 dicembre 1973 all’Assemblea Spirituale Nazionale della Bolivia) 1446. Non impegnarsi in programmi politici «...nessun leale credente deve mai impegnarsi in qualunque modo in un programma politico o in una politica formulata e sostenuta da un partito politico, perché l’adesione a un partito comporterebbe necessariamente il rifiuto di alcuni principi e insegnamenti della Causa, o il riconoscimento parziale di alcune delle sue fondamentali verità. Gli amici devono perciò tenersi lontani dai partiti politici. Ciò che essi devono sempre e in qualunque forma sfuggire è la faziosità.» (Da una lettera del 17 dicembre 1935 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1447. Astenersi dal voto se ciò implichi l’adesione a un partito politico «Come sapete, il principio fondamentale è che gli amici devono evitare di partecipare a qualsiasi elezione politica, a meno che siano certi che il loro voto per questo o quel candidato non comporti la loro adesione a qualche partito o organizzazione politica e non li identifichi con qualsiasi programma politico. Si tratta quindi di una questione di adesione e non di voto in sé stesso. L’applicazione di questo principio del Custode consente ai singoli individui, che ne sentono l’esigenza, di sottoporre all’esame della loro Assemblea, per avere i suoi consigli, i casi particolari per i quali hanno dei dubbi.» (Da una lettera del 28 dicembre 1936 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1448. Adesione alla Fede di persone iscritte a partiti politici o coinvolte in attività politiche «Nessun ulteriore requisito deve essere richiesto ai nuovi credenti al momento della loro dichiarazione. Piuttosto, la vostra Assemblea deve fare in modo di chiarire i problemi con tali amici, affinché i futuri nuovi aderenti possano conoscere in anticipo la posizione della Fede nei riguardi della politica. Nel caso che un nuovo bahá’í, malgrado detti chiarimenti, mantenga ancora i suoi legami politici o continui nelle sue attività di carattere politico, deve essere amorevolmente e pazientemente educato affinché possa ritirarsi da essi. Alcuni saranno in grado di farlo immediatamente, altri avranno bisogno di tempo per troncare in maniera discreta i loro legami. Ciò può costituire una delicata questione e richiede una piena consapevolezza della particolare situazione e degli obblighi della persona interessata. Naturalmente, se detta persona non risponde agli sforzi dell’Assemblea volti a disimpegnarlo dalla politica, essa va ammonita, e se ciò non produce alcun effetto, l’Assemblea deve alla fine valutare l’opportunità di privarla del diritto di voto.» (Da una lettera del 12 luglio 1984 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Repubblica Dominicana) 1449. Appartenere a un partito politico comporta il ripudio dei principi di pace e di unità «La Comunità bahá’í è un’organizzazione mondiale che cerca di stabilire pace vera e universale sulla terra. Se un bahá’í lavora per un partito politico per sopraffarne un altro nega il vero spirito della Fede. Essere membri di un qualsiasi partito politico, quindi, implica necessariamente il ripudio di alcuni o di tutti i principi di pace e di unità proclamati da Bahá’u’lláh. ‘Abdu’l-Bahá così afferma: “Il nostro partito è il partito di Dio; noi non apparteniamo ad alcun partito”. Se un bahá’í dovesse insistere sul suo diritto di sostenere un certo partito politico non potrebbe negare lo stesso grado di libertà ad altri credenti. Questo significherebbe che entro i ranghi della Fede, la cui principale missione è di unire tutti gli uomini come una grande famiglia sotto l’egida di Dio, vi sarebbero bahá’í in opposizione fra loro. Dove sarebbe allora l’esempio di unità e armonia che il mondo cerca? Se le istituzioni della Fede - Dio non voglia - fossero coinvolte nella politica, i bahá’í si troverebbero ad essere causa di antagonismo invece che di amore. Se in un paese assumessero una certa posizione, sarebbero impediti a cambiare in un altro paese il punto di vista della gente sugli scopi e i propositi della Fede. Lasciandosi coinvolgere nelle dispute politiche, i bahá’í, invece di cambiare il mondo o di aiutarlo, si perderebbero e distruggerebbero loro stessi. La situazione mondiale è così caotica e i valori morali - una volta chiari - si sono così confusi con le fazioni egoistiche in lotta, che il miglior modo in cui i bahá’í possono servire i più alti interessi dei loro paesi e la causa della vera salvezza del mondo è quello di sacrificare la loro carriera e aspirazione politica, e sostenere pienamente e di tutto cuore il sistema di Bahá’u’lláh.» (Da una lettera dell’ 8 febbraio 1970 della Casa Universale di Giustizia alle Assemblee Spirituali Nazionali dell’Africa. Compilazione “Istruzioni ai credenti bahá’í”, pp. 141-142) 1450. Produzione di pubblicità televisiva per una campagna politica «In risposta alla vostra domanda del 24 settembre circa il coinvolgimento di un bahá’í nella produzione di pubblicità televisiva per una campagna politica, la Casa Universale di Giustizia consiglia che la persona in questione dovrebbe evitare di compiere attività che promuovano la campagna di un politico, senza che ciò venga comunque interpretato come una restrizione per i soci non bahá’í.» (Da una lettera del 29 ottobre 1979 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Alaska) 1451. Divieto di battersi per una carica politica e di intraprendere attività politiche partitiche «Nel caso del Sig.... è importante che da parte vostra venga accertato con precisione che cosa comporta la sua appartenenza al consiglio del villaggio e se egli abbia ottenuto tale carica per elezione o per nomina. Occorre che la vostra Assemblea comprenda che i bahá’í non devono impegnarsi in attività politiche, né‚ appartenere a partiti politici; possono però impiegarsi presso organi di governo per svolgere lavori amministrativi non politici, possono mantenere posti di natura non politica cui si accede per nomina e possono far parte di consigli locali, sempre che non si adoperino per ottenere cariche e non siano tenuti a svolgere attività politica partitica.» (Da una lettera del 15 febbraio 1982 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Leeward) 1452. Elezione di un bahá’í a capo quartiere o membro di consiglio di quartiere «Nessuna obiezione che un bahá’í venga eletto capo quartiere o faccia parte di un consiglio di quartiere, purché: 1. Non gli sia richiesto di diventare membro di un partito politico; 2. Non comporti il suo coinvolgimento in politica partitica; 3. Non si batta per l’elezione alla carica. Nessuna obiezione, sempre che sia richiesto dalla legge, che il suo nome sia posto in candidatura; ma se le candidature non sono obbligatorie e agli elettori è permesso di votare per chi desiderano, allora i bahá’í devono seguire questa procedura. Sarebbe preferibile, naturalmente, che le elezioni dei membri del consiglio di quartiere e del capo quartiere potessero essere effettuate in stretta conformità ai principi bahá’í. Gradiremmo sapere se ciò può essere fatto a... o se sia possibile emendare la legge al fine di far adottare questa procedura nei villaggi in cui la popolazione sia interamente o in prevalenza bahá’í.» (Da una lettera del 24 aprile 1972 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Filippine) B. Governi e Autorità Civili 1453. Evitare la politica come la peste e obbedire al governo in carica «Il principio cardine che dobbiamo seguire (in relazione alle vostre domande) è l’obbedienza al Governo in carica in ogni paese nel quale siamo residenti. Anche se non gradiamo la forma totalitaria di governo, non possiamo rifiutarci di obbedire a un tal governo se esso va al potere, né‚ possiamo unirci a movimenti clandestini di minoranza che tramano contro quello in carica. Se in un paese è in corso una rivoluzione ed esiste un caos totale, per cui risulta impossibile stabilire se vi sia un governo in carica, allora gli amici devono consultarsi con la loro Assemblea Locale o Nazionale e seguire ciò che queste istituzioni ritengano opportuno fare; in altre parole occorre stabilire quale parte in lotta possa essere meglio considerata autorità governativa legale. È chiaro quindi che dobbiamo fare due cose: evitare la politica come la peste ed essere obbedienti al Governo in carica del luogo ove risediamo. Non possiamo esprimere giudizi circa la maniera in cui un particolare Governo ha assunto il potere, e di conseguenza se dobbiamo prestargli obbedienza, perché ciò ci farebbe entrare immediatamente nel merito della politica. Dobbiamo obbedire in tutti i casi, eccetto quando sia implicato un principio spirituale, quale per esempio la negazione della nostra Fede. Per i principi spirituali dobbiamo essere pronti a morire.» Ciò che noi bahá’í dobbiamo affrontare è il fatto che la società si sta disintegrando così rapidamente, che i valori morali che erano chiari mezzo secolo fa, ora sono disperatamente confusi e, quel che è peggio, completamente frammischiati agli interessi politici in lotta. Ecco perché i bahá’í devono mettere tutte le loro forze nell’edificare la Causa bahá’í e la sua amministrazione. Al momento presente essi non possono né‚ cambiare, né‚ aiutare il mondo in alcun altro modo. Se essi rimangono implicati nelle questioni per cui i Governi del mondo stanno lottando, saranno perduti; ma se edificheranno il modello bahá’í, potranno offrirlo come rimedio quando tutti gli altri avranno fallito.» (Da una lettera del 21 dicembre 1948 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Parzialmente in compilazione “Istruzione ai credenti bahá’í”, pag. 139) 1454. La Causa bahá’í è al di sopra dei partiti politici; obbligo di obbedire lealmente al regime politico in carica «Deve essere, fin dall’inizio, del tutto chiaro che la Causa bahá’í - quale movimento essenzialmente religioso avente carattere spirituale - sta al di sopra di qualunque gruppo o partito politico, e quindi non può e non deve agire in contrasto ai principi, leggi e dottrine di qualsiasi governo. Obbedire agli ordinamenti e alle regole dello stato, infatti, sacro obbligo di ogni vero e leale bahá’í. Sia Bahá’u’lláh che ‘Abdu’l-Bahá ci esortano a essere sottomessi e leali alle autorità politiche dei rispettivi paesi. Ne consegue, quindi, che i nostri amici di... hanno il sacro obbligo di obbedire sinceramente al regime politico in carica, qualunque sia la loro personale opinione e critica delle sue attuali attività. Non vi è nulla di più contrario allo spirito della Causa che l’aperta ribellione alle autorità di governo di un paese, specialmente se esse non interferiscono e non si oppongono agli intimi e sacri credi ed alle convinzioni religiose dell’individuo... » (Da una lettera dell’ 11 febbraio 1934 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1455. Obbedienza al Governo anche a rischio di sacrificare i propri affari amministrativi «Pur se gli amici devono prestare obbedienza al Governo del paese in cui vivono, anche a rischio di sacrificare tutti i loro interessi e affari amministrativi, essi non devono mai tollerare che i loro intimi credi e convinzioni religiose siano violati e infranti da una qualsiasi autorità. Occorre, pertanto, fare una distinzione di fondamentale importanza fra questioni spirituali e amministrative. Mentre le prime sono sacre e inviolabili e dunque non possono essere soggette a compromessi, le seconde sono secondarie e di conseguenza possono essere abbandonate e perfino sacrificate per amore di obbedienza alle leggi e regolamenti del governo. L’obbedienza allo Stato è un principio così vitale della Causa che, ove le autorità di... dovessero oggi proibire ai bahá’í di tenere riunioni o pubblicare libri e simili, essi devono obbedire.... Ma, come già detto, tale fedeltà è limitata semplicemente a questioni amministrative, per cui se non viene rispettata può solo ritardare il progresso della Fede per qualche tempo. In questioni di credo, invece, non si deve cedere ad alcun compromesso, perfino se si va incontro alla morte o all’espulsione dal paese.» (Ibidem) 1456. L’obbedienza al Governo non implica identificazione fra insegnamenti bahá’í e programmi politici «A questo riguardo vi è ancora un punto da mettere in evidenza. Il principio dell’obbedienza al Governo non pone ad alcun bahá’í l’obbligo di far coincidere gl’insegnamenti della Fede con il programma politico messo in atto dal Governo stesso. Tale identificazione infatti, oltre ad essere erronea e contraria sia allo spirito che alla forma del Messaggio bahá’í, creerebbe inevitabilmente un conflitto nella coscienza di ogni leale credente. Per ragioni fin troppo ovvie la filosofia bahá’í dell’organizzazione sociale e politica non può concordare pienamente con le più recenti dottrine e concezioni politiche tanto in voga oggigiorno. L’ondata di nazionalismo, così aggressivo e contagioso nei suoi effetti, che ha travolto non solo l’Europa ma la maggior parte dell’umanità, è in verità la negazione del vangelo di pace e fratellanza proclamato da Bahá’u’lláh. L’attuale tendenza del mondo politico non è infatti per niente in linea con gl’Insegnamenti bahá’í. Il mondo si sta avviando sempre più verso una catastrofe generale che segnerà la fine di una civiltà fallita e fondamentalmente difettosa. Da queste considerazioni si può chiaramente trarre la conclusione che noi bahá’í non possiamo far coincidere in alcun modo gl’Insegnamenti di Bahá’u’lláh con le dottrine ed i concetti dell’uomo, che per loro stessa natura non sono in grado di salvare il mondo dai pericoli che lo stanno così ferocemente e sempre più assalendo.» (Ibidem. Parzialmente in compilazione “Europa”, pag. 14, n. 10) 1457. Lavorare nel Servizio Esteri «Ai bahá’í è permesso far domanda all’agenzia International Communication per ottenere un posto di lavoro al Dipartimento degli Esteri degli Stati Uniti...» (Da una lettera del 7 maggio 1979 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente) «La Casa di Giustizia ritiene che Ella possa accettare il posto di Vice-Console, sempre che non abbia l’obbligo di partecipare ad attività politiche. La Casa di Giustizia la esorta a prestare particolare attenzione a questo fatto, al fine di non intraprendere strade che più tardi la porterebbero inevitabilmente negli affari politici, come discussioni con il Console Generale sulla conduzione politica di talune questioni. La Casa di Giustizia è certa che Ella sia consapevole di ciò e della delicata linea di condotta da assumere.» (Da una lettera del 15 luglio 1984 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente) 1458. Lealtà verso l’Assemblea Spirituale e verso il Governo Civile, sia esso un Consiglio Tribale, un Cacicco o un’Autorità Municipale‚ «Riguardo la vostra domanda sull’Assemblea Spirituale Locale, essa è proprio un’istituzione divina, creata da Bahá’u’lláh nel Suo Kitáb-i-Aqdas come Casa Locale di Giustizia. ‘Abdu’l-Bahá ha chiaramente descritto la sua origine, la sua autorità ed i suoi compiti, spiegando altresì la differenza fra essa e le altre istituzioni amministrative, sia del passato che del presente. Vi rimandiamo a tal proposito ai capitoli 37, 38 e 40 del libro “Antologia di ‘Abdu’l-Bahá”. È chiaro che - pur se alle Assemblee Spirituali Locali compete la supervisione di tutte le questioni bahá’í della loro area, incluse l’organizzazione della Festa del Diciannovesimo Giorno, l’osservanza dei Giorni Sacri, l’elezione dei membri dell’Assemblea, la promozione del lavoro d’insegnamento, la cura del benessere spirituale, l’educazione bahá’í degli amici e dei bambini, ecc. - esse stesse e gli amici devono allo stesso tempo essere dei buoni cittadini leali verso il governo civile, sia esso un Consiglio di Tribù, un Cacicco o un’autorità municipale. In un’altra comunità nazionale, dove il numero dei credenti è aumentato al punto che la popolazione di alcuni villaggi è diventata bahá’í al 100% o quasi, la Casa di Giustizia ha sostenuto i suddetti principi e ha stabilito che in ciascuno di tali villaggi i credenti - pur eleggendo la loro Assemblea Spirituale Locale - dovranno continuare a eleggere il Consiglio locale come richiesto dal Governo, e che le funzioni di queste due istituzioni dovranno essere mantenute distinte, anche se i loro membri coincidessero.» (Da una lettera del 13 aprile 1983 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Brasile) 1459. Divieto di accettare posti di lavoro governativi, sia elettivi che per nomina, se si contravviene ai già noti principi «È meglio che gli amici non accettino posti di lavoro del tipo descritto nella vostra lettera, siano essi elettivi che per nomina... Tali posti possono essere accettati solamente se - nell’ottenere la nomina, nel vincere le elezioni o nell’assolvere ai propri compiti - non si contravviene ai principi bahá’í. Ciò comporta non effettuare campagne elettorali e non disattendere le istruzioni date dal Custode nel seguente passo: “S’astengano dall’associarsi, nelle parole e nei fatti, alle mire politiche delle loro rispettive nazioni, alle politiche dei loro governi e ai progetti e programmi dei partiti e delle fazioni: in simili controversie non debbono distribuire biasimi o prendere partito, o assecondare piani, o identificarsi con alcun sistema che pregiudichi i più alti interessi di quell’universale Fratellanza ch’essi mirano a custodire e favorire. Stiano bene in guardia a non diventare strumenti di politici senza scrupoli e a non essere irretiti negli infidi espedienti degli intriganti e dei malvagi fra i loro concittadini; modellino, piuttosto, le loro esistenze e regolino la loro condotta in tal guisa che non si possa accusarli, sia pure a torto, di colpe quali eccessiva segretezza, impostura, corruzione o intimidazione; si elevino al di sopra d’ogni particolarismo e partigianeria, dei vani alterchi, dei calcoli meschini, delle transeunti passioni che turbano l’aspetto di questo mutevole mondo e ne assorbono la sollecitudine. È doveroso che essi s’ingegnino a distinguere più chiaramente possibile, e se necessario con l’aiuto dei loro rappresentanti eletti, cariche e mansioni diplomatiche e politiche da quelle puramente amministrative e quindi in nessun caso soggette ai cambiamenti e ai casi di necessità legati alle attività politiche e ai governi partitici delle varie nazioni; e dichiarino la loro inflessibile risolutezza di voler essere fautori fermi ed incrollabili della direzione indicata da Bahá’u’lláh, fuggendo insidie e litigi inseparabili dall’agone politico ed elevandosi a degni strumenti di quella politica divina in cui s’incarna l’immutabile Finalità di Dio per tutti gli uomini”. L’applicazione dei suddetti principi è lasciata alla discrezione della vostra Assemblea Spirituale Nazionale.» (Da una lettera del 12 ottobre 1977 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Panama. Parzialmente in “L’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh”, pp. 66-67) 1460. La Fede non è in contrasto con i veri interessi delle nazioni «La Fede non è in contrasto con i veri interessi di una nazione, né‚ è contro i partiti o le fazioni. Essa si tiene lontana dalle controversie e le trascende tutte, ingiungendo ai suoi seguaci lealtà verso il governo e un sano patriottismo. Questo amore per il loro paese viene dimostrato dai bahá’í contribuendo al suo benessere con la loro attività quotidiana o lavorando nei settori amministrativi del governo, piuttosto che nella diretta politica partitica o in posti di natura politica o diplomatica. I bahá’í, infatti, possono sentirsi stimolati a mischiarsi con tutte le classi sociali, con le più alte autorità e con personalità di rilievo, come pure con la massa della gente, al fine di portare la Fede a loro conoscenza; ma, nel far ciò, è necessario che evitino assolutamente di identificarsi, o identificare la Fede, con attività politiche e programmi di partito.» (Da una lettera dell’ 8 febbraio 1970 della Casa Universale di Giustizia alle Assemblee Spirituali Nazionali dell’Africa) 1461. Non è nostro intento violare la costituzione di un qualsiasi paese « ...Proclamino queste comunità che in qualunque nazione risiedano e per quanto progredite siano le loro istituzioni, o profondo il desiderio di applicare le leggi e mettere in atto i principi enunciati da Bahá’u’lláh, subordineranno senza esitazione il funzionamento di tali leggi e l’applicazione di quei principi alle esigenze e alle leggi dei rispettivi governi. Non è affatto loro intento, nel prodigarsi per dirigere e perfezionare gli affari amministrativi della loro Fede, violare in qualsiasi circostanza i dettami della costituzione del loro Paese, e ancora meno consentire al proprio apparato amministrativo di sostituirsi al governo delle rispettive nazioni.» (Da una lettera del 31 Mirza 1932 del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada. Tratto da “L’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh”, p. 68) 1462. Obbedienza alle leggi, sia federali che dello stato «I bahá’í obbediscono alle leggi, sia federali che dello stato, a meno che ciò non equivalga a negare la loro Fede. Noi viviamo pienamente e continuamente la vita bahá’í, tranne che non venga impedito dalle autorità. Questo implica, anche se non viene categoricamente affermato, che i bahá’í non sono tenuti a fare un giudizio per stabilire se abbia precedenza una legge federale o una dello stato: tale decisione compete ai tribunali.» (Da una lettera del 30Mirza1965 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1463. Cosa significa obbedire a un governo giusto «Riguardo la vostra domanda sulla politica e sul Testamento del Maestro; i bahá’í devono manifestare un duplice atteggiamento: da un lato completa obbedienza al governo del paese in cui risiedono, dall’altro nessuna interferenza, di alcun genere, in fatti o questioni politiche. Il reale significato dell’affermazione del Maestro è obbedienza a un Governo debitamente costituito, qualunque ne sia la forma. Come singoli bahá’í non dobbiamo giudicare se il nostro Governo sia giusto o ingiusto, poiché è certo che ogni credente avrebbe un suo differente punto di vista e tali diverse opinioni farebbero sorgere al nostro interno un focolaio di dissenso che distruggerebbe la nostra unità. Noi dobbiamo edificare il nostro sistema bahá’í e lasciare che i difettosi sistemi del mondo vadano per la loro strada; non possiamo cambiarli coinvolgendoci in essi; al contrario, noi ne verremmo distrutti. Il Custode ritiene che nessuna parte di questa sue dichiarazioni siano adatte per la pubblicazione sulla stampa. Meno la politica viene associata con il nome bahá’í, meglio è. Occorre sempre chiarire che noi siamo una comunità religiosa non politica che lavora per fini umanitari.» (Da una lettera del 3 luglio 1948 scritta a nome di Shoghi Effendi al Comitato Nazionale Insegnamento per il Centro America) 1464. Obbligo di giuramento «In risposta alla vostra lettera del 12 settembre la Casa Universale di Giustizia vi invita a far riferimento alla lettera scritta su questo argomento a nome del Custode alla vostra Assemblea Spirituale Nazionale in data 11 luglio 1956: “Riguardo l’obbligo del giuramento, negli Insegnamenti non esiste nulla in merito. Poiché Bahá’u’lláh ingiunge ai bahá’í di essere sinceri, essi esprimeranno la loro sincerità a prescindere dalle formalità richieste dalle leggi di qualsiasi luogo. Nessuna obiezione può sussistere al fatto che i bahá’í agiscano in conformità alle esigenze dei tribunali, quali che siano in questioni del genere, poiché in nessun caso esse costituirebbero in alcun modo una negazione del loro credo”. La suddetta direttiva chiarisce che i bahá’í, ove venga loro richiesto, possono essere obbligati a giurare su qualsiasi libro sacro. La Casa Universale di Giustizia ritiene che - se possibile - sia preferibile farlo su un libro bahá’í.» (Da una lettera del 20 settembre 1973 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Regno Unito) 1465. Implicita obbedienza alle regole amministrative «La comunità bahá’í, fedele ai suoi sacri obblighi nei confronti del proprio governo e conscia dei propri diritti civili, ha prestato e continuerà a prestare implicita obbedienza a tutte le regole amministrative che sono state emesse di tanto in tanto, o che saranno emesse in futuro, dalle autorità civili di quella nazione, così come da altre nazioni.» (Shoghi Effendi: “Dio passa nel mondo”, p. 383) 1466. Ricorso al Tribunale nell’impossibilità dell’Assemblea o dei singoli bahá’í di risolvere una controversia‚ « ...La Casa Universale di Giustizia... afferma che i credenti devono portare le loro controversie all’esame dell’Assemblea Spirituale ed attenersi alle sue decisioni. Tuttavia, se essi non sono in grado di stabilire fra loro un accordo su una disputa e l’Assemblea Spirituale non riesce a trovare una soluzione arbitrale, allora non vi è alcuna obiezione che i bahá’í facciano ricorso alle vie giudiziarie. L’Assemblea non deve avere alcuna esitazione a rifiutarsi di agire nel caso ritenga più opportune le vie legali per la soluzione di una questione. Ad ogni modo, essa non può proibire al credente di fare ricorso al tribunale, se egli ha così deciso.» (Da una lettera del 9 febbraio 1983 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Messico, citata in una lettera all’Assemblea Spirituale Nazionale del Regno Unito) 1467. Portare a conoscenza del mondo il vero scopo di Bahá’u’lláh «....Dobbiamo far sapere al mondo quale sia stato il vero scopo di Bahá’u’lláh. Fino ad oggi l’Unità del Genere Umano era d’interesse puramente accademico. Ormai è sempre più spesso oggetto di riflessione per gli statisti internazionali. Sta arrivando sul piano della politica pratica. Ciò rappresenta dunque per noi un’occasione straordinaria per venire alla ribalta e spiegare un insegnamento che è meta e scopo dei precetti sociali di Bahá’u’lláh. Shoghi Effendi spera che gli amici ripeteranno quest’appello di unità organica del genere umano finché esso non entri a far parte della fede consapevole di ogni uomo che viva sulla terra. E tuttavia dovremo usare molto giudizio per non essere fraintesi facendo così classificare la nostra Fede fra i movimenti radicali.» (Da una lettera del 28 gennaio 1932 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada. Compilazione “La Pace”, p. 56, n. 55) 1468. Non interferenza negli affari politici «C’è un punto fondamentale che Shoghi Effendi vuole mettere in luce. Quando si dice non ingerenza nelle faccende politiche, non s’intende che debbano evitarsi solo la politica corrotta e quella partitica e settaria, bensì che ci astenga da qualunque dichiarazione su qualsivoglia sistema politico, relativo a qualsiasi governo. Non solo non dobbiamo parteggiare per alcun partito, gruppo o sistema politico attualmente in auge, ma dobbiamo persino rifiutarci di comprometterci con qualsivoglia dichiarazione possa far pensare che siamo favorevoli o contrari a una qualunque delle organizzazioni o filosofie politiche esistenti. L’atteggiamento dei bahá’í dev’essere la completa indifferenza: essi né‚ avversano né‚ sostengono alcun sistema politico; non sono nemici dei rispettivi governi ma, a causa di certe considerazioni fondamentali che scaturiscono dai loro insegnamenti e dal meccanismo amministrativo della loro Fede, preferiscono non immischiarsi negli affari politici con il rischio di essere fraintesi dai loro concittadini. Alla luce di questo principio è chiaro che scrivere articoli di attualità politiche su un quotidiano porta inevitabilmente lo scrittore a esprimere, direttamente o indirettamente, opinioni e critiche sul tema. È sempre possibile inoltre che i politici lo fraintendano. La cosa migliore da fare, dunque, è quella di non scrivere nulla su attualità politiche.» (Da una lettera del 2 Mirza 1934 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Vita familiare”, appendice, p. 122-123, n. 2) 1469. Come criticare l’attuale ordine sociale e politico «C’è però un caso in cui è possibile criticare l’attuale ordine sociale e politico senza essere necessariamente costretti a parteggiare o a dissentire nei confronti di qualcuno degli esistenti regimi. È il metodo che Shoghi Effendi ha adottato nel suo “La Meta di un Nuovo Ordine Mondiale”. La sua critica delle condizioni mondiali è molto generica e astratta; cioè invece di condannare organizzazioni istituzionali esistenti, la critica è più profonda e analizza le idee e i concetti fondamentali che hanno portato alla loro fondazione. Trattandosi di un approccio puramente intellettuale e filosofico al problema della crisi politica mondiale, non vi sono obiezioni se ella vuole seguire tale metodo, che la trasferisce immediatamente dal campo della politica pratica a quello della politica teorica. Ma non essendo possibile tracciare una linea netta fra teoria e pratica, ella deve essere estremamente cauto e non eccedere nell’avvalersene.» (Ibidem. Compilazione “Vita familiare”, appendice, p. 123, n. 2) 1470. La monarchia nel futuro «Circa la sua domanda se in futuro vi saranno nel mondo delle monarchie, la Casa Universale di Giustizia richiama la sua attenzione sull’affermazione di Shoghi Effendi riportata a pag. 225 di “Dio passa nel mondo”: “L’istituzione di una forma costituzionale di governo nel quale siano combinati gli ideali della repubblica e la maestà della monarchia, da Lui definita come uno dei segni di Dio, Egli la raccomanda come una meritevole azione”.» Ne Il Giorno Promesso, da pag. 77 a pag. 80, il Custode cita molti brani dagli Scritti di Bahá’u’lláh che elogiano la forma monarchica di governo e presagiscono un incremento del loro numero nel futuro. La Casa di Giustizia le suggerisce uno studio di quella parte del libro per acquisire la comprensione che cerca.» (Da una lettera del 29 settembre1977 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente. Parzialmente in “Dio passa nel mondo”, p. 225) 1471. Presidente Wilson e Dr. Jordan Riguardo l’ex presidente Wilson e il Dr. Jordan, sembra abbastanza chiaro che entrambi questi uomini sono stati notevolmente influenzati dagl’Insegnamenti bahá’í. Allo stesso tempo è bene evitare comunque di fare affermazioni dogmatiche secondo le quali i predetti avrebbero acquisito tutti i loro principi da Bahá’u’lláh, giacché non siamo in grado di provarle, e fare dichiarazioni che non possiamo provare indebolisce la nostra posizione piuttosto che rafforzarla. (Da una lettera del 16 Mirza 1925 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) C. Impiegati governativi 1472. Fedeltà e fidatezza degli impiegati governativi «In quanto a coloro che sono impiegati al servizio del Governo, essi devono svolgere i propri compiti con massima fedeltà, fidatezza, rettitudine, integrità, onestà e magnanimità. Non macchino la propria reputazione perseguendo interessi personali e non si facciano, per amore di effimeri benefici mondani, oggetto del pubblico odio e reietti della soglia della Magnificenza.» (‘Abdu’l-Bahá: da una Tavola non ancora tradotta. Compilazione “La fidatezza”, p. 28, n. 54) 1473. Massima rettitudine e onestà degli impiegati governativi «Voi che volete sinceramente il bene dello Stato, che siete rispettosi e compiacenti sudditi del Governo, dovete dedicarvi a un costante servizio. Chiunque entri alle dipendenze del Governo deve mostrare in tutte le proprie azioni la massima rettitudine e onestà, temperanza e autodisciplina, purezza e santità, giustizia ed equità. Se, Dio non voglia, egli si rendesse colpevole del minimo abuso di fiducia, o se assolvesse i suoi compiti in modo negligente o irregolare, o se estorcesse un solo centesimo alla popolazione, o cercasse di promuovere il proprio interesse egoistico e personale tornaconto - allora sarà certamente privato delle effusioni della grazia di Dio.» (Ibidem. Compilazione “La fidatezza”, p. 27, n. 52) 1474. Le persone aventi contatto col pubblico devono dimostrare spirito di vero servizio «Le persone prescelte per servire il pubblico e coloro cui siano assegnati posti amministrativi devono svolgere i loro compiti in spirito di vero servizio e di pronta disponibilità. Devono cioè distinguersi per buona indole e virtuoso carattere, accontentarsi della remunerazione loro assegnata e agire con fidatezza in tutto quel che fanno. Si devono tenere lontani da indegni moventi e molto al di sopra di ogni tentazione di cupidigia, perché la rettitudine, la probità e l’onestà sono gli strumenti più potenti per attrarre la grazia di Dio e assicurare la prosperità del Paese e il benessere della gente. Gloria e onore dell’uomo non sono le fortune e le ricchezze, tanto meno quelle che sono state illecitamente ammassate con estorsioni, malversazioni e corruzione alle spese di una popolazione sfruttata. Onore supremo, nobiltà e grandezza nel mondo umano e vera felicità in questa vita e in quella a venire - tutto questo si trova nell’equità e nella rettitudine, nella santità e nel distacco. Chi cerca la distinzione si accontenti di una provvista frugale, cerchi di sollevare le sorti dei poveri del regno, scelga la strada della giustizia e percorra la via di un intrepido servizio. Un tale uomo - pur indigente - conquisterà ricchezze imperiture e conseguirà eterno onore.» (Ibidem. Compilazione “La fidatezza”, p. 28, n. 55) 1475. Chi entra alle dipendenze del Governo deve evitare ogni forma di venalità e corruzione «Gli amici che entrano alle dipendenze del Governo devono avvalersi del loro impiego come di un mezzo per avvicinarsi alla Soglia divina: agiscano con probità e rettitudine, evitino scrupolosamente tutte le forme di venalità e corruzione e siano paghi dei salari che ricevono, gloriandosi della misura di sagacia, competenza e giudizio che possono espletare nel loro lavoro. Chi si accontenta di un pezzo di pane e svolge i propri compiti con tutta la giustizia e l’equanimità di cui è capace è principe fra i mortali e il più encomiabile fra gli uomini. Nobile e illustre egli, malgrado le tasche vuote! Benché la sua veste sia vecchia e consunta, egli primeggerà eminente fra i liberi! Lode e gloria dell’uomo sono le qualità virtuose e nobili; onore e distinzione, la vicinanza alla Soglia divina.» (Ibidem. Compilazione “La fidatezza”, p. 29, n. 56) 1476. Non abusare della propria posizione con comportamenti corrotti e venali «Quell’amico... che è prescelto per un alto ufficio amministrativo, deve sforzarsi diligentemente di svolgere i compiti assegnati alle sue cure con perfetta onestà, integrità, sincerità, rettitudine e dirittura. Ma se abusa della propria posizione con comportamenti corrotti o venali, sarà detestato presso la Soglia della Magnificenza e incorrerà nella collera della Bellezza di Abhá - anzi sarà abbandonato dall’Unico Vero Dio e da tutti coloro che Lo adorano. Cos, lungi dal comportarsi in questo modo, egli si accontenti del suo salario e delle sue indennità, cerchi la via della giustizia e dedichi la vita al servizio dello Stato e della gente. Tale sia la condotta e il comportamento dei bahá’í. Chi valica questi limiti alla fine cadrà in palese rovina.» (Ibidem. Compilazione “La fidatezza”, p. 29, n. 57) 1477. Comportarsi slealmente verso un governo giusto significa comportarsi slealmente verso Dio «Tutti gli impiegati del Governo, di alto o di basso rango, devono accontentarsi, in perfetta integrità, probità e rettitudine, dei modesti stipendi e indennità loro assegnati. Si mantengano le mani pulite e preservino il proprio buon nome da ogni macchia... Chi si comporta slealmente verso un governo giusto si comporta slealmente verso Dio; e chi rende ad esso un fedele servigio rende quel servigio a Dio.» (Ibidem. Compilazione “La fidatezza”, p. 30, n. 59) 1478. Essere paghi degli stipendi, non macchiare il proprio carattere con atti di corruzione e frode e non appropriarsi neppure di un centesimo «Quelle anime che sono impiegate nei dipartimenti dello Stato devono accostarsi ai loro compiti con totale distacco, integrità e indipendenza di spirito e con completa dedizione e santità d’intenti. Paghi degli stipendi che ricevono, devono provvedere a non macchiare il proprio buon carattere con atti di corruzione e frode. Se un amico si appropriasse indebitamente in questo giorno sia pure di un centesimo, il sacro manto della Causa di Dio sarebbe imbrattato da questo atto e tale vergogna macchierebbe la comunità intera. Il cielo non voglia! Anzi, il governo e la gente devono giungere a riporre tale fiducia nei bahá’í da desiderare di affidare tutti gli affari dello Stato in tutte le province alle caste, pure mani degli amati di Dio.» (Ibidem. Compilazione “La fidatezza”. p. 30, n. 58) XL. PREGHIERA E MEDITAZIONE A. Preghiera e meditazione 1479. Stare in preghiera è la migliore condizione, sopratutto in solitudine e a mezzanotte «L’essere in preghiera è la migliore condizione, poiché in essa l’uomo è assieme a Dio, sopratutto quando la preghiera sia offerta in solitudine e in momenti come la mezzanotte, quando la mente è sgombra. In verità, la preghiera dispensa vita.» (‘Abdu’l-Bahá: da una Tavola recentemente tradotta. Compilazione “Preghiera – Meditazione -Devozione” p. 16, n. 22) 1480. Star soli quando si comunica con Dio «Il motivo per cui è stato ingiunto di star soli nei momenti di devozione è questo, che tu rivolga tutta l’attenzione al rimembrare Iddio, che il tuo cuore sia sempre animato dal Suo Spirito e non escluso dal tuo Beneamato come da un velo. Non pronunzino le tue labbra preghiere in lode a Dio, mentre il tuo cuore non è intonato all’eccelsa Vetta di Gloria e al Fuoco della comunione. Così se ti accadrà di vivere il Di della Resurrezione, lo specchio del tuo cuore sarà rivolto verso Colui Che è l’Astro della Verità; e al primo sfolgorar della Sua luce, subito il suo splendore ti si rifletterà nel cuore. Poiché Egli è Sorgente d’ogni bene e tutto ritorna a Lui. Ma s’Egli apparisse mentre ti sei rivolto meditabondo verso te stesso, non te ne gioveresti, a meno che tu non menzionassi il Suo Nome con parole ch’Egli abbia rivelato. Nell’imminente Rivelazione è Lui, infatti, il Ricordo di Dio, mentre le preghiere che offri ora sono state prescritte dal Punto del Bayán, laddove Colui Che risplenderà radioso il Dì della Resurrezione è la Rivelazione dell’intima realtà racchiusa entro il Punto del Bayán - Rivelazione più potente, infinitamente più potente di quella che l’ha preceduta.» (Il Báb: Antologia, Casa Editrice Bahá’í, Roma 1984, p. 81) 1481. Più la preghiera è distaccata e pura, più è gradita a Dio «La preghiera più gradita è quella offerta in perfetta spiritualità e radiosità; a Dio non è mai stato né‚ è caro ch’essa debba prolungarsi. Al Suo cospetto quanto più è distaccata e pura, tanto più gradita è l’orazione.» (Ibidem, p. 68) 1482. Ispirazione attraverso la meditazione « ...Negli insegnamenti non sono previste forme precise di meditazione o piani specifici per lo sviluppo interiore. Gli amici sono invitati - anzi obbligati - a pregare, sono anche tenuti a meditare, ma il come farlo è lasciato interamente alla loro discrezione... È impossibile valutare o definire la natura dell’ispirazione ricevuta attraverso la meditazione. Se è Suo volere, Dio può ispirare nella nostra mente cose di cui prima non avevamo idea.» (Da una lettera del 25 gennaio 1943 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Preghiera – Meditazione - Devozione”, p. 28, n. 50) 1483. Preghiera e meditazione vanno seguite da azione ed esempio «La preghiera e la meditazione sono fattori assai importanti nell’approfondimento della vita spirituale degli individui, ma esse devono andare di pari passo con l’azione e l’esempio, che ne sono i risultati tangibili. Entrambe le cose sono essenziali.» (Da una lettera del 15 maggio 1944 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Preghiera – Meditazione - Devozione”, p. 28, n. 51) 1484. L’importanza e la forza della meditazione «Mediante la meditazione possono aprirsi le porte di un sapere più profondo e dell’ispirazione. Naturalmente chi mediti essendo bahá’í è collegato alla Fonte; il credente in Dio, quando mediti, si mette in sintonia con la potenza e la misericordia di Dio; ma non possiamo dire che qualunque ispirazione ricevuta da chi non conosca Bahá’u’lláh o non creda in Dio provenga solamente dal suo io. La meditazione è importantissima e il Custode non vede perché non debba essere insegnata agli amici: è bene però metterli in guardia verso le superstizioni o le sciocchezze che vi si possono insinuare.» (Da una lettera del 19 novembre 1945 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Preghiera – Meditazione - Devozione”, p. 29, n. 53) 1485. Fare giornalmente un confronto con il giorno precedente e pregare...‚ «...Al mattino di ogni giorno, quando ti alzi, fai un confronto con il giorno precedente e vedi in quali condizioni ti trovi. Se ti accorgi che il tuo credo è più forte, il tuo cuore più pieno di Dio, il tuo amore aumentato e il tuo distacco dal mondo più grande, allora ringrazia Dio e chiedi che queste qualità vengano incrementate. Comincia a pregare, pentiti per tutto il male che hai fatto, implora aiuto e assistenza per essere meglio di ieri e per continuare a progredire.» (‘Abdu’l-Bahá: Star of the West, vol. 6, p. 68) 1486. Come pregare:‚ partire da un giusto concetto di Dio « ...Non dobbiamo essere rigidi nei confronti della preghiera. Non esiste un insieme di norme che la regolino: la cosa più importante è partire da un giusto concetto di Dio, della Manifestazione, del Maestro o del Custode - quando preghiamo possiamo volgere il pensiero a chiunque di loro. Per esempio è possibile chiedere qualcosa a Bahá’u’lláh o, pensando a Lui, chiederla a Dio. Altrettanto dicasi del Maestro e del Custode. Ella è libera di volgere il pensiero a uno dei due chiedendoNe l’intercessione, o di pregare Dio direttamente. Se non confonde i Loro stadi, equiparandoli, non importa come orienta i suoi pensieri.» (Da una lettera del 24 luglio 1946 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Preghiera – Meditazione - Devozione”, p. 29, n. 55) 1487. Più saggio utilizzare le meditazioni rivelate da Bahá’u’lláh «Riguardo la sua domanda sulla preghiera e se sia necessario recitare solo le preghiere delle Figure Centrali della nostra Fede, abbiamo avuto istruzione di citarle i seguenti due passi su questo tema, tratti Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi dal suo segretario: “...poiché la Causa comprende membri di tutte le razze e le religioni, dobbiamo essere attenti a non introdurre in essa i costumi delle nostre credenze precedenti. Bahá’u’lláh ci ha dato le preghiere obbligatorie, e anche preghiere da dire prima di dormire, per i viaggiatori, ecc.. Non dobbiamo introdurre un nuovo gruppo di preghiere che Egli non ha specificato, quando ci sono già state date tante preghiere, per tante occasioni”. “Egli ritiene che sia più saggio per i bahá’í utilizzare le meditazioni dateci da Bahá’u’lláh, e non ulteriori forme raccomandate da altri; tuttavia i credenti devono essere lasciati liberi su questi dettagli e permettere loro che abbiano una personale libertà d’azione nel trovare il proprio modo di comunicare con Dio”. Per quanto riguarda la lettura di preghiere o di passi tratti dalle Sacre Scritture di altre religioni, queste sono permesse, e infatti di tanto in tanto sono incluse nei programmi devozionali dei Templi bahá’í a dimostrazione dell’universalità della nostra Fede. (Da una lettera del 7/6/1974 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente.» (Parzialmente in compilazione “Educazione Bahá’í”, p. 88, n. 137) 1488. Rivolgersi alla Manifestazione «Durante la preghiera sarebbe meglio rivolgere i propri pensieri verso la Manifestazione, perché nell’altro mondo è Lui che continua a metterci in contatto con l’Onnipotente. Ma possiamo anche pregare Dio direttamente.» (Da una lettera del 27aprile1937 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India. Compilazione “Preghiera – Meditazione - Devozione”, p. 26, n. 43) 1489. Pregare Bahá’u’lláh «Ella ha chiesto se le nostre preghiere giungano oltre Bahá’u’lláh: tutto dipende dall’aver noi pregato Lui direttamente o Dio per Suo tramite. Possiamo fare ambo le cose, e anche pregare direttamente Dio, ma le nostre preghiere saranno di certo più efficaci e illuminanti se rivolte a Lui per il tramite di Bahá’u’lláh, Sua Manifestazione. Non possiamo mai, comunque, mentre recitiamo le preghiere, sostituire la parola “Dio” con “Bahá’u’lláh”, perché equivarrebbe ad una bestemmia.» (Da una lettera del 14 ottobre 1937 scritta a nome del Custode a un credente. Parzialmente in compilazione “Preghiera – Meditazione - Devozione” p. 26,n. 44) 1490. Pregare Bahá’u’lláh, quale Tramite «Noi non possiamo conoscere Dio direttamente, ma solo tramite i Suoi Profeti. Possiamo pregarLo con la consapevolezza che Lo conosciamo per mezzo dei Suoi Profeti, o possiamo indirizzare la nostra preghiera a Bahá’u’lláh, non come Dio, ma come Porta per la Sua conoscenza.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente, citata in “High Endeavours: Messages to Alaska”, p. 71) 1491. Pregando ci si può rivolgere al Custode, senza confondere però il Suo rango con quello del Profeta‚ «Possiamo pregare Dio o Bahá’u’lláh come ci è gradito. Ma se nella nostra mente desideriamo prima rivolgerci al Custode e poi elevare la nostra preghiera, non v’è alcuna obiezione a farlo, purché teniamo sempre presente che egli è solamente il Custode e non confondiamo il suo rango con quello del Profeta o anche del Maestro.» (Da una lettera del 22 agosto 1947 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1492. Volgersi in preghiera verso la Tomba di Bahá’u’lláh «Durante la preghiera i credenti possono rivolgere il loro pensiero verso la Tomba di Bahá’u’lláh, purché - così facendo - abbiano una chiara e corretta comprensione del Suo rango di Manifestazione di Dio.» (Da una lettera del 15 novembre 1935 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1493. Attraverso ‘Abdu’l-Bahá possiamo rivolgerci a Bahá’u’lláh «Se si è accorto che quando prega le occorre immaginare qualcuno, pensi al Maestro. Attraverso di Lui potrà rivolgersi a Bahá’u’lláh. Ma a poco a poco si sforzi di pensare alle qualità della Manifestazione: in tal modo l’immagine mentale svanirà, perché dopo tutto il corpo non è importante; c’è il Suo Spirito, che è un elemento essenziale e sempiterno.» (Da una lettera del 31 gennaio 1949 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Preghiera – Meditazione - Devozione”, p. 30, n. 58) 1494. Persone desiderose di incontrarsi per pregare «In alcuni luoghi, i bahá’í hanno organizzato riunioni di preghiera per persone desiderose di incontrarsi per pregare. Dato che tra gli Scritti esistono preghiere e meditazioni così meravigliose, il leggerle con amici che siano interessati e richiedano questo tipo di piccole riunioni è spesso un modo per attrarli verso la Fede. Forse lei potrebbe incominciare un’attività del genere nella sua città.» (Da una lettera del 4 febbraio1956 scritta a nome del Custode a un credente. Compilazione “Riunioni bahá’í”, p. 50, n. 31) 1495. Leggere le preghiere come sono stampate «Riguardo la vostra domanda sulla sostituzione dei pronomi nelle preghiere bahá’í: il Custode non l’approva, sia nelle specifiche preghiere menzionate che in qualsiasi altra. Esse debbono essere lette come sono stampate senza cambiare una singola parola.» (Da una lettera del 13 aprile 1944 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada) 1496. Attenersi strettamente al testo degli Scritti sacri «Per quanto riguarda la vostra domanda se sia permesso, in una preghiera che si voglia recitare al singolare, sostituire il pronome plurale con il singolare, il Custode esorta vivamente la vostra Assemblea Spirituale Nazionale ad informare gli amici di mantenere una stretta attinenza al testo degli Scritti sacri e di non scostarsi neanche di un capello da quanto rivelato dalla Santa Penna. Inoltre occorre notare che la preghiera collettiva è stata proibita da Bahá’u’lláh ed è permessa solo nel caso della preghiera per i defunti.» (Da una lettera del 17 ottobre 1934 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’ Australia e Nuova Zelanda) 1497. Citazione di preghiere «Quando si cita una preghiera si può utilizzare qualunque parte di essa, ma si deve riportare esattamente com’è, per quanto breve sia.» (Da una lettera del 19 novembre 1945 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1498. Momento specifico per pensare a Dio «...Inoltre bisogna osservare un’ora stabilita per pensare a Dio, per meditare, per pregare e supplicare, perché è estremamente improbabile, anzi impossibile, che qualsiasi impresa possa prosperare e svilupparsi in mancanza dei doni e delle confermazioni divine..». (Da una lettera del 19 dicembre 1923 del Custode ai Bahá’í dell’Oriente. Compilazione “Guida per una vita bahá’í”, pp. 73-74, n. 2) 1499. Preghiera all’alba «Benedetto colui che all’alba s’incammina verso il Mashriqu’l-Adhkár, con il pensiero rivolto a Dio, assorto nel Suo ricordo, implorando il Suo perdono e che, dopo esservi entrato, si siede in silenzio ad ascoltare i versetti di Dio, il Sovrano, il Possente, il Lodatissimo… (Bahá’u’lláh, Il Kitáb-i-Aqdas, par. 115) DOMANDA: Riguardo il ricordo di Dio nel Mashriqu’l-Adhkár «all’alba» RISPOSTA: Sebbene nel Libro di Dio siano usate le parole «all’alba», è bene accetto a Dio ai primi albori del giorno, fra l’alba e l’aurora oppure fino a due ore dopo l’aurora. (Bahá’u’lláh, Kitáb-i-Aqdas – Domande e Risposte, D15, pp. 100-101) 1500. Preghiere del mattino «Una delle caratteristiche della società bahá’í sarà una riunione giornaliera di credenti fra l’alba e due ore dopo il sorgere del sole per ascoltare la lettura e il canto della Parola Sacra. Attualmente, in molte comunità, specialmente rurali, tale riunione si inserirebbe naturalmente nella vita quotidiana degli amici e sarebbe di grande aiuto per approfondirli sugl’Insegnamenti e per incoraggiare l’unità della comunità locale, specie se potesse essere organizzata regolarmente dall’Assemblea Spirituale Locale. La partecipazione a questi incontri non è obbligatoria, ma da parte nostra speriamo che gli amici siano sempre più portati a prendervi parte. Questa è una meta da raggiungere con gradualità.» (Dal messaggio di NawRúz 1974 della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del mondo) 1501. Non dire preghiere a tavola e non insegnarlo ai bambini «[Il Custode] pensa che gli amici non debbano prendere l’abitudine di dire la preghiera a tavola o di insegnarlo ai bambini. Questo non fa parte della Fede Bahá’í, ma è un’abitudine cristiana e, poiché la Causa comprende membri di tutte le razze e le religioni, dobbiamo essere attenti a non introdurre in essa i costumi delle nostre credenze precedenti. Bahá’u’lláh ci ha dato le preghiere obbligatorie, e anche le preghiere da dire prima di dormire, per i viaggiatori, ecc. Non dobbiamo introdurre un nuovo gruppo di preghiere che Egli non ha specificato, quando ci sono già state date tante preghiere, per tante occasioni.» (Da una lettera del 27 settembre1947 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Educazione Bahá’í”, p. 87, n. 137) 1502. La preghiera collettiva è solo per i defunti «Le preghiere quotidiane sono da recitare stando da soli, non importa se ad alta voce o in silenzio. Non esiste alcuna preghiera collettiva, eccetto quella per i defunti. Nelle nostre riunioni leggiamo preghiere per la guarigione e per altri fini, ma la preghiera quotidiana è un obbligo personale, quindi se viene letta da un altro non è affatto la stessa cosa che recitarla personalmente...» (Da una lettera del 31gennaio1949 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1503. Recitazione delle preghiere all’unisono «Ella ha chiesto se sia permesso cantare collettivamente una preghiera. C’è differenza fra una preghiera cantata in gruppo e la preghiera collettiva. Quest’ultima è una preghiera formale condotta di norma da una persona e con un prescritto rituale. La preghiera collettiva così concepita è proibita nella Fede tranne nel caso della Preghiera per i Defunti. Mentre, recitare le preghiere all’unisono e unirsi spontaneamente nella recitazione delle Parole di Dio non è proibito, e gli amici devono tenere a mente il seguente consiglio del Custode su questo argomento: “...sebbene gli amici siano così lasciati liberi di seguire le proprie preferenze..., devono fare molta attenzione che il metodo che essi seguono non acquisti un carattere troppo rigido, e si trasformi così in una istituzione. Questo è il punto che tutti gli amici devono sempre tenere a mente per non deviare dalla via così chiaramente indicata negli Insegnamenti”.» (Da una lettera del 6 febbraio1975 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente. Parzialmente in “Sinossi e Codificazione del Kitáb-i-Aqdas”, p. 65, n. 2) 1504. La preghiera per il funerale deve essere letta da una sola persona «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 14 dicembre nella quale vengono chieste informazioni su quale preghiera per il funerale venga considerata adatta all’uso in Europa, se vi è qualche preghiera obbligatoria e quali istruzioni esistono sulla posizione delle singole persone nel funerale bahá’í: La sola preghiera obbligatoria da usare nei funerali bahá’í è la n. 167 riportata nel libro “Preghiere e Meditazioni”. Questa preghiera deve essere recitata da uno solo dei presenti e tutti gli altri devono stare in piedi durante la sua lettura. Non vi è alcun obbligo di rivolgersi verso la Qiblih o verso qualsiasi altra particolare direzione. È del tutto facoltativo leggere altre preghiere o passi dagli Scritti. In linea generale è preferibile che il servizio funebre sia semplice e dignitoso.» (Da una lettera del 31 gennaio 1971 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Finlandia) 1505. Recitare o cantare le preghiere « ...Nessuna obiezione a cantare o recitare le preghiere in lingua orientale, ma non esiste alcun obbligo di adottare tale forma di preghiera nei servizi devozionali nell’auditorium del Tempio; non si deve né‚ richiederla, né‚ proibirla. La cosa importante da tenere sempre a mente è che, ad eccezione di certe specifiche preghiere obbligatorie, Bahá’u’lláh non ci ha dato speciali e rigide regole in materia di culto, sia all’interno dei Templi che altrove. La preghiera è essenzialmente una comunione fra l’uomo e Dio, e come tale trascende tutte le formule rituali. (Da una lettera del 15 giugno 1935 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1506. Preghiere per la guarigione e per il digiuno «Riguardo la preghiera per la guarigione, il Custode desidera che vi informi che non esiste alcuna speciale regola per la sua recitazione. Il credente è libero di recitarla come e quante volte desideri. Inoltre, non vi sono preghiere obbligatorie per il digiuno, ma Bahá’u’lláh ne ha rivelate alcune per questo specifico scopo.» (Da una lettera del 17 ottobre 1934 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Australia e Nuova Zelanda) 1507. Efficacia della preghiera per la guarigione «Le preghiere per la guarigione rivelate da Bahá’u’lláh possono essere efficaci anche se recitate da non credenti. Ma naturalmente la loro efficacia è maggiore nel caso di coloro che hanno pienamente accettato la Rivelazione.» (Da una lettera del 19 Mirza 1939 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1508. Preghiere esaudite attraverso l’azione «...Non basta pregare diligentemente per essere guidati; a questa preghiera devono seguire la meditazione sui migliori metodi d’azione e poi l’azione stessa. Se l’azione non dà risultati immediati, o se per caso non è del tutto corretta, ciò non fa molta differenza, perché le preghiere hanno una risposta solo attraverso l’azione e, se un’azione è sbagliata, Iddio può servirsi di quel metodo per mostrare la via giusta.» (Da una lettera del 22 agosto 1957 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Insegnamento”, p. 47, n. 115) 1509. Pregare per proteggersi dalla contaminazione della società «...L’amore reciproco, il profondo senso di essere parte di un nuovo organismo, di essere i portatori dell’alba di un Nuovo Ordine Mondiale devono continuamente animare la nostra vita bahá’í, e dobbiamo pregare per essere protetti dalla contaminazione della società così malata di pregiudizi.» (Da una lettera del 5 febbraio 1947 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Locale di Atlanta. Compilazione “Guida per una vita bahá’í”, p. 95, n. 49) 1510. Cinque passi da compiersi durante la preghiera «Riguardo i cinque passi da compiersi durante la preghiera, descritti dal Custode e riportati da Mrs. Moffet nel suo opuscolo “Appello alla preghiera”, egli desidera che le spieghi che si tratta semplicemente di suggerimenti personali e quindi non occorre che siano strettamente adottati da tutti i credenti.» (Da una lettera del 30 giugno 1938 scritta a nome del Custode a un credente) 1511. Non è obbligatorio recitare nove volte le preghiere «Non c’è alcun obbligo per i credenti di recitare sempre le preghiere per nove volte. La ritualità è certamente da evitare in tutte le questioni relative al culto bahá’í..». (Da una lettera del 26 novembre 1939 scritta a nome del Custode a un credente) 1512. L’uomo spirituale prega solo per amore di Dio «Nella preghiera più elevata, l’uomo prega soltanto per amore di Dio e non perché tema di Lui o dell’inferno o speri in favori o nel paradiso... Quando un uomo si innamora di un essere umano è impossibile che si astenga dal nominare l’amato. Quanto più difficile è l’astenersi dal ricordare il Nome di Dio quando si è imparato ad amarLo... L’uomo spirituale non trova diletto se non nel rimembrare Iddio.» (‘Abdu’l-Bahá: citato in “Bahá’u’lláh e la Nuova Era”, pp. 144-145. Compilazione “Preghiera –Meditazione - Devozione” p. 21, n. 35) 1513. Rosari per preghiere «Riguardo la distribuzione e l’uso di rosari per preghiere, [il Custode] - in questa come in altre questioni di secondaria importanza - non desidera che vengano fissate regole rigide. I credenti non hanno l’obbligo di usare rosari per le preghiere, né‚ deve essere loro vietato di farlo, poiché gl’insegnamenti non contengono specifiche istruzioni in materia. (Da una lettera del 4 aprile 1940 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada) 1514. Lettura di preghiere alla radio «Avete fatto una specifica domanda riguardo la lettura di preghiere alla radio. Naturalmente ciò è permesso, ma occorre essere accorti circa la loro collocazione, cioè quale tipo di argomento possa essere presentato prima e dopo la loro recitazione, affinché siano riservate ad esse quella dignità e venerazione che meritano. Occorre anche tenere in considerazione il momento della trasmissione (scegliere bene le ore del giorno, la domenica quale giorno consueto di culto religioso, ecc.) in relazione agli usi della stazione, della zona, o di altro. Programmi registrati su disco come “Parole per il Mondo” includono naturalmente delle preghiere.» (Da una lettera del 8 luglio 1973 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador) 1515. Bambini bahá’í: orazioni e preghiere « ...Ogni giorno, di buon mattino, riunite i bambini bahá’í e insegnate loro le orazioni e le preghiere. Questa azione è molto encomiabile e rallegra il cuore dei bambini: ogni mattina si rivolgano al Regno e facciano menzione del Signore e lodino il Suo Nome e cantino e recitino con dolcissime voci.» (‘Abdu’l-Bahá: compilazione “Educazione Bahá’í”, p. 40, n. 54) «...[il Custode] non ha nulla da obiettare se i bambini che non sono in grado di ricordare a memoria una preghiera intera, imparano solo certe frasi.» (Da una lettera del 27 settembre 1947 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Educazione Bahá’í”, p. 87, n. 137) 1516. Far memorizzare ai bambini passi tratti dagli Scritti sacri «Secondo il Custode sarebbe meglio che le madri dei bambini bahá’í - o un Comitato al quale la vostra Assemblea potrebbe affidare l’incarico - scegliessero alcuni brani dalle Parole Sacre, così! che i piccini usino queste, piuttosto che cose appena preparate. Naturalmente la preghiera può essere completamente spontanea, ma molti pensieri e frasi contenuti negli Scritti Bahá’í di carattere devozionale sono facili da capire e la Parola rivelata è dotata di un suo proprio potere.» (Da una lettera del 8 agosto 1942 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche. Compilazione “Educazione Bahá’í”, p. 85,n. 131) 1517. Nessuna speciale istruzione circa la ripetizione delle preghiere del Báb‚ «Riguardo la preghiera per le difficoltà rivelata dal Báb, [il Custode] desidera che la informi che non esiste alcuna speciale istruzione per la sua recitazione.»* (Da una lettera del 6 Mirza 1937 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) «Riguardo le sue domande: il Custode non ritiene necessario ripetere le preghiere del Báb così tante volte.»** (Da una lettera del 30 settembre 1950 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) *Scritta in risposta alla domanda su quanto spesso questa preghiera dovesse essere ripetuta per produrre i maggiori risultati.» **Scritta in risposta alla domanda circa la ripetizione 114 volte ogni mattino per 19 giorni della preghiera del Báb: “Dite: Dio provvede ad ogni cosa al di là di ogni cosa”.» (Vedasi anche il n. 1528) 1518.» Riunioni comunitarie di preghiera «Il Custode desidera io l’assicuri che egli non ha nulla da obiettare se gli amici si riuniscono per meditare e pregare.» Tale comunione giova ad alimentare l’amicizia tra i credenti e perciò è assai raccomandabile.» (Da una lettera del 20 novembre1937 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Preghiera – Meditazione - Devozione”, p. 26, n. 45) 1519. Insegnare ai bahá’í a meditare, mettendoli in guardia contro pratiche superstiziose «Mediante la meditazione possono aprirsi le porte di un sapere più profondo e dell’ispirazione. Naturalmente chi mediti essendo bahá’í è collegato alla Fonte; il credente in Dio, quando mediti, si mette in sintonia con la potenza e la misericordia di Dio; ma non possiamo dire che qualunque ispirazione ricevuta da chi non conosca Bahá’u’lláh o non creda in Dio provenga solamente dal suo io. La meditazione è importantissima e il Custode non vede perché non debba essere insegnata agli amici: è bene però metterli in guardia verso le superstizioni o le sciocchezze che vi si possono insinuare.» (Da una lettera del 19 novembre1945 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Preghiera – Meditazione - Devozione”, p. 29, n. 53) 1520. “O Soggiogatore dei Venti”: un’invocazione per i momenti di pericolo «Riguardo l’invocazione “Yá Musakin el Ariah”: il suo significato letterale è “O Soggiogatore dei Venti”. I credenti non sono obbligati a recitarla, ma possono farlo nei momenti di pericolo personale.» (Da una lettera del 6 dicembre 1939 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) B. Preghiere obbligatorie 1521. Misteri e saggezza in ogni parola e gesto delle preghiere obbligatorie «Sappi che ciascuna delle parole e dei gesti delle preghiere obbligatorie contiene allusioni, misteri e saggezze che l’uomo è incapace di comprendere, né‚ a lettere e pergamene è dato contenere.» (‘Abdu’l-Bahá: Tavole, vol. I, p. 85, Compilazione “Preghiera-Meditazione -Devozione”, p. 17, n. 27) 1522. Preghiere obbligatorie «Poiché le preghiere obbligatorie richiedono o genuflessioni o abluzioni e l’orientamento verso Bahji, esse non possono essere dette da un credente per un gruppo di amici senza assumere la forma di una preghiera collettiva; pertanto [il Custode] ritiene sia meglio evitarlo.» (Da una lettera del 31 luglio 1946 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1523. Volgersi verso Akká in preghiera rappresenta un simbolo fisico di una realtà interiore «Se non si comprendono i gesti che accompagnano la preghiera lunga, si può dire quella breve [Il Custode] le consiglia di usare solo la breve Preghiera Obbligatoria del mezzogiorno. Essa non richiede genuflessioni, basta che nel dirla il credente si rivolga verso Akká dove è sepolto Bahá’u’lláh. È questo un simbolo materiale di una realtà interiore: come la pianta tende verso il sole, da cui riceve vita e nutrimento, così noi, nella preghiera, orientiamo il cuore verso la Manifestazione di Dio, Bahá’u’lláh; e durante questa breve orazione rivolgiamo il viso verso il luogo dove le sue ceneri riposano su questa terra, a simboleggiare un atto interiore. Bahá’u’lláh nella Sua Fede ha ridotto al minimo rituali e forme. Le poche forme rimaste - come quelle relative alle due preghiere obbligatorie lunghe - sono simboli di una realtà interiore. Esse celano una grande saggezza e benedizione, ma non possiamo farci un obbligo di comprendere o sentire queste cose, ecco perché Egli ci ha dato anche una preghiera breve e semplicissima, per coloro che non avvertono il desiderio di eseguire i gesti legati alle altre due.» (Da una lettera del 24 giugno 1949 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Preghiera – Meditazione - Devozione”, p. 31, n. 59) 1524. Impossibilità di eseguire le genuflessioni «Riguardo le domande sulla corretta recitazione della Preghiera Obbligatoria lunga: tutti gli scritti della Fede si possono e devono essere letti ai fini dell’educazione e dell’ispirazione degli amici. Ciò comprende specifiche preghiere. Se un credente è fisicamente impossibilitato ad eseguire le genuflessioni che accompagnano una delle preghiere e tuttavia ha il desiderio di dirla come preghiera obbligatoria, allora può farlo. Essere fisicamente impossibilitato significa avere una reale incapacità fisica riconosciuta dai medici.» (Da una lettera del 17 febbraio 1955 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1525. La Preghiera media - Ripetizione del Più Grande Nome 95 volte «Riguardo le tre preghiere obbligatorie quotidiane: ...il devoto bahá’í è libero di sceglierne una qualsiasi. La preghiera breve consiste di un verso da recitarsi una volta al giorno a mezzogiorno. La preghiera media deve essere recitata tre volte al giorno: la mattina, a mezzogiorno e la sera. Essa è accompagnata da certi gesti, come genuflettersi, alzare le mani, ecc.. La preghiera lunga, che è pure accompagnata da gestualità, deve essere recitata una volta nelle ventiquattro ore. La recitazione di una di queste tre preghiere è un obbligo spirituale imposto a tutti i credenti, giacché - come dice ‘Abdu’l-Bahá nei Suoi Scritti - la preghiera e il digiuno sono i pilastri gemelli che sostengono la Legge di Dio. Per quanto riguarda la ripetizione del Più Grande Nome novantacinque volte, anche questo è stato detto da Bahá’u’lláh, ma Egli non ci ha dato alcuna istruzione circa i rosari per preghiere da usare in questo caso.» (Da una lettera del 25 aprile 1937 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1526. La gestualità e il lavaggio delle mani e del viso connesse alle preghiere obbligatorie sono leggi di Bahá’u’lláh‚ «...Le genuflessioni e il lavaggio delle mani e del viso (come chiaramente descritto nelle “Preghiere e Meditazioni di Bahá’u’lláh”, che [il Custode] stesso ha tradotto), che accompagnano le due preghiere quotidiane più lunghe (preghiere obbligatorie) sono Leggi di Bahá’u’lláh, applicabili ad ogni bahá’í sia di provenienza mussulmana, che cristiana o altra. È una bestemmia asserire una cosa diversa. Comunque, i bahá’í sono stati lasciati liberi da Bahá’u’lláh di scegliere una delle tre preghiere obbligatorie, e coloro che preferiscono non eseguire tali gestualità possono recitare quella breve.» (Da una lettera del 30 giugno 1949 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Germania e Austria) 1527. Recitare personalmente la preghiera obbligatoria‚ «Riguardo la preghiera obbligatoria: ognuno deve recitare la sua preghiera da solo e ciò non è condizionato dalla possibilità di disporre di un luogo privato; vale a dire che, sia in casa che in luogo di culto o di riunione, a ciascuno è consentito recitare la sua preghiera, ma essa deve essere detta personalmente. Ad ogni modo, cantare insieme delle suppliche con una bella voce è una cosa molto buona.» (‘Abdu’l-Bahá: Tavole di ‘Abdu’l-Bahá, vol. II, p. 464) 1528. Leggere la preghiera del Báb 500 volte «A pagina 1 della vostra lettera “October News” avete citato la preghiera del Báb per rimuovere le difficoltà aggiungendo: “Bahá’u’lláh ha detto di ripetere questa preghiera 500 volte giorno e notte, affinché ci aiuti a riconoscerLo e le nostre anime saranno illuminate.” Questa citazione dà l’impressione che la ripetizione della preghiera per 500 volte sia una prescrizione devozionale della Fede e che abbia un preciso effetto sul credente che osservi tale forma di preghiera. Non crediamo giustificato arrivare a simile conclusione dal riferimento, da voi citato, in “Dio Passa nel Mondo” a pagina 120 (Cap. VII, par. 32). Il passaggio in questione si riferisce ovviamente, a un particolare momento della vita di Bahá’u’lláh a Baghdad prima della dichiarazione della Sua missione, e non deve essere presentato ai credenti come un’osservanza prevista dalla Fede.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a un’Assemblea Spirituale Nazionale del 24 novembre 1971) 1529. Recitazione della preghiera media tre volte nella giornata, al mattino, a mezzogiorno e alla sera «...Gli amici sono liberi di scegliere una qualsiasi di queste tre preghiere, ma devono seguire le istruzioni di Bahá’u’lláh al riguardo. La preghiera lunga deve essere recitata una volta nelle 24 ore ed è accompagnata da una certa gestualità. La preghiera breve, consistente in un solo versetto, deve essere recitata una volta al giorno a mezzogiorno; mentre la preghiera media tre volte: al mattino, a mezzogiorno e alla sera. Il credente è del tutto libero di scegliere una qualsiasi di queste tre preghiere per la recitazione quotidiana.» (Da una lettera del 27 aprile 1937 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India) 1530. Definizione di “mattina”, “mezzogiorno” e “sera” «Con i termini “mattina”, “mezzogiorno” e “sera”, menzionati a proposito delle Preghiere Obbligatorie, si intendono rispettivamente gli intervalli fra l’alba e mezzogiorno, tra mezzogiorno e il tramonto, e dal tramonto fino a due ore dopo il tramonto. (Sinossi e Codificazione del Kitáb-i-Aqdas, p. 46, n. 7) 1531. Utilizzo dell’orologio per stabilire alle alte latitudini i momenti della preghiera e le ore di digiuno «Riguardo i momenti della preghiera e le ore di digiuno, è corretto che alle alte latitudini - dove la lunghezza del giorno e della notte varia considerevolmente da una stagione all’altra dell’anno - venga permesso di osservare le relative leggi utilizzando l’orologio, piuttosto che sulla base del sorgere e del tramonto del sole. Poiché l’Islanda si trova a tali latitudini, è compito della vostra Assemblea prendere una decisione in materia per i credenti del vostro paese, i quali devono poi attenervisi qualunque essa sia.» (Da una lettera del 27 luglio 1976 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Islanda) 1532. Il permesso della Casa Universale di Giustizia di usare l’orologio si basa sul Kitáb-i-Aqdas e “Domande e Risposte” «Vi sono due passi nel Kitáb-i-Aqdas e nel testo annesso che fanno riferimento all’uso dell’orologio. Nel Libro Più Santo è scritto che, nei paesi dove il giorno e la notte sono lunghi, i momenti della preghiera sono da fissare con l’ausilio di orologi e cronometri. In “Domande e Risposte”, rispondendo ad una domanda più generale sull’uso di orologi per misurare il tempo, Bahá’u’lláh affermò che era permesso. Sebbene nel primo caso il Testo Sacro menziona specificatamente l’uso dell’orologio per determinare i momenti della preghiera, esso non lo limita solo a questo scopo, e quindi la Casa Universale di Giustizia - sulla base della più generale affermazione contenuta in “Domande e Risposte” - ha permesso il suo utilizzo anche per la determinazione delle ore di digiuno, lasciando che siano le Assemblee Spirituali Nazionali dei paesi che si trovano ad alte latitudini ad applicare la legge. Nel caso del digiuno - come il sig. .... osserva correttamente - esiste una piccola differenza fra il sorgere e il tramonto astronomici del sole e le ore di digiuno fissate per mezzo dell’orologio, poiché tale periodo cade proprio appena prima dell’equinozio. Tuttavia, sulla base di questa norma, per i credenti che vivono ad alte latitudini è possibile utilizzare lo stesso sistema sia per la preghiera che per il digiuno, come pure per fissare la fine del giorno nel calendario bahá’í allo scopo di determinare l’inizio dei Giorni Sacri e quello della Festa del Diciannovesimo Giorno. (Da una lettera del 13 giugno 1978 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1533. “Alláh-u-Abhá” è la forma del Più Grande Nome da usare nella Preghiera Obbligatoria lunga «Shoghi Effendi ha spiegato che “Alláh-u-Abhá” è la forma del Più Grande Nome da ripetere tre volte nella Preghiera Obbligatoria lunga. (Da una lettera del 28gennaio1977 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente) 1534. Istruzioni per la Preghiera Obbligatoria lunga «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la sua lettera del 7 gennaio 1975, nella quale si chiedono informazioni sul corretto modo di seguire le istruzioni relative alla Preghiera Obbligatoria lunga, e ci ha richiesto di trasmetterle la seguente risposta. Nel mettere in atto l’istruzione “Si alzi in piedi, levi in alto due volte le mani e, implorando, dica:”, il credente non deve poi leggere due volte il paragrafo che segue. È lasciato invece alla sua scelta alzare due volte le mani prima di recitare il paragrafo, oppure iniziarne la recitazione dopo aver alzato le mani una sola volta e quindi alzarle una seconda volta alla fine dello stesso. Riguardo l’istruzione “Alzi tre volte le mani, e dica:”, un credente pose all’amato Custode la seguente domanda: “...alzare tre volte le mani e dire “Dio è più grande di ogni grande” significa recitare questa frase dopo ogni alzata di mani o una volta sola dopo aver alzato tre volte le mani?” Il segretario di Shoghi Effendi rispose a suo nome come segue: “Le mani devono essere alzate tre volte ed ogni volta bisogna ripetere contemporaneamente la frase”.» (Da una lettera del 13 febbraio1975 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente) 1535. Istruzioni per la Preghiera Obbligatoria media «Le frasi che si possono sostituire sono relative ad una determinata parte della preghiera e vi sono istruzioni specifiche su dove effettuare dette sostituzioni. Per esempio, il versetto più lungo della preghiera inizia con le stesse parole che possono essere usate in sostituzione; cioè, dopo le istruzioni “Poi si alzi e, volgendosi verso la Qiblih, dica:”“Dio attesta che non v’è altro Dio che Lui”. Riguardo la seconda frase delle istruzioni: “sarebbe sufficiente che, mentre è seduto,...»può essere usata al posto della seguente: “Quindi si segga e dica:”; ed anche qui poi le parole utilizzate in sostituzione sono esattamente eguali alla prima frase del paragrafo finale.» (Da una lettera del 23 aprile 1981 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente) 1536. La corretta posizione per sedersi durante le Preghiere Obbligatorie « ...un credente pose al Custode una domanda sulla corretta posizione per sedersi. Dal contesto sembra chiaro che facesse riferimento alla Preghiera media, ma non è esplicitamente affermato. Il Custode rispose che è permesso sedersi su una sedia, ma è preferibile e più appropriato sedersi sul pavimento.» (Da una lettera del 1 aprile 1982 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente) 1537. Abluzioni e altri movimenti connessi alla recitazione della Preghiera Obbligatoria lunga «Riguardo i movimenti che accompagnano la recitazione della Preghiera Obbligatoria lunga, la Casa Universale di Giustizia, nella lettera dell’1 settembre 1975 scritta in risposta ad informazioni richieste dall’Assemblea Spirituale Nazionale del Vicino Oriente, affermò: “Le abluzioni sono necessarie per tutte e tre le Preghiere Obbligatorie.” “Per la Preghiera Obbligatoria media occorre recitare le specifiche parole, mentre per la breve e la lunga è sufficiente lavarsi le mani e la faccia prima di iniziarne la recitazione.” Tuttavia, la Casa Universale di Giustizia ha comunicato alle Assemblee Spirituali Nazionali occidentali che allo stato attuale non occorre emanare alcuna regola in materia, e poiché le suddette istruzioni non sono state chiarite né‚ applicate in dettaglio ai credenti occidentali, questi ultimi non hanno alcun obbligo di andare al di là delle istruzioni fornite dall’amato Custode nel testo “Preghiere e Meditazioni”, nel quale le abluzioni sono prescritte solo in relazione alla Preghiera Obbligatoria media. L’istruzione di alzare le mani è presente una volta nella Preghiera Obbligatoria media e cinque volte in quella lunga. Il termine usato nell’originale arabo per la prima, seconda e quarta volta nella Preghiera lunga è lo stesso di quello utilizzato per la Preghiera media. Pertanto è del tutto corretto, quando si alzano le mani durante la recitazione di quella lunga, seguire le più specifiche istruzioni date in inglese dal Custode nella sua traduzione della media. Riguardo la terza e quinta volta, la parola “supplicando” è stata omessa e la Casa di Giustizia non intende dare al momento specifiche istruzioni in proposito, lasciando la questione a discrezione degli amici.» (Da una lettera del 1aprile1982 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente) 1538. Abluzioni prima della Preghiera obbligatoria e ripetizione del Più Grande Nome «È stato ordinato che ogni credente in Dio, il Signore del Giudizio,dopo essersi lavato le mani e poi il viso, si sieda e, rivolgendosi a Dio, ripeta ogni giorno novantacinque volte “Alláh-u-Abhá”. Così ha decretato l’Artefice dei Cieli, quando, con maestà e possanza,S’insediò sui troni dei Suoi Nomi. Eseguite le abluzioni anche per la Preghiera Obbligatoria; questo è il comandamento di Dio, l’Incomparabile, l’Incontenibile.» (Bahá’u’lláh, il Kitáb-i-Aqdas, par. 18) 1539. Versetto da recitare in mancanza d’acqua «….Chi non trova acqua per le abluzioni ripeta cinque volte le parole “Nel nome di Dio, il Più Puro, il Più Puro” e poi proceda nelle devozioni. Questo è il comando del Signore di tutti i mondi.» (Ibidem, par. 10) XLI. PROFETI - MANIFESTAZIONI DI DIO A. Il Báb 1540. Durata della Dispensazione del Báb «Il Báb disse che nel momento in cui fosse apparso “Colui Che Dio manifesterà” bisognava accettarLo. Non disse mai di non accettarLo se non fossero trascorsi mille anni. Anche Bahá’u’lláh afferma che nell’anno 9 della Dispensazione Bábi i tempi erano maturi per la Rivelazione di “Colui Che Dio manifesterà”. Poiché il Báb non fu soltanto una Manifestazione, ma anche l’Araldo della Fede Bahá’í, l’intervallo fra la Sua rivelazione e quella di Bahá’u’lláh fu di più breve durata. La Sua Dispensazione, in un certo senso, durerà tanto quanto quella di Bahá’u’lláh.» (Da una lettera del 27 dicembre 1941 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India) 1541. Dichiarazione del Báb « ...I credenti devono tenere le riunioni di commemorazione esattamente 2 ore e 11 minuti dopo il tramonto del 22 maggio..., poiché questo è il momento preciso in cui il Báb dichiarò la Sua Missione a Mulláh ?usayn.» (Ibidem) 1542. Dichiarazione del Báb e giorno di nascita di ‘Abdu’l-Bahá « ...riguardo la dichiarazione del Báb e il giorno di nascita di ‘Abdu’l-Bahá: il Báb dichiarò la Sua Missione il quarto giorno del mese di Jamadi I, due ore e undici minuti dopo il tramonto, corrispondenti alla sera del 22 maggio, ma poiché il giorno bahá’í inizia dopo il tramonto, e non dopo la mezzanotte come in Occidente, la dichiarazione del Báb viene celebrata il quinto giorno di Jamadi I, corrispondente al 23 maggio. ‘Abdu’l-Bahá nacque nel corso di quella stessa notte, ma l’ora esatta della Sua nascita non è stata accertata.» (Da una lettera del 25 novembre1936 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Stati Uniti e Canada) 1543. Il Bayán «Nel Bayán il Báb dice che tutte le religioni del passato avrebbero potuto essere universali. L’unico motivo per cui non lo sono state è dipeso dall’incapacità dei loro seguaci. Egli prosegue poi con una promessa precisa e cioè che il destino della Rivelazione di “Colui Che Dio farà manifesto” sarebbe stato diverso, e che sarebbe diventata universale e avrebbe abbracciato tutti i popoli del mondo. Ciò sta a dimostrare che alla fine avremo successo. Ma la realizzazione di questo ideale potrebbe essere ritardata dai nostri difetti, dalla mancanza di sacrificio e dal non concentrare i nostri sforzi nella diffusione della Causa. E a che cosa porterebbe tutto ciò? Porterebbe al fatto che noi ne saremo ritenuti responsabili davanti a Dio, che la razza umana rimarrà più a lungo nella disobbedienza, che le guerre non saranno presto allontanate, e che le sofferenze dureranno più a lungo. (Da una lettera del 20 febbraio1932 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada. Compilazione “Guida per una vita bahá’í”, pp. 77-78, n. 10) 1544. L’Iqán e il Bayán «Il Báb ha specificato che il Bayán non è completo e che “Colui Che Dio manifesterà” (Bahá’u’lláh) l’avrebbe completato senza proseguirlo, ma spiritualmente nella forma di un altro libro. L’Iqán viene considerato tale continuazione.» (Da una lettera del 17 febbraio 1939 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India) 1545. Motivi della severità delle leggi rivelate dal Báb « ...Le severe leggi e ingiunzioni rivelate dal Báb possono essere apprezzate e comprese solo se interpretate alla luce delle Sue stesse affermazioni circa la natura, lo scopo e il carattere della Sua Dispensazione. Come dette affermazioni chiaramente rivelano, la Dispensazione Bábi è stata essenzialmente una rivoluzione religiosa ed anche sociale e la sua durata pertanto doveva essere breve, ma colma di tragici eventi e di ampie e drastiche riforme. Queste energiche misure, applicate dal Báb e dai Suoi seguaci, furono prese al fine di minare le fondamenta dell’ortodossia sciita e quindi aprire la via per la venuta di Bahá’u’lláh. Per far valere l’indipendenza della nuova Dispensazione e preparare altresì il terreno per la sopravveniente Rivelazione di Bahá’u’lláh, il Báb dovette perciò rivelare leggi molto severe, anche se la maggior parte delle stesse non furono mai applicate. Ma il solo fatto di averle rivelate costituì una prova del carattere indipendente della Sua Dispensazione e fu sufficiente a creare una tale diffusa agitazione e suscitare una tale opposizione da parte del clero che portò quest’ultimo ad essere causa del Suo martirio finale.» (Ibidem) 1546. Ritratto del Báb « ...La visione del ritratto del Báb è da considerare un privilegio ed una benedizione inestimabili, poiché alle passate generazioni fu sempre negato perfino un barlume del Viso della Manifestazione, una volta che Questa trapassava.» (Da una lettera del 13 novembre1944 scritta a nome del Custode a un credente) 1547. L’ora della nascita del Báb «Il Báb nacque prima dell’alba.» (Da una lettera del 10 luglio 1939 scritta a nome del Custode a un credente) 1548. Il termine “Afnán” si riferisce ai parenti del Báb «Il termine Afnán significa letteralmente piccolo ramo e si riferisce ai parenti del Báb, sia uomini che donne. Poiché il figlio del Báb morì nell’ infanzia, Egli non ebbe ovviamente discendenti diretti. Gli Afnán sono quindi tutti indirettamente imparentati al Báb.» Anche Aghsán significa ramo, ma è un ramo più grosso di Afnán e si riferisce ai discendenti di Bahá’u’lláh. (Da una lettera del 25 settembre 1934 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1549. Il sacrificio dei 19 agnelli «Riguardo la sua domanda sul sacrificio dei 19 agnelli pregiati che - come viene riferito - è stato compiuto dal Báb il giorno di Nahr, si tratta di un’usanza islamica. Ma il sacrificio in questione venne eseguito dal Báb prima della rivelazione delle Sue leggi e, quindi, in un momento in cui le leggi e gli usi dell’ Islam non erano stati ancora da Lui totalmente abrogati.» (Da una lettera del 22 agosto 1939 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) B. Bahá’u’lláh 1550. Nessun Profeta della stessa categoria di Bahá’u’lláh «Non vi sono finora Profeti della stessa categoria di Bahá’u’lláh, poiché Egli conclude un grande ciclo iniziato con Adamo. (Da una lettera del 26dicembre1941 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Australia e Nuova Zelanda) 1551. Bahá’u’lláh è apparso nel Più Grande Nome di Dio « ...Per Più Grande Nome s’intende che Bahá’u’lláh è apparso nel Più Grande Nome di Dio, ovvero che Egli è la Suprema Manifestazione di Dio.» (Ibidem) 1552. Bahá’u’lláh è Colui che conversò con Mosé nel Roveto Ardente «Bahá’u’lláh non è l’Intermediario fra le altre Manifestazioni e Dio, poiché Ciascuna di Esse ha una Sua propria relazione con la Sorgente Primaria. Ma nel senso che Bahá’u’lláh è la più grande Manifestazione finora apparsa, è Colui che porta a compimento la Rivelazione di Mosè; Egli era Colui Che conversò con Mosé nel Roveto Ardente. In altre parole,Bahá’u’lláh identifica in quell’occasione la Gloria di Dio Padre con Sé Stesso. Nessuna distinzione può essere fatta fra i Profeti, nel senso che tutti procedono da una stessa Sorgente e sono di un’unica Essenza; tuttavia i Loro ranghi e le Loro funzioni in questo mondo sono differenti.» (Da una lettera del 19 ottobre 1947 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1553. Bahá’u’lláh non è Dio «Riguardo la sua domanda: Bahá’u’lláh, ovviamente, non è Dio e non è il Creatore; ma attraverso di Lui noi possiamo conoscere Dio, a causa - in un certo senso - di questa posizione di Divino Intermediario. Egli (al pari degli altri Profeti) rappresenta tutto ciò che da parte nostra possiamo mai sapere della Infinita Essenza che è Dio. Perciò, rivolgiamoci in preghiera e meditazione a Lui o, tramite Lui, a quell’Infinita Essenza che sta dietro e al di sopra di Lui.» (Da una lettera del 4 giugno 1951 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1554. Perché [Bahá’u’lláh] usa il pronome “Noi” «Quando Bahá’u’lláh usa il plurale - “Noi”, “Nostro”, ecc. - utilizza semplicemente una forma regale che ha una forza più grande rispetto al singolare “Io”. Anche nella lingua inglese vi è lo stesso impiego, quando il Re dice “noi”. Il Papa fa la medesima cosa.» (Da una lettera del 18 febbraio 1951 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1555. Nessun Profeta con rango simile a quello di Bahá’u’lláh‚ «Riguardo le sue domande: non esiste alcuna traccia nella storia o negl’Insegnamenti di un Profeta, vissuto oltre 500.000 anni fa, con rango simile a quello di Bahá’u’lláh. In ogni caso ve ne sarà uno simile a Lui in grandezza fra 500.000 anni, ma non possiamo affermare che la Sua Rivelazione avrà senza dubbio uno scopo interplanetario; possiamo solo dire che sarà possibile. Bahá’u’lláh non ha spiegato cosa intenda con la Sua apparizione in “altri mondi”, e poiché noi nella nostra condizione attuale non avremmo potuto visualizzarli, Egli è stato vago; pertanto noi non abbiamo alcuna possibilità di stabilire se Egli intendesse riferirsi ad altri pianeti o meno.».. (Da una lettera del 24 dicembre 1941 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1556. Ora di nascita di Bahá’u’lláh «Bahá’u’lláh nacque all’alba.» (Da una lettera del 10 luglio 1939 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1557. Chiarimenti su certi passi della “Dispensazione di Bahá’u’lláh” «Riguardo il significato del passo a pag. 12 della “Dispensazione di Bahá’u’lláh” che inizia con le parole Non fosse stato per Lui, nessun Messaggero Divino..., questo si riferisce alla realtà di Dio in Lui e non alla Sua Persona. Pagina 20, primo rigo, dello stesso opuscolo: il passo si riferisce a tutte le opportunità perdute per negligenza e non ad un particolare evento. Pagina 21, rigo 20: il significato del passo non deve essere preso alla lettera. Lo scopo è quello di dare enfasi al tema e di aumentarne l’effetto. Pagina 24, rigo 20: si riferisce alla realtà di Bahá’u’lláh.» (Da una lettera del 17 luglio 1937 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1558. Computo dei giorni menzionati nella “Dispensazione” «Riguardo il passo della “Dispensazione di Bahá’u’lláh” nel quale il Custode cita l’interpretazione di ‘Abdu’l-Bahá della profezia che fa riferimento al momento in cui il sole dovrà necessariamente sostare in cielo, egli desidera che le spieghi che i giorni menzionati in questa profezia sono da computare differentemente. Nelle Scritture delle varie religioni si trovano frequenti riferimenti a giorni, ma questi hanno indicato differenti periodi di tempo, come per esempio nel Corano un giorno è considerato mille anni. Nella sopradetta profezia, i primi dieci giorni rappresentano ciascuno un secolo e quindi un totale di mille anni lunari. Riguardo i venti giorni della Dispensazione Bábi, ciascuno rappresenta solo un anno lunare e quindi indicano i venti anni della Rivelazione del Báb. I trenta giorni dell’ultima Dispensazione non devono essere computati numericamente, ma essere considerati come simbolo dell’incomparabile grandezza della Rivelazione bahá’í che, sebbene non sia definitiva, è nondimeno finora la più completa rivelazione di Dio all’uomo. Dal punto di vista fisico, i trenta giorni rappresentano il tempo massimo che il sole impiega per attraversare un segno dello zodiaco; essi rappresentano quindi un punto culminante nell’evoluzione di questa stella. Così anche dal punto di vista spirituale questi trenta giorni debbono essere considerati come il più alto, sia pure non definitivo, stadio nell’evoluzione spirituale dell’umanità.» (Da una lettera del 7 agosto /1934 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale di Stati Uniti e Canada) 1559. Bahá’u’lláh discendeva da Abramo sia tramite Chetura che Sara‚ «Riguardo la sua domanda su Jesse da cui discende Bahá’u’lláh: il Maestro afferma ne “Le Lezioni di San Giovanni d’Acri”, riferendosi a Isaia, capitolo 11, versetti da 1 a 10, che questi ultimi “si applicano parola per parola a Bahá’u’lláh”. Egli allora identifica questo Jesse come il padre di Davide con le seguenti parole: “...perché Giuseppe era discendente di Jesse, padre di Davide...», confermando così Jesse del capitolo 11 di Isaia come padre di Davide. Bahá’u’lláh è quindi discendente di Jesse, il padre di Davide. Il Custode spera che quanto anzidetto le possa essere di chiarimento. La connessione di Bahá’u’lláh con il Giudaismo è un tema meraviglioso e affascinante ed ha una grande importanza sia per gli Ebrei che per i Cristiani.» (Da una lettera dell’ 11 luglio 1942 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) «Riguardo la sua domanda sulla discendenza di Bahá’u’lláh da Abramo: il Maestro ha affermato che Bahá’u’lláh discende da Abramo attraverso un suo figlio, diverso da Isacco e Ismaele, avuto dalla moglie Chetura.».. (Da una lettera del 24 Mirza 1943 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1560. Bahá’u’lláh come ritorno di Cristo «Accettando Bahá’u’lláh, Ella ha accettato Cristo nel Suo sembiante del Padre, come da Egli Stesso così chiaramente predetto. La Chiesa Cattolica non crede a ciò e, al contrario, aspetta ancora il ritorno di Cristo. Se Ella decidesse di rientrare nell’ambito della Chiesa al fine di essere sepolta vicino al suo caro marito, dovrebbe negare in buona fede Bahá’u’lláh o utilizzare la Chiesa come mezzo per soddisfare un proprio desiderio, la qual cosa non sarebbe certamente né onesta né coscienziosa.» (Da una lettera del 28 luglio 1950 scritta a nome del Custode a una credente) 1561. Apparizione di successivi Profeti «Dopo Bahá’u’lláh appariranno senza dubbio molti Profeti, ma saranno tutti sotto la Sua ombra. Sebbene possano abrogare le leggi di questa Dispensazione a seconda delle necessità dell’epoca in cui appariranno, Essi tuttavia trarranno la loro forza spirituale da questa possente Rivelazione. La Fede di Bahá’u’lláh costituisce infatti lo stadio della maturità nello sviluppo dell’umanità. La Sua apparizione ha liberato forze spirituali tali che continueranno ad animare il mondo nel suo sviluppo per molti anni a venire. Qualunque progresso si raggiungerà in epoche future - dopo l’unificazione dell’intera razza umana - esso consisterà solo in miglioramenti nella struttura del mondo, poiché la medesima è stata già creata da Bahá’u’lláh. I Profeti successivi saranno chiamati ad adempiere proprio il compito di migliorare e perfezionare continuamente questa struttura. Essi si muoveranno e lavoreranno entro l’orbita del ciclo bahá’í.» (Da una lettera del 14 novembre 1935 scritta a nome del Custode a un credente) 1562. Timore per la prossima Manifestazione «Riguardo il significato della citazione “Il mio timore è per Colui che vi sarà mandato dopo di Me”, questa si riferisce alla Manifestazione che dovrà apparire fra mille o più anni. Come tutti i precedenti Messaggeri di Dio, sarà soggetto a persecuzioni, ma alla fine trionferà su di esse. In questo mondo, infatti, vi sono stati e continueranno sempre ad esserci uomini malevoli, a meno che l’umanità non pervenga ad uno stato di completa ed assoluta perfezione -condizione questa non solo improbabile, ma allo stato impossibile da raggiungere. La differenza fondamentale, comunque, fra questa Dispensazione e tutte le precedenti è la seguente: l’impossibilità del verificarsi di un permanente scisma fra i seguaci del Profeta, perché in questa Rivelazione sono state dettate dirette ed esplicite istruzioni che forniscono gli strumenti necessari al mantenimento dell’unità organica del corpo dei fedeli.» (Da una lettera del 1 dicembre 1934 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Stati Uniti e Canada) 1563. [Bahá’u’lláh] non ci chiede di seguirLo ciecamente «Come nel passato i Profeti sono stati perseguitati e la loro Missione messa in ridicolo, così il Messaggio di Bahá’u’lláh è stato deriso quale mero impraticabile idealismo. Fin dai primi anni della giovinezza Egli fu messo in catene, bandito dalla patria e perseguitato. Ma cosa osserviamo in questo Giorno?... i principi da Lui propugnati sono l’unica soluzione alle attuali questioni politiche pratiche; le verità spirituali da Lui enunciate costituiscono le urgenti necessità dell’uomo e proprio ciò che quest’ultimo richiede per il suo sviluppo morale e spirituale. Egli non ci chiede di seguirLo alla cieca; come afferma in una Sua Tavola, Dio ha dotato l’uomo di una mente che gli serva da luce che lo guidi alla verità. Legga le Sue Parole, prenda in considerazione i Suoi Insegnamenti e ne misuri il valore alla luce dei problemi odierni, e senza dubbio la verità le si aprirà dinanzi agli occhi. Legga libri come il l’Iqán, Le Lezioni di San Giovanni d’Acri, Gli Araldi dell’Aurora,ed apprezzerà la verità della Sua Missione, come pure il vero spirito che Egli crea in chiunque segua il Suo sentiero. (Da una lettera del 26 febbraio 1933 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Parzialmente in compilazione “Approfondimento”, p. 50, n. 112) 1564. Cristo e Bahá’u’lláh «L’amato Custode è rimasto molto impressionato dall’ultimo libro scritto dal caro estinto collaboratore George Townshend, “Cristo e Bahá’u’lláh”. Questo libro descrive chiaramente il rapporto fra Cristo e Bahá’u’lláh e presenta il modo in cui i bahá’í stanno erigendo il Regno di Dio per il quale i Cristiani stanno pregando. È stimolante e certamente toccherà molti leader religiosi. Il Custode ritiene che la vostra Assemblea dovrebbe fare di questo libro il perno di un’attiva campagna d’insegnamento.» (Da una lettera del 19 aprile 1957 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1565. Durata del ciclo e della Dispensazione bahá’í «Riguardo la sua domanda sulla durata della Dispensazione bahá’í: non esiste alcuna contraddizione fra l’affermazione di Bahá’u’lláh nell’“Iqán” sul rinnovamento della Città di Dio una volta ogni mille anni e quella del Custode nella “Dispensazione” circa la durata del ciclo bahá’í per un periodo di almeno 500.000 anni. L’apparente contraddizione è dovuta alla confusione fra i termini ciclo e dispensazione. Infatti, mentre la Dispensazione di Bahá’u’lláh durerà almeno mille anni, il Suo ciclo proseguirà ancora per almeno altri 500.000.» (Da una lettera del 14 novembre 1935 scritta a nome del Custode a un credente) 1566. Nessuna spiegazione sul periodo di 500.000 anni del ciclo bahá’í‚ «‘Abdu’l-Bahá non ha dato alcuna spiegazione riguardo il periodo di 500.000 anni del ciclo bahá’í. I singoli credenti sono liberi di darsi la spiegazione che desiderano, purché non impongano ad altri le loro opinioni.» (Da una lettera del 10 luglio 1939 scritta a nome del Custode a un credente) 1567. Identificazione di Bahá’u’lláh con altri Profeti «Riguardo l’elenco dei Profeti con cui Bahá’u’lláh identifica Sé‚ Stesso nel passo a pag. 29 e 30 della “Dispensazione di Bahá’u’lláh” [Ed. Roma 1951, N.d.T.], i loro nomi sono i seguenti: Abramo, Mosè, Giuseppe, Giovanni Battista, Gesù, l’ Imám ?usayn - a cui Bahá’u’lláh ha conferito un rango particolarmente elevato - (e) il Báb.» (Da una lettera del 7 agosto 1936 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Stati Uniti e Canada) 1568. Bahá’u’lláh non ha nominato “Lettere del Vivente” «Non esistono “Lettere del Vivente” relative a Bahá’u’lláh, come vi sono state nella Dispensazione del Báb. Dayyán fu evidentemente la terza persona a credere in Bahá’u’lláh; non sappiamo chi furono il secondo e gli altri . Il Báb, essendo una Manifestazione, non può essere considerato il primo in questo senso.» (Da una lettera del 19 aprile 1947 scritta a nome del Custode a un credente) 1569. I “Custodi” della Sapienza «Non possiamo essere certi a chi Bahá’u’lláh si riferisca con il nome di “custodi” della sapienza.» (Ibidem) «Si debbono ponderare le parole pronunziate dai Luminari della Verità e, se non se ne dovesse afferrare il senso, si dovrebbe ricercare la luce presso i Custodi dei tesori della Sapienza perché ne interpretino il significato e ne risolvano il mistero.».. (Bahá’u’lláh: Il Libro della Certezza, pp. 192-193) 1570. La Fede Bahá’í è un modo di vivere e non una mera dottrina sociale e filosofica‚ «La Fede Bahá’í è sopratutto un modo di vivere e non una mera dottrina sociale e filosofica. Essa si estrinseca in una comunità strettamente unita ed armoniosamente funzionante, nonché in un’universale confraternita spirituale che cerca di riformare il mondo operando innanzi tutto una profonda e intima trasformazione spirituale nel cuore degli uomini. Vivere gl’Insegnamenti della Causa deve essere la principale preoccupazione di ogni vero credente, ed il solo modo per farlo è mettersi in comunione, sia spiritualmente che attraverso mezzi concreti, con l’intera comunità dei fedeli. La Causa bahá’í incoraggia la vita comunitaria e fa obbligo ad ognuno dei suoi seguaci di diventare un vivo, attivo e responsabile membro della comunità mondiale bahá’í.» (Da una lettera del 13 agosto 1936 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1571. Concepire gl’Insegnamenti come un’unica realtà con molte sfaccettature‚ «Egli ritiene che molte delle perplessità che sorgono nella nostra mente potrebbero dissiparsi se considerassimo gl’insegnamenti come un’unica realtà con molte sfaccettature. Giacché copre una grande varietà di argomenti, la verità può apparire contraddittoria, ma è pur sempre una se si considerano bene le cose fino in fondo. Per esempio prendiamo quanto è detto sulla vita dopo la morte e sulla condizione dei credenti e dei non credenti: si può dire che un ottimo credente è simile a un diamante luccicante al sole, mentre un’anima fiacca come uno posto in una stanza buia. Ma questo concetto deve essere legato con l’altro insegnamento, e cioè che la Misericordia di Dio supera la Sua Giustizia e che l’anima può progredire nell’altro mondo; un’anima senza luce può diventare brillante. (Da una lettera del 24 febbraio1947 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Parzialmente nella compilazione “Approfondimento”, p. 62, n. 146) 1572. La Rivelazione Divina si basa sull’infallibilità dei Profeti‚ «Riguardo il suo amico bahá’í che non comprende appieno l’infallibilità della Manifestazione di Dio: Ella dovrebbe spingere quella persona a studiare l’argomento più profondamente, affinché comprenda che l’intera teoria della Rivelazione Divina si basa sull’infallibilità del Profeta, sia Esso Cristo, Mu?ammad, Bahá’u’lláh, o un altro. Se Essi non fossero infallibili, non sarebbero Divini e non avrebbero quindi quell’essenziale connessione con Dio che è - noi crediamo - il legame capace di educare gli uomini e determinarne il progresso.» (Da una lettera dell’ 11gennaio 1942 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1573. Nella Fede Bahá’í vi sono pochissimi riti e non esistono dogmi stabiliti dagli uomini «In risposta alla vostra lettera del 3 settembre 1979 in cui chiedete se esistono dogmi e riti nella Fede Bahá’í, la Casa Universale di Giustizia ci ha chiesto di trasmettervi la sua risposta. Un dogma è un principio, un credo o un insegnamento - in particolare un autorevole insegnamento -, e in questo senso è chiaro che la Fede possiede “dogmi”. La parola, tuttavia, è anche usata per descrivere quell’insieme di rigide dottrine che si accumulano in una religione dopo il trapasso del suo Fondatore; tali dogmi stabiliti dagli uomini sono totalmente assenti nella Fede Bahá’í, né‚ potranno mai esservi introdotti. Circa i rituali, il segretario dell’amato Custode così scrisse a suo nome ad un credente il 24 giugno 1949: “Bahá’u’lláh nella Sua Fede ha ridotto al minimo rituali e forme. Le poche forme rimaste - come quelle relative alle due preghiere obbligatorie lunghe - sono simboli di una realtà interiore. Esse celano una grande saggezza e benedizione, ma non possiamo farci un obbligo di comprendere o sentire queste cose, ecco perché Egli ci ha dato anche una preghiera breve e semplicissima, per coloro che non avvertono il desiderio di eseguire i gesti legati alle altre due”. Come si può vedere la Fede ha alcuni semplici riti prescritti da Bahá’u’lláh, come le preghiere obbligatorie, la cerimonia del matrimonio e le leggi per la sepoltura dei defunti, ma i suoi insegnamenti mettono in guardia contro la loro evoluzione in un sistema di uniformi e rigidi rituali comprendenti forme e pratiche stabilite dall’uomo, come quelli esistenti in altre religioni dove i riti consistono usualmente in elaborate pratiche cerimoniali eseguite da un membro del clero. In un’altra lettera scritta a nome del Custode, il suo segretario affermò: “In questi giorni gli amici devono dimostrare, per quanto possibile e tramite le loro azioni, l’indipendenza della Santa Fede di Dio e la sua libertà dai costumi, rituali e pratiche di un passato discreditato e abrogato” (tradotto dal persiano). Nel liberare gli amici dai riti religiosi del passato e da quei costumi contrari ai principi bahá’í, le istituzioni della Fede devono evitare di insistere sugli stessi affinché abbandonino ingiustificatamente quelle tradizioni locali innocue e spesso caratteristiche pittoresche di particolari popoli e tribù. A pag. 42 de “L’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh” leggiamo: “Che non vi siano dubbi riguardo allo scopo animatore della Legge Mondiale di Bahá’u’lláh! Lungi dal mirare allo sconvolgimento delle attuali fondamenta della società, essa cerca anzi di ampliarne le basi, di rimodellarne le istituzioni in maniera consona ai bisogni di questo mondo in continuo mutamento. La Sua Legge non si pone in conflitto con alcun tipo di legittima fedeltà, né‚ intende scalzare alcuna sostanziale forma di lealtà; non è suo scopo quello di estinguere nel cuore dell’uomo la fiamma di un sano e intelligente patriottismo, né‚ di sopprimere il sistema delle autonomie nazionali così necessario ad evitare i mali di un eccessivo accentramento. Né‚ essa trascura, o s’attenta di sopprimere, le differenze di origine etnica, di clima, storia, lingua e tradizioni, pensiero e costumi, che diversifica i vari popoli e nazioni del mondo...» (Da una lettera del 16ottobre1979 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Bolivia. Parzialmente in compilazione “Preghiera – Meditazione -Devozione” p. 31, n. 59) C. Spiegazione di alcuni Insegnamenti bahá’í 1574. Significato di Dio personale «Ciò che s’intende per Dio personale è un Dio Che è conscio della Sua creazione, Che ha una Mente, una Volontà, uno Scopo, e non – come molti scienziati e materialisti credono - una forza inconsapevole e determinata che opera nell’universo. Tale concezione dell’Essere Divino - una Realtà suprema e sempre presente nel mondo - non è antropomorfica, poiché trascende tutte le limitazioni e forme umane e non tenta di definire assolutamente l’essenza della Divinità che è ovviamente oltre qualsiasi umana comprensione. Dire che Dio è una Realtà personale non significa che Egli possieda una forma fisica o che assomigli in qualche modo a un essere umano. Avere un tale credo sarebbe una vera e propria bestemmia.» (Da una lettera del 21 aprile 1939 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1575. L’uomo vive in un piano di coscienza tridimensionale Quando diciamo che l’uomo vive in un piano di coscienza tridimensionale, noi non interpretiamo tale affermazione in termini matematici, sebbene l’idea basilare alla sua radice è certamente corretta.» (Ibidem) 1576. Influenza dei Profeti asiatici sugli indiani d’America «È possibile che gli Indiani d’America furono influenzati nel remoto passato da Profeti asiatici. Però, non essendoci nulla nei nostri insegnamenti, non possiamo fare che congetture.» (Da una lettera del 25 novembre 1950 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1577. Mustagháth «Il significato di “Mustagháth” : “Colui Che è invocato per aiuto”.» (Da una lettera del 14 giugno 1947 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1578. Riferimento alla Rivelazione di Bahá’u’lláh nel Vangelo di Giovanni‚ «Il passo del Vangelo di Giovanni 14:26 si riferisce alla Rivelazione di Bahá’u’lláh, la Cui venuta ha adempiuto questa profezia.» (Da una lettera del 21 aprile 1939 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1579. Negli Scritti bahá’í “Signore” e “Dio” si riferiscono al Creatore «Negli Scritti bahá’í le parole “Signore” e “Dio” si riferiscono al Creatore e non alla Manifestazione di Dio; in pochissimi brani la parola “Signore” si riferisce alla Manifestazione, ma di norma significa “Dio”.» (Da una lettera del 4 ottobre 1950 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1580. Tramutamento del rame in oro «Considerando che un secolo fa nessuno conosceva la natura della materia e non si era in grado di effettuare la scissione dell’atomo, gli scienziati non devono restare sorpresi dall’affermazione di ‘Abdu’l-Bahá, secondo cui il rame può essere tramutato in oro. In futuro, per quanto ne sappiamo, gli scienziati potrebbero cambiare la massa di molti atomi. Attualmente non abbiamo alcun modo per dimostrare o confutare l’affermazione di ‘Abdu’l-Bahá; ma non poter dimostrare un’affermazione degli Insegnamenti bahá’í non significa che essa non sia vera. Lo stesso vale per l’affermazione di Bahá’u’lláh nell’Iqán riguardo la trasmutazione del rame in oro dopo settant’anni in talune condizioni. Tenuto conto che Egli aveva accesso a tutta la conoscenza, noi - come bahá’í - dobbiamo supporre che faceva riferimento ad una determinata condizione fisica che teoricamente potrebbe esistere; e poiché non sappiamo in cosa essa consista in termini scientifici, non rifiutiamo affatto l’affermazione di Bahá’u’lláh. Il Custode spera che il sig. ... non permetterà che una così piccola cosa intralci la sua strada. Il principio della Fede è accettare qualunque cosa dica la Manifestazione di Dio, una volta che sia stata accettata come Tale. In realtà è questo il nodo dell’intera faccenda. Si tratta di una questione di fiducia.» (Da una lettera del 14 Mirza 1955 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1581. Possibilità di vita su ogni pianeta «Riguardo il passo a pag. 180 delle “Spigolature”: le creature che Bahá’u’lláh afferma si trovino in ogni pianeta non possono essere necessariamente considerate simili o differenti dagli esseri umani di questa terra. Bahá’u’lláh non specifica se tali creature siano o meno simili a noi. Egli semplicemente fa riferimento al fatto che in ogni pianeta esistono delle creature. Spetta alla scienza scoprire un giorno la loro esatta natura.» (Da una lettera del 14 Mirza 1955 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1582. Significato di “Dayspring” «Ho chiesto al Custode l’esatto significato della parola “Dayspring”: letteralmente significa “Dawn” [la traduzione italiana di entrambe le parole è “alba” o “aurora”, N.d.T.]. Essa viene usata talvolta nel senso di “orizzonte” o “punto che sorge” e, in senso figurato, equivale a fontana o sorgente. Può essere inoltre usata in riferimento alla Manifestazione di Dio, come nell’espressione “Dayspring of Truth” [Alba di Verità, N.d.T.].» (Da una lettera del 19 febbraio1935 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1583. L’esistenza assoluta si può attribuire solo a Dio - La Sua creazione ha un’esistenza relativa, una realtà separata « In una Tavola Bahá’u’lláh dice che, sebbene l’esistenza assoluta può essere attribuita solo a Dio, non possiamo certo affermare che gli oggetti non esistano. Un tavolo esiste anche se la sua esistenza, in relazione a quella del carpentiere suo costruttore, è quasi nulla. In relazione a Dio niente esiste, ma ciò non significa che le pietre non esistano. Si sta parlando in senso relativo. Inoltre, Dio si rivela in tutte le cose, nel senso che Egli è la sorgente del loro essere e la Causa della loro esistenza. Senza di Lui tutto si riduce nel nulla. Ciò non implica tuttavia che ogni cosa sia parte di Dio, come credono i panteisti. Questi sostengono, infatti, che solo Dio esiste e gli oggetti sono mere espressioni dei Suoi attributi. Bahá’u’lláh invece afferma che gli oggetti hanno una separata realtà creata da Dio. Il Maestro spiega queste cose in particolare in uno degli ultimi capitoli de “Le Lezioni di San Giovanni d’Acri”. Esistono diverse altre Tavole di Bahá’u’lláh che illustrano queste questioni, ma la maggior parte di esse non sono state finora tradotte in inglese. Speriamo che un giorno tale lavoro sarà effettuato di modo che gli amici si potranno rendere conto di come Bahá’u’lláh abbia risolto i loro problemi.» (Da una lettera del 26 ottobre 1932 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1584. Significato di “Scienze che iniziano e finiscono con parole” «Ciò che Bahá’u’lláh intende principalmente con “scienze che iniziano e finiscono con parole” sono quei commentari e trattati teologici che ingombrano la mente dell’uomo, piuttosto che aiutarla a pervenire alla verità. Gli studenti dedicano la vita al loro studio, ma non ottengono nulla. Bahá’u’lláh certamente non ha mai inteso includere in questa categoria lo scrivere romanzi; la stenografia e la dattilografia, inoltre, sono talenti molto necessari nell’attuale nostra vita economica e sociale.» (Da una lettera del 30 novembre 1932 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1585. Energia atomica: Uno strano e meraviglioso strumento «Le parole di Bahá’u’lláh circa “uno strano e meraviglioso strumento...» possono riferirsi - alla luce di quanto detto dal Maestro a San Francisco - alla grande forza distruttiva che l’energia atomica è in grado di liberare.» (Da una lettera del 16 Mirza 1946 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1586. Esortazione di Bahá’u’lláh a sviluppare le qualità latenti «Il passo de L’Epistola al Figlio del Lupo in cui Bahá’u’lláh dice “Dai ciò che ti si chiede” significa che l’uomo deve sempre cercare di sviluppare e palesare le qualità di cui potenzialmente dispone. È uno stimolo all’auto miglioramento e allo sviluppo individuale e non ha, quindi, alcuna connessione con il passo dell’Aqdas nel quale Bahá’u’lláh proibisce l’accattonaggio.» (Da una lettera del 8 Mirza 1936 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1587. I “veli” erano molto tenui al tempo della Manifestazione «Riguardo le parole di ‘Abdu’l-Bahá “la Vigna non sarà così facile da trovare” ecc.: quest’affermazione sostiene molte osservazioni simili. Egli spiegò, infatti, che spesso al tempo della Manifestazione i veli erano - per così dire - molto tenui. Parecchie anime accettavano il Messaggio con vera spontaneità basandosi su un sogno fatto o solo per essere venute a conoscenza dell’esistenza della Causa. Ma più tardi, passata la prima fase e una volta che la gente comincia a richiedere maggiori argomentazioni e prove, l’accettazione avviene meno come un lampo di percezione spirituale e di più come un processo intellettuale. Tutt’altra cosa è la futura gloria della Causa e l’origine divina delle sue istituzioni, da Lui Stesso abbozzate. Quando il Maestro afferma che le Assemblee Locali e Nazionali sono la “Voce della verità” intende dire che si deve obbedire loro e non che siano infallibili.» (Da una lettera del 25 novembre 1947 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1588. Oggi ci si assume una grande responsabilità rifiutando la Manifestazione «Rispetto alle Dispensazioni del passato, oggi certamente ci si assume una più grande responsabilità rifiutando la Manifestazione, in quanto che l’uomo - e quindi l’umanità nel suo insieme - è stato dotato di una ricettività spirituale maggiore di quanto abbia mai avuto; di conseguenza ripudiare ora la Verità rivelata sarebbe una mancanza molto più grave di quanto lo sarebbe stata nelle epoche e nei secoli passati.» (Da una lettera del 14 novembre 1939 scritta a nome del Custode a un credente) 1589. Pietra angolare di tutti gli Insegnamenti: l’unità dell’umanità «È della massima importanza che i credenti spieghino chiaramente questo punto, poiché il principio dell’unità dell’umanità è la pietra angolare di tutti gli Insegnamenti di Bahá’u’lláh e, come tale, deve essere presentato dagli amici senza la minima esitazione.» (Da una lettera dell’ 11 Mirza 1937 scritta a nome del Custode a un credente, citata nella lettera dell’ 8 agosto 1968 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1590. “Amare il proprio simile” «Con riferimento alla sua domanda circa il significato della frase “amare il proprio simile”, l’affermazione di Bahá’u’lláh non riguarda alcuna speciale razza o classe di persone, ma piuttosto l’intera razza umana, senza distinzione di classe, credo o colore. Il Messaggio di Bahá’u’lláh non è un appello rivolto a un gruppo di persone in particolare: è un Messaggio Universale rivolto a tutti. Il Suo principio di Unità dell’umanità è universale nel suo spirito, nella sua applicazione, e copre l’intero campo dei rapporti umani.» (Ibidem) 1591. “Da essa vi abbiamo creati” «Riguardo il passo a pag. 253 delle Spigolature dagli Scritti di Bahá’u’lláh, la frase che inizia con le parole “Da essa (la terra) vi abbiamo creati” è una citazione tratta dal Corano.».. (Da una lettera del 8 maggio 1936 scritta a nome del Custode a un credente) 1592. “Seconda volta” significa la resurrezione spirituale dell’uomo «Per “seconda volta” s’intende la resurrezione spirituale dell’uomo, cioè a dire l’accettazione della Manifestazione Divina. I Mussulmani, però, hanno attribuito a questo termine l’interpretazione letterale di resurrezione fisica dell’uomo; Bahá’u’lláh la usa proprio per confutare le loro argomentazioni. Egli, citando questo passo, tenta di confutare l’opinione dei Mussulmani, i quali attribuiscono un’interpretazione puramente letterale a questo versetto del Corano, considerandolo allusivo alla resurrezione corporea. Questi Mussulmani - dice - che credono letteralmente alla resurrezione del corpo umano dalla polvere, dando così tanta importanza a questo mondo mortale, come possono inorgoglirsi e vantarsi di cose del tutto periture e di conseguenza prive di qualsiasi vero e durevole valore?» (Da una lettera del 7 febbraio 1939 scritta a nome del Custode all’Assemblea di Racine) 1593. Il Giorno della Resurrezione, del Giudizio, e la Tomba « ...Riguardo il significato di “Resurrezione”: sebbene questo termine venga spesso usato da Bahá’u’lláh nei Suoi Scritti, come nel passo citato nella sua lettera, il suo significato è figurato. La tomba menzionata è pure allegorica e vuol dire la tomba dell’incredulità. Secondo l’interpretazione bahá’í, Il Giorno della Resurrezione è il Giorno del giudizio, il Giorno in cui i non credenti saranno chiamati a dar conto delle loro azioni e palesare se il mondo ha impedito loro di riconoscere la nuova Rivelazione.» (Da una lettera scritta a nome del Custode a un credente, citata in “Dawn of a New Day”, p.79) 1594. La Rivelazione di Bahá’u’lláh riguarda principalmente questo pianeta « ...A pag. 239 dello stesso libro (Spigolature): a nessuna particolare forza si fa riferimento; essa è un simbolo del potere rigenerativo di cui è dotata un’azione giusta. Riguardo la sua domanda se il potere di Bahá’u’lláh si estenda sia sul nostro sistema solare che su mondi superiori, occorre notare che, pur se la Rivelazione di Bahá’u’lláh riguarda principalmente questo pianeta, lo spirito che la anima pervade tutto e quindi il suo scopo non può essere limitato o definito.» (Da una lettera del 14 luglio 1938 scritta a nome del Custode a un credente) 1595. Regno di Abhá «Con riferimento alla sua domanda sul significato del termine “Regno di Abhá”, si tratta di un’altra espressione per indicare il mondo spirituale esistente dopo la morte.» (Da una lettera del 21 aprile 1939 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1596. “Eletti” «Il termine “eletti” a pag. 190 delle Spigolature significa prescelti o favoriti.» (Da una lettera del 26 novembre 1939 scritta a nome del Custode a un credente. Compilazione “Spiritismo - Reincarnazione -Fenomeni medianici”, p. 17, n. 30) 1597. Evoluzione dell’anima «Il passo a pag. 173 delle Spigolature sull’evoluzione dell’anima dopo la morte dimostra chiaramente che l’anima, dopo la sua separazione dal corpo, mantiene l’individualità e la consapevolezza in relazione alle altre anime e agli esseri umani di questo mondo.» (Ibidem) 1598. “Perire” «La parola “perirebbe” a pag. 209 delle Spigolature non significa che l’anima umana cesserà di esistere, ma che sarà privata di ogni capacità e comprensione spirituale.» (ibidem) 1599. “Nessuno potrà ottenere vita eterna” «A pag. 201 delle Spigolature il passo “Nessuno potrà ottenere vita eterna...» non deve essere preso alla lettera: per “vita eterna” s’intende la felicità spirituale, la comunione con lo Spirito Divino.» (Ibidem) 1600. Differenze di rango e classi nella società «Riguardo il significato del passo a pag. 207 delle Spigolature: Bahá’u’lláh enfatizza l’importanza di mantenere differenze di rango e classi nella società, ma non ne fa una questione razziale.» (Da una lettera del 22 maggio 1936 scritta a nome del Custode a un credente) 1601. Parole Celate «Riguardo il passo n. 13 delle Parole Celate dall’arabo: ciò che Bahá’u’lláh afferma possiamo trovare entro di noi è il potere dello Spirito Divino, il riflesso della luce della Sua Rivelazione. Tale riflesso, tuttavia, non può in nessun modo essere paragonato alla Rivelazione che Dio dischiude ai Suoi Profeti e Messaggeri. La somiglianza di terminologia non deve creare confusione in questa distinzione che è veramente fondamentale.» (Da una lettera del 7 dicembre 1935 scritta a nome di Shoghi Effendi a due credenti) 1602. “Kitáb-i-Iqán” « ...riguardo il significato del passo dell’Iqán in cui Bahá’u’lláh fa riferimento al rinnovamento della “Città di Dio” una volta ogni mille anni circa, si tratta solo - proprio come vuol dire la parola circa- di una data approssimativa e quindi non deve essere presa alla lettera.» (Da una lettera del 29 ottobre 1938 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1603. “Che dal nulla” «L’affermazione “Che dal nulla...» a pag. 73 delle Spigolature deve essere presa in senso simbolico e non letterale. Serve solo a dimostrare il potere e la grandezza di Dio.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi, tratta da “Letters from the Guardian to Australia and New Zeland 1923-1957”, p.41) 1604. “Legioni del Suo Testamento” e “corda” «Riguardo le sue domande: Per “Governo”, a pag. 210 del Bahá’í World, vol. VI, s’intende quel corpo esecutivo che applicherà le leggi nel momento in cui la Fede Bahá’í sarà riconosciuta e accettata totalmente da qualsiasi nazione. A pag. 205 dello stesso volume, le “Legioni del Suo Testamento” sono un riferimento a coloro che - difendendolo e sostenendolo - si mantengono saldi nel rispetto delle Ultime Volontà e Testamento di Bahá’u’lláh. La parola “corda”, così spesso menzionata negl’insegnamenti, significa sia la Fede stessa, sia anche la forza della Fede capace di sostenere coloro che ad essa si tengono stretti.» (Da una lettera del 18aprile1941 scritta a nome del Custode a un credente. Vedasi anche “Ultime Volontà e Testamento” di ‘Abdu’l-Bahá, ed. 1987, pp. 7 e 20) 1605. Spiegazione della “Sura del Sole” «Il passo contenuto nella Tavola in cui Bahá’u’lláh spiega la “Sura del Sole” non deve essere interpretato alla lettera. Non significa che dopo il Giorno della Resurrezione lode e pace cesseranno di essere accordati al Profeta; significa piuttosto alla fine dei tempi, e cioè per sempre.» (Shoghi Effendi: “Dawn of a New Day”, pp.79-80) 1606. Intercessione «L’intercessione di cui parla Bahá’u’lláh nella preghiera da Lei citata è un atto puramente spirituale ed è propria sia di Mu?ammad che degli altri Profeti. Questo passo, comunque, si riferisce più particolarmente a quel tipo di intercessione nella quale credono i mussulmani, pur restando misteriosi e inconoscibili - secondo il credo bahá’í - il modo e le circostanze del suo operare. (Ibidem) 1607. “La conoscenza consta di ventisette lettere...» «Circa il passo che inizia con le parole “La conoscenza consta di ventisette lettere”, esso non va interpretato letteralmente: sta ad indicare solo la relativa grandezza e superiorità della nuova Rivelazione.» (Da una lettera del 10 luglio 1939 scritta a nome del Custode a un credente) 1608. “Tavola di Ahmad” - La parola “empi” «Nella frase “schiva ogni comunanza con gli empi” [dalle Parole Celate, persiano, n. 3, N.d.T.] Bahá’u’lláh intende dire che dobbiamo sfuggire la compagnia di coloro che non credono in Dio e sono perversi; la parola “empi” indica infatti tali persone. Le parole “Sii come una vampa di fuoco per i Miei nemici e un fiume di vita eterna per i Miei amati” [dalla Tavola di Ahmad, N.d.T.] non sono da prendersi nel loro senso letterale; il consiglio di Bahá’u’lláh è ancora quello di fuggire dai nemici di Dio e cercare invece la compagnia dei Suoi amati.» (Shoghi Effendi: “Dawn of a New Day”, p.200) «La Tavola di Ahmad è stata rivelata da Bahá’u’lláh per essere letta quando una persona ritiene di attraversare momenti particolarmente difficili. Non vi è nulla di obbligatorio nel suo uso e ciascuno può decidere se impararla a memoria o meno...» (Da una lettera del 14 aprile 1932 scritta a nome di Shoghi Effendi ai Bahá’í di Kenosha) 1609. La Tavola del Santo Marinaio «La Tavola del Santo Marinaio fu rivelata da Bahá’u’lláh a Baghdad. Il Santo Marinaio è un riferimento a Bahá’u’lláh Stesso e l’Arca menzionata in detta Tavola è l’Arca della Sua Causa. (Da una lettera dell’ 8 Mirza 1936 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) «Riguardo la Tavola del Santo Marinaio, si tratta di una delle Tavole più significative rivelate da Bahá’u’lláh durante gli ultimi giorni della Sua permanenza a Baghdad e fa riferimento ai tristi ed importantissimi eventi che sarebbero accaduti subito dopo il Suo arrivo ad Adrianopoli. La sua fondamentale rilevanza sta nel fatto che Bahá’u’lláh vi predice chiaramente i gravi avvenimenti che alla fine portarono alla defezione di Subh-i-Azal, ma non allo scisma che quest’ultimo pensava di creare nei ranghi dei fedeli.» (Da una lettera del 10 agosto 1934 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1610. Tavola ai Presidenti delle Repubbliche americane «Bahá’u’lláh non ha mai rivelato una Tavola al Presidente degli Stati Uniti d’America. Nell’Aqdas Egli ha rivelato parole rivolte ai Presidenti delle Repubbliche americane, ma nessuna singola Tavola è stata mai rivelata per uno qualsiasi di loro.» (Da una lettera del 21 febbraio 1942 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1611. Tavola di Giuseppe «La Tavola di Giuseppe non si riferisce a Joseph Smith. Da parte nostra non lo consideriamo un Profeta, sia pure minore. È certo che - sebbene si ritenesse tale - non fece alcuna allusione che facesse presagire la venuta di questa Rivelazione.» (Ibidem) 1612. Significato di “Verità della Fede” «Per “verità della Fede” [il Custode] intende quei grandi insegnamenti e principi fondamentali contenuti nella nostra letteratura bahá’í, che da parte nostra possiamo trovare leggendo libri, studiando sotto la guida di persone dotte bahá’í in classi d’approfondimento e scuole estive e mediante l’aiuto di opportuni schemi.» (Da una lettera del 19 aprile 1947 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1613. Significato della parola “patrono” nelle Quattro Valli [e non “Sette Valli”, N.d.T.] «Riguardo la sua domanda sul significato delle parole a pag. 66-67 delle Sette e Quattro Valli: si tratta di un versetto del Corano citato da Bahá’u’lláh. Per “patrono” qui si intende aiutante; in altre parole, il senso è il seguente: quando Dio travia un’anima, questa non troverà nessun altro aiutante. Al fine di comprendere la storia contenuta in tali versetti, le potranno tornare utili la traduzione e il commento del Corano a cura di Sale.» (Da una lettera del 18 Mirza 1946 scritta a nome del Custode a un credente) D. ‘Abdu’l-Bahá 1614. ‘Abdu’l-Bahá « ...L’araldo che proclamò i nomi scritti è ‘Abdu’l-Bahá, il Quale annuncia i nomi di coloro che meritano la salvezza e sono saldi nel Patto di Dio...» (‘Abdu’l-Bahá: Tablets of ‘Abdu’l-Bahá, vol.3, p.681) 1615. “Tutte le tue azioni registrate” « ...Tu, dopo la tua dipartita, scoprirai ciò che ti abbiamo rivelato, e troverai tutte le tue azioni registrate nel Libro in cui sono segnate le opere di tutti coloro che dimorano sulla terra, siano esse maggiori o minori del peso di un atomo...» (Bahá’u’lláh: “Spigolature”, pp. 234,5) 1616. Primari obiettivi del Ministero di ‘Abdu’l-Bahá «Per quanto riguarda i tre obiettivi che Shoghi Effendi, nella sua lettera L’America e la più grande pace, ha affermato essere stati quelli primari del Ministero di ‘Abdu’l-Bahá, il primo è costituito dall’instaurazione della Causa in America. Gli altri due furono l’erezione del Tempio bahá’í di Ishqabad e la costruzione sul Monte Carmelo del mausoleo destinato all’ultima dimora del Báb.» (Da una lettera del 14 dicembre 1933 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale di Stati Uniti e Canada) 1617. Esperienze con ‘Abdu’l-Bahá «È molto importante che i bahá’í prendano accurata nota delle loro esperienze con il Maestro e degli eventi relativi al progresso della Causa, poiché queste cose costituiscono i dati per i futuri storici della Causa, pur non avendo, comunque, l’autorevolezza della Parola rivelata nelle Tavole...» (Da una lettera del 23 ottobre 1949 scritta a nome del Custode a un credente) 1618. Aneddoti su ‘Abdu’l-Bahá «[Il Custode] inoltre vi esorta a non attribuire alcuna importanza agli aneddoti raccontati su ‘Abdu’l-Bahá o a quelli a Lui attribuiti dagli amici. Tali aneddoti non vanno visti alla stessa stregua delle note ed impressioni dei pellegrini in visita in Terra Santa. Non è necessario impedirne la divulgazione, ma evitare di dar loro importanza o riconoscimento ufficiale.» (Da una lettera del 2 ottobre 1935 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Stati Uniti e Canada) 1619. Giorno del Patto e Giorno dell’Ascensione «Il Giorno del Patto, 26 novembre, e il Giorno dell’Ascensione, 28 novembre, anniversari della nascita e dell’ascensione di ‘Abdu’l-Bahá, vanno commemorati dagli amici riuniti insieme, ma in tali giorni non è proibito lavorare. In altre parole gli amici devono considerare obbligatoria l’osservanza di questi due anniversari, ma non la sospensione del lavoro.» (Da una lettera del 21 gennaio 1951 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale di Australia e Nuova Zelanda) 1620. Si è liberi di accettare o confutare un argomento non trattato dall’Interprete degli Scritti «Riguardo quanto affermato da Mirza Abu’l Fa?l circa le Sette Religioni del passato, Shoghi Effendi desidera sottolineare che solo le parole del Maestro rivestono vera autorevolezza. Nei casi da Ella menzionati, dobbiamo cercare di comprendere ciò che Egli ha detto ed attenerci alle Sue parole, persino quando sembrano in conflitto con le risultanze dei moderni studiosi. Se Egli non si è espresso in alcun modo su un determinato argomento, allora si è liberi di accettare o confutare ciò che studiosi, come Abu’l Fa?l, affermano. Discutendo su quanto detto da questi ultimi, la verità verrà alla fine fuori, ma il loro giudizio non è da considerarsi mai definitivo.» (Da una lettera del 23 febbraio 1933 scritta a nome del Custode a un credente) 1621. Pregare ‘Abdu’l-Bahá « ...[il Custode] desidera che vi spieghi che, pur non avendo ‘Abdu’l-Bahá il rango di una Manifestazione di Dio, Gli si possono rivolgere delle preghiere. È essenziale, comunque, che ogni credente sia consapevole che, così facendo, dirige i suoi pensieri verso il Maestro quale intermediario fra lui e la Manifestazione, e non quale Sorgente della Rivelazione Divina e Guida Spirituale. Purché questa distinzione sia chiara, non vi è alcun male o obiezione a rivolgere preghiere ad ‘Abdu’l-Bahá.» (Da una lettera del 1 dicembre 1934 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale di Stati Uniti e Canada) 1622. Attraverso [‘Abdu’l-Bahá] ci si può rivolgere a Bahá’u’lláh «Se si è accorto che quando prega le occorre immaginare qualcuno, pensi al Maestro. Attraverso di Lui potrà rivolgersi a Bahá’u’lláh. Ma a poco a poco si sforzi di pensare alle qualità della Manifestazione: in tal modo l’immagine mentale svanirà, perché dopo tutto il corpo non è importante; c’è il Suo Spirito, che è un elemento essenziale e sempiterno.» (Da una lettera del 31gennaio1949 scritta a nome del Custode a un credente. Compilazione “Preghiera – Meditazione - Devozione”, p. 30, n. 58) 1623. Fotografie di ‘Abdu’l-Bahá «In relazione alle fotografie di ‘Abdu’l-Bahá da divulgare fra gli amici, il Custode è dell’avviso che non vada stabilita alcuna norma per determinare la superiorità di qualche particolare fotografia rispetto ad altre. Agli amici va lasciata piena libertà di agire secondo il loro individuale e indipendente giudizio.» (Da una lettera del 15 maggio 1940 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale di Stati Uniti e Canada) 1624. Porre le fotografie in luogo dignitoso «È molto importante che il Più Grande Nome o la fotografia di ‘Abdu’l-Bahá siano collocati in luoghi dignitosi. Non devono essere posti per terra, n‚, di contro, sopra la testa delle persone da fotografare; una posizione adatta potrebbe essere all’altezza del petto.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, tratta da Bahá’í News, n. 265, p. 4, Mirza 1953) 1625. Conservazione di reliquie «Il criterio di carattere generale da osservare riguardo la conservazione di reliquie connesse alla persona di ‘Abdu’l-Bahá è il seguente: qualsiasi oggetto che sia stato da Lui utilizzato deve essere conservato per i posteri in appositi archivi locali o nazionali. È dovere delle Assemblee bahá’í accertare con cura l’autenticità di tali oggetti ed usare in materia la massima attenzione e prudenza. (Da una lettera del 28 luglio 1936 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale di Stati Uniti e Canada) 1626. Le età della Fede e le epoche delle età «Il Custode desidera che vi spieghi che non esiste alcun rapporto fra le epoche del Piano Divino e le epoche delle Età della Fede. Questa - come è detto a grandi linee nei suoi scritti - è divisa in tre Età: eroica, formativa ed aurea. L’Età eroica si è conclusa con l’ascensione di ‘Abdu’l-Bahá. L’Età formativa è suddivisa in epoche; la prima epoca è durata 25 anni e adesso ci troviamo nella seconda. Non è dato sapere quanto durerà l’età formativa e, al suo interno, si succederanno probabilmente molte epoche.» (Da una lettera del 18 gennaio 1953 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1627. Il Piano Divino «Il Piano Divino di ‘Abdu’l-Bahá è diviso in epoche. Il primo Piano di sette anni costituì il primo stadio della prima epoca; il secondo Piano di sette anni costituì il secondo, mentre la Crociata Decennale ne costituirà il terzo. La prima epoca del Piano Divino avrà termine pertanto alla conclusione della Crociata Decennale.» (Ibidem) 1628.» Le Tavole del Piano Divino costituiscono la Carta Suprema per l’insegnamento «Come è senza dubbio a Sua conoscenza, le Tavole del Piano Divino, rivelate da ‘Abdu’l-Bahá durante la prima guerra mondiale, costituiscono la Carta Suprema per l’insegnamento della Fede.» Infatti, tutti i piani d’insegnamento lanciati dall’amato Custode, al pari di quelli successivi della Casa Universale di Giustizia, sono da considerare stadi nell’attuazione di tale magistrale Piano concepito dal Centro del Patto per la diffusione del Messaggio di Bahá’u’lláh. (Da una lettera del 29 settembre 1977 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia) 1629. Età Apostolica ed Eroica della Fede « ...l’Età apostolica o eroica della nostra Fede [si divide] in tre distinte epoche di nove, trentanove e ventinove anni di durata, associate rispettivamente alla Dispensazione Bábí ed ai ministeri di Bahá’u’lláh e ‘Abdu’l-Bahá. Questa prima Età dell’Era bahá’í, senza pari per fecondità spirituale rispetto a qualsiasi periodo di tempo legato alla missione del Fondatore di qualunque precedente Dispensazione, è stata pervasa dall’inizio alla fine dalle energie creative generate dall’avvento di due indipendenti Manifestazioni e dall’instaurazione di un Patto unico negli annali spirituali dell’umanità. (Da una lettera del 5 giugno 1947 di Shoghi Effendi ai bahá’í americani) 1630. Uso del termine “Età di ferro” «Il termine “Età di ferro” suggerisce un’età di lavoro e di costruzione: un periodo di tempo relativamente primitivo opposto all’“Età d’oro”, un’età di adempimento, fruizione, realizzazione. (Da una lettera del 19 aprile 1947 scritta a nome del Custode a un credente) E. Parole Celate 1631. Il titolo “Parole Celate” fu dato da Bahá’u’lláh « ...Il titolo “Parole Celate” fu dato da Bahá’u’lláh, perché nell’Islam esiste una tradizione secondo la quale Dio inviò Gabriele ad incoraggiare la figlia di Mu?ammad, Fatima, oppressa dal dolore per il martirio di suo figlio. Le parole da lui pronunciate furono “celate” essendo state sentite solo da Fatima, e in questi ultimi giorni il Promesso le ha rivelate, rispettando così la tradizione. (Da una lettera del 20 dicembre 1949 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1632. Significato del nome “Parole Celate” «Riguardo la sua domanda sul significato del titolo “Parole Celate”: si tratta, invero, di uno dei più suggestivi titoli fra gli Scritti di Bahá’u’lláh. Queste parole sono chiamate celate per il fatto che l’uomo non ha avuto di esse né‚ conoscenza, né‚ vero senso di consapevolezza prima che fossero rivelate da Bahá’u’lláh. È tramite Lui, unico Portavoce di Dio in quest’epoca, che le verità e le realtà spirituali sono state ancora una volta interpretate e di nuovo rivelate all’umanità. Il Messaggio di Bahá’u’lláh è quindi la sola chiave per la vera comprensione dei misteri che avvolgono la vita spirituale dell’uomo.» (Da una lettera 1 settembre1935 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1633. Le Parole Celate non hanno alcun ordine «Le Parole Celate non hanno alcun ordine. Esse sono gioielli di pensiero venuti fuori dalla mente della Manifestazione di Dio per ammonire e consigliare gli uomini.».. (Da una lettera del 22 ottobre 1949 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1634. Passi in cui Bahá’u’lláh si riferisce all’uomo come “Figlio dello Spirito” «Riguardo la sua seconda domanda su quei passi delle “Parole Celate” in cui Bahá’u’lláh si riferisce all’uomo come Figlio dello Spirito, Figlio dell’essere, Figlio dell’uomo, ecc., la parola “figlio” usata in tale contesto è una sorta di nome collettivo che sta a significare umanità e non ha, quindi, alcuna connotazione di discriminazione sessuale fra uomo e donna.» (Da una lettera del 19 gennaio 1935 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1635. Spiegazione del passo n. 13 delle “Parole Celate” dall’arabo «Hai chiesto del passo delle Parole Celate che recita: “O Figlio dello Spirito! ...Rivolgi lo sguardo [in te stesso] così che tu Mi possa trovare dentro di te, forte, possente e supremo”. Questa è l’affermazione a cui alludeva Gesù Cristo nel Vangelo quando disse ai Suoi Apostoli: “Il Padre è nel Figlio e il Figlio è in voi”. È evidente che, quando i cuori sono puri e per mezzo dell’educazione divina e dei celestiali insegnamenti manifestano infinite perfezioni, essi sono come chiari specchi sui quali il Sole della Verità si rifletterà con possanza, forza e onnipotenza, a un punto tale che qualsiasi cosa si metta loro dinanzi viene illuminata e bruciata. Per mancanza di tempo si tratta di una sintetica interpretazione. Perciò, rifletti e pondera su di essa, sé! che le porte dei significati si possano aprire davanti ai tuoi occhi.» (‘Abdu’l-Bahá: tratto dalla Tavola a Thornton Chase del giugno 1911; in “Star of the West”, vol. II, nn. 7 e 8, pp. 11-12) F. Cristo 1636. Data di nascita di Gesù Cristo «Riguardo la data di nascita di Gesù Cristo, l’affermazione di ‘Abdu’l- Bahá su questo argomento deve essere considerata dai bahá’í come criterio e base del loro calcolo.» (Da una lettera del 10 luglio 1939 scritta a nome del Custode a un credente) 1637. Nascita verginale di Cristo «Riguardo la nascita di Gesù Cristo: alla luce di quanto Bahá’u’lláh e ‘Abdu’l-Bahá hanno affermato su questo argomento è evidente che Gesù venne al mondo per diretto intervento dello Spirito Santo, e di conseguenza la Sua nascita fu del tutto miracolosa. Questo è un fatto assodato e gli amici non devono esserne sorpresi, perché gli Insegnamenti non hanno mai confutato che si possa credere nei miracoli . La loro importanza, tuttavia, è stata minimizzata.» (Da una lettera del 31 dicembre 1937 scritta a nome del Custode a un credente) 1638. Possibilità dei miracoli «Ancora riguardo la Sua domanda sulla nascita di Gesù: [il Custode] desidera informarLa che non ha nulla da aggiungere alla spiegazione data in una sua precedente comunicazione sull’argomento. Una cosa, comunque, egli desidera portare di nuovo alla Sua attenzione e cioè che i miracoli sono sempre possibili, anche se non costituiscono il normale canale attraverso cui Dio rivela il Suo potere all’umanità. Rifiutare i miracoli col pretesto che implicano una violazione delle leggi della natura denota superficialità e quasi stupidità, in quanto che Dio - Che è il Creatore dell’universo -, nella Sua saggezza e onnipotenza, può apportare qualsiasi modifica, non importa di quale durata, nel funzionamento delle leggi che Egli Stesso ha creato. Gli Insegnamenti non parlano di altre nascite miracolose oltre quella di Gesù.» (Da una lettera del 27 febbraio 1938 scritta a nome del Custode a un credente) 1639. Accordo fra Insegnamenti bahá’í e Dottrine della Chiesa Cattolica circa la nascita verginale di Gesù «Riguardo la Sua domanda sulla nascita verginale di Gesù: su questo punto, come su molti altri, gl’Insegnamenti bahá’í sono in pieno accordo con le dottrine della Chiesa Cattolica. A pag. 75 del Kitáb-i- Iqán (Il Libro della Certezza)e in poche altre Tavole ancora inedite, Bahá’u’lláh conferma - sia pure indirettamente - la concezione cattolica della nascita verginale. Anche ‘Abdu’l-Bahá, a pag.92, cap.XII, de Le lezioni di San Giovanni d’Acri, afferma esplicitamente che “Cristo trovò l’esistenza attraverso lo Spirito di Dio”, il che implica necessariamente - alla luce del testo - che Gesù non era figlio di Giuseppe. (Da una lettera del 14 ottobre 1945 scritta a nome del Custode a un credente) 1640. Nascita naturale dei fratelli e delle sorelle di Cristo «Noi crediamo che Cristo solamente fu concepito in modo immacolato. I Suoi fratelli e sorelle furono concepiti e nacquero in modo naturale.» (Da una lettera del 19 novembre 1945 scritta a nome del Custode al Dr. Shook) 1641. Alto rango di Maria «Per i bahá’í sarebbe un sacrilegio credere che i genitori di Gesù non erano sposati e che Egli fosse frutto di un’unione illegale. Tale ipotesi è inconcepibile per un credente che riconosca l’alto rango di Maria e la Divina Condizione di Profeta di Gesù Cristo. È questa stessa falsa accusa, attribuita a Maria dai Suoi contemporanei, che Bahá’u’lláh respinge indirettamente nell’Iqán. L’unica alternativa è quindi ammettere che la nascita di Gesù sia stata miracolosa. Il miracolo non è necessariamente qualcosa di irrazionale o illogico e non costituisce per niente una limitazione dell’onnipotenza di Dio. Al contrario, credere nella possibilità dei miracoli implica un potere di Dio al di là di ogni limite, poiché rientra semplicemente nella logica di credere che il Creatore, l’unico Autore delle leggi operanti nell’universo, sia al di sopra di esse e possa quindi - se lo ritiene necessario - alterarle come vuole. Noi esseri umani non possiamo neanche tentare di leggere nella Sua Mente e di comprendere appieno la Sua saggezza. Il mistero costituisce pertanto una parte inseparabile della vera religione e come tale deve essere riconosciuto dai credenti.» (Da una lettera del 1 ottobre 1935 del Custode a un credente) 1642. La “colomba” è solo una metafora « ...La storia della colomba è solo una metafora. Nessuna colomba scese dal cielo. Fra tanta gente, Giovanni Battista capì che lo Spirito Santo era in Cristo. Esso in effetti era sempre stato con Cristo, il Quale sapeva della Sua missione fin dalla prima infanzia.» (Parole di ‘Abdu’l-Bahá: Star of the West, vol. XIV, p. 274) 1643. La Fede Bahá’í riconosce l’origine divina del Cristianesimo e l’immacolatezza della Vergine Maria «In quanto alla posizione del Cristianesimo, dichiariamo senza esitazioni o equivoci di ammettere incondizionatamente la sua origine divina, di affermare intrepidamente che Gesù Cristo è Figlio di Dio e Dio Lui Stesso, di riconoscere appieno l’ispirazione divina del Vangelo, di accettare la realtà del mistero dell’ immacolatezza della Vergine Maria e di sostenere e difendere il primato di Pietro, il Principe degli Apostoli. Il Fondatore della Fede Cristiana è chiamato da Bahá’u’lláh Spirito di Dio, è proclamato Colui Che apparve dal soffio dello Spirito Santo, ed è perfino magnificato come Essenza dello Spirito. Sua madre è descritta come quel volto velato e immortale, di somma bellezza, e il rango di suo Figlio è lodato come un rango che è stato esaltato al di sopra dell’immaginazione di tutti coloro che dimorano sulla terra, mentre Pietro è riconosciuto come uno dalla cui bocca Iddio ha fatto fluire i misteri della saggezza e della parola.» (Shoghi Effendi: Il Giorno Promesso, p. 114) 1644. Rango di Gesù‚ «Riguardo le sue domande su quanto detto nel Vangelo sul rango di Gesù Cristo ed il Suo ritorno: è vero che Gesù faceva riferimento a Sé Stesso come Figlio di Dio, ma ciò - come spiega Bahá’u’lláh nell’Iqán - non è indice di alcun rapporto fisico. Il suo significato è del tutto spirituale e dimostra lo stretto rapporto esistente fra Lui e Dio Onnipotente. Non denota alcuna inerente superiorità del rango di Gesù rispetto a quello di altri Profeti e Messaggeri. In quanto alla Loro natura spirituale, tutti i Profeti possono essere considerati Figli di Dio, poiché tutti riflettono la Sua luce, anche se non in ugual misura; ma questa differenza di riflesso è dovuta solo alle condizioni e circostanze in cui appaiono.» (Da una lettera del 29 novembre 1937 scritta a nome del Custode a un credente) 1645. Istituzione di sole due cerimonie da parte di Gesù « ...circa le cerimonie ed i riti istituiti da Gesù, il Custode Le suggerisce di far notare che - stante quanto viene detto nel Vangelo - Gesù istituì solo due riti. La nostra conoscenza della Sua vita e dei Suoi insegnamenti è piuttosto frammentaria e quindi sarebbe più corretto specificare che questi riti sono i soli indicati nel Vangelo, ma è possibile che non siano gli unici. Potrebbero esistere altri insegnamenti e riti dei quali non è stata lasciata traccia.» (Da una lettera del 12 novembre 1933 scritta a nome del Custode a un credente) 1646. La crocifissione raccontata nel Nuovo Testamento « ...Sebbene non possiamo esattamente immaginare a chi assomigliassero le Manifestazioni del passato, possiamo però essere certi di due cose: che furono in grado di comunicare con i loro simili in modo normale, come fece Bahá’u’lláh con la Sua generazione, e che furono inviati da Dio e quindi erano Esseri Divini. Il racconto della crocifissione, così come riportato nel Nuovo Testamento, è corretto. Il senso della versione coranica è che lo spirito di Cristo non fu crocifisso; non esiste pertanto alcun contrasto fra i due testi.» (Da una lettera del 14 luglio 1943 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1647. Il Padre Stesso è venuto ed ha adempiuto la missione del Figlio Gesù Cristo «Un ambiente cattolico è un’eccellente base per la Fede, e la signora. ... deve sentirsi gratificata per questo. Pur se oggi le dottrine della Chiesa non sono più necessarie, essendo venuto il Padre Stesso ad adempiere la missione del Figlio Gesù Cristo, tuttavia i fondamenti di disciplina spirituale di cui dispongono, la loro enfasi circa i valori spirituali e l’aderenza alle leggi morali, sono molto importanti e assai vicini al nostro credo.» (Da una lettera del 17 agosto 1941 scritta a nome del Custode a due credenti) 1648. I bahá’í non credono alla resurrezione corporea dopo la crocifissione «...Noi non crediamo che vi sia stata resurrezione corporea dopo la crocifissione di Cristo, ma che vi fu un momento, dopo la Sua Ascensione, in cui i Suoi discepoli percepirono spiritualmente la Sua vera grandezza e capirono che Egli era esistente in eterno. Questo è il racconto simbolico citato nel Nuovo Testamento e che è stato frainteso. La stessa cosa vale per il pranzo che consumò con i Suoi discepoli dopo la resurrezione.» (Da una lettera del 9 ottobre 1947 scritta a nome del Custode a un credente) 1649. Cercare di trovare un significato spirituale nei miracoli raccontati nel Vangelo‚ «Riguardo la resurrezione di Cristo, [il Custode] desidera richiamare la sua attenzione sul fatto che in questo - come praticamente in tutti i cosiddetti eventi miracolosi del Vangelo - noi bahá’í dobbiamo cercare di trovare un significato spirituale e rifiutare totalmente l’interpretazione fenomenica loro attribuita da diverse sette cristiane. La resurrezione di Cristo, infatti, non fu fisica ma essenzialmente spirituale e sta a significare che la realtà dell’uomo si trova nella sua anima e non nel suo corpo fisico. Un’attenta lettura del Libro della Certezza e delle Lezioni di San Giovanni d’Acri chiarisce del tutto questo argomento.» (Da una lettera del 14 agosto 1934 scritta a nome del Custode a un credente) 1650. Gesù Cristo ha stabilito il primato di Pietro al di là di ogni dubbio «Per quanto riguarda le sue domande. La prima sul detto di Gesù Cristo Tu sei Pietro e su questa pietra, ecc.: quest’affermazione di Gesù stabilisce al di là di ogni dubbio il primato di Pietro ed anche il principio della successione, ma non è esplicita abbastanza in relazione alla natura e al funzionamento della Chiesa stessa. I Cattolici hanno dato troppe interpretazioni a questo detto e hanno tratto certe conclusioni del tutto ingiustificabili.» (Da una lettera del 7 settembre 1938 scritta a nome del Custode a un credente) 1651. Segni annunciatori della nuova Manifestazione «Riguardo ai segni che annuncerebbero l’avvento della nuova Manifestazione: il Custode desidera che ella rilegga molto attentamente la spiegazione di Bahá’u’lláh contenuta nell’Iqán. Egli chiarisce che, con l’apparizione del Figlio di Dio dopo le calamità che precederanno la Sua venuta, s’intende la rivelazione della Sua piena gloria e il riconoscimento ed accettazione di quest’ultima da parte dei popoli del mondo, e non la Sua apparizione fisica. Nonostante Bahá’u’lláh, il Cui avvento segna il ritorno del Figlio nella Gloria del Padre, sia già apparso, i segni predetti nel Vangelo non si sono ancora del tutto verificati. La loro completa realizzazione, comunque, segnerà l’inizio del riconoscimento del Suo vero rango da parte dei popoli del mondo. Allora e solo allora la Sua apparizione diventerà completamente palese.» (Da una lettera del 29 novembre 1937 scritta a nome del Custode a un credente) 1652. Cristo nel Corano «Riguardo il brano del Corano accluso alla sua lettera: in realtà non vi è alcuna contraddizione. Quando il Corano nega che Cristo è il Figlio di Dio non sta confutando le Sue Parole, ma la falsa interpretazione data loro dai Cristiani che leggono in esse un rapporto di natura quasi fisica, mentre Dio Onnipotente non ha scendenti o figli. Ciò che Cristo intende è la relazione esistente fra il Suo spirito e lo Spirito Infinito, e questo il Corano non lo nega. Questo tipo di Figliolanza è in un certo senso attribuibile a tutti i Profeti.» (Da una lettera del 19 maggio 1945 scritta a nome del Custode a un credente) 1653. La successione dopo Cristo; la Riforma; l’Islam «... Alla base dell’organizzazione della Chiesa Cristiana vi è certamente un elemento di verità. Per esempio, il primato di Pietro e il suo diritto alla successione dopo Gesù è stato da Quest’Ultimo stabilito, anche se solo oralmente e non in modo preciso ed esplicito. Il vero motivo per cui Cristo non fece chiare dichiarazioni circa la Sua successione non è noto e non può esserlo. Come possiamo noi - poveri esseri umani - pretendere di districare i misteri e gli scopi della mente di Dio e comprendere le inscrutabili effusioni della Sua Provvidenza? Il massimo che possiamo fare è dare alcune spiegazioni, ma queste non saranno certamente in grado di fornire le motivazioni di base al problema che cerchiamo di risolvere. Il contributo che la Riforma diede fu in realtà quello di sfidare seriamente, e minare in parte, l’edificio che gli stessi Padri della Chiesa avevano costruito, nonché di abbandonare le elaborate dottrine, cerimonie e istituzioni che essi avevano concepito, dimostrandone così l’origine puramente umana. La Riforma fu una giusta sfida all’organizzazione umana della Chiesa e, come tale, un passo avanti. Ciò che l’ha provocata è stato il riflesso del nuovo spirito liberato dall’Islam ed una punizione di Dio per coloro che avevano rifiutato di abbracciare la sua [dell’Islam, N.d.T.] verità.» (Da una lettera del 28 dicembre 1936 scritta a nome del Custode a un credente) 1654. Periodo di subbuglio che accompagna una nuova Manifestazione «Il brano del Vangelo secondo Matteo 19:30 è un riferimento al periodo di subbuglio che accompagna l’apparizione di una nuova Manifestazione; in tale periodo, gli umili e i semplici che accettano la nuova Rivelazione vengono innalzati e gli alteri, ma interiormente corrotti, vengono umiliati e degradati.» (Da una lettera del 14 gennaio 1938 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1655. Ecclesiaste 12:6 «Il passo di Ecclesiaste 12:6 deve essere interpretato allegoricamente e non alla lettera. Esso descrive l’effetto che produce sull’uomo l’incuria verso Dio, suo Creatore.» (Ibidem) 1656. Traccia di divinità nell’uomo «Genesi 1:26: questo passo significa semplicemente che nell’uomo vi è una traccia di divinità, e non che l’uomo è pari alla Manifestazione di Dio. Gli amici devono evitare interpretazioni letterali della Bibbia.» (Ibidem) 1657. Riferimento a Bahá’u’lláh nel Vangelo di Giovanni «Il brano del Vangelo di Giovanni 14:26 è un riferimento alla Rivelazione di Bahá’u’lláh, con la venuta del Quale questa profezia si è adempiuta.» (Da una lettera del 21 aprile 1939 scritta a nome del Custode a un credente) 1658. I bahá’í non credono letteralmente alla Genesi «Noi bahá’í non crediamo letteralmente alla Genesi. Sappiamo che questo mondo non è stato creato in sette giorni, né‚ in sei, né‚ in otto; esso si è evoluto in milioni di anni, come la scienza ha dimostrato. Per quanto riguarda la settimana composta da sette giorni, la sua origine è certamente molto antica ed ella dovrebbe rivolgersi a degli studiosi per avere una risposta.» (Da una lettera del 28 ottobre 1949 scritta a nome del Custode a un credente) 1659. Difformità nel computo degli anni di Noè e impossibilità di comprovare racconti del Vecchio Testamento‚ «Il computo degli anni di Noè è diverso dal nostro; poiché comunque i nostri insegnamenti non affermano che essi indicano la durata della Sua Dispensazione, noi non possiamo dar loro questa interpretazione. Non abbiamo alcun modo di comprovare i racconti del Vecchio Testamento se non con i relativi riferimenti contenuti nei nostri insegnamenti e quindi non possiamo dire esattamente cosa accadde nella battaglia di Gerico.» (Da una lettera del 25 novembre 1950 scritta a nome del Custode a un credente) 1660. Crediamo nella Bibbia non alla lettera, ma nella sostanza «Quando ‘Abdu’l-Bahá afferma che crediamo al contenuto della Bibbia, Egli intende nella sostanza e non che da parte nostra si creda che ogni sua parola vada presa alla lettera o sia un autentico detto del Profeta.» (Da una lettera scritta a nome del Custode a un credente e citata nella lettera del 13 Mirza 1986 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente) G. Islam 1661. La data di nascita di Mu?ammad è sconosciuta «Fra gli studiosi orientali vi è disaccordo circa l’esatta data di nascita di Mu?ammad. Ella deve fare ricorso a coloro che sull’argomento costituiscono un’autorità, come il Sale, la cui traduzione del Corano è diventata quasi un classico.» (Da una lettera del 10 luglio 1939 scritta a nome del Custode a un credente) 1662. Riferimenti biblici a Mu?ammad e ‘Alí «I riferimenti della Bibbia al Monte Paran e al Paracleto contenuti in Deuteronomio 33:2, Genesi 21:21, Numeri 12:16, Numeri 13:3 sono relativi alla Rivelazione di Mu?ammad. Inoltre, in Genesi 17:20 si fa riferimento ai dodici Imám e nell’Apocalisse di Giovanni, capitolo 11, in cui vengono menzionati due testimoni, ci si riferisce a Mu?ammad e Alí. La cifra 1290 [ritengo sia esatta invece 1260, N.d.T.] fissa la data a partire dalla dichiarazione di Mu?ammad, avvenuta dieci anni prima della Sua fuga a Medina.» (Da una lettera del 26 dicembre 1941 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Australia e Nuova Zelanda) 1663. Islam «L’Islam raggiunse uno stadio spirituale molto elevato, ma gli studiosi occidentali sono inclini a giudicarlo secondo gli standard cristiani. Una Fede diffusa nel mondo non può considerarsi superiore ad un’altra, poiché tutte provengono da Dio; esse sono progressive, ciascuna adatta alle necessità dei tempi.» (Da una lettera del 19 novembre 1945 scritta a nome del Custode a un credente) 1664. Gl’Insegnamenti di Mu?ammad rafforzano e proteggono la causa dello sviluppo umano «Shoghi Effendi spera che le sue letture non servano solamente ad approfondire la conoscenza dei credenti nelle dottrine e nella cultura islamica, ma a infiammare i loro cuori con l’amore verso ogni cosa che riguardi Mu?ammad e la Sua Fede. In Occidente esistono sull’Islam diversi malintesi che ella deve dissipare. Il suo compito è abbastanza difficoltoso e richiede un’ottima erudizione. Quello principale consiste nel far conoscere agli amici i genuini insegnamenti del Profeta contenuti nel Corano e poi far rilevare loro come, nelle epoche successive, tali insegnamenti abbiano influenzato - anzi guidato - il corso dell’evoluzione umana. In altre parole ella deve illustrare la posizione e il significato dell’Islam nella storia della civiltà. Il punto di vista bahá’í sull’argomento è che la Dispensazione di Mu?ammad, al pari delle altre divine Dispensazioni, è stata preordinata e come tale è parte integrante del Piano di Dio per lo sviluppo spirituale, morale e sociale dell’umanità. Non si tratta di un fenomeno religioso isolato: esso è strettamente e storicamente collegato alla Dispensazione di Cristo e a quelle del Báb e di Bahá’u’lláh. Fu concepita da Dio per succedere alla Cristianità, e quindi sarebbe stato dovere dei Cristiani accettarla decisamente come avevano aderito alla religione di Cristo. Ella dovrebbe anche mettere prudentemente in evidenza che, in considerazione della collocazione storica della sua apparizione e dell’ovviamente più avanzato carattere dei suoi insegnamenti, l’Islam costituisce una rivelazione più completa dello scopo di Dio per l’umanità. La cosiddetta civiltà cristiana, di cui il Rinascimento è una delle più evidenti manifestazioni, è essenzialmente mussulmana nelle sue origini e fondamenta. Quando l’Europa medioevale era immersa nella più oscura barbarie, gli Arabi - rigenerati e trasformati dallo spirito liberato dalla religione di Mu?ammad - erano attivamente impegnati nel fondare una civiltà di una natura mai vista prima dai loro contemporanei Cristiani in Europa. Alla fine fu proprio per mezzo degli Arabi che la civiltà venne introdotta in Occidente. Fu attraverso di loro che la filosofia, la scienza e la cultura dell’antica Grecia trovarono la strada verso l’Europa. Gli Arabi furono i più abili traduttori e linguisti della loro epoca ed è grazie a loro che gli scritti di noti pensatori come Socrate, Platone e Aristotele furono portati a conoscenza degli occidentali. È del tutto ingiusto attribuire il rifiorire della cultura europea durante il Rinascimento all’influenza del Cristianesimo; tale rifiorire si deve principalmente invece alle energie liberate dalla Dispensazione di Mu?ammad. Dal punto di vista istituzionale l’Islam supera di gran lunga il vero Cristianesimo che vien fuori dai Vangeli, nei quali vi sono infinitamente meno leggi e istituzioni rispetto al Corano. Mentre nei Vangeli si mette in evidenza principalmente - per non dire interamente - la condotta individuale e personale, il Corano sottolinea l’importanza della società. Questa enfasi sociale acquista ancor più rilievo e significato nella Rivelazione bahá’í. Dal punto di vista del progresso spirituale e umanitario, il Corano - se paragonato con attenzione ed imparzialità - segna un chiaro passo avanti rispetto al Vangelo. La verità è che gli storici occidentali hanno per molti secoli distorto i fatti per seguire i loro ancestrali pregiudizi religiosi. I bahá’í devono cercare di studiare di nuovo la storia e basare le loro ricerche principalmente sulle Scritture documentate dell’Islam e del Cristianesimo.» (Da una lettera del 27 aprile 1936 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1665. Chiarimenti su certi argomenti riguardanti l’Islam, l’Imám ?usayn, l’Imamato, ecc. «La nomina di Alí era evidente ai Califfi, i quali infatti non rispettarono le dichiarazioni orali del Profeta. L’usurpazione si verificò immediatamente dopo la morte del Profeta. Alí non si riteneva mancante dei requisiti, ma voleva evitare lo scisma, che sfortunatamente non si sarebbe potuto impedire. Come affermato da ‘Abdu’l-Bahá, gli scismi che hanno colpito le religioni antecedenti alla Fede di Bahá’u’lláh differenziano quest’ultima dalle precedenti Rivelazioni e la distinguono fra tutte le altre Dispensazioni. Il potere di guida accordato agli Imám riguardo alle leggi ed alle istituzioni dell’Islam era assoluto e illimitato; la Loro infallibilità derivava direttamente dalla Manifestazione. La discendenza del Báb dall’Imám ?usayn è indubbiamente una prova della validità dell’Imamato. Secondo Nabíl, il Báb fu consapevole in anticipo della Sua Rivelazione per aver sognato l’Imám. Il fatto che il nome ?usayn precede quello di Alí conferma la grandezza dell’Imám ?usayn. Come attestato nell’Iqán, l’Imám ?usayn è stato dotato di una grazia e un potere speciali rispetto agli altri Imám; da qui deriva il mistico riferimento a Bahá’u’lláh come ritorno dell’Imám ?usayn; ciò significa che in Bahá’u’lláh si sono rivelati quegli attributi di cui era stato specificatamente dotato l’Imám ?usayn. Giuseppe è indicato nel Corano come uno degli “Inviati”, e cioè una Manifestazione di Dio.Gli amici, nell’insegnare la Causa, devono dare all’Islam la configurazione di religione rivelata, ma non occorre che facciano al momento alcun particolare tentativo di insegnarlo da solo direttamente ai non bahá’í. La missione dei bahá’í americani è senza dubbio quella di far riconoscere finalmente la verità dell’Islam in Occidente. Lo spirito dell’Islam fu indubbiamente il germe vivente della moderna civiltà, la quale trasse impulso dalla cultura islamica del Medio Evo, una cultura che fu il frutto della Fede di Mu?ammad. (Da una lettera del 30 luglio 1941 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1666. Come studiare il Corano «È certamente molto difficoltoso cogliere a fondo il significato di tutte le sure del Corano, poiché richiede una conoscenza dettagliata dell’ambiente sociale, religioso e storico dell’Arabia al tempo dell’apparizione del Profeta. I credenti non possono proprio sperare, quindi, di capire le sure dopo una prima o seconda o perfino terza lettura. Essi devono studiarle di continuo, riflettere sul loro significato con l’aiuto di commentari e di note esplicative, come quelle per esempio contenute nella mirabile traduzione del Sale, cercando di acquisire la più chiara e più corretta possibile comprensione del loro senso e valore. Si tratta naturalmente di un processo lento, ma le future generazioni di credenti vi perverranno certamente. Allo stato attuale, il Custode è d’accordo che sarebbe più facile e più utile studiare il libro per argomenti, e non verso per verso, nonché alla luce delle interpretazioni del Báb, di Bahá’u’lláh e di ‘Abdu’l-Bahá che sull’intero Corano gettarono così tanta luce.» (Da una lettera del 22 agosto 1939 scritta a nome del Custode a un credente) 1667. Significato di “Jin” o “Geni” «In quanto alla sua domanda sul significato di Jin o Geni cui si fa cenno nel Corano, non sono esseri o creature realmente viventi, ma espressioni simboliche per indicare l’umana capacità di fare il male e possono essere paragonati agli spiriti maligni. Ma è bene ricordare che questi esseri non esistono assolutamente.» (Da una lettera del 26 giugno 1936 scritta a nome del Custode a un credente. Compilazione “Spiritismo – Reincarnazione - Fenomeni Medianici”, p.29, n.62) 1668. Califfato e Imamato «Sia Califfato che Imamato indicano il sistema di successione. Entrambi i termini possono essere usati.» (Da una lettera del 19 novembre1945 scritta a nome del Custode a un credente) 1669. Mu?ammad afferma che i giudei non crocifissero Cristo «Riguardo la sua domanda relativa alla sura n. 4, versetto 157, del Corano [traduzione di A. Bausani, ed. Sansoni, 1978, N.d.T.], in cui Mu?ammad afferma che i giudei non crocifissero Gesù Cristo, ma uno simile a Lui: il significato di questo brano è che, pur essendo riusciti i giudei a distruggere il corpo fisico di Gesù, furono però impotenti a distruggere la divina realtà che era in Lui.» (Da una lettera del 19 Mirza 1938 scritta a nome del Custode a un credente) 1670. La religione maomettana è una Rivelazione più completa rispetto a qualunque altra precedente «...la religione maomettana è non solo l’ultima delle religioni mondiali, ma la più ampia Rivelazione rispetto a qualunque altra precedente. Il Corano è non solo più autorevole di qualsiasi prezioso e sacro vangelo, ma contiene altresì molte più ordinanze, insegnamenti e precetti, che - presi nel loro insieme - costituiscono una Rivelazione più completa dello scopo e delle leggi di Dio per l’umanità rispetto a quelle del Cristianesimo, del Giudaismo o di qualsiasi altra precedente Dispensazione. Questo punto di vista è in pieno accordo con la filosofia bahá’í della rivelazione progressiva e quindi deve essere totalmente accettato e insegnato da ogni leale bahá’í di estrazione cristiana.» (Da una lettera del 12 novembre 1933 scritta a nome del Custode a un credente) 1671. Gl’insegnamenti di Mu?ammad incoraggiano lo stato nazionale «Riguardo la sua domanda: non è la Città Stato, ma lo Stato Nazionale che viene incoraggiato dagli insegnamenti di Mu?ammad. Cristo non ha nulla a che vedere direttamente con il concetto di Città Stato.» (Da una lettera del 22 ottobre 1949 scritta a nome del Custode a un credente) 1672. La poligamia nelle nazioni musulmane non è conforme agl’insegnamenti di Mu?ammad «Riguardo la domanda sulla pluralità di mogli fra i musulmani: questa pratica comune in tutti i paesi islamici non è conforme agli espliciti insegnamenti del Profeta Mu?ammad. Il Corano, infatti, pur permettendo il matrimonio con più di una moglie, afferma in pratica che esso è condizionato all’assoluta giustizia. E poiché quest’ultima è impossibile da applicare, ne consegue quindi che la poligamia non può e non deve essere praticata. Il Corano, pertanto, prescrive la monogamia e non la poligamia, come è stato finora interpretato.» (Da una lettera del 29 gennaio 1939 scritta a nome del Custode a un credente) 1673. Imám ?usayn «I nomi di coloro che sono citati nella preghiera di Bahá’u’lláh contenuta nella Dispensazione sono esattamente quelli da lei indicati. I Profeti “considerati come Uno e la stessa persona” includono anche i Profeti Minori e non semplicemente “Coloro che portano un Libro”. Il rango è differente, ma essi sono Profeti e la Loro natura quindi differisce dalla nostra. Nella preghiera sopra menzionata Bahá’u’lláh identifica Sé Stesso con l’Imám ?usayn. Ciò non fa di quest’ultimo un Profeta, ma la sua posizione fu veramente unica, e noi sappiamo che Bahá’u’lláh sostiene di essere il “ritorno” dell’Imám ?usayn. Egli, in altre parole, identifica il Suo Spirito con quelle Sante Anime venute prima, ma questo ovviamente non Ne fa assolutamente la loro reincarnazione, né significa che tutti furono dei Profeti. Sia certo che i suoi costanti e devoti servizi bahá’í sono profondamente apprezzati dal Custode e pregherà alle Sacre Tombe perché i suoi lavori siano benedetti e la sua forza confermi nuove anime.» (Da una lettera del 8 febbraio 1949 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) H. Israele 1674. Israele «La parola Israele, usata nella Bibbia, si riferisce solamente al popolo ebreo, e non ai Prescelti di questo giorno.» (Da una lettera del 21 aprile 1939 scritta a nome del Custode a un credente) 1675. Posizione di Gerusalemme « ...pur essendo Gerusalemme il centro spirituale della Cristianità, non è il centro amministrativo né‚ della Chiesa di Roma, né‚ di qualsiasi altra confessione cristiana. Analogamente, sebbene sia considerata dai Mussulmani come il luogo ove si trova una delle tombe più sacre, i Luoghi Santi della Fede Maomettana e il centro dei suoi pellegrinaggi si trovano in Arabia e non in Palestina. Solo fra gli Ebrei v’è qualcosa di simile alla devozione che i bahá’í hanno per questo paese, in quanto che a Gerusalemme vi sono i resti del loro Tempio Sacro ed essa fu la sede delle istituzioni politiche e religiose legate alla loro storia passata. Tuttavia, anche il loro caso differisce in un punto da quello dei bahá’í: infatti è nella terra di Palestina che sono sepolti le tre Figure Centrali della nostra Fede ed essa non è solamente il centro dei pellegrinaggi bahá’í da tutto il mondo, ma pure la sede permanente del nostro Ordine Amministrativo.».. (Da una lettera del 14 luglio 1947 di Shoghi Effendi al presidente del Comitato Speciale delle Nazioni Unite sulla Palestina) 1676. Tutta la Palestina diverrà dimora degli Ebrei «Voi potete osservare che da tutte le parti del mondo gruppi di Ebrei giungono in Terra Santa; vivono in villaggi e terre che vanno facendo proprie e, di giorno in giorno, aumentano in tal modo che la Palestina diverrà presto la loro dimora.» (‘Abdu’l-Bahá: “Le Lezioni di San Giovanni d’Acri”, p. 96) 1677. Riunione di Israele «Mi avete fatto una domanda circa la riunione dei figli d’Israele a Gerusalemme secondo le profezie. Gerusalemme, il Santo dei Santi, è un venerato Tempio, un sublime nome, perché è la Città di Dio... La riunione di Israele a Gerusalemme significa, quindi, e profetizza, che l’intera Israele si sta riunendo sotto la bandiera di Dio ed entrerà nel Regno dell’Antico dei Giorni, poiché la Gerusalemme celeste, che ha come suo centro il Santo dei Santi, è la Città del Regno, la Città Divina. L’Oriente e l’Occidente non sono altro che un piccolo angolo di quella Città. Inoltre, sia materialmente che spiritualmente, gli Israeliti si riuniranno in Terra Santa. Questa è una profezia irrefutabile, dato che l’ignominia sofferta da Israele per quasi duemilacinquecento anni si trasformerà in eterna gloria, e agli occhi di tutti il popolo ebreo sarà coperto di gloria a tal punto da attirare la gelosia dei nemici e l’invidia degli amici.» (Secondo le informazioni ricevute diversi anni fa dall’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, questa Tavola fu rivelata dal Maestro nel 1897 ad una comunità ebraica orientale. Tratta da “Bahá’í News”, n. 250, p. 5, dicembre 1951) 1678. Viaggio degli ebrei «Esso fu sia spirituale che fisico. Essi viaggiarono verso la Terra Promessa e geografia e storia attestano che si trattò di un viaggio fisico. Mosé vide la Terra Promessa, ma morì prima di arrivarvi dopo aver affidato il suo compito a Giosuè. L’attraversamento del Mar Rosso ha un significato spirituale: fu un viaggio spirituale attraverso e al di sopra del mare di corruzione e iniquità del Faraone, del suo popolo e del suo esercito. Con l’aiuto che Dio diede per mezzo di Mosè, gli ebrei furono in grado di attraversare sani questo mare e raggiungere la Terra Promessa (stato spirituale), mentre il Faraone ed il suo popolo affogarono nella loro corruzione. La storia egiziana ha registrato perfino degli eventi insignificanti; quindi, se fosse accaduta una cosa talmente meravigliosa come la separazione fisica del mare, essa sarebbe stata senz’altro riportata.» (`Abdu’l-Bahá: “Daily Lessons receveid at Akká”, ed.1979, p.45) 1679. Credenza errata su Giuda «La credenza secondo cui Giuda rappresenta i Giudei e Israele il popolo prescelto è errata.» (Da una lettera del 10 luglio 1939 scritta a nome del Custode a un credente) 1680. Dieci tribù d’Israele «Gl’Insegnamenti non danno alcuna risposta alla domanda su cosa ne fu delle dieci tribù d’Israele; se siano state assorbite in qualche altra nazione o meno.» (Ibidem) 1681. Grande destino spirituale degli ebrei: entreranno in gran numero nella Fede «Riguardo la sua domanda sul futuro degli ebrei: come esplicitamente affermato dal Maestro, essi hanno certamente un grande destino spirituale e gradualmente entreranno in grandi gruppi nella Fede.» (Da una lettera del 13 novembre 1937 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1682. Contatti di filosofi greci con dotti e leader religiosi ebrei «È inoltre documentato in numerose opere storiche che i filosofi greci, come Pitagora, attinsero la maggior parte della loro filosofia, sia divina che materiale, dai discepoli di Salomone. E Socrate, che si era messo in viaggio spinto dal desiderio d’incontrare i più illustri studiosi e teologi d’Israele, ritornato in Grecia, affermò il concetto dell’unicità di Dio e della continuità della vita dell’anima umana, una volta liberata dalla polvere degli elementi. Alla fine gli ignoranti tra i Greci denunciarono quest’uomo che aveva colto i più reconditi misteri della saggezza e decisero di togliergli la vita; poi il popolo forzò la mano del governo e durante una riunione d’assemblea gli fecero bere una coppa di veleno.» (‘Abdu’l-Bahá: “Il Segreto della Civiltà Divina”, p.53) I. Profeti e profezie di varie Religioni 1683. Bahá’u’lláh: Culmine del ciclo adamitico e Iniziatore del ciclo bahá’í‚ «Il ciclo adamitico, inaugurato 6000 anni fa dalla Manifestazione di Dio chiamata Adamo, è solo uno dei vari cicli passati. Bahá’u’lláh - come ella dice - rappresenta il culmine del ciclo adamitico. Egli è però anche l’Iniziatore del ciclo bahá’í È ovvio che devono essere esistiti Profeti e Manifestazioni nelle epoche precedenti il ciclo adamitico, e ciò viene confermato dalla seguente asserzione rivelata da Bahá’u’lláh Stesso: “Ed ora a proposito del tuo quesito .Com’è che non si trova alcuna traccia dei Profeti che hanno preceduto Adamo, il Padre dell’Umanità, o dei re che vissero nei giorni di quei Profeti? Sappi che la mancanza di ogni riferimento ad essi non prova che non siano veramente esistiti. Il fatto di non avere alcuna prova tangibile a loro riguardo è da attribuirsi all’estrema lontananza dei tempi, come pure ai grandi cambiamenti ai quali è stata soggetta la terra dai loro tempi in poi”. Riguardo alla sua domanda sulla storia della creazione, siamo stati incaricati di citare il seguente brano tratto da una tavola non pubblicata di ‘Abdu’l-Bahá: “Sappi che la Torah è ciò che fu rivelato nelle Tavole a Mosé - la pace sia con Lui - e ciò che Gli fu ordinato. Ma le descrizioni degli avvenimenti sono narrazioni storiche e furono scritte dopo Mosé - la pace sia con Lui”. Circa la storia di Adamo ed Eva, ‘Abdu’l-Bahá ne Le lezioni di San Giovanni d’Acri spiega che essa non può essere presa alla lettera ed alle pagine 158-164 di quel libro ella potrà trovare il suo significato simbolico.» (Da una lettera del 13Mirza1986 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente) 1684. Buddha fu una Manifestazione come Cristo «Buddha fu una Manifestazione di Dio come Cristo, ma i Suoi seguaci non dispongono dei Suoi Scritti autentici.» (Da una lettera del 26 dicembre 1941 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Australia e Nuova Zelanda) 1685. Confucio non fu un Profeta, ma un grande riformatore «Confucio non fu un Profeta. È abbastanza corretto dire che è stato il fondatore di un sistema morale e un grande riformatore.» (Ibidem) 1686. Profezie di Daniele «Riguardo la domanda sulle profezie di Daniele ne Le lezioni di San Giovanni d’Acri...: Le settanta settimane portano giusto al martirio di Cristo. Le sessantanove settimane sono da interpretare nel senso che dopo 69 settimane Egli fu crocifisso, e ciò - come il Maestro ha puntualizzato - ci fa pervenire all’ultima settimana, e cioè quella fra la sessantanovesima e la settantesima, quando Egli ascese.» (Da una lettera del 21 settembre 1957 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1687. Re Davide «Il Davide a cui fa riferimento il Báb e che - come dallo Stesso affermato - ha preceduto Mosè, non è il Re Davide, padre del Re Salomone, il quale visse dieci secoli prima di Cristo ed ovviamente molti anni, anzi molti secoli dopo Mosè. ‘Abdu’l-Bahá lo spiega in una Tavola.» (Da una lettera del 17 febbraio 1939 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India) 1688. Genesi 22.9:‚ Sacrificio di Ismaele «Riguardo il quesito posto dall’Assemblea di Racine in relazione a quanto affermato da Bahá’u’lláh nelle Spigolature sul sacrificio di Ismaele: sebbene quest’affermazione non concordi con quanto detto nella Bibbia, Genesi 22.9, gli amici - per motivi troppo ovvi - devono senza esitazione dare la precedenza ai detti di Bahá’u’lláh, i quali - è da notare - sono pienamente avvalorati dal Corano, libro più autentico del Nuovo e Vecchio Testamento della Bibbia. Questa non è del tutto autentica, ed a questo riguardo non è da paragonare al Corano e quindi è da subordinare totalmente agli autentici scritti di Bahá’u’lláh.» (Da una lettera del 28 luglio 1936 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada) 1689. Lot «Dal testo di Genesi 19:29-38 appare del tutto evidente che Lot non ebbe alcuna responsabilità per le azioni commesse dalle figlie, poiché queste gli diedero del vino e lo fecero ubriacare. (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi, tratta da “Dawn of a New Day”, p.201) 1690. Zoroastro «Zoroastro non era Abramo. Alcuni mussulmani sostengono il contrario, ma noi crediamo che furono due distinti Profeti. A questo riguardo vi è un equivoco nei riferimenti esistenti in Bahá’í Proofs.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi, tratta da “Letters from the Guardian to Australia and New Zeland”, p.41) 1691. Inizio dell’era zoroastriana «1. Riguardo l’inizio dell’era zoroastriana, ‘Abdu’l-Bahá afferma in una Sua Tavola che Zoroastro visse circa 750 anni dopo Mosè, e il segretario del Custode, in una lettera a un credente, scrisse a Suo nome: “Zoroastro visse circa mille anni prima di Cristo. Negli insegnamenti non è riportata l’esatta data d’inizio della Sua Dispensazione”. 2. Circa la seconda domanda su un’ipotetica Tavola del Báb nella quale si sosterrebbe che sono esistiti trenta Zoroastro, il Dipartimento delle Ricerche afferma che non è stato trovato alcun testo del Báb su questo argomento. Tuttavia, Mirza Abu’l-Fa?l sostiene nei suoi scritti che in Iran sono apparsi diversi profeti prima della Dispensazione di Zoroastro.» (Da una lettera del 13maggio1979 della Casa Universale di Giustizia, Dipartimento di Segreteria, a Mrs. Gayle Woolson) 1692. Religione Indù « ...Le origini di questa e di molte altre religioni dell’India ci sono totalmente sconosciute e perfino gli orientalisti e gli studiosi di religione non sono in completo accordo con i risultati delle loro indagini. Gli Scritti bahá’í inoltre non fanno alcun specifico riferimento a nessuna di queste forme di religione esistenti in India. Pertanto, il Custode ritiene che sia impossibile dare una qualsiasi definitiva e dettagliata informazione sull’argomento. Egli comunque la esorta a compiere i suoi studi in questo campo - per quanto sbalorditiva sia la sua vastità - con lo scopo di portare il Messaggio agli Indù.».. (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi, tratta da “Dawn of a New Day”, p.198) 1693. Sabeanismo «Con riferimento alla sua domanda sulle religioni indù e sabea, non esiste nulla negl’Insegnamenti che ci possa aiutare a stabilire quale delle due è più antica. Né‚ la storia sembra essere in grado di fornire una definitiva risposta alla questione. Le notizie relative all’origine di queste religioni non sono sufficientemente dettagliate e affidabili da offrire una prova conclusiva al riguardo.» (Da una lettera del 9 novembre 1940 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1694. Lao-Tse e i Sabei «Riguardo Lao-Tse, i bahá’í non lo considerano un profeta o un messaggero, sia pure secondario; al contrario di Buddha o Zoroastro, i Quali furono invece entrambi Manifestazioni mandate da Dio e totalmente indipendenti. Sulla religione dei Sabei, molto poco si sa della sua origine; noi bahá’í comunque siamo certi di una cosa e cioè che il suo fondatore era un Messaggero mandato da Dio. Il paese nel quale la religione sabea si diffuse e fiorì era la Caldea e Abramo è considerato essere stato un seguace di quella Fede.» (Da una lettera del 10 novembre 1939 scritta a nome del Custode a un credente) 1695. Assenza in estremo oriente di seguaci del Báb e di Bahá’u’lláh durante il Loro ministerio‚ «Poiché durante il Loro ministero non vi furono seguaci del Báb e di Bahá’u’lláh di estrazione religiosa dell’estremo oriente, questa può essere la ragione per cui Essi non indirizzarono alcuna Tavola direttamente a quei popoli. Inoltre dobbiamo ricordare che ogni religione ha una sua radice e, proprio come il Cristianesimo nacque dal Giudaismo, la nostra religione ha le sue radici nell’Islám; questo è il motivo per cui molti suoi insegnamenti deducono le loro prove dall’Islám.» (Da una lettera del 5 Mirza 1957 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) «I nostri insegnamenti non fanno alcun riferimento a legami genealogici fra i Profeti del vicino ed estremo oriente.» (Da una lettera del 31 Mirza 1941 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1696. Induismo, Buddismo e Zoroastrismo «(Quanto segue è tratto da una compilazione di passi di lettere scritte a nome del Custode su questo tema, acclusa alla lettera del 30 novembre1980 scritta a un credente dalla Casa Universale di Giustizia) Profeti Minori: Riguardo la sua domanda, non possiamo assolutamente aggiungere nomi di persone - che noi (o chiunque altro) pensiamo possano essere Profeti Minori - a quelli che si trovano nel Corano, nella Bibbia e nei nostri Scritti, atteso che da parte nostra vengono considerati autentici solo questi Libri. (13 Mirza 1950 a un credente). Profeti asiatici: Riguardo la sua domanda, l’unico motivo per cui non esiste più ricordo dei Profeti asiatici è perché i loro nomi sembrano essersi perduti nelle nebbie della storia antica. Nelle nostre Scritture sono menzionati Buddha e Zoroastro, entrambi profeti non ebrei e non semiti. Noi sappiamo che vi sono sempre stati delle Manifestazioni di Dio, ma non si dispone di alcuna traccia dei loro nomi. (4 ottobre 1950 a un credente). Scritti di Buddha e Krishna: Non abbiamo certezza dell’autenticità degli scritti di Buddha e Krishna e così non possiamo di certo trarre alcuna conclusione definitiva sulle nascite verginali ivi menzionate. Nei nostri insegnamenti non esiste alcun riferimento su questo argomento e quindi il Custode non può esprimere opinioni. Poiché le nostre Scritture non affermano che Zoroastro sia l’anello di collegamento fra l’Eufrate ed i Profeti indiani, noi non possiamo asserirlo. Abramo e Krishna sono due individui separati e, per quanto ne sappiamo, non esiste alcuna connessione fra di Loro. Non sappiamo nulla di più sui profeti menzionati nell’Iqán rispetto a quanto affermato da Bahá’u’lláh in quel Libro. (25 novembre 1950 a un credente). Brahma e Krishna: Riguardo il suo quesito su Brahma e Krishna, poiché nei nostri Insegnamenti non vi è alcun riferimento a Loro, la soluzione e la spiegazione di tali questioni è lasciata agli studiosi di storia e religione. (14 aprile 1941 a un credente). Le date reali relative ai Profeti del ciclo adamitico sono sconosciute:‚ Nei nostri insegnamenti non esistono date reali relative ai Profeti del ciclo adamitico e quindi non ne possiamo indicare alcuna. A titolo speculativo, possiamo accettare ciò che gli storici considerano preciso. Naturalmente abbiamo certezza delle date che si riferiscono a Mu?ammad, al Báb ed a Bahá’u’lláh.» (25 novembre 1950 a un credente). 1697. I due tipi di esistenza «L’esistenza è di due tipi: una è l’esistenza di Dio che trascende la comprensione dell’uomo. Egli, l’invisibile, l’eccelso, l’incomprensibile, non è preceduto da alcuna causa ma è l’Origine della causa delle cause. Egli, l’Antico, non ha avuto inizio ed è indipendente da ogni cosa. Il secondo tipo di esistenza è l’esistenza umana. È un’esistenza comune, comprensibile alla mente umana, non antica, ma dipendente e mossa da una causa. La sostanza mortale non diviene eterna e viceversa; la specie umana non diviene il Creatore e viceversa. È impossibile che la sostanza innata si trasformi. Nel mondo dell’esistenza - come si può capire - vi sono diversi stadi di mortalità: il primo stadio è il mondo minerale, poi viene il mondo vegetale. In quest’ultimo mondo il minerale esiste, ma con un tratto distintivo che è la caratteristica vegetale. Del pari nel mondo animale sono presenti caratteristiche minerali e vegetali cui si aggiungono le qualità del mondo animale, cioè la facoltà dell’udito e della vista. Nel mondo umano vi sono le caratteristiche dei mondi minerale, vegetale e animale e inoltre sono presenti le qualità del genere umano, vale a dire le caratteristiche dell’intelletto che scopre le realtà delle cose e comprende principi universali. Pertanto sul piano del mondo contingente l’uomo è l’essere più perfetto. Per uomo s’intende l’individuo perfetto, che è simile a uno specchio dove si manifestano e si rispecchiano le perfezioni divine. Il sole però non discende dalle altezze della sua santità per entrare nello specchio; ma quando questo sia purificato e rivolto verso il Sole della Verità, le perfezioni di questo Sole, che sono la luce e il calore, vi si rispecchiano e vi si manifestano. Queste anime sono le Divine Manifestazioni di Dio.» (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, p. 65, n. 30) 1698. Le Manifestazioni hanno coscienza del Loro rango «Le Manifestazioni hanno senza dubbio coscienza del Loro rango, ma a noi non è dato sapere quale sia la natura di tale coscienza.» (Da una lettera del 19 novembre 1945 scritta a nome del Custode a un credente) 1699. Preesistenza delle anime dei Profeti «L’anima o lo spirito dell’uomo comincia a esistere col concepimento del suo corpo fisico. I Profeti, diversamente da noi, sono preesistenti. L’Anima di Cristo esisteva nel mondo spirituale prima della Sua nascita in questo mondo; non possiamo immaginare cosa sia quel mondo, perciò le parole sono inadeguate a descrivere il Suo stadio di esistenza. Non siamo in grado di conoscere Dio direttamente, ma solo attraverso i Suoi Profeti. Possiamo pregarLo avendo questa consapevolezza, o indirizzarGli la nostra preghiera pensando a Bahá’u’lláh non come a Dio, ma come Porta per conoscerLo. Troviamo Dio solamente con l’intermediazione dei Suoi Profeti; in Essi vediamo la perfezione di Dio. Il tempo e lo spazio sono entità fisiche; Dio, il Creatore, non è in un “posto”, secondo il nostro concetto di luogo in termini fisici. Dio è l’Essenza Infinita, il Creatore. Noi non possiamo raffigurare Lui o il Suo stato; se lo facessimo, saremmo Suoi eguali e non Sue creature. Dio non è mai carne, tuttavia, specchiati negli attributi dei Suoi Profeti, noi vediamo le Sue caratteristiche e perfezioni divine. Shoghi Effendi le consiglia di studiare Le Lezioni di San Giovanni d’Acri e La Dispensazione di Bahá’u’lláh che l’aiuteranno a capire queste questioni.» (Da una lettera del 9 ottobre 1947 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) «In quanto alla sua domanda sul passo delle Sette Valli dove si accenna alla preesistenza. Ciò non presuppone che l’anima individuale preesista al concepimento. Il termine non è tradotto bene e il significato è che l’anima dell’uomo è la depositaria degli antichi, divini misteri di Dio.» (Da una lettera del 5gennaio1948 scritta a nome del Custode a un credente. Compilazione “Spiritismo – Reincarnazione - Fenomeni Medianici”, p. 18, n. 33) 1700. Ha?rát - Sua Santità «Nella lingua persiana è irrispettoso non usare la parola Ha?rát davanti al nome del Profeta, cosicché - strettamente parlando - una corretta traduzione dovrebbe sempre menzionare, per esempio, “Sua Santità Mosè”, ecc.; tuttavia, poiché in inglese [ma anche in italiano, N.d.T.] suona strano ed il termine non rientra nel miglior uso della lingua, [il Custode] ritiene che possa essere evitato. In ogni caso, i pronomi che si riferiscono alla Manifestazione o al Maestro devono essere sempre scritti a lettere maiuscole.» (Da una lettera dell’ 8 novembre 1948 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale di Stati Uniti e Canada) 1701. Scopo fondamentale di tutte le religioni «...lo scopo fondamentale di tutte le religioni - inclusa la nostra - è quello di avvicinare l’uomo a Dio e di trasformarne il carattere, il che è di estrema importanza. Spesso si mettono troppo in evidenza gli aspetti sociali ed economici degli Insegnamenti, mentre è impossibile sopravvalutare l’importanza dell’aspetto morale. Egli la esorta a non scoraggiarsi, poiché tutte queste temporanee condizioni passeranno con la crescita della Fede, ma a concentrarsi sul costruttivo lavoro dell’insegnamento ed essere un esempio della Fede.» (Da una lettera del 6 settembre1946 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Parzialmente in compilazione “Gioventù Bahá’í”, p. 8, n. 16) 1702. Principi fondamentali delle religioni «I principi fondamentali di tutte le religioni divine non possono essere rigidamente classificati. Non è possibile stabilirne un elenco definitivo ed esaustivo, poiché non disponiamo di alcun mezzo per accertare che quelli ritenuti fondamentali siano comuni a tutte le religioni.» (Da una lettera del 10 luglio 1939 scritta a nome del Custode a un credente) 1703. Religione cosmica «Riguardo il quesito da lei posto in relazione al brano tratto dal libro “Religione Cosmica” del dott. Einstein: secondo il punto di vista bahá’í non vi è e non può esservi alcuna incompatibilità fra l’idea di legge causale e quella di un Dio Onnipotente e Onnisciente, il Quale - ove lo ritenga opportuno - può a volte interferire con la normale sequenza degli eventi nel mondo, e quindi ritardare o fermare del tutto il corso di certe leggi, sia nell’universo fisico, che in qualsiasi altro mondo della natura e dell’uomo. L’altra affermazione attribuita al dott. Einstein, secondo cui la condotta etica dell’uomo “non richiede alcun sostegno religioso”, è incompatibile con l’opinione bahá’í che con enfasi sottolinea l’impossibilità di esistenza di una sana ed efficace etica senza che questa sia basata su una religione rivelata. Dissociare l’etica dalla religione significa rendere la prima non solo priva di qualsiasi solida base, ma anche della necessaria forza trainante.» (Da una lettera del 6 dicembre 1939 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1704. Essenza della fede religiosa « ...l’essenza della fede religiosa è quel sentimento mistico che unisce l’uomo a Dio. Questo stato di comunione spirituale può essere indotto e mantenuto mediante la meditazione e la preghiera. Ecco perché Bahá’u’lláh ha tanto insistito sull’importanza del culto. Non basta che i credenti si limitino ad accettare e osservare gli insegnamenti: è necessario che essi alimentino quel sentimento di spiritualità che si può acquistare sopratutto attraverso la preghiera.» (Da una lettera del 8 dicembre 1935 scritta a nome del Custode a un credente) 1705. Unità dell’umanità: pietra angolare degli Insegnamenti «Con riferimento alla sua domanda circa il significato del passo “colui che ama il proprio simile”, l’affermazione di Bahá’u’lláh non riguarda alcuna speciale razza o classe di persone, ma piuttosto l’intera razza umana, senza distinzione di classe, credo o colore. Il Messaggio di Bahá’u’lláh non è un appello rivolto a un gruppo di persone in particolare: è un Messaggio Universale e un appello che abbraccia tutti. Il Suo principio di Unità dell’umanità è universale nel suo spirito e nella sua applicazione, e copre l’intero campo dei rapporti umani. È essenziale che i credenti abbiano molto chiaro questo punto, poiché il principio dell’unità del genere umano è la pietra angolare di tutti gli Insegnamenti di Bahá’u’lláh, e deve essere presentato come tale dagli amici senza la minima esitazione.» (Da una lettera dell’ 11 Mirza 1937 scritta a nome del Custode a un credente, citata nella lettera dell’ 8 agosto 1968 della Casa Universale di Giustizia all’ Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1706. Primaria importanza della Causa fra le religioni esistenti «L’importanza primaria che riveste la Causa fra le religioni esistenti nel mondo sta nel fatto che, mentre le altre non hanno alcun coerente programma sul quale fondare la loro unità, la Fede dispone del vero spirito e degli insegnamenti di cui il mondo abbisogna per la risoluzione dei suoi attuali problemi internazionali...» (Da una lettera del 14 gennaio 1932 scritta a nome del Custode a un credente) 1707. Significato di “Misteriosa Forza che crea nuovi mondi spirituali” «Avete chiesto il significato della frase “La Misteriosa Forza che crea nuovi mondi spirituali”: Shoghi Effendi ritiene che si riferisca alla trascendente Essenza di Dio, Creatore di questo mondo e dei mondi a venire; Bahá’u’lláh infatti dice che i mondi di Dio sono infiniti.» (Da una lettera del 27 Mirza 1933 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale di Eliot Maine) 1708. Significato di Dio personale; valore della religione Vedasi paragrafi n. 1574. 1709. La religione deve cambiare le nostre azioni ed i nostri pensieri «...L’inestimabile valore della religione sta nel fatto che quando un uomo è strettamente legato ad essa, tramite una reale e viva fede nella stessa e nel Suo Profeta, egli ne ricava una forza più grande della propria che lo aiuta a sviluppare le sue buone qualità ed a sopraffare le cattive. Vero scopo della religione è cambiare non solo i nostri pensieri, ma anche le nostre azioni; quando crediamo in Dio, nel Suo Profeta e nei Suoi insegnamenti, noi vediamo che cresciamo, anche se forse ci siamo ritenuti incapaci di crescere e cambiare.» (Da una lettera del 3 ottobre 1943 scritta a nome del Custode a un credente) 1710. Scopo della Giornata della Religione Mondiale «La vostra lettera del 30 settembre con la proposta di “istituire un giorno all’anno in cui tutte le religioni siano in accordo” è una felice idea che le persone di buona volontà nel mondo possono salutare con gioia. Tuttavia, questo non è il concetto che sta alla base della Giornata della Religione Mondiale, che è una celebrazione della necessità dell’avvento di una religione mondiale per l’umanità, la Fede Bahá’í stessa. Sebbene vi siano state diverse maniere per esprimere il significato di questa celebrazione nelle comunità bahá’í degli Stati Uniti, la Giornata non fu designata principalmente per fornire una piattaforma comune a tutte le religioni ed alle loro emergenti idee ecumeniche. In pratica, non vi è nulla di male che le comunità bahá’í invitino persone di altre religioni per condividere i loro programmi su questa Giornata, purché sia chiaramente proposta l’universalità della Fede Bahá’í come adempimento delle speranze dell’umanità per una religione mondiale.» (Da una lettera del 22 ottobre 1968 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Locale di Chicago) 1711. Significato dei resti dei Profeti « ...I resti dei Profeti o le Loro reliquie non hanno alcun speciale significato fisico; tuttavia essi possiedono un profondo significato spirituale, nel senso che le Loro spoglie mortali hanno costituito lo specchio fisico della grandezza di Dio. In altre parole, noi conosciamo Dio attraverso i Suoi Profeti, i Quali hanno un corpo; questo corpo - la Loro vera tomba - è prezioso per il suo significato evocativo. È già naturale per la gente provare commozione alla vista di una ciocca di capelli o di qualche ricordo appartenuti ad una persona che hanno amato; quanto più dobbiamo gelosamente custodire una reliquia del Beneamato di Dio e provare commozione alla sua vista? » (Da una lettera del 13 novembre 1944 scritta a nome del Custode a un credente) 1712. Gli atomi che compongono i Profeti sono proprio atomi «Il riflesso delle qualità delle Anime Sante può aver luogo in qualsiasi momento e non è limitato al periodo in cui la Manifestazione è su questa Terra. Gli atomi che compongono il corpo dei Profeti sono proprio degli atomi eguali a tutti gli altri, ma la loro connessione con la grande forza spirituale lascia - per così dire - un’atmosfera spirituale nel luogo ove riposano. Indubbiamente Essi sono dotati di una tremenda influenza spirituale e di un enorme potere. Ma il carattere fisico dei Loro atomi non è differente da quello di altre persone, più di quanto non siano differenti i Loro corpi e le Loro funzioni fisiche.» (Da una lettera del 28 ottobre 1949 scritta a nome del Custode a un credente) 1713. I ventiquattro anziani «Riguardo i ventiquattro anziani, il Maestro in una Tavola affermò che essi sono il Báb, le 18 Lettere del Vivente ed altri cinque che saranno conosciuti in futuro. Finora non sappiamo chi sono queste altre cinque persone.» (Da una lettera del 22 luglio 1943 scritta a nome del Custode a un credente) 1714. Nei Profeti si trova la perfezione di Dio «Noi scopriamo Dio solo attraverso i Suoi Profeti; in Essi vediamo la perfezione di Dio. Il tempo e lo spazio sono entità fisiche; Dio, il Creatore, non è in un “posto”, secondo il nostro concetto di luogo in termini fisici. Dio è l’Essenza Infinita, il Creatore. Noi non possiamo raffigurare Lui o il Suo stato; se lo facessimo, saremmo Suoi eguali e non Sue creature. Dio non è mai carne, ma, specchiati negli attributi dei Suoi Profeti, noi vediamo le Sue caratteristiche e perfezioni divine.» (Da una lettera scritta a nome del Custode a un credente, tratta da “High Endeavors, Messages to Alaska”, p. 70) 1715. Riferimenti a Bahá’u’lláh «Riguardo le domande che hai posto: In Malachia, cap. 3, i versetti 16, 17 e 18 si riferiscono agli amici di Dio, e in Matteo, cap. 25, l’oggetto dei versetti 31, 32 e 33 è la Bellezza Benedetta. In Michea, cap. 5, il versetto 4 si riferisce a Cristo. In Sofonia, cap. 1, versetti 14, 15, 16 e 17, in Zaccaria, cap. 2, versetti 10, 11, 12 e 13, e in Luca, cap. 21, dal versetto 20 alla fine, tutti questi versetti fanno riferimento al secolo della Bellezza Benedetta.» (‘Abdu’l-Bahá: da una Tavola del 4/6/1919 tradotta da Shoghi Effendi, tratta da “Star of the West”, vol. X, n. 12, p. 232) 1716. L’arca e il diluvio «Le affermazioni bibliche relative ai sette giorni della creazione non possono certamente essere considerate autorevoli o corrette. L’Arca e il Diluvio riteniamo siano da considerare in modo simbolico.» (Da una lettera del 28 ottobre 1949 scritta a nome del Custode a un credente) 1717. Differenti significati della parola Generazione « ...la parola generazione ha un differente significato a seconda del contesto in cui si trova. Il primo è quello che intese Cristo riferendosi alla Sua Dispensazione, o ciclo, l’altro si riferisce alla generazione fisica. Per esempio, se un uomo commette durante la sua vita una grave ingiustizia nei confronti di un altro, il figlio sarà disprezzato per aver avuto un padre del genere e in certi casi l’ingiuria potrebbe essere così seria da produrre i suoi effetti fino al nipote, ecc.; oppure un uomo, per una condotta di vita sbagliata, può contrarre la tubercolosi e trasmettere la malattia ai suoi figli fino alla terza o quarta generazione. Sia fisicamente che mentalmente i peccati dei padri possono ricadere sui figli. (`Abdu’l-Bahá: Daily Lessons received at Akká, ed.1979, pp. 45-46) 1718. La croce «Riguardo il simbolo della croce, stabilito in tempi passati: Sappi in verità che la forma della croce è una figura meravigliosa e consiste di due linee rette poste trasversalmente, una perpendicolare all’altra; tale figura esiste in tutte le cose. Medita su queste parole e fai attenzione al tessuto esistente in ogni sostanza, sia essa vegetale, animale o umana, e vedrai che è formata da una figura a forma di croce o da due linee trasversali. Considera ciò attentamente con profonda meditazione e lo Spirito Santo ti farà comprendere che è per questa ragione che Dio, in tutti i tempi, ha scelto questo simbolo quale segno di sacrificio. Riguardo la forma della luna crescente: essa simboleggia l’inizio della religione di Dio che crescerà fino a diventare come luna piena. Riguardo le stelle: esse sono emblemi di guida; in verità, infatti, la stella è una guida per la gente, sia sulla terra che sul mare, perfino nella più fosca oscurità. Nei secoli scorsi, la gente è stata guidata dalla stella polare in qualunque direzione dovesse andare.» (‘Abdu’l-Bahá: Tavole di ‘Abdu’l-Bahá, vol. III, pp. 598-599) 1719. Gli insegnamenti di Swedenborg e Emerson sono da considerare movimenti anticipatori dei tempi «...Gli insegnamenti di anime spiritualmente illuminate, come Swedenborg, Emerson ed altri, sono da considerare movimenti anticipatori, presagenti nella mente di grandi anime quella Rivelazione che sarebbe crollata sul mondo tramite il Báb e Bahá’u’lláh. Tuttavia, qualunque cosa che essi abbiano detto, ma non sostenuta dagli Insegnamenti, non può da noi essere considerata assoluta verità, ma semplicemente l’espressione del loro pensiero.» (Da una lettera del 6 maggio 1943 scritta a nome del Custode a un credente) 1720. Emanuele Swedenborg «In relazione alla sua domanda circa il riferimento fatto da `Abdu’l- Bahá a “Sua Altezza Emanuele” nel terzo volume delle Sue Tavole, esso - come si evince dal testo stesso - riguarda ovviamente il Báb e per niente Swedenborg.» (Da una lettera del 9 maggio 1938 scritta a nome del Custode a un credente) 1721. ‘Abdu’l-Bahá lodò Emanuele Swedenborg per i suoi sforzi tesi ad una ricostruzione religiosa e sociale «...riguardo Emanuele Swedenborg ed i suoi scritti: sebbene ‘Abdu’l-Bahá abbia lodato lui e i suoi nobili sforzi tesi ad una ricostruzione sociale e religiosa, non vi è nulla negli Scritti del Maestro che possa legittimare i credenti nell’attribuirgli speciale rango o importanza, se non quello di illuminato e costruttivo pensatore di ampia visione spirituale. Non può esservi pertanto alcun ufficiale atteggiamento bahá’í nei riguardi di costui o del suo lavoro.» (Da una lettera del 7 ottobre 1939 scritta a nome del Custode a un credente) 1722. Swedenborg: araldo di questo Giorno per la progressività dei suoi insegnamenti‚ «Riguardo le sue domande: la facoltà razionale è una manifestazione del potere dell’anima. Quest’ultima è lo specchio della riflessione. Swedenborg, per il carattere estremamente progressivo dei suoi insegnamenti, può essere considerato in un certo senso un araldo di questo Giorno. Non esiste nulla di preciso negli Insegnamenti circa il rapporto subconscio della mente con l’anima dell’uomo.» (Da una lettera del 26 settembre 1943 scritta a nome del Custode a un credente) 1723. Persone come Emerson sono indubbiamente ispirate da Dio «Il punto di vista espresso nella sua lettera ha destato particolare interesse, perché è tipico di quelle anime sincere e ricercatrici che tentano di ottenere pace interiore leggendo opere di scrittori contemporanei dalle vedute universali. Persone come Emerson sono state indubbiamente ispirate da Dio, poiché molti dei pensieri che oggi suscitano il nostro interesse sono stati espressi e indotti da loro. Solo gradualmente apprezzeremo il lavoro di costoro e daremo loro una giusta collocazione nel nostro mondo in evoluzione. La tendenza di questi scrittori, tuttavia, è di sminuire piuttosto che accrescere l’importanza che riveste il profeta nel processo di civilizzazione. Essi c’invitano ad entrare in comunione con Dio guardando entro noi stessi; ci dicono che i profeti furono uomini e che noi possiamo diventare come loro se solo ci sforziamo. Questo concetto rende la religione, la religione di pochi, la religione solo di coloro che vivono talune esperienze.» (Da una lettera del 29 novembre 1929 scritta a nome del Custode a un credente) 1724. Differenza fra gnostici e credenti «‘Abdu’l-Bahá afferma che la principale differenza fra gnostici e credenti è che gli gnostici sostengono l’esistenza di soli due mondi, il mondo di Dio e quello delle creature. I profeti invece sostengono l’esistenza di tre mondi, il mondo di Dio, il mondo della Volontà o della Parola ed il mondo delle cose create. I profeti, inoltre, affermano che conoscere Iddio è impossibile. Come dice ‘Abdu’l-Bahá, l’uomo non può mai conoscere Dio e nemmeno immaginarLo e, se lo fa, quell’oggetto non è Dio ma un idolo immaginario.» (Ibidem) 1725. Cristo si riferisce al mondo dei Profeti come al “Verbo”; ‘Abdu’l-Bahá lo chiama “Volontà”‚ «Vi è un solo modo per giungere a Dio e consiste nella comprensione della Sua Manifestazione o Profeta nell’epoca in cui appare. Cristo, nel versetto “il verbo divenne carne” chiamò il mondo dei profeti Verbo, mentre ‘Abdu’l-Bahá lo chiama Volontà. Ad ogni modo è solo attraverso costoro che possiamo conoscere Dio. Essi manifestano gli attributi divini e quindi conoscendo loro possiamo conoscere Iddio. Il sentiero mistico che il viaggiatore deve percorrere è pertanto quello che conduce al Profeta. Venendo in contatto con Lui otterremo la pace.» (Ibidem) 1726. Dio continuerà a mandare i Suoi Profeti affinché l’uomo possa raggiungere la sua più alta meta «Se questo è il solo mezzo attraverso cui l’uomo può raggiungere la sua più alta meta, cioè la conoscenza di Dio, possiamo mai credere che Dio abbia cessato di inviarNe? [Profeti, N.d.T.]. Come dice Bahá’u’lláh, non sarebbe una bestemmia affermare che la bontà di Dio si è manifestata nel passato e che dal tempo di Cristo non è stata più profusa, e non lo sarà più per tutta l’eternità? No, Dio ha sempre mandato e continuerà ad inviare questi Profeti che Lo rappresentano su questa terra e che, riflettendoNe gli attributi, ce Lo fanno conoscere.» (Ibidem) 1727. Joseph Smith e il Libro di Mormon Riguardo la sua domanda su Joseph Smith e il Libro di Mormon: poiché gli Insegnamenti bahá’í indicano in modo assolutamente chiaro la successione dei Profeti dai tempi di Cristo in poi - e cioè Mu?ammad, il Báb ed alla fine Bahá’u’lláh - è ovvio che Joseph Smith non è una Manifestazione di Dio. I bahá’í devono comunque trattare i membri di tutte le sette religiose con la più grande tolleranza ed amicizia, cercando di dimostrare loro il significato che la Rivelazione di Bahá’u’lláh assume per il mondo in questo grande Giorno. Il Custode le consiglia d’insegnare la Fede ai Mormoni come a chiunque altro, ove li trovi ricettivi. Essi hanno molti buoni principi e i loro insegnamenti riguardanti la castità, l’astensione dal bere o fumare, ecc. sono abbastanza simili ai nostri e devono costituire un punto di comune interesse.» (Da una lettera del 18 agosto 1942 scritta a nome del Custode a un credente) 1728. Rango di Joseph Smith Circa il rango di Joseph Smith, fondatore della Fede Mormone, egli non viene considerato dai bahá’í un profeta, neanche minore. Ma naturalmente è stato un insegnante religioso sensibile alle correnti spirituali fluenti - all’inizio dell’Ottocento -direttamente dall’apparizione del Báb e di Bahá’u’lláh, nonché dalla Rivelazione dei Loro Messaggi di speranza e guida divina. A tal riguardo ella potrebbe trovare interessante il decimo capitolo del libro della defunta Mano della Causa George Townshend, Cristo e Bahá’u’lláh.» (Da una lettera del 7 febbraio 1977 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente) 1729. Nobili principi e ideali dei Mormoni «I Mormoni sono persone con nobili principi e ideali e per essi il passo spirituale per entrare nella Causa non è così difficile come lo è per molti altri che non hanno la fede e devozione per le quali si contraddistinguono. Tuttavia, il grande zelo con cui servono la loro Fede rende loro difficile acquisire la visione più ampia, propria della nostra Santa Causa.» (Da una lettera scritta a nome del Custode a un credente, citata nella lettera del 16 febbraio 1976 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente) XLII. FENOMENI MEDIANICI 1730. Origine dei cattivi pensieri «Essi provengono da altre menti: sono riflessi. Non bisogna diventare uno specchio per loro e rifletterli, né‚ cercare di controllarli perché è impossibile; se ne aggrava solo la difficoltà di controllo causando ulteriori manifestazioni degli stessi. Dobbiamo rivolgere costantemente lo specchio del nostro cuore esattamente verso Dio, cosicché vi si possa riflettere la luce del Sole della Verità. Questo è l’unico rimedio contro gli attacchi dei cattivi pensieri. Il davanti dello specchio deve essere rivolto verso Dio e il retro verso i cattivi pensieri.» (‘Abdu’l-Bahá: Daily Lessons Received at Akká, p.35, ed.1979) 1731. Spiriti maligni «In quanto alla domanda sugli spiriti maligni, demoni e mostri, tutti i cenni che ne fanno le Sacre Scritture hanno un significato simbolico. Ciò che la gente comunemente sa è solo superstizione.» (Da una Tavola di ‘Abdu’l-Bahá. Compilazione “Spiritismo-Reincarnazione -Fenomeni medianici”, p. 28 n. 59) 1732. Influenza degli spiriti maligni «Mi hai chiesto sull’influenza degli spiriti maligni. Gli spiriti maligni sono privi della vita eterna. Come possono dunque avere una qualsiasi influenza? Ma poiché la vita eterna è disposta per gli spiriti santi, perciò la loro influenza esiste in tutti i mondi divini.» (Da una Tavola di ‘Abdu’l-Bahá alla signora Ella Goodall Cooper. Ibidem, p. 28, n. 60) 1733. Gli spiriti maligni riguardano la natura inferiore dell’uomo «La verità sottintesa nel tema è che i termini spirito maligno, satana o qualunque altra cosa intesa come male, alludono alla natura inferiore dell’uomo . Questa natura inferiore è simboleggiata in molti modi. Nell’uomo vi sono due espressioni, una è l’espressione della natura, l’altra l’espressione del regno spirituale. Il mondo della natura è imperfetto. Esaminate il problema chiaramente, scartando ogni superstizione e fantasia... Dio non ha mai creato uno spirito maligno; tutte queste idee e questi nomi sono simboli per esprimere la natura dell’uomo puramente umana o terrena. È una condizione essenziale della terra che ne possano crescere spine, erbacce e alberi sterili. Relativamente parlando ciò è male; si tratta semplicemente della condizione inferiore e del prodotto peggiore della natura.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, pp.294-295. Ibidem, p. 29, n. 61) 1734. Il male esiste «Non dobbiamo mai prendere una frase degli Insegnamenti e isolarla da tutto il resto: ciò non significa che non dobbiamo amare, ma che dobbiamo assurgere a un piano spirituale dove Dio viene per Primo e le grandi passioni umane non hanno il potere di distoglierci da Lui. Vediamo continuamente persone che o per la forza dell’odio o per l’appassionato attaccamento che hanno verso un’altra persona, sacrificano un principio o si precludono la Via di Dio. Sappiamo che l’assenza della luce è la tenebra, ma nessuno può affermare che la tenebra non è vera. Essa esiste quantunque si tratti soltanto dell’assenza di qualcos’altro. Perciò anche il male esiste e non possiamo chiudere gli occhi davanti ad esso, ancorché si tratti di una esistenza negativa. Dobbiamo cercare di sostituirlo con il bene e se vediamo che non riusciamo a influenzare una persona malvagia, allora dobbiamo schivarne la compagnia, perché è malsana.» (Da una lettera del 4 ottobre 1950 scritta a nome del Custode a un credente. Ibidem, p. 30, n. 65) 1735. Fanciulli con poteri medianici Ciò che ‘Abdu’l-Bahá ha sempre spiegato a tal proposito è che questi poteri medianici non devono essere usati in questo mondo e che, invece, è pericoloso coltivarli qui. Bisogna lasciarli silenti, inutilizzati, anche quando lo facciamo con la sincera convinzione di aiutare gli altri; non ne comprendiamo la natura e non c’è modo di avere la certezza di ciò che c’è di vero e di falso. I fanciulli inclini ad essere medianici non devono essere per questo rimproverati con eccessiva durezza, ma non devono essere incoraggiati a sviluppare i loro poteri in questa direzione.» (Da una lettera del 4 Mirza 1946 scritta a nome del Custode a un credente. Ibidem, p. 12, n. 16) 1736. La Quarta Dimensione Negli insegnamenti della nostra Fede non c’è nulla sulla Quarta Dimensione ed egli giudica che con tutto il lavoro pratico che i bahá’í hanno da fare per il prossimo decennio ella debba sgomberare la mente da tutte queste astrusità, che non possono fare nulla di bene e che non la porterebbero a nulla.» (Da una lettera del 19 luglio 1953 scritta a nome del Custode a un credente. Ibidem, p. 16, n. 25) 1737. Evitare i fenomeni medianici «In quanto ai fenomeni medianici menzionati nella sua lettera, molto spesso essi sono un indizio di profonda confusione psichica; è bene che gli amici facciano tutto il possibile per evitare di prestare indebita considerazione a simili cose.» (Da una lettera del 20 novembre 1937 scritta a nome del Custode a un credente. Ibidem, p. 8, n. 4) 1738. Possessione «In quanto alla sua domanda sulla condizione di quelle persone che il Vangelo dice di essere possedute dal demonio: è cosa da interpretare in senso figurato; il diavolo o satana è un simbolo delle forze malefiche e oscure che cedono alla tentazione.» (Da una lettera del 2 novembre 1938 scritta a nome del Custode a un credente. Ibidem, p. 29, n. 63) 1739. Sforzarsi di avere pensieri puri «...Che la verità sia spesso trasmessa attraverso i sogni nessuno che conosca bene la storia, soprattutto la storia religiosa, potrà dubitare. Ma nel contempo i sogni e le visioni sono sempre coloriti e più o meno influenzati dalla mente di chi sogna e dobbiamo guardarci dall’attribuire loro eccessiva importanza. Quanto più puri e liberi da pregiudizi e desideri sono il cuore e la mente, tanto più probabile è che i sogni trasmettano verità attendibili, ma se esistono forti pregiudizi, simpatie e antipatie personali, cattivi sentimenti o sinistri moventi, questi deformeranno e distorceranno ogni ispirante idea che possa presentarsi... In molti casi i sogni sono stati lo strumento che ha portato un uomo alla verità o lo ha confermato nella Fede. Dobbiamo sforzarci di avere un cuore puro e di essere “liberi da tutto fuorché Dio”. Allora i sogni e i pensieri della veglia diverranno puri e veri. Dobbiamo saggiare le idee che ci vengono da sogni, visioni o ispirazioni, confrontandole con la Parola rivelata e guardando se sono in armonia con essa.» (Da una lettera del 16 maggio 1925 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Ibidem, p. 7, n. 1) 1740. Difficile distinguere la verità dall’immaginazione «In primo luogo a proposito delle visioni: è difficilissimo distinguere fra le vere visioni che sono autentiche esperienze spirituali dell’anima e le fantasie che non hanno realtà nelle verità spirituali. È tuttavia possibile che vere visioni siano concesse a coloro che sono spiritualmente puri e ricettivi e perciò esse non sono limitate ai Profeti.» (Da una lettera del 26 novembre 1939 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Ibidem, p. 10, n. 9) 1741. Differenza fra rivelazione divina ed esperienza personale «In quanto alla pretesa di... di ricevere rivelazioni direttamente da Dio: le visioni e le comunicazioni che egli può ricevere non possono, dal punto di vista della Causa, essere considerate alla stregua della rivelazione diretta e autorevole ricevuta da Dio dai Profeti e dai Messaggeri Divini. C’è una fondamentale differenza fra la Rivelazione Divina concessa da Dio ai Suoi Profeti e le esperienze e le visioni spirituali che gli uomini possono avere. Queste ultime non devono assolutamente essere interpretate come un’infallibile fonte di guida, neppure per chi ne sia oggetto. Il Custode desidera che ella spieghi e chiarisca esaurientemente questo punto a... affinché egli non si faccia illusioni sul vero atteggiamento bahá’í su questo e simili temi.» (Da una lettera del 1 novembre 1940 scritta a nome di Shoghi Effendi alla credente Mrs. Kathryn Frankland. Ibidem, p. 10, n. 10) 1742. Rarità delle vere esperienze mistiche «In quanto alla sua domanda: in questo capitolo sulle “Visioni e Comunicazioni con gli essere spirituali” nelle Lezioni di San Giovanni d’Acri, è evidente che il Maestro vuole spiegare che, in alcune rare circostanze, come quelle in cui si sono trovati i Profeti, è possibile comunicare con un’anima già trapassata nel mondo invisibile, ma che la maggior parte delle esperienze di questo tipo che spesso taluni pretendono di avere con anime trapassate non sono altro che il frutto della loro fantasia - per quanto reali esse possano sembrare loro. Attualmente non c’è modo di sapere storicamente se l’esperienza che Saul ebbe di Samuele sia stata un autentico rapporto spirituale. Non si trattò tuttavia del frutto dell’immaginazione, perché la Bibbia lo afferma incontrovertibilmente. Le vere esperienze mistiche fondate sulla realtà sono rarissime ed è facile capire quanto sia pericoloso cercare la verità brancolando nel buio della fantasia. Ecco perché, come ella fa notare, il Maestro ci mette in guardia contro tutte le pratiche medianiche. Se dobbiamo avere una profonda esperienza spirituale possiamo essere certi che Iddio ce la concederà senza che noi dobbiamo andarla a cercare.» (Da una lettera del 25ottobre1942 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Ibidem, p. 10, n. 12) 1743. Non v’è bisogno di rivelazioni personali «Il Custode pensa che in linea generale, quando qualcuno afferma di ricevere messaggi o comunicazioni dal Maestro o da Bahá’u’lláh, eccetera, è meglio concludere che si tratta di un’esperienza medianica o di fantasia e non di un reale contatto con Loro. Questi Santi Esseri hanno i canali della Causa per guidarci, senza bisogno di uscirne e di inviarci rivelazioni personali.» (Da una lettera del 22 dicembre 1947 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Ibidem, p. 14, n. 20) 1744. Lasciare che il futuro si foggi da sé‚ stesso «In secondo luogo egli [il Custode] le consiglia di considerare la voce che ha sentito un fenomeno che potrebbe essere la sua mente subcosciente, o qualche influenza medianica, ma qualunque cosa fosse non deve lasciarsene turbare e tanto meno attribuirle eccessiva importanza. Nessuno di noi sa cosa ha in serbo il futuro o in quale misura stiamo guastandolo o creandolo; perciò dobbiamo quotidianamente fare del nostro meglio e lasciare che il futuro si foggi da sé‚ stesso. Sarebbe molto imprudente che ella permettesse che questa esperienza di una voce - la cui origine e il cui scopo ella non ha modo di conoscere - la influenzi o che ella tenesse conto delle sue osservazioni.» (Da una lettera del 9 aprile 1948 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Ibidem, p. 14, n. 21) 1745. Sviluppare facoltà medianiche indebolisce le capacità spirituali «Il Custode le suggerisce di studiare con molta attenzione le parole di ‘Abdu’l-Bahá sul tema delle visioni, sogni e simili, poiché ‘Abdu’l-Bahá ha dato una spiegazione completa di questo delicato tema. Troverà brani in questo senso in Bahá’u’lláh e la Nuova Era, nelle Lezioni di San Giovanni d’Acri e nei Libri di Tavole. Anche il Custode ha fatto alcuni commenti in merito. In breve, è indubbio che talvolta alcuni individui hanno visioni che sono vere e hanno un significato. D’altra parte, le visioni vengono per grazia di Dio e non con l’esercizio di facoltà umane. Non è cosa che si debba cercare di sviluppare. Chiunque si sforzi di sviluppare facoltà onde poterne avere visioni, sogni e simili, in effetti indebolisce alcune delle proprie capacità spirituali e perciò in quelle circostanze sogni e visioni sono irreali e finiscono con il distruggere il carattere di costoro.» (Da una lettera del 6 maggio 1952 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Ibidem, p. 15, n. 24) 1746. L’astronomia è una scienza, l’astrologia no «L’astronomia è una scienza; l’astrologia non rientra nella medesima categoria, ma dobbiamo essere pazienti con coloro che vi credono e svezzarli per gradi dalla fiducia in queste cose.» (Da una lettera del 24dicembre1941 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Ibidem, p. 27, n. 52) 1747. Astrologia: assurda pseudo scienza ««Si, il Custode ritiene che l’astrologia, che è una pseudo scienza, sia perlopiù ”assurda”, perché in genere si tratta di credenze e pratiche superstiziose.» (Da una lettera del 10 luglio 1939 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Ibidem, p. 26, n. 49) 1748. Oroscopi «Non dobbiamo attribuire alcuna importanza all’astrologia o agli oroscopi: non si tratta si una scienza esatta, ancorché talvolta sembri esservi qualcosa di vero, ma la misura è minima.» (Da una lettera del 15gennaio1951 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Ibidem, p. 27, n. 55) 1749. Scienze inutili «Le scienze inutili sono quelle cui Bahá’u’lláh fa riferimento, come i cavilli metafisici e altre astrazioni portate agli estremi. Gli amici devono essere incoraggiati a non perdere tempo in cose come l’astrologia e simili che lei menziona. Non è possibile proibirlo: l’esercizio del libero arbitrio nella scelta di fare ciò che è giusto è cosa molto più importante.» (Da una lettera del 30 luglio 1956 scritta a nome del Custode a un credente. Ibidem, p. 28, n. 57) 1750. Influenza delle stelle e dei pianeti «In quanto alla sua domanda sull’influenza delle stelle e dei pianeti sulla vita dei credenti: tali idee devono essere interamente dissociate dagli Insegnamenti. Il passo a pp. 147-148 delle Spigolature non ha nulla a che vedere con queste cose. In quanto alla malattia e alla povertà, tali calamità possono essere irrevocabili oppure, e così spesso accade, possono essere evitate. Negli Insegnamenti non si fa cenno all’influenza che le stelle avrebbero sulla guarigione di queste malattie. Queste idee astrologiche sono per lo più pura superstizione.» (Da una lettera del 17 luglio 1937 scritta a nome del Custode a un credente. Ibidem, p. 26, n. 47) 1751. Numerologia «...è assolutamente essenziale non confondere gli insegnamenti con le oscure idee della numerologia, dell’astrologia e simili. Chi se ne interessa è libero di prestare fede e dar credito a tali idee, e di trarne tutte quelle conclusioni e deduzioni che desidera, ma è tenuto a non identificarle con i principi e gli insegnamenti della Causa. In questa fase dobbiamo preservare la purezza e la santità degli insegnamenti bahá’í. Pregherò affinché ella riceva guida nei suoi sforzi e riesca a preservare e promuovere gli interessi della nostra amata Fede.» (Da una lettera del 26 dicembre 1928 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Ibidem, p. 25, n. 46) 1752. Nessun bisogno della numerologia e dell’astrologia per i credenti «Non c’è nulla negli Insegnamenti che ci lasci credere che i credenti abbiano bisogno della guida della numerologia o dell’astrologia.» (Da una lettera del 25/6/1950 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Ibidem, p. 28, n. 58) 1753. Scrittura automatica «Questo potere non è né‚ divino, né‚ spirituale, e nemmeno è influenza di anime disincarnate; è quell’aspetto dello spirito umano intrinseco all’io e chiamato magnetismo che provoca la scrittura. Quando i pensieri hanno preso possesso della nostra mente e non sono guidati coscientemente si diventa soggetti alle loro incitazioni e, inconsciamente o automaticamente, si prende una penna e si scrivono; più spesso si fa, più forte diventa l’incitazione magnetica. Per esempio, una persona può imparare a memoria una lezione e un poema e ripeterli continuamente così spesso che il loro pensiero prende possesso di tale persona, la quale li ripeterà inconsciamente perfino durante il sonno. Questo è il magnetismo, proprio dello spirito umano. Oppure, una persona può percorrere diverse volte una certa strada e farlo così spesso da essere in grado di percorrerla inconsciamente o automaticamente. Questo potere deriva dal suo magnetismo. Una madre dondola di continuo la culla del figlio per farlo addormentare, ma il pensiero del sonno del figlio può prendere a tal punto la sua mente che a volte sarà in grado di farlo addormentare senza l’aiuto della culla. Tale effetto è prodotto dal magnetismo della madre. Riguardo alla scrittura automatica, se si pregherà con piena coscienza e a sufficienza, la mente si rivolterà contro la scrittura automatica e ci si libererà dagli effetti di questo potere. Pregate, pregate, e non siate tratti in inganno dall’apparente bellezza della scrittura.» (‘Abdu’l-Bahá: Daily Lessons Received at Akká, pp.43-44, Bahá’í Publishing Society) 1754. Ininfluenza delle forze medianiche sui più eminenti scrittori e pittori «...è sua convinzione che i metodi da lei seguiti per ricevere messaggi scritti ispirati e il suo modo di accostarsi alla pittura siano realmente di tipo medianico e che ella debba rinunciarvi per il suo bene. Alcune delle Tavole di Bahá’u’lláh e ‘Abdu’l-Bahá sono così mal tradotte che è quasi impossibile coglierne il vero significato e se ne può essere indotti a credere che mettendosi in uno stato praticamente medianico lo Spirito Santo ci guiderà. Ma questo non è il vero significato: i massimi scrittori e pittori del mondo non hanno subito l’influenza di forze medianiche, ma ci hanno dato i loro capolavori grazie a capacità innate, all’esercizio e allo studio; questo è il modo normale in cui l’ispirazione ci raggiunge, attraverso i canali delle nostre capacità, e non con il controllo di poteri contro i quali il Maestro ci ha messo in guardia e che non comprendiamo e che - come ella ben sa - non sono né‚ logici né‚ attendibili. (Da una lettera del 24 febbraio 1947 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Spiritismo – Reincarnazione - Fenomeni medianici”, p. 13, n. 18) 1755. Scrittura automatica «In quanto alla sua domanda sul desiderio di... di avere informazioni sulla “scrittura automatica” e simili cose: gli insegnamenti non contengono alcun riferimento specifico a questa cosa in particolare, ma Shoghi Effendi è fermamente convinto che, alla luce di altre affermazioni sulla necessità di evitare ogni pratica spiritica e ogni esercizio di poteri medianici, anche i bahá’í debbano evitarla e ignorarne i messaggi.» (Da una lettera del 24 giugno 1941 scritta a nome del Custode a un credente. Ibidem, p. 10, n. 11) 1756. Spiritismo e fenomeni medianici «Non vi sono ambiguità nell’atteggiamento del Maestro nei confronti dei poteri medianici. Egli ha fermamente ammonito i credenti a non farne uso.» (Da una lettera del 9 agosto 1945 scritta a none del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche. Ibidem, p. 12, n. 15) 1757. Numerologia e fisionomanzia «Il Maestro ha detto che nella numerologia, fisionomanzia e simili c’è una parte di verità, ma è abbondantemente esagerata dai loro fautori.» (Da una lettera del 27 ottobre 1926 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Ibidem, p. 25, 45) 1758. Telepatia «Negli Insegnamenti non si fa cenno alla telepatia. È una questione che riguarda la psicologia.» (Da una lettera del 28 febbraio1938 scritta a nome del Custode a un credente. Ibidem, p. 26, n. 48) 1759. Non aver timore di essere influenzati mentalmente «Egli è molto lieto di sapere che ella sta meglio e l’assicura che continuerà a pregare per lei. Non tema che qualcuno possa influenzare la sua mente. Neppure quando vogliamo cogliere i pensieri di coloro che amiamo riusciamo a farlo; tanto meno gli altri potranno penetrare nella nostra mente.» (Da una lettera del 18 gennaio 1951 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Ibidem, p. 15, n. 22) 1760. Spiritisti «È sua opinione che sia del tutto inutile prestare molta attenzione a persone imbevute dalle idee dello spiritismo, perché ciò che esse hanno, ancorché‚ racchiuda un seme di verità, contiene grandi frange di fantasia personale. Inoltre, quando dopo tanti sforzi diventano bahá’í, esse sono riluttanti a cambiare completamente pagina nella loro vita e incominciano a concepire gli ideali bahá’í in termini spiritici. Vi sono migliaia di altre anime pure che sono più pronte agli insegnamenti e che li accetterebbero senza riserve. Perciò faremmo meglio a concentrare su queste la nostra attenzione. La Causa ha sofferto dappertutto a causa di spiritisti con pretesi poteri medianici ed è ora di fare qualcosa a proposito.» (Da una lettera del 10 luglio 1928 scritta a nome del Custode a un credente. Ibidem, p. 7, n. 2) 1761. Mesmerismo e comunicazioni a mezzo di trombe «I pianeti e le stelle non hanno alcuna influenza spirituale sul mondo fisico, ma le parti dell’universo esistenti nello spazio infinito sono strettamente connesse fra di loro e questa connessione produce effetti materiali. Al di fuori della Munificenza dello Spirito Santo, tutto ciò che hai sentito sul mesmerismo e sulle comunicazioni a mezzo di trombe provenienti dai defunti sono vere e proprie immaginazioni.» (‘Abdu’l-Bahá: Daily Lessons Received at Akka, gennaio 1908, p. 85, ed. 1979) 1762. Materializzazione di spiriti per mezzo di medium «Riguardo la materializzazione di spiriti per mezzo di medium: una persona che si trova in stato di trance o incoscienza è come se dormisse; qualsiasi cosa senta o veda, essa immagina che sia reale e materiale, ma in realtà è totalmente immateriale.» (Ibidem, p. 82) 1763. Maestri dietro le quinte «In quanto alla domanda che lei pone nella sua lettera circa un gruppo di maestri nascosti sull’Himalaya o altrove, negli Scritti bahá’í non se ne trova cenno. Noi come bahá’í non dobbiamo credere nell’origine divina di cose che non siano state menzionate nei nostri Sacri Scritti dal Báb, Bahá’u’lláh o dal Maestro. Non c’è nulla che ci lasci credere che queste storie mistiche di esseri per così dire “dietro le quinte” siano fondate o vere. Dobbiamo evitare tali pensieri e insegnamenti e cercare di svezzarne gli altri quando diamo loro il Messaggio.» (Da una lettera del 11maggio1954 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Spiritismo – Reincarnazione - Fenomeni medianici”, p. 27, n. 56) 1764. Piramidi «Nei nostri Scritti non c’è nulla sulle così dette Profezie delle Piramidi; perciò egli pensa che ella non debba attribuir loro la minima importanza.» (Da una lettera del 21 novembre 1949 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Ibidem, p. 27, n. 54) 1765. Piramide di Cheope «Negli Insegnamenti bahá’í non si trova altresì cenno alla piramide di Cheope e al fatto che essa debba considerarsi un monumento di profezia.» (Da una lettera del 10 luglio 1939 scritta a nome del Custode a un credente. Ibidem, p. 26, n. 50) 1766. Protezione dello Spirito Santo «Gli amici devono riconoscere la Potenza dello Spirito Santo che è palese e in questo momento li vivifica mediante l’apparizione di Bahá’u’lláh. Se essi si pongono interamente sotto l’influenza dello Spirito Santo e sotto la sua guida, non c’è forza del cielo o della terra che possa toccarli. Quei credenti soggetti alle influenze negative del mondo sono coloro che non si dedicano correttamente alla Fede.» (Da una lettera dell’ 11 agosto 1957 scritta a nome del Custode a un credente. Parzialmente in compilazione “La potenza dell’aiuto divino”, p. 38, n. 84) 1767. Paradiso e Inferno sono condizioni interiori «Per risponderle brevemente: quale sia stata la condizione primordiale dell’Universo nessuno ancora lo sa. Noi crediamo comunque che Dio è un Essere spirituale e che lo ha creato; come, non lo sappiamo. Scopriremo lo spirito di Dio nell’aldilà tramite i Suoi Profeti, poiché Dio è troppo grande per noi per essere conosciuto senza questi Intermediari. I Profeti hanno conoscenza di Dio, ma la mente umana non è in grado di capire fino a che punto. Noi crediamo che nell’aldilà arriveremo a vedere i Profeti. Di certo esiste una vita futura. Paradiso e inferno sono condizioni interiori dell’uomo.» (Da una lettera del 14 novembre 1947 scritta a nome del Custode a un credente. High Endeavours, Messages to Alaska, pp. 49-50) 1768. Arti medianiche - la loro influenza dipende dalla convinzione della persona ad esse incline «La Casa di Giustizia si rende pienamente conto che in... e... vi sono molti casi di persone influenzate negativamente dalle arti medianiche esercitate da altre. Si tratta di un fenomeno osservabile in molte parti del mondo e che - come ella sa - deve essere tenuto in considerazione da coloro che insegnano la Fede. Per i bahá’í è importante capire che l’influenza di tali “arti” dipende dalla convinzione - sia pure subconscia - della persona ad esse incline; analogamente, il potere dei “preti” di vincere detta influenza deriva pure dalla convinzione della vittima, la quale ritiene che potrà ottenere aiuto solamente dal “prete”. La Manifestazione di Dio descrive la realtà come qualcosa che tende alla felicità, alla salute e allo sviluppo dell’umanità. I Suoi Insegnamenti servono da bussola per aiutarci a trovare la strada nel nuovo mondo. Essi descrivono a grandi linee non solo ciò che è bene per l’umanità, ma anche i passi da intraprendere per assicurarsi libertà individuale e benessere. In quest’ambito è importante comprendere quanto gli Scritti affermano sugli spiriti maligni e i fenomeni medianici.» (Da una lettera del 30 agosto 1984 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente) 1769. Il male è negazione e può controllare la nostra vita, ma possiamo liberarcene «I bahá’í riconoscono che il male è negazione e che di per sé‚ non esiste, ma ciò non significa che esso sia privo di forza. Non ci hanno forse Bahá’u’lláh e ‘Abdu’l-Bahá messo ripetutamente in guardia contro l’inquinamento spirituale dei violatori del Patto? In una Tavola ‘Abdu’l-Bahá ha scritto: “Se vuoi essere immune dall’influenza delle forze del mondo contingente, appendi il Più Grande Nome nella tua dimora, metti l’anello col Più Grande Nome al dito, poni la foto di ‘Abdu’l-Bahá nella tua casa e recita sempre le preghiere che ho scritto. Allora ti accorgerai dei meravigliosi effetti che ne derivano. Quelle cosiddette forze non si riveleranno che illusioni e saranno annientate e sterminate”. Nella lettera del 26 novembre1939 scritta a un credente a nome del Custode troviamo quanto segue: “Le forze del male possono prendere il controllo della nostra vita, ma noi siamo in grado di evitarlo. Esistono, quindi, specifiche azioni che i bahá’í possono intraprendere per far fronte a situazioni del tipo da lei descritto, ma il modo migliore per superarle è approfondirsi negli Insegnamenti di Bahá’u’lláh, affinché possano rendersi conto che tali forze negative sono prive di una vera realtà.» (Ibidem) 1770. Le anime cattive trapassate non hanno alcun potere sulle persone «Uno dei pellegrini bahá’í occidentali che fece una domanda ad ‘Abdu’l- Bahá sul potere esercitato da anime cattive trapassate, ha annotato la seguente risposta: “Le anime cattive trapassate non possano esercitare sulle persone alcun potere; il bene è più forte del male e perfino quando sono in vita tali anime dispongono invero di una forza molto debole; figuriamoci quanto minore essa sia dopo che sono morte...» Inoltre, nella lettera 18 gennaio 1951 scritta a un credente a nome del Custode si afferma: “Non tema che qualcuno possa influenzare la sua mente. Neppure quando vogliamo cogliere i pensieri di coloro che amiamo, riusciamo a farlo; tanto meno gli altri potranno penetrare nella nostra mente”. Riguardo alle persone che chiedono consigli ai “preti” per essere aiutate a guarire quando la causa della loro malattia viene attribuita a “forze soprannaturali”, accludiamo un passo dagli Scritti di ‘Abdu’l- Bahá, nonché diversi brani di lettere scritte a nome del Custode a vari credenti sul tema della salute spirituale. (Ibidem) 1771. Approfondirsi negli Insegnamenti per risolvere i problemi legati alle credenze sul male «Riguardo la sua richiesta di risoluzione del problema, siamo stati incaricati di dirle che l’approccio allo stesso è duplice. Esso implica un processo di educazione degli amici per approfondire la loro comprensione degli Insegnamenti e la loro fiducia nel potere della Causa, nonché uno svezzamento graduale da quelle illusioni e pratiche che potenzialmente sono dannose al loro benessere materiale e spirituale. La incoraggiamo a ponderare i consigli contenuti nella seguente dichiarazione scritta a nome del Custode a un credente che aveva problemi simili, anche se non identici, a quelli degli amici di Trinidad e Tobago: Dobbiamo utilizzare gli Scritti dei Profeti come nostro metro di misura. Se Bahá’u’lláh ha attribuito un’importanza minima alle esperienze dell’occulto, alle visioni di aloni luminescenti, all’ascolto di voci mistiche e se avesse creduto che la reincarnazione fosse stata un fatto reale, Egli Stesso avrebbe fatto menzione di queste cose nei Suoi Insegnamenti. Il fatto che li abbia passati sotto silenzio dimostra che per Lui non avevano alcuna importanza o consistenza reale e, di conseguenza, non erano degni di occupare il Suo tempo di Educatore Divino della razza umana. Dobbiamo distogliere i nostri pensieri da queste cose e rivolgerli, nella nostra vita quotidiana, verso la vera pratica dei Suoi Insegnamenti per mezzo dell’amministrazione bahá’í, dei nostri contatti con altre persone e dell’esempio che diamo”.» (Ibidem) 1772. I cosiddetti spiriti maligni sono normalmente frutto dell’immaginazione, tuttavia il male esiste in questo e nell’altro mondo «Riguardo la sua domanda sugli spiriti maligni e la loro influenza sulle anime, Shoghi Effendi desidera informarla mio tramite che il cosiddetto spirito maligno è una creazione puramente immaginaria e non ha alcuna consistenza reale. Ma, per quanto concerne il male, non v’è dubbio che eserciti una fortissima influenza sia in questo mondo che nell’altro. ‘Abdu’l-Bahá, nelle Lezioni di San Giovanni d’Acri, fa una profonda ed accurata analisi del problema del male. È preferibile che ella consulti quel libro per avere ulteriori spiegazioni sull’argomento.» (Da una lettera del 1 novembre 1934 scritta a nome del Custode a un credente) 1773. Le pratiche occulte introdotte da certi Indù negli Stati Uniti sono totalmente contrarie agli Insegnamenti e devono essere evitate dagli amici «...invero, talune pratiche occulte introdotte da certi Indù negli Stati Uniti - messe in atto da alcuni individui superficiali e superstiziosi che stanno cercando con ogni mezzo di divulgarle - sono assolutamente estranee, anzi proprio opposte al vero spirito e alla lettera degli Insegnamenti; i credenti, quindi, devono evitare del tutto e sempre la compagnia di tali persone, onde non cadere inconsciamente ed inevitabilmente sotto la loro malefica influenza e alienarsi gradualmente la Causa. ...Bisogna inoltre avvertire gli amici a non indulgere in queste attività che traggono la loro ispirazione da fonti occultiste indù, poiché non solo li allontanano dalla Causa, ma possono causar loro considerevoli danni mentali e di conseguenza nuocere per sempre alla loro mente, come pure al loro corpo.» (Da una lettera del 5 agosto 1939 scritta a nome del Custode a due credenti) 1774. Le esperienze spirituali possono avere grande influenza su di noi, ma oggi è importante salvare la razza umana «Le esperienze spirituali hanno senza dubbio una grande influenza su ciascuno di noi e quindi suscitano profondo interesse, ma in questo giorno è della massima importanza dimenticarle e badare al concreto per salvare la razza umana dalla sua pericolosa condizione. Questo è l’appello di oggi; questo è il dovere di ogni anima che desideri seguire il sentiero tracciato da Bahá’u’lláh.» (Da una lettera del 7 Mirza 1933 scritta a nome del Custode a un credente) XLIII. R A Z Z E 1775. Aborigeni «Shoghi Effendi desidera altresì che il Messaggio giunga agli aborigeni delle Americhe. Questi popoli, per lo più oppressi e ignoranti, meritano dai bahá’í un amore tutto speciale e si deve fare ogni sforzo per insegnar loro la Fede. Il loro arruolamento nella Fede arricchirà sia loro sia noi e dimostrerà il nostro principio dell’Unità dell’Uomo molto meglio di quanto non potrebbero fare le parole o la conversione di molti rappresentanti delle razze dominanti.» (Da una lettera dell’11 luglio 1951 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’America Centrale e delle Antille) 1776. Tavole del Piano Divino «Come sapete, il Custode attribuisce la massima importanza all’insegnamento nei confronti dei nativi americani. Nelle Tavole del Piano Divino il Maestro presta estrema attenzione a questa importantissima questione. Egli afferma che oggi il Potere dello Spirito Santo entra proprio nella mente e nel cuore dei nativi dei grandi continenti americani, affinché questi possano diventare grandi araldi della Fede, simili ai nomadi arabi che divennero il popolo più colto e illuminato sotto la civiltà musulmana.» (Da una lettera del 22 agosto 1957 scritta a nome del Custode all’Assemvlea Spirituale Nazionale di Brasile, Perù, Colombia, Ecuador e Venezuela) 1777. Pregiudizio e condiscendenza «[Il Custode] aggiunge un suggerimento (non sa se è fattibile o no): non è possibile mettersi in contatto con Indiani che siano stati più o meno integrati nella vita dei bianchi del Paese e che abitino o visitino le grandi città? È possibile che questa gente (gli indigeni) trovando che i bahá’í sono sinceramente privi di pregiudizi - o dell’ancor peggiore atteggiamento di condiscendenza - non solo si interessino ai nostri Insegnamenti, ma ci aiutino a raggiungere la loro gente nel modo più adatto. È un grande errore credere che chi è illetterato o vive in modo primitivo manchi per questo motivo d’intelligenza o sensibilità. Al contrario, essi, visti i mali della nostra civiltà, la sua corruzione morale, le sue rovinose guerre, la sua ipocrisia e presunzione, possono considerare noi come persone da guardare con sospetto e disprezzo. Dobbiamo trattarli da eguali, da amici, da persone che ammirano e rispettano i loro antichi padri e che pensano che essi saranno interessati, come noi lo siamo, ad una religione viva e non alle forme morte delle chiese odierne.» (Da una lettera del 21 settembre 1951 scritta a nome di Shoghi Effendi al Comitato Nazionale Insegnamento Indigeni del Sud-America) 1778. Afro americani e amerindi «Le Americhe sono state il crogiolo e il punto d’incontro di diverse razze di uomini e v’è un intenso bisogno che si adempiano le promesse di Dio sulla realizzazione dell’unità del genere umano. In particolare il Maestro e il Custode si rivolgono agli afro-americani e agli amerindi, due grandi gruppi etnici le cui forze spirituali saranno liberate per mezzo della loro risposta alla Parola Creativa. Ma i nostri Insegnamenti devono toccare tutti, devono includere tutti i popoli. E, in quest’ora di vostra instancabile attività, speciali ricompense giungeranno a coloro che si leveranno, richiamati dalle seguenti parole di ‘Abdu’l-Bahá: “Ora è tempo di spogliarsi della veste dell’attaccamento a questo mondo materiale, di separarsi totalmente dal mondo fisico, di divenire angeli del cielo, e di viaggiare e insegnare in queste regioni”.» (Dal messaggio del maggio 1971 della Casa Universale di Giustizia alla Conferenza dei Caraibi) 1779. Primo esponente della razza negra ad abbracciare la Causa «Anche il maggiordomo del sig. Hearst, un negro di nome Robert Turner, il primo esponente della sua razza che abbia abbracciato la Causa di Bahá’u’lláh in Occidente, era stato trascinato dall’influenza esercitata da ‘Abdu’l-Bahá durante quel pellegrinaggio destinato a fare epoca. Così forte era la solidità della sua fede che perfino il successivo estraniamento della sua diletta padrona dalla Causa che ella aveva spontaneamente abbracciato, non riuscì ad oscurare il suo splendore, o a diminuire l’intensità delle emozioni, che l’amorevole benevolenza riversata su di lui da ‘Abdu’l-Bahá aveva provocato nel suo petto.» (Shoghi Effendi: Dio passa nel mondo, p. 266) 1780. Servizio dei negri «Egli è stato molto felice nell’apprendere del primo pioniere che parte dall’America per questa campagna africana e doppiamente felice trattandosi di un negro americano. Ciò è stato molto opportuno e ha deliziato certamente il cuore di ‘Abdu’l-Bahá, il Quale guardava a questa razza con particolare amore, tenerezza e comprensione. Il coinvolgimento sempre maggiore degli amici di colore nel lavoro della Causa, e specialmente nel pionierismo in questi ultimi anni, gratifica immensamente il Custode. Ed ora, in aggiunta all’elenco dei loro servizi, essi possono vantare un esponente della loro razza quale Mano della Causa. Leggendo nelle Ultime Volontà e Testamento quanto grande sia la funzione delle Mani, possiamo renderci conto a quale nobile rango è pervenuto il nostro caro fratello Louis Gregory.».. (Da una lettera del 23 novembre 1951 scritta dal segretario del Custode a suo nome all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1781. Appello del Custode alla razza nera «...Faccio appello in particolare ai suoi [della comunità bahá’í americana, N.d.T.] amati membri della razza negra di partecipare nel previsto progetto che segna una significativa pietra miliare nello sviluppo mondiale della Fede...» (Shoghi Effendi: Citadel of Faith, p. 87) 1782. Concentrarsi sull’insegnamento ai negri «...Egli esorta gli amici a concentrarsi sull’insegnamento ai negri. Bisogna che questi siano coraggiosi nella loro difesa razziale, specialmente perché in questo momento tanti non bahá’í e tante organizzazioni non bahá’í stanno mostrando un marcato coraggio... Gli amici devono ricordare che il principio cardine della loro Fede è l’Unità del Genere Umano e ciò pone su di essi un obbligo di gran lunga superiore a quello che la carità e l’amore fraterno cristiani pone sui cristiani. Essi devono dimostrare costantemente e coraggiosamente questo spirito di unità.».. (Da una lettera del 21 settembre1957 scritta dal segretario del Custode a suo nome all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1783. Gli uomini di colore paragonati alla pupilla degli occhi «...Ricordiamo con profonda emozione il messaggio dell’amato Custode in occasione della Conferenza del 1953, nel quale esaltò il puro e spiritualmente ricettivo popolo indigeno africano, che Bahá’u’lláh paragonò alla pupilla degli occhi attraverso cui brilla la luce dello spirito, e la cui conversione desiderarono ardentemente e tanto vi lavorarono sia il Custode che il Maestro...» (Da un cablogramma del 6 ottobre 1967 della Casa Universale di Giustizia alla Conferenza Internazionale Africana) 1784. Di grandissimo aiuto il lavoro dei negri «I credenti negri devono essere attivi nel diffondere la Fede - sia fra i membri della loro stessa razza che fra persone di razza diversa - tanto quanto lo sono i loro fratelli e sorelle bianchi. Avere avuto pionieri negri ha costituito un notevole passo avanti nello sviluppo della Causa in America, e il loro lavoro è stato di grandissimo aiuto e molto ricco di risultati.» (Da una lettera del 19 Mirza 1944 scritta a nome di Shoghi Effendi a due credenti) 1785. Contributo dei negri all’edificazione dell’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh «I negri, pur se talvolta possono non rendersene conto, hanno contribuito all’edificazione dell’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh. I Suoi Insegnamenti e la società che Egli è venuto a instaurare sono destinati a ogni razza e nazione, e ciascuna di esse ha la sua parte da giocare e le sue qualità e talenti da donare al mondo intero. Nella Causa di Dio c’è posto per tutti. In verità, non sarebbe la Causa di Dio se non accettasse e non gradisse tutti - poveri e ricchi, letterati e illetterati, illustri e sconosciuti - Iddio sicuramente li vuole tutti, perché è Lui che li ha creati.» (Da una lettera del 10dicembre1942 scritta a nome di Shoghi Effendi a due credenti. Parzialmente in compilazione “Insegnamento”, p. 30, n. 56) 1786. Razza negra: pura di cuore e spiritualmente ricettiva «Do il benvenuto a braccia aperte all’inaspettato grande numero di rappresentanti della pura e spiritualmente ricettiva razza negra, tanto amata da ‘Abdu’l-Bahá, la cui conversione alla Fede di Suo Padre Egli così profondamente bramò e per i cui interessi così ardentemente si battè nel corso della Sua memorabile visita nel continente nord- americano. Ricordo in questa storica occasione le significative parole pronunciate da Bahá’u’lláh Stesso, il Quale - come attestato dal Centro del Patto nei Suoi Scritti - paragonò la gente di colore alla nera pupilla degli occhi, attraverso cui brilla la luce dello spirito.» (Shoghi Effendi: Messages to the Bahá’í World, pp. 135-136) 1787. Il viso è come la pupilla degli occhi «Riguardo... e..., in verità i loro visi sono come la pupilla degli occhi; pur essendo nera, la pupilla è la sorgente della luce. Spero che Dio faccia di questi negri la gloria dei bianchi e i depositari della luce del Suo amore. Chiedo a Dio di assisterli in tutte le circostanze, affinché possano essere circondati nel corso dei secoli e delle ere dai favori del loro Amorevole Signore.» (‘Abdu’l-Bahá: Tavole di ‘Abdu’l-Bahá, vol. II, p. 292) 1788. Il principio dell’unità del genere umano impedisce di considerare la razza un ostacolo all’interazione sociale‚ «Riguardo la sua domanda sulla posizione bahá’í verso la razza negra: è del tutto evidente che il principio dell’unità del genere umano - perno principale attorno al quale ruotano gli Insegnamenti di Bahá’u’lláh - preclude la possibilità di considerare la razza come un ostacolo a qualsiasi rapporto, sia esso di carattere sociale o di altro tipo. La Fede, infatti, per sua stessa natura e scopo, trascende tutte le differenze e le limitazioni razziali, proclamando l’essenziale unità dell’intera razza umana. Ogni forma di pregiudizio razziale è perciò severamente condannata e, come tale, deve essere cancellata dagli amici in tutti i loro rapporti, sia privati che sociali.» (Da una lettera del 16 febbraio 1935 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1789. Appello del Custode ai negri «...Altrettanto si sforzino i negri e mostrino con ogni mezzo di cui dispongono il calore della loro risposta, dimostrino di essere disposti a dimenticare il passato e capaci di fugare ogni traccia di sospetto che ancor s’attardi nei cuori e nelle menti. Né‚ gli uni né‚ gli altri pensino che la risoluzione di un problema così grande sia un fatto riguardante esclusivamente la controparte, e che tale risoluzione sia facile o immediata. Non s’illudano di poter aspettare fiduciosamente di sistemare la questione quando le istituzioni esterne all’orbita della Fede avranno preso l’iniziativa e creato le circostanze favorevoli.».. (Shoghi Effendi: L’Avvento della Giustizia Divina, ed. 1986, p. 31) 1790. Appello agli esponenti della razza bianca «...Spero che voi procuriate che la razza oppressa diventi gloriosa, che si unisca alla razza bianca nel servire il mondo dell’uomo con massima sincerità, fedeltà, amore e purezza. Solo la fede, la certezza e gli insegnamenti della Bellezza Benedetta possono far scomparire l’opposizione, l’inimicizia e il pregiudizio che ora esistono fra la razza bianca e quella di colore. Questo problema dell’unione fra bianchi e neri è importantissimo, poiché se essa non si realizzerà ben presto sorgeranno grandi difficoltà e ne verranno pericolose conseguenze... l’inimicizia crescerà giorno dopo giorno, ne risulteranno sofferenze e potrà finire in un massacro.» (‘Abdu’l-Bahá: citato in “L’Avvento della Giustizia Divina”, ed. 1986, pp. 30-31) 1791. Sforzo supremo dei bianchi «I bianchi facciano uno sforzo supremo - nel loro fermo proposito di svolgere la loro parte nella risoluzione del problema - per abbandonare una volta per tutte il loro sentimento di superiorità abitualmente connaturato e talvolta inconsapevole, per correggere la loro tendenza ad assumere un atteggiamento di condiscendenza verso i membri dell’altra razza, per convincerli - frequentandoli con dimestichezza e spontaneità e senza formalismi - della genuinità della loro amicizia e della sincerità delle loro intenzioni e per controllare ogni insofferenza di fronte a eventuali incomprensioni da parte di gente che per tanto tempo ha ricevuto ferite così profonde e lente a rimarginare.» (Shoghi Effendi: L’Avvento della Giustizia Divina, ed. 1986, p. 31) 1792. Unità nella diversità «Nella famiglia umana la diversità dev’essere causa di amore e di armonia, come nella musica dove molte note differenti si fondono producendo un perfetto accordo. Se incontrate persone di razza e colore differenti da voi, non siate diffidenti e non ritiratevi nel vostro guscio di formalità; siate lieti e mostrate loro gentilezza.» (‘Abdu’l-Bahá: citato in “L’Avvento della Giustizia Divina”, ed. 1986, p. 30) 1793. Appello del Custode ad entrambe le razze «...Bianchi e negri, altolocati e umili, giovani e vecchi, neofiti nella Fede o no, tutti coloro che hanno aderito ad essa devono partecipare e collaborare, ciascuno secondo le proprie capacità, esperienze e opportunità, alla comune impresa di eseguire gli ordini, realizzare le speranze e imitare l’esempio di ‘Abdu’l-Bahá. Di colore o no, di nessuna delle due razze si può pensare che abbia il diritto o che possa affermare in coscienza di reputarsi libera da quegli obblighi, di aver realizzato quelle speranze o fedelmente imitato quell’esempio. I seguaci bianchi e neri della Fede redentrice di Bahá’u’lláh hanno ancora da percorrere una strada lunga, spinosa e irta di insidie... Se una discriminazione può essere tollerata, non deve essere a danno bensì a favore delle minoranze, razziale o d’altro genere. Diversamente dalle nazioni e dai popoli del mondo, siano Orientali o Occidentali, democratici o autoritari, comunisti o capitalisti, appartengano essi al Vecchio o al Nuovo Mondo, i quali o ignorano o calpestano o distruggono le minoranze razziali, religiose o politiche che si trovino nell’ambito della loro giurisdizione, ogni comunità organizzata arruolata sotto le insegne di Bahá’u’lláh deve sentire, preminente e ineluttabile, l’obbligo di curare, incoraggiare e proteggere qualunque minoranza religiosa, razziale, sociale o nazionale si trovi nelle sue file. Questo principio è così grande e vitale che in certe circostanze, come quando in un’elezione un ugual numero di voti sia stato dato o allorché siano pari le qualificazioni per un incarico fra razze, fedi o nazionalità presenti nella comunità, non si dovrà esitare a dare la precedenza alla parte che rappresenta la minoranza, per la sola ragione di stimolarla e incoraggiarla e di concederle l’opportunità di promuovere gli interessi della comunità.».. (Shoghi Effendi: L’Avvento della Giustizia Divina, ed. 1986, pp. 26-27) 1794. Non esiste differenza agli occhi di Dio «Dio non fa differenza fra bianchi e neri: se il cuore è puro, entrambi Gli sono graditi. Dio non rispetta le persone per via del colore o della razza: tutti i colori, bianco, nero o giallo, Gli son ben accetti. Poiché siamo stati tutti creati nell’immagine di Dio, dobbiamo risolverci a capire che tutti esprimiamo possibilità divine... Dio non ha fatto queste divisioni; esse hanno avuto origine nell’uomo. Perciò, essendo contrarie al piano e allo scopo di Dio, esse sono false e fittizie.» (‘Abdu’l-Bahá: citato in “L’Avvento della Giustizia Divina”, ed. 1986, p. 29) 1795. Il pregiudizio distrugge l’edificio dell’umanità «Bahá’u’lláh ci dice che il pregiudizio nelle sue varie forme distrugge l’edificio dell’umanità. Il Divino Messaggero ci supplica di eliminare dalla nostra vita ogni forma di pregiudizio. La nostra vita esteriore deve chiaramente mostrare il nostro credo. Il mondo deve vedere che, senza riguardo per gli impulsi passeggeri o le mode correnti seguiti dalla maggioranza del genere umano, il bahá’í vive la sua vita bahá’í in armonia con le dottrine della sua Fede. Non dobbiamo permettere che il timore di essere respinti dai nostri amici o dai nostri vicini ci allontani dal nostro scopo: vivere la vita bahá’í. Sforziamoci di cancellare dalla nostra vita ogni residua traccia di pregiudizio: razziale, religioso, politico, economico, nazionale, tribale, culturale o di classe, o quelli basati su differenze di educazione o di età. Saremo distinti dai nostri amici non bahá’í se la nostra vita sarà adornata da questi principi.» (Da una lettera del 13 luglio 1972 della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali) 1796. Obiettivo del lavoro interrazziale «Poiché l’obiettivo primario del lavoro interrazziale bahá’í è l’abolizione del pregiudizio nei confronti di qualunque razza o gruppo minoritario, egli pensa che sia ovviamente opportuno includere in particolare qualunque gruppo soggetto a cattivi trattamenti, come quelli che stanno subendo gli americani di origine giapponese. Non v’è alcun motivo per non svolgere il lavoro anche fra e in cooperazione con i messicani, i cinesi, e così via. Egli ha sempre desiderato molto che vi fossero indiani a cui venisse insegnata la Fede e che si arruolassero sotto la sua bandiera, in considerazione delle importanti affermazioni del Maestro circa le possibilità di successo per il loro futuro, e rappresentando essi la popolazione aborigena americana. Analogamente, si può affermare che i negri rappresentano un problema chiave e incarnano quei sentimenti di pregiudizio razziale tanto diffusi negli Stati Uniti. Ecco perché egli ha costantemente sottolineato l’importanza che i bahá’í dimostrino, attivamente e di continuo, che nella Fede non esiste tale crudele orribile traccia di discriminazione e disprezzo per i negri, ma al contrario che essa è sostituita da sentimenti di stima per i loro grandi meriti e dalla completa assenza di pregiudizio nei rapporti con loro in ogni campo della vita. Il lavoro del Comitato per l’Unità Razziale deve contemplare, per quanto possibile, contatti con tutti i gruppi minoritari, e laddove esistano forti pregiudizi contro un particolare gruppo - come negli stati occidentali nei confronti Giapponesi ed in quelli meridionali nei confronti dei negri - deve essere compiuto ogni sforzo per annullare gli effetti di tali sentimenti, mostrando pubblicamente l’esempio bahá’í di amorevole tolleranza e di fraterna amicizia.» (Da una lettera del 30 dicembre 1945 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1797. Giusti interessi delle minoranze «Fare discriminazioni nei confronti di qualsiasi tribù perché costituisce una minoranza è una violazione dello spirito che anima la Fede di Bahá’u’lláh. Quali seguaci della Santa Fede di Dio, è nostro obbligo proteggere i giusti interessi di ogni elemento minoritario esistente nella comunità bahá’í. E infatti, nell’amministrazione dei nostri affari, ai rappresentanti dei gruppi di minoranza non solo è permesso godere di eguali diritti e privilegi, ma perfino si accorda loro sostegno e priorità. I bahá’í devono fare attenzione a non deviare mai da questo nobile standard di comportamento anche se ciò implichi pressioni da sopportare da parte dell’opinione pubblica. Negli Scritti i principi sono chiari, ma di solito le questioni nascono nella loro applicazione...» (Da una lettera del 8 febbraio 1970 della Casa Universale di Giustizia a una Assemblea Spirituale Nazionale africana) 1798. Gli amici di colore hanno bisogno della Fede «Gli amici di colore hanno bisogno molto di più della Fede poiché nel passato hanno sofferto e sono stati oppressi in misura notevole; essi devono rendersi conto che la loro speranza per un futuro migliore, proprio come quella del mondo intero, sta nella diffusione della Rivelazione di Bahá’u’lláh.» (Da una lettera del 8 luglio 1942 scritta a nome del Custode a un credente) 1799. Colpevoli di fronte a Dio di permettere la manifestazione di qualsiasi pregiudizio «Se lasciamo che un pregiudizio di qualunque genere si manifesti in noi siamo colpevoli di fronte a Dio di causare un ritardo al progresso e alla reale crescita della Fede di Bahá’u’lláh. Incombe ad ogni credente di sforzarsi con ardente determinazione per eliminare questo difetto dai suoi pensieri e dai suoi atti. Lo scopo fondamentale della Fede di Bahá’u’lláh è la realizzazione dell’unità organica dell’intera razza umana.» (Da una lettera del 13 luglio 1972 della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali. Citata in “Note Bahá’í”, agosto 1972) 1800. Essere bahá’í significa essere differenti «È strano infatti che la classe intellettuale, gli uomini di pensiero e di esperienza, siano spesso più pieni di pregiudizi rispetto alle semplici anime comuni che non hanno goduto di tali vantaggi. Essi temono davvero di sembrare in qualche modo “differenti” dai loro simili, e naturalmente essere bahá’í significa essere differenti!» (Da una lettera del 15 Mirza 1950 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1801. I bahá’í non sono perfetti «Egli - sebbene lo addolori doverlo ammettere - non ha dubbi che esistano credenti che non hanno superato i loro pregiudizi razziali. I bahá’í non sono uomini perfetti, ma hanno fatto un grande passo avanti abbracciando la Fede di Dio. Dobbiamo essere reciprocamente pazienti e capire che ciascuno di noi ha difetti di varia natura da superare. Egli ritiene che lei debba fare uso di maggiore saggezza e tolleranza nei rapporti con gli altri bahá’í e nelle situazioni difficili. Avere il coraggio - come ella evidentemente dimostra - di ribellarsi e combattere contro le ingiustizie del pregiudizio razziale non basta; ella deve dimostrare anche pazienza verso coloro che soffrono per questa terribile malattia americana del pregiudizio nei confronti dei negri ed agiscono con saggezza nel tentativo di superarlo, invece di scagliarsi loro contro così veementemente da allontanarli piuttosto che condurli verso manifestazioni più grandi dello spirito bahá’í di fratellanza e amicizia razziale... Egli spera che ella concentrerà le sue energie nel servire la Fede. Questa è l’unica reale soluzione ai problemi dell’uomo e tutte le altre non sono che palliativi, e noi che ci identifichiamo con il Messaggio di Bahá’u’lláh possiamo solo costruire un modello per il futuro, dando il nostro aiuto all’instaurazione dell’Ordine Amministrativo e facendolo funzionare in maniera appropriata; ciò è fondamentale.» (Da una lettera scritta nel 1949 a nome del Custode a un credente) 1802. Predizione di ‘Abdu’l-Bahá di un grande futuro per gli Indiani d’America «La popolazione indigena degli Stati Uniti era molto cara al cuore di ‘Abdu’l-Bahá, il Quale predisse un grande futuro per gli Indiani se avessero accettato la luce degli Insegnamenti di Bahá’u’lláh. Credere nel Portavoce di Dio in Questo Giorno conferisce grandissime benedizioni non solo sui singoli individui ma anche su intere razze, ed Egli spera che ella - ora che è annoverato fra i seguaci di Bahá’u’lláh - porterà il Suo Messaggio a molti altri della sua tribù affrettando in tal modo per la sua gente un luminoso e felice futuro.» (Da una lettera del 21 dicembre 1947 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1803. I bahá’í approvano le unioni interrazziali «Egli pensa che ella ha fatto bene a sposarsi ed è felice che lo sposo sia un Indiano Americano. Noi bahá’í approviamo le unioni interrazziali e lei deve fare tutto il possibile per rendere di successo il suo matrimonio e fare felice suo marito.» (Da una lettera del 31 dicembre 1950 scritta a nome di Shoghi Effendi a una credente) 1804. Campus di protesta contro il pregiudizio razziale «Riguardo alla questione relativa alla lettera del sig. Blackwell e al vostro riferimento alla stessa, il Custode ritiene - come ha già detto nella sua lettera al sig. Blackwell - che non esista alcuna obiezione alla partecipazione degli studenti a qualcosa di così vicino allo spirito dei nostri insegnamenti come un campus per una manifestazione contro il pregiudizio razziale. I bahá’í non hanno dato vita alla protesta; sono stati semplicemente orgogliosi di avere avuto - come bahá’í - una voce in tale protesta; vi hanno preso parte, ed egli pensa che abbiano fatto bene e non abbiano violato alcun principio amministrativo.» (Da una lettera del 18 novembre 1948 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Stati Uniti e Canada) 1805. Evitare di essere coinvolti in questioni politiche e quindi non partecipare a dimostrazioni anti-apartheid‚ «In risposta alla vostra lettera del 15 luglio in cui chiedete ulteriori chiarimenti sulla questione apartheid, la Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di mettere in evidenza che, essendo la politica dell’apartheid una forma di discriminazione razziale, non può essere accettata dai bahá’í in qualunque luogo e forma possa essere praticata. Pur se gli amici devono ovviamente sostenere i principi della Fede, inclusi quelli che propugnano l’unità del genere umano, e possono associarsi con gruppi impegnati nella promozione di tali principi prendendo parte alle relative attività, devono comunque fare scrupolosamente attenzione a non lasciarsi coinvolgere in questioni politiche. Come abbiamo detto nella lettera inviatavi il 16 aprile 1985, la partecipazione in dimostrazioni anti-apartheid e in attività di protesta potrebbe essere interpretata come coinvolgimento nella politica, e quindi deve essere evitata. ...Il mondo è in subbuglio per le agitazioni provocate dagli interessi conflittuali di Governi, popoli, razze e singoli individui. Ciascuno di questi contendenti ha dalla sua sia del bene che del male, e da parte nostra, mentre si sosterranno senza esitazione i principi bahá’í, non ci si dovrà mai coinvolgere in conflitti intestini identificandoci con l’una o l’altra parte, pur se nei nostri cuori potremmo aver simpatia per le finalità propugnate. Avere un positivo atteggiamento verso la questione del pregiudizio razziale costituisce una brillante e sincera esemplificazione del principio dell’unità del genere umano, prima fra i membri della vostra Assemblea Spirituale Nazionale e poi all’interno della comunità bahá’í…» (Da una lettera del 18 agosto 1985 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1806. Insegnamento nelle Università a studenti di razze diverse ed altre minoranze, come Cechi, Polacchi, Russi... « ...[Il Custode] esorta i bahá’í, ovunque vivano, a dedicare maggiore attenzione alle minoranze. Ciò vale in particolare dove esistono università frequentate da studenti stranieri appartenenti alle razze nera, gialla e olivastra. In tal modo gli amici hanno la possibilità non solo obbedire ad uno dei più bei principi della nostra Fede e cioè quello di essere ospitali verso gli stranieri, ma anche dimostrare l’universalità dei nostri Insegnamenti e la vera fratellanza che ci anima, e in più confermare bahá’í coloro che eventualmente potrebbero tornare in luoghi lontani della terra - come l’area del Pacifico, l’Africa, l’Asia, ecc. - ed essere d’inestimabile aiuto alle neonate comunità bahá’í. Ugualmente, gli amici devono portare la loro amicizia e gli insegnamenti alle altre minoranze presenti in America, come italiani, ebrei, cechi, polacchi, russi, ecc.» (Da una lettera del 27 maggio 1957 scritta a nome di Shoghi Effendi al Comitato Interrazziale dell’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti 1807. Il pregiudizio razziale è una negazione della Fede «La posizione della Causa verso i problemi razziali, sia in America che altrove, è stata più volte chiarita dal Custode. Per i fedeli seguaci di Bahá’u’lláh che comprendono appieno le essenziali implicazioni del principio dell’unità del genere umano, così tanto enfatizzato nei Suoi Insegnamenti, il pregiudizio razziale - in tutte le sue forme - è semplicemente una negazione della Fede, un ripudio del credo nella fratellanza fra gli uomini, che costituisce senza dubbio la pietra angolare della Religione di Dio. La lealtà verso questo basilare principio deve essere quindi sincera e assoluta.» (Da una lettera dell’ 11 novembre 1936 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1808. Combattere e sradicare il pregiudizio razziale che si annida fra i credenti «In America, dove il pregiudizio razziale è ancora tanto diffuso, è responsabilità dei credenti combatterlo e sradicarlo con tutte le loro forze, adoperandosi in primo luogo d’introdurre nella Causa tutte quelle minoranze razziali che possono avvicinare ed alle quali possono insegnare, e in secondo luogo stimolando stretti rapporti di cameratismo fra dette minoranze e il resto della Comunità. Preoccupazione principale del vostro Comitato deve essere quella d’incoraggiare questo proposito con ogni mezzo disponibile. Devono essere egualmente contattate e confermate non solo le persone di colore, che - per la crescente ricettività che stanno dimostrando verso il Messaggio - meritano effettivamente una speciale attenzione, ma anche tutte le altre minoranze razziali, religiose, gli Ebrei, i Pellerossa, ecc. Più grande è la ricettività di un particolare gruppo, più forte deve crescere il desiderio e la determinazione dei credenti di attrarre i suoi membri e insegnar loro. Nel momento in cui il mondo intero è immerso in pregiudizi di razza, classe e nazionalità, i bahá’í, sostenendo con fermezza e lealtà questo principio cardine della loro Fede, possono meglio sperare di provare la sua verità e stabilire il suo diritto di produrre ordine e pace dal caos e dalle lotte di questo mondo lacerato dalla guerra.» (Da una lettera del 20 gennaio 1941 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1809. Dio ha conferito molte doti alla razza negra «Ben sapete già quale importanza egli attribuisca all’insegnamento della Fede ai negri e al crollo del vergognoso muro del pregiudizio che per così lungo tempo ha escluso reciprocamente i cittadini bianchi e negri d’America. Le doti di dedizione così ampiamente possedute dai negri sono molto necessarie nel mondo di oggi, come pure la loro grande capacità di fede, la lealtà e devozione alla propria religione una volta accettata e la loro purezza di cuore. Dio ha conferito loro grandi qualità e il loro contributo alla Causa è essenziale, specialmente perché mancano insegnanti negri bahá’í che possano presentarsi alla propria gente, insieme con i fratelli e sorelle bianchi, e convincerla dell’effettiva universalità della nostra Fede. Egli pregherà in special modo affinché possiate confermare anime capaci in questo campo.» (Da una lettera del 27 settembre 1941 scritta a nome di Shoghi Effendi a due credenti) 1810. Fare tutto il possibile per distruggere i reciproci pregiudizi fra bianchi e negri‚ «La razza negra è stata ed è ancora vittima di ingiusti pregiudizi quindi è ovvio dovere di ogni bahá’í, negro o bianco che sia, fare tutto il possibile per distruggere i reciproci pregiudizi esistenti. Ciò consentirebbe non solo d’esemplificare il vero spirito bahá’í in ogni rapporto d’amicizia e in ogni azione, ma anche di prendere parte attiva in qualsiasi movimento progressista tendente al miglioramento di tutti i diseredati, purché detto movimento - sotto ogni punto di vista - non abbia assolutamente carattere politico e non sia sovversivo . È necessario che i movimenti a favore del progresso e della giustizia sociale, purché esenti da faziosità sia politica che religiosa, siano sostenuti da quei bahá’í che sentono l’urgenza di intraprendere un lavoro del genere. Di conseguenza non v’è alcun motivo per cui ella non debba lavorare per il miglioramento della sua razza con mezzi assolutamente non in conflitto con la posizione bahá’í.» (Da una lettera del 23 novembre 1941 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1811. Grande responsabilità dei bahá’í negri verso la propria razza e verso i propri compagni di credo‚ «Il Custode è fermamente convinto che i bahá’í negri abbiano grandi responsabilità sia verso la propria razza che verso i propri compagni di credo. Essi devono non solo levarsi per insegnare la Causa ai membri della propria razza, ma devono fare tutto il possibile affinché all’interno della stessa comunità regnino amore e comprensione vicendevoli fra credenti bianchi e negri, sé da essere veramente come una sola anima in differenti corpi. Come credenti noi siamo fedeli a Bahá’u’lláh; dobbiamo fissare la nostra attenzione e devozione su di Lui e sulla Sua volontà e comportarci nei confronti dei nostri compagni di fede come Egli farebbe con noi, senza badare alle loro manchevolezze.» (Ibidem) 1812. Incompatibilità del principio dell’unità del genere umano con i pregiudizi razziali «Riguardo la soluzione del problema razziale, i credenti devono senza dubbio capire che il principio dell’unità del genere umano - pietra angolare del Messaggio di Bahá’u’lláh - è del tutto incompatibile con qualsiasi forma di pregiudizio razziale. La lealtà verso questo fondamentale principio della Fede è dovere primario di ogni credente e quindi deve essere sincera e senza riserve. Per un bahá’í il pregiudizio razziale, in tutte le sue forme, rappresenta semplicemente una negazione della fede, una posizione assolutamente incompatibile con il vero spirito ed i reali insegnamenti della Causa. Ma sebbene gli amici debbano sostenere fedelmente e coraggiosamente questo principio bahá’í dell’essenziale unità di tutte le razze umane, tuttavia - nei metodi adottati per la sua applicazione e realizzazione sul piano sociale - essi devono agire con tatto, saggezza e moderazione. Questi due atteggiamenti non sono affatto contrastanti. Bahá’u’lláh ci esorta ad agire sempre con saggezza e moderazione. I bahá’í non ritengono che la diffusione della Causa e dei suoi principi e insegnamenti possa avvenire con metodi radicali e violenti. Pur essendo fedeli a tutti questi Insegnamenti, tuttavia credono che la realizzazione dei loro fini debba avvenire necessariamente ricorrendo solo a mezzi pacifici e amichevoli.» (Da una lettera del 22 novembre 1936 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1813. Le forze maligne del pregiudizio «I credenti devono comprendere che le forze del pregiudizio, insieme con diverse altre cattive consuetudini, stanno crescendo più vigorosamente nel buio che circonda l’umanità. I bahá’í devono agire non solo con tatto e giudizio, ma con coraggio e fiducia nell’aiuto di Bahá’u’lláh, il Quale li conferirà a coloro che - nel loro approccio a questo problema razziale - si cimenteranno a vivere secondo i Suoi insegnamenti. Troppa esitazione e grande timidezza di fronte all’opinione pubblica possono essere nocive tanto quanto il disinteresse verso l’attuale situazione e i relativi problemi.» (Da una lettera del 23 dicembre 1941 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1814. I negri devono essere fieri e felici delle lodi conferite da Bahá’u’lláh a loro e ad altre razze oppresse «Non avvertendo né‚ riconoscendo noi alcuna distinzione fra i doveri e i privilegi di un bahá’í, chiunque esso sia, è dovere dei credenti negri superare questa grande prova che il comportamento di alcuni loro fratelli bianchi può suscitare. Essi devono provare la loro innata uguaglianza non con le parole ma con i fatti; devono accettare la Causa di Bahá’u’lláh per amore della Causa; devono amarla, tenervisi aggrappati, insegnarla e lottare per essa perché è la loro propria Causa, dimentichi delle manchevolezze altrui. Ogni altro comportamento non è degno della fede che professano. Fieri e felici delle lodi loro tributate da Bahá’u’lláh Stesso, essi devono sentire che Egli si è rivelato per loro e per ogni altra razza oppressa, che li ama e li aiuterà a raggiungere il loro destino. La questione razziale in America è un problema nazionale di grande portata. Ma gli amici negri non devono sprecare la preziosa opportunità di servire la Fede in questi importanti giorni, soffermandosi sulle riconosciute manchevolezze degli amici bianchi. Essi devono levarsi, servire ed insegnare, avendo fiducia nel futuro che stanno costruendo, un futuro in cui – come sappiamo - queste barriere dovranno una volta e per sempre essere superate!» (Da una lettera del 9 febbraio 1942 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1815. Incoraggiamento a far parte di gruppi progressivi non politici‚ «Riguardo la Sua domanda: il Custode non vede come la partecipazione bahá’í, insieme con altre organizzazioni e istituzioni religiose, in un incontro non a carattere politico avente lo scopo di promuovere l’unità dei cittadini e in qualche modo il loro benessere, possa essere considerata di natura politica. Per quanto gli amici debbano guardarsi sempre dal dare l’impressione di identificare sé‚ stessi o la Causa con qualsiasi partito politico, essi devono altresì guardarsi dall’altro estremo di non prendere mai parte, insieme con altri gruppi progressivi, a convegni o comitati che si propongono delle attività in completo accordo con i nostri Insegnamenti, come per esempio quella di migliorare i rapporti razziali.» (Da una lettera del 21 novembre 1948 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1816. I bianchi dovrebbero accogliere di buon grado i negri nelle loro case e perfino sposarli, se lo desiderano‚ «Egli pensa sia tempo che i bahá’í cessino di preoccuparsi completamente della componente bianca d’una comunità, che debbano concentrarsi nel mostrare alla componente negra che questa è una Fede che produce piena eguaglianza, che ama e vuole le minoranze. I bahá’í devono accogliere di buon grado i negri nelle loro case, fare il massimo per insegnare loro, frequentarli, e perfino sposarli se lo desiderano. Dobbiamo ricordare che ‘Abdu’l-Bahá Stesso unì in un matrimonio bahá’í un credente di colore con una credente bianca. Egli non poteva fare di più. Inoltre, come il Custode ha puntualizzato ai pellegrini, la Fede deve essere rappresentativa della popolazione. In svariati luoghi del Sud la maggioranza della gente è tuttora negra. Questa situazione si dovrebbe riflettere senza alcuna paura nella Comunità bahá’í. Sia i bahá’í bianchi che quelli negri devono lavorare senza tregua per raggiungere l’obiettivo di portare la Fede alla gente di colore e di confermarne molta. Entrambi le parti hanno pregiudizi da superare: primo, quello che si forma nella mente di un popolo conquistatore che ha imposto la sua volontà; secondo, quello nato dalla reazione di coloro che sono stati conquistati e fortemente oppressi.» (Da una lettera del 27 maggio 1957 scritta a nome di Shoghi Effendi al Comitato Insegnamento Interrazziale) 1817. Fine delle sofferenze e delle tribolazioni degli ebrei durante l’Era bahá’í‚ « ...Ella deve sforzarsi di stabilire ulteriori contatti con i suoi concittadini ebrei, poiché il loro destino spirituale è sicuramente luminoso. Le antiche sofferenze e tribolazioni che gli ebrei di tutto il mondo hanno così crudelmente patito avranno fine durante l’Era bahá’í, poiché essi saranno gradualmente portati ad abbracciare la Fede, la quale costituisce infatti l’unico mezzo di salvezza della loro razza.» (Da una lettera del 22 settembre 1937 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1818. Il glorioso destino degli ebrei «...Se gli ebrei studiano gl’Insegnamenti, vi troveranno le speranze e le aspirazioni che hanno sempre nutrito. Bahá’u’lláh porta un meraviglioso messaggio agli ebrei; molti di loro sono arrivati ad apprezzarlo ed ora si danno da fare per trasmetterlo ad altri della loro razza. Per mezzo di Bahá’u’lláh - dice il Maestro - essi riacquisteranno la lor antica gloria e verranno amati da tutti i popoli del mondo.» (Da una lettera del 14 giugno 1932 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1819. I credenti di origine ebrea devono chiamarsi bahá’í «Egli pensa che Ella abbia fatto la cosa giusta ad essersi registrato come bahá’í alla voce “Religione”. Sfortunatamente, a causa di questo odioso e feroce pregiudizio razziale che oggi affligge il mondo, il termine ebreo viene attribuito più alla razza che alla religione. Ella certamente - come pensa suo padre - non dovrebbe mai desiderare di dissociarsi da un gruppo di persone, come gli ebrei, che hanno fatto tanto per il mondo. D’altro canto, la Sua attuale religione è quella bahá’í, ed egli ritiene che gli ebrei - una volta diventati bahá’í - debbano sempre indicare quest’ultimo termine come loro Fede, ma usare il termine “ebreo” per la loro discendenza razziale.» (Da una lettera del 15 Mirza 1948 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) XLIV. REINCARNAZIONE 1820. La posizione bahá’í sulla reincarnazione «Risulta chiaro dagli Insegnamenti di Bahá’u’lláh sulla natura dell’anima e sulla vita dopo la morte, riportati nelle Spigolature dagli Scritti di Bahá’u’lláh, che la posizione bahá’í su questo argomento è del tutto incompatibile con la teoria della reincarnazione. Vi suggeriamo di rimandare questo amico alla spiegazione di “ritorno” data da Bahá’u’lláh nel Kitáb-i-Iqán e a quanto affermato da ‘Abdu’l-Bahá nelle Lezioni di San Giovanni d’Acri. ...per vostro ulteriore ragguaglio vi trasmettiamo le seguenti citazioni tratte da lettere scritte a nome del Custode su questo tema: “Nessuna Rivelazione inviata da Dio ha mai insegnato la reincarnazione; si tratta di un concetto elaborato dall’uomo. L’anima dell’uomo viene all’esistenza al concepimento”.» (Da una lettera scritta a un credente l’1 aprile 1946, Compilazione “Spiritismo - Fenomeni medianici - Reincarnazione”, Casa Editrice Bahá’í, Roma 1985, p. 18, n. 32) «L’idea bahá’í di “reincarnazione” è fondamentalmente diversa dal concetto indù. I bahá’í credono nel ritorno degli attributi e delle qualità ma sostengono che l’essenza della realtà delle cose non possa ritornare. Ogni cosa mantiene la propria individualità, ma alcune delle qualità possono essere trasmesse. La dottrina della metempsicosi sostenuta dagli Indù è erronea.» (27Mirza1938, a un credente. Compilazione “Spiritismo - Fenomeni medianici - Reincarnazione”, p. 16, n. 28) «L’evoluzione nella vita dell’individuo ha inizio con la formazione dell’embrione umano e attraversa vari stadi e prosegue in altre forme anche dopo la morte. Lo spirito umano ha capacità di sviluppo infinito. L’identità dell’uomo, ossia la sua individualità, non va mai perduta. La sua realtà in quanto persona rimane intatta durante tutti i vari stadi del suo sviluppo. Prima di venire in questo mondo egli non preesiste in nessuna forma.» (26 novembre1939, a un credente. Compilazione “Spiritismo – Fenomeni medianici -Reincarnazione”, p. 17, n. 30) «Noi, come bahá’í, non ci lasciamo influenzare dalle categoriche affermazioni degli studiosi. Noi crediamo che ciò che è stato rivelato da Bahá’u’lláh e scritto da ‘Abdu’l-Bahá proviene da Dio ed è ispirato da Dio; che Bahá’u’lláh è una Manifestazione e ha accesso a un sapere negato ai comuni mortali”.» (22 aprile 1954, a un credente. Compilazione “Spiritismo - Fenomeni medianici - Reincarnazione”, p. 18, n. 34) (Da una lettera del 5 agosto 1969 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Monaco) 1821. Diritto di ogni uomo ad avere le proprie opinioni «Ogni uomo ha il diritto di avere le proprie opinioni. Se non le espone con convinzione, manca al suo dovere di spiegarle con sincerità e vivacità; ma il fatto di credere fermamente in una cosa non implica assolutamente che la cosa creduta sia la verità. Fra la verità che ci viene da Dio attraverso i Suoi Profeti, e i barlumi di verità, spesso male intesi e male interpretati, che ci vengono dai filosofi e dai pensatori, c’è un’immensa differenza. Non dobbiamo mai confondere le due cose. (Da una lettera del 22 aprile 1954 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Spiritismo-Fenomeni medianici - Reincarnazione”, p. 18, n. 34) 1822. Il sapere può essere un velo fra l’anima dell’uomo e la verità «Bahá’u’lláh ha detto che il sapere può essere un velo tra l’anima e la verità eterna, in altre parole, tra l’uomo e la conoscenza di Dio. Abbiamo visto che molte persone che progrediscono molto nello studio delle scienze fisiche moderne sono portati a negare Dio e i Suoi Profeti. Ciò non significa che Dio e i Profeti non siano esistiti e non esistano; significa solo che il sapere è diventato un velo fra i cuori di costoro e la luce di Dio. Sarebbe assolutamente impossibile per chiunque rispondere a tutte le domande che potrebbero essere poste da curiosi, dotti o gente comune, su tutti i temi. Se i Profeti di Dio venissero in questo mondo solo per rispondere alle domande degli uomini e spiegare tutte le banalità che per lo più gli uomini hanno accumulato e trasformato in culti e filosofie, non avrebbero il tempo per insegnare all’uomo un nuovo modo di vita con il loro esempio e i loro insegnamenti.» (Ibidem) 1823. Non v’è stato ancora tempo di formare studiosi bahá’í che possano trattare il tema della reincarnazione e simili «Dobbiamo allontanarci da queste vane fantasie e supposizioni e filosofismi del mondo e fissare lo sguardo sul limpido fiume degli insegnamenti di Bahá’u’lláh. Da questi insegnamenti, e dalla società che essi creeranno su questo pianeta, nascerà una soluzione per tutti i problemi umani. A poco a poco, più grandi studiosi, pensatori spirituali più profondi, saranno in grado di rispondere da un punto di vista bahá’í a molte di queste domande. Non è necessario che si trovino nel testo divino; possono essere studiate e apprese in futuro; ma ancora non abbiamo avuto il tempo di formare studiosi bahá’í che possano trattare questi temi nei dettagli e prendersi l’impegno di dare una risposta alle astrusità e alle molte infondate dottrine proposte dai filosofi moderni.» (Ibidem) 1824. Improbabilità della conversione di studiosi di occultismo e temi simili «È del tutto improbabile che Ella riesca a ottenere qualcosa discutendo con persone che si dedicano allo studio dei temi da lei menzionati nella sua lettera o tanto meno a convertirle. Esse sono più interessate dalle cose mistiche e dal mistero in sé‚ stesso che da questo mondo nel quale viviamo e dal modo di risolverne i problemi. Amano le astrazioni e le complicazioni. Menti siffatte non possono essere capaci di accettare la Rivelazione di Bahá’u’lláh che è per qui e per ora, e che implica la purificazione della mente e l’applicazione dei Suoi insegnamenti alla vita quotidiana.» (Ibidem) 1825. Concezione di Bahá’u’lláh della facoltà della visione e dell’udito «Ciò che Bahá’u’lláh intende per facoltà della visione e dell’udito è la facoltà fisica, non un’astrazione spirituale. Egli intende dire che Dio Onnipotente ci ha dato occhi e orecchie per capire ciò che avviene in questo mondo; in altre parole, possiamo leggere gli Insegnamenti e ascoltare il Messaggio del Profeta. Ciò va preso alla lettera.» (Ibidem) 1826. Inesistenza della reincarnazione «Sappiamo dai Suoi Insegnamenti che la reincarnazione non esiste. Veniamo su questo pianeta una volta soltanto. La nostra vita qui è come il feto nel grembo della madre, che in quello stadio sviluppa ciò che è necessario per l’intera vita successiva alla nascita. La stessa cosa accade a noi. Noi dobbiamo sviluppare qui spiritualmente ciò che ci servirà per la vita dopo la morte. In quella vita futura, Dio, mediante la Sua misericordia, potrà aiutarci a sviluppare qualità da noi trascurate mentre ci trovavamo sul piano terreno. Non è necessario ritornare qui e rinascere in un altro corpo per progredire spiritualmente e avvicinarsi ulteriormente a Dio. Questo è l’insegnamento bahá’í ed è quanto i seguaci di Bahá’u’lláh devono accettare, incuranti delle esperienze che altri reputano di avere. Ella sicuramente sa che la psicologia moderna ha insegnato che la mente ha una capacità quasi infinita di credere in quello che s’immagina. Gli uomini pensano di avere un certo tipo di esperienza, di ricordare cose di una vita precedente, ma ciò non significa che essi abbiano realmente avuto quelle esperienze o che siano esistiti in precedenza. La forza della loro mente basta già a convincerli fermamente che tale cosa sia realmente accaduta.» (Ibidem) 1827. Prendere a misura gli Scritti dei Profeti «Noi dobbiamo prendere a misura gli Scritti dei Profeti. Se Bahá’u’lláh avesse attribuito la minima importanza alle esperienze occulte, alla visione di aure, al sentire mistiche voci, se avesse creduto che la reincarnazione fosse un fatto reale, ne avrebbe fatto menzione nei Suoi Insegnamenti. Che Egli ne abbia taciuto, dimostra che per Lui esse non avevano né‚ importanza né‚ realtà e perciò non meritavano che Egli, Divino Educatore della razza umana, vi dedicasse il Suo tempo.» (Ibidem) XLV. RIVERENZA E SPIRITUALITÀ A. Riverenza 1828. Riverenza e rispetto verso i luoghi sacri «Hai chiesto a proposito delle visite ai luoghi sacri e dell’osservanza di particolare riverenza verso questi luoghi risplendenti. I luoghi sacri sono senza dubbio centri di diffusione della grazia Divina, poiché accedendo ai luoghi luminosi connessi ai martiri e alle anime sante, e tributando ad essi riverenza, sia fisica che spirituale, il cuore è pervaso da una grande dolcezza.» (‘Abdu’l-Bahá: Sinossi e Codificazione del Kitáb-i-Aqdas, pp. 69-70) 1829. Ascoltare con massima riverenza la registrazione della voce di ‘Abdu’l-Bahá «..[esorto] gli amici ad esercitare moderazione e prudenza nell’uso e distribuzione della registrazione della voce del Maestro. A mio avviso, bisogna utilizzarla solo in occasioni particolari e ascoltarla con la massima riverenza. Sono certo che un uso troppo ampio e indiscriminato della più preziosa reliquia del nostro defunto Maestro nuocerebbe alla dignità della Causa.» (Da una lettera del 26 novembre1923 di Shoghi Effendi) 1830. Visione del film di ‘Abdu’l-Bahá «Riguardo l’uso del film di ‘Abdu’l-Bahá, occorre fare la massima attenzione al fine di non sminuirne il valore a seguito di una troppo frequente e indiscriminata visione sia fra credenti che fra non bahá’í. Il film deve essere proiettato solo in speciali occasioni - come importanti anniversari - nelle quali bisogna debitamente enfatizzare la sua solenne e sacra natura.» (Da una lettera del 28 febbraio1928 di Shoghi Effendi) 1831. I ritratti delle Manifestazioni di Dio sono proibiti «La vostra interpretazione secondo cui nei lavori artistici è proibito ritrarre i visi del Báb e di Bahá’u’lláh è corretta. Il Custode ha chiarito che questa proibizione si applica a tutte le Manifestazioni di Dio. Fotografie o riproduzioni di ritratti del Maestro si possono utilizzare nei libri, ma la Sua figura non deve costituire un “personaggio” in lavori teatrali o d’altro genere. Non vi è, tuttavia, alcuna obiezione alla simbolica rappresentazione di tali Sacre Figure, purché non diventi un rituale ed il simbolo usato non sia irriverente.» (Da una lettera del 3 dicembre 1972 della Casa Universale di Giustizia) 1832. Il tipo di riverenza differisce da cultura a cultura «Sorgono problemi quando fra gli amici v’è disaccordo su ciò che è da considerare dignitoso e degno di riverenza. La Casa Universale di Giustizia è restia a fornire dettagli su tali questioni ed esorta gli amici a non farne un problema. Se un credente è seriamente preoccupato per un particolare caso, può informarne la sua Assemblea Spirituale Nazionale, ubbidendo poi alle sue decisioni.» (Da una lettera del 12 Mirza 1980 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia) 1833. Fotografia di Bahá’u’lláh «Non c’è alcun motivo perché i credenti non guardino la foto di Bahá’u’lláh, ma devono farlo con la massima riverenza e non permettere inoltre che sia esposta apertamente al pubblico, perfino all’interno delle loro case.» (Da una lettera del 6 dicembre 1939 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) B. Spiritualità 1834. L’uomo è all’inizio della spiritualità «L’uomo si trova al grado più alto della materia e all’inizio della spiritualità; rappresenta cioè il termine dell’imperfezione e l’inizio della perfezione, l’ultimo gradino dell’oscurità, e il principio della luce; perciò è stato detto che la condizione umana è la fine della notte e il principio del giorno, volendo significare che l’uomo è la somma di tutti i gradi dell’imperfezione, pur possedendo già i gradi della perfezione. L’uomo ha in sé‚ il lato animale così come la parte angelica; lo scopo di un educatore sarà quindi d’istruire le anime, affinché la parte angelica domini il lato animale. Quando il potere divino, che costituisce la perfezione essenziale dell’uomo, domina le forze sataniche, che sono imperfezione assoluta, l’uomo diventa la creatura più perfetta; ma se il potere satanico domina la potenza divina, l’uomo diventa l’infima fra le creature. Perciò egli rappresenta la fine dell’imperfezione e l’inizio della perfezione. Non esistono in nessun’altra specie così accentuate differenze e contrasti, contraddizioni e opposizioni, quali esistono nella specie umana. Il riflesso della Luce Divina esisteva nell’uomo, e altrettanto nel Cristo, e voi vedete quanto, per esso, sia amato e onorato Cristo!» (‘Abdu’l-Bahá: Le Lezioni di San Giovanni d’Acri, pp. 293-294) 1835. Requisiti per la crescita spirituale «Bahá’u’lláh ha chiaramente affermato nei Suoi Scritti i requisiti essenziali per la nostra crescita spirituale e questi sono ripetutamente evidenziati da ‘Abdu’l-Bahá nei Suoi discorsi e nelle Sue Tavole. Si possono riassumere brevemente come segue: 1. Recitare quotidianamente una delle Preghiere obbligatorie con limpida devozione. 2. Leggere regolarmente le Sacre Scritture, in particolare almeno la mattina e la sera, con riverenza, attenzione e concentrazione. 3. Meditare devotamente sugli insegnamenti, in modo tale da comprenderli meglio, applicarli più esattamente e trasmetterli più fedelmente. 4. Sforzarsi tutti i giorni di comportarsi sempre più conformemente ai canoni stabiliti negli insegnamenti. 5. Insegnare la Causa di Dio. 6. Servire generosamente nel lavoro della Causa e nell’espletamento del nostro commercio o professione.» (Da una lettera del 1 settembre 1983 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un’Assemblea Spirituale Nazionale. Note Bahá’í, anno 1, n. 5, dicembre 1983) 1836. Via per il conseguimento della vera spiritualità «Questi punti, espressi in parole differenti, sono già stati trasmessi agli amici ... dai Consiglieri, ma la Casa di Giustizia desidera sottolinearli, perché essi rappresentano la via verso il conseguimento della vera spiritualità che è stata tracciata dalla Manifestazione di Dio per questa era. È sorprendente vedere quanto private e personali siano nella Fede le pratiche spirituali fondamentali della preghiera e della meditazione. I bahá’í hanno, certamente, riunioni di preghiera, per esempio nel Mashriqu’l-Adhkár o nelle Feste del Diciannovesimo Giorno, ma le preghiere obbligatorie quotidiane devono essere dette nell’intimità della propria camera e anche la meditazione sugli Insegnamenti è un’attività individuale privata, e non una sorta di terapia di gruppo. Nei Suoi discorsi ‘Abdu’l-Bahá definisce la preghiera una “conversazione con Dio” e della meditazione dice: “mentre meditate parlate con il vostro spirito. In quella condizione mentale voi ponete certe domande allo spirito e lo spirito risponde: la luce si accende e la realtà vien rivelata”.» (Ibidem) 1837. Bahá’u’lláh non specifica procedure da seguire nella meditazione e nessun metodo deve essere insegnato nelle Scuole Estive «Vi sono certamente altre cose che è possibile fare per accrescere la spiritualità. Per esempio, Bahá’u’lláh non ha specificato le procedure da seguire nella meditazione e i credenti sono liberi di fare personalmente quello che vogliono a tal proposito, purché restino in armonia con gli insegnamenti, ma queste attività sono puramente personali e non devono mai essere confuse con quelle azioni che Bahá’u’lláh considerava di fondamentale importanza per la nostra crescita spirituale. Alcuni credenti potrebbero trovare beneficio dal seguire un particolare metodo di meditazione e sono certo liberi di farlo, ma questi metodi non devono essere insegnati nelle Scuole Estive bahá’í o essere messi in pratica durante una sessione della Scuola perch, se possono essere graditi per alcuni, possono non esserlo per altri. Essi non hanno nulla a che fare con la Fede e devono essere tenuti separati, sé che gli indagatori non ne siano confusi.» (Ibidem) 1838. Per l’intima meditazione, il credente può usare il Più Grande Nome «Sembra che vi siano... molti credenti che traggono particolare beneficio dalla meditazione. La Casa di Giustizia suggerisce che per le loro intime meditazioni essi possono ripetere il Più Grande Nome - Alláh-u-Abhá - novantacinque volte al giorno; tale sistema, sebbene non venga ancora applicato in Occidente, è contemplato fra le Leggi, Ordinanze ed Esortazioni del Kitáb-i-Aqdas (vedi p. 56 della Sinossi e Codificazione del Kitáb-i-Aqdas). La Casa di Giustizia confida che se i credenti si sforzeranno diligentemente di aumentare la loro spiritualità nei sei modi sopra elencati e se acquisteranno l’intima consapevolezza che in tutti i loro servizi essi non sono altro che veicoli della forza confermatrice di Dio, attrarranno i cuori dei loro concittadini e penetreranno i miasmi del materialismo che fanno velo agli occhi di tanti dei loro conterranei. L’impegno, l’attività, l’unità e la costante fiducia nella forza di Bahá’u’lláh sormonteranno sicuramente ogni ostacolo. (Ibidem. Parzialmente in Note Bahá’í, anno 1, n. 5, dicembre 1983) 1839. La pulizia contribuisce alla spiritualità «...purità e santità, pulizia e finezza in ogni aspetto della vita elevano la condizione dell’uomo e favoriscono lo sviluppo della sua intima realtà. Come è chiaramente attestato nei Sacri Scritti, anche nel regno fisico la pulizia conduce alla spiritualità e anche la pulizia del corpo, per quanto sia una cosa fisica, nondimeno esercita una grande influenza sulla vita dello spirito.» (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, p. 143, n. 129) 1840. Le Preghiere Obbligatorie e la lettura al mattino e alla sera degli Scritti sacri favoriscono la crescita della spiritualità‚ «La legge riguardante le Preghiere Obbligatorie, ovviamente, vincolante per gli amici europei e la costante e sincera obbedienza ad essa favorirà di per sé‚ la crescita della spiritualità. Gli amici non devono trascurare neanche l’esortazione di Bahá’u’lláh a leggere, mattina e sera, le Sacre Scritture.» (Da una lettera del 31 Mirza 1983 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente) 1841. Il fondamento della spiritualità è la saldezza nel Patto «Ciò che i credenti di... devono fare è approfondirsi nei Patti di Bahá’u’lláh e ‘Abdu’l-Bahá. Non basta una mera comprensione intellettuale degli Insegnamenti. È essenziale una profonda spiritualità e il fondamento della vera spiritualità è la saldezza nel Patto.» (Da una lettera del 31 Mirza 1949 scritta a nome del Custode a un credente) 1842. Attuale notevole mancanza di spiritualità «Le persone, di questi tempi, sono così notevolmente privi di spiritualità che i bahá’í devono guardarsi attentamente dall’essere risucchiati da ciò che possiamo chiamare la risacca del materialismo e dell’ateismo, che oggi stanno distruggendo il mondo. Scetticismo, cinismo, incredulità, immoralità e insensibilità sono diffusi, e poiché gli amici sono coloro che rappresentano l’antitesi di tutte queste cose devono stare attenti, sé che l’atmosfera del mondo attuale non li possa inconsapevolmente contaminare.» (Da una lettera del 19 Mirza 1945 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1843. Necessità di una vera consapevolezza spirituale‚ «Vi è una grandissima necessità ovunque nel mondo, dentro e fuori della Fede, di una reale consapevolezza spirituale che dia significato alla vita dell’uomo. Non esiste procedura amministrativa o adesione a regole che possa sostituire questa caratteristica dell’anima, questa spiritualità che costituisce l’essenza umana. Il Custode è molto contento di constatare che Ella insista su questo e che aiuti gli amici a capirne l’estrema importanza.» (Da una lettera del 25 aprile 1945 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Guida per una vita bahá’í”, p. 91, n. 40) 1844. L’educazione e il progresso spirituale dipendono dal riconoscimento dell’infallibilità della Manifestazione di Dio «Riguardo il Suo amico bahá’í che non comprende appieno la questione dell’infallibilità della Manifestazione di Dio, Ella dovrebbe indurre quella persona a studiarla più profondamente, affinché si renda conto che l’intera dottrina della Rivelazione Divina poggia sull’infallibilità del Profeta, sia Esso Cristo, Mu?ammad, Bahá’u’lláh, o Uno degli Altri. Se i Profeti non fossero infallibili, non sarebbero divini e quindi mancherebbe Loro quell’essenziale legame con Dio che - come noi crediamo - è quello che educa l’uomo e ne determina tutto il progresso. (Da una lettera dell’ 11 gennaio 1942 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1845. Assoluta necessità della preghiera «...Come ottenere la spiritualità è infatti un’istanza alla quale ogni giovane, uomo o donna, deve prima o poi cercare una risposta che lo soddisfi. È proprio perché tale risposta esauriente non è stata data né‚ trovata che i giovani moderni sono disorientati e si lasciano quindi trascinare dalle forze materialistiche che stanno scuotendo violentemente le fondamenta della vita spirituale e morale dell’uomo... È questa condizione così tristemente malsana, nella quale la società è caduta, che la religione cerca di migliorare e trasformare. Perché l’essenza della fede religiosa è quel sentimento mistico che unisce l’uomo a Dio. Questo stato di comunione spirituale può essere indotto e mantenuto mediante la meditazione e la preghiera. Ecco perché Bahá’u’lláh ha tanto insistito sull’importanza del culto. Non basta che i credenti si limitino ad accettare e osservare gli insegnamenti: è necessario che essi alimentino quel sentimento di spiritualità che si può acquisire soprattutto attraverso la preghiera... I credenti, e sopratutto i giovani, devono dunque rendersi pienamente conto della necessità di pregare, perché la preghiera è assolutamente indispensabile al loro sviluppo spirituale interiore, e questo - come si è già detto - costituisce la base e lo scopo della religione di Dio.» (Da una lettera dell’8 dicembre 1935 scritta a nome del Custode a un credente. Compilazione “Preghiera – Meditazione - Devozione”, pp. 24-25, n. 41) XLVI. SVILUPPO SOCIO-ECONOMICO A. Linee direttive 1846. Un più vasto orizzonte si dischiude di fronte a noi «La crescente maturità di questa comunità religiosa mondiale, indicata da tutti questi processi, è ulteriormente evidenziata dall’interessa- mento, da parte di alcune comunità nazionali, per la vita sociale ed economica dei rispettivi paesi, interessamento che ha trovato espressione nella fondazione di scuole elementari, nell’apertura di stazioni radio, nello svolgimento di programmi di sviluppo rurale e nella messa in opera di progetti medici e agricoli... Di fronte a noi si dischiude un più vasto orizzonte, illuminato da una crescente universale manifestazione delle potenzialità intrinseche della Causa per l’ordinamento degli affari umani. In questa luce si possono discernere non solo i nostri compiti immediati, ma, più vagamente, nuovi impegni e nuove imprese alle quali dovremo presto accingerci.» (Dal messaggio di Ri?ván 1983 della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del mondo. Note Bahá’í, anno 6, n. 59, 15 maggio 1983) 1847. Il concetto di sviluppo sociale ed economico trovasi negli Insegnamenti di Bahá’u’lláh «...Così possiamo subito comprendere che, sebbene fino a questo momento non sia stato possibile che le istituzioni bahá’í in genere raccomandassero attività di sviluppo, tuttavia il concetto di sviluppo sociale ed economico è contenuto nei sacri Insegnamenti della nostra Fede. L’amato Maestro dette l’esempio con le Sue illuminanti parole e azioni per l’applicazione di tale concetto alla ricostruzione della società. Valga quale esempio il progresso sociale ed economico compiuto dai credenti iraniani sotto la Sua amorevole guida e successivamente grazie all’indefettibile incoraggiamento del Custode della Causa.» (Da una lettera del 20 ottobre 1983 della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del mondo. Note Bahá’í, anno 1, n. 4, novembre 1983) 1848. Gl’Insegnamenti enfatizzano la nascita di un mondo unificato in tutti gli aspetti della vita «Dagli inizi della Sua straordinaria missione, Bahá’u’lláh raccomandò vivamente all’attenzione delle nazioni la necessità di ordinare gli affari umani in tal guisa da portare all’esistenza un mondo unificato in tutti gli aspetti essenziali della sua vita. In innumerevoli versetti e tavole Egli ripetutamente e in vari modi dichiarò che “il progresso del mondo” e lo sviluppo delle nazioni sono fra le ordinanze di Dio per questo giorno. L’unità del genere umano, che è ad un tempo il principio operativo e l’ultima meta della Sua Rivelazione, implica il conseguimento di una coerenza dinamica fra requisiti spirituali e pratici della vita sulla terra. L’indispensabilità di questa coerenza è incontrovertibilmente illustrata nelle Sue disposizioni sul Mashriqu’l-Adhkár, centro spirituale di ciascuna comunità bahá’í attorno al quale devono fiorire dipendenze dedicate al progresso sociale, umanitario, educativo e scientifico dell’umanità. (Ibidem) 1849. Dalla comunità bahá’í devono partire i primi passi per arrivare alla meta «Ora, dopo tanti anni di costante attività per l’insegnamento, la Comunità del Più Grande Nome ha raggiunto lo stadio nel quale i processi di questo sviluppo devono essere incorporati fra i suoi regolari impegni; tale azione è in particolare resa necessaria dall’espansione della Fede nei Paesi del Terzo Mondo dove la vasta maggioranza dei suoi seguaci risiede. I passi da intraprendere devono necessariamente incominciare nella Comunità bahá’í, e cioè gli amici devono impegnarsi, mediante l’applicazione dei principi spirituali, la rettitudine di condotta e la pratica dell’arte della consultazione, per sollevarsi e acquisire così autonomia e fiducia in sé‚ stessi. Questi sforzi porteranno altresì alla preservazione dell’onore umano, tanto auspicato da Bahá’u’lláh. Ciò facendo e in conseguenza del loro impegno, indubbiamente gli amici estenderanno i benefici dei loro sforzi all’intera società, finché tutto il genere umano non consegua il progresso inteso dal Signore dell’Era.» (Ibidem) 1850. Fondazione presso il Centro Mondiale dell’Ufficio per lo Sviluppo Sociale ed Economico «È dunque propizio porgere sistematicamente attenzione a questa sfera dell’impegno bahá’í. Siamo felici, perciò, di annunciare la fondazione presso il Centro Mondiale dell’Ufficio per lo Sviluppo Sociale ed Economico, che deve assistere la Casa Universale di Giustizia a promuovere e coordinare le attività degli amici in tutto il mondo in questo nuovo campo.» (Ibidem) 1851. Le forze sprigionate da Bahá’u’lláh sono all’altezza delle esigenze del momento «...Le forze sprigionate da Bahá’u’lláh sono all’altezza delle esigenze del momento. Possiamo dunque confidare che il nuovo fremito di energia che vibra ora in tutta la Causa ci darà la forza di affrontare le sopravvenienti sfide di cooperare, nella misura in cui la maturità e le risorse lo permettano, allo sviluppo economico e sociale dei popoli, di collaborare con le forze operanti per l’attuazione dell’ordine nel mondo, di influenzare l’utilizzazione e l’uso costruttivo della tecnologia moderna, favorendo così il prestigio e il progresso della Fede e migliorando le condizioni della generalità dell’umanità.» (Dal messaggio di Ri?ván 1983 della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del mondo. Note Bahá’í, anno 6, n. 59, 15 maggio 1983) 1852. Il progresso nel campo dello sviluppo dipende dalle azioni della base «Invitiamo ora le Assemblee Spirituali Nazionali a soppesare le implicazioni di questo emergente orientamento per le loro rispettive comunità e a prendere sagge misure per impegnare pensieri e azioni delle Assemblee Spirituali Locali e degli individui nel concepire e completare i piani, entro i limiti delle attuali circostanze e delle risorse disponibili. Il progresso nel campo dello sviluppo dipenderà soprattutto da azioni spontanee della base e dovrà ricevere le sue forze propellenti da quelle fonti piuttosto che da un’imposizione di piani e di programmi dai vertici.» (Da una lettera del 20 ottobre 1983 della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del mondo. Note Bahá’í, anno 1, n. 4, novembre 1983) 1853. Il compito maggiore delle Assemblee Spirituali Nazionali «....Il compito maggiore delle Assemblee Spirituali Nazionali è dunque quello di dare alle comunità locali una maggiore consapevolezza dei bisogni e delle possibilità e di guidare e coordinare gli sforzi che da tale consapevolezza scaturiranno. In molte zone gli amici hanno già visto confermate le loro iniziative in imprese quali la fondazione di scuole elementari o d’altro genere, la promozione dell’alfabetismo, il varo di programmi di sviluppo agricolo, l’avviamento di stazioni radio educative e l’attuazione di progetti agricoli e medici. Ampliando le dimensioni del loro impegno emergeranno indubbiamente anche altri modelli di sviluppo.» (Ibidem) 1854. Applicare i principi della Fede al miglioramento della vita «Questa sfida evoca l’ingegnosità, la flessibilità e la coesione delle molte comunità che costituiscono il mondo bahá’í. È ovvio che comunità differenti vedranno differenti approcci e soluzioni a bisogni simili. Alcune potranno dare aiuto all’estero, altre all’inizio dovranno necessariamente ricevere assistenza; ma tutte, a prescindere dalle circostanze e dalle risorse, hanno la capacità di rispondere in una certa misura; tutte possono prendere parte; tutte possono partecipare all’impresa comune di applicare più sistematicamente i principi della Fede al miglioramento della qualità della vita umana. La chiave del successo è l’unità nello spirito e nell’azione.» (Ibidem) 1855. Appello all’azione della Casa Universale di Giustizia «Infine, l’invito all’azione è rivolto ai singoli amici, adulti o giovani, veterani o neofiti. Balzino avanti a prendere posto nell’arena del servizio dove talenti e capacità, preparazioni specialistiche, risorse materiali, offerte di tempo ed energie e, soprattutto, dedizione ai principi bahá’í, possono essere messe all’opera per migliorare la sorte degli uomini.» (Ibidem) 1856. La natura e il grado di coinvolgimento dei credenti deve variare da paese a paese «...la Casa di Giustizia desidera sottolineare che la natura e il grado di coinvolgimento dei credenti nello sviluppo sociale ed economico deve variare da paese a paese, sia in relazione alle condizioni generali di quel paese che in relazione al livello di sviluppo della comunità bahá’í. È solo perché un certo numero di comunità si sono sufficientemente ingrandite e hanno fortemente sviluppato il funzionamento delle istituzioni amministrative che la Casa di Giustizia ha potuto considerare l’avvio di questo nuovo stadio nel lavoro della Causa.» (Da una lettera del 30 gennaio 1984 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un’Assemblea Spirituale Nazionale) B. Agricoltura 1857. Diventare competenti in agraria « ...Fa ogni possibile sforzo per divenire competente nella scienza dell’agraria, poiché secondo gli insegnamenti divini l’acquisizione delle scienze e la perfezione delle arti sono considerati atti di culto. Se un uomo s’impegna con tutte le sue forze nell’apprendere una scienza o nel perfezionarsi in un’arte, è come se avesse adorato Iddio in una chiesa e in un tempio. Perciò tu che entri in una scuola di agraria e ti prodighi per imparare quella scienza sei impegnato notte e giorno in atti di preghiera - atti che sono bene accetti alla soglia dell’Onnipotente. Non v’è grazia maggiore di questa, che la scienza sia considerata atto di culto e l’arte un servizio al Regno di Dio.» (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, p. 141, n. 126) 1858. La soluzione dei problemi economici inizia dall’agricoltore «Il punto di partenza e oggetto d’attenzione degli economisti deve essere l’agricoltore e successivamente le altri classi, in quanto che il numero degli agricoltori è maggiore rispetto ai membri di tutte le altri classi lavoratrici, molte volte più grande. Quindi è opportuno che i problemi economici si risolvano incominciando con gli agricoltori, poiché essi sono la prima forza attiva dello stato. In breve, fra i saggi di ogni villaggio deve essere formato un consiglio che avrà il controllo dei suoi affari.» (‘Abdu’l-Bahá: tratto da una Tavola scritta il 4 ottobre 1912 a un credente, la cui traduzione in inglese è stata corretta al Centro Mondiale nel dicembre 1985) 1859. Istituzione di un magazzino generale «...Allo stesso modo deve essere istituito un magazzino generale e nominato un segretario, e al tempo del raccolto - con l’approvazione del consiglio del villaggio - una determinata percentuale di esso deve essere riservata a detto magazzino. Quest’ultimo deve contare su sette tipi di entrate: decime, tasse su animali, beni lasciati da persone defunte senza eredi, cose trovate di cui non si conosca il proprietario, un terzo dei tesori (denaro) trovati sulla terra, un terzo delle miniere e contribuzioni volontarie. D’altra parte, esistono sette tipi di uscite: 1. Spese generali dell’istituzione, come salari, ecc., e relative all’amministrazione della salute pubblica, incluso il dipartimento dell’igiene. 2. Decime al governo centrale (Stato). 3. Tasse statali sugli animali. 4. Spese per il mantenimento degli orfani. 5. Spese per il mantenimento di disabili e incurabili. 6. Spese per il mantenimento di istituzioni educative. 7. Spese per sopperire alle necessità dei poveri. Il primo tipo di entrata è la decima. Per esempio, se il reddito di un agricoltore è di cinquecento dollari e le sue spese necessarie raggiungono pure i cinquecento dollari, non gli sarà richiesta alcuna decima. Ma se le spese ammontano a cinquecento dollari e il suo reddito a mille, gli si preleverà un decimo poiché egli possiede più delle sue necessità; infatti, pagando un decimo i suoi mezzi di sussistenza non avranno a soffrirne. Ancora degli esempi: se le spese ammontano a mille dollari e il reddito a cinquemila, all’agricoltore sarà richiesto di pagare un decimo e mezzo, avendo egli quattromila dollari di surplus. Un altro ha spese necessarie per mille dollari ed entrate per diecimila, gli saranno richiesti due decimi. Le spese necessarie di un’altra persona ammontano a cinquemila dollari e le sue entrate a centomila: le sarà richiesto di pagare un quarto. D’altro canto, il reddito di una persona può essere di duecento dollari, ma i bisogni assolutamente essenziali per il suo sostentamento potrebbero comportare una spesa di cinquecento; allora, purché essa si sia prodigata negli sforzi o la sua azienda non abbia avuto la benedizione d’un buon raccolto, costei deve essere aiutata dal magazzino generale, affinché non resti nel bisogno e possa vivere agiatamente. (Ibidem) C. Economia 1860. Il sistema bahá’í impedisce gli estremi di ricchezza e povertà «...Naturalmente le condizioni in Oriente sono differenti: nei paesi poco industrializzati e più agricoli dobbiamo applicare leggi diverse a quelle esistenti in Occidente ed ecco perché i principi del Movimento mirano alla loro radice comune. ‘Abdu’l-Bahá ha illustrato in diversi discorsi - che ella potrà trovare in varie compilazioni - i principi su cui si basa il sistema economico bahá’í. Un sistema che impedisce - fra l’altro - il graduale controllo della ricchezza nelle mani di pochi e le conseguenze degli estremi di ricchezza e povertà.» (Da una lettera del 28 ottobre 1927 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1861. Non confondere i metodi di ‘Abdu’l-Bahá con quelli attuali «Riguardo la sua quarta domanda, Shoghi Effendi ritiene sia preferibile non confondere i metodi spiegati dal Maestro con quelli attuali. Essi possono sé avere varie somiglianze, ma hanno anche molti punti diversi. Inoltre queste enunciazioni di carattere generale contenute negli insegnamenti devono essere spiegate e applicate dalla Casa di Giustizia, prima che da parte nostra se ne possa veramente apprezzare il significato.» (Da una lettera del 21 ottobre 1932 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1862. Problemi di possesso, controllo e distribuzione del capitale «Riguardo le sue domande sulla posizione bahá’í su vari problemi economici, quali il problema del possesso, controllo e distribuzione del capitale e di altri mezzi di produzione, nonché quello dei monopoli e di taluni esperimenti economici come le cooperative sociali, gli Insegnamenti di Bahá’u’lláh e ‘Abdu’l-Bahá non forniscono specifiche e dettagliate soluzioni a tutte queste questioni, che per la maggior parte sono prettamente tecniche e come tali non riguardano direttamente la Causa. Per la verità negli Scritti sacri bahá’í esistono certi principi guida sull’economia, ma essi non coprono affatto l’intera teoria e applicazione della stessa e sono destinati maggiormente a guidare in futuro gli economisti e i tecnici bahá’í a far evolvere un sistema economico che andrà a funzionare in piena conformità con lo spirito e le esatte disposizioni della Causa su questo e altri simili temi. La Casa Internazionale di Giustizia, in consultazione con esperti d’economia, dovrà dare il suo aiuto alla formulazione ed evoluzione del futuro sistema economico bahá’í. Una cosa, tuttavia, è sicura: la Causa non accetta in pieno le teorie economiche capitalistiche e non è d’accordo con i marxisti e i comunisti nel loro ripudio del principio della proprietà privata e dei sacri diritti vitali dell’individuo.» (Da una lettera del 10/6/1930 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1863. Ripartizione volontaria «Gli Insegnamenti di Bahá’u’lláh propugnano la ripartizione volontaria, che è qualcosa di più nobile rispetto al livellamento della ricchezza, poiché quest’ultimo deve essere imposto dall’esterno, mentre la prima è una questione di libera scelta. (‘Abdu’l-Bahá: Peace More Than an End to War, Bahá’í Publishing Trust, Wilmette, p.115) 1864. Lo spirito che permea la vita economica si concretizzerà in determinati organismi‚ «Come avete detto, gli Scritti trattano poco questo tema e molte questioni - che attualmente creano confusione la mente degli uomini - non sono neanche menzionate. Il fattore fondamentale è lo spirito che deve permeare la nostra vita economica e questo spirito si concretizzerà gradualmente in quegli organismi e principi che favoriranno poi l’affermazione delle condizioni ideali predette da Bahá’u’lláh.» (Da una lettera del 20 dicembre 1931 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada) 1865. Disuguaglianza sociale «...La disuguaglianza sociale è la conseguenza inevitabile della naturale disuguaglianza degli uomini. Gli esseri umani differiscono fra loro per capacità: è quindi ovvio che siano differenti nella loro condizione sociale ed economica. Tuttavia, devono essere totalmente aboliti gli estremi di ricchezza e povertà. Coloro che contribuiscono alla creazione e al miglioramento dei mezzi di produzione devono essere giustamente ricompensati, pur se tali mezzi siano di proprietà o controllati da altri.» (Da una lettera del 26 gennaio 1935 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1866. “L’uguaglianza è una chimera!” «L’uguaglianza è una chimera! Essa è assolutamente inattuabile! Anche se l’uguaglianza si potesse attuare, non sarebbe duratura, e se la sua esistenza fosse possibile, l’intero ordine mondiale sarebbe distrutto. La legge e l’ordine dovranno sempre esistere nel mondo dell’umanità. Il cielo ha così decretato alla creazione dell’uomo. (‘Abdu’l-Bahá: La Saggezza di ‘Abdu’l-Bahá, p. 188) 1867. Retribuzioni «...Il Maestro ha indubbiamente affermato che le retribuzioni devono differenziarsi, semplicemente perché gli uomini hanno capacità diverse, e quindi devono ricevere retribuzioni adeguate alle varie capacità e risorse. Questo punto di vista sembra contraddire l’opinione di alcuni moderni economisti. Ma gli amici devono avere piena fiducia nelle parole del Maestro dando la preferenza alle Sue affermazioni, piuttosto che a quelle dei cosiddetti pensatori moderni.» (Da una lettera del 26 dicembre 1935 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1868. Applicazione dei principi spirituali al sistema economico «...In realtà nella Causa non vi sono insegnamenti tecnici di economia, come quelli inerenti ad attività bancarie, al sistema di formazione dei prezzi e altro. La Causa non è un sistema economico, né‚ i Suoi Fondatori possono essere considerati degli economisti. Il contributo che la Fede dà a questa materia è essenzialmente indiretto e consiste nell’applicazione di principi spirituali all’attuale sistema economico. Bahá’u’lláh ci ha dato pochi principi basilari che dovranno servire da guida ai futuri economisti bahá’í nella creazione di quegli organismi che regoleranno i rapporti economici nel mondo.» (Ibidem) 1869. La partecipazione agli utili risolve un solo aspetto dei problemi economici «No, Bahá’u’lláh non ha portato al mondo un completo sistema economico. La partecipazione agli utili viene raccomandata quale soluzione di un solo aspetto dei problemi economici. Non v’è nulla negli insegnamenti contro qualche forma di capitalismo, anche se quella attuale richiederebbe degli aggiustamenti.» (Da una lettera del 19 novembre 1945 scritta a nome del Custode a un credente) 1870. Ci si guadagna da vivere lavorando sempre duramente «...Qualunque possa essere il progresso tecnologico, l’uomo lavorerà sempre duramente per guadagnarsi da vivere. Lo sforzo è parte inseparabile della vita dell’uomo. Può assumere forme differenti a seconda delle mutevoli condizioni del mondo, ma sarà sempre presente come elemento necessario alla nostra esistenza terrena. La vita è sopratutto una lotta. Il progresso si ottiene attraverso la lotta, senza la quale la vita cessa d’avere significato arrivando perfino a estinguersi. Il progresso tecnologico non ha prodotto uno sforzo inutile, bensì gli ha dato una forma nuova, un nuovo sbocco.» (Da una lettera del 26 dicembre 1935 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1871. La sola religione basta a rettificare i rapporti economici della società‚ « ...Con l’affermazione “la soluzione economica è di natura divina” si vuol significare che la sola religione, in ultima risorsa, può apportare al carattere dell’uomo tale fondamentale cambiamento da metterlo in grado di rettificare i rapporti economici della società. È solo in questo modo che l’uomo può controllare le forze economiche che minacciano di distruggere le basi della sua esistenza, facendo valere così il suo dominio sulle forze della natura.» (Ibidem) 1872. Incoraggiare un nuovo atteggiamento mentale universale «Per l’eccessiva disparità fra ricchi e poveri, causa di intense sofferenze, il mondo si trova in uno stato di instabilità, virtualmente sull’orlo della guerra. Poche delle nostre società hanno affrontato con efficacia questa situazione. La soluzione richiede una combinata applicazione di vari elementi, spirituali, morali e pratici. Si richiede un ulteriore esame del problema che preveda la consultazione di esperti provenienti da un’ampia gamma di discipline e liberi da polemiche economiche e ideologiche, e che coinvolga in decisioni tanto urgenti le persone direttamente in causa. Si tratta di una questione legata non soltanto alla necessità di eliminare gli estremi di ricchezza e povertà, ma altresì a quelle verità spirituali la cui comprensione può produrre un nuovo atteggiamento mentale universale. Incoraggiare tale atteggiamento è già risolvere gran parte del problema.» (Casa Universale di Giustizia: La Promessa della Pace Mondiale, Haifa, ottobre 1985, pp. 16-17) D. Progetti 1873. La partecipazione ai progetti dipende in massima parte da certe condizioni della comunità «I suggerimenti (circa eventuali progetti di sviluppo) vengono ora demandati a voi, affinché possiate iniziare una consultazione con i credenti delle comunità locali, coinvolgendo le Assemblee Spirituali Locali dell’area. Oltre a formulare progetti sulla base delle idee di carattere generale del Consigliere ..., dovreste avvalervi dei suggerimenti dei credenti relativi a iniziative e bisogni locali. Alla vostra Assemblea è inoltre richiesto di valutare la fattibilità di tali progetti ed effettuare un esame delle località, indicando quali sarebbero in grado di ospitarli. Fra i criteri che vi dovrebbero guidare nella scelta vi sarebbero i seguenti: 1. Solidità della comunità e sua capacità di trarre dal progetto benefici sia spirituali che materiali, inclusi i salutari effetti per la comunità e i suoi partecipanti derivanti dall’azione collettiva. 2. Buona volontà dei credenti locali a partecipare, collaborare e sostenere il progetto. 3. Misura del contributo locale al progetto in termini di forza- lavoro, materiali e risorse. 4. Presenza di persone in grado di amministrare le risorse umane e dirigere le energie degli amici, inclusi i forti legami fra volontari (nazionali e internazionali) e credenti locali.» (Da una lettera del 9 novembre 1983 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un’Assemblea Spirituale Locale) 1874. Obiettivo primario dei progetti è il servizio alla comunità e non un affare di lucro‚ «La Casa di Giustizia, pur desiderando che lo sviluppo sociale ed economico diventi parte integrante della vita delle comunità bahá’í, ritiene che si debba prestare grande attenzione affinché i nostri limitati sforzi siano diretti a progetti il cui obiettivo primario non sia un affare a fine di lucro, ma un servizio alla comunità. Progetti riguardanti attività commerciali o costruzioni di fabbriche distoglieranno sicuramente in questo momento l’attenzione delle istituzioni bahá’í dal promuovere direttamente la Causa. I Consiglieri saranno in grado di darvi suggerimenti e guidarvi nello scegliere - ove esistano le condizioni propizie - modesti progetti che promuovano il benessere dei membri della comunità bahá’í, come pure quello dei loro concittadini. (Da una lettera dell’ 8 dicembre 1983 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un’Assemblea Spirituale Locale) 1875. Sopperire alle necessità e aspirazioni dei credenti locali mediante progetti socio-economici‚ « ...i bahá’í che intendono iniziare un lavoro di gruppo al servizio della Fede è bene che si consultino con l’Assemblea Spirituale Locale o Nazionale. I progetti di sviluppo socio-economico intrapresi dalle istituzioni bahá’í, o da queste sostenuti, generalmente dovrebbero essere all’inizio del tutto modesti, al fine di acquisire esperienza. Essi devono essere adatti alla situazione locale e venire incontro alle particolari necessità e aspirazioni dei credenti del luogo. Poi, man mano che si acquisiranno conoscenza ed esperienza, ogni Assemblea Spirituale Nazionale potrà incoraggiare e sviluppare progetti più grandi, coinvolgendo perfino l’intera comunità nazionale. (Da una lettera del 7 maggio 1984 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente) 1876. Due requisiti fondamentali «Due requisiti la Casa di Giustizia considera fondamentali per la generalità dei progetti di sviluppo socio-economico, anche se naturalmente esistono delle eccezioni. Il primo è l’esistenza di comunità locali bahá’í sufficientemente forti. Il secondo è la volontà di rendere i progetti a lungo termine autosufficienti e non dipendenti dal continuo sostegno finanziario esterno. Il primo dei suddetti requisiti implica che i progetti di sviluppo socio-economico da varare ora siano uno stadio naturale della crescita della comunità bahá’í e necessari alla comunità stessa, anche se ovviamente saranno di beneficio a un più vasto segmento della società. Il mondo bahá’í non è in grado - sia finanziariamente che come forza lavoro - di por mano a progetti per lo sviluppo sociale ed economico di popolazioni in aree dove vivono pochi credenti. Il più grande bisogno di tutti i popoli è la Fede stessa, affinché possano conoscere il destino in cui essi - sia individualmente che come membri della società - devono impegnarsi, e possano imparare dagli insegnamenti quelle virtù e quei metodi che consentiranno loro di lavorare insieme in armonia, tolleranza e fidatezza. Il secondo requisito deve tener in debito conto che ogni progetto varato dalla Causa deve puntare a crescere saldamente e stabilmente e a non fallire per auto logoramento. In altre parole, assistenza esterna e fondi - bahá’í e non bahá’í - possono essere usati per attingere capitali, fare valutazioni, iniziare attività, guadagnare in esperienza, ma ogni progetto deve mirare a proseguire e svilupparsi mediante la forza del lavoro locale, dei fondi e dell’entusiasmo bahá’í, perfino se tutti gli aiuti esterni si dovessero interrompere. (Da una lettera del 8 maggio 1984 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Brasile) 1877. Lo sviluppo socio-economico è produttivo se posto su basi spirituali‚ « ...Non si può non sottolineare che avventurarsi nello sviluppo sociale ed economico deve avere come presupposti i principi fondamentali contenuti negli Insegnamenti riguardo l’interrelazione fra gli aspetti spirituali e materiali della vita; e se l’attività socio-economica non viene posta su basi spirituali potrebbe facilmente dimostrarsi controproducente o perfino dannosa, poiché senza un fondamento spirituale è probabile che le persone diventino corrotte e materialiste. Man mano che gli amici approfondiscono la loro comprensione del messaggio della Casa Universale di Giustizia del 20 Ottobre 1983, saranno all’altezza della sfida e orienteranno nuovamente pensieri e azioni per affrontare le situazioni della vita quotidiana, facendo ricorso alla saggezza della consultazione e sostenuti dagli alti e nobili principi della nostra Fede. (Da una lettera del 12 luglio 1984 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente) 1878. Sono graditi suggerimenti per i progetti «I suggerimenti per i progetti di sviluppo sono graditi da qualunque fonte provengano, ma in teoria essi dovrebbero scaturire dalle comunità locali e ricevere sostegno dalle Assemblee Locali e Nazionali; non è necessario inviare persone in altri paesi per sollecitare progetti. Tuttavia, se una comunità desidera varare un progetto speciale, è libera di fare appello a persone esperte affinché venga assistita nella pianificazione, progettazione ed esecuzione dello stesso.» (Da una lettera del 1 novembre 1983 della Casa Universale di Giustizia al Centro Internazionale d’Insegnamento) 1879. Sostegno finanziario e forza-lavoro di fonte bahá’í‚ «Il messaggio della Casa di Giustizia del 20 Ottobre 1983 ha chiaramente esposto i concetti, definito gli obiettivi e tracciato i principi guida per la selezione ed esecuzione di progetti di sviluppo, programmi e attività bahá’í. La stragrande maggioranza di tali progetti vedrà principalmente la luce nelle zone rurali e inizialmente, come richiesto, riceverà aiuto da fonti bahá’í per quanto attiene al finanziamento e alla forza-lavoro. I progetti - come Ella ha ipotizzato - non saranno a scopo di lucro, poiché riguarderanno principalmente attività strettamente connesse a educazione, salute ed igiene, agricoltura e a semplici lavori di sviluppo comunitario. Si spera che tutti questi tipi di progetti rifletteranno la forza dei principi spirituali contenuti negli Insegnamenti di Bahá’u’lláh. È importante che le nostre iniziative siano - allo stato attuale – di modesta portata. Successivamente, man mano che acquisiremo fiducia ed esperienza e aumenteranno le nostre risorse, il nostro lavoro includerà obiettivi più ampi e gli amici esploreranno nuove aree di attività socio-economiche.» (Da una lettera del 22 dicembre 1983 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente) E. Obiettivi di sviluppo socio-economico 1880. Preservare costumi e identità culturali «I bahá’í devono essere ovviamente incoraggiati a preservare le loro originarie identità culturali, purché le attività in questione non contravvengano ai principi della Fede. Il perpetuarsi di tali peculiarità culturali è un’espressione dell’unità nella diversità. Sebbene la maggior parte di queste celebrazioni festive derivino senza dubbio da antichi riti religiosi, non si deve dissuadere i credenti dal prendere parte a quelle in cui, con il passar del tempo, al significato religioso sono subentrate pratiche di carattere puramente culturali. Per esempio, lo stesso Naw-Rúz era in origine una festa religiosa zoroastriana, ma gradualmente questa sua connotazione è stata quasi dimenticata. Gli Iraniani, persino dopo la loro conversione all’Islam, hanno continuato ad osservarlo come festa nazionale. Ora il Naw-Rúz è diventato un giorno sacro bahá’í e viene celebrato in tutto il mondo, ma, oltre ad essere osservato come tale, molti bahá’í Iraniani continuano a mettere in atto le vecchie tradizioni culturali connesse con questa Festa. Analogamente, in ogni parte del mondo esistono diverse usanze nazionali che hanno connotazioni culturali piuttosto che religiose.» (Da una lettera del 26 maggio 1982 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Malaysia) 1881. Arti, mestieri e scienze «Il terzo Tajallí riguarda arti, mestieri e scienze. Il sapere è come un’ala per la vita dell’uomo e una scala per la sua ascesa. Acquisirlo è un obbligo per tutti. Ma si devono imparare quelle scienze che possano giovare ai popoli della terra e non quelle che s’iniziano con parole e con parole finiscono. Grandi sono in verità i diritti degli scienziati e degli artigiani sulle genti del mondo. Ne fa fede il Libro Primigenio nel dì del Suo ritorno. Felice chi ha orecchie attente. In verità, il sapere è un vero tesoro per l’uomo, fonte di gloria, munificenza, gioia, esaltazione, consolazione e gaudio. Così ha parlato la Lingua della Magnificenza dalla Più Grande Prigione.» (Bahá’u’lláh: Tavole di Bahá’u’lláh rivelate dopo il Kitáb-i-Aqdas, p. 47) 1882. La ricchezza è lodevole «La ricchezza è molto lodevole, quando sia acquisita grazie agli sforzi personali e alla benevolenza di Dio, nel commercio, nell’agricoltura, nell’arte e nell’industria e quando sia spesa per scopi filantropici. Soprattutto, se un individuo giudizioso e industrioso prendesse provvedimenti che arricchissero le masse, non potrebbe esservi impresa migliore: agli occhi di Dio, essa primeggerebbe suprema fra le conquiste, perché quel benefattore provvederebbe ai bisogni di una grande moltitudine di cui assicurerebbe il benessere e la comodità. La ricchezza è assai lodevole, purché sia ricca l’intera popolazione. Ma se pochi possiedono patrimoni esorbitanti, mentre gli altri sono poveri, e da quella ricchezza non vengono né‚ frutti né‚ benefici, allora essa è solo uno svantaggio per chi la detiene. Se d’altro canto è spesa per la promozione del sapere, per la fondazione di scuole elementari e d’altro tipo, per l’incoraggiamento delle arti e delle industrie, per l’istruzione degli orfani e dei poveri - in breve, se è destinata al benessere della società - il suo possessore emergerà dinanzi a Dio e agli uomini come il più eccellente fra coloro che vivono sulla terra e sarà annoverato fra gli abitatori del paradiso.» (‘Abdu’l-Bahá: Il Segreto della Civiltà Divina, pp. 18-19) 1883. Promuovere l’educazione «La principale necessità, la più urgente, è dare impulso all’educazione. È inconcepibile che una nazione possa conseguire prosperità e successo, se non viene portata avanti quest’impresa importante e fondamentale. La causa principale del declino e della caduta dei pop oli è l’ignoranza. Oggi la massa del popolo non è informata neppure sugli affari ordinari, e tanto meno comprende il nocciolo degli importanti problemi e delle complesse necessità del momento.» (Ibidem, pp. 73-74) F. Requisiti per il successo 1884. Il Mashriqu’l-Adhkár – Lo spirito precede la materia «Un simbolo di questo processo si può vedere nella Casa di Adorazione e sue dipendenze. La prima parte da costruire è l’edificio centrale che rappresenta il cuore spirituale della comunità. Poi, gradualmente, come espressione esteriore di questo cuore spirituale, verranno erette e fatte funzionare le varie dipendenze, quelle “istituzioni di servizio sociale che apporteranno sollievo ai sofferenti, sostegno ai poveri, rifugio ai viandanti, consolazione agli afflitti, ed educazione agli ignoranti”. Il processo ha inizio in modo embrionico molto prima che una comunità bahá’í arrivi al punto di costruire il suo Mashriqu’l-Adhkár, poiché perfino il primo centro locale che una comunità erige può servire al principio non solo come suo centro spirituale, amministrativo e luogo di riunione, ma anche come scuola e cuore di altri aspetti della vita comunitaria. In ogni modo resta fermo il principio che la spiritualità precede la materialità. Prima viene l’illuminazione dei cuori e delle menti da parte della Rivelazione di Bahá’u’lláh e poi l’attività dei credenti che vogliono applicare questi principi alla vita quotidiana della loro comunità. Tali attività possono essere incoraggiate e aiutate dalle istituzioni nazionali e continentali della Fede, evitando che quelle avviate dall’alto risultino premature.» (Da una lettera del 8 maggio 1984 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Brasile) 1885. Il principio spirituale produce atteggiamenti, energie, volontà e aspirazioni «Esistono dei principi spirituali, o come alcuni preferiscono chiamarli dei valori umani, in base ai quali è possibile trovare la soluzione per ogni problema sociale. Ogni gruppo umano animato da buoni intendimenti può, in generale, concepire delle soluzioni pratiche ai suoi problemi, ma di solito le buone intenzioni e la conoscenza pratica non bastano. Il pregio essenziale del principio spirituale consiste non solo nel fatto che esso presenta prospettive in piena armonia con la natura dell’uomo, ma che produce altresì atteggiamenti, energie, volontà e aspirazioni atti a favorire la scoperta e l’attuazione di misure pratiche. I capi dei governi e tutti coloro che detengono autorità sarebbero molto agevolati nei loro sforzi per risolvere i vari problemi se prima cercassero di riconoscere i principi implicati in quei problemi e poi se ne lasciassero guidare.» (La Casa Universale di Giustizia: La Promessa della Pace Mondiale, 1985, pp. 19-20) G. Scuole private 1886. L’importanza delle scuole private «La Casa di Giustizia ha ripetutamente sottolineato l’importanza di istituire scuole private. Queste non sono solo strumenti per l’immediato consolidamento delle comunità bahá’í e delle aree ad esse vicine, ma servono anche a educare i fanciulli e i giovani bahá’í affinché rendano servizi alla Fede e dimostrino che i bahá’í sono impegnati in attività filantropiche a favore della comunità nel suo complesso. Alla loro fondazione possono collaborare sia bahá’í che non-bahá’í. Inoltre, tali scuole favoriscono un sano rapporto fra comunità bahá’í e istituzioni civili, in quanto che a queste ultime viene richiesto di aiutare le comunità a fornire insegnanti, attrezzature, ecc. Taluni amici locali possono essere indotti a contribuire fornendo il terreno e/o il materiale edile, o dare il proprio aiuto alla loro costruzione.» (Da una lettera del 3 gennaio 1983 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India) 1887. Disponibilità di giovani e adulti bahá’í a divenire insegnanti‚ «La Casa Universale di Giustizia confida che vi siano letteralmente centinaia di giovani e adulti bahá’í disposti a diventare volentieri insegnanti nelle scuole private, specialmente se l’Assemblea Spirituale Nazionale assicura loro salari adeguati e impiego sicuro. Detti salari potrebbero anche essere ricavati da ragionevoli rette a carico degli studenti che frequentano la scuola. Questa soluzione sarebbe già di per sé‚ un passo importante nell’educazione dei nuovi credenti alla contribuzione al Fondo e farebbe in modo che le scuole diventino autosufficienti dal punto di vista finanziario.» (Ibidem) 1888. Progettazione delle scuole in consultazione tra bahá’í e non bahá’í‚ «Si presume che la costruzione di una scuola avvenga per sopperire ai bisogni della comunità bahá’í e non bahá’í. Essa dovrebbe essere progettata da bahá’í e, se opportuno, in consultazione con non bahá’í; offerta come uno sforzo della comunità derivante dalla collaborazione e cooperazione di tutti. Se si dispone di adeguata manodopera, essa dovrebbe essere amministrata dalla comunità bahá’í sotto la responsabilità dell’Assemblea Spirituale Locale del luogo ove la scuola deve sorgere o dell’Assemblea Spirituale Nazionale.» (Da una lettera del 18/6/1986 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Uruguay) 1889. A fini statistici, il giardino d’infanzia privato potrebbe essere considerato attività di sviluppo socio-economico «Riguardo il giardino d’infanzia di proprietà di una famiglia di pionieri bahá’í, esso potrebbe essere considerato come attività socio-economica privata ed elencata come tale ai fini statistici; è chiaro tuttavia che la comunità bahá’í non ha alcuna responsabilità riguardo la sua amministrazione e conduzione. Le iniziative individuali degli amici dovrebbero essere favorite e incoraggiate, affinché essi - guidati dai principi spirituali della nostra Fede - possano levarsi per adempiere le loro responsabilità spirituali.» (Ibidem) 1890. Contribuzioni di non bahá’í per il mantenimento di scuole private «Abbiamo ricevuto la vostra lettera ... riguardo l’accettazione di contribuzioni da parte di non bahá’í per il mantenimento delle scuole private e siamo stati incaricati di darvi la seguente risposta:i bahá’í possono ricevere contribuzioni da non bahá’í per attività filantropiche i cui beneficiari siano anche non bahá’í. In ogni modo, è molto importante assicurarsi che l’accettazione di fondi di qualsivoglia provenienza non influisca in alcun modo la conduzione e la politica della scuola.» (Da una lettera del 13 gennaio 1978 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India) XLVII. ISTITUTI E SCUOLE ESTIVE BAHÁ’Í A. Scuole Estive 1891. Scopo delle scuole estive «Lo scopo fondamentale di tutte le scuole estive bahá’í, in Oriente o in Occidente, è quello di dare ai credenti l’occasione di imparare bene, non solo attraverso il semplice studio ma anche mediante una generosa e attiva collaborazione alle varie attività bahá’í, gli elementi essenziali dell’Amministrazione, mettendoli così in grado di diventare efficienti e capaci promotori della Causa...» (Da una lettera del 25 settembre 1933 scritta a nome del Custode a un credente. Compilazione “Centri di studio bahá’í”, p. 83, n. 21) 1892. Limitare gli argomenti filosofici ed esoterici «Dalle relazioni che abbiamo ricevuto sulle scuole estive tenute quest’anno in Europa è emerso che alcune loro sessioni sono state dedicate maggiormente alla trattazione di argomenti filosofici ed esoterici e non alla Fede Bahá’í e ai suoi Insegnamenti. L’amato Custode ha sottolineato che una delle finalità più importanti delle scuole estive bahá’í è approfondire i credenti nella storia e negli Insegnamenti della Fede, affinché possano diventare migliori insegnanti. A questo scopo egli diede risalto allo studio dell’Islam e del Corano, di modo che gli amici avrebbero potuto disporre del bagaglio culturale di base su cui studiare gli Scritti bahá’í, e raccomandò pure quello dei principi dell’Amministrazione bahá’í. Inoltre affermò che le scuole estive dovevano diventare ottime occasioni per l’insegnamento del Messaggio, e così ebbe a scrivere a un credente: “Per mezzo del contatto quotidiano con i credenti, i non bahá’í vedranno la Causa funzionante come un’attiva e viva comunità interamente dedicata al servizio di ciò che vi è di meglio e più nobile nel mondo. I corsi li porteranno a familiarizzare con i principi che stanno alla base del Nuovo Ordine Mondiale, mentre la partecipazione alla vita sociale dei credenti consentirà loro di vedere come questi stessi principi vengano messi in atto”. Invitiamo le Assemblee Nazionali a rivedere i programmi delle scuole estive e invernali alla luce di questi importanti principi. Nello stesso tempo, essendo di suprema importanza la prosecuzione del Piano Novennale fino alla vittoria definitiva, sollecitiamo anche che durante le sessioni delle scuole estive vengano create delle opportunità per far capire ai credenti il bisogno urgente di pionieri e insegnanti. Eleviamo preghiere affinché le scuole estive possano diventare sempre più efficaci nell’educazione degli amici, di modo che questi a loro volta diventino utili canali per la diffusione delle divine fragranze.» (Da una lettera del 26 settembre 1969 della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali d’Europa) 1893. Attrazione per molte anime «Sarebbe meraviglioso se tutti gli amici potessero organizzarsi in modo da trascorrere almeno qualche giorno in una di queste scuole estive e partecipare attivamente al loro sviluppo. Questi centri, opportunamente sistemati e resi interessanti, potrebbero attrarre molte anime; i visitatori non bahá’í avranno così il tempo di compenetrarsi dello spirito del luogo e di studiare la Causa.».. (Da una lettera del ricevuta attorno al 1 maggio 1932 e scritta a un credente a nome del Custode. Compilazione “Centri di studio bahá’í”, p. 77, n. 5) 1894. Il metodo delle lezioni non è sufficiente «Shoghi Effendi ritiene che il vero scopo di codeste scuole estive sia quello di approfondire la conoscenza degli amici. Le lezioni sono assai importanti, in quanto offrono un meraviglioso quadro dei vari argomenti. Ma non basta formarsi un quadro; è necessario che gli amici approfondiscano la loro conoscenza, cosa che si potrà conseguire se, oltre a tenere le lezioni, gli oratori condurranno classi di studio e seminari. Indubbiamente il mondo sta attraversando una grave crisi e le condizioni sociali, economiche e politiche si fanno di giorno in giorno sempre più complesse. Se gli amici desiderano prendere nelle loro mani la riforma del mondo, devono incominciare con l’educare s‚ stessi e con il comprendere quali sono i veri travagli e i veri problemi che turbano le menti. È proprio nelle scuole estive che questo tipo di educazione dev’essere reso disponibile agli amici.» (Da una lettera del 27 gennaio 1932 scritta a nome del Custode a un credente. Compilazione “Centri di studio bahá’í”, p. 76, n. 3) 1895. Supervisione dell’Assemblea Nazionale «In quanto alle scuole estive in generale, benché egli non abbia nulla da obiettare al fatto che esse siano direttamente gestite da uno speciale comitato appositamente eletto, esse però devono essere controllate dall’Assemblea Spirituale Nazionale per quanto riguarda la politica, eccetera. In altre parole bisogna considerarle istituzioni nazionali e non puramente locali. Per pura convenienza l’Assemblea Spirituale Nazionale può nominare come membri di tale comitato persone che risiedano nelle vicinanze delle scuole estive e siano in grado di occuparsi direttamente dei loro affari.» (Da una lettera del 18 aprile 1942 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Australia e Nuova Zelanda. Parzialmente in compilazione “Centri di studio bahá’í”, p. 81, n. 15) 1896. La scuola estiva: parte inseparabile delle campagne d’insegnamento « ...L’istituzione della scuola estiva costituisce una parte vitale e inseparabile di ogni campagna d’insegnamento e come tale deve avere tutta l’importanza che merita nei piani e nelle attività d’insegnamento dei credenti. Deve essere organizzata in modo tale che possa attrarre sulla Causa l’attenzione dei non credenti e divenire così un efficace strumento di insegnamento. Deve altresì fornire ai credenti l’opportunità di approfondire la loro conoscenza degli Insegnamenti, mediante conferenze e discussioni e per mezzo di un’intensa e intima vita di comunità.» (Da una lettera del 17 ottobre 1936 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche. Compilazione “Centri di studio bahá’í”, p. 77, n. 6) 1897. Instaurare l’atmosfera bahá’í «Essi devono cercare di instaurare nelle loro scuole estive l’atmosfera della vita e del pensiero bahá’í e non farne un episodico e piacevole periodo di vacanza, durante il quale si impara qualcosa di più sulla Fede.» (Da una lettera del 23 maggio 1954 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti. Compilazione “Centri di studio bahá’í”, p. 87, n. 28) 1898. Danza nelle scuole estive «In quanto alla domanda che gli ha posto: negli insegnamenti non esiste nulla contro il ballo e ogni programma di danze durante le scuole estive, eccetera, è lasciato alla discrezione del Comitato o dell’Assemblea responsabili.» (Da una lettera del 24 febbraio1947 scritta a nome del Custode a un credente. Compilazione “Centri di studio bahá’í”, p. 91, n. 38) 1899. Temi da discutere «I vasti temi che gli amici devono discutere e studiare ricoprono la maggior parte degli importanti aspetti della Causa e un simile programma darà indubbiamente loro un’ampia e profonda conoscenza dei temi essenziali della Fede. Bisogna però che sia data speciale importanza alla storia del Movimento, nonché ai principi fondamentali dell’Amministrazione bahá’í, perché gli amici non ne sono sufficientemente informati. È questa perciò un’ottima occasione per rafforzare le basi delle loro convinzioni e per cercare di approfondire la loro comprensione dei fondamenti dell’attuale sistema amministrativo bahá’í.» (Da una lettera del 5 agosto 1932 scritta a nome del Custode a un credente. Compilazione “Centri di studio bahá’í”, p. 82, n. 19) 1900. Concentrare il programma della scuola sull’approfondimento della comprensione degli insegnamenti «Egli ritiene ... che alcuni dei corsi non siano sufficientemente bahá’í, ma distraggano lo studente in un inutile studio di speciali discipline - storia, psicologia o altro - temi che, per quanto preziosi nell’addestramento della mente umana e adatti all’individuo nei suoi contatti con gli altri, sono una perdita di tempo, tenendo conto del periodo limitato che la maggior parte dei bahá’í trascorrono nelle scuole estive bahá’í. Gli amici devono concentrasi sull’approfondimento della loro comprensione degli Insegnamenti, soprattutto sullo studio di ciò che è già stato fatto e di ciò che deve ancora essere fatto per raggiungere le mete...» (Da una lettera dell’ 11maggio 1954 scritta a nome del Custode a un credente. Compilazione “Centri di studio bahá’í”, p. 86, n. 27) 1901. Importanza dei corsi sulla violazione del Patto « ...La vostra Assemblea non può essere troppo attenta e vigile nella sorveglianza della Comunità, andando alla ricerca delle fonti di corruzione e proteggendo gli amici. Egli ritiene che un corso sulla violazione del Patto debba essere incluso nel programma della scuola estiva, affinché gli amici possano comprendere la natura di questo male e come esso abbia interessato per cento anni la nostra Fede e, nel passato, anche altre religioni. I bahá’í Americani, tranne i vecchi, non sembrano avere alcuna idea di cosa sia un violatore del Patto, e il luogo adatto per educarli in questi argomenti è la scuola estiva o in occasione di incontri di vasta portata.» (Da una lettera del 21 settembre 1957 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1902. Studiare il modello dell’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh‚ «Un attento esame dei temi menzionati nel suo programma indica chiaramente che gli amici sono giunti alla fine a capire quanto indispensabile sia per loro l’approfondimento della conoscenza degli antecedenti della Causa e del suo sviluppo amministrativo. Questi sono infatti i due punti principali che finora hanno trascurato di studiare, ma è venuto ormai il momento di attribuire loro tutta l’importanza che meritano. Particolarmente degno di nota è stato il suo sforzo profuso per lo studio dell’Amministrazione - importante nuova caratteristica nella storia della Causa - che sta diventando sempre più indispensabile per ogni serio studioso della Fede. Speriamo che nei prossimi anni tutte le scuole estive bahá’í, sia negli Stati Uniti che all’estero, facciano un serio tentativo di far conoscere bene agli amici l’origine, la natura e il peculiare significato delle nascenti istituzioni della Causa, che costituiscono il modesto, ma assolutamente corretto, modello dell’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh. È della massima importanza che d’ora in avanti i credenti prendano familiarità con i rudimenti dell’Amministrazione, di modo che non possano seguire il percorso battuto dai seguaci delle vecchie religioni che le hanno portate alla loro finale rovina.» (Da una lettera del 20 ottobre 1933 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1903. Importanza dello studio dell’Islám «In primo luogo è importante lo studio dell’Islám, tema ancora del tutto nuovo alla maggioranza dei credenti, ma assolutamente indispensabile per una vera e solida comprensione della Causa. Il vostro Comitato deve quindi continuare a mettere in rilievo lo studio di questo importantissimo argomento e fare il possibile per fornire i necessari strumenti didattici, quali libri di testo, oratori e scrittori competenti, i quali - anche se non necessariamente bahá’í - devono avere una corretta conoscenza dell’Islam e apprezzarlo sinceramente, al fine di essere in grado di far capire il suo vero significato e la sua missione ai partecipanti della scuola.» (Da una lettera del 14 agosto 1939 scritta a nome di Shoghi Effendi a un Comitato Scuola Estiva [e non a un credente, N.d.T.]) 1904. Assolutamente indispensabile lo studio del Corano « ...il Custode senza dubbio consiglia, anzi esorta, gli amici di intraprendere un esauriente studio del Corano, perché la conoscenza di questa Sacra Scrittura è assolutamente indispensabile per ogni credente che voglia comprendere bene e leggere con intelligenza gli scritti di Bahá’u’lláh. Benché fra i bahá’í occidentali vi siano pochissime persone qualificate a tenere un corso del genere a livello accademico, pure proprio la mancanza di insegnanti competenti deve incoraggiare e stimolare i credenti a familiarizzarsi di più con le Sacre Scritture Islamiche. Sarà così che si metteranno via via in luce alcuni eminenti bahá’í talmente ben versati negli insegnamenti islamici da saper guidare gli altri credenti nello studio di questa religione.» (Da una lettera del 2 dicembre 1935 scritta a nome del Custode a un credente. Compilazione “Centri di studio bahá’í”, p. 84, n. 23) 1905. Formazione del carattere ed etica «Il corso sulla formazione del carattere ..., a giudizio del Custode, particolarmente importante; esso deve avere il dovuto rilievo, e i credenti che presenzieranno alla scuola, soprattutto i giovani, dovranno applicarsi con attenzione e serietà. I modelli di comportamento bahá’í, che egli stesso ha esposto nella sua ultima lettera generale, L’Avvento della Giustizia Divina, e che ogni leale e coscienzioso credente ha il supremo dovere di sforzarsi di sostenere e promuovere, meritano uno studio e una meditazione attenti e devono costituire il principale tema centrale del programma di quest’anno... I principi e i metodi delineati dal Custode nell’Avvento della Giustizia Divina su questo vitale argomento dell’etica bahá’í si dimostreranno in verità preziosa fonte di ispirazione e guida per tutti gli studenti e gli amici presenti alle classi della scuola estiva e li prepareranno a meglio apprezzare i privilegi della loro cittadinanza nell’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh e ad assolverne in modo più adeguato le responsabilità.» (Da una lettera del 20maggio1939 scritta a nome del Custode a un credente. Compilazione “Centri di studio bahá’í”, p. 85, n. 25) 1906. Pochi giorni non bastano a imparare tutto «Bisogna tenere corsi ben precisi sui diversi aspetti della Fede Bahá’í, tali da stimolare gli studenti a procedere poi da soli nel loro approfondimento, una volta ritornati a casa, giacché pochi giorni non bastano a imparare tutto. Bisogna insegnare loro l’abitudine della costanza nello studio della Causa: più leggiamo le Parole, infatti, più ci viene svelata la verità in esse contenuta.» (Da una lettera del 24 novembre1932 scritta a nome del Custode a un credente. Compilazione “Centri di studio bahá’í”, p. 82, n. 20) 1907. Responsabilità dei giovani bahá’í che frequentano Louhelen in relazione allo sviluppo dell’Università bahá’í «Ricordando la grande importanza ripetutamente attribuita dal Custode all’istituzione della scuola estiva, sia come centro per la preparazione e per l’addestramento di possibili insegnanti e pionieri, sia per l’amalgamazione e la fraternizzazione dei vari elementi della comunità bahá’í, i giovani bahá’í, sui quali Louhelen Ranch ha esercitato una particolare e irresistibile attrazione e che ne hanno seguito le sessioni così spesso e in così gran numero, hanno una particolare responsabilità da sostenere in relazione al suo sviluppo in quella ideale futura Università bahá’í, che ogni scuola estiva bahá’í esistente deve proporsi di fondare quando i tempi saranno maturi. Grazie alla loro regolare presenza in ogni sessione della scuola e alla loro partecipazione in tutte gli aspetti delle sue attività - intellettuali, spirituali, sociali e ricreative -, e soprattutto per la loro leale e stretta aderenza agli alti modelli di vita e comportamento bahá’í, essi possono meglio e maggiormente contribuire alla crescita di quella istituzione, attraendo verso quest’ultima l’attenzione e l’interesse del mondo esterno non bahá’í.» (Da una lettera del 29 luglio 1939 scritta a nome di Shoghi Effendi alla Scuola Louhelen. Parzialmente in compilazione “Centri di studio bahá’í”, p. 91, n. 37) B. Istituti bahá’í per l’insegnamento 1908. Istituti per l’insegnamento « ...è in sostanza un’attività intesa ad approfondire la conoscenza degli amici per prepararli a partecipare attivamente al lavoro di insegnamento. In alcuni Paesi può continuare a svolgersi vuoi in Centri bahá’í locali, vuoi in alloggiamenti appositamente presi in affitto, come molte scuole estive. Ma in altri Paesi, e particolarmente nelle zone dell’insegnamento di massa, potrà svolgersi in una modesta struttura acquistata o eretta, non nelle capitali, bensì nelle aree rurali dove risiede la maggioranza dei credenti, in modo che i partecipanti possano risparmiare le spese di trasporto.» (Da una lettera del 14maggio1964 della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali. Compilazione “Centri di studio bahá’í”, p. 95, n. 44) 1909. L’Istituto deve essere centro di complesse attività «I vostri Istituti non devono essere solo luoghi di studio bahá’í, ma anche centri da cui devono trarre ispirazione ed essere condotti l’insegnamento alle masse e il lavoro di consolidamento. L’Istituto non è semplicemente una costruzione, nè‚ solo un luogo dove tenere classi bahá’í per pochi giorni; esso deve essere il centro di complesse attività che avrà il compito sistematico di assistere la vostra Assemblea nel raggiungimento delle sue mete d’insegnamento e di consolidamento.» (Da una lettera del 23/6/1966 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India) 1910. Temi da insegnare «Il materiale d’insegnamento è preparato anzitempo, presentato in parole semplici e tradotto nelle lingue del luogo... I temi abitualmente insegnati sono: Storia bahá’í, Leggi e Insegnamenti, Ordine Amministrativo. Particolare importanza è data ai seguenti temi: vivere la vita bahá’í, importanza dell’insegnamento, preghiera, digiuno, Festa del Diciannovesimo Giorno, elezioni bahá’í e contribuzioni al Fondo.» (Da “Suggerimenti sugli Istituti per l’Insegnamento” allegato alla lettera del 24 dicembre 1964 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Guatemala. Compilazione “Centri di studio bahá’í”, p. 95, n. 45) 1911. Inopportunità del rilascio di un diploma «Abbiamo anche rilevato che intendete dare un diploma agli amici che hanno partecipato agl’istituti. Il vostro desiderio di dare un riconoscimento alla devota partecipazione agli istituti è assai lodevole, ma riteniamo sia preferibile in futuro dare non un diploma, ma un dono adatto, come un libro. Dall’esperienza in altre parti del mondo abbiamo visto che questi diplomi sono spesso utilizzati male da coloro che li ricevono. Per questo ne abbiamo scoraggiato l’uso.» (Da una lettera del 27ottobre1965 [e non 1963, N.d.T.] della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Guatemala. Compilazione “Centri di studio bahá’í”, p. 96, n. 47) 1912. Attualmente l’Istituto per l’insegnamento è una funzione e non necessariamente un edificio «Apprezziamo molto il suo desiderio di servire la Causa e nello stesso tempo onorare l’amata Mano della Causa e ci chiediamo se non le siano graditi altri piani più fattibili. Per esempio, potrebbe considerare la possibilità di aprire un fondo per mantenere insegnanti bahá’í nei villaggi, insegnanti che potrebbero insegnare non solo l’abicì! ma anche gli elementi della Fede. Abbiamo sempre detto alle Assemblee Spirituali Nazionali che fondano Istituti per l’Insegnamento che per ora questi Istituti sono una funzione e non necessariamente un edificio e che vi sono molti luoghi dove si può svolgere questo lavoro educativo, se è possibile mantenere un certo numero di insegnanti. D’altra parte non abbiamo idea dell’ammontare del capitale che ella ha in mente per il suo investimento e ci chiediamo se una scuola molto semplice, dove si possano tenere classi non solo per fanciulli ma anche per adulti, sia confacente alle sue intenzioni.» (Da una lettera del 18 aprile 1971 della Casa Universale di Giustizia a un credente. Compilazione “Centri di studio bahá’í”, p. 96, n. 49) XLVIII. I N S E G N A M E N T O A. Approfondimento 1913. Leggere giornalmente gli Scritti sacri «Recitate i versetti di Dio ogni mattina e sera. Chi non lo fa non ha tenuto fede al Patto di Dio e al Suo Testamento e chi si distoglie da questi santi versetti in questo Giorno è fra coloro che si sono allontanati da Dio per tutta l’eternità. Temete Iddio, o Miei servi tutti quanti.» (Bahá’u’lláh: Kitáb-i-Aqdas., par. 149) 1914. Significato di approfondimento «Approfondirsi nella Causa significa leggere gli Scritti di Bahá’u’lláh e del Maestro in modo così esauriente da essere capaci di offrirli agli altri nella loro forma più pura. Molti hanno un’idea superficiale di ciò che significhi la Causa e quindi la presentano con ogni sorta di idee personali. Ma ora che essa è agli albori dobbiamo evitare di cadere in un simile errore e recar così offesa e danno al Movimento che adoriamo. Non vi sono limiti allo studio della Causa. Maggiormente ci applichiamo nella lettura degli Scritti, maggiore il numero di verità che vi scopriamo, più ci rendiamo conto di quanto fossero erronee le nostre precedenti nozioni.» (Da una lettera del 25 agosto 1926 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Approfondimento”, p. 44, n. 93) 1915. L’approfondimento genera stimolo «...L’approfondimento dei nuovi credenti genera un possente stimolo che sfocia in un’ulteriore espansione. L’immissione di nuovi credenti, d’altronde, crea nella comunità uno spirito nuovo e fornisce ulteriore potenziale umano che rafforzerà il lavoro di consolidamento.» (Da una lettera del 13 luglio 1964 della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali. Compilazione “L’insegnamento alle masse e nei territori del Mar Mediterraneo”, p. 37, n. 54) 1916. Studiare assieme ad altri «Egli la esorta a studiare profondamente gli insegnamenti, a insegnare la Causa, a studiare assieme agli altri bahá’í che siano bramosi di farlo gli insegnamenti più profondi della nostra Fede e, tramite l’esempio, gli sforzi e la preghiera, operare un cambiamento.» (Da una lettera del 30 settembre1949 scritta a nome del Custode a un credente. Compilazione “Approfondimento”, p. 65, n. 154) 1917. Classi di studio «È altresì di grande importanza organizzare classi di studio e approfondirsi negli insegnamenti. Si fa un gran danno se si incomincia a insegnare senza avere buoni basi nella letteratura [bahá’í]. Il detto “Una scarsa conoscenza è pericolosa” si applica pienamente al lavoro di insegnamento. Gli amici devono leggere gli Scritti e, se chiamati a parlare di argomenti pertinenti la Fede, devono saper citare dalle Tavole.» (Da una lettera del 9 maggio 1932 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Approfondimento”, p. 48, n. 105) 1918. Approfondire la conoscenza «...è necessario che gli amici approfondiscano la loro conoscenza, cosa che si potrà conseguire se, oltre a tenere lezioni, gli oratori presiederanno a classi di studio e seminari». (Da una lettera del 27gennaio1932 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Centri di studio bahá’í”, p. 76, n. 3) 1919. Capire il significato degli Insegnamenti motiva i nuovi credenti a dedicare la vita al servizio di Bahá’u’lláh «Shoghi Effendi confida, comunque, che queste anime attratte dagli insegnamenti siano fatte per vivere la vita [bahá’í] e anche per approfondire la loro conoscenza degli Scritti di Bahá’u’lláh; infatti, solo apprezzando pienamente il significato spirituale e sociale della Sua Missione, possiamo essere disposti a dedicare la nostra vita al Suo servizio. Organizzando classi di studio in cui la Parola viene letta e capita e acquisendo una profonda conoscenza dello spirito che animò i primi credenti, possiamo essere certi che i nuovi abbiano le basi principali degli insegnamenti e si trasformino in reali e devoti credenti. Libri come l’Iqán, Le Lezioni di San Giovanni d’Acri, le Tavole di Bahá’u’lláh, la Narrazione di Nabil e il testo del dottor Esslemont devono essere letti e riletti da chi desideri servire la Causa o considerarsene un membro attivo.» (Da una lettera del 9 novembre 1932 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Parzialmente in compilazione “Approfondimento”, p. 49, n. 109) 1920. Studio e pratica «Senza lo studio e la pratica dell’Amministrazione, l’insegnamento della Causa non solo perde di significato ma si priva di efficacia e prospettiva.» (Da una lettera del 31maggio1935 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Approfondimento”, p. 54, n. 124) 1921. Insegnamenti spirituali della Fede «Dalle lettere e dai rapporti ricevuti sembra che ad alcuni credenti di... manchino solide basilari nozioni su certi temi come le Ultime Volontà e Testamento e sui più profondi insegnamenti spirituali della Fede. Ogniqualvolta la comprensione di tali argomenti fondamentali risulta carente, è quasi certo che gli amici prestino eccessiva attenzione alle procedure secondarie, cavillino sui dettagli, si perdano nei personalismi e affondino in un mare di inutile disarmonia. Questo non ha nulla a che fare con la loro devozione, lealtà, zelo e desiderio di servire. È solamente questione di non aver ricevuto, forse per mancanza di adeguati insegnanti che non hanno compiuto l’importantissimo lavoro d’approfondimento degli amici nella fede, un’educazione abbastanza forte nel Patto prima di apprendere i doveri e le responsabilità dell’Ordine Amministrativo.» (Shoghi Effendi: Messages to Canada, pp. 58-59) 1922. Presentare il testamento del Maestro ai nuovi credenti «Riguardo il metodo migliore per presentare il testamento del Maestro ai nuovi credenti, Shoghi Effendi ritiene che l’Assemblea Spirituale Nazionale debba in primo luogo predisporre alcuni appropriati brani dello stesso e farli pervenire a tutte le Assemblee Locali, cosicché possa sussistere piena unità nella circolazione delle disposizioni delle Ultime Volontà fra i nuovi credenti... La cosa principale da fare - secondo il Custode - è spiegare chiaramente il vero rango del Báb, di Bahá’u’lláh e ‘Abdu’l-Bahá e descrivere altrettanto chiaramente le origini, la natura e le procedure dell’Ordine Amministrativo della Fede. Le profonde implicazioni di tale accettazione sono naturalmente al di là della comprensione di ogni nuovo credente. La conoscenza infatti si può acquisire gradualmente e solo quando le basi essenziali della Fede siano state bene accettate e adeguatamente comprese.» (Da una lettera del 21 Mirza 1934 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1923. La gente ha bisogno della Causa «Altra cosa essenziale è la seguente: coloro che abbracciano la Fede devono essere costantemente stimolati a studiare la letteratura della Causa. Non basta che aumentiamo di numero: vogliamo persone la cui fede poggi su una roccia e che nessuna difficoltà possa far deflettere. Vogliamo persone che a loro volta si levino, portino il messaggio ad altre e guidino altre anime.» (Da una lettera del 13 Mirza 1932 scritta a nome del Custode a un credente) 1924. Educazione dei nuovi credenti «Non basta portare persone nella Fede; dopo che si sono dichiarate, bisogna anche educarle e approfondirne l’amore per essa e la conoscenza dei suoi insegnamenti. Giacché i bahá’í sono pochi - e in special modo gli insegnanti attivi - e moltissimo il lavoro da fare, spesso si trascura gravemente l’educazione di questi nuovi credenti; e se ne vedono i risultati, come le dimissioni dalla Fede che avete recentemente avuto.» (Da una lettera del 18 luglio 1957 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada. Compilazione “Approfondimento”, p. 69, n. 166) 1925. Figli spirituali «Riguardo la sua domanda sui figli spirituali di coloro che entrano nella Causa portandosi ancora dietro talune vecchie idee: ciascuno deve studiare la Fede per sé stesso, e proprio perché un insegnante di una persona può avere qualche concetto non strettamente bahá’í non è logico che il nuovo credente debba farlo proprio. I vecchi credenti, come i nuovi, debbono costantemente sforzarsi di diventare nel modo più completo un modello di pensiero e di vita bahá’í. Ogni anima riceve il dono della fede per sé e da quel momento in poi è un bahá’í per diritto proprio, indipendentemente dal suo insegnante. (Da una lettera del 17 luglio 1945 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1926. Non si può cogliere lo spirito della Causa solo mediante la lettura dei libri «È necessario che ella cerchi ora di approfondire la sua conoscenza della storia e degli insegnamenti della Fede, nonché dei principi che stanno alla base della sua attuale Amministrazione. Il miglior modo per conseguire questo obiettivo consiste nel collaborare di continuo con gli amici e nel partecipare alle loro attività spirituali. Poiché non è possibile cogliere lo spirito della Causa solo attraverso la lettura dei libri, ella deve rafforzare la conoscenza acquisita mediante gli Scritti con un sincero rapporto con gli amici.» (Da una lettera del 20 agosto 1932 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1927. Assoluta necessità di approfondirsi nella Causa «Una dettagliata ed esatta conoscenza dell’attuale struttura dell’amministrazione bahá’í, dei regolamenti delle Assemblee Spirituali Nazionali e Locali o delle svariate applicazioni delle leggi bahá’í nelle diverse situazioni esistenti al mondo, per quanto preziosa in sé stessa, non può costituire il tipo di conoscenza che in primo luogo s’intende come approfondimento. Piuttosto suggeriamo una più chiara percezione dello scopo di Dio per l’uomo e in particolare del Suo scopo immediato, qual’è quello rivelato e guidato da Bahá’u’lláh, uno scopo ben lontano dal comune concetto di umano benessere e di felicità.».. (Dal Messaggio di Ri?ván 1967 della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del mondo) 1928. Lo studio degli Araldi dell’Aurora suscita rinnovato zelo «È certo che la lettura degli Araldi dell’Aurora susciterà negli amici rinnovato zelo e aggiungerà perseveranza nella diffusione della Causa di Bahá’u’lláh. Consideri quanto soffrirono il Báb e coloro che per primi guidarono la Fede! Non fu per cieco zelo religioso, ma perché desiderarono portare alle future generazioni quell’era promessa di cui la Fede del Báb prometteva di essere l’inizio: un’era di pace, amicizia e piena realizzazione del significato spirituale della vita dell’uomo sulla terra. Essi soffrirono affinché noi potessimo essere felici; morirono affinché noi potessimo vivere in perfetta gioia. Quale sacro debito, quindi, abbiamo nei loro confronti! Quanto dobbiamo lavorare per ripagarli dei loro sacrifici e quanto disposti e zelanti dobbiamo essere nel consacrare la nostra vita sul sentiero da loro battuto!» (Da una lettera del 27 gennaio 1933 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1929. Tema da prefiggersi nell’approfondimento «...Questo è il tema che dobbiamo prefiggerci nei nostri sforzi d’approfondire la Causa: Qual’è lo scopo di Bahá’u’lláh per la razza umana? Per quale fine Egli si sottomise alle terribili crudeltà e umiliazioni che si abbatterono su di Lui? Cosa intende per “nuova razza di uomini”? Quali sono i profondi cambiamenti che Egli porterà? Le risposte si trovano nelle Sacre Scritture della nostra Fede e nella loro interpretazione fatta da ‘Abdu’l-Bahá e dal nostro amato Custode. S’immergano gli amici in quest’oceano, organizzino regolari classi di studio per il suo continuo sondaggio e - in aggiunta ai loro sforzi - ricordino scrupolosamente i doveri della preghiera quotidiana e della lettura della Parola di Dio prescritti da Bahá’u’lláh a tutti i bahá’í.» (Dal Messaggio di Ri?ván 1967 della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del mondo) 1930. Prematura presentazione del Più Grande Nome «Egli ritiene che non sia necessario presentare subito a ogni nuovo bahá’í gli insegnamenti relativi all’uso del Più Grande Nome. Alcune anime ne hanno bisogno e sono pronte per questo, altre no. In questioni del genere occorre usare buon senso. È più essenziale mettere in evidenza l’importanza della preghiera e raccomandare la recitazione di una delle preghiere obbligatorie.» (Da una lettera dell’ 11 ottobre 1949 scritta a nome del Custode a un credente) 1931. Approfondire la conoscenza della letteratura al fine di insegnare agli altri e rendere un servizio alla Fede «...Shoghi Effendi auspica ch’ella eserciterà ogni sforzo possibile per approfondirsi nella letteratura della Causa fino a quando sarà pienamente edotto del suo spirito e delle sue dottrine. Fintanto che non avrà conseguita tale padronanza, ella non sarà in grado di insegnare agli altri né‚ potrà rendere un vero servigio nella promulgazione della Fede. Di speciale importanza è il libro dell’Iqán che illustra il punto di vista della Causa nei riguardi dei Profeti di Dio e della Loro missione nella storia della società. Oltre ad esso, vi sono Le Lezioni di San Giovanni d’Acri e Gli Araldi dell’Aurora di Nabil. Ogni bahá’í deve padroneggiare tali libri a tal punto da essere in grado di spiegarne il contenuto agli altri. E a parte la loro importanza, si tratta di libri interessanti e molto avvincenti.» (Da una lettera del 9 febbraio1932 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Approfondimento”, p. 46, n. 102) 1932. Esame di molti aspetti della vita privata e pubblica dell’uomo negl’Insegnamenti di Bahá’u’lláh «Gli Insegnamenti di Bahá’u’lláh sono così grandi e prendono in esame così tanti aspetti della vita sia privata che pubblica dell’uomo che occorrono degli anni per sondare realmente la loro profondità. Egli ha portato il cibo spirituale per l’anima, atto ad aiutare ciascuno a trovare se stesso e diventare un individuo eccellente e meglio sviluppato; ha inoltre portato le leggi e i principi necessari agli uomini per vivere insieme in armonia in un mondo grande e unificato. Il Custode spera che ella, insieme con..., farà tutto il possibile per aiutare i credenti nella comprensione di entrambi gli aspetti degli insegnamenti e per sviluppare - individualmente e come comunità - un sempre più nobile ed eccellente modo di vivere.» (Da una lettera del 12 dicembre 1942 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1933. Progresso della Causa caratterizzato dal rapporto sempre crescente con il mondo non bahá’í «Non v’è dubbio che da ora in avanti il progresso della Causa sarà caratterizzato da un sempre crescente rapporto con gli enti, le attività, le istituzioni e i principali personaggi del mondo non bahá’í. Cresceremo di statura presso le Nazioni Unite, diverremo più conosciuti nelle deliberazioni dei governi, figura familiare per i mass-media, tema di interesse per gli accademici e inevitabilmente oggetto di invidia per decadenti istituzioni. In tale situazione, nostra preparazione e risposta siano un continuo approfondimento della nostra fede, un’incrollabile adesione ai suoi principi di astensione da partigianerie politiche e di libertà da pregiudizi e soprattutto da una sempre maggiore comprensione delle sue verità fondamentali e della sua adeguatezza al mondo moderno.» (Dal Messaggio di Ri?ván 1984 della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del mondo. Pubblicato in “Piano Settennale” (Biennio conclusivo) a cura dell’Assemblea Spirituale Nazionale d’Italia, pp. 12-13) B. Pionieri e pionierismo 1934. Pionieri «O voi che siete nomadi e pellegrini sulla via di Dio! Prosperità, appagamento e libertà, ancorché molto desiderati e apportatori di letizia al cuore umano, pur non possono certo paragonarsi alle tribolazioni del peregrinare e dell’avversità sulla via di Dio, perché quell’esilio e quel bando sono benedetti dal favore divino e saranno sicuramente seguiti dalla misericordia della Provvidenza. La gioia della tranquillità domestica e la dolcezza della libertà da ogni cura passano, ma la benedizione del non avere tetto durerà per sempre e i suoi remoti effetti saranno palesati. La migrazione di Abramo dalla Sua terra natia fece sì che i munifici doni del Gloriosissimo si manifestassero e il tramonto della più lucente stella di Canan svelò agli occhi il fulgore di Giuseppe. La fuga di Mosè, il Profeta del Sinai, rivelò la Fiamma dell’ardente Fuoco di Dio e la nascita di Gesù alitò nel mondo il soffio dello Spirito Santo. La partenza di Mu?ammad, l’Amato di Dio, dalla Sua città natale fu causa dell’esaltazione della Santa Parola di Dio e l’esilio della Sacra Bellezza portò alla diffusione della luce della Sua Rivelazione divina in tutte le regioni. Fate attenzione, o voi che avete intuito!» (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, p. 264, n. 222) 1935. “Nemmeno per un momento siete soli” «O Miei soldati del Regno! Siate valorosi e intrepidi! Giorno per giorno moltiplicate le vostre vittorie spirituali. Non turbatevi per i continui assalti dei nemici. Attaccateli come leoni ruggenti. Non pensate a voi stessi, perché le invisibili armate del Regno combattono al vostro fianco. Entrate nel campo di battaglia con le Confermazioni dello Spirito Santo. Sappiate con certezza che le forze del Regno di Abhá sono con voi. Gli eserciti del cielo della Verità sono con voi. Le fresche brezze del Paradiso di Abhá soffiano sulle vostre fronti accese. Nemmeno per un momento siete soli. Neppure per un secondo siete lasciati a voi stessi. La Bellezza di Abhá è con voi. Il Glorioso Iddio è con voi. Il Re dei Re è con voi.» (‘Abdu’l-Bahá, Parole di ‘Abdu’l-Bahá, “Star of the West”, vol. 13, n.5, p. 113) 1936. Lasciare la propria terra natia «...Il tempo è maturo per liberarsi dalle vanità mondane, per montare il destriero della saldezza, per spiegare la bandiera della rinuncia, per indossare l’armatura della totale consacrazione alla Causa di Dio, per cingersi con la cintura di una vita casta e santa, per sguainare la spada della parola di Bahá’u’lláh, per proteggersi con lo scudo del Suo amore, per avere come unica scorta la totale fiducia nella Sua promessa, per lasciare la propria terra natia e disseminarsi in lungo e in largo alla conquista dei territori vergini dell’intero pianeta.» (Da un cablogramma del Custode del 5 maggio 1953) 1937. Definizione di “pioniere” e “pionierismo” «Dal punto di vista bahá’í è chiaro che un pioniere non può essere paragonato a un impiegato o a un ministro del culto... ...Desideriamo condividere con voi i seguenti punti di fondamentale importanza: 1. Il segretario dell’amato Custode così scrisse a suo nome in data 12 agosto 1944 all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India e Birmania: “Riguardo la domanda sulla remunerazione degli insegnanti: non esiste - in mancanza di clero - una carriera remunerata per gli insegnanti bahá’í. Ciò, tuttavia, non significa che gli insegnanti finanziariamente non autosufficienti che vanno in giro a diffondere la Fede non debbano ricevere denaro dall’Assemblea Spirituale Nazionale o Locale. Attualmente sarebbe del tutto impossibile diffondere la Causa se a coloro che si levano a servirla come insegnanti o pionieri non venisse dato un aiuto finanziario. Ci si deve rendere conto, comunque, che il denaro da costoro ricevuto serve solo a permetter loro di raggiungere gli obiettivi e che pertanto dette persone non possono considerarsi permanentemente legittimati ad essere mantenuti dalla Causa. In America i pionieri hanno fatto tutto il possibile per trovare un qualche lavoro ove sono andati a stabilirsi e per non avere quindi la necessità di attingere ulteriormente dai fondi bahá’í”. E nella lettera del 29 maggio 1946 all’Assemblea Spirituale Nazionale britannica: “I pionieri che si offrono spontaneamente per lavorare devono essere sostenuti finanziariamente, qualora non possano farlo da soli, dal Fondo Nazionale finché non trovino lavoro o assolvano il loro compito. Anche gli insegnanti viaggianti devono essere assistiti economicamente a completare i ‘progetti’ loro affidati. Gli amici non devono confondere assolutamente questo tipo di supporto con la creazione di un clero pagato. Qualunque bahá’í può, a discrezione dell’Assemblea Spirituale Nazionale, ricevere questa necessaria assistenza, che - s’intende - è temporanea e serve esclusivamente a portare a termine un piano specifico. Lo Stesso Bahá’u’lláh non solo ha ingiunto a tutti il dovere di insegnare la Sua Fede, ma ha anche affermato che chi non può muoversi personalmente deve mandare qualcuno in sua vece.” e nella lettera del 5 Mirza 1934 al sig. Ioas, presidente del vostro Comitato Nazionale Insegnamento: “Circa l’abolizione dell’istituzione degli insegnanti nazionali remunerati, il Custode desidera riaffermare le sue precedenti dichiarazioni sull’argomento e sottolineare ancora una volta di fare molta attenzione al fine di evitare le difficoltà e i malintesi che nei giorni scorsi hanno provocato così tanti problemi agli amici. Il punto fondamentale da mettere in rilievo a questo riguardo è quello di fare dell’insegnamento della Causa non il lavoro di un limitato gruppo di persone, ma il primo dovere e la principale responsabilità di ogni bahá’í. Questo perché non deve sussistere per molto tempo la figura dell’insegnante salariato. Tuttavia, non può certo arrecare danno alla Causa se, occasionalmente, vengono sostenute le spese per un viaggio d’insegnamento di un amico, in particolare quando esso viene effettuato spontaneamente. Un tale atto, purché fatto responsabilmente e solo quando necessario, non costituisce alcuna violazione dei principi già enunciati. Il pericolo in tutte le attività di questo tipo è dare l’impressione che l’insegnamento della Causa sia un’istituzione dipendente dal sostegno di insegnanti salariati. Coloro che spontaneamente e col massimo distacco si levano per promuovere la Causa devono essere indubbiamente aiutati in tutti i modi, pur non avendo costoro alcun diritto all’aiuto finanziario che taluni amici possono liberamente decidere di offrire loro”. 2. Come è detto nella nostra lettera circolare del 25 giugno 1964 inviata a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali impegnate nel lavoro d’insegnamento alle masse: “...nessun insegnante bahá’í, ovunque abitante, deve considerarsi un impiegato permanente della Fede. Nella Causa di Dio non esiste alcuna carriera remunerata aperta agli insegnanti...”. Analogamente, quando taluni hanno in mente progetti di pionierismo, occorre chiarire che il pioniere deve fare tutto il possibile per trovare un qualche lavoro nel suo posto di pionierismo al fine di non dover attingere dai fondi bahá’í oltre il necessario. 3. Tutti i credenti hanno il dovere di insegnare e di andare pionieri. Per queste funzioni non esistono speciali categorie di credenti. Ogni bahá’í che diffonde il Messaggio di Bahá’u’lláh è un insegnante; come pure ogni bahá’í che va a stabilirsi in un’altra area geografica per diffondere la Fede è un pioniere. 4. Il dovere dell’Assemblea di dare aiuto finanziario al credente che non può mantenersi da solo ha carattere generale e non è assolutamente limitato a coloro che possono effettuare specifici servigi per la Fede. 5. Nessun addestramento speciale è richiesto al pioniere. Un credente che lascia spontaneamente la propria casa e va a insegnare altrove la Fede senza consultarsi con alcuno è un pioniere tanto quanto quel credente che si sposta dopo essersi consultato con il comitato responsabile. Ciò in linea di principio, pur essendo consigliabile che tutti i probabili pionieri si consultino prima al fine d’assicurare il miglior uso dei propri servigi. 6. Analogamente, non può esservi alcun problema di “richiamare” un pioniere dal suo campo di servizio. Se un comitato fornisce aiuto finanziario, esso può interrompere tale assistenza allorché lo giudichi opportuno e, in tal caso, giustamente, pagherà al pioniere le spese per il suo viaggio di ritorno a casa o per andare in un altro posto dove potrebbe guadagnarsi da vivere; ma ciò è del tutto diverso dal richiamare un pioniere. In molti casi il pioniere che va nel posto da lui scelto ha l’intenzione di mettervi radici definitivamente. 7. Un pioniere che si sposta in un’area di giurisdizione di un’altra Assemblea Spirituale Nazionale è sotto l’autorità di quell’Assemblea e l’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti cessa di averne alcuna su di lui. La questione relativa alla sua assistenza finanziaria - ove ne avesse bisogno - si risolve con metodi dettati dall’opportunità. Usualmente, per semplicità, l’Assemblea Nazionale d’origine continua a dare assistenza diretta al pioniere interessato finché non diventi autosufficiente o finché la sua Assemblea Spirituale Nazionale non sia in grado di assumerne l’onere. Per quanto concerne il controllo, è del tutto esatto e perfettamente legale fare in modo che il pioniere riceva la somma stanziata senza avere alcun contatto con l’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti. 8. Un pioniere non ha alcuno speciale status amministrativo, eccetto nel caso in cui vada in un’area dove non vi siano bahá’í. Egli allora, di norma, funge da canale di comunicazione fra il nuovo gruppo bahá’í che si va a formare e il Comitato Nazionale in carica, fino al momento della formazione di un’Assemblea Spirituale Locale. A quel punto il suo speciale status cessa del tutto. Qualsiasi servizio egli possa effettuare - come dare consigli o insegnare ai nuovi credenti - deriverà dal fatto d’essere il credente più vecchio e non un pioniere. Molti di questi che vanno in luoghi dove da lungo tempo vivono già bahá’í spesso ricevono consigli e sostegno spirituale da parte dei più vecchi credenti locali, piuttosto che viceversa. Analogamente la dimora di un pioniere non ha alcun significato speciale; spesso succede che le abitazioni di alcuni nuovi credenti, essendo meno piccole di quella del pioniere, siano i luoghi utilizzati per le riunioni della comunità.» (Da una lettera del 2 luglio 1965 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti. Parzialmente in compilazione “Fondo di Deputazione”, p. 8, n. 6) 1938. Chi è un pioniere «Il luogo di sistemazione di un pioniere dipende dalle sue condizioni finanziarie. Perciò, se non può prendere dimora nelle località suggerite dall’Assemblea Spirituale Nazionale ricevente, non significa che non debba essere considerato un pioniere. Qualsiasi credente che si leva e lascia la sua casa per andare in un altro paese allo scopo di insegnare la Causa è un pioniere. Come sapete, uno degli obiettivi del pioniere è trovare dimora e, se possibile, diventare autosufficiente. Se le località dove si possono verificare queste condizioni non s’identificano con le mete dell’Assemblea Nazionale, queste potrebbero essere raggiunte utilizzando pionieri del fronte interno. Gli amici sono liberi di andare ovunque piaccia loro e perfino coloro che sono mantenuti dal Fondo non devono essere soggetti a rigide regole.» (Da una lettera del 30 Mirza 1971 della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1939. Marion Jack: punto di riferimento per ogni pioniere in terra straniera «Per oltre trent’anni, con un cuore debole e molte altre sofferenze, ella restò al suo posto in Bulgaria. Mai benestante, soffrì spesso la povertà e la miseria: quando i soldi non le arrivavano, perché la Bulgaria era passata sotto l’influenza sovietica, aveva bisogno di abiti, di cibo e di calore. Subì bombardamenti, perse i suoi averi, fu evacuata, visse in freddi dormitori di campagna esposti a correnti d’aria per molti e molti mesi; dopo la guerra ritornò coraggiosamente nella capitale della Bulgaria e continuò, spostandosi a piedi, a portare avanti il suo lavoro d’insegnamento. All’inizio della guerra, quando si fece concreto il rischio di essere tagliata fuori dal resto del mondo, il Custode stesso la esortò vivamente ad andare in Svizzera; era cittadina canadese e, restando, correva grandi rischi, per non citare poi i pericoli e le privazioni causati dalla guerra. Tuttavia, ella implorò il Custode di non insistere e lo assicurò che il suo unico desiderio era di rimanere con i suoi figli spirituali. E questo fece fino all’ultimo respiro della sua gloriosa vita. Man mano che la Fede crescerà nel paese, la sua tomba diverrà un mausoleo nazionale immensamente amato e riverito. Egli ritiene che ogni bahá’í, e in particolare chi ha lasciato la sua casa per andare a servire in terre straniere, dovrebbe conoscere la storia di Marion Jack e averla come suo punto di riferimento.» (Da una lettera del 24 maggio 1954 scritta a nome di Shoghi Effendi al Comitato Europeo d’Insegnamento) 1940. Non si può richiedere a un pioniere autosufficiente di stabilirsi in una data località «Riguardo il pionierismo, si tratta di una materia che richiede un altissimo livello di consultazione e incoraggiamento. Naturalmente, se un’Assemblea ha stabilito di mantenere un pioniere per mezzo del Fondo, essa può decidere di non fornire più tale sostegno finanziario ove il pioniere rifiuti di recarsi nella località in cui aveva accettato di servire, oppure se - per altri motivi - l’Assemblea abbia deciso di non dare ulteriore corso al progetto; in tal caso però essa deve dare al pioniere ampie opportunità di diventare finanziariamente autosufficiente. Ad ogni modo, anche se il pioniere è del tutto autosufficiente l’Assemblea non ha alcun diritto di ordinargli di vivere in un determinato posto; essa, o il suo comitato, deve consultarsi con il pioniere, illustrargli le necessità, offrirgli assistenza per metterlo in grado di stabilirsi nel luogo in cui la sua presenza è necessaria e, in consultazione con lui, decidere la sua migliore sistemazione, fermo restando che la definitiva decisione spetta al credente stesso. Voi avete credenti che sono venuti dall’estero in Austria come pionieri e certamente sperate che si stabiliscano in quelle città che più urgentemente abbisognano di aiuto, ma se un pioniere autosufficiente ritiene di non poter andare nel luogo a voi gradito, allora dovreste prendere in considerazione quale migliore uso potreste fare dei suoi servigi ovunque si trovi.» (Da una lettera del 30 Mirza 1970 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Austria) 1941. Solo in presenza di richiesta per una specifica località si può pretendere che il pioniere vi si stabilisca « ...Quando un pioniere si leva per andare in terra straniera non gli si può richiedere di impegnarsi a stabilirsi in una data località, a meno che non sia stato espressamente reclutato per tale scopo ed abbia compreso e accettato la natura delle locali condizioni di vita da affrontare. Allo stadio attuale di sviluppo della Fede, i migliori risultati si raggiungono quando l’Assemblea Spirituale Nazionale - o uno dei suoi specifici comitati - tratta ciascun caso singolarmente, si consulta con il pioniere interessato, prende in debita considerazione le sue personali esigenze, mette in evidenza le necessità della Fede nella località che richiede il sostegno del pioniere e lo incoraggia a recarsi - se possibile - nell’area in questione.» (Da una lettera del 20 Mirza 1980 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un’Assemblea Spirituale Nazionale, citata in una compilazione allegata alla lettera 23 agosto 1981 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador) 1942. Esortazione del Custode a lasciare i luoghi con alta concentrazione di credenti verso le mete che necessitano pionieri «Le esortazioni dell’amato Custode rivolte ai bahá’í affinché lasciassero quelle località con alta concentrazione di credenti non furono dettate essenzialmente per amore della loro sicurezza, ma al fine di indirizzarli verso quelle mete che necessitano fortemente di pionieri. Queste sollecitazioni, sotto forma di avvertimenti, furono spesso ripetute dal Custode stesso, e sono state reiterate dalla Casa Universale di Giustizia, non solo invitando gli amici a sparpagliarsi, ma anche attirando la loro attenzione sul significato spirituale di rimanere al loro posto. È vero che molti di questi pionieri, per svariati motivi e a volte per insuperabili difficoltà di visto, sfortunatamente non rimasero nelle località ove si erano stabiliti e fecero ritorno alle loro terre d’origine, ma è altrettanto vero che la maggior parte di essi - in grado e liberi di continuare a servire nel campo del pionierismo - rimase saldamente al suo posto.» (Da una lettera del 5 giugno 1980 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente; ibidem) 1943. Insegnare e servire è un dovere di tutti i bahá’í e coloro che si stabiliscono in un dato luogo per motivi personali possono coprire mete di pionierismo «Sia che un bahá’í risieda in un dato posto come pioniere o per qualunque altra motivazione, non influisce sul dovere d’insegnare e servire la Causa a lui ingiunto da Bahá’u’lláh. Generalmente, chi si sposta in un paese diverso espressamente da pioniere deve essere annoverato come tale. Vi sono anche molti altri che, pur essendosi spostati principalmente per altri motivi, coprono una meta o sono molto attivi nel servizio della Fede e, pertanto, non vi è ragione per non registrarli come pionieri nei vostri archivi. La decisione di considerare una persona come pioniere ai fini delle vostre registrazioni deve essere presa caso per caso.» (Da una lettera del 22 settembre1974 della Casa Universale di Giustizia a un Comitato Continentale Pionieri, citata nella compilazione riguardante la definizione di pioniere inviata il 22 febbraio1984 all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador) 1944. Iraniani residenti in America «Riguardo la vostra domanda se considerare gli iraniani residenti in America come persone che hanno coperto mete di pionierismo, occorre stabilirlo caso per caso a seconda delle circostanze. Bisogna prestare la dovuta considerazione a talune questioni, quali per esempio: l’Assemblea Spirituale Nazionale del paese ricevente ritiene che la persona interessata stia coprendo una meta di pionierismo? È intenzione della persona rimanere, se possibile, in quel luogo? L’Assemblea Spirituale Nazionale del paese di provenienza considera coperto il posto? Diversamente, si potrebbe considerare come coperta dal credente interessato una meta supplementare.» (Da una lettera del 28 novembre 1979 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un Comitato Continentale Pionieri; ibidem) 1945. Sommo servizio dei credenti persiani al lavoro d’insegnamento come pionieri «Egli ritiene che i persiani possono dare un grandissimo aiuto al lavoro d’insegnamento ovunque si stabiliscano; ma essi devono andare come pionieri e prendere residenza dove siano in grado di rendere il miglior servizio alla Causa di Dio. Non è un gran bene per la Fede avere grandi gruppi di Persiani residenti in una città e così costituire un’Assemblea, poiché nel momento in cui essi si spostano l’Assemblea cade. È necessario che in tutte le aree vi siano credenti locali. I pionieri dovrebbero essere in minoranza ed aiutare i nativi a prendere sulle proprie spalle le responsabilità della Fede. Pertanto egli ritiene che voi dobbiate incoraggiare gli amici a lasciare la Persia, a stabilirsi in paesi lontani, nelle città più piccole, dove non vi siano bahá’í o ve ne siano pochi, e ivi insegnare.» (Da una lettera del 17 febbraio 1957 scritta a nome di Shoghi Effendi a un’Assemblea Spirituale Nazionale, citata in una compilazione allegata alla lettera 23 agosto 1981 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador) 1946. Inserimento dei giovani e dei bambini nella lista dei pionieri «Riguardo la vostra domanda se i giovani e i bambini debbano essere inseriti nella lista dei pionieri, la Casa Universale di Giustizia ci ha dato istruzione di portarvi a conoscenza dei seguenti passi estratti da lettere inviate ad Assemblee Spirituali Nazionali che avevano posto una domanda simile: “...se un bambino bahá’í, cioè a dire sotto i 15 anni d’età, è andato in un paese a servire la Causa deve essere conteggiato come pioniere. I bambini nati ai pionieri nel paese del loro pionierismo non sono considerati tali, ma naturalmente - per completezza delle vostre informazioni sulle famiglie degli stessi - potete prendere debita nota di loro nei vostri archivi”.» (Da una lettera del 2 Mirza 1981 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un’Assemblea Spirituale Nazionale) «...Bambini certamente pionieri, ma quelli sotto i 15 anni non possono coprire contingenti stabiliti.» (Cablogramma del 15 aprile 1982 della Casa Universale di Giustizia a un’Assemblea Spirituale Nazionale) «Pertanto, i bambini sotto i 15 anni, anche se sono pionieri, non debbono essere aggiunti alla lista che mandate al Centro Mondiale, poiché essi non sono conteggiati in relazione alla copertura delle mete stabilite; mentre devono essere elencati i giovani di 15 anni ed oltre, nonché quei bambini che compiono i 15 anni e vengono registrati come bahá’í. Precisiamo che le suddette definizioni sono semplicemente delle linee direttive tendenti ad aiutarvi nella tenuta delle vostre registrazioni delle mete di pionierismo e loro raggiungimento. Esse non sono da considerarsi definizioni del termine “pioniere” in senso lato.» (Da una lettera del 19 giugno 1984 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Suriname) 1947. Incoraggiare i credenti del posto a diventare il fulcro delle attività d’insegnamento «La Casa di Giustizia ha preso nota dei vostri commenti sul fatto che alcuni credenti delle vostre comunità fanno eccessivo affidamento sui pionieri residenti, essendo essi diventati il fulcro delle attività d’insegnamento della Fede. Le vostre osservazioni mettono in evidenza quanto importante sia incoraggiare i credenti del posto nella comunità a cercare fuori di essa amici e vicini disposti ad fare ricerche sulla Fede. La Casa di Giustizia si rende conto che non è facile, per credenti che hanno sempre fatto assegnamento su pastori e preti, diventare ora responsabili del proprio sviluppo spirituale. Il semplice atto d’insegnare la Causa li aiuterà a capire il loro valore e li metterà in grado di assolvere alle loro individuali responsabilità spirituali.» (Da una lettera del 20 aprile 1986 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Bahamas) 1948. Il pionierismo è la più alta forma di collaborazione nel matrimonio «Egli apprezza molto i suoi servizi di pionierismo. Spera che d’ora in poi lei e il suo caro marito possiate servire insieme la Fede unitamente e devotamente, poiché questa è la più alta forma di collaborazione nel matrimonio. (Da una lettera del 3 Mirza 1955 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1949. Evitare la concentrazione di pionieri persiani o americani in località particolari «Il Custode ritiene che i Persiani non debbano concentrarsi in poche località particolari, ma piuttosto... sparpagliarsi nelle diverse città di questi paesi dove non vi sono bahá’í. Se faranno così, il lavoro d’insegnamento verrà molto facilitato e contemporaneamente si supererà il problema della formazione di colonie persiane... Uno di questi... consiste nella concentrazione in certe città di tanti pionieri persiani e ciò crea realmente una colonia persiana, e poco o niente sembra si faccia riguardo l’insegnamento a quelli del posto. Se i pionieri persiani si sparpagliano in diverse città, cominceranno automaticamente a insegnare ai loro abitanti, perché non avrebbero il peso dei compiti relativi sia al funzionamento dell’Assemblea e ai rapporti con gli altri bahá’í persiani. La stessa situazione esiste anche per i pionieri americani in questi paesi. Tutti vogliono concentrarsi in un solo posto e così poco o niente viene fatto per il paese stesso.» (Da una lettera del 5 febbraio 1956 scritta a nome di Shoghi Effendi a un’Assemblea spirituale Nazionale) 1950. I pionieri non devono lasciare il loro posto finché vi è qualcosa da fare «...Egli incita di continuo i pionieri in tutti i paesi affinché non lascino i loro posti, a meno che non vi sia proprio null’altro da fare; diversamente gli sforzi, il tempo e i sacrifici prodigati nel lavoro per la Fede andrebbero perduti. Ha sottolineato in più d’una occasione che la cosa importante da fare per il pioniere è rivolgere le sue energie al lavoro d’insegnamento nei confronti dei cittadini del paese: deve insegnare loro, confermarli e assisterli affinché possano assumersi le loro responsabilità relativamente alla Fede e divenire attivi sostenitori delle sue istituzioni. Ne consegue allora che la Causa si costruisce su solide basi e non viene portata avanti da persone provenienti da altre nazioni. Per di più, nella maggior parte della gente - lo ammetta o meno o che ne sia o no consapevole - esiste un certo celato senso di distinzione razziale e gli stranieri sono soggetti a sopportare grandi prove una volta accettata la Fede, proprio a causa del suo principio di completa libertà dai pregiudizi. Questo non significa che non si debba insegnare agli stranieri se ritiene che siano realmente preparati spiritualmente per il Messaggio di Bahá’u’lláh; tuttavia, è importante fare tutto il possibile per insegnare e confermare poche persone del posto che non solo si ridesteranno con il suo spirito, ma a loro volta - come l’ugandese Enoch Olinga - accenderanno rapidamente la fiamma della Fede nei cuori di altri loro connazionali.» (Da una lettera del 2 agosto 1955 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1951. Un’oscurità iniziale circonda il lavoro del pioniere «I pionieri, come pure le Assemblee Nazionali responsabili dell’amministrazione della Fede nelle aree di loro competenza, devono sempre tener presente che, nelle fasi iniziali del suo insediamento in qualsiasi territorio, l’oscurità che avvolge il loro lavoro o quello dei bahá’í locali è di per sé‚ una protezione per la Fede stessa. Occorre avere pazienza, tatto e saggezza. La pubblica attenzione non deve essere attratta alla Fede finché i credenti non vedono che essa tocca sempre di più i cuori di anime ricettive che rispondono al suo Divino Appello.» (Da una lettera del 5 giugno 1966 della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali) 1952. Il motivo di sparpagliarsi «Per sparpagliarsi il Custode intende che gli amici debbono andar via dai grandi centri popolosi e, lasciandovi un nucleo di circa 15 bahá’í per mantenere l’Assemblea Locale, trasferirsi, vivere e insegnare in nuove città o perfino in villaggi. Ovviamente non sarebbe d’alcun servigio alla Causa spostarsi se ciò comporta la caduta di un’assemblea. Il motivo di sparpagliarsi è la creazione di più assemblee su un’area più vasta. Finché una data assemblea può evitare a qualcuno della sua comunità locale di trasferirsi, è bene che si faccia almeno insegnamento interno. Nel caso da lei citato riguardo quell’amica che con i propri mezzi era disposta a uscire dalla comunità, vendere la sua casa e stabilirsi in una nuova località, egli ritiene che avrebbe fatto meglio ad andare. Nella sua comunità vi sono più di nove membri e si sarebbe potuto trovare un altro posto per le riunioni. Questo è proprio il tipo di pionierismo che il Custode esorta a fare. Quelli che possono andare devono andare. Altri si leveranno per prendere il loro posto.» (Da una lettera del 19 giugno 1955 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1953. I pionieri sono i rappresentanti dell’Assemblea Spirituale Nazionale «...Coloro che entrano nel campo del pionierismo devono rendersi conto che vanno quali rappresentanti della Causa e, di fatto, per essere la Causa: questo è il principio. Essi, con la mente e il cuore, devono concentrarsi nei nuovi compiti e nel nuovo ambiente ed evitare di pensare a quando potranno ritornare a casa o a un eventuale altro spostamento. Solo nel momento in cui la Fede sarà fermamente stabilita, potranno accarezzare l’idea di muoversi e comunque previa consultazione con l’Assemblea Nazionale.» (Da una lettera del 28 giugno 1954 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Germania e Austria) 1954. Grandi benedizioni derivanti dall’importante lavoro del pioniere «Il Custode è ben conscio dei grandi sacrifici richiesti ai devoti pionieri e dei problemi che essi devono affrontare e risolvere. Egli ritiene infatti che il lavoro dei pionieri è il più importante compito bahá’í che una persona può oggi eseguire; più importante che servire in un’Assemblea Nazionale o in qualsiasi altra istituzione amministrativa. Pur comportando enormi responsabilità e difficoltà, le sue benedizioni spirituali sono così grandi che offuscano qualsiasi altra cosa e abbondanti sono le opportunità per speciali vittorie della Fede. L’anima che gusta per una volta l’elisir del servizio pionieristico, raramente si dedicherà ad altro.» (Da una lettera del 5 giugno 1954 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1955. Cessazione dello status particolare del pioniere «Non appena si crea un’istituzione amministrativa, il pioniere cessa di avere qualsiasi status particolare nella comunità. Ma naturalmente il servizio che ha reso rimane molto grande ed egli deve continuare a fare il possibile per la Causa collaborando con l’assemblea e gli altri credenti.» (Da una lettera del 24 Mirza 1945 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1956. I pionieri accrescono il prestigio della Fede «I pionieri devono rendersi conto che non solo realizzano i desideri di Bahá’u’lláh e adempiono ciò che il Maestro Stesso bramava di fare - e cioè andare, se necessario a piedi, e portare il Messaggio di Suo Padre in tutte le regioni della terra -, ma accrescono notevolmente il prestigio della Fede agli occhi del pubblico e specialmente agli occhi dei funzionari dello stato. Non vi è dubbio che il suo rapido progresso ha di recente attratto fortemente l’attenzione di uomini di pensiero e di persone eminenti nella società e nel campo educativo, sì da essere stata l’argomento principe per quasi un secolo.» (Da una lettera del 20 giugno 1954 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1957. La perseveranza dei pionieri assicura ricompense in entrambi i mondi «Bisogna ricordare ai pionieri che già risiedono o stanno per prendere dimora nelle località di pionierismo, in particolare nei territori vergini, che il loro trasferimento verso le mete è ben lungi dall’essere un breve soggiorno destinato a classificare come “aperto” un certo territorio o un’isola, o considerare questi ultimi destinatari di uno o più pionieri, anche se - in qualche caso - siano entrati nella Fede nativi del luogo. In buona sostanza si intende invece stabilire saldamente la Fede di Dio nei cuori degli abitanti dell’area e assicurare che le sue istituzioni divine vengano da loro comprese, adottate e rese operative. La perseveranza dei pionieri nei loro posti, per quanto grandi siano i sacrifici che comporta, è un atto di devoto servizio che - come attestato dai nostri insegnamenti - avrà una sicura ricompensa in entrambi i mondi. Gli ammonimenti del Custode su questo tema sono troppo numerosi per essere citati e dimostrano ampiamente la natura vitale di questa chiara linea di condotta.» (Da una lettera del 5 giugno 1966 della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali) 1958. Pionieri isolati: fari di Bahá’u’lláh «...È arduo per gli amici - isolati nei territori meta, in mancanza di progressi nell’insegnamento, vivendo per lo più in climi inospitali, senza alcuna compagnia bahá’í e soli nelle attività - rendersi conto di rappresentare una forza per il bene, di essere come fari di Bahá’u’lláh che illuminano un punto strategico fendendo con i loro raggi l’oscurità. Ecco perché egli esorta continuamente questi pionieri a non abbandonare i loro posti.» (Da una lettera del 18 luglio 1957 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada) 1959. Le battaglie di un pioniere – Dio aiuterà coloro che si leveranno a servirLo «Le sue battaglie sono state ampiamente benedette e devono servire da esempio per gli altri pionieri e da sicura prova che Dio assisterà coloro che si levano a servirLo. Uno dei motivi che rende prezioso questo grande lavoro nel campo dell’insegnamento sta nel fatto che esso deve essere compiuto per mezzo di reali sacrifici e non senza patemi. Attualmente esiste una tendenza nella visione americana della vita secondo cui la sofferenza è prodotta da inettitudine ed è non solo evitabile, ma anche cosa non buona e non essenziale. Pur essendo questo atteggiamento in parte vero, noi come bahá’í non possiamo non credere che la sofferenza è di frequente una componente essenziale del nostro servizio. I Profeti soffrirono amaramente, e così pure i Santi e i Martiri, e spesso “si cibarono dei frammenti dei loro cuori spezzati”, come dice Bahá’u’lláh in una delle Sue meravigliose preghiere.» (Da una lettera del 4 luglio 1949 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1960. Bahá’u’lláh promette il Suo aiuto divino a chiunque si levi a servire la Sua Causa «...Non si senta scoraggiato se non sempre le sue fatiche producono un abbondante raccolto, giacché non sempre il rapido successo è il migliore e il più durevole. Più duramente ella lotterà per conseguire la meta, più grandi saranno le confermazioni di Bahá’u’lláh e più certo sarà d’aver successo. Sia sereno, quindi, e si sforzi con grande fede e fiducia; Bahá’u’lláh ha infatti promesso il Suo divino aiuto a chiunque si levi con cuore puro e distaccato per divulgare la Sua santa Parola, anche se costui dovesse essere privo di sapienza e capacità umane e le forze delle tenebre e dell’opposizione fossero schierate contro di lui. La meta è chiara, la strada sicura e certa, e solenni le assicurazioni di Bahá’u’lláh sul successo finale dei nostri sforzi. Perseveriamo e continuiamo generosamente la grande opera che Egli ha affidato nelle nostre mani.» (Da una lettera del 3 febbraio 1937 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Insegnamento”, p. 28, n. 50) 1961. Bahá’u’lláh è sempre all’erta, pronto a venirci in aiuto «Il lavoro del pioniere è sempre difficile e, se non siamo forti e non abbiamo fede nella nostra Causa, tendiamo a scoraggiarci. Dobbiamo sempre ricordare che Bahá’u’lláh è continuamente all’erta, pronto a venirci in aiuto se solo ci leviamo a servirLo con spirito di dedizione e assoluto distacco. Le Sue promesse in tal senso sono molto vigorose e chiare: noi dobbiamo solo agire in conformità ad esse.» (Da una lettera dell’ 11 novembre 1931 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1962. Il termine “missionario”, nel suo significato più nobile, può applicarsi ai nostri insegnanti «Egli non trova obiezioni che il termine “missionario” sia indicato nel suo passaporto, purché sia chiaro che tipo di “missionario” rappresenta un pioniere bahá’í. Nel suo significato più nobile, detto termine potrebbe essere applicato ai nostri insegnanti. Purtroppo questa parola è stata spesso associata a un gretto e bigotto tipo di proselitismo, del tutto alieno dal metodo bahá’í di diffondere gli insegnamenti.» (Da una lettera del 7 febbraio 1945 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1963. Provvedere al rimpiazzo del pioniere prima che lasci il suo posto «Nessun pioniere deve lasciare il suo posto tranne che per motivi veramente urgenti, e comunque solo dopo essersi consultato con l’apposito comitato o con l’Assemblea Nazionale. In tal caso, quest’ultima deve organizzare il rimpiazzo del pioniere prima che parta.».. (Da una lettera scritta a nome del Custode: Messages to Canada,p. 43) 1964. Il pionierismo nei territori vergini è il più importante servizio «...egli ritiene che nel mondo bahá’í nessun servizio sia più importante del pionierismo nei territori vergini. I pionieri hanno raggiunto un alto grado di servizio. Essi sono i rappresentanti della Fede in quei territori vergini ed hanno l’inestimabile privilegio di portare la luce di Bahá’u’lláh a coloro che finora sono stati privati della Guida Divina per questo giorno. Il Custode ha ripetutamente sottolineato che essi possono e devono diventare i conquistatori spirituali di quelle nuove terre.» (Ibidem, p. 43) 1965. Divieto di votare nelle elezioni nazionali per i pionieri nei territori vergini «...tutti i pionieri nei territori vergini, o i nuovi bahá’í di quelle aree, non fanno parte della Comunità nazionale bahá’í e non possono votare nelle elezioni. I territori vergini sono amministrativamente separati e si trovano sotto la giurisdizione dell’Assemblea Spirituale Nazionale responsabile per il loro sviluppo. La stessa regola si applica a qualsiasi Assemblea che possa formarsi in dette aree vergini; essa quindi non diventa parte della Comunità nazionale bahá’í.» (Ibidem. p. 50) 1966. Stretta armonia fra pionieri e credenti locali «...tutte le Assemblee Spirituali Nazionali che ricevono sostegno dai pionieri devono escogitare dei metodi affinché questi possano lavorare in stretta armonia con i credenti locali, sè da ottenere vantaggio dall’aiuto che - spesso con grande sacrificio - sono ansiosi di offrire al lavoro di insegnamento o approfondimento della comunità in cui si sono recati. Tale collaborazione dimostrerà a un mondo scettico la totale solidarietà e l’esemplare unità dei seguaci del Più Grande Nome.» (Da una lettera del 6 luglio 1969 della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali) C. Proclamazione 1967. Non ridicolizzare i giovani «La stessa pubblicità deve essere ben concepita, dignitosa e rispettosa. Un approccio vistoso, che inizialmente può attirare maggiore attenzione verso la Causa, può alla fine creare una repulsione che richiederebbe grandi sforzi per vincerla. Lo standard di dignità e rispetto fissato dall’amato Custode deve essere sempre mantenuto in modo particolare nei numeri musicali e teatrali e le foto del Maestro non devono essere usate indiscriminatamente. Ciò non significa, per esempio, che le attività dei giovani devono essere messe in ridicolo; si può essere esuberanti senza essere irriverenti o senza minare la dignità della Causa. Ogni paese ha proprie condizioni sociali... Non occorre che le Assemblee Spirituali Nazionali seguano o copino programmi iniziati in altri paesi.».. (Da una lettera del 2 luglio 1967 della Casa Universale di Giustizia) 1968. Distribuzione massiccia di cartoline con risposta pagata «I dettagli di tali questioni rientrano nella discrezionalità di ogni Assemblea Spirituale Nazionale, la quale decide alla luce di certi principi fondamentali e a seconda della situazione esistente nel paese. Nel prendere le decisioni dovete tener presente non solo l’efficacia del progetto dal punto di vista dell’insegnamento, ma anche la sua posizione rispetto alla dignità della Fede. Qualsiasi volantino si usi deve essere breve, contenere un minimo di citazioni dagli Scritti sacri e tendere principalmente a suscitare l’interesse del lettore, stimolandolo a richiedere ulteriori informazioni, e non a convincerlo o convertirlo sul momento.» (Da una lettera del 9 dicembre 1971 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Australia) 1969. L’importanza di raggiungere le persone eminenti con gli Insegnamenti «Le sue lettere contenenti le meravigliose notizie sulle sue attività d’insegnamento della Causa anche a persone eminenti gli arrecano sempre tanta gioia e piacere. Egli desidererebbe tante persone come Lei, così devote alla Fede e così determinate a diffondere il Messaggio nel mondo. Anche se le persone da Lei contattate non abbracciano immediatamente la Causa o non le danno un sincero sostegno, è certo che la Parola di Dio penetrata nella loro mente e nel loro cuore non resterà inattiva. Una volta letto qualcosa o prestato orecchio attento, esse saranno costrette a modificare inconsciamente le loro opinioni, perché il Messaggio lavora gradualmente nel loro subconscio foggiando opinioni e interessi. Verrà il giorno in cui la Causa varcherà la soglia della loro consapevolezza ed esse si convertiranno completamente; ma anche prima di quel giorno quelle persone saranno in grado di esprimere quello spirito nelle loro considerazioni, favorendo così il progresso della causa della pace nel mondo.» (Da una lettera del 3 maggio 1932 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1970. Le persone eminenti sono spesso prigioniere delle proprie idee «Egli spera sinceramente e prega che le pubblicazioni e le lettere che sta inviando a persone eminenti in varie parti del paese produrranno l’effetto desiderato e che la Parola di Dio penetrerà gradualmente nei loro cuori conquistandoli. Comunque ci vuole tempo. Queste persone, in genere, sono prigioniere di alcune idee e principi che non possono abbandonare tanto rapidamente. Il semplice fatto che una persona sia dotta non significa che sia libera da pregiudizi. La vita accademica inoltre ha le sue mode e le sue manie, pur essendo queste di natura differente dalle manie delle persone comuni. Queste mode non sono permanenti essendo soggette a cambiamenti. Oggi è di moda avere una visione materialistica della vita e del mondo. Presto verrà il giorno in cui tale visione diventerà profondamente religiosa e spirituale. E infatti possiamo percepire già l’inizio di questo cambiamento negli scritti di alcune delle più eminenti anime e menti liberali. Quando il pendolo oscillerà completamente, allora vedremo tali uomini insigni volgersi di nuovo a Dio.» (Da una lettera del 18 ottobre 1932 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1971. Proclamare la Fede ai moderni pensatori e ai capi della società «È veramente strano quanto i pensatori moderni si stiano avvicinando, spontaneamente, agli insegnamenti della Fede ed esprimano opinioni molto simili alle nostre. Ciò mostra chiaramente la verità delle parole del Maestro che lo spirito del Movimento ha permeato i cuori di tutte le persone del mondo. Sono le mani di Dio che operano e guidano le nazioni e gli intellettuali e i capi della società ad una graduale accettazione del Suo Messaggio rivelato tramite Bahá’u’lláh. Il modo in cui possiamo affrettare lo sviluppo di questo processo è facendo la nostra parte per divulgare le parole di Dio dappertutto. Anche se potremmo non assistere a nessun caso di improvvisa conversione da parte di questi intellettuali, essi sono destinati ad essere influenzati nelle loro idee e a guardare la Fede con maggiore ammirazione e con un più vivo desiderio di essere guidati dai suoi precetti. Shoghi Effendi desidera pertanto che io la incoraggi nel suo lavoro di inviare pubblicazioni appropriate a quegli uomini di cultura.» (Da una lettera del 7 maggio 1933 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Persone Eminenti”, pp. 21-22, n. 32) D. R a d i o 1972. Potenza della radio per la proclamazione «È nostra speranza che ovunque si possa utilizzare la grande potenza della radio ai fini di proclamazione, insegnamento e approfondimento; con i promettenti risultati iniziali avutisi in Ecuador e altrove, prevediamo un uso più diffuso dei media che tornerà utile alla Causa e all’umanità.» (Da una lettera del 7 aprile 1974 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador) 1973. Storico passo avanti nella proclamazione «Il contenuto religioso e culturale dei vostri programmi è importante sia per raggiungere le mete della Fede, sia per promuovere l’educazione e il servizio alla comunità non bahá’í... La vostra intuizione dei bisogni bahá’í e della loro soddisfazione per mezzo delle trasmissioni radio vi ha preparato per quello che, col tempo, potrà certamente essere salutato come uno storico passo avanti nella proclamazione, espansione e approfondimento tramite la radio, uno strumento che l’amato Custode sperava sarebbe stato utilizzato nell’interesse della Causa di Dio. Ci congratuliamo con voi e aspettiamo con ansia altre notizie sui vostri progressi in questo primo significativo programma.» (Da una lettera del 12 dicembre 1974 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador) 1974. Portare all’attenzione del pubblico l’esistenza della Fede «Riguardo al lavoro della radio... egli suggerirebbe che è della massima importanza portare all’attenzione del pubblico l’esistenza della Fede e i suoi insegnamenti. A tale scopo bisognerà utilizzare ogni tipo di trasmissione, come citazioni dagli Scritti, specifici argomenti o letture varie. Occorre far sentire alle persone la parola “bahá’í”, di modo che - se sono ricettive - possano rispondere e ricercare la Causa. Il dovere primario degli amici ovunque nel mondo è portare a conoscenza della gente l’esistenza di questa Rivelazione e poi quello d’insegnarla.» (Da una lettera del 24 luglio 1943 scritta a nome del Custode a un credente) 1975. Prudenza nel presentare la storia e gl’insegnamenti della Fede «Egli ritiene che le progettate trasmissioni radio siano della massima importanza poiché vi danno l’opportunità di portare a diversi ascoltatori la sensazione della grandezza della Causa. A questo riguardo ha da darvi qualche consiglio: dovete attenervi ai fatti e stare attenti a non inserire in dette trasmissioni qualsiasi loro interpretazione. Le vostre migliori fonti sono “La narrazione di Nabil”, il libro di Martha Root su Thirih e naturalmente le pubblicazioni di carattere generale sulla Fede. Il Custode vi consiglia di non inserire alcunché di oscuro o mistico nei programmi destinati al pubblico. Nella serie “Presenza di Bahá’u’lláh” evitate con tutti i mezzi la scena fra Quddús e Tahirih. Invece, la separazione di quest’ultima dal marito e dai figli, il suo insegnamento a Baghdad, il suo imprigionamento e la sua morte, nonché le sue poesie, costituiscono delle storie belle e commoventi. Egli comunque non chiamerebbe Tahirih la prima suffragetta, perché certamente ciò non rientrava - in senso stretto - nelle sue idee.» (Da una lettera del 9 novembre 1949 scritta a nome di Shoghi Effendi a un gruppo di credenti) 1976. Accettabilità delle contribuzioni volontarie «La Casa Universale di Giustizia non vede alcun motivo per non accettare donazioni offerte spontaneamente da non bahá’í per le vostre attività radiofoniche. In una lettera scritta a un’Assemblea Spirituale Nazionale a nome della Casa di Giustizia viene dato il seguente consiglio: “...Un punto da tener presente è che una stazione radio bahá’í deve attenersi strettamente a uno standard di funzionamento che protegga le sue trasmissioni dall’essere confuse dal pubblico con programmi sponsorizzati da altri gruppi religiosi. Tali ultimi spesso implicano attività di raccolta di fondi, che - se venissero associate a programmi bahá’í - finirebbero per minare il prestigio della Fede ed esporrebbero a danni sicuri le sue istituzioni”. Le donazioni effettuate da non bahá’í devono essere utilizzate per servizi o programmi che non siano un esplicito insegnamento bahá’í”.» (Da una lettera del 15 aprile 1985 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador) E. Insegnamento 1977. Levarsi a servire la Causa «Chiunque si levi ad aiutare la nostra Causa, Dio lo renderà vittorioso sopra dieci volte diecimila anime e, se il suo amore per Me dovesse crescere, Noi lo faremo trionfare sopra tutto ciò che è in cielo e in terra.» (Bahá’u’lláh: citato da Shoghi Effendi in “Messages to Bahá’í World”, p. 101, aprile 1956) 1978. L’insegnamento viene ingiunto ai credenti nell’Aqdas «Nell’Aqdas, Bahá’u’lláh considera l’insegnamento un obbligo spirituale di ogni devoto credente e servo della Sua Fede. Se gli amici prenderanno piena coscienza di questo dovere e si leveranno per fare la loro parte, questa Causa pervaderà subito ogni casa del mondo e il Regno di Dio verrà stabilito.» (Da una lettera scritta a nome del Custode a un credente, tratta da “ Bahá’í News” n. 85, p. 8, luglio 1934) 1979. Meditare sui metodi d’insegnamento «Le anime santificate devono ponderare e meditare in cuor loro sui metodi d’insegnamento. Dai testi delle meravigliose sacre Scritture devono imparare a memoria frasi e brani riguardanti vari argomenti, così che nel corso dei loro colloqui, ogni qual volta le circostanze lo richiedano, essi possono recitare i versetti divini, poiché questi santi versetti sono il più potente elisir, il sommo e più efficace talismano. Così possente è la loro influenza che l’ascoltatore non avrà motivo di esitare.» (Bahá’u’lláh: Tavole di Bahá’u’lláh, p. 179) 1980. Gl’insegnamenti non vanno custoditi o nascosti «Il mondo è in gran tumulto e i suoi problemi diventano ogni giorno più gravi. Non dobbiamo quindi, oziare altrimenti verremmo meno al nostro sacro dovere. Bahá’u’lláh non ci ha dato i Suoi insegnamenti per custodirli e nasconderli per il nostro personale diletto e piacere; ci sono stati dati affinché possiamo passarli di bocca in bocca finché tutto il mondo non familiarizzi con essi e goda delle loro benedizioni e della loro edificante influenza.» (Da una lettera del 27 Mirza 1933 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Locale di Eliot, Maine) 1981. ‘Abdu’l-Bahá insegna come insegnare «...nella città di Baghdad, conversavo con un uomo colto, Mulláh Hassan, alcuni parenti del quale erano credenti. Per quanto tenacemente questi avessero cercato di dargli il Messaggio, egli non lo accettava. Una volta, lo portarono a casa mia proprio mentre mi ero alzato dal letto e stavo pettinando i capelli. Essi dissero: “Lo abbiamo portato qui e ti preghiamo di parlare con lui; forse diventerà un credente”. Io dissi “Molto bene” e poi mi rivolsi alla Bellezza Benedetta e pregai: “O Bellezza Benedetta, dammi le Tue confermazioni!” Dopo gli parlai e nel giro di un’ora divenne un credente; diventò molto amabile ed era così infiammato che, sebbene fosse di alto rango, era solito cucinare con le proprie mani per intrattenere gli amici. (Da un discorso di ‘Abdu’l-Bahá in Terra Santa, tradotto dal Dr. Zia Baghdadi, tratto da “Star of the West”, vol. IX, n. 3, p. 36) 1982. Ricompensa di un martire «In questo giorno l’amato di Dio non deve esitare o perdere un istante nell’insegnare la Causa della Manifestazione e nel ridare maestosa unità alle parole della religione, perché in verità in questo giorno la penna della Causa registrerà certamente per l’anima che guida un’altra anima la ricompensa di un martire sulla via di Dio per l’azione compiuta. Questo ti è concesso dalla Munificenza di Dio. Agisci come ti è stato ordinato e non essere di coloro che indugiano.» (‘Abdu’l-Bahá: Bahá’í Scriptures, p. 204) 1983. La professione non condiziona l’insegnamento «L’insegnamento della Fede non è condizionato dal tipo di professione che esercitiamo o da quanto vasto sia il nostro sapere, ma piuttosto da quanto abbiamo studiato gli Insegnamenti, dal livello di vita bahá’í che conduciamo e da quanto desideriamo condividere questo Messaggio con gli altri. In presenza di questi requisiti possiamo essere certi di trovare anime ricettive, se le cerchiamo. Deve perseverare e aver fiducia che - con i dovuti sforzi - può avere successo.» (Dalla una lettera scritta nel 1957 a un credente americano a nome di Shoghi Effendi dal suo segretario) 1984. Maggiore durata del lavoro intensivo «Shoghi Effendi ha notato, attraverso l’esperienza degli insegnanti internazionali che lo tengono informato delle loro attività, che il lavoro intensivo ha in definitiva carattere più duraturo. È stato dimostrato essere più proficuo che un insegnante trascorra un mese o due in un centro e aspettare che si formi un gruppo, piuttosto che viaggiare su una vasta area senza fermarsi abbastanza per facilitare il progresso degli interessati fino a che questi ultimi si sentano in grado di abbracciare la Causa e d’identificarsi con la stessa.» (Da una lettera del 30 maggio 1932 scritta a nome del Custode a un credente) 1985. Gli insegnanti devono accontentarsi di poco cibo «In quanto agli insegnanti, essi devono spogliarsi completamente dei vecchi abiti e indossare una nuova veste. Come afferma Cristo, essi devono giungere allo stadio della rinascita; mentre la prima volta nacquero dal grembo materno, questa volta devono nascere dal grembo del mondo materiale. Come ora sono completamente ignari delle esperienze del mondo fetale, così devono dimenticare completamente i difetti del mondo naturale. Devono essere battezzati con l’acqua della vita, col fuoco dell’amore di Dio e con gli aliti dello Spirito Santo; accontentarsi di poco cibo, ma prendere una grossa fetta dalla mensa celeste. Devono liberarsi dalla tentazione e dall’ingordigia ed essere pieni di spirito. Con il loro alito puro devono tramutare la pietra in rubino scintillante e la conchiglia in perla. Come le nuvole delle piogge primaverili, devono trasformare la nera terra in roseti e frutteti. Devono dare la vista ai ciechi, l’udito ai sordi, luce e calore a chi è spento e nuova vita al morto.» (‘Abdu’l-Bahá: Tavole del Piano Divino, p. 87) 1986. Sviluppare un circuito di insegnanti viaggianti «A questo riguardo pensiamo sia utile che venissero da voi organizzati circuiti di insegnanti viaggianti. Non vi è dubbio alcuno che il costante movimento di insegnanti, anche all’interno di una piccola area, può avere un effetto molto stimolante sul lavoro d’insegnamento. Un continuo flusso di insegnanti che visitino gli amici residenti per parlare in regolari fireside è una forma d’insegnamento che non è stata ancora migliorata.» (Da una lettera del 20 gennaio 1966 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche) 1987. Gli insegnanti viaggianti rafforzano il lavoro dei pionieri «Mentre i pionieri danno un valido e durevole rinforzo alla comunità e sono spesso i soli mezzi utili per aprire nuove aree - e qui ci riferiamo non solo ai pionieri provenienti dall’estero ma anche ai pionieri interni, il cui utilizzo deve essere notevolmente sviluppato in moltissimi paesi -, un secondo vitale rafforzamento del lavoro viene offerto dagli insegnanti viaggianti. Come accennato nel messaggio inviato lo scorso Ri?ván a tutti i credenti, sta ora per essere lanciato un nuovo programma internazionale di insegnamento viaggiante. Le Assemblee Nazionali e i loro comitati, quindi, ne devono mettere a punto uno che abbia un triplice aspetto. Primo: dovrebbero sussistere nell’ambito di ogni comunità nazionale regolari circuiti di insegnanti viaggianti locali, cioè credenti membri di quella comunità nazionale - nativi o pionieri - che abbiano la possibilità e il desiderio di dedicare del tempo a questa attività. Secondo: ad integrazione di questi circuiti si dovrebbero pianificare visite organizzate di insegnanti viaggianti all’estero. Terzo: ogni Assemblea Nazionale dovrebbe istituire un ufficio che metta a punto una procedura per approfittare dell’arrivo inatteso di visitatori dall’estero o di improvvise offerte di credenti sul fronte interno, i quali - con adeguata organizzazione - potrebbero dare un valido aiuto nel campo dell’insegnamento viaggiante o della proclamazione. Tale ufficio, naturalmente, sarebbe responsabile della valutazione delle capacità di coloro che offrono i servizi, perché, pur se un’offerta inattesa può offrire spesso una notevole opportunità d’insegnamento, è altrettanto vero che alcune comunità bahá’í sono state stancate e il loro lavoro intralciato dall’arrivo di bahá’í “viaggianti” che in effetti non erano adatti - per problemi di lingua o altre ragioni - a dare il loro aiuto come insegnanti nell’area interessata. Gli amici che viaggiano in tal modo possono fare comunque un valido insegnamento, ma non devono aspettarsi l’assistenza di istituzioni amministrative locali se non hanno organizzato il viaggio in precedenza.» (Da una lettera del 25 maggio 1975 della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali) 1988. Compiti degli insegnanti viaggianti «Gli insegnanti viaggianti, che in linea generale si suppone siano più competenti e capaci degli altri, sono senza dubbio di grande aiuto. Essi, tuttavia, non possono mai sostituire la massa dei singoli credenti e adempiere a ciò che in ogni caso deve essere compiuto mediante lo sforzo collettivo e la saggezza della comunità nel suo complesso. Ciò che agli insegnanti viaggianti è consentito fare è dare il tocco finale al lavoro già svolto; consolidare piuttosto che integrare gli sforzi individuali e quindi dirigere questi ultimi su un canale costruttivo e appropriato. Il loro compito è incoraggiare e ispirare i singoli credenti, allargare e approfondire la loro visione sulle cose da fare. E ciò non in virtù di qualche inerente diritto spirituale, ma in spirito di semplice e sincera cooperazione.» (Da una lettera del 1 settembre 1933 scritta a nome del Custode a un credente) 1989. Nessuno status speciale per gli insegnanti viaggianti «Di tanto in tanto riceviamo rapporti secondo i quali pionieri o insegnanti viaggianti sovvenzionati dal Fondo Internazionale o destinatari di lettere d’incoraggiamento da parte della Casa Universale di Giustizia ostentano di avere uno speciale status o qualche autorità. Al fine di evitare malintesi, chiariamo che dette persone non hanno alcuno status speciale, autorità o posizione diversa da quella di qualsiasi credente residente nell’area per la sua posizione di pioniere o insegnante. Inoltre, i pionieri e gli insegnanti viaggianti sono sotto la giurisdizione dell’Assemblea Spirituale Nazionale del paese o dell’area in cui risiedono o stanno viaggiando e devono obbedire alle istruzioni di tale Assemblea.» (Da una lettera del 3 agosto 1970 della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali) 1990. Spese di viaggio degli insegnanti «Egli pensa che allo stato attuale il principale onere del Fondo Nazionale sia costituito dal continuo esborso di considerevoli somme di denaro destinate al rimborso delle spese di viaggio degli insegnanti che ne abbiano bisogno. Occorre fare uno sforzo per facilitare il più possibile l’espansione del lavoro d’insegnamento, aiutando coloro che non hanno disponibilità finanziarie a raggiungere la loro destinazione e, una volta sul posto, incoraggiandoli a sistemarsi e a guadagnarsi da vivere.» (Da una lettera del 14 novembre 1936 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 1991. Nessun bahá’í è un impiegato della Fede a tempo pieno «L’amato Custode ha spiegato questo principio basilare della amministrazione bahá’í tramite le sue continue lettere alle Assemblee Nazionali, dalle quali citiamo quanto segue: “Attualmente sarebbe del tutto impossibile diffondere la Causa se a coloro che si levano per servirla come insegnanti o pionieri non viene data assistenza economica. Tutti devono comprendere, comunque, che il denaro da essi ricevuto serve solo a metterli in grado di raggiungere i loro obiettivi e che non possono sempre considerarsi in diritto di essere mantenuti dalla Causa”.» (Da una lettera del 12 agosto 1944 all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India e Burma). «Ogni Assemblea Nazionale, mediante i suoi Comitati d’Insegnamento, deve essere in grado di pianificare in modo tale i tempi e gli sforzi dei suoi gruppi d’insegnanti viaggianti sovvenzionati affinché non dia l’impressione che siano impiegati stabilmente. Nei limiti del possibile, ogni “progetto” deve essere definito sia nell’obiettivo che nella durata. Analogamente, nell’ideare progetti di pionierismo, occorre chiarire ai pionieri di fare di tutto per trovare un qualche lavoro nel posto in cui sono andati a stabilirsi e quindi non avere più la necessità di attingere ulteriormente dai fondi bahá’í.» (Da una lettera del 25 giugno 1964 della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali impegnate nell’insegnamento alle masse) 1992. Assistenza economica agli insegnanti viaggianti «Anche gli insegnanti viaggianti devono essere assistiti economicamente a completare i “progetti” loro affidati. Gli amici non devono confondere assolutamente questo tipo di supporto con la creazione di un clero pagato. Qualunque bahá’í può, a discrezione dell’Assemblea Spirituale Nazionale, ricevere questa necessaria assistenza, che - si intende - è temporanea e serve esclusivamente a portare a termine un piano specifico. Lo Stesso Bahá’u’lláh ha non solo ingiunto a tutti il dovere di insegnare la Sua Fede, ma ha anche affermato che chi non può muoversi personalmente deve mandare qualcuno in sua vece. L’Assemblea Nazionale, tramite il suo Comitato d’Insegnamento, deve prendere immediati provvedimenti per inviare pionieri nelle città meta e insegnanti che possano visitarle, non solo per sostenere e inaugurare il nuovo lavoro, ma anche per stimolare le Assemblee Locali e i gruppi e per aiutarli a svilupparsi.» (Da una lettera del 29maggio1946 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche. Parzialmente in compilazione “Fondo di Deputazione”, p. 8, n. 6) 1993. Nella Fede non esiste una figura paragonabile a un ecclesiastico di professione‚ «Nella Fede Bahá’í non esiste persona alcuna il cui lavoro sia paragonabile a quello di un ecclesiastico di professione o dei preti. In altre parole, nessun insegnante viene pagato. Tuttavia, è difficile poter mandare avanti il sempre crescente lavoro della Causa senza mantenere con il Fondo, nel corso delle attività, coloro che dedicano ad esso tutto il loro tempo. Poiché trattasi di lavoro amministrativo, non v’è nulla in contrario che sia corrisposto un regolare salario a coloro che lo svolgono non disponendo di mezzi economici propri atti ad effettuarlo senza alcun onere. Non è possibile emettere una norma in forza della quale chi riceva una remunerazione per un lavoro amministrativo bahá’í non possa essere eletto in assemblea, poiché ciò interferirebbe con la libera scelta di eleggere le persone più qualificate per tale servizio.» (Da una lettera del 9 ottobre 1947 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 1994. Il sostegno del Fondo è solo temporaneo « ...questa è una Causa in cui ogni credente è chiamato a insegnare. Se attualmente certi amici sono mantenuti dal Fondo per metterli in grado di dedicare tutto il loro tempo al vitale e urgente lavoro di espansione e consolidamento, si tratta solo di un temporaneo accomodamento per venire incontro alle esigenze di questo periodo di crisi nella storia dell’uomo. Non bisogna mai cambiare gli sforzi volontari degli amici, ma piuttosto stimolarli e incrementarli. Se ogni bahá’í si leverà sinceramente a sostenere e sviluppare le istituzioni della Causa - in primo luogo le Assemblee Spirituali Locali -, nonché a insegnare la Fede, tutti si stupiranno dei grandi successi che si potranno raggiungere anche con una minima assistenza da parte del Fondo Nazionale.» (Da una lettera del 27 luglio 1971 scritta dalla Casa Universale di Giustizia a diverse Assemblee Spirituali Nazionali) 1995. Insegnanti viaggianti e credenti che si spostano di frequente «Il Corpo Continentale dei Consiglieri del Sud America ha riferito alla Casa Universale di Giustizia che la vostra Assemblea Spirituale Nazionale ha deciso di considerare gli insegnanti viaggianti a tempo pieno senza fissa residenza e quindi non eleggibili nelle comunità locali. Siamo stati incaricati di portarvi a conoscenza del seguente brano tratto Da una lettera scritta il 5 dicembre 1972 all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Africa Nord-Occidentale, nella quale vengono indicate le direttive di carattere generale riguardo i credenti che viaggiano con molta frequenza: “Allo stato attuale nessuna rigida norma deve essere emanata al fine di determinare i luoghi di residenza degli ufficiali o dell’equipaggio di navi o aerei, nel caso in cui tali persone non abbiano una fissa dimora o dei legami familiari che possano far attribuire loro uno specifico luogo di residenza. L’Assemblea Spirituale Nazionale deve discutere di volta in volta la questione con l’interessato e decidere poi a quale comunità assegnarlo sotto il profilo amministrativo. Al fine di pervenire alla decisione, occorrerà prendere in considerazione fattori quali la frequenza delle sue visite in una certa località, la possibilità di partecipare ad attività bahá’í locali, la durata del suo soggiorno nei luoghi visitati, nonché la sua scelta personale”. Abbiamo avuto inoltre l’incarico di dirvi che non sarebbe opportuno che le norme da emanare considerino gli insegnanti viaggianti privi di luogo di residenza. Se uno di loro dovesse essere eletto in un’Assemblea Spirituale Locale sarebbe semmai da stabilire se i suoi viaggi - implicanti una frequente assenza dalle sue sedute - costituiscano valido motivo per rassegnare le dimissioni dalla stessa.» (Da una lettera del 26 gennaio 1978 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un’Assemblea Spirituale Nazionale) 1996. Il raggiungimento della maturità spirituale è un processo lento «a. Può darsi che i pionieri o gli insegnanti in visita trovino che in alcuni luoghi i nuovi credenti non sono così entusiasti della loro religione come essi si aspettavano, oppure che non si adeguano ai modelli di vita bahá’í; oppure che li trovino in attesa di benefici materiali che avevano sperato di trarre dall’appartenenza a questa nuova confessione. Dobbiamo sempre ricordare che il processo della cura del credente fino alla piena maturità spirituale è lento e che occorrono molta pazienza e amorevole educazione. b. Alcuni Comitati per l’Insegnamento, ansiosi di ottenere risultati, si preoccupano eccessivamente del numero delle dichiarazioni a detrimento della qualità dell’insegnamento. c. Alcuni insegnanti viaggianti, desiderosi di mostrare il risultato del loro servizio, potrebbero non essere scrupolosi nell’insegnare ai loro simpatizzanti e, raramente - se, Dio non voglia, non sono sinceri - potrebbero anche fare rapporti non veritieri.» (Allegato alla lettera 13 luglio 1964 scritta dalla Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali sull’Insegnamento alle masse. Compilazione “L’Insegnamento alle masse”, p. 38, n. 55) 1997. Ogni credente è un’arca di salvezza «È mio desiderio che possiate vedere le navi divine. Queste navi sono i velieri benedetti che attraversano il mare della misericordia divina; ciò che li fa muovere è la forza dell’amore spirituale e i loro comandanti sono l’ispirazione dello Spirito Santo. Nessuna nave ha mai fatto naufragio in questo mare; le sue onde sono donatrici di vita. Ciascuno degli amici di Dio è come un’arca di salvezza. Ogni arca salva molte anime dalle tempeste delle difficoltà. I segnali e le scie di questi velieri non finiscono mai e sono eterni. Le ere e i secoli futuri sono come il mare sulla cui superficie queste arche scivolano beatamente verso la loro destinazione spirituale.» (Parole di ‘Abdu’l-Bahá: Star of the West,vol.8,n.8,p.104, 11 agosto 1917). 1998. Primo requisito di un devoto insegnante «È un meraviglioso e inestimabile vantaggio essere un recipiente che trasporta il cibo di Dio; esso non si può comprare con l’oro. Il primo requisito di un devoto insegnante è credere in Dio; il secondo, volgere il viso verso Dio; il terzo, essere distaccato da tutti tranne che da Dio. Tali insegnanti saranno luminose lampade di guida, le stelle del cielo della misericordia, gli alberi del frutteto di Abhá, fiori del giardino del mistero e torce sulla via della salvezza. La Causa di Dio non s’insegna solo con la lingua; s’insegna con le azioni, un buon carattere, innata felicità, gentilezza e simpatia, buone compagnie, fidatezza, santità, virtù, purezza di ideali e, per ultimo, con la parola.» (‘Abdu’l-Bahá: tratto da Bahá’í News, n. 243, p. 8, maggio 1951) 1999. L’importanza dell’insegnamento «Più osserviamo le condizioni del mondo e i terribili problemi cui deve far fronte l’umanità, più profondamente ci rendiamo conto che l’unico rimedio è quello che ha portato Bahá’u’lláh, e tuttavia, ahimè, la massa della gente sembra non aver ancora compreso che il modo per venir fuori dai problemi può essere solamente divino, offerto da qualcosa di gran lunga più grande della comprensione umana! Comunque, diverse anime stanno seriamente riflettendo e ricercando, e i bahá’í devono sforzarsi di far conoscere gli insegnamenti a tutti, affinché il Messaggio non sia negato a coloro che sono pronti per accettarlo!» (Da una lettera scritta a nome del Custode a un credente- Ibidem, p. 72) 2000. Necessità di insegnanti con capacità spirituali e conoscenza del Patto « ...l’Assemblea Nazionale deve fare particolare attenzione a sottrarre alle comunità più deboli, poste lungo i circuiti dei viaggi d’insegnamento, gli insegnanti con capacità spirituali e con profonda conoscenza del Patto, anzi deve fare il possibile affinché vi rimangano per qualche tempo. È evidente che una delle ragioni per cui il lavoro sul fronte interno in America è tanto in ritardo è che gli stessi bahá’í, ancorché indubbiamente devoti, leali e coscienziosi, non sono sempre profondamente radicati nelle basi spirituali della loro Fede. Ciò è causa di inconvenienti, per così dire, nella matura del loro servizio alla Causa. È solo tramite la più profonda comprensione della loro Fede e la più intima forza spirituale che tale comprensione porta seco che essi possano rinforzarsi per affrontare i loro compiti e vedere la gioia di svolgere questi compiti e conseguirne i privilegi.» (Da una lettera del 19 luglio 1956 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti. Parzialmente in compilazione “Approfondimento”, p. .68, n. 164) 2001. Ognuno è un potenziale insegnante «...Finché tutti gli amici non capiranno che ognuno, nei propri limiti, è in grado di trasmettere il Messaggio, non potranno mai sperare di raggiungere la meta stabilita per loro da un Maestro amorevole e saggio. Non serve a niente che qualche capace ed eloquente insegnante si prenda tutta la responsabilità della diffusione della Causa. Ciò, infatti, è non solo contrario allo spirito degli Insegnamenti, ma anche all’esplicito testo degli Scritti di Bahá’u’lláh e ‘Abdu’l-Bahá, i Quali pongono l’obbligo di insegnare non su una particolare classe di persone - come nelle passate organizzazioni ecclesiastiche - ma su ogni fedele e leale seguace della Causa. L’insegnamento della Parola è quindi universale e obbligatorio. Quanto tempo, allora, dovremo aspettare per obbedire a questo comando, la cui piena saggezza potrà essere apprezzata solo dalle future generazioni? In questa Causa non esistono speciali insegnanti. Ognuno è un potenziale insegnante. Egli dovrà solo utilizzare ciò che Dio gli ha dato e provare così di essere ligio al suo compito.» (Da una lettera scritta a nome del Custode a un credente. The Bahá’í World, vol. V, p.126) F. Insegnamento alle masse 2002. Distribuzione di materiale bahá’í nelle cassette delle lettere «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la vostra lettera ... riguardo la distribuzione di materiale bahá’í nelle cassette delle lettere delle case di una certa località e ci ha dato incarico di inviarvi la seguente risposta: I dettagli di tutte le questioni del genere rientrano nella discrezionalità dell’Assemblea Spirituale Nazionale, la quale decide alla luce di certi principi e secondo la situazione del paese. I principi che la Casa di Giustizia desidera vengano osservati a questo riguardo dalle Assemblee Nazionali sono: 1. Attenta salvaguardia in tutte le attività bahá’í della dignità della Fede. 2. Nessuna attività d’insegnamento deve costituire una violazione della privacy delle persone, né‚ bisogna imporre gli insegnamenti a coloro che non sono disposti ad ascoltare. In linea di massima la Casa di Giustizia ritiene che non vi sia niente di male a spedire o distribuire nelle cassette delle lettere del materiale, come inviti a incontri, lettere circolari di presentazione o brevi volantini informativi. Questi ultimi, quando vengono così utilizzati, devono tendere principalmente a destare l’interesse del lettore inducendolo a cercare ulteriori informazioni e non a convincerlo o convertirlo subito. Alcune Assemblee Spirituali Nazionali hanno creato delle lettere di presentazione di questo tipo che hanno una cartolina con risposta pagata allegata. Non è necessario, naturalmente, che la cartolina faccia parte del volantino, fermo restando che questo sia sobrio e dignitoso. Ad ogni modo, ogni Assemblea Spirituale Nazionale può decidere ciò che reputi adatto per il proprio paese. La citazione che avete richiesto è la seguente: “Egli ritiene che distribuire volantini porta a porta ... non è dignitoso e può creare una cattiva impressione della Fede. Senza dubbio sono l’entusiasmo e la devozione che portano gli amici a fare questi progetti, ma egli non pensa che i migliori interessi della Causa possano essere serviti in tal modo...» (Da una lettera del 6 dicembre 1981 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Islanda) 2003. Selezionare gli insegnanti con grande cura «Occorre avere grande cura e tatto nella selezione degli insegnanti che dovranno contattare persone per la maggior parte analfabete che non possono beneficiare direttamente della lettura della parola scritta e sono di conseguenza dipendenti da ciò che sentono. Gli insegnanti - siano essi locali o meno - devono essere pienamente consapevoli di questo. Il calibro spirituale e la qualità morale di tali insegnanti è di grande importanza; in particolare devono essere puri di spirito e possedere un vero amore per la Causa. Essi devono avere la capacità di trasferire agli altri quello spirito e quell’amore. Inoltre, devono evitare di fare pressioni per ottenere dichiarazioni di fede.» (Da una lettera del 5 maggio 1982 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente e allegata alla lettera all’Assemblea Spirituale Nazionale della Germania del 6 febbraio 1986 intitolata “Statement of The Universal House of Justice regarding teaching the Faith”) 2004. Presentare la Causa con attenzione onde evitare equivoci «Bahá’u’lláh, nelle Parole Celate, dice: “O Figlio della polvere! Savi sono coloro che non parlano se non ottengono udienza, così come il coppiere il quale non porge la sua coppa finché non trova chi la chiede, e come l’amante che non grida l’ardore dalle profondità del cuore finché non posa lo sguardo sulla bellezza dell’amata...», e a pag. 51 dell’Avvento della Giustizia Divina, una lettera in cui principalmente si esortano gli amici ad assolvere il loro dovere d’insegnare la Fede, Shoghi Effendi scrive: “Facciano tuttavia attenzione che, nel loro grande desiderio di promuovere gli interessi internazionali della Fede, non vanifichino i loro sforzi allontanando, con azioni che possono essere interpretate come tentativi di fare proselitismo e di esercitare indebite pressioni, coloro che essi desiderano attrarre alla Causa”. Talvolta alcuni bahá’í oltrepassano i giusti limiti, ma ciò non altera la chiarezza del principio.» (Da una lettera scritta per conto della Casa Universale di Giustizia a un credente il 3 gennaio 1982: Teaching and Committment, a compilation of The Universal House of Justice) 2005. Diritto dell’umanità di sentire il Messaggio di Bahá’u’lláh «La responsabilità dei bahá’í di insegnare la Fede è molto grande. Il rimpicciolimento del mondo e il rapido flusso degli eventi impongono di non lasciarci sfuggire ogni occasione per toccare il cuore e la mente dei nostri simili. Il Messaggio di Bahá’u’lláh è la guida che Dio ha dato all’umanità per superare le difficoltà di quest’epoca di transizione e passare nel successivo stadio della sua evoluzione, e gli esseri umani hanno il diritto di sentirlo. Coloro che lo accettano hanno l’obbligo di trasmetterlo agli altri. La lentezza della risposta del mondo ha causato e continua a causare grande sofferenza; ecco perché i bahá’í sono stati sempre vivamente esortati a fare ogni sforzo possibile per insegnare la Fede per amore dei loro simili. Essi devono insegnare con entusiasmo, convinzione, saggezza e cortesia, ma senza insistere sui loro ascoltatori, tenendo presente le parole di Bahá’u’lláh: “Attenti a non entrare in disputa con alcuno, anzi, sforzatevi di renderlo edotto della verità con modi cortesi e con esortazioni convincenti. Se il vostro ascoltatore sarà incline, lo sarà per il suo proprio bene, in caso contrario allontanatevi da lui e volgete il viso verso la sacra Corte di Dio, luogo di santità risplendente. (Spigolature, CXXVIII, par. 10).» (opera citata al 2003) 2006. Lo scopo del consolidamento «Le attività di consolidamento promuovono l’individuale sviluppo spirituale degli amici, aiutano ad amalgamare e corroborare la vita comunitaria bahá’í, danno vita a nuovi modelli sociali e stimolano il lavoro d’insegnamento.» (Da una lettera del 17 aprile 1981 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali) 2007. Vero consolidamento «...il vero consolidamento consiste nell’assicurare che l’amore di Bahá’u’lláh e la devozione alla Sua Fede siano saldamente radicati nei cuori dei credenti; questa è la base essenziale per il successivo incremento di conoscenza degli Insegnamenti e di sviluppo del modo di vivere bahá’í.» (Da una lettera del 3 novembre 1974 della Casa Universale di Giustizia) 2008. Proclamazione, Espansione e Consolidamento «La Casa di Giustizia ... ci ha dato incarico di mettere in evidenza che proclamazione, espansione e consolidamento sono in effetti tre differenti aspetti dell’insegnamento che in una certa qual misura si integrano vicendevolmente; pertanto spetta in primo luogo all’Assemblea Spirituale Nazionale decidere come assegnare ai comitati i compiti legati a questi tre differenti aspetti alla luce del volume di lavoro e delle situazioni esistenti in ciascun paese.» (Da una lettera del 27 febbraio 1975 scritta dalla Casa Universale di Giustizia a un’Assemblea Spirituale Nazionale) 2009. Il consolidamento è l’aspetto dell’insegnamento che aiuta ad approfondire la conoscenza degli Insegnamenti «Il consolidamento è una parte vitale del lavoro d’insegnamento tanto quanto l’espansione. È quell’aspetto dell’insegnamento che aiuta i credenti ad approfondire la loro conoscenza e comprensione degli Insegnamenti e alimenta la fiamma della loro devozione a Bahá’u’lláh e alla Sua Causa, così da farli avanzare - di propria volontà - nel loro sviluppo spirituale; promuove, altresì, il lavoro d’insegnamento e rafforza il funzionamento delle istituzioni amministrative. Un adeguato consolidamento è essenziale per preservare la salute spirituale della comunità, per proteggerne gli interessi, per mantenerne il buon nome e, infine, per continuare il lavoro stesso d’espansione.» (Da una lettera del 17 aprile 1981 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali) 2010. Consolidamento: elemento essenziale e inseparabile dell’insegnamento «...essi devono ricordare che il consolidamento è un essenziale e inseparabile elemento dell’insegnamento; se, recandosi in una zona remota, fanno abbracciare la Fede a persone che nessuno sarà in grado di visitare nuovamente di lì a poco, essi non avranno fatto un buon servizio né a quelle persone né alla Fede. Dare alla gente questo glorioso Messaggio e poi lasciarla in asso provoca disappunto e delusione, per cui, quando diventa poi possibile mettere in atto un adeguato progetto d’insegnamento per quell’area, facilmente gli insegnanti trovano la gente restia al Messaggio. Il primo insegnante che trascurò il consolidamento ha di fatto “vaccinato” la gente contro il Divino Messaggio, invece di piantare e nutrire i semi della fede, rendendo molto più difficile il successivo insegnamento.» (Da una lettera del 16 aprile 1981 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a tutti i Comitati Continentali Pionieri) 2011. Espansione e consolidamento vanno di pari passo «Il lavoro di consolidamento deve procedere contemporaneamente e simultaneamente con questo vasto, ordinato e sempre crescente sforzo d’insegnamento. Infatti questi due processi debbono essere considerati come parti inseparabili dell’espansione della Fede. Per quanto il lavoro d’insegnamento venga inevitabilmente prima, continuarlo da solo senza il consolidamento lascerebbe la comunità impreparata a ricevere le masse che presto o tardi risponderanno al vivificante messaggio della Causa...Il consolidamento deve comprendere non solo la creazione di istituzioni amministrative bahá’í, ma l’effettivo approfondimento delle verità fondamentali della Causa e dei suoi principi spirituali, la comprensione del suo primario scopo che è l’instaurazione dell’unità del genere umano, l’indicazione delle sue regole di condotta in tutti gli aspetti della vita pubblica e privata, la particolare pratica di vita bahá’í in talune cose come la preghiera giornaliera, l’educazione dei bambini, l’osservanza delle leggi del matrimonio bahá’í, l’astensione dalla politica, l’obbligo di contribuire al Fondo, l’importanza della Festa del Diciannovesimo Giorno e l’opportunità di acquisire una solida conoscenza della pratica odierna dell’amministrazione bahá’í.» (Dal Messaggio di Ri?ván 1966 della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del mondo) 2012. Lo scopo dell’insegnamento non si raggiunge con la dichiarazione di Fede «L’insegnamento della Fede abbraccia molte attività di diversa natura, tutte vitali per il successo e ognuna delle quali rafforza l’altra. Più volte l’amato Custode ha messo in evidenza che l’espansione e il consolidamento sono aspetti gemelli e inseparabili dell’insegnamento che devono procedere simultaneamente, e tuttavia ancora si sentono credenti che discutono sulle virtù dell’una a scapito dell’altro. Lo scopo dell’insegnamento non si raggiunge in modo completo accettando Bahá’u’lláh come Manifestazione di Dio per quest’epoca; esso si consegue effettivamente attraendo gli esseri umani verso il Messaggio Divino e permeandoli tanto con il suo spirito da farli dedicare al suo servizio; solo così questo mondo diventerà un altro mondo e il suo popolo un altro popolo. Vista in questa luce, la dichiarazione di Fede, quantunque molto importante, è solamente una pietra miliare lungo la via. L’insegnamento può essere anche paragonato all’accensione di una fiamma - quella della fede - nel cuore dell’uomo. Se il fuoco brucia solo se il fiammifero vi è tenuto sopra, non si può dire in realtà che sia stato acceso; per essere effettivamente acceso deve continuare a bruciare spontaneamente. Da questo momento in poi si può aggiungere altro combustibile e alimentare la fiamma, ma anche in mancanza d’alimentazione per un certo tempo un fuoco veramente acceso non si estinguerà al primo soffio di vento.» (Da una lettera del 25 maggio 1975 della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali) 2013. Qualità necessarie per l’insegnamento «Bisogna comprendere che le persone analfabete non possono beneficiare direttamente della lettura della parola scritta e trarre da essa il sostegno spirituale di cui necessitano per arricchire la loro vita bahá’í. Essi dipendono, quindi, per larga misura dai contatti con gli insegnanti che vanno a visitarle. La levatura spirituale e la moralità di questi insegnanti assume di conseguenza una grande importanza. L’Assemblea Spirituale Nazionale o i Comitati Insegnamento responsabili della selezione di questi insegnanti devono tenere presente che la loro scelta dovrà dipendere non solo dalla conoscenza degli insegnamenti da essi posseduta, ma in primo luogo dal loro spirito puro e vero amore per la Causa, nonché dalla loro capacità di trasmettere agli altri quello spirito e quell’amore.» (Da una lettera del 26 ottobre 1967 della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali impegnate nell’insegnamento alle masse) 2014. Dare il Messaggio con semplicità – La maggior parte della gente non è sofisticata «Le persone semplici del mondo - che formano la grande maggioranza della popolazione - hanno diritto quanto gli altri di conoscere la Causa di Dio. Quando insegnano la Parola di Dio, gli amici devono procurare di dare il Messaggio con la stessa semplicità con cui esso è enunciato nei nostri Insegnamenti. Nei loro contatti devono dimostrare amore sincero e divino. I cuori delle persone incolte sono estremamente sensibili e avvertono immediatamente qualunque traccia di pregiudizi o nei pionieri o negli insegnanti.» (Da una lettera del 13 luglio 1964 della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali) 2015. Insegnare alle classi meno abbienti – Rassicurare le persone «Non v’è dubbio che è doveroso insegnare la Causa e dare l’opportunità di abbracciarla anche alle classi meno abbienti, soprattutto per dimostrare alla gente la nostra assoluta libertà da pregiudizi, vuoi di classe vuoi di qualunque altro genere. Tuttavia, egli ritiene che la cosa più importante sia di confermare persone veramente capaci e abili - qualunque sia lo strato sociale da cui provengano - perché ora la Causa ha bisogno - e ne avrà sempre più - di persone molto capaci, che possano presentarla al grande pubblico, amministrarne gli affari che vanno crescendo e contribuire al suo progresso in ogni campo. (Da una lettera del 30 ottobre 1941 scritta a nome del Custode a un credente: A Special measure of Love, p. 2) 2016. Campagne d’insegnamento «Egli approva pienamente l’idea di raggruppare le attività dei credenti concentrandole su campagne nazionali d’insegnamento e simili. Tuttavia pensa che gli amici debbano essere costantemente incoraggiati a tener presente certi fatti salienti: Bahá’u’lláh ha portato nel mondo un nuovo sistema, nuove leggi e nuovi modelli di comportamento sia personale che razziale. Sebbene organismi esterni alla Fede siano stati abbastanza illuminati dallo splendore del Suo Messaggio e delle Sue dottrine e si sforzino di portare il mondo in quell’orbita di pace universale e armonia che Egli ha stabilito per esso, queste forze esterne non sono in grado di ottenere ciò che invece possono raggiungere solo i seguaci della Sua Fede. I credenti non devono distogliersi dai propri immediati compiti, come consolidare con pazienza le istituzioni amministrative, creare nuove Assemblee nel Nord, Centro e Sud America e lavorare per perfezionare il modello di vita bahá’í, poiché queste sono cose che nessun altro gruppo di persone può o vuole fare, ed essi solamente sono in grado di offrire le basi spirituali e l’esempio su cui in definitiva devono poggiare i più grandi progetti mondiali. Allo stesso tempo occorre fare tutto il possibile per trasmettere in questo momento gli Insegnamenti, correlandoli alla critica situazione dell’umanità ed ai piani per il suo futuro. Entrambi i compiti devono procedere simultaneamente: consolidamento interno ed espansione, nonché un più ampio contatto con le masse, mantenuto per mezzo di incontri pubblici, radio, pubblicità, ecc.» (Da una lettera del 29 Mirza 1945 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti: Bahá’í News, n. 175, giugno 1945, p. 3) 2017. Scopo di tutte le istituzioni bahá’í e degli insegnanti «Lo scopo, quindi, di tutte le istituzioni bahá’í e degli insegnanti è quello di avanzare continuamente verso nuove aree e strati della società con tale scrupolosità che - una volta scoccata la scintilla della fede entro i cuori degli ascoltatori - l’insegnamento ai credenti continui fino a che e perfino dopo che questi si assumano le proprie responsabilità di bahá’í e partecipino sia al lavoro d’insegnamento che amministrativo della Fede. Esistono attualmente molte aree del mondo dove migliaia di persone hanno accettato il Messaggio così velocemente che un adeguato consolidamento di questi progressi è stato al di là delle capacità delle esistenti comunità bahá’í. La gente di queste aree deve essere gradualmente approfondita nella sua comprensione della Fede secondo piani ben congegnati, affinché le comunità possano diventare appena possibile fonti di grande forza per il lavoro della Fede e cominciare a manifestare il modello di vita bahá’í.» (Da una lettera del 25 maggio 1975 della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali) 2018. Sfida per ogni credente e ogni istituzione «Ogni seguace di Bahá’u’lláh, al pari delle istituzioni della Fede a livello locale, nazionale, continentale e mondiale, deve ora affrontare la sfida d’accrescere l’intensità dell’insegnamento a un grado finora mai raggiunto, in vista della realizzazione di quel vasto aumento di credenti richiesto dal Piano. Per coloro che vivono in paesi dove sono liberi d’insegnare la Fede, questa sfida si pone in maniera più decisa rispetto a quella che devono affrontare quei credenti che risiedono in paesi che applicano misure opprimenti nei confronti della Fede.» (Dal Messaggio di Ri?ván 1966 della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del mondo) 2019. Sfida per le istituzioni amministrative locali e nazionali «La sfida per le istituzioni amministrative locali e nazionali della Fede consiste nell’organizzare e promuovere il lavoro d’insegnamento per mezzo di piani sistematici, che implichino non solo regolari riunioni tipo fireside nelle case dei credenti, incontri pubblici, ricevimenti e conferenze, scuole di fine settimana estive e invernali, conferenze e attività di giovani - tutte cose allo stato attuale già vigorosamente sostenute -, ma anche un costante flusso di insegnanti viaggianti in ogni località.».. (Ibidem) 2020. Sfida al singolo bahá’í «La sfida al singolo bahá’í in ogni campo di servizio, ma sopratutto nell’insegnamento della Causa di Dio, non ha mai fine. Ad ogni nuova afflizione che colpisce l’umanità diventa sempre più chiaro il nostro inevitabile dovere né dovremmo mai dimenticare che, se trascuriamo questo dovere, “altri” - come dice Shoghi Effendi - “saranno chiamati ad assumere il nostro compito come strumenti per le lamentevoli necessità di questo mondo afflitto”.» (Ibidem) 2021. Come può un vero credente rimanere silenzioso? «Ogni bahá’í, per quanto umile o incapace di esprimersi, deve acquisire determinazione nell’adempimento del suo ruolo di portatore del Divino Messaggio. Infatti, come può un vero credente rimanere silenzioso, mentre intorno a lui gli uomini implorano angosciati che su questo mondo discendano la verità, l’amore e l’unità? (Da una lettera del 16 novembre 1969 della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del mondo) 2022. Aspetti caritativi e umanitari della Fede – Usare cautela «Insegnando fra le masse, gli amici devono procurare di non dare troppa evidenza agli aspetti caritativi e umanitari della Fede nell’intento di ottenere adesioni. L’esperienza ha dimostrato che quando alle persone a cui s’insegna vengono offerti servizi come scuole, dispensari, ospedali o anche solo vestiari o viveri, sorgono molte complicazioni. L’intenzione primaria deve sempre essere la risposta dell’uomo al Messaggio di Dio e il riconoscimento del Suo Messaggero. Coloro che si dichiarano bahá’í devono essere incantati dalla bellezza degli Insegnamenti e toccati dall’amore di Bahá’u’lláh: non occorre che conoscano tutte le prove, la storia, le leggi e i principi della Fede; ma, in previsione della dichiarazione, oltre a cogliere la scintilla della Fede, devono ottenere le informazioni basilari sulle Figure Centrali della Fede, nonché sull’esistenza di leggi da seguire e su un’amministrazione cui obbedire.» (Da una lettera del 13 luglio 1964 della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali. Compilazione “L’Insegnamento alle masse”, p. 36, n. 54) 2023. Onorari e spese da pagare a chi presenta la Fede in occasione di avvenimenti non bahá’í «Per quanto riguarda gli onorari, è preferibile ovviamente che si presenti la Fede senza ricevere alcun compenso. Tuttavia, non vi è nulla di male che a un bahá’í vengano rimborsate spese d i viaggio o di altra natura sostenute in relazione al predetto scopo.» (Da una lettera del 25 aprile 1966 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 2024. Insegnanti con compiti amministrativi «Non vi è motivo perché gli insegnanti non debbano avere anche incombenze di carattere amministrativo; tuttavia un insegnante attivo non dispone di molto tempo per il lavoro di comitato. Purtroppo le persone qualificate a svolgere compiti amministrativi sono in numero maggiore di quelle che fanno insegnamento; e invece v’è proprio un grande bisogno d’insegnanti.» (Da una lettera del 15 luglio 1947 scritta a nome di Shoghi Effendi a un’Assemblea Spirituale Nazionale) 2025. Aprire alla Fede un nuovo territorio o una nuova città è solo il primo passo «Occorre chiarire bene ai bahá’í che aprire alla Fede un nuovo territorio o una nuova città, per quanto meritevole sia, è pur nondimeno solo il primo passo. La cosa più importante è il consolidamento del lavoro intrapreso in quel luogo. Le vittorie si ottengono normalmente per mezzo di grande pazienza, pianificazione e perseveranza, e raramente in un colpo solo.» (Da una lettera del 24 luglio 1955 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Australia e Nuova Zelanda 2026. L’obiettivo basilare dell’insegnamento «È rassicurante sapere che da parte vostra si comprenda che l’obiettivo basilare dell’insegnamento è promuovere la Causa di Dio, e non semplicemente aumentare il numero dei credenti per amore del numero. Tuttavia, occorre fare attenzione nell’applicazione di questo principio al fine di evitare quella rigidità che farebbe escludere dalle nostre file, solo perché non ancora bene informate di tutti gli Insegnamenti, quelle anime in attesa già toccate dallo spirito della Fede. Si deve formare un’Assemblea Spirituale Locale in ogni località ove risiedano nove o più credenti adulti. Il fatto che alcuni di loro non siano ben istruiti sulla Fede non è motivo valido per procrastinare la formazione dell’Assemblea, ma solo una questione da trattare a parte.» (Da una lettera del 23 novembre 1976 della Casa Universale di Giustizia a un’Assemblea Spirituale Nazionale) 2027. Incoraggiamento del Custode all’arruolamento di nuovi credenti «...Come Ella sa, l’amato Custode incoraggiava il pronto arruolamento di nuovi credenti subito dopo la dichiarazione e raccomandava di non creare ostacoli alla loro accettazione. Alla dichiarazione è necessario che segua l’approfondimento, ma può verificarsi anche che qualcuno si ritiri. Comunque, coloro che rimangono sono i veri frutti dello sforzo d’insegnamento e fra questi possono esservi persone di grande merito a cui la Causa potrebbe essere stata preclusa per arbitrari giudizi prematuri.» (Da una lettera del 18 novembre 1980 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente) 2028. Insegnamento indiretto «Riguardo la Sua domanda sull’insegnamento indiretto: esso consiste essenzialmente nella presentazione di qualche insegnamento di carattere umanitario o sociale della Causa che sia condiviso da coloro a cui si insegna, così da attrarli a quegli aspetti della Fede che per loro natura sono più interessanti e specificatamente bahá’í. L’insegnamento dell’esperanto, per esempio, è stato un modo molto utile di presentare indirettamente la Causa a molte persone. Ha fornito ai credenti parecchie possibilità di contatto e ha recentemente dato prova di essere di notevole aiuto per la presentazione degli Insegnamenti in rinomati circoli sociali e intellettuali. (Da una lettera del 28 maggio 1937 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 2029. Insegnamento agli indiani d’America «Come sapete, il Maestro attribuiva la massima importanza all’insegnamento nei confronti degli Indiani d’America. Il Custode spera quindi che la vostra Assemblea dedichi considerevole energia a questa importantissima questione, al fine di prendere contatti con gli Indiani in tutti i Paesi sotto la vostra giurisdizione e confermarne alcuni nella Fede. Se la luce della Guida Divina entra in modo appropriato nelle vite degli Indiani, si scoprirà che essi si leveranno con grande forza e diventeranno un esempio di spiritualità e cultura per tutte le genti di questi paesi. Il Maestro ha paragonato gli indiani nei vostri paesi agli antichi nomadi arabi dell’epoca dell’avvento di Mu?ammad. In breve tempo essi divennero illustre esempio di educazione, cultura e civiltà per il mondo intero. Il Maestro è convinto che portenti analoghi accadranno oggi se gli Indiani saranno opportunamente istruiti e se il potere dello Spirito entrerà convenientemente nella loro vita.» (Da una lettera del 22 agosto 1957 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Assemblea dell’America Centrale e Messico. Parzialmente in compilazione “L’insegnamento alle masse”, p. 34, n. 52) 2030. L’insegnamento ai mussulmani « ...Insegnare la Fede ai mussulmani richiede un buon livello di conoscenza del Corano, affinché Ella possa trarre delle prove dai loro stessi testi. Se non lo conosce ancora a fondo, egli Le suggerisce di studiarlo con l’aiuto di qualche bahá’í d’estrazione islamica. In questo modo Ella attrarrà i mussulmani bene istruiti ed essi apprezzeranno molto che un Americano sia approfondito sulla loro religione.» (Da una lettera del 9aprile1956 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 2031. Le confermazioni provengono dallo Spirito Santo e occorre diventare delle canne attraverso cui esso possa discendere «Bisogna ricordare che una persona non viene confermata da un’altra, ma dallo Spirito Santo. Quindi è necessario che si diventi come una canna attraverso cui lo spirito possa discendere e destare l’anima. Di conseguenza, il miglior modo per sviluppare le proprie capacità nell’insegnare la Fede è insegnare. Insegnando, l’individuo aumenta la propria conoscenza, dipende maggiormente dalla guida dello spirito e sviluppa il proprio carattere. Ecco perché Bahá’u’lláh ha ingiunto a tutti d’insegnare la Fede.» (Da una lettera del 24 novembre 1956 scritta a nome del Custode a un credente) 2032. Molti sono pronti e bramano di scoprire questi Insegnamenti «Vi sono moltissime persone che sono pronte e bramano di scoprire gli Insegnamenti di Bahá’u’lláh. Con l’aiuto della preghiera e contattando gruppi di persone di varia estrazione, gli amici devono cercare queste anime affamate e confermarle. (Da una lettera del 5 febbraio 1948 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 2033. Utilizzare qualunque mezzo d’espressione per attrarre l’ascoltatore‚ «L’inglese parlato, paragonato al latino e alle lingue orientali, manca di termini fioriti, e il Custode ritiene che - insegnando - Ella debba sempre utilizzare ogni metodo che possa attrarre maggiormente l’ascoltatore. Se termini come “La Gloria di Dio” non vanno bene per certe mentalità, deve evitare di usarli fino al momento che non facciano realmente avvicinare allo spirito della Causa. L’insegnamento è di primaria importanza, mentre le parole sono secondarie.» (Da una lettera del 23gennaio1945 scritta a nome del Custode a un credente) 2034. L’audacia è essenziale nell’insegnamento, ma con tatto, saggezza e ponderazione «...È senz’altro necessario, anzi di vitale esigenza, che i credenti non scendano mai ad alcun compromesso nell’insegnamento della Causa e non permettano che la consapevolezza delle proprie limitate possibilità e risorse impedisca di presentare gli Insegnamenti nella loro integrità, con assoluto coraggio e ferma convinzione. Devono prendere coscienza di non essere altro che strumenti della Volontà Divina e, come tali, di essere dotati di una forza assolutamente non paragonabile ad alcun potere terreno - sia esso fama, ricchezza, cultura e capacità; detta forza deve infondere loro indomito coraggio e determinazione nell’insegnare e trasmettere il Messaggio a tutti coloro con cui vengono in contatto, dando prova così d’essere pienamente degni della fiducia divina su di loro riposta da Bahá’u’lláh. Come rimarcato dallo stesso Custode, l’audacia nell’insegnamento è essenziale, ma non meno importante - nel rivolgersi sia a singole persone che a un largo pubblico - è la necessità di agire con massimo tatto, saggezza e ponderazione. Solo quando queste qualità siano state debitamente combinate e armonizzate si può svolgere efficacemente il lavoro d’insegnamento e ottenere duraturi risultati.» (Da una lettera del 2 settembre1939 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 2035. Bahá’í che non si considerano tali «Riguardo coloro che non si considerano bahá’í per il semplice fatto di aver firmato la cartolina di dichiarazione senza capire realmente il significato di ciò che stavano facendo, occorre che stabiliate in primo luogo chi sono queste persone. Indi dovete approfondire la loro conoscenza della Fede. Se costoro, dopo aver ricevuto sufficienti informazioni, non intendono comunque considerarsi bahá’í, sarà necessario cancellare i loro nomi dalla lista dei credenti. (Da una lettera del 23 giugno 1985 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un’Assemblea Spirituale Nazionale) 2036. Modo migliore per svolgere il lavoro d’insegnamento «I bahá’í devono capire che il successo di questo lavoro dipende dall’individuo. L’individuo deve dedicarsi, come mai prima, a proclamare la Fede di Bahá’u’lláh. Il modo migliore in cui possono eseguire il loro lavoro è quello di farsi molti conoscenti, sceglierne alcuni che, a loro avviso, potrebbero diventare bahá’í, stringere con questi una grande amicizia, quindi ottenerne la completa fiducia e infine insegnare loro la Fede, finché non divengano forti sostenitori della Causa di Dio.» (Da una lettera del 13 maggio 1955 scritta a nome di Shoghi Effendi a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali. Compilazione “Insegnamento”, p. 41, n. 95) XLIX. P R O V E 2037. La più grande prova dei bahá’í «Forse, la più grande prova alla quale possono essere sottoposti i bahá’í è quella che ha origine dal rapporto reciproco; ma, per amore del Maestro, dovrebbero essere sempre pronti a chiudere gli occhi sugli errori degli altri, a chiedere scusa per le parole dure che hanno pronunciato, a perdonare e dimenticare. Egli le raccomanda vivamente questa linea di condotta.» (Da una lettera del 18 febbraio1945 scritta a nome del Custode a un credente, Living the Life, p. 12) 2038. Difficoltà iniziali di ogni comunità bahá’í «Queste prove e queste difficoltà attraverso le quali passano inevitabilmente tutte le comunità bahá’í sembrano spesso terribili nel momento in cui si presentano, ma - ripensandoci - si comprende che erano dovute alla debolezza della natura umana, ai malintesi e alle difficoltà iniziali che ogni comunità deve incontrare.» (Da una lettera del 25 novembre 1956 scritta a nome del Custode a un credente) [Ritradotto il brano già contenuto nella compilazione “Guida per una vita bahá’í” p. 107, n. 72] 2039. Insuccessi, prove e difficoltà: mezzi per purificare lo spirito «Dobbiamo sempre guardare avanti cercando di realizzare in futuro ciò che in passato non abbiamo potuto fare. Gli insuccessi, le prove e le difficoltà - se utilizzati in maniera giusta - possono divenire mezzi per purificare il nostro spirito, rafforzare il nostro carattere e metterci in grado di stimolarci a più alti livelli di servizio.» (Da una lettera del 14 dicembre 1941 scritta a nome del Custode a un credente. Compilazione “Guida per una vita bahá’í”, p. 84, n. 24) 2040. Dio utilizza talvolta la sofferenza per rafforzarci nella Sua Causa «Non devi essere triste. Quest’afflizione ti farà diventare spiritualmente più forte. Non essere triste. Fatti animo! Sia lodato Iddio, tu Mi sei caro. Ti voglio raccontare una storia: “Un re voleva conferire a un suo suddito un’alta carica e così, allo scopo di addestrarlo, lo gettò in prigione procurandogli grandi sofferenze. L’uomo fu assai sorpreso di ciò, poiché si attendeva di ricevere grandi favori. Poi il sovrano lo tirò fuori dalla prigione e lo fece bastonare; questo comportamento provocò in lui molto stupore poiché pensava di essere amato dal suo signore. Successivamente fu appeso alla forca, finché quasi non morì. Dopo che si fu ripreso, l’uomo chiese al re: Se tu mi ami, perché mi fai queste cose? E il sovrano rispose: ‘Io voglio farti primo ministro e avendo tu superato queste prove sei il più adatto per tale carica. Ho voluto che tu sapessi ciò che si prova. Quando sarai obbligato a dare delle punizioni, saprai come ci si sente a sopportare queste cose. Io ti amo e perciò voglio che tu sia perfetto’. Lo stesso vale per te. Dopo questa prova acquisterai maturità. Iddio talvolta ci procura molte sofferenze e sfortune affinché possiamo rafforzarci nella Sua Causa. Ti ristabilirai presto e sarai spiritualmente più forte di prima. Lavorerai per Dio e porterai il Messaggio a moltissime persone della tua gente.» (Parole di ‘Abdu’l-Bahá pronunciate il 10ottobre1912 a Mr. Tinsley - di razza negra - in convalescenza per un infortunio occorsogli a San Francisco. Tratto da “Star of the West”, vol. IV, n. 12, p. 205) 2041. Un uomo sempre felice potrebbe dimenticare Dio «Se un uomo fosse sempre felice potrebbe dimenticare Dio; ma quando vengono le disgrazie ed egli è affranto dal dolore, si ricorderà del Padre Che è nei Cieli e Che può consolarlo. Gli uomini che non soffrono non raggiungono la perfezione. La pianta che il giardiniere ha potato senza misericordia è quella che, quando viene l’estate, avrà i fiori più belli e i frutti più abbondanti.» (‘Abdu’l-Bahá: “La Saggezza di ‘Abdu’l-Bahá”, p. 57) 2042. Difficoltà: mezzi per l’evoluzione dello spirito «Dovreste considerare in questo modo le vostre difficoltà sul sentiero del servizio: esse sono il mezzo per l’evoluzione e lo sviluppo del vostro spirito. Scoprirete all’improvviso di aver risolto molti dei problemi che vi turbavano, e poi vi domanderete perché mai vi avessero turbato. L’individuo deve concentrare tutto il cuore e la mente nel servizio alla Causa secondo gli alti criteri fissati da Bahá’u’lláh. Quando avrà fatto ciò, gli Eserciti delle Coorti Supreme verranno ad assisterlo e sarà gradualmente superata ogni prova e ogni difficoltà.» (Da una lettera del 6 ottobre 1954 scritta a nome del Custode a un credente. Compilazione “Guida per una vita bahá’í”, p. 105-106, n. 69) 2043. È giusto mentire per salvare il prossimo? «Per quanto riguarda la domanda se sia giusto mentire per salvare il prossimo, egli pensa che non si dovrebbe farlo in nessuna circostanza, ma allo stesso tempo si dovrebbe cercare di aiutare la persona in maniera più legittima. Naturalmente non è necessario essere troppo espliciti finché non ci sia posta direttamente la domanda.» (Da una lettera del 21 dicembre 1927 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Guida per una vita bahá’í”, p. 77, n. 8) 2044. Nessun conforto in questo mondo «...non v’è anima in questo mondo che possa assicurare conforto, dal monarca al più umile suddito. Per una dolce coppa che essa [dimora mortale, N.d.T.] offre all’uomo, ne seguono cento di amarezza: così è questo mondo. Il saggio, perciò, non si attacca a questa vita mortale e non ne dipende; vi sono anzi certi momenti in cui egli desidera ardentemente la morte che lo liberi da tali dolori e afflizioni. È per questo che alcuni, sotto l’estrema pressione dell’ambascia, sono giunti al suicidio.» (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, p. 191, n. 170) 2045. Trasformare le difficoltà in opportunità «...Noi bahá’í possiamo sempre - con l’aiuto di Bahá’u’lláh, il Quale è pronto in ogni momento a darci forza e assistenza - convertire le difficoltà in opportunità e utilizzare in maniera positiva le forze spesso impetuose liberate da sinceri ma forse poco giudiziosi amici, trasformandole in strumenti produttivi invece che distruttivi. (Da una lettera del 30 giugno 1949 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Germania e Austria) 2046. Accettare pazientemente le prove della vita «Talvolta la vita ci affligge con prove molto severe; tuttavia, dobbiamo sempre ricordare che Dio ci ricompensa in altro modo quando accettiamo con pazienza la Sua volontà. Bisogna essere pazienti con fede a amore ed Egli certamente ci ricompenserà. (Da una lettera del 30 ottobre 1951 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 2047. Molte prove sono dovute al nostro carattere «Egli si è veramente dispiaciuto nel sentire che Ella ha dovuto sopportare così tante prove nella Sua vita bahá’í. Non v’è dubbio che molte di queste sono dovute al nostro stesso carattere. In altre parole, se siamo troppo sensibili o se siamo stati educati in condizioni ambientali diverse da quelle bahá’í in cui viviamo, naturalmente vediamo le cose differentemente e le percepiamo in modo più acuto; l’altro lato della medaglia è che le imperfezioni dei nostri amici bahá’í possono rappresentare per noi una grande prova. Dobbiamo sempre ricordare che nella fogna del materialismo, ciò che per certi versi è diventata la moderna civiltà, alcuni bahá’í subiscono ancora in qualche modo l’influenza della società dalla quale provengono. In altre parole, essi hanno riconosciuto la Manifestazione di Dio, ma non sono stati credenti abbastanza a lungo - o forse non si sono sforzati sufficientemente - per diventare “una nuova Creatura”. Egli pensa che, se Ella chiude gli occhi alle mancanze degli altri e rivolge il suo amore e le sue preghiere a Bahá’u’lláh, avrà la forza di superare questo turbamento e alla fine il suo spirito ne trarrà giovamento. Pur soffrendo, acquisterà una maturità tale da rivelarsi di grande aiuto sia ai suoi compagni di fede che ai suoi figli.» (Da una lettera del 5 aprile 1956 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 2048. La sofferenza fa manifestare la nobiltà di carattere «Riguardo gli inconvenienti che Ella ha avuto durante gli ultimi dieci anni, la migliore consolazione che posso immaginare è la citazione dalle Parole Celate da Lei stesso citata: “Le Mie calamità sono una provvidenza”. Dobbiamo aver pazienza l’un l’altro. Solamente con la sofferenza può essere manifestata la nobiltà di carattere. L’energia che spendiamo per sopportare l’intolleranza di taluni individui della nostra comunità non è perduta; essa viene trasformata in forza d’animo, saldezza e magnanimità e i migliori esempi di ciò sono proprio le vite di Bahá’u’lláh e ‘Abdu’l-Bahá. I sacrifici sulla via della propria religione producono sempre risultati imperituri: “Dalle ceneri rinasce l’araba fenice”.» (Da una lettera del 30 giugno 1923 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 2049. La sofferenza: cera usata da Dio per metterci in grado di riflettere meglio i Suoi attributi «...La sofferenza, di qualunque genere essa sia, sembra essere il destino dell’uomo in questa vita. Perfino ai Profeti di Dio non sono stati risparmiati i mali di questo mondo; povertà, malattie, lutti sembrano essere parte della cera usata da Dio per renderci più belli e per metterci in grado di riflettere meglio i Suoi attributi! Non v’è dubbio che in futuro, allorquando la società sarà eretta secondo il piano divino e l’uomo sarà veramente spiritualizzato, verrà posto rimedio a un gran numero di mali e problemi attuali. Il nostro odierno duro lavoro servirà ad aprire la strada a un mondo di gran lunga migliore e questa consapevolezza ci deve sostenere e rafforzare in ogni difficoltà.» (Da una lettera del 3 Mirza 1943 scritta a nome del Custode a un credente) 2050. A volte cose che sembrano difficili da capire hanno una spiegazione semplice e ragionevole «Egli ritiene che molte delle perplessità che sorgono nella nostra mente potrebbero dissiparsi se considerassimo gli insegnamenti come un’unica realtà con molte sfaccettature. Giacché copre una grande varietà di argomenti, la verità può apparire contraddittoria, ma è pur sempre una se si considerano bene le cose fino in fondo... Egli spera ch’Ella... resterà certo, nell’intimo suo, che per cose che a volte sembra difficile capire vi è di solito una risposta semplice e ragionevole.» (Da una lettera del 24 febbraio 1947 scritta a nome del Custode a un credente. Compilazione “Approfondimento”, p.62, n.146) L. IL TEMPIO - MASHRIQU’L-ADHKÁR A. Istituzione del Tempio 2051. L’istituzione del Tempio segna l’inizio del Regno di Dio sulla terra‚ «L’istituzione del Mashriqu’l-Adhkár segnerà l’inizio del Regno di Dio sulla terra.» (`Abdu’l-Bahá: tratto da “Star of the West”, vol.6, n.17, p.137) 2052. Il Tempio è l’arca per navigare sul mare in tempesta «...Divinamente istituito Tempio decretato essere l’Arca destinata navigare trionfante (sui) marosi delle calamità che circondano (il) mondo e offrire unico rifugio a sofferenti sballottati (dalla) tempesta della civiltà immorale e in continuo declino..». (Dal cablogramma 23ottobre1939 di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada) 2053. La prima istituzione dei discepoli fu un Tempio «Il Mashriqu’l-Adhkár riveste massima importanza ed è la più grande istituzione divina. Considera come la prima istituzione di Mosè, dopo il Suo esodo dall’Egitto, fu la “Tenda del Martirio” che Egli eresse e che costituì il Tempio mobile. Era una tenda che, ovunque il Suo popolo si fermasse, veniva piantata nel deserto e in cui si compivano atti di culto. Allo stesso modo, dopo la venuta di Cristo - possa lo spirito del mondo essere a Lui sacrificato! -, la prima istituzione eretta dai discepoli fu un Tempio. Essi progettarono una chiesa in ogni paese. Esamina il Vangelo (leggilo) e l’importanza del Mashriqu’l-Adhkár risulterà evidente.» (‘Abdu’l-Bahá: Tavole di ‘Abdu’l-Bahá, vol. III, p. 633) 2054. Effetto della costruzione del Mashriqu’l-Adhkár «Il Mashriqu’l-Adhkár ha influenza non solo su coloro che lo costruiscono, ma anche sul mondo intero ... Chiunque si levi al servizio di questa costruzione sarà assistito da una grande forza proveniente dal Suo [di Dio, N.d.T.] Regno Supremo; su di lui discenderanno benedizioni celesti e spirituali che riempiranno il suo cuore di meravigliosa consolazione e illumineranno i suoi occhi con la visione del Glorioso ed Eterno Iddio.» (‘Abdu’l-Bahá: tratto da “Bahá’í Year Book”, vol. I, pp. 60-62) 2055. Dipendenze del Mashriqu’l-Adhkár «Il Mashriqu’l-Adhkar e le sue dipendenze: quando saranno fondate queste istituzioni - collegio, ospedale, ospizio, alloggi per gli incurabili, università per lo studio delle maggiori discipline scientifiche e per corsi post-laurea, e altri edifici a scopi filantropici - le loro porte saranno aperte a tutte le genti e a tutte le religioni. Non esisterà assolutamente alcuna linea di demarcazione. Le loro opere assistenziali saranno elargite a prescindere dal colore e dalla razza. I loro cancelli saranno spalancati a tutta l’umanità; non vi sarà pregiudizio verso alcuno, ma amore per tutti. L’edificio centrale sarà dedicato alla preghiera e al culto. Cos, per la prima volta, la religione sarà armonizzata con la scienza e la scienza sarà l’ancella della religione, ed entrambe copriranno tutta l’umanità dei loro doni materiali e spirituali. In tal modo la gente sarà tirata fuori dal pantano dell’infingardaggine e della grettezza.» (‘Abdu’l-Bahá: tratto da “Star of the West”, 21(1), 1930, p.20) 2056. Mashriqu’l-Adhkár: una delle più importanti istituzioni del mondo «Il Mashriqu’l-Adhkár è una delle più importanti istituzioni del mondo e ha molte branche sussidiarie. Benché sia una Casa di Adorazione, è anche collegata a un ospedale, una farmacia, un ostello per i viaggiatori, una scuola per gli orfani e un’università per gli studi avanzati. Ogni Mashriqu’l-Adhkár è collegato a queste cinque cose. È mia speranza che il Mashriqu’l-Adhkár sia ora costruito in America e che a poco a poco sia seguito dall’ospedale, dalla scuola, dall’università, dalla farmacia e dall’ostello, tutti funzionanti secondo i metodi più efficaci e regolari. Informatene gli amati del Signore, sì che comprendano quanto sia grande l’importanza di questo “Oriente della Rimembranza di Dio”. Il Tempio non è solo luogo di preghiera; è completo sotto ogni aspetto.» (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, p. 100, n. 64) 2057. Culto e servizio: rapporto fra edificio amministrativo e Tempio «Riguardo il rapporto fra un edificio amministrativo e il Tempio: anche questo dovrà essere definito in futuro, ma qualunque forma effettiva possa assumere tale rapporto, e quali che possano essere i suoi dettagli, esso deve essere basato sul principio generale che questi due tipi di istituzioni bahá’í esprimono due vitali e distinti, seppure inseparabili, aspetti della vita bahá’í: culto e servizio. L’edificio centrale del Mashriqu’l-Adhkár, esclusivamente dedicato al culto, rappresenta l’elemento spirituale e quindi adempie ad una primaria funzione di ogni comunità bahá’í, mentre tutte le altre dipendenze del Tempio - siano esse di carattere strettamente amministrativo, culturale o umanitario - sono secondarie e, per importanza, vengono subito dopo la Casa di Adorazione stessa. (Da una lettera del 28gennaio1939 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada) B. Culto nel Tempio 2058. Il motivo di un luogo di culto «Hai chiesto dei luoghi di culto e dei motivi della loro esistenza. La saggezza nel costruire tali edifici sta nel fatto che a una data ora la gente deve sapere che è il momento per incontrarsi e riunirsi tutti insieme al fine di pregare, armoniosamente sintonizzati l’un l’altro; con il risultato che da questa riunione fioriranno e cresceranno nel cuore umano sentimenti d’unità e d’affetto.» (‘Abdu’l-Bahá: da un brano recentemente tradotto al Centro Mondiale, citato in una compilazione sul Tempio) 2059. La natura delle riunioni nel Tempio «Per quanto riguarda la natura delle riunioni nell’Auditorium del Tempio, egli ritiene che debbano essere di carattere puramente devozionale e che sono totalmente da escludere discorsi ufficiali bahá’í e conferenze. Allo stato attuale, egli pensa che non vi è nulla in contrario che nella Sala della Fondazione si tengano riunioni bahá’í, compresi i discorsi ufficiali e le sessioni di lavoro della Convenzione. Shoghi Effendi esorta che nell’Auditorium vengano fatti cantare cori formati da uomini, donne e bambini e che si eviti scrupolosamente ogni forma d’intransigenza nel servizio religioso. Più universale e informale è il carattere del culto bahá’í nel Tempio, meglio . Immagini e quadri, ad eccezione del Più Grande Nome, sono totalmente da escludere. Si dovranno leggere o cantare le preghiere rivelate da Bahá’u’lláh e dal Maestro, come pure i Sacri Scritti dei Profeti e gli inni basati sulle Sacre Scritture Bahá’í e non bahá’í.» (Da una lettera del 2 aprile 1931 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada) 2060. Ammissione del pubblico non bahá’í «Gli amici non esitino ad ammettere alle loro cerimonie, anche di carattere devozionale, non bahá’í, molti dei quali potrebbero essere attratti dalle preghiere e dalle espressioni di gratitudine dei credenti, non meno che dallo stile elevato dei brani tratti dagli Scritti bahá’í.» (Da una lettera del 25 giugno 1967 della Casa Universale di Giustizia a un’Assemblea Spirituale Nazionale: Wellspring of Guidance, p. 116) 2061. Culto nel Tempio «Riguardo l’intera questione del Tempio e delle funzioni che vi si tengono, egli desidera sottolineare di essere molto preoccupato - adesso che questo primo e più grande Tempio dell’Occidente è stato costruito e che entro pochi anni sarà aperto al culto e alle regolari funzioni da parte dei bahá’í - perché nessuna formalità, nessun rituale, nessuna rigida usanza vengano introdotti in aggiunta a quelli minimi previsti negli insegnamenti. Queste riunioni sono tenute per pregare, meditare e leggere le Sacre Scritture della nostra e di altre Fedi; vi possono essere uno o più lettori, sia bahá’í che non bahá’í. Le riunioni devono essere semplici, dignitose, atte a innalzare l’anima ed educarla tramite l’ascolto della Parola Creativa. Non si possono tenere discorsi, né‚ introdurre argomenti non pertinenti. L’uso dei pulpiti è proibito da Bahá’u’lláh; non vi sono obiezioni, tuttavia, se una persona - al fine di essere meglio sentita - sta su una bassa pedana, che comunque non deve costituire una caratteristica architettonica dell’edificio...Può essere utilizzata solo la musica vocale e la posizione del cantante o dei cantanti sarà stabilita dalla vostra Assemblea, ma anche in questo caso non vi dovranno essere punti fissi, né‚ elementi architettonici che segnino un particolare luogo. Sarà certamente l’acustica il principale elemento da considerare per la collocazione dei cantanti.» (Da una lettera dell’ 11 aprile 1947 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti inserita nel Bahá’í News, n. 232 del giugno 1950) 2062. Parlare nel Tempio «È ovvio che nell’Auditorium del Tempio non si debba parlare. Tuttavia, il Custode ritiene che, in caso di necessità, si possano scambiare delle parole per brevissimo tempo e sottovoce. Il Custode pensa che in questioni del genere si debba usare buon senso.» (Da una lettera dell’ottobre 1953 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti: Archives) 2063. Scritture di altre Religioni, Lettori, Musica nella Casa di Adorazione «La vostra Assemblea è libera di scegliere passi dagli Scritti delle religioni del passato. Riguardo la vostra domanda sull’impiego contemporaneo di diversi lettori, ciò è permesso purché - a vostro giudizio - non sembri o diventi teatrale. Circa la loro collocazione, l’amato Custode ha già detto che “il lettore deve stare dove possa essere meglio visto e sentito da tutti”. La musica nel Tempio può eseguirsi solo vocalmente da uno o più cantanti. Non importa se si ospita un coro o un solista, purché tale circostanza non serva a pubblicizzare le funzioni di culto ed è bene che vengano prese le precauzioni da voi menzionate. Non c’è dubbio che le eccellenti registrazioni oggi disponibili assicurerebbero la massima qualità di esecuzione a basso costo, ma parlare di musica vocale nell’edificio centrale del Tempio implica la presenza fisica dei cantanti.» (Da una lettera del 13 Mirza 1964 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 2064. Utilizzo dell’Auditorium per speciali preghiere di visitatori bahá’í e non bahá’í‚ «...purché siano osservate le norme generali che regolano la natura delle funzioni nel Mashriqu’l-Adhkár, non c’è nulla in contrario che la vostra Assemblea permetta di usare l’Auditorium per speciali riunioni di preghiera di gruppi di visitatori nei momenti in cui non sia programmata alcuna funzione; tali riunioni possono essere dedicate alla commemorazione di defunti, sia bahá’í che non bahá’í. Poiché, però, in talune religioni v’è l’abitudine di tenere dette commemorazioni in un momento specifico dalla morte - per esempio, nell’Islám avviene quaranta giorni dopo il trapasso -, il Custode ha affermato che tali pratiche non hanno nulla a che vedere con la Fede e occorre che gli amici ne siano bene a conoscenza ed evitino preferibilmente di continuarle. Pertanto, in questioni del genere l’Assemblea Spirituale Nazionale deve prestare attenzione affinché non vengano ad instaurarsi simili abitudini.» (Da una lettera del 24 novembre 1976 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Panama) 2065. Cantare le Tavole nel Tempio «Per quanto riguarda cantare le Tavole nel Tempio, Shoghi Effendi desidera esortare gli amici a non essere assolutamente intransigenti e uniformi in materia di culto. Nulla in contrario a recitare o cantare le preghiere in lingua orientale, come pure ad adottare tale forma di preghiera in qualunque funzione devozionale nell’Auditorium del Tempio; non deve essere richiesto, ma neppure proibito. La cosa importante da tenere sempre presente è che, con l’eccezione di talune preghiere obbligatorie, Bahá’u’lláh non ci ha dato rigide e speciali regole in materia di culto, sia all’interno del Tempio che altrove. La preghiera è essenzialmente una comunione fra l’uomo e Dio e come tale trascende ogni e qualsiasi formula rituale.» (Da una lettera del 15 giugno 1935 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 2066. Domande e risposte riguardo le funzioni nella Casa di Adorazione «Con riferimento alla vostra lettera del 2 agosto 1964 e alle domande poste sulle funzioni religiose nella Casa di Adorazione, abbiamo avuto ora l’opportunità di studiarle alla luce dei testi disponibili e siamo lieti di farvi partecipi delle nostre conclusioni. Riporteremo i vostri quesiti... e faremo i nostri commenti alla fine di ogni paragrafo: A.‚ Canto collettivo e culto collettivo sono la medesima cosa? È permesso unirsi al canto di altri? In caso affermativo, è permesso cantare “Alláh-u-Abhá” o “Yá Bahá’u’l-Abhá”? Il canto corale in una funzione religiosa nella Casa di Adorazione non deve essere confuso con la preghiera collettiva prescritta da Bahá’u’lláh per i defunti. Il Custode, in una lettera scritta a suo nome dal segretario, affermò: “Quando l’Aqdas sarà pubblicato la forma della preghiera collettiva si renderà chiara a tutti gli amici” (Bahá’í Procedure, 1942, p. 5). Per quanto riguarda il cantare nel Tempio, dobbiamo tener presente che Bahá’u’lláh nel Kitáb-i-Aqdas ingiunge a chi entra nel Tempio di sedersi in silenzio e ascoltare il canto dei versetti di Dio; come pure dobbiamo ricordare le affermazioni del Custode circa “il lettore”, “diversi lettori” o il “coro”. Con riferimento al desiderio degli africani di cantare, tale loro attitudine è da incoraggiare. Il Custode chiarì questo principio in una lettera scritta a suo nome dal segretario: “Shoghi Effendi esorta a incoraggiare il coro di uomini, donne e bambini nell’Auditorium, e ad evitare scrupolosamente ogni intransigenza nelle funzioni bahá’í”» (Bahá’í News, settembre 1931). B.‚ Si possono eseguire programmi musicali utilizzando parole non necessariamente tratte dalle Sacre Scritture? Si potrebbero adattare parole bahá’í a motivi di inni cristiani? Riteniamo che alla prima domanda rispondano le seguenti istruzioni del Custode: “Le preghiere ... vanno lette o cantate, come pure gli inni basati sulle Sacre Scritture bahá’í e non bahá’í” (Bahá’í News, settembre 1931). Nulla in contrario, poi, ad usare motivi di inni di altre religioni. Come il Custode ha sottolineato, non disponiamo attualmente di specifica musica che potrebbe essere chiamata bahá’í, in quanto un’espressione culturale è il fiore della civiltà e non si manifesta all’inizio di una nuova Rivelazione. C.‚ È necessario allo stato attuale mantenere a tutti i costi un’eccellente qualità del canto all’interno del Tempio? In caso affermativo, deve essere di modello occidentale o africano? In ogni circostanza dobbiamo sempre cercare di raggiungere l’eccellenza. Tenendo presente il principio base dell’unità nella diversità, nonché quello di evitare l’uniformità, l’Assemblea Nazionale deve fare tutto il possibile per assicurare una dignitosa presentazione di qualunque cosa venga cantata nel Tempio, sia essa di origine africana, occidentale o di altro luogo. D.‚ Può il lettore introdurre la sua lettura dicendo “Questo brano è tratto da...» o una frase simile? È permesso fare brevi commenti, come “le seguenti letture sono sul tema dell’umiltà...» oppure “la seguente preghiera per la guarigione è dedicata a...»? Nulla in contrario che il lettore all’inizio specifichi molto brevemente il riferimento e la fonte del passo che sta per leggere. Oltre a questo, ogni altro commento non è opportuno. Se in futuro la vostra Assemblea sarà in grado di rendere disponibile un programma stampato, sarebbe molto meglio. E.‚ Si possono utilizzare nel Tempio gli scritti di ‘Abdu’l-Bahá, essendo questi facilmente traducibili e molti dei quali sono già disponibili nella lingua locale, il Luganda? Il consiglio del Custode su questo punto è il seguente: “Si devono leggere o cantare le preghiere rivelate da Bahá’u’lláh e ‘Abdu’l-Bahá, come pure gli Scritti sacri dei Profeti” (Bahá’í News, settembre 1931). In riposta ad una specifica domanda postagli riguardo i discorsi pubblici e le Tavole di ‘Abdu’l-Bahá, il Custode consigliò di non utilizzarli nelle funzioni devozionali nel Tempio... » (Da una lettera del 19 agosto 1965 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Uganda e dell’Africa Centrale) C. Guida del Tempio e altre attività 2067. Sacralità del compito svolto dalla guida del tempio «Riguardo il lavoro di guida al Tempio di Wilmette, il Custode vi attribuisce grandissima importanza, in quanto fornisce la splendida opportunità di presentare il Messaggio su vasta scala. Le responsabilità che impone questo compito sono vitali e ampie tanto quanto i privilegi e le munificenze che conferisce al credente che lo svolge. La guida bahá’í ha infatti un obbligo veramente sacro da assolvere. Non solo deve perfezionare la sua conoscenza della Causa, ma deve sviluppare tutte quelle qualità di tatto, saggezza e abilità nel presentare il Messaggio che si richiedono a ogni insegnante bahá’í. È dovere di coloro che organizzano il lavoro di guida al Tempio fare ogni sforzo per ampliarne la portata, innalzare il livello del personale addetto e quindi incrementarne l’efficienza.» (Da una lettera del 17 aprile 1 937 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 2068. Si richiede buona competenza alle guide bahá’í «Ella ha chiesto quali informazioni le guide bahá’í del Tempio devono fornire ai visitatori: bisogna dare qualsiasi informazione, sia in riferimento all’aspetto puramente architettonico dell’edificio, sia al suo significato spirituale e sociale; pertanto è essenziale, per tutti coloro che sono stati nominati guide, essere bene informati su ogni aspetto del Tempio. Il Comitato Guida del Tempio deve accertarsi che ognuna delle guide abbia questi requisiti e deve dar loro ogni consiglio e suggerimento utile all’assolvimento del compito.» (Da una lettera del 14 novembre 1939 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 2069. Requisiti essenziali per le guide «Il requisito essenziale delle guide è quello d’avere una buona conoscenza del Tempio e degli insegnamenti, sé da essere in grado di rispondere alle domande ed attrarre il cuore della gente sia con lo spirito, che con le parole. Si tratta di una posizione molto importante perché spesso costituisce proprio il primo contatto di una persona con la Fede e da esso può dipendere il futuro atteggiamento della stessa nei confronti della Causa. Forse alcuni dei bahá’í più anziani, non in grado di salire così tanti scalini, potrebbero rispondere alle domande e interessare i visitatori, mentre una persona più dinamica potrebbe mostrare l’edificio nella sua parte superiore e dare le spiegazioni sulle questioni tecniche.» (Da una lettera del 5 dicembre 1944 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 2070. Lavoro nel Tempio nei Giorni Sacri «L’amato Custode ha chiarito in modo assoluto che l’obbligo di non lavorare durante i nove Giorni Sacri è un fatto di coscienziosa obbedienza da parte di ogni credente. Nel caso di attività lavorative interamente sotto controllo bahá’í, esse devono pure essere sospese in tali giorni, anche se utilizzano personale non bahá’í. È degno di apprezzamento che il Tempio bahá’í resti aperto per il culto nei Giorni Sacri e quindi è permesso provvedere ai minimi servizi essenziali. I necessari lavori di pulizia e preparazione dell’edificio sarà bene eseguirli nei giorni precedenti e limitarsi ad assolvere nel Giorno Sacro solo compiti improcrastinabili. Nel caso del Tempio è ininfluente che i prestatori di lavoro siano bahá’í o meno, poiché è dovere della Fede - specialmente con riguardo alle proprie istituzioni - osservare il comandamento di sospendere il lavoro nei suddetti giorni.» (Da una lettera del 12 aprile 1977 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Panama) 2071. Inaccettabilità di un terreno concesso dal Governo, ove sia destinato a sito del Tempio «...non è permesso accettare una gratuita concessione di terreno da parte del Governo da destinare a sito del Tempio. Il principio di non accettare doni da non bahá’í per scopi strettamente bahá’í si applica anche nel caso di gratuite concessioni di terreni di proprietà di non bahá’í, siano essi singoli individui, istituzioni o governi. Non v’è nulla in contrario, tuttavia, accettare gratuiti lotti di terreno da parte del Governo o autorità civiche da destinare a cimitero bahá’í o a istituzioni aventi carattere filantropico o umanitario, come le scuole.» (Da una lettera del 15 giugno 1972 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Belize) LI. D O N N E 2072. Uomini e donne sono stati creati a immagine di Dio «Sappi, o ancella, che agli occhi di Bahá le donne sono considerate pari agli uomini e Dio ha creato tutta l’umanità a Propria immagine e somiglianza. Cioè uomini e donne rivelano i Suoi nomi e attributi in ugual misura e dal punto di vista spirituale fra loro non v’è differenza. Chiunque maggiormente s’avvicini a Dio, quello è il favorito, uomo o donna che sia. Quante ancelle, ardenti e devote, si sono dimostrate, al riparo dell’ombra di Bahá superiori agli uomini e hanno superato i famosi della terra! Ma la Casa di Giustizia, secondo il testo esplicito della Legge di Dio, è riservata agli uomini (*); così è per una saggezza del Signore Iddio che fra non molto sarà palesata chiaramente come il sole a mezzodì. (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, p. 82, n. 38) (*)Da altri brani risulta evidente che la limitazione agli uomini si applica solo per la Casa Universale di Giustizia, e non per le Case di Giustizia Nazionali e Locali. 2073. Chiarimento sull’esclusione delle donne dalla Casa di Giustizia «Abbiamo ricevuto la Sua lettera del 26 Mirza 1971 nella quale chiede chiarimenti sull’esclusione delle donne dalla Casa Universale di Giustizia visto il grande principio della Causa che afferma l’uguaglianza fra uomo e donna, e Le proponiamo i seguenti commenti. In una Tavola inviata a una credente che aveva da poco abbracciato la Fede, ‘Abdu’l-Bahá affermò: “O ancella di Dio! Sappi che agli occhi di Dio il comportamento delle donne è uguale a quello degli uomini... Dal punto di vista spirituale...non v’è alcuna differenza fra donne e uomini...”. Egli aggiunse tuttavia: “Riguardo la Casa di Giustizia, secondo l’esplicito testo della Legge di Dio, l’appartenenza ad essa è riservata esclusivamente agli uomini. V’è una divina saggezza in questo che presto si appaleserà come il sole a mezzodì”. L’amato Custode, in risposta alla stessa domanda posta da un credente, sottolineò quanto segue nella lettera del 15 luglio 1947 scritta a suo nome: “Bisogna accettare il fatto che le donne non siano eleggibili alla Casa Universale di Giustizia. Come dice il Maestro, la saggezza di questa legge sarà palesata in futuro; noi possiamo solo accettarla credendo che sia giusta, ma non siamo in grado di dare una spiegazione intesa a placare un’ardente femminista!” Dobbiamo avere fede nella Suprema Manifestazione di Dio e nel Suo Esempio Perfetto, la Cui prescienza è rivelata in tale misura che un giorno “sarà palesata proprio come il sole di mezzogiorno”» (Da una lettera del 26 maggio 1971 della Casa Universale di Giustizia a un credente) 2074. L’appartenenza alla Casa Universale di Giustizia è limitata agli uomini «In quanto ai membri della Casa Internazionale di Giustizia, ‘Abdu’l- Bahá afferma in una Tavola che ne possono far parte solo gli uomini e che in futuro la saggezza di questa disposizione sarà rivelata chiaramente come il sole. In ogni caso i credenti devono sapere che, avendo ‘Abdu’l-Bahá affermato che i sessi sono uguali tranne in alcuni casi, l’esclusione delle donne dalla Casa Internazionale di Giustizia non deve sorprenderli. Ma dal fatto che fra i sessi non v’è uguaglianza di funzioni non si deve tuttavia dedurre che uno dei due sessi sia intrinsecamente superiore o inferiore all’altro o che i sessi non siano uguali nei loro diritti.» (Da una lettera del 28 luglio 1936 scritta a nome del Custode a un credente. Compilazione “La Donna”, p. 26, n. 28) 2075. Le donne raggiungeranno lo stadio supremo del mondo umano «In questa Rivelazione di Bahá’u’lláh le donne procedono di pari passo con gli uomini: non saranno lasciate indietro in nessun movimento. I loro diritti sono pari a quelli degli uomini: avranno accesso a tutti i rami amministrativi della politica; qui raggiungeranno un tale grado che sarà considerato lo stadio supremo del mondo dell’umanità e prenderanno parte a tutti gli affari. Siate certe. Non guardate alle condizioni presenti; in un futuro non molto remoto massimo sarà lo splendore e totale la gloria del mondo delle donne, perché la Sacra Maestà di Bahá’u’lláh ha così voluto!Nel momento delle elezioni il voto è un inalienabile diritto delle donne e il loro ingresso in tutti i dipartimenti umani è un fatto irrefutabile e incontrovertibile. Non v’è alcuno che possa ritardarlo o impedirlo. Ma vi sono alcune questioni alle quali non merita che esse partecipino. Per esempio: allorché la comunità prende energiche misure difensive contro un’aggressione nemica, le donne sono esonerate dagli impegni militari. Può anche accadere che a un dato momento tribù bellicose e selvagge attacchino furiosamente lo stato con l’intenzione di massacrarne i membri; in tali circostanze è necessario difendersi ma spetta agli uomini organizzarsi e prendere tali misure difensive e non alle donne, perché esse hanno il cuore tenero e non possono sopportare la vista dell’orrore del sangue, anche se è sparso per motivi di difesa. Da tali e simili imprese le donne sono esonerate. In quanto alla formazione della Casa di Giustizia, Bahá’u’lláh parla agli uomini. Egli dice: “O uomini della Casa di Giustizia!” Ma quando i suoi membri devono essere eletti, il diritto che appartiene alle donne, in quanto al voto e alla libera espressione, è indiscutibile. Quando esse perverranno al limite estremo del progresso, allora, in conformità alle esigenze del tempo e del luogo e alle loro grandi capacità, le donne otterranno privilegi straordinari. Abbiate fiducia a tal proposito. La Sacra Maestà di Bahá’u’lláh ha molto rafforzato la causa delle donne e i diritti e i privilegi delle donne sono il più grande fra i principi di ‘Abdu’l-Bahá. Siate certe! Presto verranno giorni in cui gli uomini, rivolgendosi alle donne, diranno: “Benedette voi! Benedette voi! In verità siete degne d’ogni dono. In verità meritate di cingervi il capo con la corona dell’eterna gloria, perché nelle scienze e arti, nelle virtù e perfezioni diverrete uguali agli uomini e in quanto a tenerezza di cuore e abbondanza di misericordia e simpatia li superate”.» (‘Abdu’l-Bahá: Paris Talks, pp.182-184. Compilazione “La Donna”, p. 23, n. 23) 2076. Riferimento nel Kitáb-i-Aqdas agli “Uomini di Giustizia” «In quanto alla premessa generale, che uomini e donne sono pari nella Fede, questo - come spesso ‘Abdu’l-Bahá spiegò - è un principio fondamentale che deriva da Bahá’u’lláh e perciò le Sue parole “Uomini di Giustizia”nel Kitáb-i-Aqdas vanno considerate alla luce di quel principio.» (Da una lettera del 29 giugno 1976 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente. Compilazione “La Donna”, p. 30, n. 32) 2077. Tutti gli esseri umani sono creature di Dio «In questo giorno l’uomo deve indagare imparzialmente e senza pregiudizi la realtà per conseguire il vero sapere e le giuste conclusioni. In che cosa consiste dunque la disuguaglianza fra uomini e donne? Entrambi sono umani. Nei poteri e nelle funzioni ciascuno è il complemento dell’altra. Tutt’al più è questo: alla donna sono state negate le opportunità di cui l’uomo si è da lungo tempo giovato, soprattutto il privilegio dell’educazione... La verità è che tutti gli esseri umani sono creature e servi di un solo Dio e ai Suoi occhi tutti sono umani. Uomo è un termine generico che vale per l’intera umanità. Il detto biblico “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza” non significa che la donna non fu creata. L’immagine e la somiglianza di Dio valgono anche per lei. In persiano e in arabo esistono due vocaboli distinti che in inglese corrispondono al vocabolo uomo: uno indica uomini e donne collettivamente, l’altro distingue gli uomini in quanto maschi dalle donne in quanto femmine. Il primo e il suo pronome sono generici, collettivi; l’altro vale solo per i maschi. La stessa cosa è nella lingua ebraica. Accettare e osservare una distinzione che Dio non ha posto nella creazione è ignoranza e superstizione... È mia speranza che il vessillo della parità sia innalzato nei cinque continenti là dove non è ancora pienamente riconosciuto e stabilito. In questo illuminato mondo occidentale le donne hanno compiuto progressi immensi rispetto alle donne orientali. E si sappia ancora una volta che finché la donna e l’uomo non riconoscano o non pratichino la parità, non sarà possibile alcun progresso sociale e politico né‚ qui né‚ altrove. Il mondo dell’umanità consiste infatti di due parti o membri: una è la donna, l’altra l’uomo. Finché i due membri non avranno pari forza, non potrà essere stabilita l’unità del genere umano né realizzate la sua felicità e la sua gioia. A Dio piacendo, così deve essere.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, ed. 1982, pp. 74-77. Compilazione “La Donna”, p. 19, n. 14) 2078. Bahá’u’lláh fece delle donne persone rispettate ordinando la loro educazione «Nei tempi passati la condizione femminile era oltremodo deplorevole, perché in Oriente si credeva che per le donne fosse meglio essere ignoranti. Si reputava preferibile che esse non sapessero leggere o scrivere, sì che non potessero essere informate dei fatti del mondo. Si pensava che fossero state create per allevare i figli e per accudire ai doveri domestici. Seguire corsi di istruzione era reputato per loro contrario alla castità; quindi le donne erano prigioniere del focolare domestico. Le case non avevano neppure finestre aperte sul mondo esterno. Bahá’u’lláh distrusse queste idee e proclamò la parità fra uomini e donne. Egli fece delle donne persone rispettate, ordinando che venissero educate, che non vi fosse differenza nell’educazione dei due sessi e che uomini e donne condividessero i medesimi diritti. A giudizio di Dio non v’è distinzione di sesso. Colui che ha pensieri puri, educazione superiore, che compie conquiste scientifiche più importanti, azioni filantropiche più grandi, sia egli uomo o donna, bianco o di colore, quello è qualificato a tutti i diritti e al pieno riconoscimento; non v’è differenza alcuna.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, ed. 1982, p. 166. Compilazione “La Donna”, p. 21, n. 17) 2079. La nuova razza sarà meno mascolina e gli elementi maschili e femminili saranno equamente bilanciati «In passato il mondo è stato governato con la forza; l’uomo ha dominato la donna perché egli è più forte e aggressivo nelle qualità del corpo e della mente; ma la bilancia comincia a spostarsi; la forza va perdendo il suo dominio e la sveltezza mentale, l’intuizione e le qualità spirituali dell’amore e dell’abnegazione, che sono le forti doti della donna, vanno affermandosi. Così l’era nuova sarà un’era meno mascolina e maggiormente imbevuta di ideali femminili; o, per dire più esattamente, sarà un’era in cui gli elementi maschili e femminili della civiltà saranno equamente bilanciati.» (‘Abdu’l-Bahá: tratto da “Bahá’u’lláh e la Nuova Era”, ed. 1983, p. 216) 2080. Le donne sarebbero pari all’uomo se godessero di uguali opportunità «Si è obiettato da alcuni che le donne non hanno le stesse capacità degli uomini e che esse sono insufficienti per creazione. Questa è pura fantasia. Le differenze di capacità fra uomini e donne sono tutte dovute alle opportunità e all’educazione. Fino ad ora alla donna sono stati negati i diritti e i privilegi di un uguale sviluppo. Se le fossero consentite uguali opportunità, indubbiamente ella sarebbe pari all’uomo. La storia lo può dimostrare.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, ed. 1982, p. 135. Compilazione “La Donna”, p. 39, n. 43) 2081. Con la stessa educazione riservata agli uomini, le donne dimostrerebbero uguale capacità di sapere «Nel regno umano ... il sesso femminile è trattato da inferiore e non gli sono permessi diritti e privilegi comuni al sesso maschile. Questa condizione non è dovuta alla natura, ma all’educazione. Nella creazione divina non c’è questa diversità. Un sesso non è superiore all’altro agli occhi di Dio. Perché dunque deve un sesso proclamare l’inferiorità dell’altro negandogli diritti e privilegi, come se Dio gliene avesse dato autorità? Se le donne ricevessero un’educazione uguale a quella degli uomini, il risultato dimostrerebbe una capacità di sapere identica in entrambi i sessi. Sotto alcuni aspetti la donna è superiore all’uomo. È di cuore più tenero, più ricettiva e la sua intuizione è più intensa.» (‘Abdu’l-Bahá: La Saggezza di ‘Abdu’l-Bahá, ed. 1976, pp. 200-201) 2082. La donna collaboratrice dell’uomo «...se verrà educata bene e se le saranno concessi i suoi diritti, la donna conseguirà la capacità di ottenere meravigliosi risultati e si dimostrerà pari all’uomo. Ella è la collaboratrice dell’uomo, il suo complemento, la sua compagna. Entrambi sono umani, entrambi sono dotati della potenzialità dell’intelligenza, entrambi personificano le virtù dell’umanità. In tutti i poteri e le funzioni umane sono compagni e uguali. Attualmente, nelle sfere dell’attività umana, la donna non manifesta le sue prerogative innate per mancanza di educazione e di opportunità. Indubbiamente l’educazione dimostrerà che ella è pari all’uomo.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, ed. 1982, pp.136- 137. Compilazione “La Donna”, p. 39, n. 43) 2083. Necessità di educare e guidare le donne nella loro primaria responsabilità di madri «La Casa di Giustizia ritiene che il bisogno di educare e guidare le donne nella loro responsabilità primaria di madri sia un’eccellente opportunità per organizzare le attività delle donne. Dovete concentrare i vostri sforzi per aiutarle nel loro compito di educatrici della generazione nascente. Le donne devono altresì essere incoraggiate ad attrarre alla Fede i loro mariti e i maschi delle loro famiglie, sì che la comunità bahá’í rappresenti la società di cui essa è parte. A poco a poco lo spirito di unità e cameratismo, esposto nei nostri insegnamenti, si rispecchierà nella vita delle famiglie bahá’í.» (Da una lettera del 29 febbraio1984 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un’Assemblea Spirituale Nazionale. Compilazione “La Donna”, p. 44, n. 52) 2084. Nessuna nazione può avere successo se non assicura l’istruzione a tutti i suoi cittadini «La causa dell’educazione universale, che ha già arruolato al suo servizio un esercito di persone devote provenienti da ogni fede e nazione, merita da parte dei governi il massimo sostegno. È l’ignoranza, infatti, il principale motivo del declino e della caduta dei popoli, nonché del perpetuarsi dei pregiudizi. Nessuna nazione può avere successo se non assicura l’istruzione a tutti i suoi cittadini. Ove mancanze di risorse adeguate, imponendo un certo ordine di priorità, limitino la capacità delle nazioni di mettere in atto questo impegno, allora gli enti responsabili a ciò preposti farebbero bene a prendere in considerazione la possibilità di dare assoluta priorità all’istruzione di donne e fanciulle, dal momento che è tramite le madri istruite che i benefici della conoscenza possono diffondersi in tutta la società nel modo più efficace e rapido. Per restare al passo con le esigenze del nostro tempo, sarà bene insegnare a ogni fanciullo il concetto di cittadinanza mondiale come parte della sua educazione di base.» (Casa Universale di Giustizia: La Promessa della Pace Mondiale, ottobre 1985, pp. 18-19) 2085. Se la madre è istruita, i suoi figli saranno ben educati «Se la madre è istruita, i suoi figli saranno ben educati. Quando la madre è saggia, i figli saranno guidati sul sentiero della saggezza. Se la madre è religiosa, mostrerà ai figli come devono amare Iddio. Se la madre è morale guiderà i suoi piccoli sulla via della rettitudine... Epperciò sicuramente a Dio non piacerà che uno strumento così importante come la donna debba soffrire per mancanza dell’educazione necessaria allo scopo di raggiungere le perfezioni desiderabili e indispensabili per la grande opera della sua vita! La Giustizia Divina richiede che i diritti di ambo i sessi siano ugualmente rispettati perché nessuno è superiore all’altro agli occhi del Cielo. La dignità al cospetto di Dio non dipende dal sesso, ma dalla purezza e dalla luminosità del cuore. Le virtù umane appartengono ugualmente a tutti.» (‘Abdu’l-Bahá: La Saggezza di ‘Abdu’l-Bahá, ed. 1976, pp. 201-202) 2086. L’ostentazione di superiorità da parte dell’uomo continuerà a reprimere le ambizioni della donna «In breve, l’ostentazione di superiorità da parte dell’uomo continuerà a reprimere le ambizioni della donna, come se il conseguimento della parità le fosse impossibile per natura; le aspirazioni della donna al progresso ne saranno ostacolate ed essa a poco a poco perderà ogni speranza. Al contrario dobbiamo dichiarare che le sue capacità sono uguali, anche maggiori di quelle dell’uomo. Questo le ispirerà speranze e ambizioni e la sua sensibilità al progresso aumenterà di continuo. Non si deve dirle e insegnarle che ella ha capacità e qualifiche minori e inferiori. Se a uno scolaro viene detto che la sua intelligenza è minore di quella dei suoi compagni, questo è un grande svantaggio e ostacolo al suo progresso. Egli deve essere incoraggiato a progredire dicendogli: “Sei molto capace e se ti sforzi, arriverai al massimo”.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, ed.1982, pp.76-77. Compilazione “La Donna”, p. 81, n. 104) 2087. L’ardimento mostrato dalle donne arruolate nei ranghi della Fede è uno dei portenti che distinguono questa Sacra Dispensazione «‘Abdu’l-Bahá ha indicato che “Fra i portenti che contraddistinguono questa Sacra Dispensazione v’è che le donne, arruolate nei ranghi della Fede, hanno mostrato maggiore ardimento degli uomini”. Shoghi Effendi ha poi affermato che questo “ardimento” dovrà essere “più convincentemente dimostrato” nel corso del tempo “e di conseguire per l’amata Causa vittorie più entusiasmanti di quelle finora conseguite”. Benché ovviamente l’intero mondo bahá’í sia impegnato a incoraggiare e stimolare il vitale ruolo delle donne nella comunità bahá’í e nella società, il Piano Quinquennale prevede in modo specifico che ottanta Assemblee Spirituali Nazionali organizzino attività bahá’í per le donne. Nel corso di quest’anno, che è stato proclamato “Anno Internazionale della Donna”, fra le attività mondiali delle Nazioni Unite, i bahá’í, soprattutto in queste ottanta comunità nazionali, devono iniziare e portare a termine programmi che stimolino e promuovano la completa e pari partecipazione delle donne a tutti gli aspetti della vita comunitaria bahá’í, sì che attraverso le loro conquiste gli amici possano dimostrare la distinzione della Causa di Dio in questo campo dell’umano impegno.» (Da una lettera del 25maggio1975 della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali. Compilazione “La Donna”, p. 86, n. 113) 2088. Movimento per la liberazione delle donne «In quanto al punto che ha sollevato nella sua lettera... che il movimento per la liberazione delle donne in... sta assumendo posizioni estremiste che hanno una certa influenza sulle giovani donne bahá’í impressionabili, giudichiamo che sarebbe utile che la vostra Assemblea evidenziasse la posizione incomparabile che le donne bahá’í occupano nella loro qualità di membri della Fede Bahá’í, soprattutto partecipando all’amministrazione dei suoi affari su scala locale e nazionale.» (Da una lettera del 9 aprile 1971 della Casa Universale di Giustizia a un’Assemblea Spirituale Nazionale. Compilazione “La Donna”, p. 86, n. 112) 2089. Pensiero di ‘Abdu’l-Bahá sull’insurrezione delle donne per la pace «Ciò che ‘Abdu’l-Bahá intendeva affermando che le donne sarebbero insorte per la pace, è che la pace è una questione d’importanza vitale per le donne e quando esse formeranno una massa consapevole e preponderante dell’opinione pubblica ostile alla guerra non potranno più esservi guerre. Le donne bahá’í sono già organizzate come membri della Fede e dell’Ordine Amministrativo. Non occorre nessun’altra organizzazione. Ma esse devono cercare di esercitare in tale questione essenziale una grande influenza sulle menti delle altre donne insegnando e porgendo un attivo sostegno morale a ogni movimento che promuova la pace.» (Da una lettera del 24 Mirza 1945 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “La Donna”, p. 67, n. 89) 2090. Emancipazione delle donne e conseguimento della parità fra i sessi: principali requisiti della pace L’emancipazione delle donne e il conseguimento della piena parità fra i sessi è uno dei requisiti più importanti della pace, ancorché meno riconosciuto. Negare un tale diritto di parità equivale a perpetrare un’ingiustizia nei riguardi di metà della popolazione mondiale e a incoraggiare negli uomini atteggiamenti e abitudini negativi che si estendono dalla famiglia al lavoro, alla vita politica, fino ai rapporti internazionali. La negazione di quel diritto non è giustificata da alcun motivo morale, pratico, biologico. Soltanto quando le donne saranno ben accette in una totale partecipazione in tutti i campi dell’operare umano, si creerà quel clima morale e psicologico in cui potrà emergere la pace internazionale.» (Casa Universale di Giustizia: La Promessa della Pace Mondiale, ottobre 1985, p. 18) 2091. Maggiore sensibilità delle donne di fronte ai bisogni e alle sofferenze «Perciò lottate per mostrare nel mondo umano che le donne sono molto capaci ed efficienti; che i loro cuori sono più teneri e sensibili dei cuori degli uomini; che esse sono più filantropiche e sensibili davanti a chi ha bisogno e soffre; che esse sono inflessibilmente contrarie alla guerra e amanti della pace. Lottate perché gli ideali della pace internazionale si realizzino attraverso gli sforzi delle donne, perché l’uomo è più incline alla guerra, e una prova evidente della superiorità della donna sarà il suo servizio e la sua efficienza nello stabilire la pace universale.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, ed. 1982, p. 284. Compilazione “La Donna”, p. 65, n. 84) 2092. La donna, per natura, è contraria alla guerra «....dotate delle stesse virtù degli uomini, assurgendo attraverso tutti i gradi delle conquiste umane, le donne diverranno pari agli uomini: fintantoché questa parità non sarà realizzata, la razza umana non sarà agevolata nel conseguire vero progresso e successo. Le evidenti ragioni di tutto questo sono le seguenti: le donne sono per natura contrarie alla guerra; sono avvocati della pace. I fanciulli sono allevati dalle madri le quali trasmettono loro i primi principi dell’educazione e si curano assiduamente di loro. Considerate, per esempio, una madre che abbia teneramente allevato un figlio per vent’anni fino alla maggiore età. Ella non acconsentirà sicuramente di vedere quel figlio straziato e ucciso su un campo di battaglia. Perciò, quando le donne giungeranno all’altezza degli uomini nel potere e nei privilegi, con il diritto di voto e di controllo sul governo umano, sicuramente la guerra cesserà, perché le donne sono per natura i più devoti e incrollabili avvocati della pace internazionale.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, ed. 1982, p. 375. Compilazione “La Donna”, p. 65, n. 85) 2093. La donna possiede più coraggio morale dell’uomo e riveste maggiore importanza per la razza «La donna è infatti di maggiore importanza per la razza: il suo impegno è maggiore, maggiore il suo lavoro. Guardate il mondo vegetale e quello animale. La palma da frutto è la più pregiata per il coltivatore di datteri. Gli Arabi sanno che per un lungo viaggio la cavalla ha maggiore resistenza. Per la sua maggiore forza e ferocia, la leonessa è più temuta del leone dai cacciatori... La donna ha più coraggio morale dell’uomo; ha inoltre doni speciali che le permettono di dominare in momenti di pericolo e di crisi.» (‘Abdu’l-Bahá: ‘Abdu’l-Bahá in London, pp. 102-103. Compilazione “La Donna”, p. 66, n. 87) 2094. Il dovere delle donne è essere le prime educatrici dell’umanità «Il dovere delle donne nella loro qualità di prime educatrici del genere umano è chiaramente registrato negli Scritti. Spetta a ogni donna, se e quando diviene madre, decidere come meglio svolgere da un lato il suo compito primario di madre e dall’altro, nei limiti del possibile, partecipare ad altri aspetti delle attività della società di cui ella fa parte.» (Da una lettera del 22 aprile 1981 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a una credente. Compilazione “La Donna”, p. 70, n. 92) 2095. Attualmente la parità fra uomini e donne non è applicata «La parità fra uomini e donne non è per il momento universalmente applicata. In quelle zone dove la tradizionale disuguaglianza ne ostacola tuttora il progresso dobbiamo essere i primi ad applicare questo principio bahá’í. Donne e ragazze bahá’í devono essere incoraggiate a partecipare alle attività sociali, spirituali e amministrative delle loro comunità.» (Dal Messaggio di Ri?ván 1984 della Casa Universale di Giustizia. Compilazione “La Donna”, p. 88, n. 117) 2096. Suffragio femminile: fattore della pace internazionale «Domanda:Non è forse vero che è impossibile conseguire la pace universale finché in tutti i Paesi del mondo non vi sarà democrazia politica? Risposta:È molto evidente che in futuro non vi sarà accentramento nei Paesi del mondo, sia il loro governo costituzionale, di forma repubblicana o democratica. Gli Stati Uniti possono essere presi come esempio del futuro governo: cioè, ciascuna provincia sarà di per sé‚ indipendente, ma esisterà un’unione federale che proteggerà gli interessi dei vari stati indipendenti. Può anche darsi che esso non abbia forma repubblicana o democratica. Eliminare l’accentramento che favorisce il dispotismo è un’esigenza del tempo. Ciò produrrà la pace internazionale. Un altro fatto di pari importanza ai fini della pace internazionale è il suffragio femminile. Cioè, quando vi sarà perfetta parità fra uomini e donne, si realizzerà la pace per il semplice motivo che in generale le donne non saranno mai favorevoli alla guerra. Le donne non saranno disposte a permettere che coloro che esse hanno teneramente curato partano per un campo di battaglia. Quando avranno il voto, le donne si opporranno a qualunque causa di guerra. Un altro fattore che contribuirà alla pace universale è l’unione dell’Oriente e dell’Occidente.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, ed.1982, p.167. Compilazione “La Donna”, p. 64, n. 81) 2097. Parità fra uomini e donne: condizione per l’abolizione della guerra «Quando tutta l’umanità riceverà le stesse opportunità di educazione e la parità tra uomini e donne sarà realizzata, le fondamenta della guerra saranno completamente distrutte. Senza parità ciò sarà impossibile, perché tutte le differenze e le distinzioni portano discordie e contese. La parità fra uomini e donne conduce all’abolizione delle guerre, perché le donne non saranno mai disposte a sanzionarle.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, ed. 1982, p. 175. Compilazione “La Donna”, p. 64, n. 82) 2098. Il principio della parità deve applicarsi insieme agli altri aspetti della vita bahá’í «Il principio della parità fra uomini e donne, come gli altri insegnamenti della Fede, può essere efficacemente e universalmente stabilito fra gli amici quando esso sia perseguito contemporaneamente a tutti gli altri aspetti della vita bahá’í. Il cambiamento è un processo evolutivo che richiede pazienza con sé‚ stessi e con gli altri e amorevole educazione; e il trascorrere del tempo, via via che gli amici conoscono più a fondo i principi della Fede, elimina gradualmente i vecchi atteggiamenti tradizionali e progressivamente conforma la loro vita agli insegnamenti unificanti della Causa.» (Da una lettera del 25 luglio 1984 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente. Compilazione “La Donna”, p. 89, n. 120) 2099. Dio non chiede: “Sei donna o uomo?” «In realtà Dio ha creato tutti gli esseri umani e al Suo cospetto non v’è distinzione fra maschi e femmine. Colui il cui cuore è puro, quegli è bene accetto ai Suoi occhi, sia egli uomo o donna. Dio non chiede: “Sei donna o uomo?”. Giudica le azioni umane. Se le azioni sono accettabili alla soglia del Glorioso, uomo o donna sono parimenti apprezzati e ricompensati.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, ed.1982, p.133. Compilazione “La Donna”, p. 20, n. 15) 2100. Necessità per le donne di studiare le scienze industriali e agricole «Le donne devono dedicare le loro energie e abilità specialmente alle scienze industriali e agricole, cercando di aiutare l’umanità in ciò che è più necessario. In tal modo esse dimostreranno capacità e assicureranno il riconoscimento della parità nell’ambito sociale ed economico.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, ed.1982, p.283. Compilazione “La Donna”, p. 64, n. 83) 2101. L’educazione consentirà alle donne di rifiutarsi di mandare i propri figli sui campi di battaglia « ... Bahá’u’lláh ha rivelato il principio religioso che alla donna devono essere concessi il privilegio di un’educazione uguale a quella dell’uomo e pieni diritti alle sue prerogative. Vale a dire, non deve esistere differenza fra l’educazione dei maschi e quella delle femmine, affinché le donne possano sviluppare capacità e importanza pari a quelle degli uomini nell’ambito sociale ed economico. Allora il mondo conseguirà l’unità e l’armonia. Nelle ore passate l’umanità è stata difettosa e inefficiente perché incompleta. La guerra e le sue furie hanno offuscato il mondo; l’educazione della donna sarà un efficacissimo passo verso la sua abolizione ed eliminazione, perché ella userà tutta la sua influenza contro la guerra. La donna alleva i bambini ed educa i giovani alla maturità. Ella rifiuterà di dare i propri figli per il sacrificio sui campi di battaglia. In verità ella sarà il più grande fattore per lo stabilirsi della pace universale e dell’arbitrato internazionale. Sicuramente la donna abolirà la guerra fra gli uomini.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, ed. 1982, p. 108. Compilazione “La Donna”, p. 63, n. 79) 2102. ‘Abdu’l-Bahá considera “insignificanti” le disparità fra i sessi «‘Abdu’l-Bahá asserisce: “In questa era divina le grazie di Dio hanno pervaso il mondo delle donne. Salvo certi casi insignificanti, fra uomini e donne è stata pienamente e categoricamente annunciata la parità e rimossa ogni distinzione”. Che gli uomini e le donne differiscano fra loro in certe caratteristiche e funzioni è un fatto naturale, ineluttabile; l’importante è che ‘Abdu’l-Bahá considera “insignificanti” le restanti disparità fra i sessi.» (Da una lettera dell’ 8 gennaio 1981 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un’Assemblea Spirituale Nazionale. Compilazione “La Donna”, p. 30, n. 33) 2103. Maschio e femmina: due parti complementari del mondo dell’umanità‚ «Il mondo dell’umanità consiste di due parti: maschio e femmina. L’una è il complemento dell’altra. Perciò, se una parte è difettosa, anche l’altra è inevitabilmente incompleta ed è impossibile conseguire la perfezione. Nel corpo umano vi sono la mano destra e la sinistra, uguali da un punto di vista funzionale nelle prestazioni e nella gestione. Se una delle due è difettosa, il difetto si estenderà naturalmente anche all’altra coinvolgendo l’integrità dell’intero organismo, perché, se entrambi le parti non sono perfette, il risultato non è normale. Se diciamo che una mano è difettosa, dimostriamo che anche l’altra è inetta e incapace; per chi abbia una sola mano non v’è risultato completo. Come i risultati fisici sono completi con entrambi le mani, così uomini e donne, le due parti della società, devono essere perfetti. Non è naturale che uno dei due rimanga immaturo; finché entrambi non saranno perfetti, il mondo umano non otterrà la felicità.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, ed.1982, p.134. Compilazione “La Donna”, p. 21, n. 16) 2104. Impossibilità della pace universale senza suffragio universale «Ancora, nella storia è chiaramente dimostrato che là dove le donne non hanno partecipato alle faccende umane, non sono mai stati conseguiti risultati completi e perfetti. D’altro canto, ogni influente impresa del mondo umano alla quale le donne hanno partecipato ha acquistato importanza. Questo è storicamente vero e non può essere confutato neppure nella religione. Gesù Cristo aveva dodici discepoli e fra i Suoi seguaci c’era una donna conosciuta col nome di Maria Maddalena. Giuda Iscariota divenne traditore e ipocrita e dopo la crocifissione gli undici discepoli rimasti erano indecisi e titubanti. Dalle prove contenute nel Vangelo è certo che la persona che li confortò e che restituì loro la fede fu Maria Maddalena... La questione più importante di questo giorno è la pace e l’arbitrato internazionale e non è possibile pace universale senza suffragio universale.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, ed. 1982, p. 134-135. Compilazione “La Donna”, p. 63, n. 80) LII. L A V O R O A. Lavoro come culto 2105. Lavoro come culto «S’ingiunge a ciascuno di voi di dedicarsi a una forma di occupazione, come mestieri, commerci e simili. Ci siamo degnati d’innalzare il vostro impiego nel lavoro al rango dell’adorazione a Dio, l’Unico Vero. Riflettete in cuor vostro sulla grazia e sui doni di Dio e ringraziateLo all’alba e all’imbrunire. ...Agli occhi di Dio, il più spregevole fra gli uomini è colui che sta pigramente seduto e mendica. Aggrappatevi alla corda dei mezzi materiali, con piena fiducia in Dio, di tutti i mezzi Provvidente...» (Bahá’u’lláh: Tavole di Bahá’u’lláh, p. 24) 2106. Nell’Ordine Mondiale non v’è posto per i pigri «Riguardo al comandamento di Bahá’u’lláh di dedicarsi a una forma di occupazione, gl’Insegnamenti a tal proposito sono molto energici, in particolare nell’Aqdas dove è chiaramente affermato che per i pigri, cui manca il desiderio di lavorare, non v’è posto nel Nuovo Ordine Mondiale. Come corollario a questo principio, Bahá’u’lláh afferma inoltre che l’accattonaggio non solo deve essere scoraggiato ma totalmente cancellato dalla società. È dovere di coloro che sono preposti alla sua organizzazione di dare a ogni individuo l’opportunità di acquisire il necessario talento in qualche professione ed anche i mezzi per utilizzare tale talento, sia per il proprio bene che al fine di procurarsi di che vivere. Ogni persona, per quanto minorata e limitata possa essere, ha l’obbligo di dedicarsi a un lavoro o professione, perché questi - specialmente quando eseguiti in spirito di servizio - sono, secondo Bahá’u’lláh, una forma di adorazione. Non hanno solo fini utilitaristici, ma anche un valore intrinseco, perché ci attraggono di più a Dio e ci consentono di capire meglio il Suo scopo per noi in questo mondo. È ovvio quindi che la ricchezza non esonera nessuno dal lavoro quotidiano.» (Da una lettera del 22 Mirza 1937 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Stati Uniti e Canada) 2107. ‘Abdu’l-Bahá sostiene la necessità di una professione «Con riferimento al suo caro marito, Shoghi Effendi considera il suo comportamento in pieno e felice accordo con il desiderio espresso dal Maestro secondo Cui ogni uomo deve avere un lavoro permanente. Ciò che desidera è vedere che entrambi dedichiate tutte le vostre energie ad una ben meditata, progressiva e attraente presentazione della Causa - cosa che egli ritiene deplorevolmente carente; egli sarebbe molto lieto di vedere suo marito attenersi a ciò che il Maestro ha tante volte ripetuto perfino alla Sua stessa famiglia e cioè la necessità di una professione. Sicuramente ella è a conoscenza che Egli disse sempre che la Sua famiglia si dedicava alla lavorazione dei tappeti.» (Da una lettera del 20 settembre1929 scritta a nome di Shoghi Effendi a una credente) 2108. Bahá’u’lláh ingiunge di dedicarsi a una professione «Il Custode comprende pienamente che dal punto di vista materiale sarebbe alquanto facile per lei dedicare tutto il suo tempo al servizio della Causa e apprezza profondamente il forte desiderio da lei espresso di consacrare la vita intera a questo nobile scopo, che certamente dovrebbe essere la principale e costante ambizione di ogni leale credente. Tuttavia, egli pensa - alla luce dell’energica ingiunzione di Bahá’u’lláh contenuta nel Suo Libro delle Leggi, secondo cui ogni persona deve dedicarsi a qualche professione - che sarebbe meglio e più conforme agli Insegnamenti continuare a esercitare la sua attività professionale e insegnare al tempo stesso la Causa. Come Ella giustamente prospetta, la via di mezzo - cioè fare entrambe le cose - è la migliore via da seguire.» (Da una lettera del 30 giugno 1936 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 2109. Impiego del tempo «Il consiglio che Shoghi Effendi Le diede circa l’impiego del suo tempo fra servire la Causa e svolgere gli altri suoi compiti fu dato anche a molti altri amici sia da Bahá’u’lláh che dal Maestro. Si tratta di un compromesso fra due versetti dell’Aqdas, il primo dei quali ingiunge a ogni bahá’í di promuovere la Fede e il secondo che prescrive ad ogni anima di avere un’occupazione utile alla società. In una delle Sue Tavole Bahá’u’lláh afferma che in questo giorno la più alta forma di distacco consiste nell’esercitare una professione ed essere economicamente indipendente. Un buon bahá’í, quindi, è colui che organizza la sua vita in modo tale da dedicare il suo tempo sia ai suoi bisogni materiali che al servizio della Causa.» (Da una lettera del 26 febbraio1933 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 2110. Arte come culto «Nella Causa bahá’í le arti, le scienze e tutti i mestieri sono considerati come culto... In breve, ogni sforzo ed ogni attività che vengono dal profondo del cuore dell’uomo devono considerarsi culto, se sono ispirati da elevate ragioni e dalla volontà di render servizio all’umanità. Questo è culto: servire l’umanità e provvedere ai bisogni del prossimo. Servire è pregare...» (‘Abdu’l-Bahá: La Saggezza di ‘Abdu’l-Bahá, p. 220) 2111. Il lavoro per la Causa non costituisce attività professionale «Si deve comprendere chiaramente che lavorare per la Causa non può costituire una sorta di attività professionale, come comunemente avviene in organizzazioni ecclesiastiche cristiane, mussulmane o di altra religione. Noi non abbiamo clero, né una particolare classe di persone che può fare della Causa l’esclusivo lavoro della sua vita. Nella Causa bahá’í - nella quale si combinano armoniosamente considerazioni pratiche con altre di carattere più teoretico, dove idealismo e realismo sono debitamente riconosciuti e fusi in un equilibrato insieme - viene ingiunto agli uomini e alle donne di lavorare per essa non in alternativa alle loro occupazioni professionali, ma in aggiunta a queste.» (Da una lettera del 30 giugno 1936 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 2112. Fare economia «Hai chiesto circa i mezzi di sussistenza. Confida in Dio, impegnati nel tuo lavoro e fai economia; le confermazioni di Dio discenderanno su di te e sarai in grado di estinguere i tuoi debiti. Sii occupato sempre con la menzione di Bahá’u’lláh e cerca di non avere altra speranza e desiderio che Lui.» (‘Abdu’l-Bahá: Bahá’í World Faith, p.375) 2113. Tutti gli uomini devono procurarsi i mezzi per vivere «...L’uomo deve procurarsi i mezzi per vivere col sudore della fronte e il lavoro fisico; nello stesso tempo deve cercare di alleviare il fardello del prossimo, sforzarsi di essere fonte di conforto per le anime e favorire i mezzi di sussistenza. Tutto ciò rappresenta atto di devozione a Dio. Bahá’u’lláh ha perciò incoraggiato l’azione e stimolato il servizio...» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, p.182) 2114. Andare in pensione «Riguardo la domanda sul ritiro dal lavoro delle persone che hanno raggiunto una certa età, questa è una questione sulla quale la Casa Universale di Giustizia dovrà legiferare, poiché nell’Aqdas non vi sono disposizioni in merito.» (Da una lettera del 22 Mirza 1937 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale di Stati Uniti e Canada) 2115. Nella Causa si lavora a qualunque età «Anche se Ella ha 79 anni, ciò non sembra essere nel suo caso di svantaggio; in questa Causa - come ha detto il Custode - v’è lavoro per chiunque, a prescindere dall’età. (Da una lettera del 23 agosto 1954 scritta a nome del Custode a un credente, citata dalla Casa Universale di Giustizia nella lettera del 14 dicembre 1970) 2116. “Occupatevi di ciò che possa recare profitto a voi e agli altri” «S’ingiunge a ciascuno di voi di dedicarsi a una forma di occupazione, come mestieri, commerci e simili. Ci siamo degnati d’innalzare il vostro impiego nel lavoro al rango dell’adorazione a Dio, l’Unico Vero. Riflettete in cuor vostro sulla grazia e sui doni di Dio e ringraziateLo all’alba e all’imbrunire. Non sciupate il tempo nell’ozio e nell’indolenza, ma occupatevi di ciò che possa recare profitto a voi e agli altri. Così è stato decretato in questa Tavola dal cui orizzonte l’astro della saggezza e della parola risplende luminoso.» (Bahá’u’lláh: Tavole di Bahá’u’lláh, p. 24) 2117. Deve una moglie e madre lavorare per guadagnarsi da vivere come il marito? «Ella chiede circa l’obbligo di lavorare e vuole sapere se lei, moglie e madre, debba lavorare per guadagnarsi da vivere come suo marito. Ci è stato chiesto di accludere, perché ella lo esamini, un brano, “La dodicesima Lieta Novella”dalla Tavola di Bishárát di Bahá’u’lláh. Vedrà che la disposizione data agli amici è di occuparsi di un lavoro che sia di giovamento all’umanità. Il lavoro della casalinga è un onorevolissimo lavoro di grande responsabilità e di fondamentale importanza per l’umanità.» (Da una lettera del 16 giugno 1982 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente. Compilazione “La Donna”, p. 57, n. 73) 2118. Primario compito dell’uomo è sostenere economicamente la famiglia, mentre la donna è la prima educatrice dei figli «In quanto alla sua domanda se le madri debbano lavorare fuori di casa, è utile considerare il problema dal punto di vista del concetto bahá’í di famiglia. Questo concetto si basa sul principio che l’uomo ha il compito primario di provvedere al sostegno finanziario della famiglia e che la donna è la principale e prima educatrice dei figli. Ciò non vuol dire assolutamente che queste funzioni siano rigidamente fissate e che non possano essere modificate e adattate a particolari situazioni familiari, né significa che la donna debba essere confinata in casa. Anzi, pur essendo assegnati i compiti primari, tuttavia è previsto che il padre svolga un ruolo significativo nell’educazione dei figli e che le donne possano guadagnare il necessario per vivere. Come ella giustamente indica, ‘Abdu’l-Bahá incoraggiò le donne a partecipare “pienamente e alla pari negli affari del mondo”.» (Da una lettera del 9 agosto 1984 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente. Compilazione “La Donna”, p. 57, n. 74) 2119. Tempo che una madre può trascorrere fuori casa «In quanto alle sue domande specifiche, la decisione sulla quantità di tempo che una madre può trascorrere fuori casa per lavoro dipende dalle circostanze familiari, che possono variare di volta in volta. La consultazione familiare aiuterà a trovare le risposte.» (Ibidem) 2120. L’importanza del ruolo della madre deriva dal fatto che è la prima educatrice dei figli «La grande importanza attribuita al ruolo della madre deriva dal fatto che ella è la prima educatrice del figlio. Il suo atteggiamento, le sue preghiere, perfino quello che mangia e le sue condizioni fisiche esercitano una grande influenza sul figlio quando questi si trova ancora nel suo grembo. Quando il bambino nasce, è alla donna che Dio ha dato il latte, che è il primo alimento a lui destinato, ed è inteso che ella, se possibile, stia con il piccolo per allevarlo e nutrirlo nei primi giorni e mesi. Questo non significa che anche il padre non ami il figlio, non preghi per lui o non se ne prenda cura, ma poiché il suo compito primario è quello di provvedere alla famiglia, il tempo che egli può trascorrere col figlio è abitualmente limitato, mentre di solito durante questo periodo intensamente formativo, in cui il bambino cresce e si sviluppa con un ritmo molto più veloce di quanto non farà per tutto il resto della sua vita, è la madre che trascorre molto tempo assieme a lui. Quando egli cresce e diventa più indipendente, le caratteristiche del suo rapporto con la madre e con il padre si modificano e il padre può assumere una parte più importante.» (Da una lettera del 23 agosto 1984 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente. Compilazione “La Donna”, p. 58, n. 75) B. Sindacati e scioperi 2121. Istruzioni per sindacalisti e partecipazione agli scioperi «Riguardo la domanda sul sindacato il segretario del Custode fece il seguente commento nella lettera a suo nome del 2 febbraio 1951: “Circa la domanda sui sindacati, il Custode ritiene che si tratta di una questione sulla quale ogni Assemblea Spirituale Nazionale deve consigliare i credenti. Purché i sindacati non siano legati a partiti politici, non v’è nulla in contrario che i bahá’í vi si iscrivano”. . ..l’Assemblea Spirituale Nazionale Britannica scrisse al Custode quanto segue: “In questo paese la legge riconosce gli scioperi come legali quando sono indetti da specifiche autorità costituite quali i sindacati, e la nostra comprensione è che in tali circostanze gli insegnamenti bahá’í - malgrado l’espressa disapprovazione di ‘Abdu’l-Bahá degli scioperi - non richiedono né‚ proibiscono all’individuo di scioperare, ma lo lasciano libero di decidere sulla più opportuna linea d’azione da seguire in relazione alle specifiche circostanze”. Il segretario del Custode rispose nella lettera a suo nome dell’11 luglio 1956: “Riguardo gli scioperi, il Custode ritiene che la vostra comprensione della questione, riportata nella vostra lettera, è del tutto corretta e non vede la necessità di aggiungere altro. Dobbiamo evitare di diventare rigidi ed emanare ulteriori norme e regole di condotta”. Sulla base delle suddette istruzioni, sottolineiamo i seguenti punti: 1. Un bahá’í può far parte di un sindacato, purché non sia richiesta l’appartenenza a un partito politico. 2. ‘Abdu’l-Bahá, in linea generale, disapprovò gli scioperi. La posizione bahá’í in merito è che - ove la legge riconosca legale uno sciopero perché indetto da una specifica autorità costituita come un sindacato - gli insegnamenti bahá’í non richiedono o proibiscono di partecipare allo sciopero, lasciando libero l’individuo di decidere quale sia la più opportuna linea d’azione da seguire in relazione alle specifiche circostanze.» (Da una lettera del 23 giugno 1985 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente) LIII. GIOVANI 2122. “I nostri occhi fiduciosi sono fissi sui giovani bahá’í!” «La pazienza dei giovani in condizioni ardue, la loro vitalità, il loro vigore, la loro capacità di adattarsi a condizioni locali, di affrontare nuove sfide e di infondere il loro calore ed entusiasmo alle persone con cui entrano in contatto, combinati con il livello di condotta da essi tenuto, ne fa potenti strumenti per l’attuazione dei progetti previsti. Invero, attraverso queste qualità distintive essi possono diventare l’elemento di punta di ogni impresa e la forza motrice di ogni progetto - sia locale che nazionale - cui prendano parte. I nostri occhi fiduciosi sono fissi sui giovani bahá’í!» (Da una lettera del 25 maggio 1975 della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali) 2123. Adolescenti «Voi che oggi avete dieci o vent’anni, dovete capire che domani il peso della Causa cadrà in larga misura sulle vostre spalle; voi dovrete essere gli amministratori, gli insegnanti e i dotti della Fede. Adesso è il momento di prepararvi per i vostri compiti futuri. Egli spera che studierete profondamente gl’insegnamenti, i loro precetti spirituali, morali e amministrativi, e nello stesso tempo che prendiate parte nel modo più attivo possibile alla vita delle vostre rispettive comunità.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi e tratta da “Dawn of a New Day”, p. 183) 2124. Speciale messaggio e missione per i giovani «Questa Causa, sebbene comprenda - tenendole in eguale considerazione - persone di ogni età, per i giovani della sua generazione ha in serbo un messaggio e una missione speciali. Essa è la loro Magna Charta per il futuro, speranza e garanzia di giorni migliori a venire. Perciò, il Custode è particolarmente felice che i giovani bahá’í sono attivi nel lavoro di pionierismo.» (Da una lettera del 16 giugno 1942 scritta a nome del Custode a un credente. Parzialmente in compilazione “Gioventù Bahá’í”, p. V, n. 1) 2125. Necessità che i giovani aprano gli occhi sulle attuali condizioni del mondo e si interroghino sul futuro «La situazione del mondo d’oggi - l’instabilità economica, le lotte sociali, l’insoddisfazione politica e la sfiducia internazionale - deve scuotere i giovani dal loro assopimento e spingerli a chiedersi che cosa abbia in serbo il futuro. Se il mondo sarà funestato da una calamità, saranno sicuramente loro a soffrire di più. È doveroso dunque che essi esaminino attentamente la situazione, studino le forze malefiche che stanno agendo e poi si levino, in uno sforzo concertato, ad attuare le necessarie riforme - riforme che terranno in considerazione tanto gli aspetti spirituali quanto quelli sociali e politici della vita umana.» (Da una lettera del 13 Mirza 1932 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Gioventù Bahá’í”, p. 3, n. 3) 2126. Far conoscere le proprie idee ad altri giovani e tenersi a contatto con le attività giovanili locali « ...i giovani bahá’í di tutte le città devono farsi un dovere di tenersi a contatto con le attività e i club giovanili locali, cercando di far conoscere le proprie idee al maggior numero possibile di giovani. Ma soprattutto sono tenuti ad essere d’esempio: castità, cortesia, cordialità, ospitalità, ottimismo gioioso delle future possibilità di felicità e benessere per il genere umano siano le qualità che li distinguano dagli altri e che su loro attraggano l’amore e l’ammirazione dei loro giovani compagni. Le cose che più difettano nella vita moderna sono un alto livello di condotta e un buon carattere; i giovani bahá’í devono dimostrare di avere l’uno e l’altro, se sperano di portare alla Fede membri della loro generazione così amaramente delusa e così contaminata dal lassismo ingenerato dalla guerra.» (Da una lettera del 20 ottobre 1945 scritta a nome di Shoghi Effendi al Comitato Nazionale Giovani dell’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 2127. Necessità che i giovani diventino dotti nella Fede «Riguardo alle sue domande poste nella lettera del 15 giugno: N. 1. Il Custode ha sempre consigliato i giovani a studiare profondamente materie come storia, economia e sociologia, poiché sono correlate con gl’insegnamenti e sono d’aiuto alla comprensione della Fede. N. 2. Un corso sulla Fede adatto per studi universitari dovrebbe essere elaborato da un gruppo di bahá’í e di docenti e poi approvato dall’Assemblea Spirituale Nazionale. N. 3. Oggigiorno, i giovani necessitano maggiormente della formazione del proprio carattere. La preghiera è solo un fattore di questo processo di formazione; essi devono imparare a non venir meno agli insegnamenti etici della Fede... N. 4. Una volta che i giovani si convincono dell’esistenza dell’anima, non ci vorrà molto perché si persuadano che l’educazione e il progresso materiale non sono sufficienti. Anche l’anima ha bisogno di educazione e di aiuto. Egli ritiene che oggigiorno insegnare la Fede ai giovani sia della massima importanza, poiché essi non solo diventeranno i lavoratori del futuro, ma saranno in grado di diffondere ampiamente il Messaggio nell’ambito della loro generazione. Egli approva che ella dedichi a questo lavoro tutto il tempo possibile...» (Da una lettera del 12 maggio 1944 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente) 2128. Santi, eroi, martiri e amministratori «Egli vi esorta ad essere risoluti nel compiere azioni veramente grandi per la Fede; la situazione del mondo si sta deteriorando inesorabilmente e la vostra generazione deve dare i santi, gli eroi, i martiri e gli amministratori degli anni futuri. Se avrete dedizione e forza di volontà, potrete assurgere a grandi altezze!» (Da una lettera del 2 ottobre 1951 scritta a nome di Shoghi Effendi alla sezione giovanile della Scuola Bahá’í di Louhelen. Compilazione “Gioventù Bahá’í”, p. 6, n. 11) 2129. La Causa subirà un arresto se i giovani falliscono nel loro compito «...Se la generazione più giovane dei bahá’í - nella quale Shoghi Effendi ripone grandi speranze - si impegnasse a studiare a fondo e nei dettagli la Causa, a leggere la sua storia, a scoprirne i principi di base e diventare informata e attiva, certamente essa potrà ottenere molto. È sulle sue spalle che il Maestro ha posto l’enorme lavoro d’insegnamento. I giovani sono coloro che si levano all’appello del Regno e che destano le persone dal sonno. Se essi falliscono la Causa è destinata a subire un arresto...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi e tratta da “Dawn of a New Day”, p. 3) 2130. La responsabilità d’insegnare è sulle spalle dei giovani bahá’í « ...I compiti che sono stati posti sulle vostre spalle sono svariati e se non vi sforzate al massimo per svolgerli poche sono le speranze per qualsiasi ulteriore progresso nel campo dell’attività d’insegnamento. L’obbligo di insegnare è essenzialmente una responsabilità dei credenti giovani. Tutta la loro preparazione deve essere perciò orientata in modo tale da far di loro insegnanti competenti. È proprio per questa ragione che i credenti giovani devono frequentare in gran numero le scuole estive bahá’í, che costituiscono la base sulla quale saranno fondate le future università bahá’í.» (Da una lettera del 15 maggio 1936 scritta a nome di Shoghi Effendi a cinque Gruppi di Giovani Bahá’í negli Stati Uniti. Parzialmente in compilazione “Centri di Studio Bahá’í”, p. 91, n. 36) 2131. I giovani ereditano il lavoro dei bahá’í più anziani «La responsabilità dei credenti giovani è molto grande, perché essi non solo devono adattarsi a ereditare il lavoro dei bahá’í più anziani, ma devono portare avanti gli affari della Fede in generale. Tuttavia il mondo che sta loro davanti - come promesso da Bahá’u’lláh - sarà un mondo punito dalle sue sofferenze e pronto ad ascoltare alla fine il Suo Divino Messaggio; di conseguenza ci si attende un carattere molto nobile dai seguaci di questa religione. Approfondire la propria conoscenza e perfezionarsi nei modelli bahá’í di virtù e onesta condotta deve costituire il dovere primario di ogni giovane bahá’í.» (Dalla una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi e tratta da “Dawn of a New Day”, pp. 179-180) 2132. Necessità per la gioventù moderna di un’etica fondata sulla pura fede religiosa «...Egli è pienamente d’accordo...che i giovani moderni incontrano pericoli sempre più gravi e s’impone un’immediata soluzione. Ma, come l’esperienza chiaramente dimostra, il rimedio a questa situazione veramente triste e sconcertante non può trovarsi in un tipo di religione tradizionale ed ecclesiastica. Il dogmatismo della chiesa è stato definitivamente abbandonato. Ciò che può frenare i giovani e salvarli dagli inganni del grossolano materialismo odierno è la forza di una Fede genuina, costruttiva e viva come quella rivelata al mondo da Bahá’u’lláh. Oggi, come nel passato, la religione è ancora l’unica speranza del mondo, ma non la forma di religione che invano i grandi prelati si sforzano di predicare. Separati dalla vera religione, i principi morali perdono efficacia e cessano di guidare e controllare la vita individuale e sociale dell’uomo. Ma, quando la vera religione sia unita alla vera etica, allora il progresso morale diventa cosa possibile e non mero ideale. Quello che occorre ai nostri giovani moderni è un tipo di etica fondato su una pura fede religiosa. Non vi può essere alcuna speranza per il futuro della razza fino a che morale e fede non siano giustamente unite e non esplichino tutta la loro azione.» (Da una lettera del 17 aprile 1936 scritta a nome del Custode a un credente. Compilazione “Gioventù Bahá’í”, p. 9, n. 18) 2133. Associarsi con gli altri in spirito d’amicizia «Con ogni mezzo perseverate e associatevi in spirito d’amicizia con altri gruppi di giovani, specialmente appartenenti a razze differenti o minoranze, in quanto ciò dimostrerà la vostra totale convinzione dell’unità del genere umano e attrarrà altre persone alla Fede, giovani e meno giovani. Uno spirito di amorevole cameratismo libero da pregiudizi aprirà gli occhi della gente più di qualsiasi parola. » (Da una lettera del 18 gennaio 1945 del Custode al Gruppo dei Giovani Bahá’í di Dayton) 2134. Ruolo vitale dei giovani bahá’í « ...Fin dall’inizio dell’Era bahá’í i giovani hanno svolto un ruolo importantissimo nella promulgazione della Rivelazione di dio. Il Báb aveva appena venticinque anni allorché dichiarò la Sua Missione, mentre molte delle Lettere del Vivente erano ancora più giovani di Lui. Fin da giovanissimo, il Maestro fu chiamato ad assumere gravi responsabilità al servizio di Suo Padre in Iraq e in Turchia, e Suo fratello, il Ramo Più Puro, ventiduenne immolò la vita a Dio nella Più Grande Prigione affinché potessero essere “vivificati” i servi di Dio e “uniti tutti coloro che dimorano sulla terra”. Shoghi Effendi, quando fu chiamato al trono del Custodiato, era studente a Oxford, e tra i cavalieri di Bahá’u’lláh, che acquistarono fama imperitura durante la Crociata Decennale, molti erano i giovani. Non bisogna perciò pensare mai che i giovani debbano attendere gli anni della maturità per poter rendere preziosissimi servigi alla Causa di Dio.» (Da una lettera del 10 giugno 1966 della Casa Universale di Giustizia ai giovani bahá’í in ogni paese. Compilazione “Gioventù Bahá’í”, p. 27) 2135. Emulare i giovani‚ « ...Noi possiamo ben emulare i giovani bahá’í la cui recente impetuosa avanzata nel campo della proclamazione e dell’insegnamento è una delle più incoraggianti e significative tendenze della Fede; essi scuotono le porte del cielo con continue preghiere per essere sostenuti nelle loro imprese. Tutti noi possiamo chiedere a Bahá’u’lláh la Sua divina e potente assistenza ed Egli certamente ci aiuterà poiché è Colui che ascolta le preghiere, l’Esauditore.» (Dal messaggio di Ri?ván 1972 della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del mondo) 2136. Il sorgere dei giovani bahá’í «Il primo [sviluppo], l’incoraggiante sorgere della gioventù bahá’í, ha cambiato il volto del lavoro d’insegnamento; barriere impenetrabili sono state spezzate, oltrepassate da gruppi arditi di giovani bahá’í devoti e in spirito di preghiera, che hanno presentato il Messaggio Divino in modi accettabili alla loro stessa generazione, tanto che esso si è diffuso e continua a diffondersi in tutti gli strati sociali. L’intero mondo bahá’í è stato scosso da questo sviluppo. Avendo respinto i valori e i modelli del vecchio mondo, i giovani bahá’í sono avidi di imparare e di adattare sè‚ stessi ai modelli di Bahá’u’lláh al fine di offrire in tal modo il Programma Divino per colmare la lacuna lasciata dall’abbandono del vecchio ordine.» (Dal messaggio di Ri?ván 1973 della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del mondo) 2137. Incoraggiare i giovani a pensare ai propri studi «Bisogna incoraggiare i giovani bahá’í a pensare ai propri studi e alla propria preparazione commerciale o professionale come parte del loro servizio alla Causa di Dio e nel contesto dell’intera vita da dedicare al progresso degli interessi della Fede. Allo stesso tempo, durante i loro anni di studio, i giovani sono spesso in grado di offrire specifici periodi di alcune settimane o mesi, o perfino di un anno o più, durante i quali possono dedicarsi a viaggi d’insegnamento o servire la comunità bahá’í in altri modi, come condurre classi per fanciulli in lontani villaggi. Essi devono essere incoraggiati a offrire tale servizio - di per sè‚ una meravigliosa esperienza per il futuro - e l’Assemblea Nazionale deve incaricare un apposito comitato per ricevere le offerte dei giovani e per organizzarne l’attuazione in maniera che possa derivare per loro il maggior vantaggio possibile.» (Dal messaggio di Naw-Rúz 1974 della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali) 2138. I giovani si leveranno per amore di Dio «Speriamo sinceramente che sul fronte dei volontari, i giovani bahá’í si leveranno per amore di Dio e - mediante la loro forza trascinante, la loro capacità di adattarsi a condizioni inospitali e ardue, ed essere soddisfatti con le più semplici necessità della vita - offriranno un esempio ispiratore per le persone e le comunità che essi si dispongono a servire. Speriamo altresì che eserciteranno una durevole influenza sulla loro vita personale e che promuoveranno con particolare distinzione gli interessi vitali della Causa di Dio in questo momento cruciale per la sorte del Piano.» (Da una lettera del 25 Mirza 1975 della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali) 2139. Appello della Casa di Giustizia ai giovani bahá’í di raddoppiare gli sforzi nella diffusione del Messaggio Divino «In quanto ai giovani bahá’í, eredi dei primi eroici credenti e che si reggono ora sulle proprie spalle, li invitiamo a raddoppiare i loro sforzi in questo momento di generale interesse per la Causa di Dio, ad infiammare i loro coetanei con il Messaggio Divino e a prepararsi così per il giorno in cui diventeranno esperti credenti capaci di assumersi qualunque compito venga loro affidato. Offriamo loro questo passo stilato dalla Penna di Bahá’u’lláh: “Benedetto colui che nel fiore della giovinezza e nel pieno rigoglio della vita si leva a servire la Causa del Signore del principio e della fine e adorna il proprio cuore con il Suo amore. La manifestazione di tale grazia è più grande della creazione dei cieli e della terra. Benedetti gl’incrollabili e fortunati i perseveranti”.» (Dal messaggio di Ri?ván 1982 della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del mondo) 2140. Non è giusto che i giovani bahá’í colpevolizzino gli amici non bahá’í «Compatiscano pure, i giovani bahá’í, i loro amici non bahá’í per la situazione in cui si trovano senza fargliene una colpa, e non si lascino tuttavia trascinare, come gli altri, dal corso degli eventi mondiali. Mentre costoro hanno innanzi a sé solo un mondo in preda allo sfacelo, noi vediamo anche un mondo nuovo che sta sorgendo; mentre essi sperimentano la distruzione delle vecchie istituzioni un tempo molto rispettate, noi intravediamo l’alba di una nuova era con i suoi precisi ordini e nuovi vincoli sociali. La loro visione materialistica li convince della futilità di tutto, mentre la nostra fede nella rigenerazione e spiritualizzazione dell’uomo ci fa guardare al futuro per edificarlo. Se vogliamo indurli a seguire la nostra via, dobbiamo considerare con comprensione la situazione in cui si trovano, ma non seguirne l’esempio. Siamo tenuti piuttosto a collocarci su un piano di vita spirituale e morale più elevato e a sollevarli fino al nostro livello, offrendo loro un vero esempio. Leggano i giovani ciò che Bahá’u’lláh e il Maestro insegnano su questi problemi e lo seguano scrupolosamente: così devono agire, se desiderano essere fedeli agli insegnamenti e stabilirli in tutto il mondo.» (Da una lettera del 26 ottobre 1932 scritta a nome del Custode a un credente. Compilazione “Gioventù Bahá’í”, p. 4, n. 6) 2141. Educazione: uno dei fattori fondamentali della vera civiltà «Essendo bahá’í, ella certamente sa che Bahá’u’lláh vede nella educazione uno dei fattori fondamentali della vera civiltà. Tale educazione comunque, per essere adeguata e fruttifera, deve essere realmente comprensiva e prendere in considerazione non solo il lato fisico e intellettuale dell’uomo, ma anche i suoi aspetti spirituali ed etici. Sia questo dunque il programma dei giovani bahá’í di tutto il mondo.» (Da una lettera del 9 luglio 1931 scritta a nome del Custode a un credente. Compilazione “Gioventù Bahá’í”, p. 11, n. 22) 2142. Futura pace «I giovani di oggi si sono assunti una grandissima responsabilità per la pace futura e il benessere del mondo. Siano i giovani bahá’í, attraverso il potere della Causa che abbracciano, un luminoso esempio per i loro compagni.» (Da una lettera del 15 aprile 1965 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti) 2143. Appello ai giovani bahá’í a riconsacrarsi alle urgenti necessità della Causa «(Il) recente martirio (dei) coraggiosi risoluti giovani (avvenuto) a Shiraz, teatro (dell’) inaugurazione (della) missione (del) Profeta Martire, rievoca (gli) atti (di) valore (dei) giovani immortali (dell’) Età eroica. Confidiamo (che i) giovani bahá’í (della) presente generazione non permetteranno (che) questo sangue (ancora) fresco versato proprio sul suolo ove si verificò (la) prima ondata (di) persecuzioni (contro la) Fede rimanga non riscattato o (che) questo sublime sacrificio (sia avvenuto) invano. In quest’ora di afflizione e dolore, mentre si approssima (l’) anniversario (del) martirio (del) santissimo Báb, invitiamo (i) giovani bahá’í a riconsacrare sè‚ stessi alle urgenti necessità (della) Causa (di) Bahá’u’lláh. Richiamino essi (alla) mente (le) benedizioni (da) Lui promesse (a) coloro che (nella) primavera (dei) loro giovani anni adorneranno (i) loro cuori con (il) Suo amore e rimarranno risoluti e fermi. Rammentino essi (la) speranza (che il) Maestro (nutriva) affinché ognuno (di essi) divenisse un impavido leone, una muschiata brezza (che) diffondesse ovunque profumi (di) virtù. Meditino essi (sulle) straordinarie qualità (proprie dei) giovani così vividamente menzionate negli scritti (del) Custode, il quale lodò (le) loro imprese e (lo) spirito (d’) avventura, il loro vigore, la loro vivacità, (l’) ottimismo, (l’) ardore, e i loro compiti divini, santi e affascinanti. Ferventemente eleviamo suppliche alla Sacra Soglia affinché quest’esercito di giovani spiritualmente vivi e determinati possa sorgere immediatamente (per) rispondere (ai) bisogni (dell’) ora presente e dedichi in misura ancora maggiore le sue preziose energie a promuovere, sia nel loro Paese sia all’estero, (la) Causa (del) suo Onniveggente Signore in attesa. Manifestino essi (il) medesimo spirito recentemente messo in luce (dai) loro fratelli martiri (nella) culla (della) Fede; salgano (a) tali altezze (di) sforzi da divenir (l’) orgoglio (dei) loro coetanei (e la) consolazione (dei) cuori (dei) credenti persiani, dimostrando che la fiamma che la Sua Onnipotente Mano ha acceso brucia ancora più fulgida e che questo calore datore (di) vita e questa radiosità presto avvilupperanno e permeeranno (l’) intera terra.» (Cablogramma del 24 giugno 1983 della Casa Universale di Giustizia ai giovani bahá’í del mondo. Note Bahá’í, anno 6, n. 61, 3 luglio 1983) 2144. I giovani bahá’í di oggi vedranno l’instaurazione della pace minore e la riconciliazione della società «Questa generazione di giovani bahá’í gode di una distinzione unica. Voi vivrete le vostre vite in un periodo che vede le forze della storia in moto verso un punto culminante in cui l’umanità sarà testimone dell’instaurazione della pace minore e durante il quale la Causa di Dio giocherà un ruolo sempre più importante nella ricostruzione della società. Siete voi che sarete chiamati negli anni a venire a stare al timone della Causa affrontando situazioni e sviluppi che attualmente si possono scarsamente immaginare.» (Da una lettera del 4 luglio 1983 della Casa Universale di Giustizia alla Conferenza Europea dei Giovani di Innsbruck) 2145. La chiave del successo sta nell’approfondimento degli Insegnamenti e nella capacità di spiegarli ai coetanei «I giovani bahá’í d’Europa, in particolare, affronteranno tremendi e stimolanti compiti nell’immediato futuro. Si può dubitare che la maniera in cui i governi europei si sono riuniti per difendere i bahá’í perseguitati in Iran attirerà benedizioni dall’alto su questo continente? E chi fra gli europei ha più probabilità di essere acceso dalla sfida e dalla speranza del Messaggio di Bahá’u’lláh se non i giovani? Oggi vi è l’opportunità di destare l’interesse, di infiammare i cuori e di ottenere il sostegno attivo della gioventù di ogni nazione, classe e credo di codesto continente. La chiave del successo in questo sforzo consiste in: primo, approfondire la vostra comprensione degli Insegnamenti della Causa, al fine d’essere in grado di applicarli ai problemi dei singoli individui e della società, nonché di spiegarli ai vostri coetanei in maniera tale che possano capirli e accettarli con gioia; secondo, sforzarsi di modellare in ogni aspetto il vostro comportamento conformemente agli alti canoni di onestà, fidatezza, coraggio, lealtà, tolleranza, purezza e spiritualità contenuti negli Insegnamenti; e, soprattutto, vivere nella continua consapevolezza della presenza e dell’onnipotenza di Bahá’u’lláh, che vi metterà in grado di superare ogni tentazione e ostacolo.» (Ibidem) 2146. I giovani sono esortati a levarsi e rivoluzionare il progresso della Causa «Un vivo gruppo di giovani bahá’í nel continente europeo, con l’obiettivo di promuovere la Causa di Bahá’u’lláh, di sostenere le Sue Leggi e i Suoi Principi e determinato a lavorare in armonia e unità con i credenti di ogni età e classe, può rivoluzionare il progresso della Causa. Con un rapido incremento delle dimensioni delle comunità bahá’í in Europa, i credenti di questo continente - culla della civiltà occidentale - saranno meglio in grado di servire come una fonte di pionieri, di insegnanti viaggianti e d’assistenza economica per le comunità del terzo mondo.Una sfida particolare per i giovani bahá’í europei è la vasta metà orientale del continente che attualmente è scarsamente toccata dalla luce della Fede di Bahá’u’lláh. Non è facile stabilirsi in quelle terre, ma con inventiva, determinazione e fiducia nelle confermazioni di Bahá’u’lláh è certamente possibile sia dimorarvi che perseverare nel servizio verso mete che richiedono uno spirito di abnegazione, distacco e purezza di cuore degni di coloro che vogliono emulare lo splendente esempio fornito dai martiri iraniani, molti dei quali sono giovani che hanno dato la vita piuttosto che sussurrare una sola parola che sarebbe stata un tradimento della verità di Dio posta su di loro. Con grande amore e desiderio vi chiamiamo a immergervi nei divini insegnamenti, a battervi per la Causa di Dio e le Sue Leggi e a sorgere per il risveglio dell’umanità.» (Ibidem) 2147. Corsi di studio utili per dare assistenza ai paesi in via di sviluppo «Al momento di decidere quale corso di studi seguire, è bene che i giovani prendano in considerazione quelli che consentiranno mestieri e professioni utili all’educazione, sviluppo rurale, agricoltura, economia, tecnologia, salute, comunicazioni radio e a molti altri settori dei quali v’è una grandissima necessità nei paesi in via di sviluppo. Durante i vostri studi o altre attività, potrete altresì dedicare del tempo a viaggi d’insegnamento o a progetti di servizio nel terzo mondo.» (ibidem) 2148. La proclamazione derivata dalle persecuzioni in Iran ha favorito la ricerca della propria vera identità da parte delle persone «Uno dei punti salienti di questo periodo del Piano Settennale è stata la straordinaria proclamazione della Fede in seguito alle continue persecuzioni in Iran; è stato così suscitato su larga scala un nuovo interesse nei suoi Insegnamenti. Contemporaneamente, un numero sempre maggiore di persone di tutti i ceti stanno freneticamente cercando la propria vera identità, e cioè - anche se non sono disposti ad ammetterlo così apertamente - il significato spirituale delle loro vite; fra questi ricercatori primeggiano i giovani. Questa consapevolezza non solo apre fertili strade all’iniziativa bahá’í, ma indica ai giovani bahá’í una particolare responsabilità di insegnare la Causa e di vivere la vita in modo tale da dare vigorosa espressione a quelle virtù che possano saziare l’anelito spirituale dei loro compagni.» (Da una lettera del 3 gennaio 1984 della Casa Universale di Giustizia ai giovani bahá’í del mondo. Note Bahá’í, anno 2, n. 2, febbraio 1984, p. 2) 2149. Perseverare nell’insegnare la Fede, studiare gli Scritti, servire l’umanità e offrirsi per l’attuazione di progetti «Perseverate nei vostri sforzi personali intesi a insegnare la Fede, ma con maggior entusiasmo; studiate gli Scritti, ma con maggiore diligenza. Continuate a studiare e ad addestrarvi per i futuri servizi all’umanità, offrendo tutto il tempo libero che vi è possibile alle attività per la Causa. E coloro fra voi che hanno già incominciato a lavorare e che hanno già formato una famiglia, lottino per divenire incarnazioni viventi degli ideali bahá’í, sia nel dare nutrimento spirituale alle famiglie che nel partecipare attivamente alle imprese sul fronte interno o all’estero nel campo del pionierismo. Possano tutti rispondere alle attuali esigenze della Fede mostrando una nuova misura di dedizione ai compiti disponibili. Oltre a queste aspirazioni v’è la necessità di una possente mobilitazione delle attività d’insegnamento che rispecchi una regolarità nei modelli del servizio reso dai giovani bahá’í. L’innato bisogno dei giovani di spostarsi da un luogo all’altro, assieme al loro abbondante zelo, indica che potete interessarvi di queste attività - come insegnanti viaggianti - in maniera più deliberata e in maggior numero. Un tipo di mobilitazione di questo genere potrebbe essere quello di progetti a breve termine, messi in atto in patria o in altre terre, dedicati sia all’insegnamento della Fede sia al miglioramento delle condizioni di vita della gente. Un altro tipo potrebbe essere che, mentre siete ancora giovani e liberi da responsabilità familiari, prendiate in esame l’idea di offrire volontariamente un determinato periodo di tempo - uno o due anni - a un servizio bahá’í, in patria o all’estero, nel campo dell’insegnamento o dello sviluppo. Ciò facendo per generazioni una dopo l’altra, i giovani contribuirebbero alla forza e alla stabilità della comunità. Indipendentemente dal modo in cui servono, tuttavia, i giovani devono essere pienamente impegnati, sempre, in tutti i climi e in tutte le circostanze. Nelle vostre imprese siate certi dell’amorevole sostegno e guida delle istituzioni bahá’í operanti a tutti i livelli.» (Ibidem) 2150. Incoraggiare l’incalcolabile aiuto dei giovani «L’incalcolabile valore dei giovani bahá’í nel servire la nostra Fede non può essere trascurato. Li si deve incaricare come insegnanti viaggianti nelle montagne e nelle giungle da visitare anche camminando a piedi, se necessario. Essi devono insegnare e incoraggiare i bahá’í del luogo, aiutandoli a eleggere le loro Assemblee Spirituali Locali, nel caso gli amici non conoscano le procedure previste o siano analfabeti e abbisognevoli d’assistenza nelle operazioni di voto. Occorre incoraggiare i giovani a tenere classi per coetanei, a trasmettere ai loro compagni il Messaggio di Bahá’u’lláh, a imparare a tenere corsi sugli Insegnamenti, e soprattutto, a esemplificare con la loro alta condotta morale ciò che rende eminenti i bahá’í in una società corrotta e decadente.» (Dal messaggio di Ri?ván 1984 della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í dell’Ecuador) 2151. Incoraggiare i giovani a formulare e attuare i loro piani d’insegnamento «I giovani bahá’í, che stanno ora svolgendo un esemplare e devoto servizio nelle avanguardie dell’esercito della vita, devono essere incoraggiati, mentre si preparano a futuri servizi, a formulare e attuare particolari piani per l’insegnamento fra i loro coetanei.» (Dal messaggio di Ri?ván 1984 della Casa Universale di Giustizia ai bahá’í del mondo. Tratto da “Piano Settennale” (biennio conclusivo), a cura dell’Assemblea Spirituale Nazionale d’Italia) 2152. La Casa di Giustizia plaude agli sforzi dei giovani tesi ad acquisire qualità spirituali «Plaudiamo quei giovani che, in ossequio a questo periodo [Anno Internazionale della Gioventù], si sono già impegnati in qualche attività in seno alle loro comunità nazionali e locali o in collaborazione con i loro coetanei di altri Paesi, e li invitiamo a perseverare nei loro incrollabili sforzi tesi ad acquisire qualità spirituali e utili qualifiche. E infatti se essi si comportano così, l’influenza delle loro nobili motivazioni si ripercuoterà su sviluppi mondiali apportatori di un futuro produttivo, progressivo e pacifico.» (Da una lettera dell’ 8maggio 1985 della Casa Universale di Giustizia ai giovani bahá’í del mondo. Note Bahá’í, anno 3, n. 6, giugno 1985) 2153. Imprescindibile dovere dei giovani di rispecchiare il potere trasformatore della Fede nella Società «I presenti requisiti della Fede, le cui responsabilità rapidamente aumentano in rapporto al suo emergere dall’oscurità, impongono ai giovani l’imprescindibile dovere di assicurare che le loro vite riflettano in misura notevole il potere trasformatore della nuova Rivelazione che essi hanno abbracciato. Altrimenti in base a quale esempio si dovranno giudicare le affermazioni di Bahá’u’lláh? Come potrà il Suo Messaggio risanatore essere riconosciuto da un’umanità scettica, se non produce alcun evidente effetto sui giovani, che sono considerati fra i più energici, malleabili e promettenti elementi della società? L’oscurità degli orizzonti di questo mondo che non ha riconosciuto il Promesso, la Fonte della sua salvezza, influenza molto le vedute delle generazioni più giovani; la loro penosa disperazione e la loro inclinazione a decisioni disperate ma inutili e perfino pericolose pretendono direttamente la salvifica attenzione dei giovani bahá’í che, consapevoli di quella Sorgente e perciò dotati di una fulgida visione, non possono esitare a impartire ai loro disperati compagni la gioia ristoratrice, la speranza costruttiva, le radiose certezze della stupenda Rivelazione di Bahá’u’lláh. Le parole, le azioni, gli atteggiamenti, la mancanza di pregiudizi, la nobiltà di carattere, l’alto senso del servizio - in altre parole, quelle qualità e azioni che distinguono i bahá’í - ne devono immancabilmente caratterizzare la vita interiore, il comportamento esteriore e i rapporti con amici e nemici.» (Ibidem) 2154. Aspirare all’eccellenza e procedere all’avanguardia di professioni, commerci, arti e mestieri «Respingendo le basse vedute della mediocrità, scalino le alte vette dell’eccellenza in tutto quello che aspirano di fare. Risolvano di elevare l’atmosfera nella quale si muovono, sia nelle classi scolastiche, sia nelle aule universitarie, nel lavoro, nello svago, nell’attività bahá’í o nel servizio sociale. In vero, accolgano fiduciosi le sfide che li aspettano. Dotati di tale eccellenza e di altrettanta umiltà, di tenacia e amorevole servizio, i giovani d’oggi devono avanzare all’avanguardia delle professioni, dei commerci, dei mestieri e delle arti che sono necessari per l’ulteriore progresso dell’umanità, e ciò per assicurare che lo spirito della Causa getti la sua luce su tutte queste importanti aree dell’umano impegno. Inoltre, mentre mirano ad apprendere i concetti unificatori e le tecnologie in rapido progresso di quest’era di comunicazioni, essi possono, anzi devono garantire che siano trasmessi al futuro quei talenti che preserveranno le meravigliose, indispensabili conquiste del passato. La trasformazione che deve avvenire nel funzionamento della società dipenderà indubbiamente in gran parte dall’efficacia della preparazione che i giovani stanno acquisendo per il mondo che erediteranno. » (Ibidem) 2155. Esemplificare la vita bahá’í che è all’opposto del decadimento morale della società «Egli pensa che i giovani, in particolare, abbiano il dovere di compiere continui e decisi sforzi per esemplificare la vita bahá’í. Nel mondo che ci circonda vediamo decadimento morale, promiscuità, indecenza, volgarità, maleducazione: i giovani bahá’í devono essere l’opposto di tutto ciò e, mediante la castità, la rettitudine, la decenza, il rispetto e la buona educazione, attrarre gli altri - vecchi e giovani - alla Fede. Il mondo è stanco di parole, vuole l’esempio e spetta ai giovani bahá’í darlo.» (Da una lettera del 19 settembre1946 scritta a nome di Shoghi Effendi ai giovani bahá’í partecipanti alla Scuola Estiva di Green Acre. Compilazione “Gioventù Bahá’í”, p. 8, n. 15) 2156. Importanza del contatto con le minoranze razziali «Egli vi esorta tutti a dedicare particolare cura ai contatti con le minoranze razziali. In un paese come gli Stati Uniti, in cui vi sono tanti pregiudizi contro i cittadini di colore, è della massima importanza che i bahá’í - e soprattutto i giovani - dimostrino attivamente la nostra completa libertà dai pregiudizi e, anzi, il nostro pregiudizio a favore delle minoranze.» (Da una lettera dell’ 11 novembre 1951 scritta a nome di Shoghi Effendi agli amici presenti alla Senior Youth Session della Scuola bahá’í di Louhelen. Compilazione “Gioventù Bahá’í”, p. 19, n. 46) 2157. La Fede Bahá’í: religione che appartiene ai giovani «Se si potesse dire che una religione appartiene ai giovani, allora quella religione sarebbe oggi la Fede Bahá’í. L’intero mondo è sofferente, immerso nella miseria, schiacciato da gravi problemi. Il compito di guarire le sue malattie ed edificare il suo futuro è demandato principalmente ai giovani. Essi costituiscono la generazione che, dopo la guerra, dovrà risolvere le terribili difficoltà da questa create direttamente e indirettamente. Ed essi non saranno in grado di costruire il futuro, se non con le leggi e i principi portati da Bahá’u’lláh. Pertanto il loro compito è molto grande e la loro responsabilità veramente grave.» (Da una lettera dell’ 8 maggio 1942 scritta a nome di Shoghi Effendi ai fanciulli e ai giovani bahá’í di Peoria) 2158. Inesistenza della “seconda dichiarazione” «Nell’amministrazione bahá’í non esiste una “seconda dichiarazione”. La procedura da seguire nella richiesta o nella concessione del diritto di voto ai giovani che hanno raggiunto i 21 anni d’età rientra nei poteri discrezionali dell’Assemblea Nazionale.» (Da una lettera del 29 giugno 1967 della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Austria) 2159. La soluzione delle difficoltà esistenti fra giovani e vecchi credenti « ...Il Custode comprende le difficoltà che si ergono sulla via della cooperazione fra i credenti giovani e quelli anziani: è un problema che la Causa incontra quasi dappertutto, specialmente in quelle comunità in cui il numero dei bahá’í giovani ed anziani è quasi uguale. La soluzione, in tutti questi casi, si trova in un intelligente mutuo compromesso. I credenti anziani abbandonino qualcosa dei loro vecchi concetti e modi di lavorare, nell’intento di adattarsi meglio al cambiamento delle condizioni e delle circostanze sociali. I giovani imparino ad agire con saggezza, tatto e moderazione, e a trarre vantaggio e beneficio dalle annose esperienze dei loro compagni più anziani. Anziani e giovani, tutti hanno qualcosa di particolare da offrire al progresso e alla prosperità della comunità bahá’í. Le energie dei giovani devono essere temperate e guidate dalla saggezza della vecchiaia.» (Da una lettera del 4gennaio1936 scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente. Compilazione “Gioventù Bahá’í”, p. 21, n. 51) 2160. Leggi e precetti che infastidiscono taluni giovani credenti «In quanto all’atteggiamento infastidito che alcuni giovani bahá’í sono portati ad assumere riguardo a certi precetti della Causa, come la preghiera obbligatoria, non è assolutamente ammissibile alcun compromesso, tenuto conto di tutto ciò che è stato specificatamente ingiunto da Bahá’u’lláh. Non dobbiamo né provare alcun sentimento di vergogna nell’osservanza di tali leggi e precetti né sopravvalutarne il valore e il significato. Gli amici, come riconoscono senza difficoltà il valore di certi particolari preghiere rivelate da Bahá’u’lláh, quali le Tavole del Digiuno e della Guarigione, così sono tenuti a comprendere che le preghiere obbligatorie - per la loro propria natura - hanno una maggiore efficacia e posseggono un potere più grande di quelle non obbligatorie, e perciò sono essenziali.» (Ibidem. Compilazione “Gioventù Bahá’í”, p.10, n.20) 2161. Chiedere a Dio misericordia e perdono per i genitori «Si conviene che, dopo ogni preghiera, il servo supplichi Iddio di elargire misericordia e perdono ai suoi genitori. Al che si leverà l’invocazione di Dio: “Mille volte mille quel che hai chiesto per i tuoi genitori sarà la tua mercede!” Benedetto è colui che ricorda i genitori quando rivolge lo spirito a Dio. In verità, non v’è altro Dio che Lui, il Possente, il Beneamato.» (Il Báb: Antologia, p. 82) 2162. Compimento dei diciannove anni «...si conviene che l’uomo, nel compiere diciannove anni, ringrazi per il giorno in cui fu concepito come embrione. Perché se questo non fosse esistito, come avrebbe potuto quegli raggiungere il suo presente stato? Del pari, se non vi fosse stata la religione insegnata da Adamo, questa Fede non sarebbe giunta al suo presente stadio... » (Il Báb: Antologia, p. 77) 2163. Revisione del lavoro dei giovani da parte di un Comitato Nazionale «Il Custode si rende pienamente conto della rilevanza dei problemi implicati. Certamente è bene che fra gli amici non esista alcuna divergenza nella visione generale; dovesse sussistere una cosa del genere, avremmo presto partiti e fazioni fra i bahá’í, e ciò sarebbe assolutamente contrario allo Spirito della Fede. Allo stesso tempo, se affermiamo che nessuna persona anziana debba prendere parte all’organizzazione dei giovani, priveremmo questi ultimi dell’esperienza necessaria per avere un’istituzione permanente e attiva. Shoghi Effendi ritiene che la soluzione migliore è stabilire un ragionevole limite d’età oltre il quale non si possa essere membro dell’istituzione organizzativa, affinché solamente i giovani abbiano la possibilità di partecipare alle diverse attività, senza che le persone più anziane invadano il loro terreno e li privino dell’opportunità di addestrare se stessi e di esprimere le proprie idee. Contemporaneamente l’Assemblea Nazionale potrebbe nominare, nel Comitato Nazionale che sovrintende al loro lavoro, delle persone più anziane ed esperte con il compito di cooperare con loro e guidarli nelle loro attività. Il Comitato Nazionale dovrebbe essere composto sia da persone entro l’età limite che da persone più anziane.» (Da una lettera del 27 ottobre 1932 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Stati Uniti e Canada) 1 Shoghi Effendi La Fede di Bahá'u'lláh, Casa Editrice Bahá'í 1994. 2 Nel 1993, oltre i 5 milioni. ? Mas’ud Khamsí ?? ?? ?? ??


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